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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 giugno 2018

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   secondo quanto ripetutamente riportato dalla stampa nazionale e internazionale, nel marzo 2017, sarebbe stato sottoscritto, a Mosca, una sorta di contratto di collaborazione politica tra il segretario della Lega, Matteo Salvini, e il vicesegretario del partito Russia Unita, Sergey Zheleznyak;

   un documento in cui i due partiti si sarebbero impegnati a promuovere le relazioni tra le due parti, con seminari, convegni, viaggi e basato su un cosiddetto «partenariato paritario e confidenziale», nonché la condivisione di esperienze in attività legislative;

   detto accordo rappresenterebbe il suggello alla fitta rete di relazioni e incontri tra rappresentanti delle due forze politiche che avrebbero origine sin dal dicembre 2013, rispetto alle quali non sarebbero estranee anche forme di sostegno economico a favore del partito guidato dal segretario Salvini;

   nel dettaglio, l'articolo 1 dell'accordo dispone che «Le Parti si consulteranno e si scambieranno informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica Italiana, sulle relazioni bilaterali e internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera della struttura del partito, del lavoro organizzato, delle politiche per i giovani, dello sviluppo economico, così come in altri campi di interesse reciproco», mentre negli articoli che vanno dal 2 al 5 si prevede che «le Parti si scambieranno regolarmente delegazioni di partito a vari livelli», «promuovono attivamente le relazioni tra i partiti e i contatti a livello regionale», «promuovono la creazione di relazioni tra i deputati della Duma di Stato dell'Assemblea Federale della Federazione Russa e l'organo legislativo della Repubblica Italiana» prevedendo anche «lo scambio di esperienze in attività legislative». Infine, l'articolo 6 recita: «le Parti promuovono la cooperazione nei settori dell'economia, del commercio e degli investimenti tra i due Paesi»;

   tale accordo ha validità per cinque anni, prorogata automaticamente per successivi periodi di cinque anni, a meno che una delle parti notifichi all'altra parte, entro e non oltre 6 mesi prima della scadenza dell'accordo, la sua intenzione alla cessazione dello stesso;

   come è noto, si assiste ad una delicata fase dei rapporti tra la comunità internazionale e la Federazione Russa, a seguito delle azioni che sono state messe in atto da quest'ultima per compromettere o minacciare l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina che, hanno spinto anche l'Unione europea, attraverso il deliberato del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea, a prorogare di altri sei mesi, fino al 15 settembre 2018, le sanzioni nei confronti della Russia, in linea con quanto deliberato dagli Stati Uniti e dal Giappone;

   mentre possono apparire chiari gli obiettivi della Federazione Russa consistenti secondo gli interpellanti nel creare le condizioni perché uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea si faccia promotore di una frattura all'interno del Consiglio europeo volta a interrompere il regime delle sanzioni per l'aggressione all'Ucraina, suscita preoccupazione la prospettiva che il nostro Paese, anche a seguito di atti negoziali di tale natura, possa radicalmente sovvertire il sistema delle alleanze internazionali che da decenni si è consolidato, sia nei confronti dei partner europei, sia nei rapporti atlantici, nonostante le rassicurazioni formali contenute nel programma di Governo;

   in tale prospettiva, destano particolare preoccupazione le anticipazioni in base alle quali, in sede Nato e Unione europea, alcuni Partner stiano valutando l'opportunità di creare una sorta di «cordone sanitario» volto ad evitare che informazioni di intelligence particolarmente sensibili possano finire in mano al nuovo Governo italiano, anche alla luce del tenore del suddetto accordo –:

   quali siano le possibili conseguenze e ricadute sull'azione del Governo e sulla politica estera italiana dei contenuti del citato accordo e di eventuali forme di sostegno economico tra le due formazioni politiche;

   se non si ritenga che i termini della collaborazione confidenziale prospettata nel suddetto accordo politico, mal si concilino con la delicatezza e la rilevanza delle competenze di un Ministero come quello dell'interno;

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di rassicurare gli storici partner dell'Italia, europei ed atlantici riguardo alla conferma del sistema delle alleanze geopolitiche.
(2-00026) «Fiano, Scalfarotto, Morani, Paita, Rizzo Nervo, Ceccanti, Cantini, Carnevali, Fragomeli, Enrico Borghi, Di Maio, Zardini, Verini, Librandi, Incerti, Morgoni, La Marca, Braga, Ungaro, Pezzopane, Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Ascani, Annibali, Mancini, Andrea Romano, Giorgis, Fassino, Losacco».

Interrogazioni a risposta orale:


   FERRAIOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la regione Campania ha approvato un piano di sviluppo strategico di zona economica speciale (Zes) che secondo l'interrogante non può non definirsi irrazionale;

   la delibera di giunta del 28 marzo 2018 riconosce il beneficio della defiscalizzazione alle aree campane più sviluppate (quelle includenti: i porti di Napoli, di Salerno, di Castellammare di Stabia e le relative aree retro portuali; gli aeroporti di Napoli e di Salerno; gli interporti «Sud Europa» (di Marcianise-Maddaloni) e «Campano» (di Nola); gli agglomerati industriali di Acerra, Arzano-Casoria-Frattamaggiore, Caivano, Torre Annunziata-Castellammare, Marcianise, Marigliano-Nola, Pomigliano, Salerno, Fisciano-Mercato San Severino, Battipaglia, Aversa Nord (Teverola, Carinaro, Gricignano), Ponte Valentino, Valle Ufita, Pianodardine e Calaggio; le aree industriali e logistiche di Napoli est, Bagnoli, Nocera, Sarno, Castel San Giorgio e Contrada Olivola), ma, improvvidamente, depriva del suddetto beneficio proprio le aree economicamente più svantaggiate, che insistono nella parte sud della provincia di Salerno;

   si tratta di zone (il Vallo di Diano, il Cilento e il Golfo di Policastro) che necessitano di infrastrutture indispensabili a colmare una distanza che rende difficile il pieno svolgimento delle attività commerciali e imprenditoriali, anche in ragione della vetustà e della impraticabilità dei collegamenti ferroviari e stradali;

   il sostegno alle potenzialità di quelle terre (agroalimentari, artigianali, culturali, turistiche) sarà concesso, a dire del presidente della regione Campania, con altre modalità di intervento e con investimenti rientranti nella strategia delle Aree interne;

   si persiste ancora in intolleranti rinvii e si segue ancora la vecchia pista dell’«abbandono» che queste medesime terre hanno, nella storia, sistematicamente subito;

   in attesa di nuove infrastrutture, gli sgravi fiscali darebbero forza ad un contesto economico e imprenditoriale ricco solo di potenzialità represse –:

   se il Governo sia a conoscenza della sopra citata delibera della giunta della regione Campania, quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo e se si intenda richiedere, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2018, integrazioni o modifiche al piano di sviluppo strategico in questione.
(3-00015)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la testata della Gazzetta del Mezzogiorno ha annunciato a partire dal 1° agosto 2018 la chiusura delle redazioni di Matera, Brindisi e Barletta;

   si tratta di una decisione che ha suscitato forti reazioni istituzionali e sociali, nonostante l'assicurazione da parte aziendale di mantenere gli organici redazionali;

   si confermano tutte le difficoltà nel fare informazione, in particolare nel Mezzogiorno, e le criticità di modelli che sono assolutamente da respingere, al fine di garantire legami con i territori e pluralismo;

   è paradossale che si decida di chiudere un presidio storico dell'informazione come la redazione di Matera a pochi mesi dall'evento internazionale che interesserà la città quale Capitale europea della cultura 2019;

   un evento straordinario che non può essere contraddistinto da una chiusura di un presidio culturale come può essere la redazione di un giornale;

   il segretario nazionale della Federazione nazionale stampa italiana ha espresso la propria solidarietà ai giornalisti interessati stigmatizzando l'annuncio da parte dell'azienda e assicurando pieno sostegno nella vertenza –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di aprire quanto prima, presso il competente dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, un tavolo di confronto e scongiurare la chiusura delle redazioni, a partire da quella di Matera.
(3-00016)


   ROTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, emergerebbe che l'avvenuta elezione di Matteo Salvini, attuale Ministro dell'interno, nel seggio senatoriale calabrese sarebbe stata resa possibile grazie ad un forte aiuto da parte di Scopelliti, già sindaco di Reggio Calabria, presidente della regione e condannato a quattro anni e sette mesi di reclusione per falso in atto pubblico;

   secondo quanto riportato da un articolo della stampa nazionale, infatti, Scopelliti avrebbe giocato un ruolo decisivo sia nella raccolta del consenso sia nell'assicurare la necessaria liquidità alla campagna elettorale di Salvini nella città di Reggio;

   come riportato da diversi articoli di stampa, Scopelliti sarebbe tra l'altro in rapporti molto stretti, risalenti addirittura al 2001, con Paolo Romeo, già condannato in concorso esterno per associazione mafiosa e imputato nell'inchiesta «Mammasantissima» con l'accusa di essere il «referente strategico della ‘ndrangheta nel gestire e orientare il voto controllato dai clan e dalla massoneria», nell'area di Reggio e più in generale in Calabria;

   a parere dell'interrogante, trasparenza e onestà dovrebbero caratterizzare l'attività di ogni esponente di Governo, ma a maggior ragione dovrebbero presiedere l'azione del Ministero dell'interno per i delicati compiti da questo svolti nella lotta alla criminalità e alle organizzazioni mafiose –:

   se i fatti riportati dagli organi di stampa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Ministro dell'interno fosse a conoscenza dei rapporti tra Scopelliti e Paolo Romeo, e quali siano i rapporti del Ministro dell'interno medesimo con il detenuto Giuseppe Scopelliti.
(3-00018)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRAIOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 119 della Costituzione riconosce alle province, alle città metropolitane, alle regioni e ai comuni autonomia finanziaria «(...) di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci (...)»;

   un'attribuzione (l'autonomia finanziaria) priva di tutela, perché sono troppe le volte in cui il bilancio di previsione di un comune si alimenta di dotazioni individuate ad esercizio finanziario quasi concluso;

   i trasferimenti, la riduzione e/o la redistribuzione di dotazioni (afferenti al cosiddetto «fondo di solidarietà comunale») superano di gran lunga i tempi di predisposizione del bilancio di previsione, che, benché attinente all'anno finanziario successivo, va comunque approvato entro il 31 dicembre dell'anno in corso;

   occorre, dunque, la fissazione di un termine ultimo del procedimento di determinazione delle riduzioni del fondo sperimentale di riequilibrio;

   lo ha precisato, da tempo, la Corte costituzionale (in sede di giudizio di legittimità dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012 – convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;

   di recente, e su queste stesse premesse, il T.a.r. per il Lazio – sede di Roma ha disposto l'annullamento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto del fondo di solidarietà e ha condannato l'Erario a restituire, al comune di Conegliano e agli altri 43 comuni ricorrenti, 24,5 milioni di euro (sentenza 17 febbraio 2017, n. 2554);

   la sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 2201/18), in ragione, ancora, della carenza di un termine ultimo di emanazione del decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei ministri (alla luce della incostituzionalità dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012 ma anche per lesione di un'autonomia finanziaria correlata al principio della certezza delle risorse disponibili di cui al disposto dell'articolo 119, della Costituzione –:

   quali elementi si intentano fornire sui fatti di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al riguardo.
(5-00037)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rotta Algeria-Sardegna da anni rappresenta una delle vie di accesso dell'immigrazione clandestina nel nostro Paese;

   negli ultimi anni si è verificato un incremento preoccupante del numero di migranti sbarcati nell'isola: 343 nel 2015, 1225 nel 2016 e quasi 2000 nel 2018;

   il raddoppio degli arrivi desta un particolare allarme sociale in una regione che ha una popolazione di 1 milione e 600 mila abitanti ed in particolare in una zona come il sud dell'isola, che più di altre patisce gli effetti della crisi economica internazionale e delle numerose vertenze industriali;

   il direttore esecutivo di Frontex, l'agenzia europea per il coordinamento della guardia costiera impegnata nel pattugliamento del Mediterraneo, ha pubblicamente definito questo fenomeno come «una possibile minaccia per la sicurezza», di fatto confermando le preoccupazioni già espresse da altre istituzioni;

   all'inizio del 2018, il Ministro dell'interno pro tempore annunciato la volontà di stipulare un'accordo con l'Algeria al fine di proteggere le frontiere ed effettuare il blocco delle partenze e il rafforzamento della cooperazione sui rimpatri;

   tuttavia, tale volontà politica non si è tradotta in atti concreti e gli sbarchi proseguono a pieno ritmo non solo nei mesi più caldi, ma anche durante l'inverno –:

   se il Governo intenda adottare opportune iniziative volte a stipulare un accordo con l'Algeria al fine di bloccare le partenze verso la Sardegna e proteggere le frontiere dello Stato italiano;

   se il Governo non ritenga indispensabile porre in essere tutte le iniziative di competenze per rendere effettivi i rimpatri degli stranieri sbarcati sulla rotta in questione che non sono titolari del diritto d'asilo;

   se il Governo non ritenga urgente, alla luce di quanto esposto in premessa, rinforzare le risorse umane e materiali delle forze dell'ordine affinché siano adeguate a sostenere il carico di lavoro aggiuntivo generato dal fenomeno degli sbarchi clandestini in Sardegna.
(4-00424)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la fatturazione elettronica tra privati diventerà obbligatoria a partire dal 1o gennaio 2019: già dal prossimo luglio, in particolare, questa modalità di fatturazione riguarderà le cessioni di benzina o gasolio per motori e le prestazioni dei subappaltatori nell'ambito dei pubblici appalti;

   dal 1o gennaio 2019 invece la fatturazione elettronica dovrà essere indistintamente adottata per tutte le operazioni «business to business» attraverso il sistema di interscambio, andando improvvisamente a rimodulare — e a rivoluzionare — i rapporti tra le imprese, impattando inevitabilmente sul fronte degli adempimenti burocratici, in particolare per gli imprenditori di micro e piccole imprese;

   di recente alcune organizzazioni di categoria hanno espresso perplessità al riguardo, ritenendo tale cambiamento eccessivamente repentino soprattutto per le imprese più piccole e chiedendo almeno un avvio graduale dell'obbligo di fatturazione elettronica, scaglionato sulla base della dimensione dell'impresa stessa –:

   quali iniziative si intendano eventualmente intraprendere per evitare di caricare di adempimenti burocratici eccessivi le piccole imprese;

   quali iniziative si intendano adottare per facilitare il passaggio alla fatturazione elettronica per le imprese di ridotte dimensioni, eventualmente rendendo il passaggio stesso graduale e non repentino;

   se si intendano adottare iniziative per l'eventuale abolizione di tale adempimento, in particolare per le micro e piccole imprese.
(4-00430)


   CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 della Convenzione per l'esercizio dei trasporti marittimi in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori, stipulata il 18 giugno 2012, n. repertorio 54, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Compagnia italiana di navigazione, prevede che, con cadenza triennale, le parti procedano alla verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione, secondo i criteri stabiliti dalla direttiva del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del 9 novembre 2007;

   l'accordo, concluso ai sensi dell'articolo 9 della convenzione per l'esercizio dei servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio, siglato il 7 agosto del 2014 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con la società Compagnia italiana di navigazione spa ha previsto lo slittamento del termine del primo periodo regolatorio dal 18 luglio al 31 dicembre 2015;

   tale accordo è stato altresì avallato dall'attuale giunta della regione autonoma della Sardegna con l'intesa concessa con nota n. 1534 del 7 agosto 2014;

   tuttavia, al termine del primo periodo «regolatorio» non risulta che il Governo pro tempore abbia compiuto la verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario, come stabilito dall'articolo 8 della convenzione né risultano particolari sollecitazioni da parte della regione autonoma della Sardegna;

   in risposta ad un'interrogazione, il 16 marzo 2017 l'assessore regionale ha dichiarato che il Ministero si è impegnato a richiedere alla compagnia e trasmettere alla regione la documentazione necessaria. Nonostante ripetuti solleciti in tal senso, a quella data non era ancora pervenuto dal Ministero vigilante quanto atteso;

   tale inerzia stride con una domanda crescente nell'opinione pubblica di interventi politici tesi a cambiare politiche tariffarie incompatibili con il diritto alla mobilità dei cittadini, con le esigenze economiche delle isole interessate e con la necessità di assicurare un efficiente traffico di merci;

   sotto questo ultimo punto di vista, si ricorda altresì che con la decisione A487 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato la Compagnia italiana di navigazione s.p.a., società del gruppo Onorato, con una ammenda di 29 milioni di euro per abuso di posizione dominante in tre direttrici tra la Sardegna e l'Italia continentale (Nord Sardegna-Nord Italia, Nord Sardegna-Centro Italia, Sud Sardegna-Centro Italia), in violazione dell'articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

   in particolare, la condotta contestata si è concretizzata, da un lato, in ritorsioni e penalizzazioni, economiche e commerciali, nei confronti delle imprese di logistica che si sono avvalse dei servizi dei concorrenti, dall'altro, nella concessione di vantaggi competitivi di varia natura alle imprese rimaste fedeli a CIN e Moby, affinché queste ultime potessero sottrarre commesse alle imprese di logistica divenute clienti di compagnie concorrenti dell'impresa dominante;

   tali, gravissimi, fatti richiedono un intervento del Governo che vada anche oltre una semplice verifica della convenzione e investa tutti gli aspetti relativi ai collegamenti marittimi con le isole –:

   se il Governo intenda promuovere una verifica triennale dell'accordo tra lo Stato e la CIN (Tirrenia);

   se intenda chiarire le ragioni che hanno determinato uno slittamento del termine, originariamente previsto per il 18 luglio 2015 al 31 dicembre 2015;

   per quale motivo il primo termine triennale sia spirato inutilmente, senza un intervento del Ministero vigilante;

   se, in vista dell'approssimarsi della seconda scadenza triennale della convenzione, il Governo intenda porre in essere le opportune iniziative al fine di procedere ad una rigorosa verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione.
(4-00443)


   BIANCOFIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la toponomastica italiana dell'Alto Adige non ha nulla a che vedere col fascismo come simbolicamente esponenti politici altoatesini di lingua tedesca vogliono far credere alla popolazione di lingua tedesca e ladina in contrasto con i fatti della storia. Il redattore della stessa infatti, il geografo Ettore Tolomei, iniziò la stesura del prontuario dei nomi italiani dell'Alto Adige nel 1906 che fu poi pubblicato dalla Reale società geografica italiana nel 1916. La redazione fu voluta dunque non certo da Mussolini, ma dal governo Giolitti V;

   l'articolo 8 dello statuto di autonomia del Trentino Alto Adige prevede che: «le Province autonome hanno la potestà di emanare norme legislative in materia di toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano»;

   l'articolo 99 dello statuto stabilisce che: «nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente Statuto è prevista la redazione bilingue»;

   l'articolo 101 dello statuto d'autonomia sancisce che: «la toponomastica italiana è imprescindibile e che la redazione bilingue della toponomastica si attua prevedendo sempre anche una dizione tedesca e inoltre, nei casi dell'art. 102 ladina»;

   nella scorsa legislatura la provincia autonoma di Bolzano ha approvato una legge che, ad avviso dell'interrogante, sovvertiva la lettera dello statuto, cancellando gran parte della toponomastica italiana;

   la stessa è sub judice alla Corte Costituzionale e, per codesta motivazione, dagli esponenti della Südtirolervolkspartei vi è stato il tentativo di anticipare lo scontato pronunciamento della Corte, con norma di attuazione volta a ridurre la toponomastica italiana in Alto Adige, emanata dalle commissioni paritetiche dei sei e dei dodici, che hanno rango costituzionale;

   le commissioni paritetiche dei sei e dei dodici secondo lo Statuto avrebbero dovuto emanare solo 4 norme di attuazione dello statuto d'autonomia ma, ad avviso dell'interrogante, di fatto, si comportano come un «mini parlamento» che senza la procedura rafforzata prevista dall'articolo 138 per la modifica della Costituzione, definiscono con 6 o 12 persone disposizioni destinate di fatto a incidere sullo statuto, che ha rango costituzionale;

   in data 6 giugno 2018 in diversi comuni dell'Alto Adige è stato compiuto l'ennesimo attacco alla toponomastica italiana, imbrattata con adesivi che alludono ad una presunta natura fascista della stessa, da parte di secessionisti;

   gli autori di questo vile atto non sono stati identificati e si presume che il loro scopo fosse provocatorio e propagandistico, in vista delle prossime elezioni provinciali del 21 di ottobre 2018;

   da tempo è tollerato, ad avviso dell'interrogante, dallo Stato italiano un costante eccessivo incremento dell'autonomia da parte della provincia autonoma di Bolzano, tanto più grave perché teso a determinare la sostanziale progressiva sparizione della lingua italiana –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per tutelare la lingua, la cultura e l'identità italiana dell'Alto Adige-Südtirol, secondo quanto previsto dallo stesso statuto d'autonomia e dalla Costituzione e per contrastare efficacemente gli atti e le iniziative di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare gli offensivi costanti richiami al fascismo per propagandare la negatività dello Stato italiano e perlopiù di tutto ciò che è italiano in Alto Adige.
(4-00444)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 68 della Costituzione recita: «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni»;

   di fatto l'insindacabilità è una delle prerogative più importanti del parlamentare e risulta direttamente connessa alla legittima e doverosa funzione ispettiva;

   di recente l'interrogante, nell'ambito delle sue funzioni di parlamentare, ha documentato attraverso una diretta su un noto social network una situazione di degrado nel bolognese, situazione tra l'altro segnalata a più riprese dai cittadini e alla quale ha ritenuto doveroso dare risposta con una forte quanto legittima azione di denuncia pubblica;

   dopo alcuni giorni il video è stato rimosso in quanto non rispondente agli «standard della community in materia di discorsi di incitazione all'odio»; purtroppo, non è la prima volta che la censura di questo social network si abbatte come una scure, e in modo a giudizio dell'interrogante arbitrario, sulle dichiarazioni e sulle opinioni espresse da parlamentari nell'esercizio delle proprie funzioni;

   tali episodi appaiono di grande gravità: chi verifica tali contenuti sembra esercitare una vera e propria forma di censura di carattere repressivo secondo criteri e parametri che non risultano né chiari né definiti e, tra l'altro, nel caso specifico, senza tenere conto della funzione rivestita da chi esprime l'opinione stessa. Nel caso in questione, va precisato inoltre che il video non conteneva alcuna immagine violenta, ma era teso a documentare, secondo le regole del dibattito democratico, una condizione di degrado oggettivo da tempo segnalata;

   a parere dell'interrogante appare doverosa una riflessione al riguardo, al fine di garantire la piena libertà di espressione sancita dalla Costituzione e il pieno riconoscimento delle prerogative dei parlamentari della Repubblica italiana che rappresentano i cittadini e sono chiamati a raccoglierne le istanze;

   al di là del ruolo ricoperto dall'interrogante, andrebbe avviata una ulteriore e generale riflessione sui criteri e i parametri utilizzati da questo social network per limitare l'espressione e la diffusione di opinioni politiche anche da parte dei privati cittadini. Ferma restando la necessità di limitare e rimuovere le immagini e i messaggi violenti, necessità che in questa sede si condivide totalmente, appare opportuno, a parere dell'interrogante, avviare un dibattito sulla possibilità che quella che l'interrogante ritiene una censura possa essere verosimilmente messa in atto relativamente a opinioni politiche percepite come «non allineate» o «di rottura» ma non per questo meno legittime –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative, anche normative si intendano promuovere per garantire ai parlamentari della Repubblica piena libertà di espressione anche sui social network nel rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione;

   se, più in generale e per quanto di competenza, intenda promuovere iniziative, anche normative, volte ad approfondire le modalità con cui tali social network esercitano quello che appare all'interrogante un potere di censura al fine di porre in essere strumenti a garanzia della libera espressione del cittadino.
(4-00452)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   GOBBATO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Austria rappresenta un importante ponte di collegamento fra l'Italia e il resto dell'Europa: in particolare, il 70 per cento delle merci esportate dall'Italia passa attraverso le Alpi e lungo l'asse del Brennero viaggiano ogni anno 47 milioni di tonnellate di merce, producendo il transito di un milione di veicoli industriali;

   il provvedimento emanato dal Tirolo che limita il transito fino ad un massimo di 300 automezzi lungo l'asse del Brennero per un totale di 25 giorni compresi fra il 22 marzo e il 2 luglio danneggia non solo l'autotrasporto ma tutto l’export italiano. I primi giorni di applicazione del divieto hanno causato ritardi nelle consegne dell'autotrasporto internazionale che transita dall'Austria, con gravi disagi nei settori industriali che usano il just-in-time, come la produzione automobilistica;

   tale decisione unilaterale del Governo del Tirolo austriaco, oltre ad essere gravemente negativa per l'economia del nostro Paese, appare lesiva del principio della libera circolazione, garantito dalla direttiva europea 2004/38/CE nonché dagli articoli 28-37 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

   il regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri ribadisce che uno Stato membro nel cui territorio si producono ostacoli alla libera circolazione delle merci dovrebbe adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per ristabilire al più presto la libera circolazione delle merci nel suo territorio, al fine di evitare il rischio che la perturbazione o i danni di cui sopra persistano, si estendano o si aggravino e che si interrompano così i flussi di scambio e le relazioni contrattuali sulle quali sono basati;

   il medesimo regolamento stabilisce che la Commissione, qualora ritenga che in uno Stato membro si stia producendo un ostacolo (inteso come «ostacolo alla libera circolazione delle merci negli Stati membri attribuibile ad uno Stato membro, sia esso dovuto ad un'azione o ad un'inazione di quest'ultimo, che (...) induce una grave perturbazione della libera circolazione delle merci impedendone, ritardandone o deviandone l'importazione, l'esportazione o il transito attraverso uno Stato membro, materialmente o in altro modo») chiede allo Stato membro di adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per rimuovere l'ostacolo entro un termine da essa stabilito in funzione dell'urgenza –:

   se il Governo non ritenga urgente farsi portavoce, presso le sedi europee competenti, della problematica relativa al divieto di transito sull'asse del Brennero imposto dal Tirolo, al fine di addivenire ad una soluzione condivisa che argini gli effetti causati dal traffico di transito attraverso il valico del Brennero, tutelando al contempo gli interessi del comparto dell'autotrasporto, strategico per l'economia nazionale, che sta subendo le gravi conseguenze dell'iniziativa unilaterale austriaca, restrittiva degli scambi tra Stati membri.
(4-00427)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile 2018, per la quinta volta, l'agricoltore Giorgio Fidenato, già noto alle cronache, ha seminato mais nei propri terreni situati a Colloredo di Monte Albano (UD). Nulla di strano, se non fosse che si tratta di mais geneticamente modificato (Ogm), MON 810;

   questo nonostante in Italia, dal 2016, sia stato disposto, in via definitiva, il divieto di coltivazione di mais MON 810 e di tutti i mais transgenici che risultano in corso di autorizzazione;

   il 20 settembre 2017, in risposta ad una interrogazione a risposta immediata in Commissione agricoltura, l'interrogazione n. 5-12209 dei deputati di Sinistra italiana, Serena Pellegrino e Antonio Placido, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore era stato chiaro: «Il divieto di coltivazione è ora deciso dallo Stato membro anche in presenza di un'autorizzazione europea. Pertanto, l'attuale sistema normativo consente di intervenire su tutti i nuovi Ogm per i quali verrà chiesta l'autorizzazione europea alla coltivazione. In ogni caso né per il mais né per altre specie alcuna richiesta è stata presentata per l'immissione in commercio di nuovi Ogm;

   quanto alla coltivazione degli Ogm già autorizzati alla coltivazione, o in corso di autorizzazione, nel nostro Paese è stato disposto, in via definitiva il divieto di coltivazione di mais MON 810 e di tutti i mais transgenici che risultano in corso di autorizzazione all'immissione in commercio»;

   l'attuale sistema normativo, quindi, consente di applicare un divieto pienamente legittimo non solo sul mais MON 810 ma su tutti gli Ogm per i quali venga chiesta autorizzazione europea;

   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro della salute, dopo il parere positivo della Conferenza Stato-regioni, ha trasmesso alla Commissione europea le richieste di esclusione dall'ambito geografico delle domande di autorizzazione già concesse o in via di concessione per sei mais geneticamente modificati, che sono state tutte accettate;

   l'Italia ha detto «no» alle coltivazioni Ogm e, secondo l'interrogante, quelli che cercano ancora di confondere l'opinione pubblica, diffondendo informazioni non corrette in modo da trasformare l'agricoltura italiana in un sistema di poche monoculture, con l'obiettivo di controllare tutta la filiera, ottenendo un profitto economico a discapito della biodiversità e dei diritti di coltivatori e consumatori, dovrebbero accettare tali decisioni delle istituzioni nazionali;

   l'Italia, non ha bisogno di una agricoltura transgenica, è il Paese con il maggior numero di Dop, Igp e Stg in Europa, ben 295. Inoltre, l'Italia ha anche il primato di operatori ed ettari condotti con metodo biologico e, nell'insieme, questo settore frutta al Paese 31,5 miliardi di euro di valore aggiunto (dati dell'Istat riferiti al 2017);

   per questo serve una politica attenta, che sappia difendere questo patrimonio nella consapevolezza che solo puntando su qualità e sostenibilità l'agricoltura italiana avrà un futuro. E, soprattutto, occorre avere una visione e una politica capace di darle sostanza e difenderla. Anche in Europa;

   purtroppo l'Italia rischia anche di subire «tagli», tra il 5 per cento e il 10 per cento, ai fondi per l'agricoltura per il periodo 2021-2027, come proposto, ad inizio di maggio 2018, dalla Commissione europea –:

   se il Governo non intenda avviare ogni iniziativa di competenza affinché si impedisca la coltivazione della piantagione di mais geneticamente modificato (OGM) MON 810, non solo perché la coltivazione degli Ogm non è autorizzata, ma anche perché questa pratica illegale rischia di contaminare irreversibilmente il territorio, anche segnalando i fatti, ove ne sussistano i presupposti, all'autorità giudiziaria.
(4-00438)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Innocent Oseghale, è detenuto in custodia cautelare per le accuse di vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, detenzione di droga a fini di spaccio, ed è sospettato anche per la violenza sessuale e per l'efferato omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa il 30 gennaio, il cui corpo fatto a pezzi fu trovato in due trolley abbandonati sul ciglio della strada tra Pollenza e Macerata;

   per il procuratore di Macerata, dopo aver condotto Pamela nel suo appartamento di Macerata e averle procurato una dose di eroina, Oseghale avrebbe anche costretto la ragazza a un rapporto sessuale. Il Dna trovato sui resti di Pamela lo dimostra in maniera inequivocabile; dagli accertamenti del Ris risulta che Oseghale ha violentato Pamela, l'ha uccisa, ne ha sezionato il corpo cercando malamente di disfarsene;

   la seconda autopsia ha evidenziato due ferite da coltello a fegato e tempia inferte quando Pamela era ancora in vita. Il detenuto è stato spostato di penitenziario, perché appare non opportuna la sua vicinanza ai due connazionali Desmond Lucky, e Lucky Awelima, indagati con le stesse accuse;

   ad oggi, dopo la visita al carcere di Ascoli organizzata da Andrea Nobili, garante per i diritti dei detenuti, all'interrogante, presente all'incontro, è stato reso noto che il detenuto Oseghale, stia lavorando in carcere percependo, a detta del suo avvocato, una cifra di circa 50 euro al mese;

   poiché risulta che Oseghale stia usufruendo della difesa di ben due avvocati, l'interrogante si chiede da chi siano pagati questi avvocati;

   appare all'interrogante paradossale e non ammissibile il principio che chi è sospettato di aver commesso un reato così grave per inaudita crudeltà possa paradossalmente ricevere fondi dallo Stato anche se si trattasse di una cifra simbolica;

   la Corte costituzionale afferma, in diverse statuizioni, che il lavoro penitenziario non è estraneo alla tutela offerta dagli articoli 35 e 36 della Costituzione anche se sottolinea che non si può sostenere «che tale genere di lavoro sia del tutto identico, specie per la sua origine, per le condizioni in cui si svolge, per le finalità cui è diretto e che deve raggiungere» al lavoro svolto in libertà. La peculiarità del lavoro penitenziario deriva dal fatto che esso «è parte del trattamento ed è finalizzato alla redenzione ed il riadattamento del detenuto alla vita sociale, all'acquisto o lo sviluppo dell'abitudine al lavoro e della qualificazione professionale che valgono ad agevolare il reinserimento nella vita sociale»;

   il lavoro svolto alle dipendenze dell'amministrazione ha una natura ontologicamente diversa che giustifica una retribuzione inferiore: «l'amministrazione non si prefigge né utili né guadagni; si avvale di una mano d'opera disorganica, non qualificata, variabile per le punizioni ed i trasferimenti da stabilimento a stabilimento; i prodotti il più delle volte, si vendono sottocosto». Tutto questo, secondo la Corte, legittima una mercede inferiore alle retribuzioni comuni;

   a dire dell'interrogante si dovrebbe sicuramente legittimare e far emergere con nettezza la visione che, in casi prestabilitasi, preveda un programma di «reintegrazione sociale» basato sulla prestazione d'attività lavorative di pubblica utilità presso l'amministrazione penitenziaria, non retribuite, che dovrebbero costituire «una sorta di risarcimento morale capace di rappresentare anche simbolicamente una compensazione per il danno sociale prodotto» –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti sopra esposti e se sia a conoscenza di chi copra i costi degli avvocati di Oseghale;

   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per stabilire il principio che il lavoro svolto alle dipendenze dell'amministrazione carceraria ha una natura ontologicamente diversa che giustifica la mancata retribuzione, anche simbolica, del lavoro svolto, quando il detenuto abbia commesso delitti efferati.
(4-00431)


   FERRAIOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in accoglimento del ricorso del comune di Sala Consilina e dell'Ordine degli avvocati di Lagonegro per l'annullamento del decreto ministeriale (27 ottobre 2015) di soppressione della casa circondariale di Sala Consilina, il Consiglio di Stato (sent. 5113/2017) ha ordinato al Ministero della giustizia:

    a) il rinnovo dell'intero procedimento amministrativo (viziato dal mancato coinvolgimento delle categorie interessate: amministrazione comunale e consiglio degli Ordine degli avvocati);

    b) il ricorso all'istituto della conferenza servizi, per l’«esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti» da effettuarsi in «forma simultanea e in modalità sincrona», il 14 giugno 2018, alle ore 11, presso la stanza n. 312 del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sito in Roma, largo L. Daga, n. 2;

   gli «interessi pubblici coinvolti», testé richiamati, si identificano nella difesa degli interessi dei soggetti che, in quel territorio, esercitano «funzioni essenziali alla adeguata tutela di diritti costituzionalmente garantiti»;

   grave è il vulnus al «principio della territorialità della esecuzione penale»: autorità giudiziarie, avvocati e ogni altro operatore del settore sono obbligati ad utilizzare più case circondariali. Castrovillari (distante 75 km, con tempi di percorrenza di 1 ora e 15); Potenza (oltre 100 km e raggiungibile in 1 ora e 30); Vallo della Lucania (circa 100 km raggiungibile in 1 ora e 10); Eboli, 100 km e tempi di percorrenza superiori a un'ora);

   corrisponde però, all'interesse pubblico da tutelare anche e forse soprattutto la non soppressione di case circondariali utili a contribuire al ridimensionamento di «trattamenti inumani e degradanti» connessi al sovraffollamento carcerario e alla «insufficienza di strutture e al disagio che grava su detenuti ristretti in spazi non corrispondenti allo spazio minimo di vivibilità che l'Unione europea prescrive». E non pochi sono stati i ricorsi alla Corte europea per il rinvio della esecuzione di una pena eseguita «in condizioni degradanti»;

   il «trattamento del detenuto» e «la sua rieducazione in vista della risocializzazione» sono precetti primari (della legge che disciplina l'ordinamento penitenziario e del regolamento che la completa), saldamente ancorati al disposto dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, il quale statuisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del detenuto»;

   la carenza di spazi ha dato occasione a plurime condanne dell'Italia per mancato rispetto dei principi relativi al trattamento penitenziario affermati dal Consiglio di Europa e, dopo i sopralluoghi dell'aprile del 2016, a plurimi «formali inviti» a far sì che «molti istituti di pena non operino ancora al di sopra delle proprie capacità»;

   a questa stessa stigmatizzazione sembra abbia voluto aderire anche il Presidente del Consiglio dei ministri, nella seduta alla Camera dei deputati del 6 giugno 2018, allorché ha rilevato che «ci sono margini di intervento che riguardano anche i detenuti che non devono vivere al di sotto della dignità» –:

   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo.
(4-00435)


   CASSINELLI, BAGNASCO, NAPOLI, GIACOMETTO, PELLA, PORCHIETTO, ROSSO e RUFFINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza n. 5/15, del 9 maggio 2015 - in riferimento ai tragici fatti legati all'incendio occorso il 5 dicembre 2007, in Torino, all'interno del locale stabilimento della Thyssen Krupp Terni s.p.a. (in conseguenza ed a causa del quale sette operai avevano perso la vita e altri tre avevano riportato lesioni personali) - la corte di assise di appello di Torino, all'esito di giudizio di rinvio, ha condannato (tra gli altri) i Sigg.ri Espenhahn Harald e Priegnitz Gerald, entrambi di nazionalità tedesca, alla pena della reclusione rispettivamente di anni 9 e mesi 8 ed anni 6 e mesi 10;

   i suddetti cittadini tedeschi, rispettivamente amministratore delegato della Thyssen Krupp Terni s.p.a e membro sia del comitato esecutivo che del consiglio di amministrazione della medesima società, erano stati riconosciuti colpevoli, dalla stessa corte di assise di appello Torino - con sentenza n. 06/13, del 28 febbraio 2013 (confermata quasi integralmente dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 38343, del 24 aprile 2014) dei reati di omicidio colposo plurimo aggravato dalla previsione dell'evento, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro ed incendio colposo;

   la sentenza della Corte territoriale torinese aveva attribuito, invero, a colpa grave di Espenhahn Herald e Priegnitz Gerald, nelle rispettive qualità, tanto l'incendio sviluppatosi nello stabilimento torinese quanto le tragiche conseguenze che ne erano derivate, ivi compresa la morte dei 7 operai;

   quanto sopra, per avere omesso nonostante la previsione dell'evento, di adottare le prescritte misure di prevenzione e di sicurezza, considerati gli elevati rischi di incendio inerenti al ciclo di produzione dello stabilimento Thyssen (in via meramente esemplificativa: acquisizione del certificato di prevenzione incendi, interventi di manutenzione e pulizia atti a prevenire perdite d'olio e conseguenti incendi, installazione di sistemi di rilevamento e spegnimento automatico degli incendi, dotazione agli operai di indumenti ignifughi, adeguata formazione degli stessi, copertura dell'organico);

   l'imputato Espenhahn Herald, in particolare, è stato condannato anche per avere impartito disposizioni, nella sua qualità di amministratore delegato della Thyssen Krupp Terni s.p.a, affinché i fondi già destinati alla messa in sicurezza dello stabilimento torinese rimanessero accantonati in attesa del trasferimento, a Terni, della linea produttiva;

   la sentenza della Corte di assise di appello che, all'esito del giudizio di rinvio, ha inflitto, a Espenhahn Harald e Priegnitz Gerald, le pene, rispettivamente, di anni 9 e mesi 8 ed anni 6 e mesi 10, è passata in giudicato in data 13 maggio 2016 (con il rigetto, da parte della Corte di Cassazione - sent. n. 52511/16 - delle impugnazioni proposte dagli imputati);

   i suddetti imputati, condannati in via definitiva, si trovano in stato di libertà sul territorio tedesco, stante la mancata esecuzione, da parte della magistratura tedesca (procura generale di Essen), della sentenza della Corte di assise di appello di Torino, in spregio degli accordi bilaterali Italia-Germania;

   il ritardo nella esecuzione della sentenza in questione, anche in considerazione della tragicità degli eventi che l'hanno determinata, si mostra intollerabile;

   il Governo italiano non può rimanere indifferente al mancato rispetto, da parte delle autorità tedesche, tanto di una pronuncia giurisdizionale italiana quanto di un trattato internazionale di cooperazione –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere nei confronti del Governo tedesco in ordine alla mancata esecuzione della sentenza di cui in premessa affinché sia assicurata, nel minor tempo, la esecuzione de qua.
(4-00436)


   FERRAIOLI e SISTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 maggio 2018, gli uffici del palazzo di giustizia di Bari sono stati trasferiti in tende da campo provvisorie allestite dalla Protezione civile, su ordine di sgombero per grave ed impellente esposizione a rischio strutturale, disposto previa certificazione di un esperto (ingegner Amedeo Vitone), a tanto investito da funzionari dell'Inail;

   la scelta, benché obbligata non è, di certo, rispettosa del diritto alla giurisdizione (articoli 2, 3 secondo comma, 24, 25 della Costituzione) e delle norme sulla giurisdizione di cui alle sezioni I e II del titolo IV, della Costituzione, posto che sotto le tende vengono disposti solo rinvii dei procedimenti e solo una minima parte delle attività urgenti del tribunale è stata smistata in Bari, nell'edificio di Piazza De Nicola;

   il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (dottor Giovanni Legnini) ha dichiarato al riguardo (Gazzetta del Mezzogiorno 28 maggio 2018) che l'emergenza va risolta in tempi brevi, perché compromette il lavoro di una magistratura impegnata in prima linea a contrastare la criminalità organizzata e che occorrono soluzioni diverse per fronteggiare le condotte dei clan malavitosi;

   il presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Bari (dottor Giuseppe Battista) ha, intanto, giudicato «deludente, anzi sconfortante» l'incontro tenutosi al Ministero della giustizia (lo si legge su La Repubblica del 3 giugno 2018) e incombente il rischio di vanificare quanto documentato in corso di indagini, essendo davvero innumerevoli i procedimenti penali in corso, registrati presso la procura della Repubblica di Bari;

   va registrato lo sconcertante dato della disponibilità di immobili già in condizioni di accogliere gli uffici giudiziari «sospesi», senza che vi sia alcuna sensibilità a consentirne la fruizione, optando il Ministero per insostenibili scelte a danno dei cittadini –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato – al di là di quello che appare agli interroganti un «sopralluogo mediatico» inutilmente effettuato – intenda assumere per il regolare, efficiente e decoroso svolgimento dell'attività giudiziaria a Bari, oggi così malamente e vergognosamente negata.
(4-00448)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Trenitalia è una azienda controllata dal gruppo Ferrovie dello Stato Italiane spa, a sua volta una società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   i «Frecciargento» sono quindi (si legge nel sito istituzionale dell'azienda) «treni del Gruppo Ferrovie dello Stato che percorrono sia la linea Alta Velocità che le linee tradizionali viaggiando fino a 250 chilometri orari con collegamenti che accorciano la distanza tra Roma e alcuni dei principali bacini metropolitani italiani»;

   l'attuale offerta di Trenitalia relativa all'alta velocità per i «Frecciargento» prevede anche due treni che permettono di percorrere la tratta da Roma a Genova in meno di 4 ore con fermate a Firenze, Pisa e La Spezia. In particolare, con partenza da Genova alle 6:10 e ritorno da Roma alle ore 19:45;

   tali treni sono utilizzati da una utenza vasta e differenziata proprio in virtù della loro competitività in termini di tempo di percorso, dal momento che l'utilizzo della linea ad alta velocità consente al capoluogo ligure ed al territorio costiero della Toscana del nord di poter raggiungere con rapidità la Capitale;

   la tratta ferroviaria ad alta velocità sopracitata Genova-Roma non contempla, però, la fermata della stazione di Massa, capoluogo della provincia di Massa-Carrara;

   Massa è quindi l'unico capoluogo di provincia in cui non è prevista una sosta della tratta in questione; si tratta di una esclusione che taglia di fatto dalla linea ad alta velocità Genova-Roma un ampio e diversificato bacino d'utenza, penalizzando numerosi viaggiatori e pendolari che per poter spostarsi verso queste mete devono utilizzare percorsi alternativi con numerosi cambi di treni e tempistiche maggiori;

   un sistema di mobilità moderna ed efficiente rappresenta un obiettivo strategico per la costruzione di politiche tese a promuovere sviluppo sostenibile, strategie di crescita economica e di progresso sociale, migliori condizioni di tutela della salute dei cittadini –:

   se i Ministri interrogati ritengano opportuno mettere in campo le iniziative di competenza per consentire al bacino di utenza della provincia di Massa-Carrara di beneficiare della tratta Genova-Roma richiamata in premessa e di usufruire quindi della linea ad alta velocità, utilizzando la stazione situata nel capoluogo, nel rispetto della mission istituzionale e dell'autonomia gestionale di Trenitalia.
(5-00035)

Interrogazioni a risposta scritta:


   INVERNIZZI e TOMBOLATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con parere 30/3/2018 n. 300/A/2689/18/105/20/3 il Ministero dell'interno ha risposto ad una richiesta di chiarimenti da parte della prefettura di Arezzo circa l'uso della targa di prova sui veicoli sprovvisti di copertura per la responsabilità civile auto, specificando che, diversamente dalla prassi ormai consolidata, l'autorizzazione alla circolazione di prova di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ha il solo scopo di evitare di munire della carta di circolazione un veicolo che circola su strada per determinate esigenze;

   secondo il parere del Viminale, a poter circolare con targa di prova possono essere esclusivamente i veicoli non immatricolati e in genere i veicoli privi di carta di circolazione, compresi quelli per i quali in conseguenza di variazioni tecniche deve essere aggiornata;

   questo parere sancisce quindi l'invalidità dell'autorizzazione di prova (e della relativa targa) se questa viene adoperata per spostare o testare un veicolo usato (già immatricolato). Il Ministero dell'interno afferma che «il fatto che tra i soggetti che possono richiedere ed ottenere l'autorizzazione alla circolazione di prova siano inclusi anche gli esercenti di officine di riparazione e di trasformazione, non implica affatto che il titolo autorizzativo in esame possa anche servire per la circolazione dei veicoli immatricolati non revisionati, privi di assicurazione RCA». Le officine quindi, paradossalmente, non possono più utilizzare questa targa per testare un veicolo in riparazione;

   questa interpretazione danneggia tutti i soggetti che attualmente utilizzano, nel rispetto dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474 (Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli), l'autorizzazione di prova per motivi di lavoro su veicoli immatricolati: commercianti di automobili usate, esercenti di officine di riparazione e carrozzerie;

   il regolamento di cui sopra prevede, infatti, che l'obbligo di munire della carta di circolazione di cui agli articoli 93, 110 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento, non sussiste per determinati soggetti se autorizzati alla circolazione di prova rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fra cui: le fabbriche costruttrici di veicoli a motore e di rimorchi e i commercianti autorizzati, le fabbriche costruttrici di carrozzerie e di pneumatici, gli esercenti di officine di riparazione e di trasformazione;

   il parere del Ministero dell'interno è, a giudizio degli interroganti, palesemente in contrasto con il decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001, in considerazione del fatto che ovviamente i veicoli da testare da parte di officine, produttori di pneumatici e di allestimenti per verificarne il corretto funzionamento nonché da parte di commercianti di auto usate per far provare l'auto su strada a possibili acquirenti, sono già immatricolati. Questo parere rende, di fatto, inutile uno strumento fondamentale nella gestione di alcune attività commerciali;

   in questa fase di confusione creata da una contraddizione fra interpretazioni della norma, sembra che siano già state comminate le prime sanzioni a carico di chi utilizza targhe di prova su veicoli immatricolati, fino a prevedere il sequestro della vettura ai sensi dell'articolo 193 del codice della strada (obbligo dell'assicurazione di responsabilità civile) –:

   se i Ministri interrogati non ritengano urgente assumere iniziative per chiarire definitivamente e univocamente che i soggetti di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, sono autorizzati a circolare, per esigenze strettamente connesse alla propria attività lavorativa, con veicoli muniti di targa di prova, anche se immatricolati.
(4-00425)


   DURIGON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalle notizie in possesso dell'interrogante, nell'ultimo anno nel comune di Roma sono state comminate 800.000 sanzioni sul medesimo tratto di strada per la medesima violazione: ossia la circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto di cui all'articolo 7, comma 14, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

   il caso specifico si riferisce ad un tratto di 400 metri di via di Portonaccio, una strada che congiunge due direttive importanti di Roma, via Prenestina e via Tiburtina, che dal giorno 24 aprile 2017 è stato ripristinato come corsia preferenziale, dopo 8 anni in cui il traffico era stato aperto a tutti i veicoli senza restrizioni;

   posizionando una telecamera per controllare le violazioni senza apporre un'adeguata segnaletica per avvertire la diversa classificazione della strada, in 6 mesi sono stati multati circa 20 mila cittadini, molti dei quali più volte al giorno in quanto hanno utilizzato quella strada nel loro abituale percorso casa-lavoro e sono venuti a conoscenza della violazione solo dopo aver ricevuto le prime contestazioni;

   gli automobilisti che si sono visti recapitare multe da 94,88 euro cadauna per aver percorso un tratto di strada che ignoravano fosse riservato ai mezzi pubblici hanno costituito comitati, investito del problema gli organi di stampa, hanno presentato ricorsi, un esposto alla Corte dei conti e una denuncia per danno erariale per truffa aggravata alla procura della Repubblica, ritenendo la segnaletica orizzontale e verticale inadeguata, la comunicazione per l'avviso del ripristino dell'uso riservato del tratto stradale non chiara, il mantenimento della segnaletica preesistente disorientante;

   sembra che l'orientamento del prefetto sia quello di accogliere i ricorsi antecedenti alla data del 25 luglio 2017, giorno in cui il comune ha provveduto ad un nuovo intervento di segnaletica orizzontale, rigettando invece quelli successivi, mentre l'orientamento del giudice di pace, anche se non nella totalità dei casi, sembra essere quello di accogliere i ricorsi fino al 26 ottobre 2017, data del posizionamento di un cartellone verticale;

   il rifacimento della segnaletica stradale orizzontale e verticale per ben 4 volte sembra all'interrogante costituire di per sé un'ammissione di responsabilità, che va a confermare la buona fede dei cittadini e la negligenza del comune, tesi confermata dalla nota del 21 luglio 2017 del vice comandante dei vigili urbani, che riteneva la «Segnaletica come non idonea, dato il numero elevato di sanzioni»;

   ad oggi, la corsia preferenziale in questione è segnalata con segnaletica orizzontale (appena ridisegnata dopo numerosi solleciti, perché non più visibile) e un cartellone verticale posizionato davanti alla fermata dell'autobus, a 200 metri dall'ingresso del tratto interdetto. Si registrano pertanto tuttora circa 2.000 passaggi al giorno, che potenzialmente possono essere quantificati in 5,7 milioni di euro al mese –:

   se il Governo sia a conoscenza della problematica di cui sopra che ha interessato migliaia di cittadini e quali iniziative intenda mettere in atto, anche sul piano normativo, per evitare situazioni come quella descritta considerati i gravi problemi economici che si stanno abbattendo sulle famiglie che si sono viste comminare sanzioni per importi molto elevati per aver violato il divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto per cause non imputabili alla propria negligenza, bensì ad una segnaletica orizzontale e verticale poco chiara e ad una comunicazione approssimativa da parte delle amministrazioni.
(4-00433)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Terzo valico è una delle opere contestate dal Ministro Luigi Di Maio che, durante la campagna elettorale, ha preso l'impegno di non realizzare più quest'opera affermando: «Se andremo al Governo verrò a Genova a dire che il Terzo valico non si fa più»;

   il contratto di Governo prevede che il Terzo valico, al pari di altre infrastrutture decisive per lo sviluppo e la crescita del Paese, sia sottoposta a una valutazione del rapporto costi/benefici;

   è incredibile pensare di fermare un'opera per la quale sono stati già compiuti tutti i passaggi amministrativi necessari a realizzarla, ossia un'infrastruttura finanziata interamente dal Cipe per un totale di 6 miliardi di euro, che fa parte del piano strategico nazionale, che vede 28 cantieri operativi ed è ad uno stato di avanzamento del 25 per cento);

   si tratta di un'opera indispensabile, finalizzata al potenziamento dei collegamenti tra il sistema portuale ligure, le principali linee ferroviarie del Nord Italia e il resto dell'Europa. In particolare, l'infrastruttura è determinante per sviluppare i traffici commerciali tra il porto di Genova e quello di Rotterdam. L'opera rappresenta quindi un'occasione di sviluppo per piccole e medie imprese italiane, attraverso un cambiamento radicale dei volumi e del modello di trasporto merci;

   il Terzo valico è l'unica infrastruttura che può permettere a Genova di arrivare al centro dell'Europa con le merci sbarcate nel porto. Un aggancio che armatori, terminalisti, spedizionieri, operatori della logistica, imprese industriali e tutto il mondo del lavoro invocano da anni. Per Genova, una città portuale che ora ha scoperto anche la sua vocazione turistica, uscire dall'isolamento è fondamentale e per raggiungere questo obiettivo il valico è l'opera simbolo;

   il «no al Terzo valico» causerebbe inoltre penali rilevanti: quelle per i mancati utili e quelle relative alle opere per ripristinare il territorio. Un costo di circa 2 miliardi di euro;

   il Partito Democratico ritiene quest'opera fondamentale e chiede di proseguire senza tentennamenti nei lavori –:

   quale sia la posizione ufficiale del Governo sull'opera del Terzo valico in relazione alla prosecuzione del cantiere e, in ogni caso, quale sia la tempistica con cui si procederà alla valutazione costi/benefici;

   se non si ritenga utile, in ogni caso, programmare anche la tratta Tortona-Milano, considerato che la galleria di base rappresenta uno stralcio del collegamento tra Genova e Milano, con un aggancio all'intero sistema veloce ad alta capacità, dando in questo modo completezza all'opera;

   se sia intenzione del Governo inserire nella programmazione anche la Novi-Torino per realizzare una connessione veloce e completa tra i tre vertici di quel triangolo industriale che tanto ha contributo e contribuisce alla crescita del Paese, consentendo al Nord-ovest di consolidare la sua storica vocazione industriale e di far crescere gli ossei produttivi connessi alla portualità, alla logistica e al turismo.
(4-00439)


   CASSINELLI, BAGNASCO e MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la tratta ferroviaria che collega Cuneo a Nizza e Ventimiglia, biforcandosi a Breil-sur-Roya in territorio francese, è stata costruita tra il 1883 e il 1928 con imponenti opere di ingegneria (81 tunnel e 407 ponti) risultando una delle più grandi opere realizzate e meta preferita, per i suoi panorami, dell'élite internazionale;

   dopo un primo rinvio, dal 1° maggio al 13 luglio 2017 e la chiusura dal 4 settembre 2017 per lavori di messa in sicurezza sui binari francesi in valle Roya, la riapertura della suddetta linea ferroviaria potrebbe slittare ancora e, da allora, la circolazione è garantita da bus sostitutivi;

   il primo rinvio era dipeso dallo sciopero delle ferrovie francesi contro la riforma del Premier Macron sulla concessione in appalto di alcune linee statali. Sciopero che, di per sé, non ha bloccato la circolazione dei convogli in Francia, ma impedirà l'arrivo sulla Cuneo-Ventimiglia di un treno diagnostico, per il collaudo definitivo dei cantieri. Operazione che, secondo gli uffici delle ferrovie francesi, non sarà possibile prima di luglio 2018;

   questo ulteriore rinvio non è accettabile e si registra il silenzio sul tema da parte dei canali ufficiali del gestore della rete ferroviaria francese. Fonti ufficiose e non ufficiali, infatti, riferiscono di una riapertura della linea che avverrà non prima del 22 luglio, limitando così in modo consistente il flusso turistico in piena stagione estiva;

   il treno è stato definito dai principali operatori turistici come «Treno delle Meraviglie» o «Train des Merveilles» perché attraversa località spettacolari, quanto inaccessibili altrimenti, della Valle della Meraviglie; la tratta ferroviaria ha assunto un ruolo primario per il turismo ambientale non sostituibile con altre forme di collegamento;

   il rinnovo della Convenzione del 1970 per un'equa ripartizione delle spese di manutenzione tra i due Stati, oggi gravanti solo sull'Italia, permetterebbe il mantenimento della linea a lungo termine, il ritorno alla velocità iniziale per una grande efficacia della circolazione con 8 andate-ritorni tra Cuneo e Ventimiglia come accadeva prima del 2013, l'eliminazione del bus tra Breil e Tenda, buone connessioni tra treni francesi e italiani e la riapertura della Valle Roja agli scambi internazionali;

   numerose sono le manifestazioni di protesta, in Italia come in Francia, sui danni economici e d'immagine che produce la situazione in cui versa la tratta ferroviaria su citata. L'ultima protesta in ordine di tempo ha unito centinaia di persone tra cittadini e amministratori italo-francesi che hanno manifestato il 10 giugno 2018 in Francia nelle stazioni di Breil Sur Roya e Nizza, per la difesa e il potenziamento della tratta internazionale –:

   se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa volta a istituire in tempi rapidi un tavolo di concertazione tra le regioni Liguria e Piemonte, le istituzioni francesi, l'Anas e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in qualità di soggetti istituzionali titolari delle competenze per la strada statale 20 e la linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia-Nizza per rendere sostenibile a lungo termine la suddetta tratta e rendere sicuro il passaggio stradale del colle di Tenda, complementare al tunnel ferroviario, in modo da fornire risposte concrete a cittadini, imprese e strutture ricettive che da tale situazione sono seriamente danneggiati;

   come intenda intervenire per chiedere garanzie in ordine ai finanziamenti promessi dagli enti francesi per il potenziamento della tratta internazionale e ripristino della velocità a 80 km/h in valle Roya.
(4-00451)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIAMPI, CECCANTI e CENNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 5 giugno 2018 due carabinieri sono stati aggrediti a Pisa da ambulanti abusivi di nazionalità senegalese nel corso di un controllo che ha portato al sequestro di circa 160 borse falsificate. I due agenti sono stati medicati in ospedale; un militare ha riportato la frattura del setto nasale, con una prognosi di 30 giorni, l'altro una distorsione al dito di una mano;

   l'aggressione si è verificata in via Vecchia Barbaricina, una strada pedonale del centro storico nei pressi del Duomo dove sono spesso presenti numerosi venditori di merce contraffatta;

   l'aggressione è stata condannata dalle autorità locali e nazionali e dalle associazioni sindacali di categoria. Solidarietà e scuse sono state espresse anche dal presidente della Comunità senegalese Pontedera e segretario generale del Coordinamento delle associazioni senegalesi Toscana Mamadou Diop;

   il Ministro interrogato ha reagito a tale aggressione con un tweet sui social media: «Serve #tolleranzazero: espulsioni per i clandestini e restituzione alle nostre città di un clima di legalità, questo è il mio obiettivo»;

   emerge da fonti stampa che i venditori ambulanti presenti nel centro storico di Pisa sarebbero, nella maggior parte dei casi, cittadini extracomunitari con regolare permesso di soggiorno e quindi non clandestini;

   il Comitato provinciale per l'ordine pubblico ha deciso di intensificare i controlli e le misure di contrasto all'abusivismo commerciale intorno a piazza dei Miracoli, a Pisa, e nelle vicinanze degli altri mercati cittadini;

   a seguito di alcuni controlli è stato scoperto nei giorni scorsi nel centro di Pisa un laboratorio per la produzione di occhiali con false griffe destinati al mercato cittadino degli ambulanti abusivi. Nel corso della perquisizione sono stati sequestrati 6000 paia di occhiali e 27000 etichette di marche famose;

   va rimarcato in questo contesto come la contraffazione abbia un fatturato in Italia pari a 6 miliardi e 900 milioni di euro e sottragga all'economia «legale» nazionale 18,6 miliardi di euro di produzione, 6 miliardi e 700 milioni di euro di valore aggiunto, 5 miliardi e 700 milioni di euro di entrate erariali (circa il 2,3 per cento del totale delle entrate) e 100.000 unità di lavoro;

   le filiere della contraffazione sono nella maggior parte dei casi gestite direttamente dalla criminalità organizzata sfruttando cittadini immigrati. Le mafie hanno da tempo infatti previsto l'ampio potenziale di questa tipologia di illecito, che presenta buoni margini di guadagno a fronte di un modesto rischio di carattere penale –:

   se ad oggi nel centro storico di Pisa risultino presenti ancora venditori abusivi ambulanti;

   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga necessario mettere in campo al fine di contrastare tale situazione di illegalità, al di là di quelli che appaiono agli interroganti annunci «ad effetto»;

   se non ritenga necessario adottare iniziative volte a prevedere strumenti adeguati a contrastare il fenomeno della contraffazione.
(5-00038)

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA, FIANO, ROSATO, ENRICO BORGHI, ROTTA, MORANI, FASSINO, DE FILIPPO, PICCOLI NARDELLI, SERRACCHIANI, VAZIO, UNGARO, D'ALESSANDRO, ANNIBALI, GAVINO MANCA, PAITA, MARCO DI MAIO, DEL BARBA, QUARTAPELLE PROCOPIO, BRAGA, ASCANI, DE MARIA, NARDI, CARNEVALI, PEZZOPANE, MOR, MORETTO, LACARRA, VISCOMI, FREGOLENT, FRAGOMELI, CARLA CANTONE, NOJA, SCALFAROTTO, CIAMPI, BERLINGHIERI, BENAMATI, MORGONI, SENSI, DE LUCA, SIANI, BONOMO, PELLICANI, CANTINI, TOPO, MIGLIORE, CECCANTI, ROMINA MURA, CRITELLI, GIORGIS, CARÈ e GARIGLIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 9 giugno 2018, è stato concesso da parte dell'amministrazione comunale di Gazzada Schianno (Varese) l'uso della sala consiliare, per un dibattito dal titolo «Il costo della libertà - la forma della giustizia partigiana nella Varese liberata» in cui verrà presentato il libro «Sangue senza valore» di Alessandro Limido, presidente di Do.RA., su richiesta di un cittadino vicino, secondo quanto emerso da articoli di stampa (La Repubblica, 6 giugno 2018), a movimenti di estrema destra;

   il presidente Limido figura tra gli indagati nell'inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Busto Arsizio nel dicembre 2017, a seguito delle perquisizioni effettuate da Digos e Antiterrorismo nei confronti dei militanti di estrema destra «Do.ra. Comunità militante dei Dodici Raggi», una delle più organizzate comunità di estrema destra sul territorio italiano. In tale occasione sono stati sequestrati strumenti atti all'offesa e armi bianche (svastiche, pugnali, cartucce a salve, asce) e grande quantità di materiale documentale riportante simboli e vessilli nazisti;

   gli interroganti sottolineano come cinque esponenti dell'associazione «Do.Ra.» siano stati deferiti per i reati di riunione pubblica non preavvisata, deturpamento e invasione di terreni, commessi il 4 dicembre 2017 presso il sacrario ai caduti partigiani di San Martino di Duno (Varese);

   gli interroganti evidenziano come in questi anni Do.ra abbia propagandato messaggi razzisti e xenofobi sul web e in occasione di cortei ed eventi pubblici, tra i quali si ricorda il festeggiamento dell'anniversario della nascita di Adolf Hitler e la ripetuta profanazione del sacrario eretto in memoria dei caduti partigiani sul Monte San Martino. Si ricorda altresì che il gruppo ha promosso tramite web, una petizione on-line con l'intento di chiedere «la messa fuorilegge dell'associazione nazionale partigiani d'Italia, la chiusura di tutte le sezioni e i processi per crimini di guerra dei partigiani ancora viventi». La questura di Varese ha presentito rapporto all'autorità giudiziaria in ordine a tale petizione, per le valutazioni di competenza rispetto alla sussistenza dei comportamenti che integrino fattispecie di reato, come si evince dalla risposta del Ministro dell'interno pro tempore alla interrogazione n. 4-07077 presentata dalla prima firmataria del presente atto;

   il movimento risulta essere inoltre vicino a tifoserie calcistiche di estrema destra e ha legami con altre formazioni che si ispirano al nazionalsocialismo, come il Manipolo d'Avanguardia Bergamo –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione al proliferare di gruppi estremisti di stampo fascista e neonazista, tra cui la comunità militante «Dodici Raggi» e quali iniziative intenda adottare per quanto di competenza, al fine di evitare la recrudescenza di atti violenti ed intimidatori, ed evitare la presenza, nelle manifestazioni organizzate da tali movimenti, di simboli fascisti o eventuali richiami al disciolto partito fascista o a ideologie inneggianti la discriminazione razziale, etnica o religiosa;

   vista la crescente dimensione del fenomeno, se il Ministro intenda procedere con il rafforzamento di un osservatorio per il monitoraggio di episodi di neofascismo;

   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte a limitare la possibilità di svolgere eventi in spazi istituzionali allorché siano promossi o organizzati da soggetti coinvolti in procedimenti giudiziari per fattispecie come quelle sopra richiamate, evitando così che possano ripetersi situazioni analoghe a quella descritta, in cui la sindaca di Gazzada Schianno, nel concedere l'utilizzo della sala consiliare sopracitata e nel partecipare all'evento, ha di fatto favorito, a giudizio degli interroganti, iniziative di divulgazione di un sodalizio neonazista già al centro di un'inchiesta della procura della Repubblica di Busto Arsizio.
(4-00450)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da diversi articoli di stampa, tra cui un articolo pubblicato su Il Messaggero cronaca di Roma del 7 giugno 2018 si apprende che al liceo Socrate di Roma, nel quartiere Garbatella, un gruppo di ragazzi, iscritti all'ultimo anno in una sezione dello scientifico, si è fatto immortalare mentre facevano il saluto fascista, con il braccio destro alzato;

   il 1° giugno scorso, uno dei professori dei ragazzi, tutti minorenni, ha ricevuto sul suo cellulare la foto in questione e ha subito spedito un'informativa alla preside del liceo;

   dalla dirigente scolastica dell'istituto, tuttavia, il caso è stato derubricato a mero episodio goliardico sebbene riconosciuto come inopportuno. La stessa preside avrebbe chiesto spiegazioni ai ragazzi, i quali avrebbero risposto che il saluto romano era stato fatto per puro intento giocoso;

   la conclusione della preside è stata quindi che il saluto fascista quando è commemorativo e non violento non è reato e va inquadrato tra le «libertà di espressione e di manifestazione del pensiero costituzionalmente garantito»;

   la dirigente, quindi, non ha ritenuto opportuno indire un consiglio straordinario sul caso e ha rimandato la discussione in sede di scrutinio e ha giustificato i ragazzi sulla base del fatto che durante la foto fossero sorridenti e in posa e non avrebbero testimoniato la volontà di ricostituzione di organizzazioni fasciste. Queste sue osservazioni sono state poi trasmesse al consiglio di classe, ai genitori e ai rappresentanti;

   a parere dell'interrogante non è ammissibile parlare di libertà di espressione e un saluto fascista non può essere definito «una goliardata» e, nella fattispecie, a un gesto sbagliato, più o meno consapevole dei ragazzi, si aggiunge l'inadeguatezza della preside: con i valori antifascisti della Repubblica non si scherza, a maggior ragione quando si parla dell'istituzione scolastica che deve promuovere formazione e conoscenza –:

   se il Ministro interrogato intenda fare chiarezza sulla vicenda esposta in premessa e se intenda attivarsi, per quanto di competenza, affinché vi sia un intervento deciso da parte dell'ufficio scolastico regionale del Lazio.
(4-00432)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la salute dei lavoratori è un bene prezioso da tutelare per legge (decreto legislativo n. 81 del 2008). La sua tutela compete al datore di lavoro e i costi per esercitarla gravano sul medesimo;

   dal 1992 la categoria professionale degli insegnanti ha subito quattro riforme previdenziali «al buio» (cioè senza valutazione della variabile salute) che l'hanno proiettata dalle «baby-pensioni» ai 66 anni e 7 mesi per la quiescenza;

   la medesima categoria non ha mai visto riconosciute le proprie malattie professionali che, secondo gli studi attualmente disponibili in Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Giappone e altri Paesi, sono prevalentemente di natura psichiatrica, a causa dell'alta usura psicofisica per l'esercizio della professione (helping profession);

   l'attività di prevenzione dello stress lavoro correlato (Slc) prevista nel decreto legislativo n. 81 del 2008 non è stata finanziata con fondi ad hoc e dunque non è stato possibile informare i docenti circa i loro rischi, né formare i dirigenti scolastici circa le loro incombenze medico-legali;

   l'articolo 28 del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2008, a parere degli interroganti totalmente disapplicato, in quanto non finanziato con fondi ad hoc, prevede specificamente la tutela del lavoratore secondo genere ed età. Poiché le donne rappresentano l'82 per cento del corpo docente risulta particolarmente penalizzato e dunque discriminato il genere femminile, che presenta peraltro un'età media di 50,2 anni: periodo in cui il rischio depressivo risulta quintuplicato rispetto all'età fertile;

   lo spostamento degli accertamenti medici nei capoluoghi di regione, così come l'accentramento nella sola Roma della commissione di seconda istanza per i ricorsi ai provvedimenti medici, rendono secondo gli interroganti assolutamente impervio ed economicamente oneroso, per il lavoratore ammalato, l'esercizio dei propri diritti in materia di tutela della propria salute in virtù delle lunghe trasferte; con apposita disposizione normativa (articolo 15 della legge n. 128 del 2013) è stata inopinatamente disposta l'integrazione della commissione medica di verifica con un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca designato dall'ufficio scolastico regionale, nonostante lo stesso: a) non possieda competenze mediche; b) non possa venire a conoscenza della diagnosi in quanto datore di lavoro; c) non abbia uno specifico mandato in seno al collegio medico –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative normative al fine di individuare e riconoscere ufficialmente le malattie professionali degli insegnanti, processando ed elaborando i dati nazionali dei collegi medici di verifica in possesso del Ministero dell'economia e delle finanze;

   se intendano assumere iniziative per finanziare l'attività di prevenzione dello stress lavoro correlato prevista dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e per formare i dirigenti scolastici in materia di tutela della salute dei lavoratori, come previsto dal decreto ministeriale n. 382 del 1998, che risulta per gli interroganti inapplicato;

   considerato che può essere riconosciuta come «discriminazione di genere» la mancata attuazione di attività per la prevenzione dello stress lavoro correlato in ambiente scolastico, ove l'82 per cento dei docenti sono donne, se intendano assumere iniziative per l'implementazione di tali attività, di cui possono beneficiare le insegnanti;

   se intendano assumere iniziative normative per ripristinare gli accertamenti medici presso i collegi medici di verifica provinciali, anziché nei capoluoghi regionali, e le commissioni di seconda istanza nelle quattro sedi precedenti (Milano, Roma, Napoli, Bari);

   se intendano assumere iniziative per revocare il provvedimento volto all'integrazione della commissione medica di verifica con un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, designato dall'ufficio scolastico regionale, ovvero provvedere a nominare un medico in rappresentanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che possieda le competenze sanitarie specifiche.
(4-00434)


   DONZELLI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto scolastico Don Milani di Orbetello è impegnato in molteplici attività dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria e ha una valida sezione musicale;

   quest'anno, per la seconda volta in un quinquennio, l'istituto ha poco meno di seicento alunni, un numero che lo rende sottodimensionato;

   negli ultimi anni, le scuole sono obbligate a svolgere singolarmente degli adempimenti che prima erano in carico agli uffici centrali e nuovi obblighi che prima non esistevano;

   la figura del direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga) riveste un ruolo centrale nell'organizzazione e buon funzionamento di ogni istituto scolastico; in data 5 giugno 2018 un dipendente dell'Istituto Don Milani ha scritto una e-mail formale al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca inerente alle problematiche riscontrate e al rischio di perdere la figura del direttore dei servizi generali e amministrativi –:

   se nel caso sopra descritto dell'Istituto Don Milani di Orbetello sia possibile assicurare la permanenza almeno del direttore dei servizi generali e amministrativi, se non anche del dirigente scolastico;

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative per rivedere i criteri del computo dell'organico del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, alla luce dei nuovi adempimenti delegati direttamente alle scuole.
(4-00445)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Unopiù rimane un brand tra i più importanti nel settore dell'arredamento da esterni tanto da affermarsi tra i leader del segmento a livello europeo;

   negli anni della crisi ha dovuto affrontare passaggi drammatici procedendo ad una dolorosa ristrutturazione soprattutto in termini occupazionali con la realtà di Soriano nel Cimino, luogo nella quale è nata, particolarmente segnata da questo processo;

   in data 10 maggio 2018 si è svolto un incontro tra l'azienda, rappresentata dall'ingegner Maurizio Motta in qualità di amministratore delegato e le organizzazioni sindacali aziendali e territoriali;

   l'incontro ha analizzato l'attuale situazione aziendale, verificando anche i temi della procedura di concordato, dei contratti di solidarietà, degli assetti azionari e del ramo industriale;

   negli ultimi due anni l'azienda è riuscita ad invertire il trend con un aumento di fatturato anche se risulta ancora in perdita;

   l'azienda ha comunicato di voler procedere ad un approfondimento rispetto all'attuale assetto organizzativo del gruppo e a una revisione dei punti vendita;

   rispetto al piano aziendale 2018-2022 non vi sono sostanziali novità rispetto a quello precedente;

   vi sono state alcune modifiche per quanto concerne gli assetti azionari con un passaggio di azioni da Bioera in favore della Bank of China e dei soci arabi;

   il 22 maggio 2018 si è chiusa la procedura di concordato e gli azionisti incontrando il liquidatore hanno formulato la proposta di acquistare l'immobile di Soriano nel Cimino mediante società terza;

   è stata annunciata la volontà di un incontro tra le parti presso la prefettura;

   considerata la rilevanza sociale ed economica della suddetta vertenza si ritiene indispensabile la presenza del Governo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda attivare al fine di vigilare con la massima attenzione sull'evoluzione della situazione al fine di salvaguardare le prospettive industriali e soprattutto occupazionali della Unopiù, con particolare riferimento alla sede di Soriano nel Cimino.
(4-00440)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno «Workers Buy Out» (Wbo) è uno strumento cooperativo consistente nell'acquisizione (della maggioranza o del la totalità) del capitale sociale di un'impresa, generalmente in crisi, da parte dei propri dipendenti, siano essi dirigenti, impiegati, operai, usando come forma giuridica la società cooperativa, quale forma di risposta alle crisi aziendali ed occupazionali;

   in Italia, le prime operazioni di Wbo sono comparse nei primi anni ’80 come risposta all'aumento della disoccupazione causata dai ridimensionamenti, dalle ristrutturazioni e dalle chiusure di imprese soprattutto manifatturiere, trovando impulso anche a seguito dell'emanazione della legge 27 febbraio 1985, n. 49 (cosiddetta legge Marcora), la quale, negli anni di operatività (1990-1999 e 2008-2014), ha determinato tasso di formazione di Wbo superiore alla media delle imprese manifatturiere sia italiane che degli altri Paesi Ocse, con un tasso medio di apertura del 6,9 per cento e un tasso medio di chiusura del 4,6 per cento;

   le cooperative recuperate non rappresentano solo una soluzione temporanea per salvare l'impiego dei lavoratori, ma possono costituire uno strumento a medio termine per la salvaguardia dell'occupazione e per il miglioramento dei livelli di partecipazione attiva della comunità;

   l'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, ha sancito il diritto di prelazione, in capo alle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti delle imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo o amministrazione straordinaria, nel caso di affitto o vendita di aziende, rami d'azienda o complessi di beni e contratti di proprietà delle suddette imprese;

   al comma 3, il medesimo articolo, stabilisce inoltre che l'atto di aggiudicazione dell'affitto o della vendita a tali società cooperative costituisce titolo ai fini della corresponsione anticipata dell'indennità nel caso in cui le società siano costituite da lavoratori in mobilità che ne abbiano fatto richiesta ai sensi dell'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché delle mensilità non ancora percepite dell'assicurazione sociale per l'impiego introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n. 92; tuttavia, si deve rilevare una incomprensibile diversità di valutazione fiscale operata da alcune sedi provinciali Inps, le quali riconoscono detti importi al netto delle ritenute fiscali, nonostante tali redditi siano da considerarsi esenti per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative;

   il fondo istituito dal Ministero dello sviluppo economico con il decreto ministeriale del 4 dicembre 2014 ha previsto la possibilità che le società finanziarie concedano finanziamenti a tasso agevolato per la durata massima di dieci anni, per favorire la nascita e lo sviluppo di società cooperative promosse e costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi e di cooperative sociali, nonché lo sviluppo e il consolidamento di società ubicate nelle regioni del Mezzogiorno. Il 17 luglio 2015, con la firma della convenzione tra società finanziarie e Ministero dello sviluppo economico, è divenuta pienamente operativa, l'attività di gestione del fondo agevolato di circa 10 milioni di euro;

   oltre che un efficace strumento di gestione delle crisi aziendali, in diversi casi il Wbo può costituire la soluzione per il rinnovo del tessuto produttivo del Paese, soprattutto per le piccole e medie imprese, superando i rischi legati al ricambio generazionale della proprietà e così favorendo la continuità aziendale e la tutela delle professionalità delle maestranze –:

   quale sia stato dal 2015 ad oggi l'utilizzo del fondo di cui al decreto ministeriale del 4 dicembre 2014 e quante siano le iniziative di cooperazione che, negli ultimi tre anni, hanno dato luogo al recupero di attività aziendali in crisi;

   quali iniziative si intendano adottare per favorire la salvaguardia dei livelli occupazionali e del patrimonio produttivo del Paese attraverso la promozione di esperienze cooperative di Workers Buy Out.
(4-00441)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 12 maggio 2017 Double 2, società che fa capo al colosso britannico del private equity Permira, con 20 miliardi euro di asset gestiti, ha presentato un'offerta pubblica di acquisto per il gruppo triestino Tbs al prezzo di 2,2 euro per azione, pari quindi a un'operazione di 98 milioni di euro;

   con un comunicato del 27 maggio 2018, TBS Group s.p.a. ha annunciato che, «in conformità ai programmi di consolidamento delle attività del Gruppo Pantheon resi noti in data 23 giugno 2017 mediante la pubblicazione del documento d'offerta pubblica di acquisto promossa da Double 2 s.p.a. (oggi Althea s.p.a.) su TBS Group s.p.a. (...) l'Emittente ha dato avvio al processo di fusione per incorporazione inversa di Althea s.p.a., titolare del 97,271 del capitale sociale dell'Emittente, nell'Emittente medesima dando opportuno mandato ai propri consulenti di procedere con le attività propedeutiche all'operazione che si ritiene possa concludersi nell'ultimo trimestre dell'anno in corso»;

   l'azienda Ebm con sede a Foligno è controllata al 100 per cento da TBS Group s.p.a. e ha in Umbria quasi 200 dipendenti;

   a quanto si apprende dagli organi di stampa l'azienda Althea e gli attuali vertici Ebm non hanno ancora avuto intenzione di chiarire il proprio piano industriale e le prospettive organizzative ed occupazionali, prima della fusione nel gruppo Althea, prevista per il 1° luglio 2018;

   le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici e del commercio hanno incontrato l'azienda il 18 gennaio 2018, come previsto dalle procedure di legge. In quella sede i sindacati, in assenza di rassicurazioni e chiarimenti sui numeri e gli sviluppi occupazionali e organizzativi dell'operazione, non hanno sottoscritto alcun accordo con Permira, richiedendo invece la condivisione di un piano industriale;

   i sindacati Fim, Fiom, Uilm e le altre sigle sindacali in Umbria hanno più volte sollecitato, organizzando una successiva riunione sindacale con i vertici prevista per il 15 marzo 2018 rimandata più volte e successivamente portata a termine il 17 maggio 2018 senza esito, in quanto la direzione di Althea non ha presentato risposta a quanto richiesto è cioè di fare chiarezza sulle prospettive dei lavoratori impiegati nelle aziende del territorio. Per di più le organizzazioni sindacali hanno segnalato che negli ultimi mesi si sono palesate gravi lacune nella nuova governance a livello organizzativo, nella risposta ai clienti (cioè, quasi esclusivamente, il servizio sanitario pubblico) e su altri aspetti importanti dell'attività, lacune aggravate anche dalle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni soggetti del gruppo;

   le organizzazioni sindacali in conseguenza della chiusura del management alle richieste dei lavoratori, dal 17 maggio 2018 hanno dichiarato lo stato di agitazione in tutti i siti e già i dipendenti della Ebm hanno svolto un presidio di protesta presso Palazzo Trinci a Foligno e un'assemblea dei lavoratori presso la sede dell'azienda, come riportano le notizie dei media locali e del Tg3 regionale dell'8 giugno 2018 –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per porvi rimedio;

   se il Ministro interrogato intenda partecipare al prossimo tavolo di confronto già fissato per il 14 giugno 2018 affinché l'azienda protegga i posti di lavoro dal rischio derivante dalla fusione e dalla riorganizzazione e tuteli le professionalità maturate negli anni passati e l'economia di tutti i territori e le regioni coinvolte.
(4-00442)


   GRIBAUDO, ASCANI e SIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Comdata group, azienda fondata a Torino nel 1987, è oggi una multinazionale che offre servizi di assistenza clienti, back office e gestione del credito, specializzata in Italia nel settore della telefonia fissa e mobile; opera in 26 Paesi nel mondo con oltre 42.000 dipendenti, 7200 dei quali in dieci sedi italiane;

   nel 2007 l'azienda acquisisce la struttura assistenza clienti Vodafone, con la clausola di mantenere per dieci anni la commessa di servizio e di assicurare la permanenza dei lavoratori ex Vodafone, con lo stesso contratto e nelle medesime sedi;

   a marzo 2018 Comdata destina 363 lavoratori della sede di Ivrea al Fondo di integrazione salariale, a zero ore, per 13 settimane, adducendo come causa un calo delle commesse da parte del gruppo Tim;

   ad aprile 2018 l'azienda acquisisce la francese Cca International, con l'obiettivo di raggiungere nell'anno la soglia di 1 miliardo di euro di fatturato a livello globale, dimostrando la salute del gruppo e le possibilità di investimento; il bilancio positivo di Comdata non motiva decisioni di taglio del costo del lavoro;

   a maggio 2018 l'azienda annuncia la chiusura delle sedi di Padova e Pozzuoli, con l'apertura delle procedure di licenziamento rispettivamente per 204 e 59 lavoratori, affermando in particolare per la sede campana l'impossibilità di equilibrio economico a causa del costo del lavoro; la decisione arriva alla scadenza dei dieci anni di garanzie legate alla cessione della struttura Vodafone;

   le rappresentanze sindacali dei lavoratori campani hanno più volte richiesto all'azienda negli ultimi anni di destinare maggiori commesse e di investire risorse su Pozzuoli, ma a detta delle rappresentanze sindacali unitarie l'azienda ha sempre risposto che i committenti preferivano altre sedi; nel frattempo, è stato operata una progressiva riduzione degli organici, da circa 130 agli attuali 60 lavoratori;

   il 7 maggio 2018 a Pozzuoli è avvenuto uno sciopero di due ore con assemblea dei lavoratori; nonostante la protesta dei lavoratori Comdata, l'azienda non si è prestata ad alcuna trattativa per rimettere in discussione la sua decisione unilaterale;

   è forte la preoccupazione dei lavoratori della sede campana per la chiusura dello stabilimento, in un'area che mantiene alti tassi di disoccupazione, ove sarebbe complicata la loro ricollocazione;

   il settore dei lavoratori di call center in Italia ha attraversato una grave crisi a causa del dumping contrattuale e salariale;

   nei mesi scorsi, dopo il caso Embraco, il Ministro dello sviluppo economico pro tempore Carlo Calenda aveva posto ai tavoli europei il problema della concorrenza sleale fra Paesi basata sul costo del lavoro, proponendo la creazione di appositi fondi nazionali di equilibrio; l'8 maggio 2018 il Ministro medesimo ha poi firmato il decreto per l'istituzione di un fondo, con dotazione iniziale di 200 milioni di euro, per il contrasto e la prevenzione delle delocalizzazioni aziendali dall'Italia a Paesi esteri, che metterlo a rischio l'occupazione e il tessuto produttivo del nostro Paese –:

   se sia a conoscenza delle decisioni di Comdata circa i lavoratori degli stabilimenti di Ivrea, Padova e Pozzuoli e quali iniziative intenda adottare per salvaguardare i livelli occupazionali dell'azienda, con particolare attenzione per le aree di maggiore crisi occupazionale, anche dando seguito alle iniziative assunte dal precedente Governo per il contrasto al dumping salariale e contrattuale e alle delocalizzazioni aziendali.
(4-00447)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 4 giugno 2018 il quotidiano «Il Tirreno» ha pubblicato una serie di articoli dedicati al metodo «Life 120», promosso dal giornalista Adriano Panzironi e suo fratello, e pubblicizzato nella trasmissione «Il cercasalute», messa in onda sul canale 128 del digitale terrestre e sul canale 828 di Sky, e rilanciata da una rete di emittenti regionali, tra le quali in Toscana «Canale 10»;

   il metodo disconosce la medicina ufficiale: «su questo si basa il metodo Panzironi (...) non credere alla medicina ufficiale e a tutte le panzane sulle cause delle malattie che ci propina solo per far contenta la multinazionale del farmaco (e il suo portafoglio)»;

   il metodo «Life 120» si basa sull'assunto che tutte le malattie, anche quelle più gravi come autismo, Alzheimer, diabete, e tumori sarebbero causate dalla cattiva alimentazione, che si concretizza nel consumo di carboidrati, e si curerebbero con le spezie;

   per curarsi basterebbe, quindi, assumere le spezie che si trovano negli integratori prodotti dagli stessi fratelli Panzironi, pubblicizzati, insieme alla dieta e al libro che illustra la «filosofia» del metodo, negli spot che intervallano la medesima trasmissione, con un costo medio tra i trenta e i quaranta euro a boccetta, e che asseritamente combattono l'artrite reumatoide, la sclerosi multipla, l'Alzheimer, e anche ogni genere di tumore;

   a supporto delle proprie teorie, Panzironi intervista anche dei medici suoi «seguaci», tra i quali il dentista toscano Daniele Seravalli, poi fatto oggetto di un procedimento dell'ordine dei medici;

   su segnalazione della Federazione nazionale sia l'ordine dei giornalisti del Lazio sia quello della Toscana hanno aperto un procedimento, quello del Lazio per la radiazione dall'albo di Panzironi, e della questione si sta occupando anche l'Ordine dei medici della Toscana;

   il quotidiano «Il Tirreno» e alcuni suoi giornalisti, come da essi stessi denunciato negli articoli pubblicati i giorni successivi e in post nei loro profili Facebook, sono stati fatti oggetto di offese e minacce;

   dopo la pubblicazione di un articolo del 4 giugno 2018 lo stesso Panzironi sulla propria pagina Facebook ha scritto: «Cari amici siamo di nuovo sotto attacco. Il nuovo Savonarola è una collega giornalista che, non solo ha realizzato un articolo diffamatorio sul quotidiano “Il Tirreno”, ma si è lanciata con una campagna contro il life 120 lanciando l’hashtag “io non ci sto”. Come è evidente la collega ritiene che il life 120 sia una truffa, e che addirittura i testimoni siano stati pagati. Facciamo sentire la nostra voce, scrivete sul post dove ha lanciato la sua campagna diffamatoria e nei commenti dell'articolo del quotidiano “il Tirreno”»;

   a parere dell'interrogante il metodo «Life 120» è annoverabile tra i numerosi casi di «bufale» della medicina che non hanno nulla a che vedere con la scienza e che giocano con la salute di persone deboli e malate –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito alle succitate vicende e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela della salute dei cittadini.
(3-00017)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   circa un anno fa il Ministero della salute preparava un nuovo tariffario delle prestazioni dei laboratori di analisi, ovvero il prezzo riconosciuto dalle asl alle strutture private convenzionate per ogni esame svolto, cioè la remunerazione che i privati ricevono dal servizio pubblico per il loro lavoro;

   l'intenzione era quella di abbassare i prezzi: associazioni dei titolari di laboratorio e ordine dei biologi ribatterono che a quelle condizioni molte strutture avrebbero dovuto chiudere; la revisione tariffaria nasceva dall'approvazione dei nuovi lea, i livelli essenziali di assistenza che tutte le regioni devono garantire ai propri cittadini. In questi, infatti, sono stati introdotti nuovi esami, per i quali deve essere ovviamente previsto un prezzo. Con l'occasione furono riviste tutte le tariffe, anche quelle delle prestazioni presenti da anni nel nomenclatore;

   le vecchie tariffe risalivano al 1998. Con il Ministro pro tempore Balduzzi vennero ridotte di circa il 40 per cento, mentre il nuovo progetto prevede un ulteriore taglio del 20 per cento, il che risulterebbe insostenibile essendo i costi troppo alti rispetto alla remunerazione; il nuovo nomenclatore tariffario sarebbe stato elaborato prendendo come riferimento i costi di quattro strutture pubbliche, tra l'altro di Emilia-Romagna e Veneto, i cui volumi di prestazioni vanno da 5 a 11 milioni di esami all'anno. È inutile evidenziare come tali strutture non siano assolutamente rappresentative del comparto dei laboratori accreditati: ci sono centri molto più piccoli, che fanno 2 o 300 mila esami l'anno e non possono contare sulle economie di scala possibili in contesti più grandi;

   come dichiarato dalle associazioni di categoria «l'entrata in vigore di questo nuovo Nomenclatore tariffario avrebbe come immediata conseguenza il portare in negativo i bilanci sia delle strutture pubbliche che private. Questo effetto inevitabilmente costringerà le strutture pubbliche a recuperare il disavanzo economico a scapito di tutte le altre prestazioni e le strutture private ad interrompere i contratti con il SSN. Si giungerebbe così al paradosso che contemporaneamente si emana un DM che prevede un'espansione delle prestazioni erogate a carico del SSN e nello stesso tempo si crea una situazione per la quale i cittadini incontreranno enormi, se non insormontabili, difficoltà ad accedere a tutte le altre prestazioni»;

   appare evidente agli interroganti come la procedura con cui è stato rivisto il tariffario non sia conforme a quanto previsto, posto che l’iter per raggiungere tale obbiettivo era stato concordato con il Ministero e prevedeva la costituzione di una commissione permanente, composta da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle associazioni di categoria. Questa commissione è stata convocata una sola volta due anni fa;

   nelle previsioni dell'accordo non risultano essere stati presi in considerazione i costi dei punti di raccolta (punti prelievi) che sono diversi tra le regioni in funzione delle politiche territoriali; ad esempio, la regione Lombardia ha facilitato le aziende nell'aumentare i punti di raccolta per agevolare i pazienti;

   era stato inoltre previsto un incarico, che è stato conferito, a seguito di un bando pubblico, alla Gergas-Bocconi per elaborare i costi di produzione delle prestazioni estrapolati da alcune strutture di specialistica ambulatoriale operanti sul territorio nazionale, pubbliche e private, segnalate dalle regioni e dalle associazioni di categoria –:

   se il Ministro interrogato ritenga di assumere le iniziative di competenza al fine di evitare che un intero settore possa risentire della situazione sopra esposta sia per quanto riguarda l'offerta di servizi sia in merito ai livelli occupazionali, rivedendo il nuovo tariffario predisposto e convocando le associazioni di categoria per un'analisi dei costi più oggettiva di quella prospettata.
(4-00426)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a fine dicembre 2016 era stato diffuso un documento relativo alla prevenzione ed al controllo della malaria: 24 pagine contenenti le indicazioni per le misure di prevenzione per i viaggiatori, per la sicurezza trasfusionale e per le modalità di segnalazione in modo da aggiornare le ultime linee guida risalenti al 1997;

   nel documento si può leggere che: «Nei paesi non endemici la malaria continua ad essere la più importante malattia d'importazione, legata al numero crescente sia di viaggiatori internazionali sia di flussi migratori provenienti da aree endemiche». Poi, prima di elencare le nuove linee guida, si passa all'analisi dei numeri che raccontano di 3.633 casi notificati in Italia nel quinquennio dal 2011 al 2015, di cui l'89 per cento con diagnosi confermata. La quasi totalità di casi sono d'importazione, i casi autoctoni riportati sono stati sette, sottolineando che la malaria «rappresenta dunque la principale fonte di preoccupazione da un punto di vista sanitario per le persone che si rechino in paesi tropicali e sub tropicali»;

   una circolare del Ministero della salute dice di prestare attenzione, perché i casi di malaria stanno aumentando e dice esplicitamente che questa malattia sta arrivando a causa dei flussi migratori. La circolare però pone più l'accento sui residenti che si recano in Paesi a rischio per i motivi più svariati, rispetto ai flussi migratori, ma è necessario sottolineare quanto evidenziato dai dati: alcune malattie, tra le quali la malaria, che erano state debellate stanno tornando sul territorio italiano; va sottolineato come negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie all'attuazione di programmi di controllo promossi dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Anche se nell'ultimo rapporto sulla situazione mondiale della malaria, pubblicato sempre dall'Organizzazione mondiale della sanità, vengono riportati 95 Paesi ancora con malaria endemica, circa 214 milioni di casi e 438 mila decessi. L'ufficio regionale europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità, nell'aprile 2016, ha comunicato agli Stati membri l'eradicazione della trasmissione di malaria autoctona sul territorio della regione europea. Tuttavia, nelle aree tropicali e sub tropicali, la malaria rappresenta ancora la più importante malattia trasmessa da vettore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative di controllo, prevenzione e profilassi intenda adottare per fronteggiare questa emergenza e per controllare e monitorare gli immigrati ospitati e quelli in continuo arrivo sul territorio italiano, al fine di tutelare la salute pubblica dal ritorno di malattie debellate da decenni.
(4-00428)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa e web si apprende della notizia relativa alla decisione, maturata dalla direzione infermieristica dell'ospedale Rizzoli di Bologna, di togliere il secondo infermiere strumentista presente in équipe operatoria e di sostituirlo con la figura dell'operatore socio-sanitario, più comunemente conosciuta come O.s.s.;

   i percorsi formativi dell'infermiere e dell'O.s.s. sono differenti: l'infermiere ha un percorso universitario, prima diploma di laurea, oggi laurea, mentre l'O.s.s. consegue un attestato di qualifica dopo un corso su base regionale;

   la figura dell'O.s.s. e il relativo profilo professionale sono stati individuati dalla delibera della Conferenza Stato-regioni del 22 febbraio 2001: è l'operatore che, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di uno specifico percorso di formazione professionale, svolge un'attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona e favorisce il benessere e l'autonomia della persona medesima;

   l'infermiere, invece, è responsabile dell'assistenza infermieristica, identifica i bisogni e formula i relativi obiettivi, pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico. Per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto;

   la figura dello strumentista è fondamentale nell'ambito di una équipe operatoria e richiede una formazione specifica, caratterizzata dalla conoscenza approfondita dei passaggi e dei materiali utilizzati nell'intervento che si andrà a seguire –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;

   se si intendano assumere iniziative, anche normative o in sede di Conferenza Stato-regioni, per meglio precisare la disciplina in materia, chiarendo le mansioni delle figure professionali di operatori socio-sanitario e infermiere.
(4-00437)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   il Trans Adriatic Pipeline (Tap) è il progetto per la realizzazione di un gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa;

   la Strategia energetica nazionale (Sen) adottata nel mese di novembre 2017 prevedeva la realizzazione di nuove infrastrutture per l'approvvigionamento di gas e, in particolare il Tap che trasporterà circa 10 miliardi di metri cubi di nuovo gas dall'Azerbaijan direttamente in Italia a partire dal 2020 rafforzando così la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la sicurezza del sistema-gas italiano ed europeo;

   l'infrastruttura Tap è pensata per servire il mercato italiano ed europeo e, provenendo da Est, trova in Italia un «approdo» adeguato; l'opera, che è stata progettata tenendo conto dei risultati prodotti dall'analisi del contesto socio-economico e ambientale e nel massimo rispetto degli standard di sicurezza, consentirà di alleggerire la posizione di dipendenza europea dal mercato russo (dal quale l'Italia importa circa 100 milioni di metri cubi al giorno nei periodi più freddi) e di calmierare i prezzi scongiurando possibili aumenti in bolletta;

   secondo quanto riferito da diverse agenzie di stampa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe dichiarato l'inutilità del citato corridoio del gas, sposando la tesi contraria a quella indicata nella Sen;

   nella transizione verso un'energia libera da fonti fossili, il gas naturale riveste un ruolo centrale e pertanto risulta imprescindibile un intervento volto a migliorare le infrastrutture di interconnessione, accrescendo nel contempo la sicurezza degli approvvigionamenti e riducendo il differenziale di prezzo all'ingrosso tra il gas italiano e quello del Nord Europa;

   anche il presidente della Confindustria Boccia, in occasione dell'assemblea nazionale tenutasi a Roma nel mese di maggio 2018 ha sottolineato come sia «la crescita che garantisce la stabilità e non il contrario. Bisogna puntare sulle infrastrutture, per collegare le periferie al centro, il nostro Paese al resto del mondo. Bisogna insistere con il terzo valico, il Tap, la Tav» lo stesso ha affermato che «se passa l'idea che a ogni cambio di governo cambia la strategia infrastrutturale è la nostra credibilità che viene meno», specie in quell'Europa definita come «la nostra casa comune» –:

   quale siano gli orientamenti dei Ministri interrogati in merito al futuro del progetto Trans Adriatic Pipeline (Tap) per la realizzazione del gasdotto che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio direttamente in Europa, permettendo all'Italia di diversificare le fonti di approvvigionamento e di conseguire la sicurezza della tenuta del sistema.
(5-00036)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da due mesi, nello stabilimento de La Doria di Acerra, in provincia di Napoli, si vive una situazione di tensione e preoccupazione a causa dell'annunciata chiusura delle attività produttive;

   nel sito di Acerra, dove vengono prodotti circa 50 milioni di vasi di sughi pronti, lavorano 67 dipendenti ai quali si aggiungono un'altra trentina di lavoratori dell'indotto;

   secondo i lavoratori e le organizzazioni sindacali la chiusura dello stabilimento di Acerra — per il quale l'azienda parla di perdite per circa 3 milioni di euro — non si giustificherebbe in alcun modo, dal momento che mai si è fatto ricorso alla cassa integrazione e si continua a lavorare su tre turni, mentre la stessa azienda annuncia investimenti per l'ampliamento dell'opificio industriale di Parma;

   dopo la prima ondata di proteste, nel marzo 2018, è stato aperto un tavolo di confronto con sindacati e regione Campania, alla presenza dell'amministrazione comunale, con l'obiettivo di definire una strategia comune per impedirete chiusura dello stabilimento e, in ogni caso, per salvaguardare i lavoratori. I vertici aziendali avrebbero dato quanto meno garanzia che gli operai saranno redistribuiti sugli altri tre stabilimenti campani del gruppo;

   dopo qualche settimana di tregua, nei giorni scorsi la protesta dei lavoratori e delle lavoratrici è riesplosa. Un presidio all'esterno dello stabilimento di Acerra ha conosciuto anche alcuni momenti di forte tensione tra gli scioperanti e gli automobilisti;

   resta alta la preoccupazione tra i lavoratori, che continuano a svolgere le proprie mansioni, mentre ancora attendono una risposta chiara sul loro futuro;

   il tavolo di trattative aperto tra azienda, Cgil, Cisl e Uil e le rappresentanze sindacali unitarie di fabbrica non ha portato ai risultati auspicati: la proprietà vorrebbe, da settembre 2018, dismettere lo stabilimento e trasferire la produzione a Parma. Qui dovrebbero essere trasferiti anche diciotto lavoratori di Acerra, mentre in 49 dovrebbero essere collocati sugli altri tre stabilimenti campani;

   sindacati e lavoratori non ci stanno e hanno interrotto la trattativa, riprendendo la protesta. Per i prossimi giorni è previsto un nuovo incontro presso la regione Campania;

   la chiusura dello stabilimento peserebbe in modo drammatico su un territorio già provato da altre crisi aziendali e con una disoccupazione tra le più alte d'Italia –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, garantire un intervento per affrontare la vicenda, anche attraverso la convocazione di un tavolo di confronto nazionale presso il Ministero, al fine di agevolare la ricerca di una soluzione condivisa tra azienda e organizzazioni sindacali che non penalizzi i lavoratori e l'assetto produttivo di una intera area, come quella metropolitana di Napoli, già fortemente provata dalla bassa occupazione e dalla deindustrializzazione.
(4-00429)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, gli oneri generali di sistema hanno rappresentato una quota crescente e sempre più significativa della spesa totale annua di energia elettrica degli utenti finali;

   gli oneri di sistema sono addebitati a tutti i clienti e sono calcolati in base alle indicazioni dell'Autorità, che ne stabilisce periodicamente il valore ma non può modificarne il prezzo;

   si tratta quindi a tutti gli effetti di un'ulteriore «tassa» da pagare oltre alle imposte, accise e Iva;

   nella bolletta elettrica infatti sono rappresentati in un unico importo che ingloba una serie di costi di natura diversa, più simili a imposte vere e proprie, in quanto destinati al finanziamento di attività che non sono collegate direttamente al servizio fornito al cliente, ma riconducibili ad esigenze generali;

   l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente in attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 102 del 2014, ha avviato la riforma delle tariffe elettriche, modificando la struttura delle bollette energetiche; la riforma prevede tre gradini progressivi, l'ultimo dei quali, su segnalazione della stessa Autorità, è stato prorogato nella sua attuazione per evitare maggiori esborsi ai clienti finali;

   l'articolo 78, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE prevede che la base imponibile su cui calcolare l'Iva debba includere le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa Iva, in riferimento al corrispettivo di una prestazione;

   la giurisprudenza si è più volte pronunciata in favore della restituzione ai cittadini di quella parte dell'Iva che, essendo applicata sulla parte di accisa a carico dei distributori, viene illegittimamente trasferita agli utenti finali del servizio;

   la sentenza emessa dalla Corte di cassazione Sezioni Unite n. 3671/97, il decreto ingiuntivo del 7 luglio 2015 emesso dal giudice di pace di Venezia ed un successivo decreto, emesso sempre dal giudice di pace di Venezia nel maggio del 2016, hanno tutti intimato la restituzione dell'Iva calcolata a suo tempo sulle accise pagate con la bolletta dell'energia elettrica e del gas;

   in particolare, secondo la sentenza della Corte di cassazione, salvo deroga esplicita, un'imposta non costituisce mai base imponibile per un'altra, e pertanto calcolare l'iva delle bollette sul totale comprensivo di accise e di addizionali è illegittimo;

   a supporto di tale orientamento giurisprudenziale vi è la considerazione del fatto che molte compagnie fornitrici non sono produttori di energia, ma si limitano ad acquistare il prodotto e a rivenderlo agli utenti; in tal senso, e nel rispetto della stessa normativa di origine comunitaria, l'iva va pagata sul corrispettivo della prestazione e non sull'accisa che sarebbe di competenza del distributore, e come tale, non dovrebbe essere trasferita all'utente finale;

   secondo una stima di Federconsumatori, per una famiglia media, se l'iva non fosse calcolata anche sulle imposte, si avrebbe un minor costo, da 50 a 75 euro annui, sulla bolletta energetica. I cittadini infatti sono sempre più vessati da tasse e balzelli ingiustificati, che mettono a dura prova la capacità delle famiglie di condurre una vita dignitosa –:

   quali elementi intenda fornire il Ministro interrogato in ordine allo stato della riforma delle tariffe elettriche, con particolare riferimento al superamento della progressività delle componenti tariffarie per la riduzione degli oneri e all'impatto che avrà per gli utenti finali;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per una soluzione normativa volta a sancire quanto stabilito in via interpretativa dal giudice in merito all'illegittimità del calcolo dell'Iva sulla quota delle accise e addizionali nei corrispettivi delle utenze elettriche.
(4-00446)


   ZAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il tessuto socioeconomico della provincia di Padova sta subendo un vero e proprio attacco speculativo da parte di grandi gruppi multinazionali, causando il licenziamento di centinaia di lavoratori, per assecondare nuovi piani industriali finalizzati alla massimizzazione dei profitti e all'incremento degli utili;

   nello specifico, questi gruppi sono: Exo Italia s.r.l., società con sede a Maserà di Padova (PD) e di proprietà di Crocs, multinazionale del settore calzaturiero; FedEx Express Italy s.r.l., con una sede a Legnaro (PD), società di proprietà di FedEx Corporation, leader mondiale del settore logistico; Comdata s.p.a., con una sede a Padova, multinazionale nel settore dei servizi alle imprese e assistenza clienti;

   Exo Italia s.r.l., società in piena salute, ha annunciato il licenziamento di 56 lavoratori, 53 nell'ambito della produzione e 3 nell'amministrazione, per rivolgersi a produttori terzi in Bosnia, non considerando che gli ampi profitti sono generati dalla qualità dei prodotti che escono dal sito di Maserà di Padova, garantiti dalla serietà, dalla professionalità e dall'esperienza dei lavoratori;

   FedEX, il cui fatturato è cresciuto del 27 per cento in due anni per effetto dell'esponenziale aumento del commercio online, ha annunciato la chiusura della sede di Legnaro (Padova), insieme ad altre 23 in tutta Italia, causando il licenziamento dei 12 dipendenti della sede, nell'ottica della riorganizzazione dell'organico dopo la fusione con Tnt;

   Comdata s.p.a. ha annunciato la chiusura della sede di Padova e il conseguente licenziamento di 204 lavoratori, per la maggior parte donne tra i 40 e i 45 anni, per motivazioni puramente finanziarie, dato che Comdata gestirà in Italia anche la commessa Fastweb, che occuperà 220 lavoratori e avendo avuto ricavi nel 2017 per 769 milioni di euro;

   272 lavoratori in tutta la provincia di Padova rischiano quindi di perdere il posto di lavoro per quelli che paiono all'interrogante calcoli puramente finanziari, speculativi e di ottimizzazione dei guadagni di tre multinazionali che godono di ottima salute e che devono il loro successo aziendale anche ai lavoratori padovani che intendono ora licenziare –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative intenda porre in essere per evitare il licenziamento dei 272 lavoratori e la fine di quelle che l'interrogante giudica speculazioni ai danni del territorio padovano.
(4-00449)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ungaro n. 4-00385, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bruno Bossio, Viscomi.

  L'interrogazione a risposta scritta Mulè e altri n. 4-00410, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pettarin.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-00310, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 11 del 5 giugno 2018.

   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'esponenziale ed incontrollato incremento delle popolazioni di lupo (canis lupus), riscontrabile negli ultimi anni in molte regioni italiane, sta già provocando gravi ripercussioni negative tra le popolazioni umane esistenti, in particolare per coloro che esercitano l'attività agricola, l'allevamento, la gestione faunistica, ma anche tra la cittadinanza tutta, preoccupata per la propria incolumità minacciata dalla presenza di questo grande carnivoro, che non esita a spingersi, nel corso delle sue attività predatorie, in prossimità dei centri abitati;

   da numerosi incontri tenutisi in questi ultimi mesi sul territorio italiano è emersa la forte preoccupazione da parte di molti sindaci ed amministratori locali per gli effetti negativi che si potrebbero creare a danno del turismo e delle varie attività produttive, oltre allo stato di comprensibile disagio dei cittadini nel vedere minacciata la loro sicurezza dalla presenza crescente di questi grandi carnivori;

   gli allevatori italiani, già provati dalle difficoltà causate dalla grave crisi economica che sta stritolando le loro attività, non possono permettersi il lusso di sostenere ulteriori costi aggiuntivi legati alle predazioni dei branchi di lupi che stanno imperversando in alcune aree della penisola, causando, oltre ai danni materiali per gli animali di allevamento sbranati, anche uno stato d'animo gravato da una comprensibile apprensione, tale da indurre molti allevatori a lasciare le proprie attività con il conseguente abbandono del territorio che causerebbe gravi ripercussioni per la salvaguardia del territorio stesso e dell'ambiente –:

   se non ritenga di assumere iniziative per provvedere al risarcimento di tutti i danni diretti ed indiretti causati dalla predazione dei lupi sul territorio italiano entro e non oltre sei mesi dalla data dell'accertamento effettuato dalle autorità competenti;

   se non intenda attuare immediatamente un efficace piano di gestione e di contenimento del lupo (canis lupus) su tutto il territorio nazionale, così come del resto avviene negli altri Paesi membri dell'Unione europea, in modo da garantire la compatibilità tra la presenza di questo grande carnivoro e le attività umane, la corretta gestione della fauna selvatica e la salvaguardia del territorio.
(4-00310)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Caretta n. 4-00386, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 11 del 5 giugno 2018.

   CARETTA e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in base alla normativa vigente il rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia e sportivo può essere negato sia per la sussistenza delle «condizioni ostative» al rilascio della licenza, in base ad un giudizio vincolato, sia in caso di mancanza della «buona condotta» o di «inaffidabilità nell'uso delle armi» del richiedente, in base ad un giudizio di natura discrezionale e non vincolante;

   dopo una iniziale giurisprudenza di natura rigorosa, la questione degli effetti della riabilitazione in ordine alle sentenze di condanna che prevedono «condizioni ostative» è stata rivista dalla cosiddetta «interpretazione evolutiva» o «giurisprudenza evolutiva», secondo la quale, in caso di «riabilitazione», tali condanne possono essere valutate in modo discrezionale e non in modo vincolante;

   nel 2016 alcune sentenze del Consiglio di Stato, riportandosi alla giurisprudenza meno recente, hanno offerto una diversa interpretazione, ribadendo il principio che le «condizioni ostative», di cui all'articolo 43, primo comma, del testo unico leggi di pubblica sicurezza, sono vincolanti anche in caso di riabilitazione;

   la circolare del Ministero dell'interno del 31 agosto 2017, prot. 557, ha accolto l'interpretazione più restrittiva, precisando che nel caso di condanne per uno di tali delitti l'autorità è titolare di un potere vincolato, per cui, una volta accertata la sussistenza di una pronuncia di condanna occorrerà necessariamente dar luogo al diniego del provvedimento essendo dette condanne «automaticamente ostative»;

   il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5313 del 30 marzo 2017, ha ribadito i principi della giurisprudenza evolutiva, richiamando argomenti del tutto condivisibili e che in estratto giova richiamare: «il Collegio ritiene che, in presenza di situazioni molto particolari, l'interpretazione e la conseguente applicazione dell'articolo 43 TULPS non possa avvenire in violazione dei princìpi di ragionevolezza e di proporzione di rango costituzionale. Ciò comporta che la preclusione prevista dall'articolo 43 TULPS per il possesso di armi e munizioni in capo ai soggetti, che abbiano subito le indicate tipologie di condanne non possa essere automatica, ove ragionevolmente altri elementi attuali della personalità dell'interessato, quale il lungo tempo intercorso rispetto all'epoca del commesso reato senza la commissione di ulteriori illeciti penali (corroborato nelle sue positive implicazioni dalla intervenuta riabilitazione), depongano per lo stabile ripristino in capo al soggetto medesimo delle richieste condizioni di affidabilità nel possesso di armi in corrispondenza ad una rinnovata e consolidata integrazione nel sano contesto socio economico in presenza di indizi univoci e concordanti in tale senso. Il principio di proporzionalità, sopravvenuto nel nostro ordinamento rispetto all'epoca di adozione del TULPS (risalente al periodo prerepubblicano), comporta che il legislatore, nel caso della sicurezza pubblica, debba realizzare l'esigenza di tutela, non solo mediante misure cogenti idonee al risultato, ma, altresì, mediante la scelta, tra le varie tipologie di intervento, di quello meno afflittivo per il privato. In conseguenza, quindi, in caso di condanne penali risalenti in capo a soggetti che in seguito abbiano beneficiato anche della riabilitazione intervenuta, al Prefetto compete di effettuare una valutazione caso per caso, di natura discrezionale e secondo i canoni della ragionevolezza e della proporzione, al fine di verificare la effettiva ed attuale affidabilità nel possesso di armi e munizioni da parte del soggetto interessato (quale titolare di una licenza di porto di armi o richiedente)» –:

   se non ritenga, in considerazione della richiamata giurisprudenza, di assumere iniziative normative volte a chiarire che l'articolo 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in base ai princìpi di ragionevolezza e di proporzione di rango costituzionale, deve essere interpretato nel senso che, in caso di riabilitazione penale dell'interessato, venga meno l'ostatività automatica al rilascio della licenza di porto d'armi.
(4-00386)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Ceccanti n. 4-00400, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 12 del 6 giugno 2018.

   CECCANTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   per entrare in carica il Ministro interrogato ha giurato con la seguente formula stabilita dall'articolo 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione»;

   il concetto di «interesse esclusivo della Nazione» è in stringente contraddizione con vincoli relativi a società private e in vicende giudiziarie a favore di parti che potrebbero anche danneggiare gli interessi pubblici –:

   se al Ministro interrogato sia stato chiesto di aderire - e in caso affermativo se non ritenga doveroso recedervi - al vincolo contenuto nel codice etico sottoscritto dai candidati alle elezioni del Movimento 5 Stelle secondo il quale essi sono, a pena sanzioni, tenuti a «erogare un contributo economico destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari e consiglieri» notoriamente gestite dalla società Casaleggio associati e al finanziamento del cosiddetto «Scudo della rete» (ovvero il fondo per gli oneri necessari per la tutela legale) degli aderenti al Movimento 5 Stelle.
(4-00400)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Ceccanti n. 4-00402, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 12 del 6 giugno 2018.

   CECCANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   per entrare in carica il Ministro interrogato ha giurato con la seguente formula stabilita dall'articolo 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione.»;

   il concetto di «interesse esclusivo della Nazione» è in stringente contraddizione con vincoli relativi a società private e in vicende giudiziarie a favore di parti che potrebbero anche danneggiare gli interessi pubblici –:

   se alla Ministra interrogata sia stato chiesto di aderire – e in caso affermativo se non ritenga doveroso recedervi – al vincolo contenuto nel codice etico sottoscritto dai candidati alle elezioni del Movimento 5 Stelle secondo il quale essi sono, a pena sanzioni, tenuti a «erogare un contributo economico destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari e consiglieri» notoriamente gestite dalla società Casaleggio associati e al finanziamento del cosiddetto «Scudo della rete» (ovvero il fondo per gli oneri necessari per la tutela legale) degli aderenti al Movimento 5 Stelle.
(4-00402)