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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 4 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni è in crescita e si è imposto all'attenzione degli operatori economici e degli attori politici il fenomeno del ritorno in Italia e nei principali Paesi industrializzati a livello europeo ed internazionale, di imprese che avevano precedentemente delocalizzato i propri asset organizzativi ed industriali. Il fenomeno è definito dagli studiosi «(back) reshoring», contrapposto alla delocalizzazione (offshoring), e consiste in «una strategia compresa – deliberata e volontaria – orientata alla rilocalizzazione domestica (parziale o totale) di attività svolte all'estero (direttamente o presso fornitori) per fronteggiare la domanda locale, regionale o globale» (Gruppo di ricerca inter-Ateneo Uni-Club MoRe Reshoring che raggruppa le università dell'Aquila, Catania, Udine, Bologna e Reggio Emilia);

    il medesimo Gruppo di ricerca ha evidenziato che dal 2000 al 2015, su oltre 700 casi di reshoring osservati, 121 casi riguardano l'Italia, che risulta essere, a quella data, il primo Paese europeo e il secondo al mondo per decisioni di rientro di aziende nel territorio nazionale, dopo gli Stati Uniti, anche se il fenomeno, cresciuto costantemente fino al 2013, si è poi stabilizzato a partire dal 2014;

    la maggior parte delle aziende italiane che hanno fatto rientrare la propria produzione, negli anni passati aveva delocalizzato principalmente in Asia o in Cina (63 per cento). Inoltre, i settori industriali che hanno fatto registrare il numero più alto di casi di reshoring sono quelli del tessile-abbigliamento (24 per cento); della pelletteria (17,4 per cento), dell'elettronica (12,4 per cento) e della fabbricazione di macchine elettriche (12,4 per cento). Il grado di concentrazione dei rientri suddivisi per settore economico (secondo la classificazione statistica delle attività economiche nell'Unione europea o codice NACE) in Italia è assai elevato (66,1 per cento nei primi quattro settori), mentre per il resto dell'Europa e gli Stati Uniti è inferiore al 50 per cento. Tale evidenza può in parte spiegarsi con la maggiore specializzazione produttiva del nostro Paese, dato che oltre il 41,4 per cento del totale delle decisioni è in realtà rappresentato dalla sola filiera del fashion (abbigliamento e lavorazione pelli, codici NACE 14 e 15);

    un ulteriore elemento utile per la caratterizzazione geografica delle decisioni di reshoring riguarda le motivazioni che hanno spinto le imprese a questa decisione. Nella banca dati realizzata dal Gruppo di ricerca Uni-Club MoRe reshoring sono state censite 35 differenti motivazioni. Per quanto concerne l'Italia, la motivazione in assoluto più rilevante è quella dell'effetto «made in», indicato dal 34,7 per cento delle imprese rientrate. Questo dato evidenzia un divario con il Nord America (il made in USA è indicato dal 21 per cento delle imprese rientrate) e una distanza significativa con in resto d'Europa dove il «made in» è indicato solo dal 5,1 per cento delle imprese rientrate (tuttavia l'aggregazione «resto d'Europa» falsa il dato). Seguono come motivazioni il «miglioramento dei rapporti col cliente» e la «scarsa qualità delle produzioni de localizzate». È interessante notare che le motivazioni di maggior peso indicate dagli attori italiani hanno tutte a che fare con il rapporto con il cliente, risultato questo che diverge da quello delle imprese nordamericane, per le quali la motivazione principale è legata, almeno fino all'avvento dell'amministrazione Trump, ai costi logistici;

    la non omogeneità delle caratteristiche delle decisioni di reshoring manifatturiero implementate dalle imprese italiane rispetto a quelle europee e nordamericane appare foriera di interessanti implicazioni sia per i policy maker che per i manager. Per i primi, si rende necessaria una profonda riflessione circa gli strumenti di politica industriale più idonei per favorire il rimpatrio delle produzioni nel nostro paese. Peraltro il dato scientifico che più rileva ai fini del presente atto, consiste nel fatto che la motivazione «incentivi al rimpatrio» è quasi totalmente assente per gli imprenditori italiani rientrati (0,8 per cento), mentre invece è significativamente presente in USA e in alcuni Paesi europei;

    per quanto riguarda gli USA, il fenomeno di reshoring è stato oggetto di specifici interventi legislativi, in particolare tramite inclusione nel Blue-print dell'Amministrazione Obama (The White House, 2012), che ha avviato una politica industriale basata sul back to manufacturing, non a caso teorizzato ad Harvard, e alla Reshoring Initiative di Harry Moser (www.reshorenow.org). L'amministrazione Trump sta utilizzando, in maniera secca ed istantanea la leva fiscale (i tagli delle aliquote aziendali dal 35 al 21 per cento), affiancata da incentivi al rimpatrio dall'estero di capitali fino a 2.600 miliardi e da una moral suasion che sconfina quasi nella minaccia. A cagione di ciò nella lista delle imprese intenzionate a tornare ad investire negli Stati Uniti si trovano sia l'America del 1900 sia l'America del 2000: AT&T, Apple, la FCA (un miliardo di dollari in più sulla fabbrica di Warren in Michigan), General Motors e persino aziende straniere come Toyota-Mazda o la cinese Alibaba. Le stime provvisorie degli investimenti annunciati dalle sole multinazionali superano i 70 miliardi. Gli studi dimostrano il grande potenziale che gli Usa sembrano avere in termini di opportunità di rientro. Basti pensare che dal 2000 al 2017 gli occupati del settore industriale sono scesi da 18,5 milioni a 13,4 milioni. Quanto alle motivazioni, dagli studi emerge che per le imprese americane è prioritaria l'esigenza di assicurare adeguati standard di qualità, mentre a livello di motivazioni aggregate i fattori di costo (del lavoro, di trasporto e totale) sono quelli prominenti. Non si dispone di dati riguardo la motivazione «incentivi al rimpatrio» per l'amministrazione Trump, ma essa era già al 13,7 per cento con l'amministrazione Obama;

    in Gran Bretagna (o meglio, nel Regno Unito) la politica di reshoring è stata avviata dall'amministrazione Cameron dopo l'annuncio fatto al World Economie Forum di Davos nel gennaio 2014. L'obiettivo resta quello di creare 200.000 posti di lavoro nei settori tessile elettronica e macchinari, con un incremento del PIL da 6 a 12 miliardi di sterline. A partire dal 2014 UK Trade & Investment (UKTI – www.ukyi.gov.uk/investintintheuk) ha unito le forze con il Manufacturing Advisory Service (MAS) per il lancio di Reshore UK – Government advisor Service for a welcoming economy. Sin dal 2011 UKTI ha individuato 1.500 produzioni manifatturiere che potenzialmente sarebbero potute tornare nel Regno Unito e un sondaggio MAS ha evidenziato come le aziende chiedessero in primis la riduzione dei costi per spostare la produzione nel Regno Unito. Le altre principali motivazioni riguardavano la qualità dei prodotti e riduzione dei tempi di consegna. Di conseguenza sono stati adottati strumenti di semplificazione legislativa, di flessibilità del mercato del lavoro, di riduzione della tassazione su lavoratori e imprese, di esenzione fiscale per i dividendi realizzati all'estero dalle imprese residenti e di fornitura di energia a basso costo. MAS supporta le imprese che intendono tornare con la consulenza su incentivi ed agevolazioni, con strumenti di supporto per l'approdo sui mercati, con interventi di coordinamento tra imprese rientranti e fornitori locali (supply chains) con la consulenza per la definizione di strategie a breve e lungo termine. Infine, il Dipartimento governativo UK trade Investment (una sorta di equivalente di SACE e SIMEST in Italia) oltre a supportare le imprese del Regno Unito all'estero, si occupa anche di reshoring e degli investimenti di imprese estere nel Regno Unito. I risultati sono che tra il 2014 e il 2017 un sesto delle 300 imprese associate in EEF – The Manufacturers Organisation ha riportato le attività produttive nel Regno Unuto, nonostante la «Brexit»;

    la Francia ha una lunga tradizione nell'assistenza attiva agli investitori. Gli obiettivi del Governo sono la creazione di un milione di posti di lavoro nel prossimo decennio per reshoring, rilanciando il «made in» (Origine France Garantie) e ri-orientando la competitività del Paese. La Francia dispone già della migliore detrazione fiscale in Europa per ricerca e innovazione e di un regime fiscale attraente per società finanziarie e per sedi centrali (Headquarter), di grandi imprese. Nell'ambito della legge finanziaria 2018 la Francia ha deliberato specifici interventi per l'attrazione delle scelte di rilocalizzazione dei servizi assicurativi e finanziari. L'agenzia AFII (Invest in France agencywww.invest-in-france.org) è collegata con una pluralità capillare di agenzie di promozione e sviluppo a livello regionale, metropolitano e aggregazioni di vario genere (communautè). Tramite il sito «Colbert 2.0» fornisce un piano di azione per la rilocalizzazione, oltre a strumenti di sostegno finanziario e contatti con le realtà locali. Esiste un fondo di rivitalizzazione (Fond de revitalization) per favorire la rilocalizzazione in aree industriali dismesse. La Pipame è un pool interdipartimentale che si occupa di far luce sull'evoluzione dei principali attori e settori economici in un periodo di 5-10 anni, coinvolgendo fortemente gli attori socio-economici;

    in Italia, a livello regionale, si registrano diverse esperienze:

     1) in Piemonte è stato sperimentato il «contratto di insediamento» (legge regionale n. 34 del 2004), dotato di 25,5 milioni di euro e consistente nel favorire l'atterraggio in Piemonte, di investimenti diretti esteri, volti a creare nuovi posti di lavoro, a sviluppare l'indotto e le filiere di fornitura, ad agire da volano per il consolidamento del tessuto imprenditoriale locale. Nel giugno 2017 la regione ha istituito un fondo di attrazione dotato di 33 milioni del POR FESR 2014/2020 e destinato alle piccole e medie imprese non ancora attive e a quelle che hanno delocalizzato la produzione all'estero ma che intendono reinsediarsi, nonché ad aziende già presenti sul territorio regionale che realizzano un nuovo investimento, funzionalmente diverso da quello esistente. È prevista la copertura a tasso zero per ogni progetto fino al 70 per cento della spesa ammissibile, in concorso con finanziamento bancario per la restante quota. Quanto ai risvolti occupazionali sarà possibile ottenere fino a 20.000 euro per ogni nuovo addetto assunto. Esempi di interventi ammissibili riguardano le realizzazione di nuovi impianti, centri direzionali, centri di ricerca e i relativi progetti collegati;

     2) in Lombardia dal 2016 sono operativi gli accordi per l'attrattività – AttrACT, destinati all'attrazione degli investimenti per la crescita dell'economia lombarda. L'iniziativa è rivolta a selezionare 70 comuni lombardi che individueranno opportunità insediative rispetto alle quali assumeranno impegni in termini di semplificazione, incentivazione economica e fiscale. I contributi, a fondo perduto, sono erogati ai comuni nella misura dell'80 per cento delle spese effettivamente sostenute per la realizzazione dei singoli interventi ammessi a finanziamento, nel limite di 100.000 euro per comune;

     3) la regione Emilia-Romagna ha promosso una «Strategia regionale di innovazione per la specializzazione intelligente» (in coerenza con la «Smart Specialization Strategy» della programmazione 2014-2020 della Commissione europea. Tale strategia ha trovato riscontro a livello legislativo nella legge regionale n. 14 del 2014 che – oltre a incentivare l'afflusso di investimenti nazionali e esteri, promuove misure di contrasto delle delocalizzazioni produttive, tra l'altro proponendo alle imprese straniere ed a quelle italiane «di ritorno» la sottoscrizione di un «contratto di localizzazione e sviluppo». Tra gli interventi pro-reshoring sono innanzi tutto da ricordare – data la forte rilevanza del comparto fashion e del driver «effetto made in» – gli investimenti che favoriscano il permanere del capitale umano costituito da saperi artigianali tipici di questi business. L'Emilia Romagna adotta prescrizioni specifiche per non danneggiare le imprese che non hanno de localizzato;

     4) in Puglia e Veneto è stato adottato il «progetto reshoring» portato avanti dal 2015 da Sistema moda Italia in collaborazione col Ministero dello sviluppo economico, per spingere il reshoring nei distretti di Puglia e Veneto, anche attraverso misure governative e regionali che riducessero il gap di costo tra il «made in Italy» e l’«out of Italy», anch'esso finanziato con risorse comunitarie. Il progetto intende promuovere interventi di assistenza alle imprese e di riqualificazione e formazione del personale attraverso la costituzione di un'accademia. Dal 2008 al 2014 il sistema moda italiano ha perso 97.000 addetti e 8.000 imprese, con un fatturato che è passato da 54,7 a 52,3 miliardi. Le imprese hanno delocalizzato prima in Cina, poi Turchia, Nord Africa ed Est Europa che consentono di avvicinare la produzione all'Italia e ridurre i costi di trasporto. Anche perché il fattore time-to-market sta diventando sempre più determinante per le aziende. Tuttavia dalle rilevazioni di Sistema moda Italia risulta che l'89 per cento delle aziende italiane osservate, se ci fossero le condizioni giuste sarebbe disponibile a fare rientrare le produzioni in Italia;

     5) nelle Marche grazie all'accordo-quadro firmato nel gennaio 2016 tra Confindustria Marche e Banca Monte dei Paschi di Siena, con l'avallo dell'assessorato regionale all'industria, è stato messo a disposizione un plafond di 200 milioni di euro per riportare in regione le produzioni delocalizzate all'estero e corroborare i primi sintomi di ripresa per occupazione e Pil emersi sul finire del 2015. L'accordo è stato «replicato» anche in Umbria nonché da tre associazioni Confindustriali venete (Confindustria Padova; Confindustria Vicenza; Unindustria Treviso);

     6) in Abruzzo, la regione ha inserito la decisione di effettuare strategie di rilocalizzazione delle attività produttive tra i criteri abilitanti all'iscrizione delle imprese alla Carta di Pescara, un documento programmatorio che recepisce gli indirizzi delle politiche europee sul tema della sostenibilità ambientale applicata all'industria, approvato con delibera di giunta 21 luglio 2016, n. 502. Tramite l'adesione alla Carta le imprese che perseguono decisioni atte ad incrementare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, accedono a incentivi specifici;

    le politiche poste in essere dal Governo nel quinquennio 2013-2018 per favorire le imprese italiane o l'insediamento produttivo sul territorio nazionale si sono concentrate sul contrasto alla delocalizzazione, sul sostegno alle imprese, ivi compreso il sostegno alla internazionalizzazione, sulla promozione del made in Italy e sull'attrazione degli investimenti in Italia. Di rilievo, anche se non ha ancora esplicato appieno la sua potenzialità, sono gli effetti sul reshoring che sta avendo e potrà avere piano Industria 4.0, avviato con la legge di bilancio per il 2017;

    quanto alla delocalizzazione, il comma 60 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014 ha disposto che le imprese operanti nel territorio nazionale che abbiano beneficiato di contributi pubblici in conto capitale, qualora, delocalizzino la propria produzione dal sito incentivato a uno Stato non appartenente all'Unione europea, con conseguente riduzione del personale di almeno il 50 per cento, decadono dal beneficio stesso e hanno l'obbligo di restituire i contributi in conto capitale ricevuti. Diverse regioni hanno ripreso la norma con riferimento ai contributi regionali. Inoltre, nella riunione del 28 febbraio 2018 il Cipe, ha approvato ulteriori assegnazioni di risorse finanziarie a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2014-2020, creando il Fondo per la reindustrializzazione, dotato di 200 milioni di euro, con la finalità di contrastare le delocalizzazioni e l'obiettivo di sostenere gli investimenti e l'occupazione di complessi industriali manifatturieri, di rilevanti dimensioni, con particolare riferimento a quelli che fanno parte di multinazionali, caratterizzati da una situazione di crisi. Il Fondo opererà, tramite la Società di gestione del risparmio (Sgr) di Invitalia, a condizioni di mercato mediante acquisizione di partecipazioni azionarie, di rami di azienda, finanziamento di asset materiali e immateriali. Altri 850 milioni di euro sono stati appostati per gestire i processi di reindustrializzazione. Si tratta di appostazioni non perfettamente definite, che devono essere pertanto opportunamente orientate dal Governo che sarà in carica nel 2018;

    quanto alle politiche di sostegno all'internazionalizzazione, esse sono gestite da un insieme di Ministeri e di agenzie tecniche specializzate nei diversi tipi di intervento, che operano all'interno della Cabina di regia per l'Italia internazionale, nella quale vengono elaborate le strategie programmatiche, attraverso un processo di consultazione delle organizzazioni imprenditoriali e di coordinamento tra i diversi soggetti. Per sostenere l'internazionalizzazione delle imprese italiane, è stato poi adottato il piano di promozione straordinaria del made in Italy e per l'attrazione degli investimenti in Italia (decreto-legge n. 133 del 2014). Il Piano, inizialmente previsto per il triennio 2015-2017, è finalizzato ad ampliare il numero delle imprese, in particolare piccole e medie imprese che operano nel mercato globale, ad espandere, le quote italiane del commercio internazionale, a valorizzare l'immagine del made in Italy nel mondo e a sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia. Per tale piano, la legge di stabilità per il 2015 ha inizialmente stanziato complessivi 130 milioni per il 2015, 50 milioni per il 2016 e 40 milioni per il 2017. Le risorse sono state successivamente implementate con 110 milioni di euro per l'anno 2017, nonché dalla legge di bilancio di quest'anno con 130 milioni per il 2018 e 50 milioni per ciascuno degli anni 2019-2020;

    negli anni 2013-2018 gli interventi adottati a sostegno delle imprese sono stati prevalentemente orientati alla ripresa degli investimenti e allo sviluppo della produttività del sistema imprenditoriale o a garantire, la funzionalità degli strumenti di accesso al credito, in particolare attraverso il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, oggetto di riforma e di rifinanziamento. La legge di bilancio 2018, ha disposto inoltre il rifinanziamento (330 milioni di euro nel periodo 2018-2023) della cosiddetta «Nuova Sabatini», misura di sostegno volta alla concessione alle micro, piccole e medie imprese di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cosiddetti investimenti «Industria 4.0»;

    la riduzione del carico fiscale sull'attività d'impresa, in particolare quella orientata alla ricerca, all'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione dei processi, ha visto un suo programma organico di sviluppo con il piano Industria 4.0, avviato a partire dalla legge di bilancio per il 2017, che ha assunto poi la denominazione «piano nazionale Impresa 4.0» nell'ottica di includere tra i destinatari non più soltanto il settore manifatturiero, ma anche agli altri settori dell'economia. Industria 4.0 identifica un'organizzazione dei processi produttivi basata sull'automazione e sulla digitalizzazione di tutte le fasi degli stessi: un modello di «smart factory» (fabbrica intelligente) nel quale l'utilizzo delle tecnologie digitali permette di monitorare i processi fisici e assumere decisioni decentralizzate, che generano fruttuose sinergie tra produzione e servizi, orientate alla gestione efficiente delle risorse, alla flessibilità, alla produttività e alla competitività del prodotto;

    sono di rilievo, per le finalità del presente atto di indirizzo, il finanziamento previsto dal piano, di un credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal piano nazionale impresa 4.0, dotato di 250 milioni di euro, nonché le risorse destinate al rafforzamento delle competenze digitali degli istituti tecnici superiori (10 milioni nel 2018, 35 milioni nel 2019, 50 milioni nel 2020 e 35 milioni a decorrere dal 2021). Tuttavia, va chiarito che il credito per la formazione 4.0 è limitato al solo 2018 e divenuto operativo solo nel mese di luglio (decreto del Ministero dello sviluppo economico e del Ministro dell'economia e delle finanze 4 maggio 2018, Gazzetta Ufficiale n. 143 del 22 giugno 2018);

    il piano nazionale impresa 4.0 è dotato di 9,8 miliardi per il periodo 2018-2028 (di cui 7,8 per iperammortamento e superammortamento), tuttavia la gran parte delle risorse sono destinate a misure che si esauriscono tra il 2018 e 2019 con effetti di cassa negli anni successivi. Le associazioni imprenditoriali hanno fatto presente che la legge di bilancio per il 2019, in considerazione delle elevate richieste di accesso, dovrebbe rifinanziare sia iperammortamento che superammortamento, se non si vuole rischiare una frenata degli investimenti all'inizio del prossimo anno, nonché la «nuova Sabatini» per 500 milioni di euro e il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per ulteriori 500 milioni. Inoltre, si dovrebbe rendere permanente il credito per la formazione 4.0;

    nel documento di Verona redatto al termine delle Assise generali di Confindustria il 6 febbraio 2018, si rileva che la metà delle imprese industriali ha utilizzato il superammortamento per i beni strumentali, mentre una su tre ha beneficiato dell'iperammortamento per i beni digitali. Le misure messe in campo tra industria 4.0 e «nuova Sabatini» hanno favorito investimenti fissi lordi per 80 miliardi, di questi il 53 per cento sulla meccanica, ma l'impatto sulla manifattura è stato generale. In forte crescita le start up (+11, 3 per cento). Tuttavia si rileva che la quota di manifatturiere che attive nell'esportazione è solo il 23 per cento del totale (rispetto al 34 per cento della Germania) e che ancora un 60 per cento di imprese attendono di fare il salto di qualità sui mercati internazionali. Pertanto il documento rileva quindi che occorre stabilizzare le misure del «Piano nazionale Impresa 4.0», ampliandone la portata nel senso di prevedere:

     l'accesso semplificato ad una serie di agevolazioni per le imprese che cambiano il proprio modello di business in chiave 4.0;

     l'accelerazione del piano banda ultralarga, avviando la diffusione della fibra ottica anche nelle «aree grigie» a più alta densità industriale;

     un apprendistato riservato ai giovani assunti da imprese impegnate nella conversione digitale (i profili tecnici di difficile reperibilità sono tra i 60 e i 70.000), nel quadro di una filiera formativa che parte dall'alternanza scuola lavoro nella quale sono azzerati gli oneri fiscali e contributivi;

     la trasformazione degli ITS (che hanno già un indice di occupabilità dell'80 per cento in «smart academy» adeguando la loro offerta formativa alle possibilità offerte delle nuove tecnologie;

     la trasformazione 4.0 della pubblica amministrazione mediante l'avvio di un processo di semplificazione burocratica ed un cambio generazionale negli uffici pubblici che preveda l'assunzione di giovani specialisti in informatica ed ingegneria;

     la riduzione del costo dell'energia, in considerazione del fatto che il gap tra Italia e media dell'Unione europea del 25 per cento;

    se si insiste in particolare sulla trasformazione 4.0 della economia italiana è perché i motivi che hanno portato al ritorno in Patria di un numero significativo di produzioni sono oggi amplificati esponenzialmente dall'avvento della fabbrica 4.0. Il consumatore odierno, sempre più «consum-attore» che interagisce con la produzione, richiede un prodotto su misura, di alta qualità e con consegna immediata. Ciò impone lavorazioni di prossimità, con flessibilità estrema e lotti minimi. Sono sempre dinamiche competitive complesse a determinare le decisioni di localizzare le lavorazioni dentro o fuori i confini e più che le politiche protezionistiche e le incertezze geopolitiche mondiali. Saranno le esigenze della produzione 4.0 a dare una forte accelerazione al fenomeno reshoring nei prossimi anni;

    tra gli esperti di settore si sta affermando l'assioma che «il “cloud” rottama la delocalizzazione». Lo stesso vale per l'introduzione dei robot. I processi digitali rendono meno conveniente trasferire funzioni all'estero. Col rientro di alcune attività nasceranno nel nostro Paese posti di lavoro per chi sviluppa ed amministra software intelligenti. In realtà il 4.0 non è solo una questione di ammodernamento dell'azienda. È pervasivo e supera i confini dell'impresa: da internet delle cose si passa a «Internet del tutto». Un'azienda non è fatta solo di macchine che devono essere connesse. È fatta soprattutto di persone, di processi di business, di contatti e di servizi. Un sistema complesso che deve essere connesso in maniera fluida, orizzontale e pervasiva, attraverso una condivisione consapevole delle informazioni. Il corretto uso dei dati e delle informazioni può diventare un fattore differenziale di competitività. Dalla delocalizzazione si passa al reshoring 4.0. Le tecnologie digitali hanno sostanzialmente un costo omogeneo in tutto il mondo. La loro adozione può consentire alle imprese italiane di ridurre lo svantaggio competitivo;

    tuttavia occorre tener conto che i posti di lavoro che ritornano sono diversi da quelli persi in precedenza: le passate decisioni di delocalizzazione hanno portato alla riduzione di occupati manuali, ma le attuali scelte di reshoring, fatta eccezione per i saperi artigianali tipici del fashion, creano spesso posti ad elevato contenuto tecnico-tecnologico. Va evidenziato che bisogna anche ricostruire un'idea non negativa del lavoro in fabbrica: i posti che si creano con Industria 4.0 sono ad altissimo livello di tecnologia e nulla hanno a che vedere con l'operatore alla catena di montaggio di fordiana memoria. Ovviamente tutto questo impone anche un ripensamento della formazione – professionale ed universitaria – ed un rilancio della cultura industriale delle nuove generazioni. Ecco perché si ritiene basilare insistere sul tema «formazione 4.0», sull'apprendistato e sulla trasformazione degli ITS in «smart academy»;

    nel 2016, peraltro è stato sottoscritto il primo contratto collettivo nazionale di lavoro in cui si fa esplicito riferimento al reshoring manifatturiero. Si tratta dell'accordo tra Confapi Federtessile e le sigle sindacali Ugl, Cisl, Uil e Cgil. In tale accordo specifica attenzione viene data ai processi di riqualificazione del personale ed alla possibilità di adottare forme di flessibilizzazione dell'organizzazione del lavoro (es. turni lavorativi in più) senza necessità di ulteriori trattative con le rappresentanze sindacali;

    l'industria manifatturiera dell'Unione europea contribuisce al 16,15 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea, assicura 32 milioni di posti di lavoro diretti e 20 milioni indiretti e rappresenta il 68 per cento delle esportazioni europee (dati 2016 della Commissione europea). Nell'Unione europea l'attività manifatturiera, il cui valore aggiunto complessivo nel 2016 è stato di 2.383 miliardi di dollari, è concentrata prevalentemente in Germania, Italia e Francia. Nel 2016 il contributo dell'industria manifatturiera al prodotto interno lordo è stato del 22,9 per cento, in Germania del 16,2 per cento in Italia e dell'11,3 per cento in Francia (Fonte World Bank e OCSE). Tuttavia, negli ultimi decenni l'economia europea ha perso circa un terzo della sua base industriale e dal 2008 al 2013 ha perso circa 3,8 milioni di posti di lavoro, solo parzialmente rimpiazzati negli ultimi anni da oltre 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro;

    nel settembre 2017 la Commissione europea ha presentato la nuova Strategia di politica industriale dell'Unione europea (COM(2017)479) che mira a rafforzare la competitività del settore manifatturiero europeo, ribadendo l'obiettivo, già fissato nel 2012, di riportare il contributo dall'industria manifatturiera al prodotto interno lordo dell'Unione europea al 20 per cento entro il 2020, attraverso la trasformazione e la modernizzazione dell'industria europea. In tale ambito la Commissione ha confermato l'impegno per la digitalizzazione dell'industria europea (COM(2016)180). Peraltro, la Commissione europea ha attenzionato il tema del reshoring fondando un osservatorio sul fenomeno (https://reshoring.eurofound.europa.eu/) che raccoglie informazioni sulle decisioni di rimpatrio in Europa non solo delle attività produttive ma anche di altre attività (ad esempio centri di ricerca e sviluppo, call center e altro);

    né infine va sottovalutata la sostenibilità ambientale e sociale delle politiche che favoriscono il reshoring. Quanto al primo aspetto, il rientro delle produzioni nei Paesi occidentali ha un impatto anche in termini di CO2 risparmiata, dato che si riducono gli spostamenti di materiali a livello mondiale. Con riferimento alla sostenibilità sociale, va tenuto conto che spesso le produzioni delocalizzate sono svolte in ambienti di lavoro degradati se non addirittura pericolosi. In tal senso, è opportuno promuovere un'attività di monitoraggio delle produzioni rientrate per evitare che le stesse favoriscano il ricorso all’«economia grigia» (come nel caso dei laboratori cinesi in alcuni nostri distretti industriali), essendo non accettabile l'idea che il rientro sia basato sulla ricostituzione di condizioni di lavoro illegali sul territorio nazionale;

    infine, occorre tener presente che le politiche industriali pro-reshoring non devono costituire una fonte di discriminazione per le imprese che non hanno mai delocalizzato e che hanno continuato a produrre solamente in Italia. In quest'ottica, secondo gli esperti, il fenomeno del reshoring dovrebbe godere di un trattamento identico a quello riservato all'attrazione di investimenti da parte di imprese estere. In altri termini, alle aziende italiane che – dopo aver delocalizzato – decidono di rientrare delle fasi produttive nel nostro Paese dovrebbero essere offerti gli stessi incentivi e servizi che vengono messi a disposizione di realtà imprenditoriali straniere desiderose di investire in Italia. Va tuttavia sottolineato come qualsiasi intervento di politica industriale che favorisca il «doing business», cioè la «facilità di fare impresa» (secondo la Banca Mondiale l'Italia occupa nel 2018 la 46a posizione in questa classifica, in salita rispetto alla precedente edizione, ma ancora in posizione arretrata rispetto ai benchmark europei) nel nostro Paese (dalla riduzione del cuneo fiscale all'incremento dell'efficienza della pubblica amministrazione) avrà effetti positivi sia per le imprese che hanno mantenuto la produzione nel Paese, sia quelle che intendono tornare. Lo stesso dicasi gli investimenti che favoriscano il permanere del capitale umano (cosiddetti skill produttivi) costituito dalle competenze industriali dei distretti ivi compresi saperi artigianali tipici del fashion,

impegna il Governo:

1) nel quadro della nuova Strategia di politica industriale dell'Unione europea (COM(2017)479) e tenendo conto delle esperienze maturate in altri Stati europei ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a favorire il rientro (reshoring) delle imprese italiane che hanno delocalizzato la produzione al di fuori dei confini nazionali, coordinando tali attività nell'ambito di una cabina di regia cui partecipino in una molteplicità di soggetti istituzionali e del mondo produttivo cui sia affidato particolare, il compito di promuovere l'attrazione degli investimenti esteri in Italia;

2) a sviluppare le predette attività alla luce delle esperienze regionali in corso favorendo in tale ambito l'utilizzo dello strumento dei contratti di sviluppo, di cui all'articolo 43 del decreto-legge n. 112 del 2008, sottoscritti nella forma di accordo di programma ovvero di accordo di sviluppo ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico 9 dicembre 2014;

3) ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata all'istituzione di un apposito fondo presso la Cassa depositi e prestiti s.p.a. che permetta ai comuni e agli enti locali di accedere a finanziamenti di lunga durata per realizzare o riqualificare siti idonei alla localizzazione industriale, a fronte di un preciso progetto imprenditoriale finalizzato al reinsediamento di imprese che rientrano in Italia;

4) ad assumere iniziative per prevedere il rifinanziamento, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, delle agevolazioni previste dal Piano nazionale impresa 4.0, che devono considerarsi strumento fondamentale per ridurre il gap competitivo delle imprese italiane, nonché del credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal medesimo Piano;

5) a rafforzare il ruolo degli istituti tecnici superiori adeguando la loro offerta formativa alle possibilità offerte delle nuove tecnologie e coordinando la loro attività con le esigenze delle imprese operanti nell'ambito delle finalità del piano nazionale Impresa 4.0;

6) ad implementare la trasformazione 4.0 della pubblica amministrazione mediante il rafforzamento del processo di digitalizzazione, da attuare attraverso un cambio generazionale che preveda l'assunzione di personale con competenze specifiche, al fine di realizzare gli obiettivi di semplificazione burocratica e di riduzione degli adempimenti a carico delle imprese e dei cittadini;

7) a valutare la possibilità di utilizzare quota parte delle risorse destinate alla promozione del made in Italy per la promozione del reshoring o di «esperienze di successo», ovvero di aziende che sono tornate a produrre in Italia e che ne hanno avuto benefìci, al fine di favorire processi «imitativi» che inducano altre imprese all'assunzione di strategie volte a consentire il ritorno della produzione in Italia.
(1-00010) «Gelmini, Porchietto, Occhiuto, Bagnasco, Baratto, Barelli, Battilocchio, Benigni, Biancofiore, Bignami, Carrara, Cattaneo, Cassinelli, Cristina, D'Attis, D'Ettore, Della Frera, Fatuzzo, Fiorini, Gagliardi, Germanà, Giacometto, Giacomoni, Labriola, Marrocco, Mazzetti, Minardo, Mulè, Fitzgerald Nissoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rosso, Ruffino, Paolo Russo, Rotondi, Ruggieri, Santelli, Scoma, Silli, Sozzani, Squeri, Tartaglione, Vietina, Zangrillo, Musella».


   La Camera,

   premesso che:

    la sera del 3 giugno 2017, a Torino, durante la proiezione su maxischermo della partita di calcio di finale della Champions league, l'improvviso scatenarsi del panico tra le migliaia di persone presenti ha avuto conseguenze devastanti in termini di persone ferite, che sono state oltre millecinquecento. In tale circostanza perse la vita anche una donna, Erika Pioletti, deceduta a seguito delle ferite riportate dopo essere stata calpestata dalla folla;

    occorre rilevare, tuttavia, che per quanto attiene lo specifico caso accaduto a Torino, esso è almeno in parte riconducibile al fatto che avevano avuto luogo alcune violazioni delle disposizioni adottate dalle autorità locali, in particolare la vendita abusiva di bevande in bottiglia di vetro;

    ciononostante, in seguito a quel tragico evento, il 7 giugno 2017 il capo della polizia ha ritenuto di diramare ai competenti soggetti istituzionali una circolare, la cosiddetta circolare Gabrielli, contenente le indicazioni per la tutela della pubblica incolumità in occasione di eventi pubblici e per l'ordinato svolgimento delle manifestazioni;

    la circolare Gabrielli è stata successivamente integrata da una direttiva del capo di gabinetto del Ministro dell'interno e da una siglata dal capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, contenenti la prima «Modelli organizzativi per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazione pubbliche», e la seconda «Indicazioni di carattere tecnico in merito a misure di safety»;

    dopo l'adozione del nuovo quadro di previsioni risultante dai citati atti, tutte le iniziative, di tutti i generi e di tutte le grandezze, che sono state organizzate sono state sottoposte a una procedura complessa e complicata sia sotto il profilo burocratico, non tanto nella fase progettuale (progetto di sicurezza) quanto nella fase di valutazione del rischio, sia sotto il profilo dei costi, perché è stato richiesto che fossero impegnate risorse finanziarie che, sia ove poste a carico degli organizzatori privati sia ove poste a carico dei comuni, rappresentano un onere eccessivo;

    nell'attuazione pratica si è rivelato che le nuove procedure non risolvono affatto il problema del contenimento del rischio, ma, anzi, lo aggravano, perché attribuire la valutazione del rischio a una griglia, composta di sole tre fasce, si risolve in una categorizzazione grossolana che non tiene conto delle peculiarità delle singole organizzazioni, né della grandezza dei comuni sia sotto il profilo del territorio, sia sotto il profilo della consistenza numerica;

    la valutazione del rischio andrebbe, al contrario, ricondotta alla valutazione degli organi di governo dei singoli territori, Sindaco, polizia municipale e prefetture, unici soggetti in grado di valutare i potenziali rischi, realizzando al contempo una semplificazione delle procedure;

    nell'ultimo anno, a seguito dell'adozione dei citati atti relativi alla sicurezza degli eventi pubblici, i comuni si sono, invece, trovati a dover adempiere ai numerosi nuovi procedimenti in vista di manifestazioni e iniziative, sia se organizzate direttamente dall'ente, sia se organizzate da pro loco e altre associazioni presenti sui territori, che hanno, di fatto, reso impossibile la realizzazione di numerose manifestazioni;

    soprattutto nei piccoli centri le iniziative pubbliche organizzate, in gran parte durante i mesi estivi, permettono la coesione del tessuto sociale e garantiscono vitalità, inclusione e appartenenza, permettendo la trasmissione di valori, storia e cultura dei luoghi e favorendo anche il mantenimento di flussi turistici che fanno bene ai territori e alle imprese;

    sagre, processioni, cene in piazza, rievocazioni storiche sono fondamentali per i comuni e gli amministratori stanno da tempo segnalando la necessità che si intervenga al fine di non disperdere questo patrimonio, per il bene dell'Italia che da mille anni è il Paese dei campanili, dei borghi e delle comunità, per il quale lavorano ogni anno centinaia di associazioni e migliaia di volontari;

    le nuove regole imposte tutti gli organizzatori di eventi per la gestione delle iniziative che prevedono afflusso di pubblico, con una netta distinzione tra safety, posta in capo alla responsabilità di comune, vigili del fuoco, polizia municipale, prefettura, e organizzatori, e security, relativa ai servizi di ordine e sicurezza, distinguendo di conseguenza i compiti che spettano alle forze di polizia e quelli spettanti alle altre amministrazioni e agli organizzatori, associazioni, privati ed enti pubblici, hanno già determinato la cancellazione di numerosi eventi;

    appare, quindi, indispensabile una semplificazione della normativa risultante dai suddetti atti in materia di eventi pubblici, che abbandoni il criterio meramente numerico del previsto afflusso di pubblico all'evento contemperandolo con le particolarità del territorio e la dimensione degli spazi, che restituisca la titolarità della fase di valutazione del rischio ai sindaci con gli altri organi di governo del territorio e che permetta l'abbattimento dei costi, ponendo le spese per la sicurezza a carico delle strutture di appartenenza delle forze impiegate;

    è urgente che si intervenga subito, in primo luogo perché l'aggravio burocratico derivante dai procedimenti previsti dagli atti in esame sta danneggiando il funzionamento dei comuni, soprattutto nei piccoli centri, con un inutile dispendio di energie che la pubblica amministrazione, già gravata da numerosissime incombenze, non si può permettere, e, in secondo luogo, per evitare che un patrimonio importantissimo di tradizioni, spettacoli, processioni sia disperso o possa essere valorizzato solo in maniera molto ridimensionata,

impegna il Governo:

1) ad assumere urgenti iniziative volte a rivedere l'impianto della normativa di cui in premessa, realizzando una semplificazione delle procedure e una riduzione dei costi e riconducendo le responsabilità per le manifestazioni in luoghi pubblici o aperti al pubblico sotto la regia e il controllo degli organi di governo dei singoli territori, sindaco, polizia municipale e prefetture;

2) a mettere a disposizione dei comuni, ove necessario, uomini e mezzi atti a meglio garantire la sicurezza e la prevenzione nelle manifestazioni.
(1-00011) «Meloni, Acquaroli, Ciaburro, Crosetto, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Fidanza, Lollobrigida, Mollicone, Montaruli, Prisco, Trancassini, Maschio, Frassinetti, Rampelli, Zucconi, Gemmato, Butti, Foti, Varchi, Lucaselli, Deidda, Bucalo, Ferro, Bellucci».

Risoluzioni in Commissione:


   La II Commissione,

   premesso che:

    con decreto del 18 novembre 2016 è stato indetto un concorso per la selezione di ottocento assistenti giudiziari, area funzionale II, fascia economica F2 nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

    in esito al concorso sono stati assunti dapprima gli ottocento vincitori previsti dal bando, poi ulteriori seicento, e nei mesi a seguire sono state assunte altre unità, fino all'annuncio del Ministro, arrivato in data 26 giugno 2018, della sua intenzione di procedere allo scorrimento totale della graduatoria;

    i vincitori del secondo «blocco» di assunzioni sono stati maggiormente svantaggiati rispetto ai soggetti chiamati successivamente, nonostante questi abbiano riportato un punteggio inferiore nelle prove, perché destinati a sedi distanti centinaia di chilometri dalle proprie città di appartenenza, con tutti i disagi del caso, prima fra tutte quella di dover lasciare le proprie famiglie per andare a lavorare;

    a ciò si aggiunga che prima dell'immissione in servizio del citato nuovo blocco non sarebbe stato disposto un interpello straordinario per la mobilità utile a una precisa ricognizione dei posti e ad una opportuna valutazione delle richieste di mobilità;

    le ulteriori assunzioni sono state effettuate mediante scorrimento delle graduatorie, non solo del concorso indetto con decreto del 2016, ma di quelli indetti da altre pubbliche amministrazioni in corso di validità, comprese quelle del Ministero della giustizia;

    nel bando di concorso 2016, all'articolo 4, si legge infatti «Le graduatorie oggetto di scorrimento sono individuate tra quelle in corso di validità per concorsi banditi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie e dagli enti pubblici non economici nazionali, comprese quelle relative ai concorsi banditi tramite la Commissione per l'attuazione del progetto RIPAM, di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994 e successive integrazioni»;

    il profilo di assistente giudiziario risulta essenziale per il corretto funzionamento degli uffici giudiziari e per l'assistenza ai magistrati sia nei tribunali che negli uffici della procura della Repubblica su tutto il territorio nazionale;

    dopo anni di blocco del turn-over il concorso del 2016 sta finalmente consentendo il necessario ricambio generazionale, negato nell'ultimo ventennio ad una intera generazione che ha avuto poche, se non nessuna, possibilità di accedere alla pubblica amministrazione, e comporterà evidenti benefici in termini di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione stessa;

   il numero degli assunti dovrebbe rendere possibile almeno in parte la destinazione degli stessi alle sedi giudiziarie della propria città o, almeno, della stessa regione,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, ogni opportuna iniziativa volta a dirimere la delicata problematica, in particolare attraverso l'indizione di un interpello straordinario per la mobilità.
(7-00019) «Varchi».


   La X Commissione,

   premesso che:

    nelle bollette dell'energia elettrica, oltre alle voci relative ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, sono presenti altre componenti tariffarie, gli oneri generali di sistema, individuati ai sensi dell'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, come modificato dall'articolo 39, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, il cui gettito – di natura parafiscale – è destinato alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale afferenti al sistema elettrico, tra i quali, ad esempio, il sostegno alle fonti energetiche rinnovabili e il bonus elettrico;

    la disciplina dell'imposizione e dell'esazione degli oneri generali del sistema elettrico, e la gestione del gettito derivante è definita dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ora Arera (Autorità di regolazione per l'energia reti e ambiente), ai sensi della legge istitutiva, la legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni;

    al fine di assicurare il gettito necessario alla corresponsione degli incentivi e alle altre finalità di interesse generale previste dalla legge, l'Autorità ha stabilito che la riscossione degli oneri generali di sistema, in quanto maggiorazioni dei corrispettivi del servizio di trasporto di energia elettrica, segua la stessa filiera di distribuzione e vendita dell'energia elettrica: i clienti finali pagano gli oneri generali – insieme alle altre voci che compongono la bolletta – ai venditori, i quali li pagano a loro volta, con le fatture del servizio di trasporto ai distributori, che quindi li versano su appositi conti istituiti, per le varie componenti, presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (Csea), ovvero direttamente al Gestore dei servizi energetici (Gse) nel caso della componente destinata al sostegno delle fonti rinnovabili;

    l'Autorità ha stabilito altresì che su ciascun soggetto coinvolto nella filiera gravi l'eventuale rischio legato alla morosità della propria controparte del rapporto contrattuale, essendo obbligato a versare gli oneri generali, indipendentemente dal loro effettivo incasso;

    per omogeneizzare le garanzie contrattuali e le tempistiche di fatturazione tra i diversi soggetti della filiera, alla luce della loro pluralità, l'Autorità ha inoltre adottato la disciplina del codice di rete (delibera 4 giugno 2015 268/2015/R/EEL), ponendo in capo ai venditori la prestazione di garanzie finanziarie in favore delle imprese distributrici anche a copertura degli oneri generali di sistema;

    alcuni venditori (Gala S.p.A., Green Network S.p.A., Esperia S.p.A.) e una loro associazione (Aiget), hanno contestato tale uniformato sistema di garanzie, e in particolare la parte relativa alla riscossione degli oneri generali, rivolgendosi al giudice amministrativo;

    la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato che l'Autorità non ha titolo per imporre tale sistema di garanzie alle imprese di vendita, poiché il cliente finale è l'unico soggetto tenuto a pagare gli oneri generali di sistema e il rischio di mancato incasso da parte dei clienti finali non è in capo ai venditori (si veda al proposito: Consiglio di Stato, Sezione VI, sent. 2182/2016; Tar Lombardia, Sezione II, sent. 237/2017, 238/2017, 243/2017, 244/2017; Consiglio di Stato, Sezione VI, sent. 5619/2017 e 5620/2017);

    a seguito di tali pronunce, che hanno annullato le precedenti deliberazioni, l'Autorità è nuovamente intervenuta in tema confermando, con la deliberazione 50/2018/R/EEL, l'attuale sistema in base al quale sia i venditori che i distributori continuano a essere obbligati a versare interamente gli oneri generali fatturati, indipendentemente dall'effettivo incasso dei medesimi, ma al contempo introducendo uno specifico meccanismo di reintegrazione, successiva e previa verifica, degli oneri generali di sistema versati ma non riscossi e non recuperabili da parte dei distributori, che abbiano risolto per inadempimento il contratto di trasporto stipulato con i venditori;

    successivamente, con il documento per la consultazione 52/2018/R/EEL, l'Autorità ha definito i propri orientamenti in merito al meccanismo di riconoscimento degli oneri di sistema non riscossi e altrimenti non recuperabili, anche nei confronti dei venditori che risultino aver regolarmente versato ai distributori e non riscosso dai clienti finali;

    anche questi due provvedimenti dell'Autorità sono stati recentemente impugnati davanti al giudice amministrativo da parte delle associazioni per la difesa dei consumatori;

    tale sistema di socializzazione degli oneri, mirante a garantire il gettito degli oneri di sistema da assicurare per legge, di fatto comporta che tutti i clienti finali debbano contribuire alla copertura della quota non incassata, a prescindere dal livello di tensione previsto nei contratti (bassa tensione, media tensione, alta e altissima tensione);

    l'impatto della socializzazione degli oneri non pagati dai clienti morosi sulle bollette elettriche dei clienti domestici, secondo le prime valutazioni fornite dalla stessa Autorità, e riferite al solo meccanismo di cui alla deliberazione 50/2018/R/EEL (si veda la nota del 27 febbraio 2018), sarebbe pari a circa 2 euro annui, stimando la quota di oneri non riscossi a circa il 2 per cento dell'ammontare complessivo degli oneri generali di sistema, attualmente pari a circa 14 miliardi di euro;

    al fine di garantire la stabilità e la certezza del mercato dell'energia elettrica, l'articolo 1, commi 80-82, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per il mercato e la concorrenza), ha previsto l'istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, dell'Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica a clienti finali;

    l'Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica a clienti finali rappresenta un utile strumento per prevenire il verificarsi di nuovi episodi di condotte opportunistiche e scorrette, dal momento che l'inclusione e la permanenza di un soggetto nello stesso sono condizione necessaria per lo svolgimento delle attività di vendita di energia elettrica a clienti finali;

    il Consiglio di Stato ha espresso parere il 7 giugno 2018 sullo schema di decreto predisposto dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore con cui sono fissati i criteri, le modalità e i requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l'iscrizione nel citato Elenco; tuttavia, ad oggi, esso non risulta essere pubblicato,

impegna il Governo a:

a definire opportune iniziative normative d'urgenza volte a definire un sistema efficace di garanzia e tutela dei clienti finali sugli oneri generali di sistema e di recupero degli oneri non riscossi, anche potenziando gli strumenti sanzionatori e di controllo sui comportamenti opportunistici, al fine di evitare il riversamento diretto degli oneri generali a carico dei clienti finali, e in particolare di quelli domestici.
(7-00020) «Benamati, Moretto, Bonomo, Mor, Nardi, Noja».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   PRESTIGIACOMO e GERMANÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i mesi di maggio e giugno del 2018 sono stati caratterizzati da precipitazioni molto superiori alle medie stagionali, che hanno influito negativamente sulla stagione agricola. Oltre a ciò, tra il 20 e il 25 giugno 2018 una forte ondata di maltempo si è abbattuta sulla Sicilia, con intensi temporali, grandinate e venti con raffiche superiori ai 100 chilometri orari, che hanno provocato ingenti danni alle produzioni agricole già in sofferenza;

   risultano particolarmente colpite le province di Enna e Caltanissetta. Nell'area del Vallone (un'area della Sicilia lunga 22 chilometri, costituita dai paesi dell’hinterland di Caltanissetta), sono stati colpiti interi territori comunali, da Mussomeli, Milena, Vallelunga e Villalba. Gravemente disastrate sono le aree di San Cataldo e quella di Caltanissetta. In provincia di Enna le avversità atmosferiche hanno prostrato il capoluogo e i comuni vicini;

   risulta assai colpita la produzione del grano, che era in fase di trebbiatura: le piogge lo hanno reso non commercializzabile. In tutto il territorio le scene sono desolanti, con distese di grano duro piegate dalla forza dell'acqua. Le rese e il livello qualitativo sono divenuti così bassi da rendere non conveniente la commercializzazione, complici anche i bassi prezzi di mercato;

   è stato colpito anche il settore frutticolo, con notevole cascola derivante dalla forte pioggia e dai venti. Ad aggravare la situazione, nelle aree agricole risultano inagibili o distrutte strade poderali, interpoderali e comunali; ampi fronti di smottamento hanno modificato l'aspetto del territorio, diversi corsi d'acqua sono fuoriusciti dal proprio alveo. Se le strade non saranno ripristinate rapidamente gli imprenditori non potranno accedere ai propri fondi con le attrezzature necessarie a salvare il salvabile;

   la regione, con i propri competenti organi, e i tecnici delle associazioni agricole hanno immediatamente avviato le rilevazioni per valutare l'entità dei danni, che appare rilevante per tutti i comparti agricoli, con azzeramento della produzione in taluni di essi. Appare evidente che, in numerose realtà territoriali tra quelle citate, sussistano le condizioni per l'accesso agli interventi previsti dal Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, recentemente modificato dal decreto legislativo n. 32 del 2018, ai fini dell'indennizzo dei danni alle colture e del ripristino di strade e strutture –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per riconoscere, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018, lo stato di emergenza per i territori delle province di Caltanissetta ed Enna, colpiti dai suddetti eventi atmosferici eccezionali;

   quali ulteriori iniziative di competenza si intendano adottare al fine di coprire le perdite registrate dalle imprese agricole e zootecniche e di ripristinare il potenziale produttivo delle imprese agricole siciliane danneggiate dagli eccezionali eventi atmosferici del giugno 2018;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per stanziare ulteriori risorse a ristoro delle aree colpite, sulla falsariga di quanto previsto dall'articolo 46-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, concernente interventi in favore delle imprese agricole danneggiate dagli eventi calamitosi negli scorsi anni.
(3-00043)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da un articolo del Corriere della Sera che il vicepremier e Ministro interrogato, per il suo viaggio in Libia, che ha avuto luogo lunedì 25 giugno 2018, si sia rifiutato di utilizzare il Falcon, che trasportava tra l'altro il personale dei servizi segreti, assumendo la decisione di viaggiare su un altro aereo, un volo militare, come ritratto in diverse fotografie da lui diffuse attraverso i propri canali social;

   l'utilizzo del mezzo militare comporta costi superiori a quelli di un velivolo sempre di Stato ma non militare, nel caso specifico, a quanto risulta all'interrogante, il triplo rispetto a quello per l'utilizzo di un Falcon;

   tale decisione, secondo l'interrogante, difficilmente potrebbe essere giustificata da eventuali motivi di sicurezza, in quanto si faticherebbe a capire perché quei motivi sarebbero validi per il Ministro interrogato e non per gli uomini dell’intelligence, che viaggiavano sul Falcon e conoscono bene la situazione libica;

   di fronte a tale decisione per l'interrogante potrebbe tra l'altro emergere una preoccupante diffidenza del Ministro nei confronti del servizio di intelligence italiano a tal punto da non voler viaggiare nello stesso aereo, cosa che sarebbe a maggior ragione inquietante per un Ministro dell'interno;

   il Presidente del Consiglio dei ministri ha la delega in materia di servizi segreti e ha la responsabilità sull'utilizzo dei voli di Stato –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e per quali ragioni il Ministro interrogato abbia voluto utilizzare un aereo militare pur in presenza di un velivolo Falcon, con personale dell'Agenzia informazioni e sicurezza estera, diretto in Libia.
(3-00052)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è un fatto notorio che lo scrittore Roberto Saviano, autore di Gomorra – romanzo pubblicato nel 2006 di denuncia dei gravissimi traffici illeciti della Camorra, tradotto in 52 lingue, e che ha venduto oltre 2.250.000 copie in Italia e più di 10 milioni di copie nel mondo – vive per questo motivo da più di dieci anni sotto scorta;

   lo stesso autore, che all'epoca della pubblicazione del libro aveva appena 27 anni, ha più volte dichiarato che da quando, nell'ottobre del 2006, fu messo sotto scorta a causa delle ripetute minacce di morte, la sua vita è drammaticamente cambiata, comportando di fatto la scorta una inevitabile e costante limitazione della propria libertà personale;

   il 21 giugno 2018, durante la trasmissione Agorà, a seguito delle critiche espresse pubblicamente dallo scrittore sulle politiche dell'immigrazione e sul censimento dei rom, preannunciati dal Ministro interrogato, quest'ultimo ha dichiarato che sulla scorta dello scrittore Saviano, «saranno le istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto tempo all'estero» e «Saviano è l'ultimo dei miei problemi (...), ma è giusto valutare come gli italiani spendono i loro soldi», parole che hanno suscitato un'ondata di indignazione da parte di diversi esponenti politici e intellettuali;

   è altrettanto noto che i dispositivi di sicurezza per la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio seguono procedure rigorose e trasparenti, che coinvolgono vari livelli istituzionali; che tali procedure sono state rafforzate dopo l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, drammaticamente ucciso dalle brigate rosse quando, tra il 2001 e il 2002, non gli fu confermata la scorta in precedenza assegnata, fatti per i quali furono indagati anche il Ministro dell'interno pro tempore e capo della polizia;

   lo Stato deve sempre prevedere una tutela a favore delle persone esposte a rischi particolari sulla base di riscontri oggettivi che non possono mai essere influenzati da giudizi politici, con la conseguenza che l'assegnazione e la revoca di una scorta non possono mai essere configurate secondo l'interrogante come premio o punizione per la vicinanza o la lontananza politica col Governo in carica –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti riportati in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare in generale affinché le dichiarazioni sopra riportate non siano interpretate come segni di indebolimento dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata, e in particolare per assicurare che non venga messa inutilmente a repentaglio la vita dello scrittore Saviano.
(5-00073)


   PAGANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la procura della Repubblica di Forlì ha notificato l'istanza di fallimento all'A.C. Cesena;

   la società ha un enorme debito con l'Erario dovuto soprattutto a imposta Iva non versata nell'arco di diversi anni, sanzioni e interessi;

   l'Agenzia delle entrate ha rilevato un debito complessivo di oltre 73 milioni di euro, ma il presidente del Cesena, Giorgio Lugaresi, contesta questo dato sostenendo che vi sono compresi oltre 19 milioni di euro di debiti che si compensano con i crediti per la compravendita di calciatori, per cui in realtà l'indebitamento è di 54 milioni di euro;

   inoltre, parrebbe che, sulla base dei risultati di un'ispezione effettuata nel mese di marzo 2018 dalla Covisoc (Commissione di vigilanza sulle società di calcio) che avrebbe rilevato gravi responsabilità da parte degli amministratori, con una procedura innovativa la Figc ha avviato un'azione civile in base all'articolo 2409 del codice civile, chiedendo al tribunale delle imprese di Bologna di effettuare una verifica dei comportamenti non corretti segnalati dalla Covisoc. In caso di conferma, ci potrebbe essere la revoca degli amministratori e la sostituzione con un commissario che potrebbe gestire un esercizio provvisorio per preservare il patrimonio e l'impresa;

   da notizie a mezzo stampa, si è appreso che il 29 giugno 2018 «il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Giancarlo Giorgetti è stato visto in compagnia dell'ex parlamentare Gianluca Pini, presidente della Lega Nord Romagna, in Corso Sozzi, a pochi passi dalla sede dell'A.C. Cesena»;

   lo stesso Pini ha dichiarato, nel medesimo articolo-intervista, che «(...) con alcuni amici molto vicini al A.C. Cesena si è parlato naturalmente anche della delicatissima situazione che si è venuta a creare. Giancarlo del resto ha la delega allo sport» e che se il Sottosegretario Giorgetti «fosse chiamato in causa potrebbe tentare di scongiurare il rischio che nel prossimo anno sportivo non sia in campo alcuna squadra col nome Cesena» –:

   se il 29 giugno 2018 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti si sia recato nella sede dell'A.C. Cesena, in veste, sembrerebbe, di Sottosegretario cui dovrebbe essere attribuita la delega allo sport, e stia seguendo direttamente la vicenda dell'A.C. Cesena;

   se sia a conoscenza della gravissima situazione tributaria della società determinata soprattutto da Iva non versata e, delle irregolarità degli amministratori dell'A.C. Cesena rilevate dalla Covisoc;

   se, infine, il Governo abbia intenzione di intervenire direttamente nella gestione delle vicende che stanno coinvolgendo l'A.C. Cesena e, in caso affermativo, in quale modo e in quali tempi, considerato il fatto che il 9 agosto 2018 è stata convocata la prima udienza in tribunale per discutere l'istanza di fallimento presentata dalla procura della Repubblica di Forlì nei confronti dell'A.C. Cesena.
(5-00097)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in Puglia esiste il Consorzio bacino Fg 4 preposto ad assicurare il ciclo completo dei rifiuti, attraverso la raccolta dei rifiuti solidi urbani affidata a Sia srl, società privata interamente a capitale pubblico, di cui sono soci i 9 comuni del Consorzio: Cerignola, Stornara, Stornarella, Orta Nova, Ordona e Carapelle dell'Aro Fg 4, e Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia e Trinitapoli per l'Aro Bt 3;

   i 9 Comuni del Consorzio comprendono una popolazione di oltre 150 mila abitanti;

   da mesi le vicende finanziarie di Sia srl hanno portato a continui disservizi nella raccolta dei rifiuti;

   il perdurare delle criticità finanziarie di Sia srl e le relative lunghe e complesse trattative con la regione Puglia e l'Agenzia regionale per i rifiuti stanno determinando una situazione di stallo nella raccolta dei rifiuti solidi urbani nel territorio;

   negli ultimi 5 giorni i cumuli di immondizia hanno ormai invaso le vie cittadine e spesso si assiste all'incendio doloso di cassonetti e cumuli da parte di chi tenta, in maniera incivile, di provvedere autonomamente ad eliminare i rifiuti;

   tali gesti sconsiderati creano ulteriore disordine e provocano preoccupanti e dannose emissioni di diossina nelle vie urbane;

   ad un mese esatto dall'audizione in Commissione ambiente e dalle rassicurazioni del commissario ad acta dell'Agenzia per i rifiuti (Ager), la situazione è precipitata e si è complicata anche a causa delle temperature più alte e il caldo non potrà che accentuare i rischi di epidemie ed i pesanti danni alla salute dei cittadini, che si ha il dovere di salvaguardare oltre ogni emergenza;

   a parere dell'interrogante si è effettivamente al cospetto di un danno ambientale che prende forma inesorabilmente di ora in ora;

   Cerignola ed Orta Nova (55 mila e 18 mila abitanti) appaiono allo stato attuale i centri più colpiti dalla mancata raccolta, ma non è migliore la sorte dei restanti 7 centri del Consorzio servito da Sia srl;

   con riferimento alla discarica di Forcone Cafiero a due passi dai centri abitati, secondo recenti rilievi dei carabinieri del Noe, il percolato del V lotto ha superato di 12 metri la soglia tollerata;

   recenti incontri presso Ager e prefetture hanno coinvolto le parti in causa, alla ricerca di soluzioni aziendali alternative per la raccolta dei rifiuti, unitamente al tentativo di individuare discariche disponibili più vicine rispetto a quella di Massafra indicata dalla regione Puglia;

   nonostante ciò, i tempi per la definizione di impegni e ruoli appaiono troppo dilatati per non pensare a soluzioni tampone, nelle more, per liberare immediatamente i comuni pugliesi dai cumuli di rifiuti;

   se non si intervenisse in tempi e modi certi e tempestivi, l'emergenza sanitaria che ne scaturirebbe andrebbe ben oltre i confini delimitati dai 9 comuni direttamente interessati;

   sarebbe un'emergenza regionale che non troverebbe facilmente valvola di sfogo né per la gestione dei rifiuti né per i problemi sanitari connessi e conseguenti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, per quanto di competenza, quali urgenti iniziative intendano adottare per evitare il prevedibile e grave danno ambientale che ne conseguirebbe e salvaguardare la salute pubblica;

   se non ritengano necessario assumere le iniziative di competenza per la rimozione immediata dei rifiuti dalle strade anche attraverso l'intervento di uomini e mezzi dell'Esercito italiano.
(4-00586)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con nota protocollo n. 280066 dell'11 aprile 2017, avente ad oggetto «aggiornamento linee guida per l'applicazione da parte delle Aziende ed Enti del SSR degli obblighi di pubblicazione di cui al D.Lgs 33/2013, come modificato dal D.Lgs 97/2016», la direzione generale della regione Emilia-Romagna «Cura della persona, salute e welfare» confermava le indicazioni regionali in merito all'obbligo di deposito, per mezzo del portale informatico regionale denominato «Gru», da parte del personale titolare di incarico dirigenziale, delle informazioni relative alla propria situazione matrimoniale e delle dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'Irpef previste dalla legge;

   tali indicazioni all'interrogante parrebbero contrastare con le linee guida dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), con particolare riferimento ai criteri per l'individuazione dei soggetti destinatari degli obblighi di pubblicazione;

   nella delibera n. 241 del 2017 dell'Anac al punto 2.3 «Titolari di incarichi dirigenziali » si legge che «per gli obblighi di pubblicazione da applicarsi ai dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale, occorre avere riguardo alle disposizioni contenute nell'art. 41 del d.lgs 33/2013, (“Trasparenza del Servizio Sanitario Nazionale”)». In particolare, per l'individuazione dei soggetti destinatari degli obblighi, si precisa che con la locuzione «Dirigenza sanitaria» introdotta nel comma 3 di detto articolo, devono intendersi i dirigenti del servizio sanitario nazionale, sia del ruolo sanitario che di altri ruoli, che ricoprono esclusivamente le posizioni specificate al comma 2 dell'articolo 41, ovvero direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse;

   la determinazione dell'Anac n. 358 del 29 marzo 2017, al punto 8, «Disposizioni per i dirigenti», esplicita che «con riguardo all'ambito di responsabilità dirigenziale, si raccomanda che il Codice preveda che il Dirigente, ciascuno per l'ambito di propria competenza e in relazione alla natura dell'incarico e ai connessi livelli di responsabilità [...] assolva tempestivamente agli obblighi di comunicazione di cui al comma 3 dell'articolo 13 del Regolamento». Ai sensi di tale determinazione sembrerebbe sussistere una gradualità nell'applicazione degli obblighi previsti dal codice di comportamento dei dipendenti pubblici e che tale gradualità parrebbe inesistente nelle modalità di raccolta dati tramite il portale informatico della regione Emilia-Romagna denominato «Gru»;

   nella delibera n. 1388 del 14 dicembre 2016 l'Anac riteneva di segnalare alcune criticità della nuova disciplina in tema di trasparenza introdotta dal decreto legislativo n. 97 del 2016, con particolare riguardo alla novella degli articoli 14, 15 e 47 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e che la prima criticità segnalata riguardava il diverso regime di trasparenza previsto per la dirigenza amministrativa in generale rispetto a quella sanitaria sottolineando che «mentre per i dirigenti amministrativi la disciplina di trasparenza è ora prevista dall'articolo 14 del decreto trasparenza, sussistendo per questi l'obbligo di pubblicare anche le dichiarazioni concernenti la situazione patrimoniale nei termini previsti dalla legge n. 441 del 1982, per la dirigenza sanitaria (e cioè per gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse) poiché l'articolo 41 del decreto n. 33 del 2013 (in tema di Trasparenza del servizio sanitario nazionale) espressamente richiama, al comma 3, l'articolo 15, è in fatto introdotto (per le due categorie di dirigenti in questione) un differente regime di trasparenza. La norma infatti non prevede per i dirigenti sanitari l'obbligo di fornire i dati riguardanti la situazione patrimoniale» –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, si intendano assumere per rendere più chiara ed esaustiva la normativa in materia, limitando l'obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali ai dirigenti con responsabilità gestionali.
(4-00599)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 6 giugno 2018 la stampa locale e nazionale riportava la notizia dell'aggressione a un carabiniere, avvenuta a Pisa in pieno giorno e nei pressi del Duomo, nel corso di controlli a venditori ambulanti abusivi, in gran parte di origine senegalese;

   il militare, che aveva proceduto al sequestro di decine di borse contraffatte, è stato violentemente colpito da un venditore abusivo senegalese, riportando la frattura del setto nasale. Un secondo militare è stato strattonato e colpito al petto;

   un episodio simile si era purtroppo già verificato nel 2017, questa volta durante alcuni controlli effettuati dalla Guardia di finanza;

   già nei giorni successivi all'aggressione, il comitato provinciale per l'ordine pubblico aveva riferito la volontà di intensificare i controlli e mettere in campo più efficaci misure di contrasto all'abusivismo commerciale nella zona –:

   quali elementi intenda fornire riguardo a quanto accaduto e in relazione all'attuale situazione di contrasto all'abusivismo commerciale nelle zone citate e alle misure messe in campo;

   se siano state assunte iniziative per contrastare il fenomeno dei venditori abusivi per evitare che possano ripetersi vicende come quella di cui sono stati protagonisti i soggetti responsabili delle aggressioni avvenute a Pisa a inizio giugno a danno di due militari dell'Arma dei Carabinieri;

   se, con riferimento ai venditori ambulanti di cui in premessa, siano state riscontrate situazioni di irregolarità rispetto alla loro presenza sul territorio nazionale e se siano stati assunti provvedimenti di espulsione o rimpatrio.
(4-00602)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a distanza di due anni dall'accaduto, l'interrogante intende conoscere lo stato delle indagini relative all'attentato terroristico, avvenuto a Dacca (Bangladesh) il 1° luglio 2016, in cui si verificò un atroce eccidio, commesso da un commando di terroristi, i quali, dopo avere fatto irruzione in un locale frequentato dalla comunità internazionale, massacrarono dopo terribili sofferenze ventidue persone, tra le quali vi erano nove italiani;

   l'attentato in questione è il più grave tra gli attacchi di matrice jihadista che abbiano colpito l'Italia, a fronte del suo impegno contro il terrorismo internazionale; si ricorda che addirittura è rimasta vittima, tra i nostri connazionali, anche una donna incinta;

   ad oggi, si sa ancora molto poco su quanto accadde quel giorno e, soprattutto, sui responsabili; pertanto, è necessario che il Governo confermi il proprio prioritario impegno, affinché sia fatta luce sulla strage, interloquendo con le istituzioni competenti a sollecitare la rogatoria internazionale sul caso e richiedere lo stato delle indagini sul commando di jihadisti e sul processo a carico degli imputati individuati –:

   quali siano gli orientamenti del Governo su quanto esposto in premessa e se e quali iniziative intenda adottare, affinché si conoscano tutte le informazioni necessarie sulle motivazioni e sui responsabili dell'attentato ed ogni altro fatto che possa fare luce per ottenere giustizia, per le vittime e i loro familiari.
(5-00084)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   un articolo pubblicato sul sito on-line di Panorama il 1o giugno 2018 racconta la storia di Marta (il nome è di fantasia per ragioni di sicurezza), una cooperante italiana che nel luglio 2016 si è trovata al centro della guerra civile in Sud Sudan, dove insieme ad altri cooperanti ha subito violenze, rischiando di morire e oggi si trova ad essere il testimone chiave di un processo che vede imputati 12 soldati sudanesi;

   la cooperante racconta di come il Sud Sudan sia un paese sul lastrico, dove la fame è una delle principali cause di morte e per i militari l'abuso, la razzia, le violenze sessuali su donne e bambine sono all'ordine del giorno;

   il Sud Sudan vede contrapposte in un conflitto civile che periodicamente riesplode le forze governative di Salva Kiir e quelle di opposizione di Riek Machar, i due leader che si contendono il comando di un Paese poverissimo dove il prodotto interno lordo pro capite non supera i 657 dollari;

   Marta, nel luglio 2016, si trovava nel Paese come consulente per una organizzazione americana che l'aveva ingaggiata per cinque mesi per partecipare ai progetti USAID, l'agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. In quei giorni però a Juba era scoppiata la guerra civile e i cooperanti, invitati dall'ambasciata americana a far ritorno nel compound e non uscire, hanno subito l'incursione nelle loro strutture da parte dei soldati che, sfondate finestre e porte, hanno eseguito la condanna di un giornalista sudanese appartenente alla tribù opposta, sparato alla cieca colpendo un cooperante alle gambe, picchiato e minacciato di morte i cooperanti e violentato sessualmente le donne presenti;

   con la sua testimonianza, Marta, oltre a denunciare i propri aggressori, racconta di come il compound fosse insicuro e vulnerabile e di come, per cinque giorni, avrebbero chiesto aiuto all'ambasciata americana e alle loro compagnie di appartenenza, senza ricevere risposte se non vane rassicurazioni. Inoltre, non sarebbero stati attivati i protocolli di sicurezza dovuti, così come non sarebbero stati attivati i normali corridoi di sicurezza per lo spostamento verso strutture più protette, dove nel frattempo avevano trovato riparo gli altri operatori che erano stati evacuati in tempo;

   a documentare i fatti di quel luglio, oltre alla testimonianza diretta di Marta c'è il report di Civilians in Conflict sulle violenze in Sudan del Sud contro civili e sulla risposta delle Nazioni Unite che descrive come le parti del conflitto abbiano ucciso e ferito i civili nei campi profughi con fuoco indiscriminato, commesso violenza sessuale diffusa contro le donne che hanno lasciato quei campi in cerca di cibo e attaccato gli operatori umanitari internazionali e nazionali;

   per i fatti di quel luglio di violenza, è in corso un processo della corte marziale contro 12 soldati di Salva Kiir. Marta è una testimone chiave in questo primo processo per massacro civile che può diventare un esempio e un precedente importante per tutte quelle persone che ogni giorno in Sud Sudan subiscono violenze atroci per mano dei soldati –:

   se e come il Governo intenda fornire massima assistenza alla connazionale, vittima delle violenze ad opera delle milizie governative nel Sud Sudan durante l'assalto al compound dove risiedeva nel luglio 2016, testimone chiave nel processo e unica vittima di quelle terribili violenze che ha avuto il coraggio di tornare nel Sud Sudan per testimoniare.
(4-00597)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso di un'apposita riunione indetta presso l'amministrazione provinciale di Piacenza il 26 febbraio 2016, l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Del Rio, presente il presidente di Anas spa, dottor Gianni Vittorio Armani, annunciava un investimento di 70 milioni di euro (tra il 2016 e il 2017) da destinare all'ammodernamento della strada statale 45 della Val Trebbia;

   in particolare, con riferimento all'anno 2016, avrebbero dovuto essere investiti, stante le dichiarazioni rese, 16 milioni di euro lungo diversi tratti della predetta strada statale al fine di allargare la sede stradale e di realizzare nuove barriere laterali di sicurezza, oltre a provvedere ad un consolidamento delle pareti rocciose con reti, paramassi e muri rivestiti in pietra;

   i restanti 54 milioni di euro avrebbero dovuto essere impiegati, nel corso del 2017, per i lavori di ammodernamento del tratto di strada statale (per circa 11 chilometri) tra Cernusca e Rivergaro, tratto in cui è previsto l'allargamento della sede stradale e la riduzione della tortuosità del tracciato, al fine di migliorare la sicurezza e la fluidità del traffico. In particolare, giusta l'idea progettuale, l'asse stradale è destinato a passare dai 7,5 metri attuali ai 9,5 metri ipotizzati, le curve sono sottoposte a importanti modifiche ed è prevista la costruzione di un viadotto e di una galleria;

   con nota protocollo CDG 0535211-P- del 24 ottobre 2017 Anas spa – nella sua qualità di società espropriante delle aree occorrenti ai lavori di ammodernamento della strada statale 45 «della Val Trebbia», nel tratto Cernusca-Rivergaro, lungo la strada statale 45 della Val Trebbia – rendeva noto l'avviso di avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo dei lavori di cui sopra tramite la «conferenza di servizi» ai fini del rilascio, ad opera degli enti preposti, di pareri, concessioni, autorizzazioni, licenze, nulla osta e assensi prescritti dalle vigenti norme di legge, per la «apposizione del vincolo preordinato all'esproprio» alle aree interessate dai lavori in questione –:

   se e quali lavori risultino appaltati e/o realizzati e per quali singoli importi, relativamente all'annunciato impiego di 16 milioni di euro per l'ammodernamento e la messa in sicurezza della strada statale 45 «della Val Trebbia»;

   per quali motivi a tutt'oggi non si abbia notizia di imminenti gare d'appalto per l'affidamento dei lavori lungo il tratto Cernusca-Rivergaro della strada statale 45 «della Val Trebbia»;

   quali siano le ragioni dei ritardi riferiti ad entrambi gli impegni assunti e, in particolare, quando il Ministro interrogato ritenga possano essere appaltati i lavori (per una spesa ipotizzata di 54 milioni di euro) del più volte citato tratto Cernusca- Rivergaro.
(5-00078)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGLIARDI, CASSINELLI, BAGNASCO e MULÈ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio della regione Liguria, così come in altre regioni costiere del nostro Paese, è presente in modo molto diffuso la piccola e media cantieristica navale da diporto;

   sono stabilimenti che eseguono come attività prevalente il rimessaggio, il lavaggio e la manutenzione delle imbarcazioni da diporto di dimensioni medio piccole;

   dette realtà produttive — tra l'altro — eseguono periodicamente operazioni di manutenzione ordinaria tra cui la verniciatura all'aperto di manufatti, quali imbarcazioni o container, a completamento della manutenzione. La verniciatura all'aperto non è in realtà la lavorazione prevalente di questo tipo di attività, ma, originando comunque delle emissioni in atmosfera, necessita di una autorizzazione ambientale;

   in realtà, le suddette attività di verniciatura all'aperto nei piccoli e medi cantieri non sono disciplinate dal decreto legislativo 152 del 2006, cosiddetto codice dell'ambiente, e lo stesso allegato I alla parte quinta del medesimo decreto, non contempla indicazioni utili per fornire indirizzi omogenei all'attività di verniciatura in detti cantieri navali –:

   se non si intendano assumere iniziative per la regolamentazione della materia relativa alla verniciatura all'aperto quale lavorazione non prevalente da parte dei piccoli e medi cantieri navali, individuando limiti, criteri, parametri e modalità che devono essere rispettati dagli stabilimenti medesimi ai fini del rilascio dell'autorizzazione per le suddette attività all'aperto.
(4-00584)


   D'IPPOLITO, PARENTELA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, ALBERTO MANCA, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il parco nazionale della Sila ha adottato, con deliberazione del commissario straordinario n. 14 del 20 giugno 2017, la proposta di piano integrato delle misure di conservazione di cui alla delibera di giunta regionale n. 243 del 30 maggio 2014, del piano pluriennale economico e sociale, del rapporto ambientale e della sintesi non tecnica;

   l'avviso di consultazione pubblica di valutazione ambientale strategica è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione Calabria n. 66 dell'11 luglio 2017;

   in seguito a quanto segnalato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardo al mancato coinvolgimento della propria direzione generale per le valutazioni ambientali nella procedura in argomento, l'Ente parco ha formalmente richiesto la partecipazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle consultazioni di Vas;

   la legge n. 394 del 1991 (articolo 12) assegna al piano del parco il compito di attuare la tutela dei valori naturali ed ambientali affidata al Parco;

   tali finalità vanno perseguite con tutti gli strumenti di gestione di cui il parco può disporre, in particolare quelli esplicitamente previsti dalla legge quadro, vale a dire, oltre al piano del Parco, il regolamento del parco (articolo 11) cui compete la disciplina dell'esercizio delle attività consentite, e il piano pluriennale economico e sociale (Ppes, articolo 14) per la promozione delle attività compatibili;

   gli obiettivi di gestione che il piano è tenuto a individuare, articolati con specifico riferimento alle diverse aree territoriali interessate dal parco, devono essere orientati al perseguimento delle finalità stabilite, in via generale, dalla legge quadro n. 394 del 1991;

   tra le osservazioni formalizzate dal Ministero con nota del 21 novembre 2017, si legge, in relazione ai contenuti della documentazione posta in consultazione, che «sia l'impianto strategico del Ppn, ma soprattutto quello del Ppes, sia le valutazioni riportate nel Rapporto ambientale, non fanno alcun riferimento diretto all'implementazione di modelli di gestione e di cooperazione di area vasta che dovrebbero coinvolgere anche le aree limitrofe al Parco al fine di perseguire gli obiettivi fissati nel programma approvato dall'Unesco attraverso nuovi modelli (anche sperimentali) di governance e di partenariato»;

   ivi si legge che, considerato che la durata dei due piani proposti è diversa, «sarebbe opportuno che anche gli scenari temporali fossero sviluppati separatamente, così come l'analisi delle alternative»;

   ancora, nella richiamata nota ministeriale è indicata l'opportunità di approfondimenti «anche in relazione alle “aree adiacenti il parco”»;

   nella precisata nota vengono segnalate discrasie documentali ed è segnalata l'opportunità di «integrare e modificare i contenuti da riportare nel RA per le verifiche di coerenza»;

   numerose importanti osservazioni di carattere metodologico sono inoltre articolate nella nota in questione, come pure con riferimento all'aria, all'acqua, al suolo, alla biodiversità e al monitoraggio e per quanto concerne la valutazione di incidenza;

   come si legge in una nota del 21 novembre 2017, il Ministero, «nell'ambito della procedura di Valutazione Ambientale Strategica avviata dalla Regione Calabria e dall'Ente Parco Nazionale della Sila sul piano del Parco, ha trasmesso all'Autorità competente regionale, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006, le osservazioni al Rapporto Ambientale prodotte con il contributo delle Direzioni generali del Ministero dell'Ambiente e dell'Ispra, acquisito nell'ambito del tavolo interdirezionale di Vas costituitosi ad hoc per le consultazioni previste dalle procedure di Vas di competenza regionale»;

   ad oggi non si ha notizia, dalla regione Calabria, del completamento della procedura di valutazione ambientale strategica per il piano del parco nazionale della Sila, ancora commissariato e diretto da un facente funzioni –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per agevolare il completamento della predetta procedura e assicurare la gestione ordinaria del parco nazionale della Sila e il raggiungimento degli obiettivi dell'Ente.
(4-00591)


   MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella sentenza (C565/10) del 19 luglio 2012, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha statuito che la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni dell'articolo 3, dell'articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché dell'articolo 10 della direttiva 91/271, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tali disposizioni;

   ritenendo che la Repubblica italiana non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 19 luglio 2012, la Commissione europea ha inviato, l'11 dicembre 2015, una lettera di diffida al suddetto Stato membro, invitandolo a presentare le proprie osservazioni entro un termine di due mesi a partire dal ricevimento di tale lettera. In quest'ultima, la Commissione europea precisava che i sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane di 81 agglomerati costituenti l'oggetto della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione europea/Italia (C565/10), continuavano ad essere non conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271;

   con lettera dell'11 febbraio 2016, la Repubblica italiana ha risposto alla suddetta lettera di diffida. In seguito, ha altresì fatto pervenire alla Commissione varie comunicazioni contenenti un aggiornamento sullo stato di avanzamento dell'esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione europea/Italia (C565/10);

   ritenendo che le misure per garantire la conformità alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia, fossero ancora insussistenti per 80 agglomerati, la Commissione europea ha presentato ricorso per la seconda volta alla Corte di giustizia dell'Unione europea;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, in data 31 maggio 2018, dichiara e statuisce: 1) la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l'esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'articolo 260, paragrafo 1, TFUE; 2) nel caso in cui l'inadempimento constatato al punto 1 persista al giorno della pronuncia della sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di 30.112.500 euro per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10), a partire dalla data della pronuncia della sentenza e fino all'esecuzione integrale della medesima sentenza, penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l'importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di abitanti equivalenti degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati resi conformi con quanto statuito dalla citata sentenza del 19 luglio 2012, alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di abitanti equivalenti degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della stessa sentenza; 3) la Repubblica italiana, inoltre, è condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria di 25 milioni di euro –:

   quali iniziative intenda intraprendere affinché si ottemperi a quanto stabilito dalla sentenza (causa C251/17) della Corte di giustizia dell'Unione europea del 31 maggio 2018 al fine di evitare il pagamento delle successive multe semestrali.
(4-00607)


   CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 1° luglio 2018, si è verificato l'ennesimo disastro ambientale in una zona già martoriata da tali eventi, e precisamente all'interno di un centro di stoccaggio di ecoballe, in località Ponte delle Tavole a San Vitaliano (Napoli) a circa 100 metri dal centro abitato;

   il sito di stoccaggio andato a fuoco è di proprietà società «Ambiente S.r.l. - Ecologia Buscino» che opera nel settore della raccolta, del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti;

   l'incendio verificatosi è stato di enorme portata e ha coinvolto le balle di immondizia depositate in un capannone della suddetta azienda;

   come accennato in precedenza, l'area interessata ha già subito nel tempo tragici eventi ambientali, si ricorda tra tutti l'episodio del cosiddetto «Triangolo dei veleni» (Acerra, Nola, Marigliano). Inoltre, il comune di San Vitaliano è già tra i più inquinati d'Italia (le polveri sottili hanno sforato per 113 giorni la soglia di pm10 nell'ultimo anno) ;

   il vasto incendio, con conseguente rogo tossico, ha provocato un'enorme nube nera, rendendo l'aria irrespirabile. Per tale ragione – considerato il rischio di una intossicazione da diossina – i sindaci dei paesi limitrofi hanno provveduto ad emanare delle ordinanze aventi ad oggetto il divieto di commercializzare i prodotti agricoli coltivati nei fondi situati nelle immediate adiacenze del rogo e di trattenersi all'aperto, nonché l'obbligo di restare in casa con le finestre chiuse e i condizionatori d'aria spenti;

   in tale zona i roghi tossici si verificano quasi quotidianamente seppur con intensità variabile, aggravando, occorre ribadirlo nuovamente, l'impatto ambientale in un'area già ferita e martoriata dalla tragedia della «Terra dei fuochi»;

   la magistratura svolgerà tutte le indagini necessarie per accertare o scongiurare l'eventuale matrice dolosa dell'incendio delle balle –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare per tutelare la salute dei cittadini residenti in quest'area e promuovere delle verifiche e degli accertamenti in merito alla corretta applicazione delle norme ambientali e di sicurezza da parte della società Ambiente s.p.a. (dalla cui sede è divampato l'incendio), tenuto conto della localizzazione dell'evento in prossimità del centro residenziale del comune di San Vitaliano;

   se i quantitativi dei rifiuti esistenti nei depositi dell'azienda risultino corrispondenti a quelli autorizzati.
(4-00614)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   alle 14,30 del 1° luglio un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato all'interno della piattaforma ecologica della società Ambiente Spa di via Ponte delle Tavole a San Vitaliano (Napoli);

   il rogo ha interessato lo stabilimento dentro il quale sono stoccati multimateriali provenienti dalla raccolta differenziata quali carta, cartone, legno e plastiche;

   la nuvola sprigionata dalle fiamme ha avvolto numerosi centri abitati e la cenere si è posata su numerose case dell’hinterland che si trovano ad alcuni chilometri di distanza dal luogo in cui è avvenuto l'incendio;

   l'episodio si è verificato in un territorio già duramente colpito dall'inquinamento atmosferico determinato da un picco di polveri sottili che spesso supera i livelli delle maggiori metropoli del mondo;

   è elevato e legittimo l'allarme suscitato tra la popolazione –:

   se il Governo intenda fornire elementi, nell'ambito delle proprie competenze, sulle iniziative assunte per scongiurare, nell'immediato, i rischi per la salute pubblica e per l'ambiente, e sulle azioni che saranno messe in campo per monitorare e verificare le conseguenze sulle qualità dell'aria e le ricadute delle diossine e degli altri agenti tossici sul suolo.
(4-00615)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Napoli la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sono affidati ad un'azienda denominata A.s.i.a. Napoli s.p.a.;

   tale azienda si dimostrerebbe incapace a gestire le attività concernenti i rifiuti;

   le strade della città versano in una situazione precaria, essendo le stesse colme di rifiuti di ogni genere, con un serio pericolo igienico-sanitario per gli abitanti;

   in particolare, in alcuni quartieri, come Pianura e Soccavo, sono stati posizionati dei cassonetti totalmente abusivi sulle carreggiate delle strade che incentivano, residenti e non, ad una dispersione dei rifiuti senza controllo, provocando dei disagi per pedoni e automobilisti;

   noto è anche il fenomeno degli «smaltitori» di rifiuti abusivi: i rifiuti speciali ed ingombranti vengono prelevati presso i condomini e i parchi per mezzo di furgoni, per poi essere scaricati nei cassonetti comunali della nettezza urbana e sulle strade più isolate, creando così delle discariche nocive per la salute delle persone;

   anche molti commercianti, per evitare i costi legati al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti, sono soliti gettare rifiuti di ogni genere per le strade;

   a ciò si aggiunge la condotta di gruppi di Rom che quotidianamente caricano e scaricano i rifiuti delle discariche;

   la situazione si aggrava, inoltre, ogniqualvolta v'è cattivo tempo: la raccolta dei rifiuti diviene maggiormente complessa a causa dei fanghi che si creano per la pioggia e che, attaccandosi ai rifiuti, comportano difficoltà nella raccolta;

   malgrado gli sforzi del sindaco della città di Napoli e l'operato della polizia locale e della polizia metropolitana, finalizzati alla risoluzione del problema, la situazione continua ad essere critica;

   l'azienda A.s.i.a. Napoli s.p.a. non ha disposto alcun tipo di provvedimento per migliorare le problematiche esposte e le ordinanze sindacali non hanno avuto alcun seguito;

   a parere dell'interrogante si tratta di una vera espropria emergenza che mette a serio rischio la popolazione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per prevenire e fronteggiare il pericolo igienico-sanitario nel territorio citato determinato, a giudizio dell'interrogante, anche dai soggetti istituzionali che avrebbero dovuto operare e vigilare sullo scempio che da anni vive il territorio.
(4-00623)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, DE MARIA, ASCANI, CIAMPI, PRESTIPINO, ROSSI e ANZALDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   quasi al termine della XVII legislatura risulta approvata la legge 22 novembre 2017, n. 175, una riforma complessiva del settore dello spettacolo che interviene con la finalità di promuovere e sostenere il settore, nella pluralità delle sue espressioni;

   l'articolo 2 della succitata legge ha delegato il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore uno o più decreti legislativi per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e di quelle regolamentari che disciplinano l'attività, l'organizzazione e la gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché per la riforma della disciplina dei settori relativi a teatro, musica, danza, spettacoli viaggianti, attività circensi, carnevali storici e rievocazioni storiche, mediante la redazione di un testo unico normativo denominato «codice dello spettacolo»;

   il mondo della cultura, che ha espresso segnali positivi per l'approvazione della legge, attende la piena attuazione dei princìpi di delega –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per procedere in tempi brevi all'adozione dei decreti legislativi al fine di dare piena attuazione alla legge 22 novembre 2017, n. 175.
(5-00076)

Interrogazione a risposta scritta:


   NAPOLI e CORTELAZZO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le competenze in materia di localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti sono stabilite dal decreto legislativo n. 152 del 2006 che attribuisce alle province l'individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, sulla base dei criteri definiti dalle regioni, nel rispetto dei criteri generali indicati dallo Stato;

   in aderenza a tali disposizioni la regione Lazio, nel piano regionale di gestione dei rifiuti, approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 14 del 18 gennaio 2012, ha definito i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di rifiuti e i criteri per l'individuazione dei luoghi idonei allo scopo;

   l'individuazione, a Roma, del sito di via di Valleranello 273 per la localizzazione dell'impianto di rifiuti non appare coerente con il piano regionale di gestione dei rifiuti poiché il sito, infatti, presenta nelle vicinanze, a circa 200 metri, edifici residenziali, edifici sensibili quali scuole, impianti sportivi (fattore escludente per l'aspetto territoriale);

   il sito è inserito in un'area di interesse archeologico, tutelata ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 42 del 2004 (fattore escludente per l'aspetto ambientale);

   il sito è inoltre individuato dal piano di gestione del rischio alluvioni come area di pericolosità P2 per rischio di esondazione (fattore escludente);

   poco chiara è inoltre l'attività da svolgere nell'impianto di gestione dei rifiuti con riferimento alle tipologie di rifiuti trattati e alle relative metodologie di trattamento;

   si rilevano criticità riguardo l'accessibilità da parte dei mezzi di trasporto, essendo stato previsto un totale di 97 viaggi al giorno, pari a circa 12 viaggi all'ora, considerate 8 ore lavorative, cioè il passaggio di un camion ogni 5 minuti;

   peraltro, via di Valleranello è in parte strada privata e vietata ai mezzi di peso superiore a 3,5 tonnellate;

   nel provvedimento (determinazione n. G12022 del 18 ottobre 2016) non è chiara la valutazione di impatto ambientale effettuata dall'Arpa Lazio;

   sempre in merito alla localizzazione dell'impianto dei rifiuti dovrebbe esprimersi (ex decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 9, comma 2) la città metropolitana di Roma capitale cui sono attribuite specifiche competenze per l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di rifiuti; individuazione che non risulterebbe mai avvenuta;

   il comune di Roma ha espresso parere contrario alla localizzazione dell'impianto di rifiuti in via Valleranello 273, comunicando espressamente, in conferenza dei servizi, che «la proposta di insediamento dell'attività di gestione dei rifiuti nel sito indicato non è allo stato conforme alle NTA del PRG»;

   il municipio Roma IX ha votato all'unanimità una mozione con cui si esprimeva la contrarietà assoluta dell'amministrazione municipale alla realizzazione dell'impianto di gestione e trattamento rifiuti speciali non pericolosi –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di tutelare un'area di interesse archeologico e per prevenire eventuali rischi di danno ambientale che potrebbero verificarsi con la realizzazione dell'impianto di rifiuti in via di Valleranello 273 a Roma.
(4-00594)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOND. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   i residenti e in particolare i proprietari delle strutture ricettive di Arabba, seconda località turistica per numero di presenze in provincia di Belluno, segnalano da tempo le condizioni di degrado in cui versa la caserma Gioppi, un tempo gloriosa base logistica addestrativa del comando truppe alpine ed oggi abbandonata e desolatamente vuota, struttura che offre un indecoroso spettacolo nel centro del paese, tra lamiere contorte e giardino incolto, ridotto a deposito di rifiuti;

   i residenti hanno inviato una lettera al comando truppe alpine di Bolzano senza ricevere risposta; una seconda lettera certificata (raccomandata-elettronica) è stata inviata al Capitano Gianluca Guidi al comando delle forze operative Nord in piazza Prato della Valle (Padova). In tale lettera i proprietari delle strutture ricettive limitrofe alla caserma, esasperati dalla situazione, hanno chiesto di potersi attivare, come privati cittadini, per rimuovere tale scempio e smaltire lamiere, ferro ed immondizia. A fronte di tale richiesta l'arma dei carabinieri ha avvertito che un simile intervento, se pur più che comprensibile, è passibile di denuncia penale d'ufficio per accesso in zona militare con limite invalicabile –:

   se non ritenga opportuno intervenire con la massima sollecitudine, anche in considerazione dell'inizio della stagione estiva, per avviare lavori di sistemazione e messa in sicurezza presso la caserma Gioppi di Arabba (Belluno), al fine di non danneggiare il decoro di tale centro turistico e di garantire la sicurezza dei cittadini;

   se non ritenga opportuno intervenire, al riguardo anche per motivi legati al prestigio delle Forze armate.
(4-00588)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   un summit tra i capi di Stato e di Governo di Francia, Germania, Italia e i cinque Paesi del Sahel (Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania, Niger), tenutosi il 13 dicembre 2017, ha dato il via alla nascita della «coalizione Sahel», con l'obiettivo dichiarato di contrastare il terrorismo nella regione. Un'organizzazione operativa effettiva e reale, con un comando unico a livello regionale, per sostenere sul campo la forza G5 Sahel e l'Alleanza per il Sahel;

   il 17 gennaio 2018 la Camera dei deputati, riunita in seduta straordinaria dopo lo scioglimento, ha votato a giudizio dell'interrogante in fretta e furia, su proposta del Governo pro tempore, una risoluzione su una missione militare italiana in Niger. Sono trascorsi cinque mesi e ancora non è chiaro quale sarà il destino di questa missione;

   l'Italia avrebbe dovuto addestrare le forze nigerine che partecipano alla forza congiunta del G5 Sahel con un contingente di 470 uomini, 130 mezzi, 2 aerei, per un totale di poco meno di 50 milioni di euro di spesa prevista, così come hanno riferito il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale pro tempore Alfano e la Ministra della difesa pro tempore Pinotti alle commissioni parlamentari Difesa ed Esteri;

   la missione in Niger, che ha un interesse specifico pure per quello che riguarda i flussi migratori verso la Libia e verso il Mediterraneo, sarebbe dovuta servire anche per impegnarsi nel contrasto al traffico di esseri umani;

   nonostante la Ministra pro tempore Pinotti nel corso di un'audizione in Parlamento avesse dichiarato che fosse stato il Niger a chiedere all'Italia di essere presente con una propria missione, il 26 gennaio 2018 la stampa estera riportava la notizia secondo cui fonti interne al Governo del Niger confermavano che le autorità di Niamey non sarebbero state né consultate né informate. E il Governo nigerino avrebbe comunicato agli italiani di non condividere la missione italiana. Nel marzo e poi in aprile del 2018 il Ministro dell'interno nigerino Mohamed Bazoum e il Primo Ministro Mahamadou Issoufou hanno definito «inconcepibile» la missione militare italiana, ribadendo di aver appreso la notizia soltanto dai media e non da contatti ufficiali con le autorità italiane e chiesto un rallentamento nelle procedure di invio del contingente;

   risulta all'interrogante in questo contesto incomprensibile il ruolo dei 40 militari italiani già inviati in Niger con compiti di ricognizione. I militari italiani infatti sono accampati in una base statunitense, sprovvisti di armi e senza aver ottenuto reciprocità dall'esercito nigerino, che si sarebbe persino rifiutato di concedere il terreno per costruire l'annunciato campo base;

   l'intervento militare italiano in Niger si profila quindi come una missione «fantasma», partita male, proseguita peggio e finita in uno stallo diplomatico e politico. Un fallimento passato in sordina, che rischia di pregiudicare le relazioni diplomatiche tra i due Stati oltre a compromettere la reputazione internazionale del nostro Paese;

   preoccupa, inoltre, la condizione dei 40 militari italiani bloccati in Niger senza alcuna ragione, relegati in un aeroporto senza alcun accordo sullo status giuridico e operativo. Formalmente non possono neanche uscire dalla base (americana). Si tratta di una situazione che rappresenta una grave lesione della loro dignità –:

   se il Governo intenda rendere pubblico il contenuto di tutti i documenti e degli eventuali accordi relativi alla missione italiana in Niger;

   se non ritenga opportuno, alla luce della situazione attuale, richiamare al più presto i militari italiani dal Niger, vista la situazione di stallo in cui di fatto si trova la missione, a maggior ragione considerate le ripetute manifestazioni di contrarietà da parte del Governo nigerino.
(4-00593)


   LABRIOLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa nei giorni scorsi si è appreso che i corsi per nocchiero di porto e tecnico della Marina militare e della capitaneria di porto, a partire da settembre 2018, sarebbero trasferiti da Taranto a La Maddalena in Sardegna;

   sembrerebbe che sia già stato sottoscritto un accordo secondo il quale subito dopo l'estate circa 700 giovani dovrebbero cominciare a frequentare le scuole isolane con incorporamenti annuali di 160/180 giovani;

   tale accordo sarebbe il risultato di una lunga trattativa tra l'amministrazione della città sarda e la capitaneria di porto, iniziata sotto il comando del capitano di vascello Roberto Fazio e conclusasi durante l'attuale comando del capitano di vascello Domenico Usai, e sostenuta anche dall'ammiraglio Alberto Bianche;

   tale notizia ha colto di sorpresa l'intera città di Taranto, in quanto per la città esiste da sempre un legame indissolubile con la forza armata, che trova la sua massima espressione proprio nel monumento simbolo della Marina, il Castello Aragonese, custode della storia millenaria ed emblema del rapporto inscindibile tra l'istituzione militare e quella civile;

   inoltre, solo pochi giorni or sono si è svolto il giuramento solenne degli allievi della Marina militare, cerimonia che dopo 17 anni è tornata a rivivere sulla rotonda del lungomare di Taranto. Un evento questo che ha consacrato, ancora una volta, il legame imprescindibile tra Taranto e la forza armata;

   pertanto, perdere i corsi rappresenterebbe per la città di Taranto un'ulteriore penalizzazione sia dal punto di vista turistico che economico –:

   se le notizie riportate dalla stampa corrispondano al vero e quali siano gli accordi sottoscritti;

   quali siano le ragioni per cui si intendano spostare i corsi da Taranto a Marinella e quale sia la tempistica;

   se si intenda prendere in considerazione di non trasferire i corsi lasciandoli a Taranto, città già provata per le condizioni economiche, sanitarie e soprattutto economiche, e valutare anche i carichi di spesa che sia il Ministero che i militari interessati dovrebbero affrontare in tale eventualità.
(4-00595)


   FOTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   negli anni passati le autorità militari avevano espresso l'intenzione di utilizzare solo poche aree nella città di Piacenza per i fini d'istituto e, comunque, di supporto all'attività e alle necessità della Forza armata;

   in particolare, le aree oggetto d'utilizzazione risultavano le seguenti: ex arsenale, scalo Pontieri, Artale e Macra Staveco;

   proprio all'interno dell'area Artale doveva essere trasferita la gran parte dell'attività svolta, come ancora oggi è, alla caserma Filippo Nicolai e, a tal fine, venivano realizzate, nell'area compresa tra le vie Emilia Pavese, Cassina e Anguissola, due stecche di palazzine (da anni lasciate al rustico) nelle quali ospitare il personale militare in servizio presso la predetta caserma ed, eventualmente, altro che potesse risultare collocato altrove;

   da anni, come detto, le due stecche di palazzine costruite sono abbandonate al rustico, la qual cosa appare particolarmente grave sia per l'evidente pericolo che le stesse subiscano gravissimi ammaloramenti, sia perché la mancata fruibilità delle stesse impedisce il trasferimento all'area Artale delle attività oggi svolte alla caserma Nicolai e del personale presso quest'ultima in servizio –:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere la Ministra interrogata per l'ultimazione dei lavori necessari a rendere agibili le dette palazzine, quali siano i tempi ipotizzati per la detta attività, le ragioni per le quali i lavori di costruzione in questione non siano stati ultimati per tempo e l'indicazione dei costi ad oggi sostenuti e di quelli necessari per potere utilizzare le dette palazzine.
(4-00612)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   DELLA FRERA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 90 del 2017, attuativo della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, entrato in vigore il 4 luglio del 2017, è stato modificato, aggravandolo, il sistema sanzionatorio previsto per le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, contenuto nel decreto legislativo n. 231 del 2007;

   in particolare, l'articolo 63, comma 1, prevede, in relazione alla mancata apposizione clausola di non trasferibilità sugli assegni, prevista dal comma 5 dell'articolo 49 del citato decreto legislativo n. 231 per gli assegni pari o superiori a 1.000 euro, una sanzione tra 3000 e 50.000 euro, qualunque sia l'importo dell'assegno privo di clausola. Anche l'oblazione, ossia quel meccanismo con cui si riconosce l'errore, oscilla da un terzo della sanzione massima (16.666 euro) al doppio della minima (ossia 6 mila euro) da pagare entro 60 giorni dalla contestazione. Nel migliore dei casi, si riuscirà a ottenere il minimo della sanzione (3 mila euro), con lo sconto di un terzo cioè 2 mila euro. Precedentemente era prevista una sanzione tra l'1 e il 40 per cento della somma oggetto di violazione;

   in sede di esame dello schema di decreto legislativo n. 504, in materia di antiriciclaggio, la Commissione finanze della Camera, il 27 febbraio 2018, ha approvato un parere nel quale si sono riportate alcune osservazioni volte a riconsiderare le sanzioni per la mancata apposizione della clausola di intrasferibilità, in particolare valutando «(...) l'opportunità di adottare correttivi tesi ad evitare i potenziali effetti distorsivi derivanti dalla previsione di sanzioni amministrative pecuniarie con un minimo e un massimo edittale determinato ma non ancorato all'entità dell'importo trasferito in violazione delle predette norme: (...,) per assicurare che la sanzione amministrativa pecuniaria, e la relativa oblazione, sia ragionevole e proporzionata rispetto al valore dell'operazione posta in essere in violazione delle norme anzidette, in particolare per le operazioni di importo esiguo, in conformità agli stessi principi di adeguatezza e proporzionalità previsti dal diritto dell'Unione europea, dalla IV direttiva antiriciclaggio e ai criteri di delega per il recepimento della predetta direttiva (di cui alla legge n. 170 del 2016) (...)»;

   il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 60, adottato a seguito di tale parere, non contiene disposizioni correttive, ignorando il contenuto delle osservazioni; lo schema sanzionatorio è quindi rimasto quello precedente, nonostante le rassicurazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, che nel marzo 2018 ha annunziato di voler provvedere a modificare la norma in termini di proporzionalità;

   risulta all'interrogante che circa 1.700 cittadini (dato del marzo 2018) siano incorsi inconsapevolmente nella sanzione, utilizzando libretti precedenti al 2008, che non contenevano la clausola di intrasferibilità già nel corpo dell'assegno medesimo; in 107 casi, gli incolpati hanno scelto di pagare l'oblazione che consente di concludere anticipatamente il procedimento sanzionatorio –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per la modifica dell'articolo 63, comma 1, dei decreto legislativo n. 207 del 2007, nel senso di prevedere la reintroduzione del criterio di proporzionalità, da applicarsi retroattivamente a decorrere dal 4 luglio 2017, per le sanzioni riguardanti la mancata apposizione della clausola di intrasferibilità per gli assegni di importo pari o superiore a 1.000 euro che ne siano privi.
(3-00044)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GIACOMONI, MARTINO, D'ETTORE, ANGELUCCI, BARATTO, BENIGNI, BIGNAMI e CATTANEO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come noto, nel giorno del suo insediamento, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha annunciato la volontà del Governo di rivedere la riforma delle banche di credito cooperativo (Bcc) avviato dal precedente Governo;

   l'ipotesi, in buona sostanza, sarebbe quella di intervenire in modo trasversale applicando al comparto un «Ips» (Institutional protection scheme) in forza del quale i gruppi, bancari, invece di essere considerati entità giuridiche a tutti gli effetti, si consorzierebbero sotto l'ombrello di un accordo di responsabilità contrattuale, con la differenza rispetto alla riforma originaria che gran parte delle banche di credito cooperativo resterebbe sotto il controllo della Banca d'Italia;

   rispetto a tale ipotesi, ad avviso degli interroganti, è necessario che venga fatta chiarezza;

   oltre alle dichiarazioni del Presidente Conte, una mozione presentata dal Gruppo parlamentare della Lega Salvini Premier, nell'identico testo sia alla Camera sia al Senato, è finalizzata a impegnare il Governo ad assumere iniziative per una moratoria della riforma delle banche di credito cooperativo, ormai comunque in una fase molto avanzata;

   ciò viene interpretato, innanzitutto, come volontà di sottrarre questa categoria di banche, ma soprattutto i gruppi cooperativi nazionali, dei quali esse devono far parte, ai controlli e alla Vigilanza della Banca centrale europea, prevedendo l'esclusiva supervisione della Banca d'Italia, cioè della vigilanza nazionale, a somiglianza di quel che avviene in Germania con le Sparkasse;

   non a caso il tema delle banche di credito cooperativo è esploso sulla stampa nazionale e locale in queste settimane con diverse prese di posizione, sia da parte di alcune associazioni come Articolo 2 (Associazione per la cooperazione di credito), che chiedono l'immediata sospensione della legge n. 49 del 2016 in linea con quanto previsto nella citata mozione della Lega, che delle rappresentanze ufficiali delle banche di credito cooperativo (Confcooperative, Federcasse e i tre gruppi bancari cooperativi), che hanno invece chiesto compattamente di portare avanti la riforma delle banche di credito cooperativo nei tempi attualmente previsti dalla normativa, con l'avvio dei gruppi bancari cooperativi programmato al più tardi per il 1° gennaio 2019, pur mostrando disponibilità al dialogo con Parlamento e Governo;

   occorre dare al settore certezza normativa, quindi è bene che l'Esecutivo si esprima in tempi rapidi ed in modo chiaro –:

   quali elementi, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda fornire sulle reali iniziative, anche normative, che saranno assunte in relazione alle banche di credito cooperativo.
(5-00089)


   CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Sole24 ore del 2 luglio 2018 fotografa la grande crisi dei professionisti: per 12 categorie su 18 il reddito medio del professionista-tipo è più basso del 6,4 per cento rispetto al 2006;

   in dieci anni, in pratica, non solo si è registrato un mutamento delle categorie stesse dei professionisti (psicologici, dentisti e avvocati a scapito di geometri, periti industriali e architetti), ma addirittura i redditi procapite di tutti i professionisti hanno registrato una riduzione, con guadagni reali inferiori agli anni pre-recessione;

   una boccata d'ossigeno potrebbe essere rappresentata dall'ampliamento della platea dei beneficiari del cosiddetto «regime forfettario», vigente ad oggi per fatturati compresi tra 25.000 e 50.000 euro e che prevede, per gli aderenti, l'esclusione da diversi e costosi adempimenti burocratici, col pagamento di una aliquota unica al 15 per cento (al 5 per cento per le start up);

   i vantaggi relativi al regime forfettario sono numerosi: i contribuenti non addebitano l'Iva in fattura ai propri clienti, non detraggono l'Iva sugli acquisti, non sono obbligati a presentare la dichiarazione Iva, non devono inviare i dati delle fatture emesse e ricevute per lo spesometro e non saranno obbligati, a partire dal 2019, ad inviare «l'e-fattura» tra privati;

   tale regime di tassazione potrebbe costituire anche un sistema fiscale più vantaggioso per le micro e piccole imprese – che rappresentano il 99,4 per cento del nostro tessuto produttivo e danno lavoro al 65,3 per cento degli addetti – in quanto con la determinazione del reddito imponibile in misura forfettaria si semplificherebbero gli obblighi contabili e dichiarativi riducendo in maniera considerevole i costi degli adempimenti burocratici;

   un simile modello di tassazione light è stato messo a punto anche in Francia, per le imprese con volume d'affari massimo di 170 mila euro e di 70 mila per i professionisti, a conferma che anche altri Paesi hanno chiesto a Bruxelles l'ampliamento del limite –:

   se trovi conferma ed in che termini l'ipotesi allo studio del Governo di intervenire con l'ampliamento della platea interessata al regime forfettario, quale primo passo verso l'attuazione della flat tax prevista dal «contratto di Governo».
(5-00090)


   TABACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il sistema delle entrate tributarie degli enti locali è stato oggetto negli ultimi anni di ripetuti interventi normativi, che hanno determinato forti elementi di complessità e di incertezza;

   dopo una prima fase volta a rafforzare l'autonomia finanziaria degli enti territoriali, attraverso la sostituzione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di generalità con risorse proprie e di carattere perequativo, numerosi interventi legislativi sono intervenuti a modifica della disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, rafforzando le misure di coordinamento della finanza pubblica e di controllo delle decisioni di entrata e di spesa degli enti locali;

   questo assetto normativo è stato confermato dalle disposizioni intervenute negli anni 2013-2015 con l'abolizione prima dell'Imu e poi della Tasi sull'abitazione principale, che hanno comportato la necessità di aumentare i trasferimenti statali attraverso il fondo di solidarietà comunale, al fine di garantire le risorse necessarie a compensare i comuni del mancato gettito;

   inoltre, i tagli di risorse per oltre 8 miliardi di euro, posti a carico dei comuni a partire dal 2010, hanno inciso profondamente anche sotto il profilo distributivo sulle risorse effettivamente disponibili per ciascun comune;

   per altro verso, le modalità di calcolo finalizzate alla compensazione dei mancati introiti si fondano sul gettito relativo ad annualità specifiche, senza tenere conto delle variazioni che possono intervenire sulla base imponibile e sul maggior gettito potenziale acquisibile da ciascun ente facendo leva sugli spazi di autonomia fiscale ancora disponibili;

   tali misure hanno finito per restringere gli spazi di manovrabilità – e di autonomia – del sistema di prelievo locale;

   occorre restituire responsabilità finanziaria ai diversi livelli di governo, sia per garantire maggiore trasparenza e verificabilità dell'azione degli amministratori pubblici, sia per valorizzare il contributo dei residenti al finanziamento delle amministrazioni locali;

   sebbene il tema del federalismo fiscale costituisca uno dei punti qualificanti di una delle forze politiche che sostengono l'attuale Governo, nessun accenno a tali questioni è rintracciabile nel cosiddetto «contratto per il Governo del cambiamento»;

   appare giunto il momento – anche in considerazione delle dichiarazioni rese dal Ministro Tria nella audizione svoltasi alla Camera il 3 luglio 2018 circa il trend positivo della finanza pubblica italiana – per una riconsiderazione complessiva del rapporto tra Stato ed enti locali sotto il profilo dei trasferimenti e dell'autonomia impositiva –:

   quali siano gli indirizzi che il Governo intende assumere sul tema della responsabilità e dell'autonomia impositiva degli enti locali.
(5-00091)


   FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   attraverso una strategia volta ad assicurare la tax compliance, rendendo il fisco più trasparente, equo e orientato alla crescita, il 2017 ha registrato il miglior risultato sul recupero dell'evasione (25,8 miliardi di euro) degli ultimi dieci anni;

   tra le misure che consentiranno la riduzione del tax gap nei prossimi anni, una delle più rilevanti consiste nell'estensione dal 1° gennaio 2019 dell'obbligo di fatturazione elettronica anche ai rapporti tra privati – con la contestuale abrogazione dello spesometro – che porterebbe un maggior gettito di 0,2 miliardi di euro nel 2018, 1,7 miliardi nel 2019 e 2,3 miliardi nel 2020;

   vista la crescita dei fenomeni fraudolenti nel campo dell'Iva applicata ai carburanti per autotrazione, come evidenziato nella Relazione sull'economia non osservata 2017, il comma 917 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha anticipato al 1° luglio 2018 l'introduzione della fatturazione elettronica per le fatture relative cessioni di benzina o di gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori, al fine di rendere possibili controlli tempestivi e automatici della coerenza fra l'Iva dichiarata e quella versata e contrastare i fenomeni fraudolenti riconducibili a crescenti flussi di prodotti energetici di provenienza estera, illecitamente immessi in consumo in Italia senza assolvere l'Iva;

   a più di un mese dall'insediamento del Governo, dopo otto riunioni del Consiglio dei ministri, il primo provvedimento in materia economico-finanziaria approvato dal Governo è un decreto-legge di poche disposizioni per rinviare al 1° gennaio 2019 l'entrata in vigore di tale obbligo;

   il secondo provvedimento, cosiddetto «decreto dignità», conterrebbe, a quanto si apprende, ulteriori allentamenti in materia di controlli: per il redditometro si configura la sospensione immediata degli accertamenti da effettuare sugli anni d'imposta 2016 e seguenti e, inoltre, verrebbe ridotto l'àmbito di applicazione dello split payment;

   anche dall'impostazione contenuta nel «contratto per il Governo» (il «carcere vero» ma solo per i grandi evasori a fronte di una «pace fiscale» che si annuncia come un vero e proprio condono) e dalle dichiarazioni pubbliche dei vicepresidenti del Consiglio dei ministri in materia di abolizione degli strumenti antievasione traspare con chiarezza la volontà di allentare la politica di recupero dell'evasione fiscale –:

   come intenda il Governo assicurare efficacia all'azione di contrasto dell'evasione, indebolita a giudizio degli interroganti dalle iniziative normative di cui in premessa, garantendo il recupero di gettito atteso a legislazione vigente sulla base degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale già predisposti dal precedente Governo.
(5-00092)


   TRANO, RUOCCO, APRILE, CABRAS, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GIULIODORI, GRIMALDI, MANIERO, MARTINCIGLIO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUGGIERO, ZANICHELLI e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, paragrafo 5, della direttiva europea 2013/36 «CRD IV» recante la disciplina sull’«Accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento», stabilisce i casi di esenzione dal rispetto della direttiva medesima. L'Italia ha optato per esentare esclusivamente Cassa depositi e prestiti, mentre altri Stati europei hanno optato per un novero più ampio di esenzioni. In particolar modo, l'Estonia ha esentato le «hoiu-laenuuhistud» in quanto imprese cooperative, l'Irlanda le «credit union» e le «friendly societies», la Lettonia le «krajaizdevu sabiedribas», in quanto imprese cooperative che rendono servizi finanziari unicamente ai propri soci, la Lituania le «kredito unijos», il Regno Unito le «credit unions» e le «municipal banks». Tali tipologie di società sono subordinate alle disposizioni prudenziali previste nelle rispettive normative di vigilanza nazionale e sono soggetti alla vigilanza prudenziale delle autorità nazionali;

   le «sparkasse» e «landesbank» tedesche sono regolarmente soggette alla disciplina armonizzata della direttiva «CRD IV», ma alcune deroghe sono previste per l'applicazione del regolamento (UE) 2067/2016 IFRS9; infatti, il medesimo si applica obbligatoriamente ai bilanci consolidati delle «sparkasse» e «landesbank» i cui titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, mentre per le società non quotate è prevista la sola facoltà (e non l'obbligo) di predisporre i bilanci consolidati in conformità ai princìpi Ias/Ifrs essendo stata esercitata tale opzione dal legislatore tedesco; è invece esclusa l'applicazione di tali princìpi ai bilanci individuali delle «sparkasse» e delle «landesbank» a prescindere dalla quotazione dei relativi titoli;

   la ratio di tali deroghe si riscontra nella necessità di adeguare la disciplina in materia di vigilanza e requisiti prudenziali alle peculiarità di specifici istituti di credito maggiormente radicati nel territorio e preposti alla erogazione del credito nell'ambito del sistema della cooperazione, circostanze ed esigenze – quest'ultime – riscontrabili anche nel sistema del credito cooperativo italiano (banche di credito cooperativo) –:

   al fine di predisporre un corpus normativo in materia di «vigilanza e requisiti prudenziali» maggiormente coerente con le peculiarità del sistema del credito cooperativo, se sia opportuno, al pari degli altri Stati membri dell'Unione europea e dell'area euro, assumere iniziative per prevedere specifiche deroghe alla disciplina sancita dalla direttiva «CRD IV» e dal regolamento Ifrs9 contribuendo in tal modo anche sul piano prettamente normativo al consolidamento della stabilità sistemica delle banche di credito cooperativo.
(5-00093)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal Governo mancano ancora indicazioni chiare sulle coperture finanziarie necessarie per sterilizzare l'incombente aumento dell'Iva. Negli ultimi tempi, infatti, si sono susseguiti annunci di vari Ministri ed esponenti della maggioranza parlamentare che, tuttavia, non chiariscono la natura e l'entità dei fondi necessari per evitare che dal prossimo 1° gennaio 2019 la relativa aliquota cominci gradualmente a salire prima dal 22 al 24 per cento per poi stabilizzarsi, nel 2020, al 25,5 per cento, determinando un incremento del carico fiscale a carico di famiglie e imprese, per il solo 2018, pari a 15,7 miliardi di euro, che a sua volta determinerebbe uno scenario catastrofico sia in termini sociali che in termini economici;

   un incremento dei prezzi legato ai rincari dell'Iva ridurrebbe sia il potere d'acquisto del reddito disponibile, sia il potere d'acquisto della ricchezza delle famiglie, circostanza che, a sua volta, comporterebbe una significativa contrazione della domanda e una riduzione dei consumi, a svantaggio dell'intero sistema economico;

   secondo l'Adoc nel corso del 2019, qualora non si riuscissero a disinnescare le clausole di salvaguardia, la famiglia media italiana subirebbe un incremento medio di imposta, riconducibile alle sole spese primarie ed irrinunciabili, pari a 166 euro l'anno: un rincaro, considerando i prezzi attuali, equivalente al 5,4 per cento del reddito disponibile di una famiglia. Al netto dell'inflazione e senza considerare i rincari che potrebbero registrarsi per beni e servizi secondari, quali quelli dei settori sanità, istruzione e commercio (ad esempio abbigliamento e tempo libero), che potrebbero comportare un ulteriore aggravio a carico dei consumatori;

   scongiurare l'aumento dell'IVA è innanzitutto una priorità per difendere il potere di acquisto delle famiglie, in pericolosa diminuzione. Secondo i dati dell'Istat relativi al primo trimestre 2018, il reddito delle famiglie italiane ha subito un calo reale del potere di acquisto pari allo 0,2 per cento, già eroso dall'aumento dell'inflazione che a giugno dello stesso anno ha raggiunto l'1,4 per cento su base annua. Le stesse, per tenere costanti i consumi, hanno dovuto erodere i loro risparmi;

   in un momento in cui si avvertono preoccupanti segnali di stagnazione dell'economia è necessario scongiurare qualsiasi intervento che, andando ad incidere sulla capacità di spesa delle famiglie, allontani la ripresa economica –:

   quali misure di carattere compensativo intenda promuovere al fine di sterilizzare il temuto aumento dell'IVA di cui in premessa.
(5-00094)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane spa è una società partecipata del Ministero dell'economia e delle finanze che, direttamente e tramite Cassa depositi e prestiti, detiene circa il 60 per cento del capitale dell'azienda;

   in occasione del rinnovo del contratto nazionale collettivo avvenuto il 30 novembre 2017, Poste Italiane e le associazioni sindacali, hanno sottoscritto un protocollo di intesa che ha previsto nel triennio 2018-2020 nuove assunzioni a tempo indeterminato;

   il 12 giugno 2018 Poste Italiane ha quindi siglato un accordo per le politiche attive del lavoro con le organizzazioni sindacali Slp-Cisl, Slc-Cgil, Uilposte, Failp-Cisal, Confsal Com, Fnc-Ugl Comunicazioni. L'intesa prevede che entro il 12 giugno 2019 vengano assunte a tempo indeterminato 1.080 persone che lavorano o hanno lavorato in azienda con contratto a tempo determinato;

   questa prima quota di assunzioni, che sarà poi perfezionata in base a graduatorie provinciali redatte in funzione della maggiore anzianità di servizio, viene dedicata a determinate categorie di lavoratori che hanno prestato attività lavorativa a tempo determinato conclusasi prima del 12 giugno 2018 (data di sottoscrizione del citato accordo), per un periodo superiore a 6 mesi complessivi;

   l'accordo specifica infatti che «i lavoratori che svolgono attività di portalettere o addetto allo smistamento con contratto di lavoro a tempo determinato in essere o con decorrenza successiva alla data di sottoscrizione della presente intesa non maturano per i relativi contratti il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato»;

   questa tempistica, pur rispettando i principi di anzianità professionale e rotazione delle opportunità lavorative, rischia di penalizzare chi, attualmente inoccupato ma in possesso dei requisiti relativi all'attività di portalettere, non potrà essere stabilizzato entro il 12 giugno 2019, perché sempre sotto contratto (magari soltanto per pochi giorni) alla data del 12 giugno 2018;

   l'accordo tra Poste Italiane ed associazioni sindacali prevede comunque una ulteriore tranche di «assunzioni a tempo indeterminato per attività di recapito che l'azienda effettuerà dal 13 giugno 2019 al 31 dicembre 2020» rivolta ai lavoratori che alla data del 31 gennaio dell'anno in cui si procederà all'inserimento avranno prestato attività con uno o più contratti a tempo determinato per almeno 12 mesi complessivi decorrenti dal 1o gennaio 2014 –:

   se il Governo abbia conferma che Poste Italiane assumerà come riportato dall'accordo citato in premessa, 1.080 lavoratori entro il 12 giugno 2019 e se sia a conoscenza di quanti dipendenti regolarizzerà successivamente dal 13 giugno 2019 al 31 dicembre 2020.
(5-00077)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VANESSA CATTOI, BINELLI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come riportato testualmente dalla risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 94/E di data 10 maggio 2007 «(...), la Tabella A, parte III, contiene un mero elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e non norme dispositive che specifichino le operazioni che fruiscono all'aliquota ridotta (...)»;

   nell'ambito della fornitura di energia termica mediante reti di teleriscaldamento, con produzione di energia termica da fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento, gli impianti preposti alla produzione di energia tramite fonti rinnovabili e/o cogenerazione ad alto rendimento, sono sempre dotati di produzione calore da fonti convenzionali, in modo che sia garantita la continuità di servizio alla rete in caso di manutenzione o guasto dei sistemi principali;

   gli apparecchi alimentati a biomassa funzionano nelle migliori condizioni solo con un determinato carico e con alte temperature del focolare: per questo motivo, un sovradimensionamento comporta problemi maggiori rispetto al caso degli impianti tradizionali;

   è evidente che la funzione di back-up/emergenza sia necessariamente devoluta a sistemi di produzione da fonte tradizionale e non a fonte rinnovabile. Questo perché le caldaie alimentate a fonte rinnovabile non possono soddisfare i requisiti inerenti all'immediata disponibilità nell'accensione ed erogazione del calore, alla rapidità nella regolazione della potenza prodotta, alla facilità e rapidità nel reperimento e nello stoccaggio del combustibile, alla semplicità ed estrema affidabilità tecnologica ed il massimo grado possibile di indipendenza impiantistica del sistema di emergenza rispetto al sistema principale;

   un'interpretazione restrittiva della norma porterebbe ad una palese impossibilità di applicazione della stessa sull'intera energia prodotta, poiché se non si ammette l'esistenza di sistemi di back-up alimentati a fonti convenzionali, non si ammette l'esistenza di impianti a fonti rinnovabili e la possibilità di fornitura di energia termica da fonte rinnovabile tramite reti di teleriscaldamento;

   non disponendo di norme specifiche che disciplinano la fornitura di energia termica da fonti rinnovabili si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe;

   il n. 122) della tabella A parla di fornitura di energia prodotta da fonti rinnovabili, non di fornitura di energia da impianti alimentati da fonti rinnovabili, non escludendo, quindi, gli impianti ibridi –:

   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per estendere le disposizioni di cui agli articoli 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e di cui al n. 122) della tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 all'intera energia prodotta dagli impianti alimentati da fonte rinnovabile come la biomassa, qualora la parte dell'energia imputabile a fonti non rinnovabili non superi su base annua il 10 per cento della produzione totale, al fine di incentivare l'utilizzo di fonti energetiche con ridotto impatto ambientale.
(4-00592)


   D'ATTIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella legge di bilancio di norma viene finanziato il fondo nazionale per le disabilità che è ripartito tra le regioni e da queste alle province per l'integrazione scolastica;

   la regione firma una convenzione di avvalimento con le province;

   pertanto, pur essendo titolare della funzione (dalla legge n. 56 del 2014 in poi), la regione la svolge tramite le province;

   la regione finanzia la funzione con dieci milioni di euro annui di fondi di bilancio regionale (per la provincia di Brindisi, nel piano di riparto, equivale ad uno stanziamento di circa ottocento milioni di euro);

   oltre al finanziamento regionale, ogni anno le province ricevono circa altri 800 milioni di euro dal fondo nazionale; con queste risorse sono stati garantiti i servizi con buona pace dei disabili accolti i quali hanno ricevuto il servizio regolarmente senza problemi e con un buon livello di gradimento, ma soprattutto senza che nessuno sia stato escluso, comprendendo disabili gravi e non gravi;

   sono state accolte tutte le istanze pervenute –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per confermare il finanziamento nazionale tenendo conto che le risorse di fatto non sono nel bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma in quello del Ministero dell'economia e delle finanze e quindi, ad avviso dell'interrogante è come se non fossero ancora finalizzate e che la mancata assegnazione delle risorse nazionali potrebbe comportare il taglio radicale della quantità di servizio erogato, con conseguente rischio di restringimento o delle ore o del numero di studenti ammessi e perdite dei relativi posti di lavoro degli assistenti.
(4-00604)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel corso degli ultimi anni, il costo del carburante utilizzato per il trasporto privato ha subito notevoli variazioni ed aumenti;

   in particolare, l'aumento maggiore si è registrato per i due carburanti più utilizzati nel nostro Paese ovvero il gasolio e la benzina;

   l'Italia risulta essere al secondo posto, in un ordine decrescente, per entrambi i prodotti, preceduta solo dall'Olanda per la benzina e dall'Inghilterra per il gasolio;

   tuttavia, nonostante il costo del petrolio a livello mondiale negli ultimi 5 anni sia rimasto essenzialmente stabile, a ciò non è corrisposto un altrettanto stabile adeguamento del prezzo alla pompa dei due carburanti;

   tutto questo è dovuto in particolare ad un aumento costante delle accise sul carburante che influiscono, insieme all'imposta sul valore aggiunto per circa il 63 per cento del totale del costo;

   in concomitanza con il recepimento nell'ordinamento italiano delle direttive in materia di accise a decorrere dal 1° gennaio 1993, le preesistenti imposte di fabbricazione che gravavano sui carburanti sono venute a cessare e sono state sostituite dalle accise, le cui aliquote sono state stabilite dal legislatore nazionale nel rispetto, naturalmente, dei livelli minimi comunitari;

   negli ultimi 15 anni, molte di queste accise sono servite ai vari Governi sia per finanziare situazioni di emergenza come terremoti e alluvioni, che per esigenze di bilancio meno «nobili»;

   sebbene la riforma attuata sotto il Governo Dini attraverso il decreto legislativo del 26 ottobre 1995, n. 504, abbia inquadrato all'interno di un testo unico l'elenco di tutti i prodotti energetici assoggettati ad imposizione secondo le aliquote di accisa vigenti nel momento di entrata in vigore del testo, non è chiaro se le accise introdotte in particolar modo nella prima metà del secolo scorso, siano ancora in vigore e catalogate secondo le voci «originarie» o più semplicemente ricomprese all'interno della fiscalità generale –:

   quali siano attualmente le componenti dell'aliquota delle accise previste per legge e ancora attuali, quali siano quelle riferite a situazioni emergenziali o straordinarie ora cessate e se sia sempre stato assicurato, in sede di bilancio, il trasferimento di fondi per quelle destinazioni;

   se le accise introdotte nella prima metà del secolo scorso siano ancora catalogate all'interno di capitoli di bilancio secondo le voci di entrata «originarie» e, in caso affermativo, a quanto ammonti il costo complessivo delle accise introdotte tra il 1935 ed il 1956 attualizzato secondo l'inflazione.
(4-00606)


   UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo un recente articolo di Sergio Rizzo, pubblicato da Repubblica il 22 giugno 2018, si evince che lo Stato italiano concede al gioco via web di pagare un'imposta trenta volte inferiore - proporzionalmente - all'aliquota Irpef di ogni cittadino italiano; si tratta di un regime di vantaggio che sfiora il paradosso della illogicità ed è certamente ingiusto. Pressoché ovunque nel mondo le tasse più pesanti gravano su ciò che ha il maggior impatto sociale, anche dal lato sanitario, per la ragione ovvia di dissuadere i consumi più nocivi e anche compensare i costi per la collettività delle relative conseguenze (vedasi - ad esempio - il caso corretto delle imposte sul tabacco);

   la significativa eccezione è invece rappresentata, come sopraddetto, dal gioco d'azzardo sul web. L'Erario ha incassato nei primi cinque mesi del 2018 «soli» 71 milioni di euro da chi gioca d'azzardo online, ovvero lo 0,75 per cento di un giro d'affari pari a 9 miliardi e 478 milioni di euro; un flusso di denaro che ha ritmi di crescita vertiginosi. Nel periodo gennaio-maggio del corrente anno si assiste ad un incremento delle scommesse del 18 per cento rispetto al medesimo periodo del 2017; risulta poi che Malta sia una specie di porto franco per i concessionari online di gioco d'azzardo: il 12 per cento del prodotto interno lordo maltese è dato dalle scommesse online e anche le autorità di monitoraggio valutario dell'Unione europea ammoniscono sul fatto che vi siano plausibili rischi di riciclaggio di denaro «sporco» e di elusione fiscale per mezzo di questo nuovo tipo di gioco d'azzardo;

   stante anche la situazione del bilancio dello Stato italiano, il mancato introito di tassazione dal gioco online, per giunta del tutto legale, è inaccettabile: ancor di più se si analizzano il numero di casi di ludopatia della Penisola –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda mettere in campo per correggere questa paradossale e ingiusta situazione di vantaggio fiscale per i concessionari di gioco d'azzardo online; se non si intenda portare a livello comunitario, per quanto di competenza, la questione delle particolari condizioni di privilegio fiscale vigenti a Malta per le società con business sul gioco d'azzardo nel web.
(4-00613)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in ragione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 («Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza»), il Governo ha 12 mesi di tempo per adottare uno o più decreti legislativi che, oltre a riscrivere integralmente la legge fallimentare, disciplinino la riforma delle procedure concorsuali, la composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 2012) e il sistema dei privilegi e delle garanzie;

   il 22 dicembre 2017 la Commissione di studio, coordinata da Renato Rordorf e deputata all'elaborazione di una bozza degli schemi di decreto legislativo in attuazione della legge delega, ha trasmesso al Ministero due dei tre schemi predisposti e, in particolare, quello inerente alla delicatissima individuazione dei cosiddetti tribunali concorsuali tra quelli ordinari esistenti. Al riguardo, la bozza di provvedimento legislativo predisposto dalla detta Commissione, comporterebbe – in caso di sua approvazione – una serie di accorpamenti delle competenze fallimentari in capo ad un ristretto numero di tribunali a danno di numerose, ma non meno centrali, sedi, tra le quali (con riferimento all'Emilia-Romagna) quelle di Piacenza, Ferrara, Ravenna e Forlì;

   la legge n. 155 del 2017 (articolo 2, comma 1, lettera n)) prevede infatti, tra le altre novità, che i tribunali non aventi sezioni specializzate in materia d'impresa vengano privati della competenza in ambito fallimentare. I tribunali di Piacenza, Ferrara, Ravenna e Forlì – ad esempio – non avrebbero più procedimenti concorsuali, né giudici delegati e, dunque, perderebbero tutte le attività connesse. Oltre agli immediati problemi logistici, per i quali tutti gli operatori del settore dovrebbero recarsi presso altro tribunale, detto trasferimento rappresenterebbe un gravissimo problema che investirebbe tutti gli ordini professionali (in particolare: avvocati, notai, commercialisti, ingegneri, architetti) che verrebbero privati delle professionalità tecniche acquisite nel tempo, con conseguente impoverimento, oltre che professionale anche specifico, dei territori. Non solo, il disagio colpirebbe anche tutti gli imprenditori (grandi e piccoli) che non troverebbero più nel contesto in cui operano i necessari punti di riferimento di specialisti in materia di «crisi d'impresa»;

   l'individuazione, tra i tribunali esistenti, di quelli cosiddetti concorsuali, essendo ancorata a dati meramente numerici (numero delle procedure concorsuali degli ultimi 5 anni, numero delle imprese iscritte nel registro delle imprese, popolazione residente, e altro), comporterebbe dunque lo svuotamento in siffatta materia della competenza dei tribunali di medio piccole dimensioni che, nei fatti, risultano più efficienti di quelli aventi dimensioni medio grandi, dove l'arretrato è sicuramente maggiore e destinato a crescere proprio in virtù dell'acquisizione dei procedimenti sottratti ai tribunali circondariali –:

   se il Ministro interrogato sia intenzionato a esercitare la delega in questione nella parte in cui dispone l'individuazione dei tribunali concorsuali con il connesso rischio di segnare un ulteriore passo verso la chiusura e lo svuotamento di competenza dei tribunali minori, a danno della cosiddetta giustizia di prossimità.
(4-00590)


   FOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con reiterate istanze rivolte alla direzione generale del personale della formazione, ufficio pensioni, del Ministero di giustizia, l'operatore giudiziario B1 T.P., assunta in data 17 aprile 2000 a seguito di pubblico concorso, in servizio presso l'ufficio del giudice di pace di Piacenza, richiedeva ai competenti servizi del Ministero che le venissero riconosciuti i periodi rappresentati, giusto l'estratto contributivo allegato alle dette istanze;

   la predetta non ha mai ricevuto risposta alcuna, nonostante – si ripete – i numerosi solleciti ed il fatto che la richiesta formulata, reiterata – come detto – più volte, non solo pare del tutto legittima ma anche di impossibile archiviazione –:

   se e quali iniziative intenda assumere affinché all'operatore giudiziario in questione, sia data immediata ed esaustiva risposta, accertando le ragioni per le quali sino ad oggi non si sia provveduto in merito ed, eventualmente, assumendo, nei confronti dei responsabili dell'omessa evasione dell'istanza, gli atti dovuti.
(4-00617)


   CASSINELLI e CATTANEO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   quello del tribunale di Pavia può essere definito come un cantiere infinito, con almeno quattro anni di ritardo sul completamento dei lavori;

   il presidente del tribunale Annamaria Gatto, in una relazione inviata al Ministero della giustizia e, per conoscenza, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sottolinea la necessità di sollecitare il provveditorato interregionale alle opere pubbliche a stringere i tempi sugli interventi nella struttura di corso Cavour;

   il primo lotto dei lavori, corrispondente a un appalto da 5 milioni di euro, non è ancora stato completato e ha visto finora solo la ristrutturazione degli spazi che accolgono la procura e una parte del tribunale, nell'ala nuova e la realizzazione di uno dei tre lotti di costruzione delle nuove aule penali. Resta invece da sistemare ancora l'ala vecchia e da terminare la costruzione delle altre due aule penali;

   sono ancora da stanziare ancora i circa 7 milioni di euro necessari per completare gli interventi di ristrutturazione e messa a norma degli impianti elettrici e idrici nonché quelli di costruzione della nuove aule penali;

   a dilatare i tempi hanno inciso sia il fallimento della ditta che stava eseguendo l'intervento, sia gare d'appalto e consegne dai tempi infiniti con lavori impaludati nei meandri della burocrazia;

   i lavori sono rimasti bloccati a lungo per gli eccessivi ritardi nei pagamenti alle imprese, costrette a un'attesa di almeno un anno e mezzo prima di ricevere i fondi dal Ministero;

   è stata consegnata la palazzina che ospita la magistratura di sorveglianza, ma ancora è bloccato il recupero del sottotetto. In una parte dei complessivi 1.500 metri quadri utilizzabili è prevista la realizzazione di quattro stanze più servizio da destinare alla polizia giudiziaria e alla procura che ora lavorano in condizioni di disagio. Il progetto era stato approvato nel giugno 2016, la gara d'appalto si era conclusa, ma manca la firma del contratto;

   visto che il tribunale consuma più energia rispetto al passato, bisogna realizzare con urgenza una centralina di derivazione elettrica da collocare all'altezza dell'archivio. In questo caso la gara d'appalto è terminata, la ditta era stata individuata alcuni mesi fa mesi fa, ma il contratto non è ancora stato firmato –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione alla problematica descritta, al fine di consentire al personale del tribunale di Pavia, dai magistrati fino agli avvocati, di svolgere il proprio lavoro nelle migliori condizioni possibili e in sicurezza.
(4-00622)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GERMANÀ e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha dichiarato di voler procedere alla sostituzione dei vertici delle società partecipate dal proprio dicastero, ed in particolare del vertice del gruppo Ferrovie dello Stato italiane che oggi vede quale amministratore delegato, Renato Mazzoncini;

   la carica dell'amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato italiane è stata rinnovata a fine dicembre 2017 dal Governo Gentiloni, per altri tre anni, ed in inusuale anticipo rispetto alla scadenza naturale fissata per la primavera 2018;

   rispetto a tale rinnovo non sono stati valutati i profili di compatibilità della stessa con le disposizioni dello Statuto delle Ferrovie dello Stato italiane che, all'articolo 10, prevede che in caso di rinvio a giudizio per certi reati, per lo più di tipo economico-finanziario, contro la pubblica amministrazione o contro il patrimonio, non si può essere eletti in un consiglio di amministrazione di una società partecipata dallo Stato;

   risulterebbe convocata per il 10 luglio 2018 l'assemblea straordinaria dei soci di Ferrovie dello Stato italiane per la conferma definitiva della fiducia al predetto amministratore delegato ovvero per la sostituzione dello stesso, nel rispetto della disposizione statutaria che prevede che qualora un amministratore in carica fosse rinviato a giudizio deve «darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione, con obbligo di riservatezza. Il consiglio di amministrazione verifica, nella prima riunione utile e comunque entro i dieci giorni successivi alla conoscenza dell'emissione dei provvedimenti di cui al terzo periodo, l'esistenza di una delle ipotesi ivi indicate». Nel caso in cui la verifica fosse positiva, l'amministratore decade dalla carica per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, salvo che il consiglio di amministrazione, entro il termine di dieci giorni di cui sopra, proceda alla convocazione dell'assemblea, da tenersi entro i successivi sessanta giorni, al fine di sottoporre a quest'ultimo la proposta di permanenza in carica dell'amministratore medesimo, motivando tale proposta sulla base di un preminente interesse della società alla permanenza della stessa. (...), Nel caso in cui l'assemblea non approvi la proposta formulata dal consiglio di amministrazione, l'amministratore decade con effetto immediato dalla carica per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni;

   nella prossima assemblea il Ministero dovrà prendere una definitiva posizione in merito;

   nello spirito del rinnovamento e della trasparenza, risulta opportuno che venga valutata preventivamente la sussistenza di motivi ostativi alla conferma, atteso che la convocazione dell'assemblea da parte del consiglio di amministrazione scaturisce dalla presa d'atto della circostanza che il tribunale di Perugia ha rinviato a giudizio, nei giorni scorsi, per truffa l'amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Renato Mazzoncini –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo, sulla base della comparazione dell'interesse generale alla legalità ed alla trasparenza, con applicazione della clausola di decadenza di cui allo statuto di Ferrrovie dello Stato italiane, con il prospettato interesse della società alla permanenza del predetto amministratore delegato, specificando quali potrebbero essere i preminenti interessi della società a tale mantenimento.
(5-00070)


   COMENCINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il manto stradale della trafficatissima tangenziale Nord di Verona variante alla strada statale 12, che collega il casello di Verona nord alla Valpolicella, versa in condizioni precarie da anni e si è ulteriormente aggravato con le nevicate dell'inverno 2017 e le successive piogge;

   il grave stato di dissesto della strada, le buche, le fessurazioni e gli avvallamenti mettono in serio pericolo la vita dei numerosi automobilisti che quotidianamente percorrono la strada, creando incidenti e danni alle auto;

   il tratto stradale presenta un'ulteriore particolarità, ovvero tre diversi gestori: dal casello di Verona nord all'intersezione con la strada regionale 11 (che conduce a Peschiera) la tratta è gestita da Veneto Strade (società partecipata dalla regione Veneto); da quel punto fino allo svincolo per Balconi di Pescantina da Anas SpA e da lì a Fumane, dalla provincia di Verona;

   ad oggi non è stato possibile intervenire con una soluzione radicale per la messa in sicurezza dell'arteria; sono stati effettuati solo alcuni interventi di ripavimentazione parziale su alcuni tratti ormai al limite della praticabilità, per lo più svolti col metodo della «badilata di conglomerato»;

   nel piano pluriennale dell'Anas 2015-2019 e nel contratto di programma 2015, che nel dettaglio prevedevano uno stanziamento di 8,2 miliardi di euro per manutenzioni straordinarie ed opere di messa in sicurezza, non sembrerebbe incluso l'intervento di manutenzione straordinaria della strada –:

   se il Ministro interrogato intenda adoperarsi, per quanto di competenza, affinché l'Anas SpA possa includere, nei propri programmi di manutenzione della rete stradale gestita dall'Anas medesima, i lavori di manutenzione straordinaria e ripristino delle condizioni di sicurezza della tangenziale nord di Verona che collega il casello di Verona nord alla Valpolicella, con particolare riferimento al rifacimento del manto stradale, allo scopo di dare risposte certe agli utenti che quotidianamente percorrono la strada mettendo in pericolo la propria vita.
(5-00075)


   CARNEVALI, PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da mesi si registrano gravi disagi per quanto concerne gli uffici della Motorizzazione civile di Bergamo, già segnalati, nella scorsa legislatura, nell'interrogazione n. 5/11781 presentata in data 10 luglio 2017;

   nei giorni scorsi, si è tenuto anche un incontro in prefettura, alla presenza del prefetto Elisabetta Margiacchi, con i rappresentanti dei settori interessati, i quali hanno evidenziato tutte le ripercussioni negative determinate dalla carenza di organico dei citati uffici della Motorizzazione civile;

   dalle scuole guida alle concessionarie, è l'intero mondo del trasporto provinciale che chiede un potenziamento degli attuali organici della Motorizzazione civile per evitare la paralisi del sistema con conseguenze negative anche per l'economia territoriale;

   nel corso dell'esame della legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, commi 565 e 567) è stato approvato, in data 19 dicembre, l'emendamento n. 52.10 della prima firmataria del presente atto che prevede l'assunzione di nuove 200 unità di personale presso il dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: 80 unità nel 2018, 60 nel 2019 e 60 unità nel 2020 nonché l'avvio di appositi concorsi per sopperire alle esigenze di servizio;

   l'8 giugno 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'avviso del concorso indetto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (trasparenza.mit.gov.it), con scadenza 9 luglio 2018, che punta all'assunzione di 148 ingegneri meccanici a tempo indeterminato per le attività delle sedi periferiche del dipartimento trasporti in tutta Italia, vale a dire uffici motorizzazione civile (Umc), centri prova autoveicoli (Cpa) e uffici speciali trasporti a impianti fissi (Ustif);

   dal bando (che indica con puntualità il numero delle assunzioni previste per ogni sede), si evince altresì che per Bergamo, sezioni di Lecco, Como e Sondrio sono previste un totale di 6 assunzioni, un numero non certamente sufficiente, a parere degli interroganti, a colmare la carenza cronica e a risolvere la situazione asfittica della Motorizzazione di Bergamo –:

   se il Ministro interrogato ritenga sufficiente l'assegnazione di n. 6 risorse, considerate sia le carenze croniche che la gestione dell'attività pregressa del bacino di utenza in questione evidenziate in premessa, e quando verrà data attuazione al piano di assunzioni previsto dalla legge di bilancio 2018, articolo 1, commi 565-567 al fine di superare le attuali criticità.
(5-00081)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la manutenzione ciclica delle carrozze di Trenitalia destinata al servizio ferroviario sulla media distanza viene effettuata nel polo tecnologico di Osmannoro, frazione del comune di Sesto Fiorentino (Firenze);

   l'officina attualmente occupa 200 ferrovieri e circa 50 addetti di ditte esterne; le carrozze in manutenzione ciclica presso sono circa 2.000; hanno un'età media tra 40 e 50 anni e non sono dotate di sistema antincendio. In base al decreto ministeriale sulla sicurezza nelle gallerie ferroviarie per i veicoli circolanti sulla rete italiana, entro l'8 aprile 2021 le imprese ferroviarie, e quindi anche Trenitalia, dovranno dotare il materiale rotabile per il trasporto passeggeri di impianto antincendio;

   l'inserimento del sistema antincendio in tutte le vecchie carrozze richiede un investimento consistente, pertanto Trenitalia ha ritenuto conveniente l'acquisto di nuovo materiale rotabile, riducendo la flotta impiegata nella media distanza a circa 500 carrozze;

   per garantire un regolare ciclo di manutenzione ogni 4/5 anni, sono sottoposte a manutenzione presso l'officina suddetta circa 500 carrozze l'anno;

   l'impianto è utilizzato anche per la manutenzione dei treni regionali Trenitalia toscani; in questo comparto sono impiegati circa 230 ferrovieri;

   la sostituzione delle carrozze vetuste e i nuovi acquisti di materiale rotabile equipaggiato di impianto antincendio potrebbero determinare una consistente riduzione delle commesse per manutenzione dell'officina stessa;

   per mantenere gli attuali livelli di occupazione sarebbe necessario affidare all'officina delle lavorazioni su altre carrozze o treni di nuova generazione, oltre a quelle sui treni a media percorrenza e sui regionali toscani;

   sia l'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 tra Ministero dei trasporti, Ferrovie dello Stato, regione Toscana, comune e provincia di Firenze, che il protocollo del 2005 tra i medesimi soggetti prevedevano lo sviluppo del polo manutentivo di Osmannoro. In particolare, il trasferimento ad esso delle attività e manutenzione «ciclica» del materiale rotabile dalle officine di Porta a Prato;

   le officine, sia quella adibita alla manutenzione dei treni nazionali che quella per i treni regionali, sono costruite secondo i più aggiornati criteri tecnologici; sono collocate in un contesto ottimale, ad adeguata distanza dai centri urbani, opportunamente collegate alla rete ferroviaria, stradale e non distanti dalla direzione tecnica di Trenitalia di Firenze dedicata all'ingegneria della manutenzione e del materiale rotabile nuovo, con circa 200 addetti fra ingegneri e personale altamente qualificato;

   nella vicina Pistoia, si trova la società Hitachi che ha costruito il treno AV 1000 e altri con tecnologie all'avanguardia che potrebbe collaborare con l'officina di Osmannoro;

   l'officina per la manutenzione ciclica dispone di 5 binari lunghi 350 metri, un reparto per la tornitura delle ruote dei treni di ultima generazione e con modico investimento può essere attrezzata per nuove lavorazioni;

   la manutenzione corrente dei treni della Toscana, attualmente effettuata nei capannoni che possono accogliere 1 o 2 carrozze o locomotive, richiede un investimento aggiuntivo di circa 50 milioni di euro per raddoppiare tali strutture da 70 a 150 metri e oltre di lunghezza. I nuovi convogli richiedono infatti interventi di manutenzione a treno completo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per valorizzare gli investimenti effettuati, le competenze, l'esperienza e la professionalità delle maestranze e per salvaguardare l'occupazione, promuovendo l'affidamento al polo di Osmannoro, già dotato di torneria ruote, della manutenzione ciclica dei nuovi treni regionali e dei rotabili che circolano sulla rete nazionale, non solo di Trenitalia, ma anche di altre aziende ferroviarie;

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per l'ampliamento dei capannoni di Osmannoro destinati alla manutenzione corrente dei treni «Rock e Pop» della Toscana.
(4-00585)


   DARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si protraggono ormai da troppo tempo, su tutto il territorio nazionale, le inefficienze organizzative e i problemi legati agli incredibili ritardi per le pratiche in carico alle motorizzazioni civili, dovuti principalmente alla carenza di personale che condiziona negativamente lo svolgimento del lavoro;

   in particolare, i tempi di attesa per lo svolgimento degli esami di guida, sia teorici che pratici, per gli allievi di tutte le autoscuole della provincia di Mantova sono talmente lunghi, a causa di mancanza di esaminatori, che il candidato bocciato rischia la scadenza del foglio rosa prima di poter fare un secondo tentativo;

   i disagi sono vissuti da tutti i cittadini utenti e hanno ripercussioni gravi sulle autoscuole, che non possono garantire tempi rapidi per lo svolgimento dell'esame di guida e che, per tale causa, registrano un aumento continuo di clienti che si rivolgono ad altre province;

   le inefficienze si estendono anche alle revisioni delle patenti che sono in arretrato di mesi, così come accade per le lettere di azzeramento punti della patente o i duplicati, anche se in alcuni casi la Motorizzazione ha solo il compito dicontrollare le pratiche evase dalle autoscuole –:

   come intenda garantire il diritto ad un servizio di qualità a tutti i cittadini mantovani che si avvalgono regolarmente, per motivi personali e professionali, dei servizi della Motorizzazione civile e, in particolar modo, come intenda intervenire per risolvere i gravi disagi che le autoscuole stanno vivendo a causa dei problemi legati alla carenza strutturale di personale, anche valutando l'ipotesi di procedere ad una privatizzazione di parte degli esami di guida.
(4-00587)


   BARATTO, BOND, BENDINELLI e CORTELAZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in Veneto, ad oggi, le opere di interesse nazionale necessarie e che attendono di essere completate sono tre, ed in particolare: la Pedemontana Veneta, la Tav tratto Brescia-Padova, le opere di bonifica di Porto Marghera;

   gli oltre 53 chilometri di opere di viabilità secondaria previste dalla Pedemontana Veneta rappresentano un elemento essenziale per i territori che attendono oramai la realizzazione di quest'opera dal 1997;

   in particolare, la Pedemontana Veneta è cruciale al fine di porre rimedio all'esiziale situazione in cui versano alcuni tratti della rete viaria della regione;

   in particolare, il completamento del tratto della Tav Brescia/Padova, rappresenta un'opera fondamentale per garantire l'implementazione dei collegamenti viari di una città ad alta vocazione turistica e universitaria e per l'intera regione;

   la realizzazione di queste opere garantirebbe al territorio veneto, grazie all'indotto prodotto, quello sviluppo da tempo invocato da categorie, imprese e lavoratori;

   inoltre, secondo l'elenco redatto ai sensi dell'articolo 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, giacciono incompiute oltre 20 opere di interesse regionale;

   nel così detto contratto per il Governo del cambiamento si prevede un «audit civico» delle opere pubbliche, nonché la completa revisione di alcune di esse;

   il Governo sembrerebbe orientato da tempo a bloccare opere necessarie allo sviluppo del territorio e dell'economia regionale;

   il Ministro interrogato ha recentemente dichiarato che è in corso una non meglio definita analisi costi/benefici delle opere tra cui Tav e Pedemontana Veneta;

   in risposta alle suestese dichiarazioni, hanno espresso la loro profonda preoccupazione le principali associazioni di categoria regionali;

   in ogni caso, molte delle opere citate sono in corso di realizzazione, con opere già appaltate, e dunque il loro blocco comporterebbe come ulteriore conseguenza costi di indennizzo di difficile quantificazione –:

   quali siano le intenzioni del Governo circa la realizzazione dalla Pedemontana Veneta, del tratto Veneto della Tav, delle opere di bonifica di Porto Marghera;

   quali siano ad oggi i risultati dell'audit che il Ministro interrogato ha dichiarato di aver avviato;

   quali risorse il Governo intenda stanziare nel prossimo disegno di legge di bilancio per il completamento di ulteriori opere di sviluppo infrastrutturale.
(4-00596)


   D'ATTIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 30 giugno 2018 sono andate in avaria tutte le consolle delle sale radar di Milano e poi in tarda mattina anche quella di Brindisi;

   il 1o luglio 2018 è andata in avaria la sala radar di Roma Ciampino purtroppo cioè con interruzioni di durata più lunga; ciò ha comportato notevoli ritardi dei voli e conseguenti disagi per i passeggeri;

   a Brindisi le innumerevoli problematiche tecniche hanno costretto le sigle sindacali a continue richieste di incontri con la direzione locale, una intera stagione invernale, al fine di sollecitare le risoluzioni delle stesse, tuttora irrisolte;

   il nuovo sistema free route, adottato da Enav al fine di garantire rotte sempre più dirette alle compagnie, non ha avuto un congruo tempo di implementazione tale da consentire ai controllori l'acquisizione del nuovo metodo di lavoro;

   il free route ha attratto un numero più alto di voli, ma conseguentemente all'incremento del numero di voli non c'è stata da parte di Enav una pianificazione del numero minimo di controllori da impiegare per ogni sala operativa, lasciando così ai dirigenti il compito di intraprendere azioni estemporanee al fine di tamponare il problema;

   questa situazione incredibile è riconducibile alla privatizzazione e all'adozione inconsapevole ma perentoria del nuovo piano industriale da parte di Enav;

   le decisioni del management vanno in una certa direzione: aumentare gli utili riducendo il personale, chiudendo le torri di controllo e accorpando infine i centri di controllo da 4 totali a soli 2 –:

   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative al fine di:

    a) consentire ai controllori di svolgere il loro lavoro con strumenti adeguati alla complessità sempre crescente del traffico aereo;

    b) Scongiurare la chiusura del Centro di controllo d'area (Acc) di Brindisi, alla luce di quanto accaduto nelle sale operative di Enav in particolare in quelle di Milano ACC e Brindisi ACC sabato e a Roma ACC domenica, dove i gravi inconvenienti tecnici verificatisi hanno portato alla difficoltà di gestione dei voli con conseguente abbassamento del livello di sicurezza degli stessi, tenendo conto che il centro di Brindisi gestisce i voli della dorsale adriatica e del Meridione fino ai confini con Zagabria, Albania e Grecia ed è stato di grande aiuto fino alla ripresa delle normali attività operative;

    c) rivedere l'assetto di Enav di modo che ritorni ad essere un ente pubblico economico senza scopo di lucro.
(4-00610)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il Ministro interpellato ha sollevato con grande forza il tema di censire cittadini e famiglie di etnia Rom presenti in Italia;

   tale «censimento» sarebbe finalizzato a prevenire fenomeni di insicurezza dell'ordine pubblico, derivanti dalle attività e dalla presenza stessa dei Rom nel territorio nazionale;

   tale iniziativa non appare, al momento, sorretta da alcun concreto provvedimento, ma si limita ad un generico annuncio che rischia di omologare la complessa realtà delle popolazioni Rom ad una lettura negativa, foriera di sentimenti xenofobi da parte di larghe fasce di popolazione residente;

   nessuna concreta azione sembra, altresì, ravvedersi, tra gli annunci del Ministro interpellato in relazione al reale perseguimento di reati e alla concreta repressione di fenomeni criminali e illegali che si determinano soprattutto nelle grandi aree urbane anche in rapporto ad insediamenti Rom o di clan che – come nel caso di Roma – pur legati a specifiche famiglie Rom non riguardano il complesso delle popolazioni, dei cittadini e delle famiglie nomadi;

   il problema della regolamentazione di molti insediamenti Rom, dal punto di vista urbanistico e sociale, rappresenta nelle periferie di molte città un problema urgente e concreto per la sicurezza e la salute dei cittadini ma anche per quella di molte famiglie e di minori Rom;

   recenti indagini condotte da organi parlamentari hanno messo in luce il tema dei «roghi tossici» che si verificano dentro o ai margini dei campi Rom in molte città, soprattutto a Roma, Napoli e Torino;

   tali fenomeni appaiono collegati a reti criminali di traffico illegale di rifiuti e materiale ferroso; all'interno del quartiere della Romanina (periferia sud di Roma), si sono recentemente verificati incresciosi fatti di cronaca come l'aggressione violenta da parte di elementi legati a clan criminali da tempo insediati nel quartiere e appartenenti alle famiglie Casamonica e Di Silvio (di origine Rom) verso inermi cittadini e avventori del Roxy Bar di Via Barzilai;

   tale episodio, lungi dal rappresentare un caso isolato, si inserisce in un clima consuetudinario e stabile, presente nel quartiere dove larghe parti di territorio sono sottratte al controllo pubblico e delle forze dell'ordine e sottoposte a leggi informali, regole comportamentali, imposte dai clan a tutti i cittadini;

   tutto questo appare ancor più grave e costituisce una sfida verso le istituzioni se si considera la presenza, a poche centinaia di metri della sede nazionale della sede nazionale della Direzione investigativa antimafia (Dna);

   presso la stessa Via Barzilai, intorno al 2010, a protezione della proprietà di una delle suddette famiglie (presumibilmente i Casamonica) è stato eretto un muro abusivo che occupa illegalmente ampie porzioni di suolo pubblico;

   tale residenza sarebbe priva anche di numero civico la qual cosa rende incerta, a quanto pare, la stessa notifica di atti giudiziari che, come è noto, rappresenta elemento decisivo per un corretto svolgimento delle procedure giudiziarie –:

   quali concrete azioni di competenza intenda il Ministro interpellato mettere in atto, d'intesa tra enti locali e prefetture competenti sulla base degli ordinamenti in vigore, per contrastare i veri fenomeni di criminalità e illegalità collegati ad insediamenti Rom, colpendo nello specifico i responsabili di tali fenomeni e non annunciando quelli che agli interpellanti appaiono generiche misure che mettono in cattiva luce l'intera comunità Rom e che oltretutto prescindono dalla reale condizione delle singole persone e delle singole famiglie.
(2-00038) «Morassut, Fiano, Bazoli, Bordo, Melilli, Cardinale, Gavino Manca, Mor, Piccoli Nardelli, Pizzetti, Portas, Raciti, Marattin, De Filippo, Del Basso De Caro, Ferri, Fregolent, Gadda, Lepri, Lacarra, Giachetti, Gariglio, Orfini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la nave porta container Alexander Maersk, battente bandiera danese, con a bordo 113 migranti provenienti dalla Libia e soccorsi in mare dopo 30 ore su un gommone, è stata lasciata per quasi 4 giorni di fronte al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, in attesa di ricevere istruzioni dal centro di coordinamento della Guardia costiera di Roma su dove sbarcare le persone soccorse;

   non si comprende perché, pur avendo lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in precedenza dichiarato che i porti non fossero chiusi, la nave cargo Maersk non sia stata immediatamente autorizzata ad attraccare, e sia stata lasciata in balia delle onde per oltre 4 giorni, durante i quali si rendeva necessario l'intervento a bordo del personale di una motovedetta della guardia costiera italiana, con il medico marittimo, per trarre in salvo e recare immediatamente all'ospedale una donna del Sudan all'ottavo mese di gravidanza, con la figlia di pochi anni, e un'altra madre con due bambine, di cui una di 8 anni disidratata;

   da notizie a mezzo stampa si è infatti appreso che il Ministro dell'interno avrebbe deciso di sbloccare l'autorizzazione ad attraccare solo a seguito dell'appello in tal senso rivolto dal Ministro dell'immigrazione danese, dal sindaco di Pozzallo e dal garante dei detenuti, che lamentava il fatto, che i migranti a bordo si trovassero di fatto privati della libertà personale;

   i mercantili sono obbligati per legge a effettuare i soccorsi in mare di persone in difficoltà, e questa dura penalizzazione di una nave mercantile, che per più di quattro giorni ha stazionato davanti al porto di Pozzallo senza poter né attraccare né dunque tornare a lavorare, ha minato ulteriormente la credibilità del nostro Paese, facendo apparire l'Italia, ad avviso dell'interrogante, non solo come un Paese poco incline al rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali, ma anche come un Paese estremamente inaffidabile;

   mentre un'altra nave tristemente salita agli onori della cronaca per aver anch'essa recuperato dei migranti in mare, la Lifeline, ha continuato anch'essa per giorni la sua peregrinazione nel Mediterraneo con il suo carico di vite umane, in attesa nuovamente per diversi giorni di un'autorizzazione ad attraccare in qualche porto, appaiono assai allarmanti le dichiarazioni del Ministro dell'interno, secondo le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti «avrebbe tutto il mio appoggio se ordinasse alla Guardia costiera di non rispondere agli SOS», così sorvolando sul fatto che la Guardia costiera ha l'obbligo di rispondere agli SOS in mare, obbligo sancito non solo da Convenzioni internazionali, ma anche dallo stesso codice penale che sanziona l'omissione di soccorso;

   la linea dura inaugurata dal Governo lungi dal fermare i viaggi nel Mediterraneo – dove le navi che fanno rotta al largo della Libia o nelle acque internazionali continuano a salvare migranti su barconi alla deriva –, ha condotto l'Italia ad un duro isolamento a livello europeo, che altre a mettere a repentaglio la sopravvivenza della più grande democrazia del mondo, lo sta facendo, secondo l'interrogante, rischiando la vita di bambini, donne e uomini, per la maggior parte in fuga da guerre e persecuzioni, e con grave violazione di basilari norme del diritto interno e internazionale –:

   sulla base di quale presupposto giuridico, norma o convenzione internazionale il Governo abbia ritenuto di dover bloccare per quattro giorni un cargo privato battente bandiera danese nelle acque italiane e, alla luce delle gravi violazioni riportate in premessa, se non intenda evitare in futuro, il ripetersi di fatti analoghi che, oltre alla disumanità insita nelle possibili conseguenze di determinate azioni, comportano anche un'ulteriore diminuzione della credibilità e affidabilità del nostro Paese.
(5-00086))

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato anche da alcuni quotidiani nei giorni scorsi, il tribunale di Como avrebbe condannato a quattro mesi per il reato di resistenza a pubblico ufficiale due richiedenti asilo ospitati presso una struttura di accoglienza di Novara, i quali il 27 dicembre 2017 avevano causato l'interruzione e la soppressione del convoglio Trenord 756 sulla linea Asso-Milano, con conseguenti forti disagi alla viabilità e agli altri passeggeri del treno;

   in particolare, da quanto si apprende dalla stampa, i due richiedenti asilo, di nazionalità nigeriana, sarebbero saliti senza biglietto sul treno alla stazione ferroviaria di Erba, diretti a Milano con l'intenzione poi di fare rientro nella comunità che li ospita a Novara;

   all'altezza della stazione di Inverigo i due nigeriani sarebbero stati trovati dal controllore sprovvisti di regolare titolo di viaggio e, di fronte alla legittima richiesta dell'operatore di fornire le proprie generalità e di scendere dal treno, avevano opposto resistenza e mostrato da subito un atteggiamento provocatorio;

   vista la gravità della situazione, anche per l'incolumità del controllore e dei passeggeri presenti sul convoglio, si era, pertanto, reso necessario chiedere l'immediato intervento degli agenti di polizia locale che, minacciati a loro volta, avevano dovuto mobilitare anche i carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Cantù;

   i due richiedenti asilo avevano, però, opposto resistenza anche ai militari dell'Arma con minacce e spintoni per sottrarsi alle operazioni di identificazione, fino a quando sono stati immobilizzati e dichiarati in arresto;

   nel frattempo, il convoglio era rimasto in sosta alla stazione di Inverigo e, dopo aver accumulato un forte ritardo a causa di quanto successo, è stato, infine, soppresso e i viaggiatori sono stati costretti a prendere un altro treno;

   l'episodio accaduto sul convoglio Trenord 756 è di estrema gravità, anche per i rischi e i forti disagi causati alle persone sul treno e alle forze dell'ordine, senza il cui tempestivo e apprezzabile intervento le conseguenze avrebbero potuto essere ancora più gravi;

   stando a quanto riportano sempre più spesso le cronache, non si tratterebbe neanche di un fatto isolato, avendosi notizia di altri casi simili accaduti su altre tratte ferroviarie –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per assicurare condizioni di maggiore sicurezza e legalità sulle linee di trasporto, in particolare ferroviario, al fine di fronteggiare e scongiurare il ripetersi di episodi come quello accaduto sulla linea Asso-Milano di cui in premessa.
(4-00589)


   FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in base alla circolare del dipartimento dalla pubblica sicurezza del Ministero dell'interno n. 555/RS/01/2/1/002974 del 22 giugno 2018, sono state individuate le sedi ove dislocare il personale di rinforzo per il periodo estivo;

   dalle sedi previste risulterebbe essere escluso il commissariato di Polizia di Stato di Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza;

   da 31 marzo 2018, con la fusione dei comuni Corigliano Calabro e Rossano, risulta essere la terza città della Calabria con oltre 80 mila abitanti;

   le organizzazioni sindacali del comparto sicurezza hanno da tempo lanciato l'allarme circa il sottodimensionamento degli organici di un commissariato che, già in sofferenza da tempo, si trova ora a gestire, con lo stesso personale, un comprensorio di fatto raddoppiato in termini di abitanti e con un territorio davvero complesso da gestire;

   attualmente, suddetto commissariato può contare su una sola volante per quadrante orario per la perlustrazione di tutto il nuovo vasto territorio di competenza;

   quello in questione è un territorio storicamente interessato da una pervasiva e incidente presenza di malavita organizzata;

   vi è anche la presenza di un carcere di massima sicurezza che, tra l'altro, ospita, in una sezione speciale, detenuti di religione islamica, condannati per terrorismo internazionale;

   nel corso della stagione estiva, in questo territorio, si registrano oltre 200 mila abitanti per la presenza di importanti strutture ricettive e per il turismo crescente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità riportate in premessa che riguardano il commissariato di Polizia di Stato di Corigliano-Rossano e quali iniziative intenda assumere al fine di rivedere la citata circolare e di procedere, tempestivamente, ad assegnare, per il periodo estivo, unità di rinforzo per un più efficace controllo del territorio e per garantire una maggiore sicurezza ai cittadini del comprensorio.
(4-00600)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di totale degrado ed insicurezza con cui si vedono costretti convivere gli abitanti di via Tommaso Gulli, nel comune di Ravenna, e delle zone attigue è negli anni progressivamente peggiorata, tant'è che lo scorso anno venne presentato da oltre 200 cittadini un esposto al riguardo alla locale procura della Repubblica;

   nell'ultima settimana si contano ben due maxi risse: l'una, scoppiata nella serata del 25 giugno, ha visto un gruppo di sudamericani affrontarsi a colpi di bottigliate e cassonetti della spazzatura; l'altra, avvenuta la sera successiva, avente le caratteristiche di un raid punitivo nei confronti di extracomunitari;

   la situazione sopra rappresentata risulta aggravata da alcune circostanze sulle quali le competenti autorità dovrebbero intervenire con l'urgenza che il caso richiede. Infatti, negli alloggi di edilizia residenziale pubblica ubicati nella zona, la fanno da padrone alcuni pregiudicati noti sia alle forze dell'ordine sia alla magistratura per essere soliti violare la legge. Per di più, nella zona, restano aperte oltre la mezzanotte, alcune attività commerciali che finiscono per rappresentare punti di stazionamento abituali per i malintenzionati;

   un'azione energica e risolutiva per contrastare la situazione sopra rappresentata da parte delle pubbliche autorità, in ragione delle rispettive competenze, non solo è auspicabile, ma risulta improcrastinabile –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per impedire che la zona di cui in premessa continui ad essere in balia delle prepotenze e delle violenze di una minoranza di malfattori che si comportano come se fossero i padroni della stessa.
(4-00611)


   LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   desta enorme preoccupazione quanto perpetrato ai danni della guardia particolare giurata, Luigi Luisi, nello svolgimento delle sue mansioni nella stazione di Bologna Centrale

   si tratta di una guardia giurata che lavora presso la società Security Service, con sede in Roma, e che al momento dell'accaduto, prestava servizio di vigilanza presso la stazione ferroviaria di Bologna Centrale;

   nello specifico, in data 4 febbraio 2017, mentre il signor Luisi prestava servizio di vigilanza nella stazione di Bologna Centrale, durante l'intero turno della mattinata, gli utenti della stazione si sono più volte avvicinati alle guardie e allo stesso signor Luisi, per contestare la presenza di numerosi facchini abusivi che li molestavano, chiedendo denaro in cambio della restituzione dei loro bagagli;

   le sopradescritte situazioni di accattonaggio molesto hanno spinto la guardia giurata a frapporsi fisicamente tra un «abituale portaborse abusivo», noto alla Polfer di presunta nazionalità rumena e una ragazza che stava molestando;

   per aver difeso l'utente della stazione, il signor Luisi è stato violentemente colpito alla cornea. Nonostante la denuncia fatta, il «portaborse abusivo» ha continuato ad essere presente nei giorni successivi nella stazione, intimidendo con minacce la guardia giurata;

   nonostante la segnalazione e la denuncia, sono continuate le condotte abusive nei confronti degli utenti. A seguito dell'aggressione, sia il «portaborse abusivo» artefice dell'aggressione, sia altri suoi connazionali hanno cominciato ad ingiuriare e a minacciare la guardia giurata. Conseguentemente a ciò è stata tempestivamente avvisata l'azienda, presentata anche la denuncia penale nei confronti dell'aggressore, e inoltrata una prima raccomandata al prefetto di Bologna;

   in seguito, a causa del protrarsi delle ingiurie e delle minacce nel maggio del 2017, è stata inviata una seconda raccomandata al nuovo prefetto di Bologna per segnalare la situazione della stazione, invasa da «portaborse abusivi» che manifestano la totale mancanza di remore anche di fronte al personale addetto alla sicurezza della stazione;

   in data 13 giugno 2017, un dirigente della Polfer della stazione di Bologna ha scritto all'azienda cui appartiene la guardia giurata, una missiva con la quale ha contestato l'inoltro da parte del signor Luigi Luisi delle raccomandate al prefetto, pesantemente qualificando tale circostanza come irriguardosa e segnalando all'azienda di prendere ogni opportuna determinazione;

   come evidente conseguenza di ciò, esattamente il giorno successivo, il 14 giugno 2017, la guardia giurata ha subito richiami dall'azienda ed il suo immediato trasferimento a Roma, non previsto dai precedenti accordi presi con l'azienda, e disposto con efficacia dal lunedì successivo;

   è singolare che, per aver scritto al prefetto di una situazione visibile a tutti presso la stazione di Bologna e peraltro ben nota da tempo (vedasi anche la brutale aggressione subita nel luglio 2016 da un capotreno proprio ad opera di uno di questi facchini abusivi) e per aver auspicato un aiuto delle autorità, si possa essere soggetti ad un trasferimento d'ufficio, a 500 chilometri da casa, mentre i «portaborse abusivi» continuano a recare danno agli utenti in stazione;

   l'introduzione di guardie particolari giurate è una delle azioni messe in atto per dare una maggiore sicurezza a quanti transitano all'interno della stazione di Bologna;

   sarebbe opportuno scongiurare il fondato timore che il solerte operato della GPG possa avere conseguenze negative sulla sua vita privata e lavorativa –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere il Ministro interrogato per garantire che gli ufficiali di pubblica sicurezza o incaricati di pubblico servizio nello svolgimento delle loro mansioni, possano prestare efficacemente il loro servizio a difesa dei cittadini;

   quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che i fatti descritti in premessa possano ripetersi in futuro.
(4-00618)


   OCCHIONERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   risulta all'interrogante, sulla base di alcune segnalazioni ricevute, che le questure di Campobasso e Isernia non accoglierebbero le richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno ai titolari di protezione internazionale se non dimostrano, con apposita documentazione, la disponibilità di un alloggio;

   l'articolo 5 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, «Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale», al comma 1, prevede che «l'obbligo di comunicare alla questura il proprio domicilio o residenza è assolto dal richiedente tramite dichiarazione da riportare nella domanda di protezione internazionale»;

   dalla norma suddetta non si evince alcun obbligo per il richiedente di produzione di documentazione attestante le dichiarazioni rilasciate;

   in questo senso, si era espresso il Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione con la circolare del 18 maggio 2015 indirizzata al prefetto di Roma, al questore di Roma e, per conoscenza, al dipartimento della pubblica sicurezza – direzione centrale delle politiche dell'immigrazione e delle frontiere, stabilendo che «ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per i titolari di protezione internazionale, non vi è l'obbligo di dimostrazione dell'alloggio»;

   a conferma di quanto sinora esposto, il tribunale di Roma, prima sezione civile, con ordinanza ex articolo 702-bis del codice di procedura penale, ruolo generale n. 60649/2015, accoglieva il ricorso del ricorrente nei confronti della questura di Roma, la quale dichiarava incompleta la documentazione prodotta dal ricorrente per non avere «l'istante prodotto documentazione attestante l'iscrizione anagrafica della dimora abituale» –:

   se trovino conferma le notizie cifra le suddette modalità adoperate dalle questure citate in premessa;

   se non ritenga di dover intraprendere opportune iniziative, per quanto di competenza, al fine di fornire un'adeguata interpretazione delle disposizioni di legge vigenti in materia, con particolare riferimento alla produzione della documentazione attinente alla disponibilità di un alloggio per i titolari di protezione internazionale.
(4-00620)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 e 7 luglio 2018 si terrà l'edizione 2018 della Festa del Sole, tradizionale appuntamento di Lealtà Azione, movimento neofascista e antisemita che si ispira al generale nazista delle Waffen SS Leon Degrelle e a Corneliu Codreanu, fondatore della Guardia di ferro rumena, formazione militare ultranazionalista e antisemita attiva negli anni Trenta e Quaranta;

   dietro Lealtà Azione opera il circuito Hammerskin, movimento skinhead nato da una scissione del Ku Klux Klan negli Stati Uniti;

   si tratta di una festa ispirata alla tradizione nordica del solstizio – rito propiziatorio diffuso anche nella Germania nazista durante il Terzo Reich – durante la quale si terranno dibattiti ed in chiusura è previsto anche un concerto nazi-rock con band che esaltano il suprematismo bianco, i pogrom anti ebraici e la Repubblica di Salò;

   a tale festa è prevista anche la partecipazione di due assessori regionali lombardi, deputati e illustri esponenti di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Tra gli invitati figurano infatti nomi di spicco: i parlamentari Igor Lezzi, Paolo Grimoldi, William De Vecchis (Lega - Salvini premier), Carlo Fidanza (Fratelli d'Italia), gli assessori della regione Lombardia Giulio Gallera (Forza Italia, titolare del welfare) e Stefano Bruno Galli (cultura);

   a parere dell'interrogante, l'annunciata partecipazione alla Festa del Sole dell'organizzazione neofascista Lealtà ed Azione dagli esponenti della Lega e di Fdl e degli assessori della regione Lombardia sopracitati rischia di contribuire allo sdoganamento delle idee neofasciste, razziste ed antisemite. Si è di fronte ad un affronto ai valori della Costituzione Repubblicana;

   l'iniziativa si terrà ad Abbiategrasso, in uno spazio pubblico concesso dalla giunta di centrodestra: lo spazio Fiera di via Ticino;

   tra i gruppi che si esibiranno al concerto nazi-rock che andrà in scena alla Festa del Sole ci sono: i Bullets, della rete Rac (Rock against communist), già autori dell'inno di Lealtà Azione in cui si esalta l'antisemita fondatore della Guardia di Ferro rumena, a cui si devono negli anni Trenta e Quaranta spaventosi pogrom antiebraici; gli Hobbit di Perugia, che si richiamano alla European brotherhood del suprematismo bianco, e i Testudo di Bari, che hanno già partecipato ad iniziative per ricordare la nascita di Hitler e che inneggiano ai «giovani cuori» della Repubblica di Salò;

   sul manifesto che pubblicizza l'evento compare l'immagine di un lupo, uno degli emblemi di Lealtà azione, con una rosa rossa in bocca, a scimmiottare lo stemma della Decima Mas, dove la rosa era posta tra i denti di un teschio al fine di esaltare la «bella morte» –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti riportati in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere anche attraverso la competente prefettura, considerato che all'interrogante l'evento appare un'iniziativa dai contenuti chiaramente neofascisti e antisemiti, in aperta violazione della Costituzione della Repubblica italiana e che la stessa si terrà in uno spazio pubblico;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente iniziative come quelle esposte in premessa, al fine di evitare che vengano concessi dei luoghi pubblici per manifestazioni d'ispirazione chiaramente neofascista e antisemita.
(4-00625)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   la lingua italiana rappresenta l'identità della nostra Nazione, il nostro elemento unificante e il nostro patrimonio immateriale più antico che deve essere opportunamente tutelato e valorizzato;

   la lingua e la letteratura italiana, il quarto idioma più studiato al mondo, costituiscono uno straordinario apporto dato dall'Italia alla cultura mondiale: di questo patrimonio, che l'Italia ha ricevuto in eredità dal passato e dalla storia, occorre essere consapevoli e si deve, in particolare, imparare a considerarlo un bene comune a tutti i cittadini italiani, che hanno di conseguenza il compito di custodirlo e di farlo conoscere;

   un patrimonio, infatti, non basta solo averlo, occorre saperne cogliere l'effettivo significato e valorizzarlo convenientemente;

   sono ormai anni che studiosi, esperti e istituzioni come l'accademia della Crusca, denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla lingua italiana e segnalano l'importanza di una maggiore tutela dell'italiano e del suo utilizzo, anche nella terminologia amministrativa da parte dello Stato e delle sue articolazioni territoriali, e di strumenti di diffusione culturale pubblica semipubblica;

   l'uso sempre più frequente di termini in inglese, o derivanti dal linguaggio digitale è diventata una prassi comunicativa che lungi dall'arricchire il patrimonio linguistico italiano lo immiserisce e mortifica: secondo le ultime stime, infatti, dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua scritta italiana è aumentato del 773 per cento quasi 9.000 sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800.000 tra lemmi ed accezioni;

   il 14 marzo 2018 veniva pubblicato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un documento per promuovere l'educazione all'imprenditorialità nelle scuole superiori denominato «Sillabo»;

   in tale documento programmatico, inviato a tutte le scuole secondarie, si sarebbe fatto un gran uso di termini inglesi tanto da attirare l'attenzione dell'Accademia della Crusca intervenuta per bocciare impietosamente non solo la scuola ma i funzionari preposti al suo funzionamento e i dirigenti del Ministero che dovrebbero tutelare la formazione dei ragazzi;

   secondo la denuncia degli esperti dell'Accademia della Crusca, infatti, tale documento è stato redatto in una lingua che nulla ha a che fare con la missione della lingua italiana e compromette seriamente il ruolo dello stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la cosa è tanto più grave perché ciò «avviene nei programmi scolastici: la follia del Sillabo emanato dal Miur equivale a una contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio linguistico italiani»;

   questa anglicizzazione ossessiva rischia, nel lungo termine, di portare a un collasso dell'uso della lingua italiana, fino alla sua progressiva scomparsa che alcuni studiosi prevedono nell'arco di ottanta anni;

   da tempo la globalizzazione e il monolinguismo stereotipato che conduce all'inglese rappresenta un pericolo per le lingue locali. In Francia e in Spagna lo hanno capito e hanno adottato provvedimenti. In Italia ciò non è avvenuto;

   in Francia, ad esempio, la «legge Toubon» del 1994 ha reso obbligatorio l'uso della lingua francese nelle pubblicazioni del Governo, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, in ogni tipologia di contratto, nei servizi, nell'insegnamento nelle scuole statali, negli scambi; ogni cartello pubblicitario con uno slogan in inglese contiene per legge la traduzione francese; è la stessa Costituzione, a differenza di quella italiana, a sancire la difesa del francese quale lingua della Repubblica e a riconoscere al cittadino il diritto a esprimersi e a ricevere in francese ogni informazione;

   in Italia, invece, non esiste alcuna politica linguistica, anzi, il linguaggio della politica, nel nuovo Millennio si è anglicizzato sempre di più introducendo le parole inglesi nelle leggi, nelle istituzioni e nel cuore dello Stato;

   Fratelli d'Italia, proprio in un'ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria, ha presentato due proposte di legge, ordinaria e di riforma costituzionale, per la tutela del patrimonio idiomatico italiano nella fruizione di beni e di servizi, nell'informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati;

   la funzione di una lingua internazionale ausiliaria è quella di rendere possibile la comunicazione tra persone di differenti nazioni che non condividono una stessa lingua, favorendo il dialogo e la cooperazione; essa dovrebbe essere proposta però come seconda lingua da apprendere e non come una lingua che sostituisca quella nativa;

   chi parla solo l'italiano oggi rischia «il flop» dell'incomunicabilità, ma il rischio ancora più grande è che si perda la bellezza di una lingua complessa e ricca come l'italiano o che l'inquinamento provochi una seria preoccupazione per il suo stato di salute;

   non è solo questione di moda, le mode passano, ma l'anglomania si riflette nelle scelte di istituzioni come la scuola e l'università, con riflessi sull'intera società –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato al fine di verificare l'adeguatezza e l'opportunità del documento «Sillabo», che sembrerebbe andare nella direzione opposta rispetto alla necessità di tutelare la lingua italiana quale elemento costitutivo della unità nazionale e quali iniziative intenda assumere per consolidare e promuovere la lingua e la cultura italiana in ambito scolastico e universitario.
(2-00040) «Lollobrigida, Frassinetti».

Interrogazione a risposta immediata:


   FRATOIANNI, FORNARO e FASSINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 20 giugno 2018 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha diramato il decreto ministeriale n. 506 del 19 giugno 2018, volto a disciplinare l'aggiornamento annuale delle graduatorie ad esaurimento per l'anno scolastico 2018-2019;

   il suddetto decreto ministeriale, nel disporre l'aggiornamento solo per coloro che sono già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento in attesa del conseguimento del titolo abilitante, per coloro che sono inclusi negli elenchi del sostegno che, pur presenti nelle graduatorie ad esaurimento, hanno conseguito il titolo di specializzazione e per coloro che hanno acquisito i requisiti per beneficiare della riserva dei posti, ha di fatto precluso l'accesso alla graduatoria alle migliaia di docenti in possesso del diploma magistrale conseguito prima dell'anno scolastico 2001-2002 ed ai quali il Consiglio di Stato, negando, con sentenza del 20 dicembre 2017, il valore abilitante al loro diploma, ha sbarrato l'accesso alle graduatorie ad esaurimento;

   l'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge n. 296 del 2006 ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, senza, tuttavia, prevedere un termine finale di vigenza delle medesime e, anzi, stabilendo la continuazione del relativo meccanismo di aggiornamento e di valutazione dei titoli di accesso, mediante regolamenti ministeriali, e consentendo, in deroga ai requisiti richiesti dalla legge n. 124 del 1999, l'accesso alle stesse a tutti gli abilitati, inclusi gli abilitati con le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario, i laureati in scienze della formazione primaria e tutti coloro che non hanno acquisito tale abilitazione tramite concorso, ma escludendo i diplomati magistrali in possesso del diploma abilitante conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, nonostante il decreto interministeriale del 10 marzo 1997 garantisse il valore abilitante ai diplomi magistrali di coloro che avevano frequentato corsi iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998, e a tutti i titoli comunque conseguiti entro l'anno scolastico 2001-2002;

   con due successivi decreti ministeriali, il n. 235 del 2014 ed il n. 325 del 2015, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca confermava il divieto di inserimento nelle graduatorie dei diplomati magistrali, relegandoli da quel giorno nella cosiddetta III fascia delle graduatorie d'istituto, senza alcuna chance di essere immessi in ruolo;

   il 20 giugno 2018 il Ministro interrogato, nel corso di una trasmissione su Radio Capital, ha espresso solidarietà ai docenti penalizzati dal pronunciamento della magistratura amministrativa, auspicando una soluzione condivisa dell'annosa vicenda, senza però sbilanciarsi sulle possibili e concrete soluzioni –:

   se il Governo non ritenga di dover intervenire in tempi rapidi attraverso iniziative normative urgenti che affrontino definitivamente la questione in premessa.
(3-00045)
(Presentata il 3 luglio 2018)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CASCIELLO e APREA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia della conferma in appello della sentenza di condanna ad un mese di reclusione (con sospensione condizionale della pena) già emessa dal tribunale di Lagonegro in primo grado a carico di Franca Principe, dirigente scolastico dell'istituto di istruzione superiore «Carlo Pisacane» di Sapri, e dell'ingegnere Nicola Iannuzzi, responsabile della sicurezza della scuola all'epoca a cui si riferiscono i fatti oggetto del giudizio;

   nel luglio del 2011, infatti, uno studente del liceo, originario di Torre Orsaia e appena diplomatosi, mentre erano in corso gli esami di maturità cadde nel cortile interno dell'edificio scolastico in seguito al cedimento di un lastrico che avrebbe dovuto essere inaccessibile;

   il ragazzo ferito fu soccorso e ricoverato all'ospedale di Sapri; il risarcimento dei danni dovrà essere quantificato in sede civile, mentre il dirigente Principe e l'allora responsabile della sicurezza dovranno immediatamente versare alla famiglia del ragazzo 15 mila euro a titolo di provvisionale;

   si apprende dagli organi di stampa che la dirigente Franca Principe ha rivolto un accorato appello al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, volto «a sostenere in trincea gli 8000 dirigenti che, come me, combattono silenziosamente per continuare ad insegnare ai nostri giovani a guardare negli occhi l'interlocutore, a testa alta verso il loro futuro, nel rispetto delle leggi e dei doveri morali, come mi è stato insegnato dai Padri del nostro Paese»;

   è scattata la solidarietà e l'indignazione di gran parte dei dirigenti scolastici della Campania, e non solo, nei confronti della preside Principe per le ormai insostenibili responsabilità connesse al ruolo e non si escludono imponenti manifestazioni di protesta che coinvolgono l'intera categoria;

   l'episodio della dirigente Principe non è il primo e, purtroppo non sarà l'ultimo;

   infatti, il dibattito sul tema è serrato e il Parlamento ha dovuto prendere in considerazione in diverse occasioni le criticità presenti nella normativa in materia di sicurezza nel settore scolastico;

   numerose sono state le interrogazioni parlamentari che hanno alimentato il confronto sulle controverse responsabilità in tema di sicurezza dei dirigenti scolastici;

   varie sono state le proposte di legge di modifica al decreto legislativo n. 81 del 2008, presentate alla Camera dei deputati e al Senato, volte a risolvere le criticità emerse riguardo la titolarità della responsabilità in materia di sicurezza nelle scuole;

   i dirigenti scolastici non dispongono direttamente di alcuna risorsa economica per esercitare tutte le responsabilità loro attribuite in tema di sicurezza, né tanto meno per intervenire autonomamente in via ordinaria o straordinaria sui rischi delle strutture degli edifici scolastici;

   emergono, dunque, chiare le gravi incongruenze della normativa vigente, in quanto ignora che gli edifici scolastici sono di proprietà degli enti locali (comune, provincia e area metropolitana) e soltanto a loro la normativa vigente impone gli obblighi relativi alla messa a disposizione, nonché a ogni intervento strutturale e di manutenzione necessario al fine di garantire la sicurezza prima di tutto degli studenti e, in generale, di tutti gli operatori scolastici –:

   se il Ministro interrogato dal momento che la responsabilità oggettiva connessa al ruolo pone i dirigenti scolastici in una situazione di disagio nel loro quotidiano operare costringendoli a pagare per responsabilità e inadempienze di altri enti e/o altri soggetti professionali, intenda assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n. 81 del 2008, unica strada possibile per alleviare le responsabilità legate alla figura del dirigente scolastico di guisa che, nella scuola, tutti, studenti, docenti, personale amministrativo e dirigenti, possano sentirsi al sicuro e sereni di poter svolgere ognuno nel miglior modo possibile il proprio compito, nell'interesse della collettività.
(5-00068)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo il dipartimento antidroga del Consiglio dei ministri, come risulta dalla relazione presentata dal Governo al Parlamento sul tema, il 34 per cento dei ragazzi tra 15-19 anni ha fatto uso di sostanza illegale nella vita e il 27 per cento nell'anno. Il 17 per cento ne ha fatto uso nel mese antecedente la domanda del questionario. Il 4 per cento ne fa uso abitualmente. L'85 per cento è monoconsumatore, 15 per cento più di due sostanze;

   cannabis, cocaina, stimolanti, antidolorifici, sostanze sconosciute, psicofarmaci sono le sostanze che rischiano di entrare dentro le scuole, tra i ragazzi, con sempre maggiore frequenza e facilità;

   il consumo di cannabis risulta in aumento. Adesso il 3 per cento degli studenti ne fa un uso frequente. Il 35 per cento l'ha provata. Il 27 per cento l'ha utilizzata recentemente. Anche sul consumo di cocaina il consumo è allarmante: il 3,5 per cento ha provato cocaina. Nell'ultimo mese: l'1,5 per cento. Stessa cosa per stimolanti e allucinogeni: il 4 per cento dei giovani ha provato nella vita queste sostanze. Il 2,5 per cento nell'ultimo mese. Psicofarmaci: il 18 per cento ne ha fatto uso. Il 10 per cento durante l'anno, il 6 per cento nell'ultimo mese, senza alcuna prescrizione medica;

   dalla relazione viene evidenziato che chi usa frequentemente sostanze di questo tipo, fa anche uso di altri comportamenti: binge drinking (bere di seguito almeno 5 alcolici) o giocare d'azzardo;

   sempre la stessa relazione segnala che più i ragazzi sono seguiti, controllati, hanno rapporti costanti con genitori e fratelli, minore è la possibilità che siano utilizzatori frequenti di cannabis –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per far fronte alla problematica sopra esposta sia sul piano educativo, attraverso azioni di formazione degli insegnanti, attraverso incontri con associazioni, incontri con genitori e studenti, sia sul piano repressivo, favorendo una collaborazione delle istituzioni scolastiche con le forze dell'ordine.
(5-00095)


   PAGANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 1o febbraio 2018 è stato indetto un concorso di cui all'articolo 17, comma 2, lettera b), e commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 59, per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado. La partecipazione a tale concorso è stata riservata a tutto il personale docente in possesso di abilitazione, precario e di ruolo;

   i docenti in ruolo hanno la possibilità di partecipare se, pur essendo di ruolo in altra classe di concorso, intendono concorrere per altra classe di concorso per la quale sono già in possesso di abilitazione;

   i docenti in ruolo hanno la possibilità di partecipare per la stessa classe di concorso o di sostegno per la quale sono già in ruolo, al fine, ad esempio, di ottenere il ruolo in altra regione o, per gli insegnanti di sostegno, per ottenere il ruolo nel posto comune - (insegnamento della disciplina) afferente il sostegno medesimo;

   il 10 maggio 2018 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato le istruzioni operative relative al concorso in argomento;

   in merito alla «Assegnazione al terzo anno FIT di personale di ruolo» è specificato che, nel caso in cui la nomina avvenga per altra classe di concorso/tipo posto rispetto a quella in cui risulta titolare, trova applicazione l'articolo 36 del contratto collettivo nazionale di lavoro attualmente in vigore che consente al lavoratore di poter usufruire dell'aspettativa dal proprio impiego e poter così accettare l'anno di prova FIT e, al termine dello stesso, se superato accedere al nuovo ruolo e, in caso contrario, tornare al vecchio impiego;

   nel caso, invece, che il docente venga assegnato sulla stessa classe di concorso/tipo posto su cui è già titolare, l'accettazione dell'assegnazione comporta la decadenza dal precedente impiego, così come previsto dall'articolo n. 2, comma 4 del vigente regolamento supplenze docenti. In tal caso, stante quanto specificato nelle «Istruzioni», il docente sarebbe licenziato, pur essendo già assunto a tempo indeterminato e già considerato idoneo a seguito dell'anno di prova già a suo tempo sostenuto e superato per la medesima classe di concorso;

   dalla lettura del citato articolo 2, comma 4, e dalla sua interpretazione letterale risulta chiaro che il dispositivo in questione de quo regoli nello specifico una situazione giuridica che nulla ha a che vedere con quella in questione. Infatti, lo stesso si riferisce al docente di ruolo che per ottenere un incarico a tempo determinato (supplenza) in altra scuola, debba rinunciare all'impiego in ruolo che ricopriva;

   ben diversa è quindi la situazione giuridica che il concorso in esame va a regolare e la platea di docenti alla quale lo stesso si rivolge. Risulta chiara, infatti, la palese iniquità di trattamento tra i docenti che concorrerebbero per diversa classe di concorso, mantenendo comunque il loro ruolo, e i docenti di ruolo che intendono partecipare alla procedura concorsuale per la stessa classe di concorso, nonché i docenti di sostegno che concorrono per la classe afferente al proprio ruolo; questi, infatti, a differenza dei primi, sarebbero licenziati in caso di accettazione del nuovo contratto e del mancato superamento dell'anno di prova FIT –:

   quali elementi intenda fornire il Ministro riguardo alle istruzioni operative emanate e se intenda adottare iniziative correttive affinché siano riconosciuti i diritti sanciti dall'articolo 36 del contratto collettivo nazionale di lavoro anche per tutti i docenti di ruolo partecipanti al concorso.
(5-00096)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la famiglia e le disabilità . — Per sapere – premesso che:

   il 20 marzo 2018 l'istituto comprensivo di Conselice-Lavezzola (Ravenna) ha promosso la partecipazione degli alunni della scuola secondaria di I grado allo spettacolo teatrale «Fa’ afafine». Tale spettacolo ha sempre suscitato numerose contestazioni, poiché racconta la storia di un ragazzino cosiddetto «gender fluid», che i giorni pari vuole essere un maschio e i giorni dispari una femmina, trasmettendo così ai ragazzi messaggi dell'ideologia «gender» che potrebbero confondere l'orientamento sessuale proprio quando si trovano nella delicata fase dello sviluppo della loro identità sessuata;

   ad oggi, nonostante le segnalazioni e le perplessità suscitate, a quanto consta all'interrogante, non sarebbero mai state disposte indagini o ispezioni dall'ufficio scolastico regionale dell'Emilia-Romagna;

   a seguito di un'interrogazione alla giunta della regione Emilia-Romagna, l'ufficio scolastico regionale si sarebbe limitato a evidenziare che tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio era stata data ampia informazione ai genitori con volantini. Diversamente lo studio legale che assiste i genitori avrebbe riferito che solo il 27 febbraio l'istituto comprensivo avrebbe fatto pervenire alle famiglie dei volantini che tuttavia dedicavano alla illustrazione dello spettacolo soltanto poche righe;

   in una ulteriore comunicazione inviata ai genitori dopo ampie sollecitazioni, si specificava che lo spettacolo avrebbe affrontato «un tema attuale ma non condiviso da tutti» ammettendo tuttavia «che le tematiche affrontate erano state trattate dai docenti con i ragazzi»;

   tale frase sembrerebbe implicitamente ammettere lo svolgimento in classe di attività e iniziative eticamente sensibili e senza previo consenso dei genitori;

   il sito dell'istituto comprensivo in questione (visitato il 3 maggio 2018) espone soltanto il piano triennale dell'offerta formativa nel quale non appare il dettaglio delle attività extracurricolari annuali; per quanto riguarda le «uscite didattiche» non vi è cenno allo spettacolo teatrale in questione. Su questo aspetto l'ufficio scolastico provinciale di Ravenna avrebbe precisato che sia nel collegio docenti che nel consiglio di istituto erano stati approvati i viaggi di istruzione, le visite guidate e le diverse attività;

   l'episodio, riportato a titolo esemplificativo, dimostra a parere dall'interrogante che esiste una necessità di delineare in modo chiaro i criteri da utilizzare per acquisire il consenso informato dei genitori in relazione alla partecipazione dei loro figli a simili attività;

   nota informativa del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 4321 del 6 luglio 2015 chiarisce: «la partecipazione a tutte le attività extracurricolari, anch'esse inserite nel P.O.F., è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi se maggiorenni che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza».

   le linee guida nazionali, relative all'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2016 (27 ottobre 2017) ribadiscono la necessità del «consenso informato dei genitori» e citano esplicitamente la dichiarazione universale dei diritti umani, secondo la quale i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli, ribadendo inoltre che «tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né le "ideologie gender" né l'insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo» –:

   se si abbia conoscenza di questo spettacolo teatrale itinerante che viene proposto agli studenti;

   se intendano assumere iniziative nei confronti dell'ufficio scolastico regionale, dell'ufficio scolastico provinciale e dell'istituto comprensivo in questione dando corso a un'ispezione ministeriale intesa a verificare l'effettivo svolgimento dei fatti ed eventuali responsabilità;

   se non ritenga utile vigilare affinché, pur nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti, sia evitata l'introduzione di temi eticamente sensibili, quali quello del gender nell'ambito scolastico;

   se si intenda impartire una precisa direttiva ai dirigenti scolastici e agli insegnanti per assicurare una puntuale raccolta di esplicite adesioni da parte dei genitori secondo parametri predefiniti.
(4-00616)


   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda dei ricorrenti al concorso dirigenti scolastici del 2011 torna ancora una volta alla ribalta per le discriminazioni tra i docenti coinvolti nei concorsi per dirigenti scolastici 2004/2006 e 2011;

   è ancora in corso il lungo iter dei ricorsi al concorso dirigenti scolastici del 2011, indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale n. 56, del 15 luglio 2011, per presunte irregolarità nella procedura di reclutamento;

   la legge 13 agosto 2015 n. 107 (cosiddetta Buona Scuola), all'articolo 1, commi 87, 88, 89 e 90 e il decreto ministeriale n. 499 del 2015 hanno dato la possibilità agli aspiranti dirigenti (concorsi 2004 e 2006), che avevano inoltrato ricorso avverso la loro non idoneità, di poter partecipare ai successivi corsi intensivi di formazione di 80 ore;

   tale possibilità era rivolta a tutti coloro che avevano superato tutte le precedenti fasi concorsuali, nonostante la loro decretata esclusione alle fasi successive, escludendo però tutti gli altri ricorrenti del 2011 che richiedevano l'inclusione agli stessi corsi intensivi;

   è pur vero che sono state sanate situazioni riferite al concorso 2011, ma limitatamente ai vincitori e a chi era utilmente collocato nelle graduatorie o aveva superato positivamente tutte le fasi delle procedure concorsuali, successivamente annullate dalla magistratura ordinaria;

   di contro, però, sono stati esclusi circa settecentocinquanta aspiranti dirigenti che hanno aperto, a vario titolo, un contenzioso con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per le irregolarità riscontrate durante le varie fasi di espletamento della procedura di reclutamento del citato concorso del 2011;

   non è chiara la motivazione che ha visto favorire, per l'accesso ad un corso riservato per diventare dirigenti scolastici, solo i ricorrenti dei concorsi del 2004 e del 2006 e alcuni concorrenti di quello del 2011, escludendone la partecipazione ai ricorrenti del medesimo concorso 2011, pur avendo questi, per gli interroganti, gli stessi diritti;

   si è, in tal modo, generata una disparità di trattamento tra i ricorrenti degli anni 2004 e 2006 e i ricorrenti del 2011 che, pur trovandosi nelle medesime condizioni, ossia contenzioso pendente, non hanno potuto accedere direttamente ai corsi intensivi di formazione, titolo valido per essere immessi nel ruolo di dirigenti scolastici –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno indire un nuovo corso concorso riservato a coloro che hanno superato la prova preselettiva del concorso per dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011 e, nel contempo, avevano un contenzioso in corso, con riferimento allo stesso concorso.
(4-00624)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   vi è forte preoccupazione sollevata dalle organizzazioni sindacali in merito al futuro della Magneti Marelli società del gruppo Fca di notevole rilevanza nel settore della componentistica per auto;

   sulla base di quelle che sembrerebbero essere le intenzioni del gruppo Fca, tratteggiate anche a mezzo stampa, per Magneti Marelli si prospetterebbe una scissione e la confluenza in una nuova società;

   questa iniziativa assumerebbe i contorni di una operazione meramente finanziaria nell'ambito della volontà di perseguire l'obiettivo debiti «zero» da parte della casa automobilistica e questo potrebbe voler significare un ulteriore aggravio finanziario per la Magneti Marelli;

   Magneti Marelli è e rimane una delle aziende principali del settore auto motive in Italia e consta di un know how importante da parte delle proprie maestranze, un brand che da sempre si associa ad innovazione e capacità di stare sul mercato in un segmento industriale molto competitivo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare le dinamiche in atto per il futuro di Magneti Marelli e salvaguardare la presenza degli attuali impianti in attività e i livelli occupazionali.
(5-00067)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta ottava salvaguardia, in materia di deroghe ai requisiti previdenziali introdotti dalla nota legge Fornero, non ha garantito una soluzione definitiva alla questione esodati;

   sono stati esclusi dal citato provvedimento, e dunque, discriminati, ex lavoratori e lavoratrici legittimati alla tutela e il cui status di esodato è stato riconfermato dai vari ispettorati del lavoro territoriali che, alle istanze presentate per accedere alla salvaguardia, hanno riscontrato: «Le verifiche di rito e la documentazione allegata confermano i requisiti necessari per i benefici previsti dall'articolo 1, comma 214, della legge 11 dicembre 2016, n. 232»;

   si tratta di circa 6000 esodati rimasti senza tutele, tra cui, tra l'altro, vi sono un gruppo di esodati cosiddetti «postali» (quasi per la totalità donne), della cui categoria non vi è ancora una quantificazione certa, sebbene vi siano tutti gli strumenti per individuarla attraverso i dati in possesso dell'Inps, in base alla data di dimissione per accordo con Poste italiane spa, entro il 2011. Al riguardo, infatti, in data antecedente il 15 luglio 2011, gli esodati in questione hanno sottoscritto con Poste italiane spa accordi di incentivo all'esodo, facendo affidamento alla normativa vigente alla data degli accordi che prevedeva il raggiungimento del diritto previdenziale al compimento dei 60 anni;

   la violazione del diritto alla pensione è un evento grave e ingiusto per tutte le categorie di esodati, a ciò si aggiunge la discriminazione che hanno dovuto subire alcuni gruppi di persone anche rispetto a coloro che sono stati salvaguardati;

   si ritiene necessario procedere, urgentemente, con un provvedimento ad hoc per salvaguardare tutti gli esodati esclusi dalla suddetta riforma, intervenendo anche sul pregiudicante meccanismo degli incrementi anagrafici relativi all'aspettativa di vita –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa;

   se intenda adottare urgenti iniziative normative per salvaguardare definitivamente gli «esodati» esclusi dalle precedenti salvaguardie, senza alcun criterio temporale, proprio affinché siano compresi nella manovra tutte le categorie;

   se intenda adottare ulteriori urgenti iniziative per censire gli «esodati» postali e conseguentemente consentirne la salvaguardia insieme alle altre categorie;

   se intenda assumere iniziative anche per contrastare gli effetti pregiudizievoli del meccanismo degli incrementi anagrafici relativi all'aspettativa di vita.
(5-00080)


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle agitazioni sindacali – tra le più evidenti l'astensione dal lavoro del 23 novembre 2017 (il giorno del black friday), ripresa dai media nazionali ed esteri – attuate nel magazzino di Amazon Italia Logistica srl, di Castel San Giovanni (in provincia di Piacenza), il Ministero del lavoro disponeva che l'Ispettorato nazionale del lavoro avviasse una verifica ispettiva. L'attività veniva delegata dal 7 dicembre 2017, ad una task force di 11 funzionari, con il compito di verificare il rispetto delle norme e del contratto applicato dalla detta azienda;

   l'8 giugno 2018 veniva diffuso il seguente comunicato stampa dell'ispettorato nazionale del lavoro: «Si è concluso, con notificazione del verbale di contestazione del 30 maggio u.s., l'accertamento iniziato nei confronti della ditta Amazon Italia Logistica lo scorso 7 dicembre. È stato contestato all'azienda di aver utilizzato, nel periodo da luglio a dicembre 2017, i lavoratori somministrati oltre i limiti quantitativi individuati dal contratto collettivo applicato. Si evidenzia infatti che l'impresa, a fronte di un limite mensile di 444 contratti di somministrazione attivabili, nel periodo suindicato, ha invece sensibilmente superato tale limite, utilizzando in eccesso un totale di 1.308 contratti per lavoratori somministrati. Si evidenzia che l'iniziativa ispettiva potrà consentire la stabilizzazione degli oltre 1.300 lavoratori interinali utilizzati oltre i limiti, i quali pertanto potranno richiedere di essere assunti, a tempo indeterminato, e a far data dal primo giorno di utilizzo, direttamente dalla società Amazon. In esito ad altri profili oggetto di accertamento non sono invece emerse irregolarità, né sono state accertate violazione in tema di controllo a distanza dei lavoratori»;

   subito dopo la diffusione del comunicato, ripreso da diverse testate giornalistiche, alle organizzazioni sindacali si rivolgevano numerose lavoratrici e lavoratori, impiegati nei mesi precedenti con contratti di lavoro in regime di somministrazione, al fine di esercitare il diritto alla stabilizzazione del posto di lavoro presso Amazon Italia Logistica srl ;

   il 12 giugno 2018, la segreteria provinciale dell'organizzazione Ugl Terziario presentava all'ispettorato territoriale del lavoro di Piacenza formale richiesta di accesso ai documenti amministrativi (ex articolo 22 legge n. 241 del 1990) chiedendo di avere copia del citato (nel detto comunicato stampa) verbale del 30 maggio 2018;

   il 19 giugno 2018 l'Ispettorato territoriale del lavoro di Piacenza, a fronte del predetto accesso agli atti, disponeva, «il differimento di ogni valutazione (...) alla conclusione dei termini, ancora in corso», mentre il 20 giugno 2018, in un incontro tra le organizzazioni sindacali e i rappresentanti di Amazon, questi ultimi sostenevano che il contenuto del verbale differiva dalle dettagliate indicazioni riportate nel comunicato stampa –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine al comportamento tenuto dai rappresentanti dell'Ispettorato nazionale del lavoro che hanno diffuso notizie precise e dettagliate in merito all'ispezione in questione, quantunque la stessa, giusto quanto sostenuto dallo stesso Ispettorato territoriale del lavoro di Piacenza, non risultasse completata;

   se risulti conforme alla legge il differimento della conclusione dell'evocato procedimento di accesso agli atti, legittimamente promosso da Ugl Terziario, essendo quest'ultima portatrice di interessi collettivi e di singoli che le hanno conferito mandato;

   quando ritenga il Ministro interrogato che la vicenda possa concludersi, attese le numerose e comprensibili aspettative suscitate dal comunicato stampa più volte citato;

   se risultino promosse dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali analoghe verifiche presso gli altri siti del territorio nazionale in cui sono attivi centri di Amazon Italia Logistica.
(5-00082)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 1998, con la trasformazione di Poste Italiane da ente pubblico economico a società per azioni, il trattamento di quiescenza (cosiddetta indennità di buonuscita) dei dipendenti di Poste Italiane è stato bloccato al 28 febbraio 1998 e, quindi, non soggetto più a rivalutazione;

   il Governo Monti, con l'approvazione della risoluzione n. 8-00208 del 6 novembre 2012, si impegnava ad adottare entro il 31 gennaio 2013 «iniziative, anche di carattere normativo, che consentano un costante aggiornamento dell'indennità di buonuscita»;

   tale impegno è rimasto del tutto disatteso e, ad oggi, l'importo della buonuscita viene liquidato ai lavoratori postali senza alcuna forma di rivalutazione;

   va, pertanto, individuato un intervento risolutivo che ponga fine al protrarsi di questa ingiustizia, che comporta la sottrazione di una consistente parte del salario differito maturato dai lavoratori. Tale manovra coinvolge, dunque, sia lavoratori ancora in servizio che quelli che hanno già ricevuto la liquidazione dell'indennità di buonuscita poiché cessati dal lavoro;

   in riscontro all'interrogazione n. 5-11009 del 30 marzo 2017, il Governo pro tempore ha reso noto che, dai dati della Gestione Commissariale del Fondo buonuscita per i lavoratori di Poste italiane, risulta quanto segue: i lavoratori postali cessati dal servizio, a cui è già stata liquidata l'indennità di buonuscita dal 1998 ad oggi, sono 142.847; i lavoratori postali tuttora in servizio, per i quali deve ancora maturare il diritto all'indennità di buonuscita, sono 76.754; l'ammontare complessivo della rivalutazione monetaria e degli interessi eventualmente riconoscibili a tutti i soggetti interessati, sia cessati che ancora in servizio, è pari a 907.261.000 euro; l'ammontare complessivo delle indennità di buonuscita che dovranno essere liquidate nel corso dei prossimi anni (e, in particolare, per il periodo dal 2017 al 2040) è pari a 939.972.000 euro;

   il Governo pro tempore ha inoltre riferito che lo stesso non ha, ad oggi, introdotto modifiche all'attuale disciplina in materia di buonuscita poiché «i vincoli posti dall'attuale quadro finanziario» non hanno ancora reso possibile tale manovra;

   si osserva che l'onerosità dell'intervento in questione è dipesa anche dal protrarsi, negli anni, del blocco della rivalutazione della buonuscita, pertanto, continuare a rimandare una concreta iniziativa risolutiva, renderà sempre più ingenti le somme necessarie alla rivalutazione della buonuscita di tutti coloro che ne hanno diritto, anche considerando la maturazione degli interessi su tali importi –:

   se il Ministro interrogato intenda promuovere urgenti iniziative per riconoscere la rivalutazione del trattamento di quiescenza sia dei lavoratori cessati che di quelli ancora in servizio di Poste Italiane, valutando anche la possibilità di istituire all'uopo un fondo ad hoc con un eventuale tetto massimo di spesa.
(5-00083)


   VISCOMI, SERRACCHIANI, ROMINA MURA, ZAN, CARLA CANTONE, LACARRA e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come noto, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, «Testo unico sulle società a partecipazione pubblica», fino «al 30 giugno 2018 le società a controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 1, agli elenchi di cui ai commi 2 e 3»;

   in sostanza, la citata disposizione, disponendo il blocco delle assunzioni nelle società a controllo pubblico, si prefigge l'obiettivo di favorire la ricollocazione di tutti quei lavoratori coinvolti nei processi di riorganizzazione delle società a partecipazione da parte delle pubbliche amministrazioni;

   con comunicato del 6 aprile 2018, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) ha fatto sapere che, alla data del 31 marzo, gli esuberi relativi alle società a partecipazione pubblica presenti nell'elenco dell'Anpal ammontavano a 563 unità. Con riferimento alla distribuzione territoriale di questi esuberi, le eccedenze di personale risultavano maggiori nelle regioni Lazio (234), Abruzzo (87), Sardegna (46), Veneto (42), Umbria (36) e Toscana (28);

   ad oggi, non sono disponibili i dati aggiornati allo scadere del richiamato termine del 30 giugno, relativi al personale delle società riconducibili all'Anpal;

   quale sia la situazione aggiornata degli esuberi delle società a partecipazione pubblica presenti nell'elenco dell'Anpal;

   quali iniziative si intendano assumere per assicurare la ricollocazione di questi lavoratori, anche tramite la riproposizione di una norma che porti alla loro assunzione prioritaria, nell'ambito di tutte le società a partecipazione pubblica.
(5-00085)


   INCERTI, DELRIO e ROSSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Tecno srl (ex Tecnogas) di Gualtieri (Reggio Emilia) è un'importante azienda produttrice di elettrodomestici e cucine che occupa 300 lavoratori;

   dopo il fallimento della Merloni e il conseguente ridimensionamento l'azienda è già stata oggetto di pesanti licenziamenti e oggi si trova in una situazione di grande precarietà a seguito dello stallo prolungato delle trattative tra gli attuali soci proprietari che hanno messo in vendita l'impresa e i potenziali acquirenti che hanno manifestato l'intenzione di subentrare nella proprietà;

   un passaggio che si protrae da lungo tempo e pare non avere esito a causa dell'immobilità dell'attuale proprietà, producendo altresì una mancanza di liquidità che impedisce il pagamento dei fornitori e il conseguente blocco delle forniture a fronte di 6 milioni di ordinativi;

   la regione Emilia-Romagna si è attivata da mesi, convocando la proprietà e le parti sociali e modulando un tavolo di salvaguardia di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici per sollecitare l'azienda nel definire un piano di investimenti con una ricapitalizzazione di almeno 5 milioni di euro. Tale impegno, tuttavia, non è sufficiente a scongiurare eventuali rischi speculativi già visti in passato e a salvaguardare i posti di lavoro;

   dal 4 giugno 2018 i 300 lavoratori sono in stato di agitazione con un presidio permanente –:

   se il Governo non intenda attivare urgentemente un apposito tavolo di crisi per affrontare in modo complessivo gli aspetti occupazionali, finanziari e produttivi dell'azienda al fine di verificare l'effettiva volontà di acquisto dell'azienda medesima manifestata da possibili acquirenti stranieri, nonché per mettere in campo tutti gli strumenti possibili affinché l'azienda garantisca certezze e misure di salvaguardia dell'occupazione dei 300 lavoratori e lavoratrici.
(5-00087)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i dipendenti dell'ispettorato nazionale del lavoro presso l'ufficio territoriale di Foggia, a quanto risulta all'interrogante, hanno segnalato la mancata corresponsione dello stipendio mensile alla data del 22 giugno 2018;

   analogo problema sarebbe stato rilevato per tutti gli oltre 3.000 dipendenti delle sedi degli ispettorati territoriali del lavoro d'Italia;

   ai dipendenti non sarebbe stata fornita alcuna spiegazione in ordine alla motivazione della mancata corresponsione dello stipendio mensile;

   è intuibile la gravità di quanto avvenuto, ancor più considerando quale delicatissima attività di controllo sul rispetto della normativa in materia di lavoro e di legislazione sociale svolgono i dipendenti dell'ispettorato del lavoro quotidianamente e con grandi difficoltà operative (carenza di mezzi, ostilità ambientali, e altro) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto indicato in premessa e delle cause che hanno determinato il ritardo nella corresponsione degli stipendi ai dipendenti degli ispettorati territoriali del lavoro; se e come il Ministro interrogato intenda agire per rimuovere le cause che hanno determinato il ritardo e per far sì che un tale problema non si verifichi più in futuro.
(4-00601)


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Comdata Group, fondato nel 1987, è un gruppo industriale multinazionale operante nel settore dei servizi alle imprese nelle aree dell'assistenza clienti, della gestione dei processi di back office e di gestione del credito;

   l'azienda nel 2017 ha fatturato 790 milioni di euro di cui 312 milioni solo in Italia. A livello mondiale conta 42 mila dipendenti, suddivisi in 78 siti nel mondo. Nel nostro Paese i centri sono 19, per un totale di 10.700 lavoratori;

   il gruppo è in evidente espansione, ne sono la riprova i recenti investimenti all'estero. Ci si riferisce all'acquisizione del gruppo francese, CCA International, operazione con cui Comdata Group punta a raggiungere, quest'anno, un fatturato globale di 1 miliardo di euro. Inoltre, in Italia ha da poco assorbito il call center di Wind-Tre;

   la stessa azienda descrivendosi sul proprio sito internet parla di «una forza lavoro che opera in base al principio della collaborazione» e fra i valori del proprio operato cita «importanza delle interazioni umane», «onestà» e «spirito di squadra»;

   eppure, il 4 maggio 2018 ha presentato un piano per chiudere due siti, a Padova e a Pozzuoli. Tale decisione mette a rischio 272 lavoratori, 60 addetti della sede campana e altri 212 in quella veneta. Dunque, nonostante i principi millantati, l'azienda sembra avere come unico fine la massimizzazione del profitto, sulla pelle dei lavoratori e dei contribuenti che sosterranno gli ammortizzatori sociali. Nei due siti la mole di lavoro non è mai diminuita, a confermarlo è la richiesta di straordinari giunta più volte, specialmente nella sede di Padova;

   la proposta di compromesso offerta ai lavoratori è di un anno di solidarietà al 60 per cento, ma allo scadere dei 12 mesi non ci sarebbero garanzie per i dipendenti, che verrebbero quindi licenziati a meno che il sito non torni redditizio per l'azienda. Tuttavia, fino all'annuncio della decisione di chiusura dei due siti l'azienda non aveva prospettato la possibilità di ridurre i costi o di aumentare la produttività;

   il timore è che i tagli si abbattano sui lavoratori considerati più deboli e che si voglia intervenire con verifica delle produttività individuali, controllo a distanza, turnazioni e richieste di maggiore flessibilità. Inoltre, a Padova l'ufficio è composto principalmente da donne, di età compresa tra i 40 e i 45 anni, molte delle quali reggono famiglie monoreddito, per cui un trasferimento ad altra sede comporterebbe considerevoli difficoltà;

   in realtà, la multinazionale ha scelto di tagliare i due siti in cui il costo del lavoro è mediamente superiore rispetto agli altri, avendo quasi tutti i dipendenti contratti di quinto livello ai sensi del contratto collettivo nazionale di lavoro delle telecomunicazioni in quanto ex addetti Vodafone;

   la politica dell'azienda nei confronti dei propri lavoratori è chiara: nella sede di Milano sono da poco state assunte circa 200 persone con contratti di somministrazione; per circa due anni i contratti interinali vengono rinnovati ogni due o tre mesi con la promessa delle stabilizzazioni. Ugualmente la multinazionale ha stipulato una percentuale di contratti interinali, anche di una sola settimana, nelle sedi di Lecce e Asti. Comdata, ad avviso dell'interrogante, predilige la precarietà, un lavoro che costa meno ed è meno garantito –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda mettere in atto per difendere la dignità del lavoro e combatterne la precarietà, tenendo conto della responsabilità sociale dell'impresa;

   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare che il caso Comdata diventi un pericoloso precedente per i lavoratori italiani, che potenzialmente potrebbero ricevere lo stesso trattamento su qualunque altro sito, anche di altre aziende che operino sul territorio nazionale, alimentando una competizione al ribasso e favorendo il dumping sociale.
(4-00603)


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo svedese Perstorp, con sede italiana a Castellanza, in provincia di Varese, ha rilevato la società Polioli Spa impegnandosi in tale occasione a garantire i livelli occupazionali della società, già gravata a partire dall'anno 2014 di rilevanti problematicità che hanno portato al licenziamento, nel corso degli anni passati, di diverse unità di personale;

   a circa un anno di distanza da tale acquisizione, la società svedese ha reso noto la sua volontà di procedere, entro il termine del 31 luglio 2018, con la chiusura degli impianti con sede a Vercelli e il conseguente licenziamento di 72 lavoratori;

   tali licenziamenti comporterebbero un notevole disagio per il tessuto sociale ed economico del territorio, oltre che interessare più di 100 famiglie di lavoratori;

   l'amministrazione comunale di Vercelli si è attivata, in sinergia con l'assessorato al lavoro della regione Piemonte e con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, per costituire un tavolo regionale di operatività volto a trovare urgentemente una soluzione alternativa alla chiusura dello stabilimento e che non pregiudichi quindi il mantenimento dei posti di lavoro;

   le rappresentanze sindacali dei lavoratori hanno manifestato la loro preoccupazione rispetto alla presunta volontà della proprietà svedese di rilocalizzare all'estero l'impianto produttivo, dopo averne acquisito il portafoglio clienti;

   la società Polioli ha come attività d'impresa il trattamento di prodotti chimici, circostanza questa che rende particolarmente delicata e importante la gestione dell'impianto produttivo di Vercelli anche dal punto di vista ambientale;

   il terreno circostante lo stabilimento risulta ospitare vasche di stoccaggio che necessitano di manutenzione e controllo estremamente accurati, attività che, a parere dell'interrogante, non possono essere garantite con l'adozione del piano di dismissione dell'azienda come ad oggi prospettato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga a tal riguardo di adottare ogni iniziativa di competenza al fine di tutelare i lavoratori della società Polioli Spa.
(4-00608)


   TIRAMANI, BAZZARO, DARA, PETTAZZI, COLLA e MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo svedese Perstorp - con sede in Italia a Castellanza (VA) - dopo aver rilevato dalla Polioli spa la consociata Polialcoli srl, insieme con know-how, impianti produttivi a Vercelli e 74 addetti nell'estate 2017, avrebbe annunciato in questi giorni la chiusura dell'impianto e il termine dell'attività al 31 luglio 2018, con il licenziamento degli oltre 70 dipendenti rimasti dopo una prima tornata di decine di licenziamenti avvenuta nel 2014;

   l'attività di produzione verte su Tmp (trimetilolpropano), Tmpde (trimetilolpropano dialliletere) e neopentiglicole;

   vi sono addetti con profili di alta specializzazione, ai quali si devono aggiungere i lavoratori esterni dell'indotto, per un totale di più di 90 famiglie messe a repentaglio dalla perdita del lavoro;

   il terreno circostante l'apparato industriale produttivo è sede di vasche di stoccaggio che necessitano di manutenzione e controllo e lo stesso terreno deve essere ben monitorato dal punto di vista del potenziale rischio ambientale, tenendo conto che potrebbero esservi ingenti costi di bonifica nel prossimo futuro –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di salvaguardare gli oltre 70 lavoratori dipendenti e, di conseguenza, i lavoratori esterni, per i quali il gruppo svedese Perstorp ha previsto il termine dell'attività al 31 luglio 2018;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per difendere le imprese italiane che spesso, dopo l'acquisizione da parte delle multinazionali straniere, vengono abbandonate e in molti casi addirittura chiuse.
(4-00609)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da notizia di stampa del 30 giugno 2018, in Val Rendena, a Trento, il titolare di una piccola azienda artigiana ha rivolto insulti razzisti e minacce di morte ad un suo dipendente originario del Marocco solo perché aveva chiesto un giorno di riposo per malattia;

   l'uomo, come risulterebbe anche dalle registrazioni effettuate dallo stesso lavoratore, avrebbe pronunciato frasi del seguente tenore: «Ti brucio vivo bastardo islamico. Ti posso anche ammazzare, adesso che è andato su Salvini»; «Stai attento anche a uscire di casa»; «Ti mando Casapound. Sai cos'è Casapound a Trento? Per rapirti e ti bruciamo vivo. Stai attento, stai attento che ti mangiamo»; «che muoia tutta la tua razza»; «stasera prepariamo le ronde fuori da casa tua attento»; «Cos'è che c'hai? Il tuo ramadan?»;

   questi sono solo alcuni stralci delle frasi ingiuriose e degli epiteti dai contenuti molto offensivi che l'imprenditore ha rivolto verso la persona e il credo religioso del lavoratore;

   a parere dell'interrogante è gravissimo che un datore di lavoro possa arrivare a minacciare di morte un proprio dipendente, specialmente nel momento in cui chiede di poter esercitare un diritto come quello dell'assenza dal lavoro per malattia e a discriminarlo perché di origine marocchina e di religione musulmana;

   benché si tratti di un singolo episodio, esso, sommato ad altri e anche più tristi episodi di cronaca, dà l'idea del clima pesante che si respira in alcune zone del Paese, specialmente nei confronti dei migranti;

   il rapporto della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza recita testualmente: «Responsabili politici a livello locale, ma anche esponenti di spicco del Governo italiano hanno rilasciato dichiarazioni ostili se non addirittura aggressive, nei confronti di neri, africani, musulmani, rom, romeni, richiedenti asilo e migranti in genere»; è evidente quindi che episodi di razzismo e islamofobia possono aumentare anche per questo motivo –:

   se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, di attivarsi per favorire una buona integrazione nel nostro Paese, nel rispetto della Costituzione italiana, anche supportando e promuovendo iniziative di contrasto a ogni forma di intolleranza, a partire dai luoghi di lavoro, al fine di scongiurare che episodi come quelli descritti in premessa si ripetano e che i lavoratori vengano discriminati per le loro origini, per il colore della pelle e per il credo religioso, assicurando la piena attuazione della Costituzione medesima e delle leggi italiane.
(4-00621)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   VIVIANI, MOLINARI, CECCHETTI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali vengono individuate risorse e criteri per l'erogazione di aiuti alle imprese di pesca autorizzate all'esercizio dell'attività di pesca con il sistema «strascico», le quali abbiano attuato il fermo obbligatorio e rispettato le misure tecniche successive all'interruzione;

   per accedere alle agevolazioni, il decreto direttoriale n. 10207 del 17 giugno 2016 ha enunciato, nel dettaglio, i requisiti di ammissibilità e i relativi adempimenti amministrativi; le imprese hanno inoltre presentato, entro la fine del periodo di arresto obbligatorio o delle misure tecniche, un'apposita manifestazione di interesse;

   i contributi alle imprese di pesca vengono assegnati in base al numero di giorni lavorativi di fermo effettuati nei periodi stabiliti dai rispettivi decreti ministeriali. Questo indennizzo serve a compensare gli armatori per l'interruzione dell'attività;

   le marinerie da tempo lamentano il ritardo con il quale si stanno effettuando i pagamenti. Per l'annualità 2015 risulta che gli indennizzi siano in corso di pagamento, mentre quelli relativi agli anni 2016 e 2017 non hanno ancora raggiunto le marinerie che sono risultate beneficiarie, provocando grande preoccupazione, dal momento che, in assenza di tale accorgimento economico, il settore in questione rischia di non avere più un futuro;

   non è pensabile che, nel momento in cui si costringono le imprese ittiche al fermo biologico, parallelamente non si provvede all'immediato pagamento di quanto dovuto per il loro sostentamento nel periodo di fermo, considerati i sacrifici in termini economici che queste sopportano;

   i pescatori durante il fermo biologico sono comunque costretti a sopportare costi per espletare gli adempimenti fiscali, per produrre un reddito sufficiente al loro sostentamento e per provvedere agli stipendi dei dipendenti;

   più di due anni di «flessibilità» nel pagamento sono un ritardo pesantissimo per le imprese ittiche, in quanto la pesca rappresenta una delle attività più rilevanti dell'economia nazionale e, al tempo stesso, un'eccellenza di portata internazionale da tutelare costantemente, risultato anche del sacrificio di intere famiglie –:

   in vista dell'imminente fermo biologico per il 2018, come intenda procedere al pagamento degli indennizzi agli armatori beneficiari, sia per le precedenti annualità che per le prossime, affinché vi sia una regolare e puntuale erogazione dei contributi in quanto tale erogazione costituisce una boccata d'ossigeno per un settore vitale come quello ittico.
(3-00046)
(Presentata il 3 luglio 2018)


   LUCASELLI, LOLLOBRIGIDA, MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, DEIDDA, LUCA DE CARLO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 28 e 29 giugno 2018 il Consiglio europeo ha approvato all'unanimità il rinnovo, fino al 23 giugno 2019, delle sanzioni che riguardano l'economia della Crimea;

   le misure previste comportano il divieto assoluto per le compagnie europee di effettuare qualsiasi tipo di investimento in Crimea. Proibite, inoltre, tutte le importazioni dalla penisola affacciata sul Mar Nero, vietato comprare immobili, finanziare società o fornire servizi, incluso il roaming per le compagnie telefoniche. La lista di restrizioni comprende anche il divieto di attracco per le navi da crociera;

   la vera partita si giocherà però il prossimo 31 luglio, in vista del possibile rinnovo delle sanzioni economiche settoriali: in questo pacchetto sono inserite infatti le sanzioni che colpiscono direttamente l'economia russa;

   il Governo in carica nel suo contratto di programma ha scritto: «è opportuno il ritiro delle sanzioni imposte alla Russia, da riabilitarsi come interlocutore strategico al fine della risoluzione delle crisi regionali»;

   la proroga delle sanzioni rischia di avere delle ricadute molto pesanti, in particolare sul made in Italy. Lo testimonia anche quanto comunicato da Coldiretti all'indomani delle decisioni europee: «Con le sanzioni si attende ora la rappresaglia della Russia con l'embargo totale per un'importante lista di prodotti agroalimentari e il divieto all'ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Unione europea, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. Il pericolo è quello di un azzeramento della spedizione di prodotti agroalimentari made in Italy in Russia che per molto tempo è stata un mercato importante per l'Italia»;

   alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane si sommano poi quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocate dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy;

   ci si trova di fronte ad un passaggio molto delicato, che può compromettere irrimediabilmente una nicchia di mercato per il nostro Paese. Se i consumatori, infatti, si fidelizzano al «falso italiano» sarà difficile reimporre, un domani, quello autentico, di qualità. Il danno delle sanzioni all’export, solo per il 2017, è stato di 3 miliardi di euro;

   per rinnovare le sanzioni in scadenza il 31 luglio 2018 serve l'unanimità di tutti i Paesi membri, ciò significa che basterebbe il veto dell'Italia per porre fine alle sanzioni nei confronti della Russia –:

   quale sia la posizione del Governo italiano da assumere in vista della scadenza del 31 luglio 2018, a tutela del made in Italy e dei prodotti agroalimentari italiani.
(3-00047)
(Presentata il 3 luglio 2018)

Interrogazione a risposta orale:


   GARIGLIO e BONOMO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 2 e il 3 luglio 2018 si è registrata nel torinese una violenta tempesta di pioggia, evento che purtroppo ha fatto registrare una vittima, annegata in auto in un sottopasso tra Feletto e Rivarolo;

   l'evento atmosferico ha provocato anche ingentissimi danni all'agricoltura, con intere coltivazioni di mais andate distrutte, alberi abbattuti e aziende allagate;

   purtroppo, la sistematicità con cui si verificano simili calamità atmosferiche stanno mettendo in ginocchio l'intero comparto agricolo;

   a partire dalle prossime ore si procederà alla verifica e alla conta dei danni –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per il riconoscimento dello stato di calamità naturale per il comprensorio colpito dal citato evento atmosferico.
(3-00054)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARDINALE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le condizioni meteorologiche dell'ultima decade di giugno 2018 con piogge eccezionali e grandinate devastanti hanno determinato gravissimi danni all'intero comparto agricolo delle province di Caltanissetta ed Enna;

   particolarmente colpita è la cerealicoltura con raccolti infestati di muffe e bianconature ed una conseguente speculazione al ribasso del prezzo del grano che penalizza l'intera filiera;

   sono stati colpiti anche i frutteti e le colture stagionali e vi sono ingentissimi danni a tutto il sistema di viabilità interpoderale e secondario;

   nei comprensori di Mussomeli, Milena, Vallelunga, Villalba, nonché di San Cataldo e di Caltanissetta si sta procedendo ad una rapida conta dei danni;

   le organizzazioni di categoria del comprensorio hanno avanzato la richiesta alle istituzioni di riconoscimento dello stato di calamità naturale;

   si sa che deve essere la regione a comunicare la richiesta corredata dalla stima dei danni;

   molte imprese rischiano il collasso poiché con i raccolti contavano di poter rientrare dalle esposizioni con le banche e questo potrebbe comportare il loro fallimento;

   occorre accelerare i tempi al fine di evitare che le conseguenze siano irreversibili per il comparto agricolo delle aree interne delle due province siciliane –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere non appena riceverà la richiesta della regione del riconoscimento in tempi rapidi dello stato di calamità per i territori colpiti dalla anomala e persistente ondata di maltempo che sta flagellando i territori in questione.
(5-00072)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   l'8 maggio 2018, con una lettera indirizzata a tutti i sindaci sperimentatori della carta d'identità elettronica (Cie), l'Anci ha reso noto che oltre 346.000 mila Cie, da essi rilasciate, sono inutilizzabili per l'espatrio a causa di errori nel microchip installati. Ciò sarebbe da imputare, secondo l'Anci, «all'inefficienza del processo produttivo» e «alla mancanza di controlli ad hoc» del Poligrafico dello Stato, in quanto le Cie sono state inviate ai comuni «senza essere testate e collaudate». L'Anci ha stimato un danno erariale sui 50.000.000 di euro. Il Poligrafico ha previsto un piano di sostituzione gratuita, con un costo stimato di circa 5.000.000 di euro. L'entità di tale spesa è stata contestata dai sindacati, che l'hanno giudicata sottostimata. Altre stime parlano di una spesa superiore ai 10.000.000;

   il 20 maggio 2018 la vicenda ha avuto evidenza mediatica e solo allora il Poligrafico ha diramato una nota, nella quale ha sostenuto che le carte interessate al problema sono «solo» 299.000 e che sono «perfettamente funzionanti», anche se possono verificarsi problemi in caso di passaggio delle frontiere. Le CIE, prosegue la nota «(..) potranno quindi continuare ad essere utilizzate (..)». Tuttavia si registrano casi nei quali i cittadini sono stati fermati in aeroporto per «documento non valido». In un periodo di guardia alta contro il terrorismo questo evidentemente può creare grossi problemi;

   l'8 giugno 2018 la procura regionale del Lazio della Corte dei conti ha aperto un fascicolo per verificare i danni, nei quali sono compresi oltre i costi di sostituzione, anche le eventuali richieste di risarcimento dei cittadini per i danni procurati dalla Cie difettosa;

   l'Unione europea ha chiarito che, entro 2 anni, le carte d'identità cartacee, dovranno essere sostituite dalla Cie; il Commissario agli affari interni dell'Unione europea, Avramopolos, lamentando che ancora 88 milioni di cittadini europei continuino ad usare documenti di identità cartacei, con seri rischi per la sicurezza interna dell'Unione, ha affermato che l'Italia è uno dei Paesi in maggiore ritardo;

   altre problematiche, evidenziate sulla stampa, riguardano il costo della Cie e gli abnormi tempi di attesa per ottenerla (oltre 4 mesi a Roma oltre a lunghe attese presso gli uffici comunali), che sono imputati, dai comuni coinvolti, alla incapacità del Ministero dell'interno e del Poligrafico a gestire una procedura rigidamente centralizzata. Ulteriori polemiche riguardano la non perfetta aderenza delle caratteristiche tecnica della Cie alle norme Icao, difettosità che potrebbe compromettere il livello di sicurezza 3 del sistema pubblico di identità digitale (Spid), necessario per la piena affidabilità del documento, come evidenziato in taluni atti di sindacato ispettivo;

   le produzioni del Poligrafico dello Stato, al quale peraltro sono affidate anche le carte valori, dovrebbero essere connotate dal massimo della qualità del prodotto, dalla puntualità del servizio, dalla sicurezza del procedimento e dal costo contenuto per i cittadini, trattandosi dello svolgimento di un servizio pubblico. Da innumerevoli atti parlamentari, in particolare dal 2015 in poi, risultano invece difettosità dei prodotti, lentezza negli approvvigionamenti, scarsa trasparenza e farraginosità nei procedimenti e costi elevati scaricati sui cittadini;

   nel caso esposto si ha a che fare anche con una carenza nei controlli interni e una mancanza di trasparenza nei riguardi delle amministrazioni coinvolte: la Cie difettose sono state emesse tra ottobre 2017 e febbraio 2018; il Poligrafico se ne è reso conto solo a febbraio 2018 e ha diramato precisazioni solo quando la lettera dell'Anci è diventata di dominio pubblico tramite la stampa, il 20 maggio 2018;

   l'allarme lanciato dall'Anci è solo l'ultimo di una serie e dimostra l'elevato grado di esasperazione che gli amministratori locali hanno nei confronti del procedimento per il rilascio delle Cie –:

   quale sia il costo della sostituzione delle 299.000 carte d'identità elettroniche, difettose e quale amministrazione ne sopporterà gli oneri;

   se non si ritenga opportuno individuare le responsabilità degli organi dirigenziali e gestionali del Poligrafico, rispetto alla vicenda della Cie esposta in premessa;

   se non ritengano opportuno assumere iniziative per una riforma delle funzioni e delle lavorazioni in capo al Poligrafico, al fine di migliorare la qualità delle lavorazioni medesime e la relativa affidabilità, o, in alternativa, valutare la possibilità di aprire il settore ai privati, sulla base delle esperienze maturate nei Paesi europei che affidano in outsourcing queste attività, ivi comprese le carte valori, prevedendo che alla mano pubblica restino i compiti di controllo, di accertamento di sicurezza e di affidabilità delle imprese incaricate, nonché di certificazione della qualità della lavorazione, in un quadro di riduzione dei costi a carico dei cittadini.
(2-00039) «Porchietto, Sozzani, Giacometto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la Progetto Carrara srl è una società in house, interamente a capitale pubblico e partecipata dal comune di Carrara, che svolge numerose attività, tra cui quella di gestione, nel territorio comunale, del piano della sosta e dei parcheggi a pagamento;

   la legge n. 190 del 2014 ha introdotto alcune disposizioni per disciplinare il processo di riorganizzazione e riduzione delle società partecipate, nonché misure atte ad assicurare il contenimento della spesa e il buon andamento dell'azione amministrativa;

   in relazione a tali norme, il comune di Carrara, ai sensi dell'articolo 1, comma 555, della legge n. 147 del 2013, ha previsto lo scioglimento della Progetto Carrara srl (attualmente in liquidazione), la conseguente reinternalizzazione delle funzioni ad essa assegnate ed il successivo trasferimento delle funzioni stesse, in un quadro generale di riorganizzazione di tutte le attività relative a servizi ed utility;

   il comune di Carrara ha manifestato la volontà di assumere una serie di provvedimenti finalizzati all'assegnazione di altre società partecipate (Amia spa e Erp spa) di alcuni servizi già svolti dalla Progetto Carrara srl;

   queste procedure, finalizzate quindi allo scioglimento della Progetto Carrara srl, determineranno l'esubero di tutto il personale assunto alle dipendenze della stessa;

   Amia spa e Erp spa hanno manifestato interesse al ricollocamento del personale dipendente della Progetto Carrara spa nel rispetto delle norme di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016;

   nelle riunioni riferite a tale ricollocamento è quindi emerso, anche sui media, che i dipendenti di Progetto Carrara spa saranno oggetto di licenziamenti e nuove assunzioni: un passaggio che prevede inequivocabilmente un nuovo reinquadramento giuridico-economico, con probabili conseguenti disagi logistici e riduzioni di diritti e di salari;

   i lavoratori di Progetto Carrara srl ed alcune associazioni sindacali hanno criticato l'accordo proposto dal comune di Carrara, avanzando la possibilità, nelle more, di potere essere trasferiti direttamente alle imprese subentranti mantenendo conseguentemente clausole contrattuali che avrebbero assicurato almeno parità di salari e di diritti acquisiti;

   l'articolo 2112 del codice civile dispone infatti il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda, garantendo ai dipendenti i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti vigenti alla data del trasferimento;

   il comune di Carrara ha escluso tale ipotesi sostenendo che le disposizioni del decreto legislativo n. 175 del 2016 (secondo la interpretazione dell'amministrazione comunale), precludono di fatto questa possibilità rendendo necessari licenziamenti collettivi e nuove riassunzioni –:

   quali siano gli orientamenti della Ministra interrogata in ordine alla vicenda citata in premessa e ai citati dubbi di natura interpretativa e, in particolare, se l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2112 c.c. ai lavoratori di Progetto Carrara srl sarebbe preclusa dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
(5-00088)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   come anche segnalato dal coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, Tonino Aceti, in un suo articolo su quotidianosanita.it, dal monitoraggio dell'Aifa della spesa farmaceutica nazionale e regionale, relativamente alla spesa farmaceutica gennaio-novembre 2017 per i farmaci innovativi non oncologici e oncologici che accedono ai fondi per i farmaci innovativi (articolo 1, commi 402-403-404, della legge n. 232 del 2016), sembrerebbero non essere stati spesi nel 2017 circa 264 milioni di euro del Fondo farmaci WrovSflvi non oncologici e oltre 85 milioni del Fondo farmaci innovativi oncologici, per un totale di risorse non utilizzate e non spese pari a circa 350 milioni di euro e con profonde difformità regionali;

   più in dettaglio, nell'ultimo report dell'Aifa sulla spesa farmaceutica gennaio-dicembre 2017 sembra confermato il fatto che dal fondo innovativi non oncologici devono essere restituiti al fondo indistinto ben 356 milioni di euro;

   si ricorda che il decreto-legge n. 50 del 2017, inserendo il comma 402-bis all'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, ha stabilito che «Le risorse dei Fondi di cui ai commi 400 e 401 non impiegate per le finalità ivi indicate confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale». Ciò significa che se avanzano risorse dal fondo farmaci innovativi, dette risorse – ora vincolate all'acquisto di farmaci innovativi – tornano svincolate nel fondo indistinto, pronte per essere ripartite tra le Regioni e utilizzate per altri capitoli di spesa sanitaria;

   se da una parte l'assegnazione di risorse al fondo indistinto, e quindi l'eliminazione per quelle risorse del vincolo di destinazione, si traduce in una maggiore autonomia delle regioni nell'utilizzo delle medesime risorse, dall'altra questa norma introdotta dal decreto-legge n. 50 del 2017 risulta disincentivante e non compatibile – come sottolineato da Ivan Gardini, presidente EpaC onlus – con un piano di eliminazione dell'epatite C che ha l'obiettivo (pare condiviso dalle regioni) di curare 80.000 pazienti/anno;

   sempre il suindicato coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato, Tonino Aceti, ha peraltro proposto, tra le altre cose, un doveroso momento di confronto tra tutti i soggetti coinvolti (Ministero, Aifa, regioni, Istituto superiore di sanità, professionisti, associazioni di cittadini e pazienti) per individuare punti di debolezza, opportunità e proposte di miglioramento dell'attuale sistema dei fondi per i farmaci innovativi –:

   se non ritenga urgente assumere iniziative per apportare una modifica al comma 402-bis, dell'articolo 1 della legge 232 del 2016, come introdotto dal decreto-legge n. 50 del 2017, al fine di prevedere che le risorse dei fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi non impiegate per le previste finalità, confluiscano nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, ma che siano però vincolate per attività finalizzate: a) alla eliminazione dell'epatite C quali: potenziamento delle strutture ospedaliere autorizzate alla somministrazione dei farmaci anti HCV, screening, informazione alla popolazione, ricerca epidemiologica ed informatizzazione dedicata e altro; b) al rafforzamento dei servizi e del personale sanitario per le altre patologie per le quali oggi sono già approvati dall'Aifa trattamenti qualificati come «innovativi»;

   se ritenga urgente acquisire informazioni dall'Aifa e dalle regioni in merito alle cause del non pieno utilizzo dei fondi per i farmaci innovativi 2017;

   se e che in modo siano state impegnate le risorse non utilizzate dei suddetti fondi nazionali per i farmaci innovativi;

   se non intenda istituire un tavolo di confronto per individuare punti di debolezza, rischi, opportunità e proposte di miglioramento dell'attuale sistema, con il contributo e il confronto di tutti i soggetti coinvolti quali associazioni di cittadini e pazienti, Ministero, Aifa, regioni, Istituto superiore della sanità e professionisti della salute, per individuare le migliori risposte e le necessarie modifiche alla normativa vigente riguardo alle criticità finora evidenziate, alcune delle quali esposte in premessa;

   se non ritenga di adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza e di concerto con le regioni, al fine di: assegnare al piano di eliminazione dell'Hcv un ruolo prioritario all'interno dei piani sanitari regionali; prevedere la nomina di un referente regionale per la gestione del piano di eradicazione dell'epatite-C; prevedere per ogni regione un obiettivo minimo annuale di pazienti da avviare al trattamento, in linea con l'obiettivo nazionale di 80 mila pazienti/anno.
(2-00037) «Novelli».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 73 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017, recante «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci», stabilisce per il 10 luglio di ogni anno la scadenza per la presentazione di un'idonea documentazione che comprovi l'effettuazione delle vaccinazioni per gli alunni da 0 a 16 anni nel momento in cui sono iscritti presso i servizi educativi;

   la presentazione costituisce il requisito necessario per l'accesso ai servizi educativi per l'infanzia, in mancanza della quale si preclude, per i bambini da 0 a 5 anni, la possibilità di accedere ai servizi stessi;

   la normativa vigente prevede, invece, che per gli alunni di età compresa tra i 6 ed i 16 anni sia consentito l'accesso ai servizi educativi anche in mancanza delle vaccinazioni, ma con il pagamento di una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro;

   il contratto di Governo tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle prevede che: «Pur con l'obiettivo di tutelare la salute individuale e collettiva, garantendo le necessarie coperture vaccinali, va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all'istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale»;

   la scadenza del 10 luglio è ormai prossima e tra due mesi si dovrà dare avvio all'anno scolastico, in cui si potrebbe assistere ad un rischio di esclusione sociale per i bambini tra 0 e 5 anni;

   da notizie riportate dalla stampa (Il Messaggero del 2 luglio 2018) si apprende che il Ministro interrogato avrebbe intenzione di «congelare» la scadenza del 10 luglio;

   lo stesso articolo annuncia la presentazione di una proposta normativa, non di iniziativa governativa bensì parlamentare, che rivedrà l'obbligatorietà vaccinale, modificando l'elenco dei dieci vaccini di cui al decreto-legge n. 73 del 2017;

   a tale proposito si ritiene che un intervento di riordino della delicata tematica sulle vaccinazioni obbligatorie necessiti di estrema chiarezza da parte del Governo e del Ministero della salute e che debba essere presentato dal Governo che se ne fa garante tramite il contratto sottoscritto dalle forze politiche e non da un singolo parlamentare –:

   se non sia necessario chiarire, con urgenza, se corrisponda al vero quanto riportato dall'articolo di stampa citato in premessa, in maniera che si conoscano le reali intenzioni del Governo in merito ad atti normativi e tempistiche degli stessi sulla tematica delle vaccinazioni obbligatorie.
(3-00048)
(Presentata il 3 luglio 2018)


   DE FILIPPO, CARNEVALI, CAMPANA, UBALDO PAGANO, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, GRIBAUDO, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 73 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017, ha elevato il numero delle vaccinazioni obbligatorie da 4 a 10 per i minori fino a 16 anni di età ai fini della frequenza scolastica, in base alle specifiche indicazioni contenute nel calendario vaccinale vigente nel proprio anno di nascita;

   la circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017 ha posto la data del 10 luglio 2018 come termine ultimo per la presentazione della certificazione che provi l'avvenuta vaccinazione ai fini dell'iscrizione per l'anno scolastico 2018-19;

   la data del 10 luglio 2018 è indicata anche nella circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 14659 del 13 novembre 2017, in cui sono fornite le indicazioni in merito all'obbligo vaccinale per l'iscrizione all'anno scolastico 2018/2019 nelle regioni in cui l'anagrafe vaccinale non è stata istituita;

   il Governo, come riferisce l’Ansa, starebbe vagliando l'ipotesi di una proroga per la scadenza del 10 luglio 2018;

   il contratto di Governo Lega-MoVimento 5 Stelle sulla sanità prevede che: «va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all'istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale»;

   la revisione dell'obbligo vaccinale per l'iscrizione a scuola è stata riaffermata anche dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri Salvini che ha sottolineato come «10 vaccini obbligatori siano troppi, inutili e in parecchi casi pericolosi se non dannosi»;

   alle parole del Vice Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato il Ministro interrogato, ribadendo che: «l'obbligatorietà è un argomento politico, che ha a che fare con una strategia di tipo politico. Ma le valutazioni di tipo scientifico non competono alla politica. La politica non fa scienza (...)»;

   solo dopo un'adeguata formazione ed informazione sull'importanza vaccinale si può aprire una discussione non sul «se» vaccinare, ma sul «come» raggiungere la cosiddetta immunità di gregge;

   il cosiddetto decreto Lorenzin nasceva dall'esigenza di contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni in atto dal 2013 che ha determinato una copertura vaccinale media nel nostro Paese al di sotto del 95 per cento, soglia definita «immunità di gregge» –:

   se sia fondato l'intendimento del Governo di prorogare la data del 10 luglio come termine ultimo per consegnare la documentazione relativa all'avvenuta vaccinazione necessaria all'iscrizione scolastica per l'anno 2018/2019, nonché, alla luce di quanto sopra riportato, quale sia l'effettiva linea politica in materia vaccinale.
(3-00049)
(Presentata il 3 luglio 2018)


   VERSACE, GELMINI, OCCHIUTO e PEDRAZZINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 definisce e aggiorna i livelli essenziali di assistenza, individuando le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal Servizio sanitario nazionale e riconducibili appunto ai livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini;

   il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disabilità le prestazioni sanitarie che comportano l'erogazione di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell'ambito di un piano riabilitativo-assistenziale volto alla prevenzione, alla correzione o alla compensazione di menomazioni o disabilità;

   in particolare, il nomenclatore di cui all'allegato 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contiene gli elenchi delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi, inclusi i dispositivi provvisori, temporanei e di riserva, erogabili dal Servizio sanitario nazionale;

   in alcuni casi, qualora l'assistito necessiti di dispositivi con particolari caratteristiche strutturali, l'azienda sanitaria può autorizzare la fornitura, mentre l'eventuale differenza tra la tariffa o il prezzo assunto a carico dall'azienda sanitaria locale per il corrispondente dispositivo incluso negli elenchi ed il prezzo del dispositivo fornito rimangono a carico dell'assistito;

   per le persone con disabilità la possibilità di poter svolgere attività sportiva è importantissima. È fondamentale sotto l'aspetto psicologico perché aiuta nell'autostima e favorisce l'inclusione, le relazioni e l'integrazione sociale. A ciò si aggiungano gli evidenti positivi effetti riabilitativi e i benefici sull'organismo;

   la prima firmataria del presente atto, in qualità di atleta paralimpica, ha potuto constatare quanto lo sport possa essere un'opportunità di nuova vita e un veicolo di inclusione sociale;

   la pratica sportiva consente di acquisire sicurezza e questo è ancora più importante per chi nasce o si trova ad un certo punto della sua vita con delle fragilità conseguenti ad una condizione di disabilità;

   se il diritto alla pratica sportiva è un diritto universalmente riconosciuto, tuttavia ancora oggi l'accesso allo sport è tutto fuorché garantito a chiunque. Le disparità tra disabile e normodotato – anche in questo ambito – sono ancora troppo elevate;

   è invece estremamente importante che il maggior numero di persone con disabilità possano essere messe nelle condizioni di poter praticare un'attività sportiva –:

   se non ritenga di modificare e integrare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza, al fine di inserire nel nomenclatore, relativamente all'elenco delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi erogabili totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale, gli ausili e le protesi degli arti inferiori e superiori, a tecnologia avanzata e con caratteristiche funzionali allo svolgimento di attività sportive, e destinati a persone con disabilità fisiche.
(3-00050)
(Presentata il 3 luglio 2018)


   MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, CHIAZZESE, D'ARRANDO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO, LEDA VOLPI e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri del 2 luglio 2018 ha approvato un decreto-legge che mira, in particolare, anche a contrastare il grave fenomeno della dipendenza dal gioco d'azzardo, vietando la pubblicità di giochi o scommesse con vincite in denaro;

   già durante la XVII legislatura si è svolto un approfondito dibattito in Commissione XII che ha portato il 30 novembre 2017 all'adozione di un testo base, largamente condiviso, ma che non è approdato in Assemblea per la fine della legislatura;

   dall'ultimo Rendiconto generale dello Stato 2016 è emerso il mancato trasferimento alle amministrazioni regionali dei fondi stanziati per il contrasto alla dipendenza dal gioco d'azzardo patologico;

   risale a pochi giorni fa la pubblicazione dello studio dell'Istituto di fisiologia del Consiglio nazionale delle ricerche, che ha elaborato i nuovi dati Ipsad ed Espad Italia sul consumo di gioco d'azzardo in Italia nel 2017. Lo studio rileva il costante aumento di italiani che giocano d'azzardo almeno una volta l'anno: 17 milioni nel 2017, contro i 10 milioni del 2014. Notevole è l'aumento dei giocatori con profili problematici, quadruplicati in 10 anni, passati dai 100 mila del 2007 ai 400 mila attuali;

   sebbene il gioco minorile venga censito in calo nella fascia tra i 15 e i 19 anni, allarma il numero dei minorenni – 580 mila – che nel 2017 avrebbe giocato d'azzardo. Una facilità di accesso al gioco preoccupante e solo il 27 per cento del campione intervistato ha dichiarato di aver avuto problemi a giocare d'azzardo in luoghi pubblici perché minorenne;

   la cura della patologia da gioco d'azzardo è stata inserita nei livelli essenziali di assistenza fin dal 2012; pertanto, nell'ambito dell'assistenza territoriale e domiciliare, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con dipendenza dal gioco d'azzardo la presa in carico multidisciplinare e lo svolgimento di un programma terapeutico individualizzato, che include le prestazioni specialistiche, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative necessarie e appropriate;

   nel 2015 solo una percentuale inferiore all'1 per cento di giocatori patologici ha ricevuto cure dirette da parte del Servizio sanitario nazionale e l'assistenza è stata garantita, soprattutto, grazie alle iniziative virtuose di aziende sanitarie locali ed operatori sanitari; pertanto, la presa in carico da parte del Servizio sanitario nazionale non appare uniforme sul territorio nazionale –:

   quali interventi, anche in sinergia con il decreto-legge citato in premessa, intenda porre in essere per garantire l'uniformità sul territorio nazionale nella prevenzione, nella cura e nella riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, anche assicurando il puntuale trasferimento delle risorse alle regioni.
(3-00051)
(Presentata il 3 luglio 2018)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio superiore di sanità – sezione V –, su richiesta del segretariato generale, nella seduta del 10 aprile 2018 ha emesso un parere sulla commercializzazione di prodotti contenenti THC o costituiti da infiorescenze di canapa nei quali viene indicata in etichetta la presenza di «cannabis»;

   nel parere citato, il Css ha ritenuto che la pericolosità di tali prodotti «non può essere esclusa» per vari motivi tra i quali il fatto che «tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve sia a lungo termine»;

   il Css si è inoltre espresso sulle condizioni di immissione in commercio di prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, ritenendo che «tra le finalità della coltivazione della canapa industriale non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico» e che pertanto la vendita di tali prodotti «pone certamente motivo di preoccupazione»;

   diverse criticità legate alla proliferazione dei «Canapa shop» sono state messe in luce in un articolo di «Quotidiano sanità» (21 giugno 2018) dove si rileva che le infiorescenze di canapa, vendute oggi a fini di «collezione» verrebbero poi fumate dagli acquirenti;

   recenti fonti stampa (Resto del Carlino – 22 giugno 2018) riferiscono dell'entità del business legato alla commercializzazione della cannabis sativa, a basso contenuto di THC: tale business varrebbe circa 44 milioni di euro l'anno per circa 44 mila ettari coltivati e mille punti vendita in tutta Italia;

   in questi negozi, dove i prodotti non sono destinati alla combustione, la cannabis è presente in biscotti, muffins, cioccolato, tisane energetiche, dolciumi vari;

   si stima che circa il 10 per cento della clientela si collochi in una fascia di età tra i 18 e i 25 anni, il 70 per cento tra i 26 e 55 anni e il resto over 55;

   la cannabis «light» possiede un principio di THC inferiore allo 0,6 per cento, limite massimo consentito dalla legislazione nazionale. Il limite è stato introdotto dall'articolo 4, comma 5, della legge n. 242 del 2016, «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», il quale prevede che «qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge»;

   l'articolo del «Resto del Carlino» sopra richiamato parla inoltre di «zone d'ombra» nella legislazione nazionale che consente, ad esempio, di vendere le foglie di canapa «light» per un non meglio specificato «uso tecnico», mentre i semi o le infiorescenze sono venduti a fini di «collezione»;

   alcuni tabaccai nel bolognese hanno testimoniato – come riporta l'articolo di stampa – di essere stati contattati dai rappresentanti delle aziende produttrici i quali hanno messo al corrente della possibilità di vendere sigarette a basso contenuto di THC. A tal proposto, la Federazione italiana tabaccai avrebbe fortemente sconsigliato di vendere tali prodotti in presenza di una legislazione ancora poco chiara;

   nell'articolo citato è riportata anche una dichiarazione di Antonio Tinelli, presidente della comunità di San Patrignano: «Siamo molto preoccupati ... assistiamo a una banalizzazione del rischio che il consumo di cannabis porta con sé. È come dire ai ragazzi: la cannabis non fa male, è normale, basta che se ne usi poca. Nessuno si preoccupa poi se quelle bustine da thè qualcuno le fuma» –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere in relazione a quanto esposto in premessa e a tutela della salute individuale e collettiva;

   quali iniziative si intendano assumere per vietare la libera vendita dei prodotti di cui in premessa e con quali tempistiche.
(4-00598)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   EPIFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di stampa (il Sole 24 Ore) il 30 giugno 2018 si è concluso l’iter per la fusione delle attività europee del gruppo indiano Tata Acciai e del gruppo tedesco ThyssenKrupp iniziato nel settembre 2017. Nasce così il secondo player europeo del settore siderurgico dopo ArcelorMittal; la joint venture ThyssenKrupp Tata Steel avrà una capacità produttiva da 21 milioni di tonnellate di acciaio e genererà sinergie fino a 500 milioni di euro e una buona ottimizzazione del capitale;

   sempre da organi di stampa si apprende (Il Sole 24 Ore) che, ci sarà una «razionalizzazione della forza lavoro negli anni a venire fino a 4.000 posti» in una logica di riorganizzazione. Inoltre, la rete di produzione completa sarà rivista a partire dal 2020 con la creazione di una holding con sede nella regione di Amsterdam –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti e se non intenda convocare un immediato tavolo di confronto in sede ministeriale al fine di tutelare i lavoratori, con particolare attenzione allo stabilimento di Terni rispetto al piano industriale del gruppo;

   quali siano le prospettive della principale controllata in Italia di ThyssenKrupp nell'acciaio - Acciai Speciali Terni - che non rientra nel business oggetto della fusione, poiché attiva nell'inossidabile, e che dunque potrebbe essere oggetto di cessione dell’asset che è strategico per l'Italia;

   se si intenda prendere in considerazione, come fatto dai precedenti Ministri, oltre alla necessaria verifica con il nuovo gruppo sulle prospettive dell'azienda di Terni, anche la possibilità di coinvolgere alcuni player nazionali per favorire una riorganizzazione più ampia del comparto.
(3-00053)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2017 il gruppo svedese Perstorp ha rilevato, dalla Polioli spa, la consociata Polialcoli srl e con questa il suo know-how, gli impianti produttivi a Vercelli e 74 addetti;

   la società, che opera nel settore della chimica, è specializzata nella produzione di polioli quali Tmp (trimetilolpropano), Tmpde (trimetilolpropano dialliletere) e neopentiglicole. Il Tmp è utilizzato per migliorare le proprietà di poliesteri saturi e lubrificanti sintetici, mentre il neopentiglicole trova applicazione nei poliesteri in polvere e poliuretani per coating, rivestimento di metalli, poliesteri instauri per gel-coats, compositi, schiume poliuretaniche e lubrificanti. Infine, il Tmpde viene utilizzato per aumentare le funzionalità di poliesteri insaturi, sistemi poliuretanici e resine epossidiche;

   l'acquisizione è avvenuta a seguito del termine di concordato preventivo e, in occasione della stessa, il gruppo svedese aveva assicurato nuovi investimenti e la permanenza sul territorio;

   al contrario, l'11 giugno 2018, la Perstorp Polialcoli s.r.l. ha comunicato la volontà di avviare una procedura di licenziamento collettivo per l'intero personale in forza presso lo stabilimento di Vercelli composto da 72 dipendenti a tempo indeterminato e 2 a tempo determinato;

   la Perstorp Polialcoli s.r.l. ha giustificato la richiesta di procedura di licenziamento collettivo con un peggioramento dell'andamento dell'attività e con il fatto che lo stabilimento di Vercelli necessiterebbe di ingenti investimenti per raggiungere un'operatività redditizia a lungo termine –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto;

   quali iniziative urgenti si intendano promuovere al fine di impedire il deliberato azzeramento di una realtà produttiva di rilievo a livello locale e nazionale;

   se non si ritenga di dover convocare con urgenza le organizzazioni sindacali e la proprietà dell'azienda per verificare le problematiche evidenziate.
(5-00069)


   CIAMPI, CENNI e CECCANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo Csl Spa, si legge nel sito istituzionale, è il «leader europeo in alcuni dei segmenti nei quali opera (lamierati per auto al ricambio, marmitte per moto) e, negli altri, ha un eccellente posizionamento di mercato»;

   tra le società del gruppo Csl vi è l'azienda Tmm con sede a Pontedera (in provincia di Pisa) dove vengono prodotte da decenni marmitte;

   nel mese di agosto 2017 il gruppo Csl ha annunciato la messa in liquidazione della Tmm (nominando un liquidatore) e il conseguente licenziamento degli 85 lavoratori dell'azienda;

   in questi mesi sono stati numerosi i tentativi sostenuti dai dipendenti, dalle associazioni sindacali, dagli enti locali e dalla regione Toscana per cercare di risolvere questa grave situazione;

   nel mese di settembre 2017 si è tenuto il tavolo istituzionale sulla crisi di Tmm presso il Ministero dello sviluppo economico. La riunione non ha però portato a soluzioni positive anche a causa dell'assenza dei vertici dell'azienda;

   nel mese di dicembre 2017 è purtroppo fallita anche la trattativa tra Gruppo Csl ed un imprenditore fiorentino interessato a rilevare Tmm;

   sembrerebbe inoltre ad oggi, difficilmente perseguibile, per criticità logistiche ed economiche, il progetto avanzato dai lavoratori sulla costituzione di una società cooperativa per poter proseguire l'attività dello stabilimento di Pontedera;

   nei giorni scorsi il commissario liquidatore di Tmm ha citato in tribunale 26 lavoratori dell'azienda colpevoli di aver rallentato, con il loro presidio di protesta, l'iter procedurale della liquidazione. Ai dipendenti è stato chiesto un risarcimento complessivo di 1 milione di euro;

   a seguito di tale azione giudiziaria, sono state numerose le proteste di lavoratori, sindacati e istituzioni territoriali: il sindaco di Pontedera ha dichiarato che chiederà al consiglio comunale di autorizzare aiuti legali nei confronti dei lavoratori citati in tribunale;

   va aggiunto, in questo contesto, che secondo le associazioni sindacali tale crisi aziendale non sarebbe riconducibile soltanto ai vertici di Csl ma anche al Gruppo Piaggio che ha ridotto negli ultimi anni notevolmente le commesse verso le aziende contoterziste del territorio (e quindi di Tmm), utilizzando sempre con maggior frequenza stabilimenti esteri;

   il 19 aprile 2018 Roberto Colaninno, presidente del Gruppo Piaggio, aveva comunque assicurato: «Spero che si trovi una soluzione per la Tmm. Piaggio farà la sua parte assicurando le commesse che dava prima all'eventuale nuova azienda che ci sarà»;

   secondo fonti stampa, nel mese di agosto 2017 il gruppo Piaggio aveva beneficiato di 5 milioni di euro di finanziamenti pubblici;

   il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha recentemente annunciato l'approvazione da parte del governo di un decreto-legge nel quale verranno inserite norme per disincentivare le delocalizzazioni delle imprese che hanno ricevuto fondi pubblici –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per tutelare i lavoratori dell'azienda Tmm e se, nell'ambito delle prossime iniziative normative di cui in premessa, saranno incluse disposizioni per salvaguardare i livelli occupazionali e la continuità produttiva delle imprese contoterziste in crisi che beneficiano dell'indotto di aziende che hanno delocalizzato, pur ottenendo finanziamenti pubblici.
(5-00071)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Governo ha rinviato la fattura elettronica per il carburante al 1° gennaio 2019;

   la procedura, che doveva scattare il 1° luglio 2018, era stata prevista con la legge di bilancio 2018, con l'intento di aumentare la capacità dell'amministrazione finanziaria di prevenire e contrastare efficacemente l'evasione fiscale e le frodi in materia di Iva nel settore degli olii minerali;

   si stima che tale rinvio della fatturazione elettronica costerà alle finanze pubbliche circa 100 milioni di euro;

   il contrabbando e l'evasione nel settore carburanti costa, secondo dati diffusi a mezzo stampa, allo Stato tra i 2 e 4 miliardi di euro l'anno; si tratta di tasse evase a vantaggio della criminalità;

   a tal proposito, nel 2017, la Guardia di finanza di Catania ha sgominato, con una operazione denominata «Dirty oil», un'associazione a delinquere internazionale che riciclava gasolio libico – destinato al «bunkeraggio» ossia al rifornimento, in ambito portuale, di carburanti o di combustibili ad unità navali. Il petrolio veniva rubato dalla raffineria di Zawyia, centro a 40 chilometri da Tripoli e trasportato in Italia – dove arrivava nel porto di Augusta – via mare scortato dalle milizie libiche guidate da Ben Khalifa, capo di una milizia libica sospettata di sostenere l'Isis in patria. Le indagini, durate un anno, hanno documentato più di 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80.000 tonnellate di gasolio, per un valore di circa 30 milioni di euro. Il gasolio veniva trafugato dalla Noc, la compagnia petrolifera nazionale libica. Una volta arrivato in Italia veniva immesso nel mercato italiano ed europeo a un prezzo simile ai prodotti ufficiali, pur essendo di qualità inferiore, occultandone la provenienza tramite società schermo a Malta;

   secondo gli inquirenti, che hanno seguito l'operazione, una parte dei profitti dell'organizzazione potrebbe essere finita nelle casse dell'Isis;

   anche l'inchiesta giornalistica internazionale «Daphne Project» avrebbe riportato come il circuito di contrabbando di carburante della Libia-Malta-Europa, oggetto dell'inchiesta «Dirty oil», sia stato attivato «sotto il naso delle autorità maltesi» e – secondo quanto riferito da organi di stampa nell'ambito della stessa inchiesta – ad oggi la situazione non parrebbe molto cambiata poiché le autorità maltesi non si sono ancora fatte carico di verificare l'autenticità della certificazione della provenienza del petrolio in arrivo e in uscita dall'isola –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di evitare il contrabbando, a livello nazionale e internazionale, dei carburanti.
(5-00074)


   VERINI, ASCANI e DELRIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 29 giugno 2018 l'indiana Tata Acciai e la tedesca ThyssenKrupp hanno annunciato la fusione delle loro attività europee, dando vita al secondo colosso europeo nel mercato dell'acciaio piano dopo ArcelorMittal, creando un soggetto da 21 milioni di tonnellate prodotte ribattezzato ThyssenKrupp Tata Steel, con sede in Olanda;

   con le fusioni già effettuate e con altre operazioni in corso, compresa la programmata acquisizione dalla procedura di amministrazione straordinaria di Ilva da parte di ArcelorMittal, i due gruppi potrebbero arrivare a controllare il 50 per cento del mercato continentale;

   la principale controllata in Italia di Thyssen è Acciai Speciali Terni (Ast), dove, in un'area di oltre 1.500.000 metri quadrati, sono presenti gli impianti che sfornano circa un milione di tonnellate di acciai speciali l'anno, coprendo l'intero ciclo di produzione in modo integrato, dalla fusione fino all'imballaggio;

   dopo un accordo di ristrutturazione con i sindacati, che ha individuato nel 2014 circa 300 esuberi, l'azienda sta attraversando una fase di assestamento registrando un utile per due anni consecutivi;

   nel novembre 2017, il Ceo di Thyssenkrupp Hiesinger, ha dichiarato all'agenzia di stampa Reuters il disinteresse di Thyssenkrupp nei confronti della produzione di acciaio Inox con la conseguenza che Ast rappresenterebbe per il colosso tedesco semplicemente un asset in vendita, decisione poi suffragata dall'esclusione degli stabilimenti ternani dalla joint venture con Tata Steel che potrebbe accelerare il processo di cessione dello stabilimento ternano;

   come per la vicenda dell'Ilva di Taranto, è evidente la convinzione degli ultimi Governi che si ribadisce ancora, alla luce della guerra commerciale sui dazi in corso, circa l'esigenza di considerare l'acciaio e i relativi stabilimenti e processi produttivi come «interesse strategico nazionale», coniugando l'obiettivo di rendere compatibile produzione e ambiente, migliorare e innovare la qualità delle produzioni e tutelare la buona occupazione;

   di fronte a una eventuale proposta di acquisizione, si renderebbe quindi necessario un intervento del Governo con finalità di guida, sorveglianza e garanzia della continuità produttiva e dei livelli occupazionali; un intervento, quindi, che affidi una produzione così strategica, a scelte svincolate dalla volubilità dei mercati e da iniziative imprenditoriali estemporanee e che sia invece inquadrata in una logica di concertazione che – coinvolgendo i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali, le forze sociali e le istituzioni a tutti i livelli, individui le migliori soluzioni per l'Europa, per l'Italia, per i cittadini e per i lavoratori di Temi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano gli orientamenti del Governo per assicurare che i futuri assetti proprietari, relativi ad un impianto di rilevanza strategica nazionale, garantiscano la messa in sicurezza del futuro di questo sito industriale, della sua capacità produttiva e dei suoi livelli occupazionali.
(5-00079)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   su alcuni organi di informazione, quali ad esempio Ravennanotizie.it, è stata riproposta, in data 15 ottobre 2017, 7 marzo 2018 e 18 giugno 2018, la questione del preoccupante andamento della subsidenza e dell'erosione a Lido di Dante, comune di Ravenna, che sta riducendo progressivamente l'arenile e minacciando dune e pineta;

   tra le cause che aggravano il fenomeno vi è con ogni probabilità il prelievo di metano dal sottosuolo troppo prossimo alla costa attraverso il Pozzo di Angela Angelina;

   tra gli impegni programmatici dell'amministrazione di Ravenna vi è quello di realizzare un accordo tra il Ministero dello sviluppo economico e l'Eni per l'interruzione anticipata dell'estrazione di gas dalla piattaforma Angela Angelina entro il 2020/2021 –:

   se intenda fornire un quadro aggiornato sullo stato dell'arenile del lido di Dante e dell'erosione e dell'ingressione marina a Lido di Dante e Lido Adriano;

   se vi sia la disponibilità dell'Eni ad anticipare la chiusura dell'emungimento di gas dalla piattaforma Angela Angelina e se sia stata prevista la dismissione della piattaforma, o eventualmente, la sua riconversione ad altre finalità;

   se, e quando, siano programmati gli interventi annuali di ripascimento delle zone più colpite da subsidenza ed erosione di Lido Adriano e Lido di Dante e a quanto ammontino i costi di tale ripascimento peraltro urgente e necessario.
(4-00605)


   FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 28 maggio 2018 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 giugno 2018 – in considerazione delle risultanze della visura camerale aggiornata, effettuata d'ufficio presso il competente registro delle imprese, e della situazione patrimoniale aggiornata al 31 dicembre 2017, acquisita in sede di revisione, da cui risultava una condizione di sostanziale insolvenza, in quanto a fronte di un attivo patrimoniale pari ad euro 4.531.084, si riscontrava una massa debitoria pari ad euro 5.006.299 ed un patrimonio netto negativo pari ad euro 1.192.471 – la società cooperativa «Cooperativa Servizi Piacentini soc. coop. a.r.l., enunciabile anche CO.SE.PI. soc. coop. a.r.l.» con sede in Piacenza (codice fiscale 00721170330), veniva posta in liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo 2545-terdecies del codice civile;

   una parte significativa del fatturato della detta cooperativa era data dall'attività effettuata per conto della ditta Safta spa, azienda storica nel mondo dell'imballaggio flessibile, tant'è che delle duecento persone attive nella CO.SE.PI. oltre la metà risultava impegnata nell'appalto dell'attività logistica svolta all'interno della predetta ditta Safta;

   è dei giorni scorsi la notizia di manifestazioni davanti alla azienda Safta spa di Piacenza, organizzate dalla USB e nel corso delle quali, a quanto consta all'interrogante, si sarebbero registrate fortissime tensioni per il picchettaggio attuato da sedicenti appartenenti alla detta sigla sindacale, volte a pretendere l'immediata assunzione da parte di Safta spa del personale che la CO.SE.PI utilizzava presso la stessa in ragione del contratto d'appalto;

   ancora una volta, sigle sindacali a giudizio dell'interrogante di residuale quando non irrilevante rappresentatività, hanno tentato d'imporre a Piacenza, e sempre nel delicato comparto dell'attività logistica, regole che tali non sono, elevando a diritto quelle che, sempre secondo l'interrogante, si configurano solamente come pretese contra legem e, quindi, arbitri;

   nell'incontro del 27 giugno 2018, davanti al prefetto di Piacenza, i rappresentati della Safta spa, convocati in ragione dello stato di agitazione attivato dalla predetta organizzazione sindacale USB, non hanno potuto che ribadire l'impossibilità di accogliere la pretesa di quest'ultima volta all'internalizzazione dei lavoratori dell'ex CO.SE.PI, confermando tuttavia la prosecuzione del contratto d'appalto con la cooperativa subentrante (che impiegherà i lavoratori già utilizzati dalla CO.SE.PI.) nonché la corresponsione delle retribuzioni dovute ai lavoratori per il mese di maggio e giugno, sostituendosi dunque sul punto il committente alla cooperativa CO.SE.PI;

   il comportamento della organizzazione sindacale USB, condizionata nell'azione da alcuni noti personaggi della sinistra extraparlamentare piacentina degli anni ’80, sta mettendo a rischio non solo la procedura di cessione di tutto il pacchetto appalti della COSEPI, ma arreca dannose complicazioni al committente –:

   se il Governo non ritenga di disporre le opportune verifiche in relazione a quanto riportato in premessa, soprattutto al fine di adottare le iniziative più opportune per garantire la libertà di recarsi al lavoro da parte dei lavoratori, che non devono subire quelle che l'interrogante giudica ingiustificabili forme di violenza davanti ai cancelli della Safta spa;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare – giusta la sollecitazione del commissario liquidatore ai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico – la possibilità di accelerare (per quanto ex lege possibile) le procedure previste per la liquidazione dell'attivo della CO.SE.PI, il che determinerà il subentro di chi acquisterà i rami d'azienda e la conseguente garanzia per i lavoratori della prosecuzione del rapporto di lavoro.
(4-00619)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Carnevali e altri n. 1-00009, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Bruno Bossio.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Bellucci e altri n. 7-00009, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Meloni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Gemmato n. 4-00557, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Varchi.

  L'interrogazione a risposta scritta Comaroli n. 4-00580, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alessandro Pagano.

  La interrogazione a risposta in Commissione Gadda n. 5-00062, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carnevali, Cenni.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Carnevali n. 1-00009, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 20 del 27 giugno 2018.

   La Camera,

   premesso che:

   negli ultimi anni, i Governi a guida del Partito Democratico hanno perseguito politiche di sviluppo improntate, congiuntamente, alla crescita e all'inclusione sociale, secondo un approccio sistemico e non meramente emergenziale, che ha segnato un cambiamento di paradigma nelle politiche sociali di contrasto alla povertà;

   in particolare, con l'approvazione della legge 15 marzo 2017, n. 33 (legge delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali) e della sua disciplina attuativa (decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà), l'Italia si è dotata strutturalmente – per la prima volta nella sua storia – di una misura unica nazionale di contrasto alla povertà, intesa come impossibilità di disporre dell'insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso;

   la nuova misura unica di contrasto alla povertà è il reddito di inclusione (ReI), individuato dalla nuova disciplina come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale: una misura che non è solo uno strumento di sostegno al reddito, ma un progetto per l'autonomia, dato che il nucleo familiare, affiancato dai servizi territoriali, è tenuto a condividere un percorso finalizzato all'inclusione sociale e lavorativa, che prevede non solo l'attivazione di specifici sostegni, sulla base dei bisogni manifestati complessivamente dalla famiglia, ma anche l'impegno a svolgere specifiche attività, alle quali è condizionata l'erogazione del beneficio;

   il reddito di inclusione si articola in due componenti: un beneficio economico erogato mensilmente come da indirizzi europei e una componente di servizi alla persona, attivata sulla base di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà;

   i servizi sociali territoriali sono componente fondamentale della lotta alla povertà, in quanto portatori di competenza e conoscenza sulla tematica, di buone pratiche e servizi innovativi, ma storicamente scontavano gravi carenze in termini di numero di risorse umane ed economiche e la gradualità dell'estensione del ReI è derivata dalla necessità del loro rafforzamento, tramite l'utilizzo dei fondi del PON inclusione, dei Fondi sociali europei e una percentuale del Fondo nazionale per il contrasto alla povertà;

   pienamente operativo dal 1° gennaio 2018, dopo appena tre mesi, il reddito di inclusione aveva già raggiunto oltre 110 mila famiglie (317 mila persone), cui si devono aggiungere le 119 mila famiglie ancora coperte dal Sia (la misura vigente fino al 2017, destinata ad essere progressivamente sostituita dal ReI): in totale – secondo i dati dell'Osservatorio statistico sul ReI (Inps e Ministero del lavoro e delle politiche sociali) pubblicati il 29 marzo 2018 – nel primo trimestre 2018 sono risultati coperti dalla misura unica nazionale contro la povertà oltre 230 mila nuclei familiari e circa 870 mila persone;

   dal 1° luglio 2018, grazie alle risorse stanziate nella scorsa legislatura, il ReI diventerà una misura pienamente universale, raggiungendo la sua vocazione originaria e superando ogni limitazione categoriale del beneficio: in virtù di questo allargamento già previsto della platea, entro la fine del 2018, i nuclei familiari beneficiari del ReI arriveranno fino a 700 mila, corrispondenti a quasi 2,5 milioni di persone;

   sul tema del contrasto alla povertà, il contratto (rectius programma) di governo dedica molto spazio al cosiddetto Reddito di cittadinanza, ovvero un sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno, per un ammontare fissato in 780 euro mensili per persona, attraverso meccanismi e coperture poche chiare tanto che in una prima bozza del documento programmatico se ne stimavano gli oneri in 17 miliardi di euro, importo poi scomparso nel testo definitivo. Tuttavia, secondo diversi osservatori ed esperti i costi ammonterebbero a circa 30 miliardi di euro;

   per di più, l'ipotesi che tale istituto possa essere riservato esclusivamente ai «cittadini italiani», si scontrerebbe con l'obbligo di rispettare la normativa europea che obbliga alla parità di trattamento nella fruizione delle prestazioni sociali anche per i cittadini comunitari e quelli extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno di lunga durata;

   il reddito di cittadinanza proposto prevede il solo obbligo di iscrizione ai centri per l'impiego – strutture per le quali si propone una significativa e propedeutica implementazione finanziaria ed organizzativa, spostando temporalmente in avanti la reale praticabilità del nuovo strumento di contrasto della povertà facendo così derivare la condizione di povertà esclusivamente dalla situazione lavorativa, a differenza di quanto invece prevede il reddito di inclusione, il quale appropriatamente considera come fattori determinanti anche la condizione di disagio sociale e la povertà educativa;

   la forte aspettativa che si è diffusa, soprattutto in alcune aree del Paese, vista l'entità della misura economica proposta, potrebbe tradursi in una altrettanto forte frustrazione, stante i tanti profili problematici, soprattutto per quanto concerne la sua praticabilità finanziaria;

   sembrerebbe molto più proficuo indirizzare le risorse per aumentare la platea e il beneficio economico previsto dal reddito di inclusione (ReI), un istituto appena partito, introdotto dal Governo pro tempore a guida PD e costruito con progettazione partecipata insieme alla Alleanza contro la povertà, di cui fanno parte realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, sindacati;

   in coerenza con tale impostazione e con le citate novità normative intervenute a decorrere dal 10 luglio, è stata depositata un'apposita proposta di legge finalizzata a:

    a) incrementare l'ammontare del beneficio economico, prevedendo una serie di interventi il cui combinato disposto porterà l'importo massimo del beneficio per una famiglia di 5 componenti a un ammontare pari a 750 euro;

    b) allargare la platea dei beneficiari al fine di portare il numero di famiglie beneficiarie a circa 1 milione e 400 mila, per poi arrivare a raggiungere tutte le famiglie che secondo le stime Istat si trovano in condizioni di povertà nel nostro Paese e rendendo il ReI compiutamente universale non solo nel disegno, ma anche nei suoi effetti generali;

    c) favorire l'occupabilità dei beneficiari del ReI prevedendo che i suoi beneficiari possano accedere all'assegno di ricollocazione previsto dal «Jobs Act», anche in deroga alle condizionalità previste in via ordinaria per l'accesso a quell'istituto (permanenza in Naspi e stato di disoccupazione di durata non inferiore a quattro mesi): inoltre, a titolo di riconoscimento della peculiare condizione di svantaggio dei beneficiari del ReI, si dispone che in caso di successo occupazionale, l'importo dell'assegno di ricollocazione per questi soggetti sia riconosciuto in misura raddoppiata, a parità di altre condizioni;

    d) innalzare la quota del Fondo povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali in ossequio al carattere peculiare del ReI: una misura che non è solo uno strumento di sostegno al reddito, ma un progetto per l'autonomia, dato che il nucleo familiare, affiancato dai servizi territoriali, è tenuto a condividere un percorso finalizzato all'inclusione sociale e lavorativa, che prevede non solo l'attivazione di specifici sostegni, sulla base dei bisogni manifestati complessivamente dalla famiglia, ma anche l'impegno a svolgere specifiche attività, alle quali è condizionata l'erogazione del beneficio,

impegna il Governo:

1) a dare continuità all'applicazione del reddito di inclusione, potenziandone anziché minandone l'architettura stante la sua immediata praticabilità ed efficacia, nonché la dichiarata volontà di tutte le forze politiche, di contrastare la povertà e l'esclusione sociale;

2) a non disperdere e a non vanificare i risultati richiamati in premessa, sopprimendo una misura che funziona e introducendone un'altra che non è definita nei tempi, nei modi, nei costi, né tantomeno nelle coperture finanziarie;

3) ad assumere le iniziative di competenza per non interrompere ed anzi rafforzare il potenziamento dei servizi sociali territoriali, assicurando stanziamenti adeguati e non sottraendo parte delle risorse ai fondi europei messi a disposizione per tale fine;

4) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per potenziare, anche a tali fini, i centri per l'impiego e la rete nazionale delle politiche attive del lavoro, incrementandone la presenza, l'efficienza e la qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale.
(1-00009) (Nuova formulazione) «Carnevali, Gribaudo, Lepri, Viscomi, De Filippo, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Romina Mura, Zan, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani, Bruno Bossio».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Cenni Susanna n. 5-00056, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 19 del 26 giugno 2018.

   CENNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'Istat il lavoro irregolare in agricoltura, cui è associato comunemente il caporalato, ha registrato una crescita costante negli ultimi 10 anni, attestandosi su un valore di circa il 23 per cento, quasi il doppio rispetto al totale degli altri settori economici nazionali;

   nel corso della XVII legislatura, i Governi succedutisi e il Parlamento hanno varato alcune misure per contrastare tale fenomeno;

   l'approvazione della legge 29 ottobre 2016, n. 199, con la finalità di garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto, introducendo significative modifiche al quadro normativo vigente e prevedendo la repressione penale del caporalato, la tutela delle vittime e dei lavoratori agricoli (anche attraverso la Rete del lavoro agricolo di qualità, alla quale possono essere iscritte le imprese agricole le più virtuose, che non hanno riportato condanne per violazioni della normativa in materia; la Rete, con le proprie sezioni territoriali, può fornire collocamento è trasporto legali alle imprese e ai lavoratori agricoli);

   la sottoscrizione, il 27 maggio del 2016, del protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura. L'intesa, firmata dai Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, delle politiche agricole alimentari e forestali, dall'ispettorato nazionale del lavoro, dalle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni di categoria, aveva come finalità principale quella di sostenere e rafforzare gli interventi di contrasto al caporalato e allo sfruttamento su tutto il territorio nazionale anche attraverso politiche di accoglienza e integrazione che consentissero lo smantellamento degli accampamenti di fortuna (cosiddetti ghetti). Tra le azioni principali del protocollo si segnalano: stipula di convenzioni per l'introduzione del servizio di trasporto gratuito; istituzione di presidi medico-sanitari mobili; utilizzo di beni immobili disponibili o confiscati alla criminalità per creare centri di servizio e di assistenza sociosanitari; bandi per promuovere l'ospitalità dei lavoratori stagionali immigrati in condizioni dignitose e salubri; sperimentazione di sportelli di informazione per l'incontro domanda e offerta di servizi abitativi; organizzazione di servizi di distribuzione gratuita di acqua e viveri di prima necessità; potenziamento delle attività di tutela ed informazione ai lavoratori; attivazione di servizi di orientamento al lavoro in prossimità del luogo di stazionamento dei migranti; attivazione di sportelli informativi mobili provvisti di mediatori linguistico-culturali, psicologi e personale competente; istituzione di corsi di lingua italiana e di formazione professionale;

   secondo quanto emerge dall'ultimo rapporto annuale dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale dell'ispettorato nazionale del lavoro nelle ispezioni effettuate nel 2017 sono stati individuati 5.222 lavoratori irregolari, di cui 3.549 in nero, con un tasso d'irregolarità del 50 per cento. L'attività di polizia giudiziaria, inoltre, ha permesso di individuare 387 lavoratori vittime di sfruttamento in agricoltura. Sono stati emessi 360 provvedimenti di sospensione di attività imprenditoriali, 312 dei quali sono stati revocati a seguito di regolarizzazione;

   il protocollo contro il caporalato è scaduto, con le sue relative risorse, il 31 dicembre 2017. Nonostante l'attivazione di alcuni progetti, soprattutto a livello provinciale, il documento non è stato ad oggi prorogato;

   il Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio ha recentemente dichiarato che «la legge sul caporalato va decisamente cambiata». Una posizione espressa anche dal Ministro dell'interno Matteo Salvini che, rispetto alla normativa vigente ha detto: «invece di semplificare complica»;

   in questo clima di incertezza circa le politiche dell'attuale Governo contro lo sfruttamento del lavoro e il caporalato emergono sulla stampa notizie allarmanti sul proliferare di tale fenomeno soprattutto in relazione alla nuova stagione di raccolta del pomodoro. Le stesse associazioni sindacali hanno rimarcato come l'attuale legislazione tardi inspiegabilmente ad essere attuata rispetto agli strumenti di prevenzione, che potrebbero essere attivati anche attraverso la proroga del citato protocollo e con la realizzazione delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità in ogni provincia (legge n. 199 del 2016) –:

  se la lotta al caporalato rappresenti una priorità dell'attuale Governo e se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative urgenti al fine di rafforzare le normative vigenti, a partire dalla riattivazione del protocollo citato in premessa e dalla implementazione delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.
(5-00056)

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Morassut n. 2-00032 del 26 giugno 2018.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Comaroli n. 4-00580 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 20 del 27 giugno 2018. Alla pagina 676, seconda colonna, dalla riga ventunesima alla riga venticinquesima, deve leggersi: «le statistiche dell'organizzazione mondiale del commercio (OMC) collocano Taiwan al diciottesimo posto come Paese esportatore e come ventiduesima economia mondiale per prodotto interno lordo;» e non come stampato.