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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 7 giugno 2018

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), ha istituito il fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020;

   oltre ad una individuazione poco precisa della figura del caregiver, alla creazione del fondo non corrisponde l'immediata finanziabilità di interventi: infatti, è finalizzato alla «copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del caregiver familiare». Occorrerà pertanto un successivo intervento del legislatore per completare il quadro e rendere concrete e spendibili le misure di sostegno ai caregiver;

   in pratica, non ci sono ancora misure specifiche per valorizzare queste attività, ma sono stanziate delle risorse che dovranno servire a coprire futuri interventi normativi, per cui, in assenza di interventi normativi specifici, le suddette risorse, ancorché importanti e attese, rimarranno sulla carta, con danno evidente per le persone non autosufficienti e per i loro familiari;

   a ciò si aggiunga che le risorse stanziate annualmente per le non autosufficienze continuano ad essere poche, come denunciano da anni anche le associazioni che si battono per i diritti dei disabili;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», approvato il 12 gennaio 2017, impone limiti di durata delle cure a carico del servizio sanitario nazionale e vincoli che condizionano l'accesso ai servizi di cura e che rischiano di discriminare i malati tra «guaribili» e «inguaribili», riducendo il sostegno economico per questi ultimi e di fatto lasciando sole le rispettive famiglie;

   il vincolare inoltre l'erogazione dei servizi di cura all'Isee familiare non risponde alle esigenze della drammatica realtà quotidiana vissuta da chi assiste una familiare e impropriamente tratta alla stregua di prestazioni sociali situazioni che invece sono e devono essere considerate come assistenza sanitaria: in moltissimi casi, infatti, si tratta di persone con una gravissima disabilità e in assistenza respiratoria –:

   se il Governo intenda adottare le opportune iniziative normative volte a consentire la piena e concreta finanziabilità degli interventi a favore dei caregiver, attraverso l'utilizzo delle risorse del fondo istituito dall'articolo 1, comma 254, della legge n. 205 del 2018;

   se il Governo non ritenga indispensabile assumere iniziative per incrementare le risorse assegnate annualmente al fondo per le non autosufficienze;

   se il Governo ritenga urgente, alla luce di quanto esposto in premessa, rivedere i nuovi livelli essenziali di assistenza, affinché non ci siano delle ingiuste ed intollerabili sperequazioni tra i cittadini.
(4-00416)


   FUGATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo mese il Corriere dell'Alto Adige e il Corriere del Trentino per tre volte non sono stati in edicola per protestare contro il piano di riorganizzazione voluto dall'editore che prevede forti tagli ai costi aziendali, penalizzando soprattutto i «dorsi» del Corriere della Sera, realtà che presidiano la cronaca locale, costituendo una vera ricchezza per il dibattito e il pensiero delle varie comunità e una garanzia per il pluralismo dell'informazione;

   una delle sedi maggiormente penalizzate è quella di Bolzano, che ridurrà l'organico dei giornalisti da 8 a 4 unità, tanto che si è parlato di trasformare la redazione in un ufficio di corrispondenza, mentre tutti i contratti a termine non verranno rinnovati e gli altri giornalisti verranno spostati a Trento e Padova dove verrà costituito un «superdesk» destinato a produrre pagine di cultura, sport, web e prodotti editoriali speciali;

   la decisione di ridurre così drasticamente il personale giornalistico delle edizioni locali da 76 a 67 dipendenti appare sproporzionata rispetto a risultati di bilancio che presentano una perdita complessiva contenuta. La riorganizzazione del Corriere del Trentino e del Corriere dell'Alto Adige prevede che l'organico complessivo delle due redazioni diminuisca da 17 a 10 unità, con ricadute occupazionali a dir poco preoccupanti;

   da una parte, si prospetta un ricorso sempre maggiore al lavoro precario, prevedendo contratti di lavoro subordinato in attività di desk per i giornalisti e affidando l'attività di scrittura a collaboratori esterni precari e, dall'altra parte, non si prevede un piano di rilancio, né un progetto di marketing e tanto meno un rafforzamento della diffusione –:

   se il Governo non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, al fine di mitigare gli effetti che il piano di riorganizzazione, previsto dalla casa editrice RCS – Media Group per il Corriere del Trentino e il Corriere dell'Alto Adige, provocherebbe sia in termini di ricadute occupazionali sia sotto il profilo del diritto ad un pluralismo dell'informazione.
(4-00417)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo notizie apparse sulla stampa nazionale, la sezione antifalsificazione monetaria dei Carabinieri ha riscontrato l'esistenza di un mercato della contraffazione che riguarda «le tacche» adesive dell’«imposta di bollo» e dei «contributi unificati» utili ad iscrivere a ruolo cause civili ed amministrative presso i tribunali;

   il mercato nero è talmente ampio da essere stato definito dal colonnello Francesco Ferace, a capo del comando antifalsificazione, «emergenza nazionale»: si tratta di una piaga che investirebbe i tribunali civili e penali, ma soprattutto i giudici di pace dove «è stata riscontrata una larga diffusione di pratiche con marche da bollo false»;

   l'indagine giudiziaria ha permesso di scoprire come la qualità delle falsificazioni abbia raggiunto livelli di altissima precisione, portando gli inquirenti a definire gli autori della truffa veri e propri ingegneri della contraffazione;

   il fenomeno non sarebbe quantificabile: pare impossibile compiere una analisi di tutte le pratiche depositate in tutti i tribunali italiani, ma con accertamenti a campione si è scoperto, in una sola indagine, il coinvolgimento di ben 600 studi legali che hanno fatto uso di queste marche da bollo false;

   sul Sole24ore del 21 maggio 2018 si legge che: «gli uffici giudiziari italiani – da Milano a Palermo – siano invasi di documenti con marche ricreate in “laboratorio”, utilizzando bobine prodotte in Cina, ma anche sottratte dal Poligrafico dello Stato grazie a dipendenti compiacenti. Contributi unificati per 2 milioni di euro sono già stati sequestrati. Oltre 106 mila rotoli in bianco – pronti per essere trascritti – sono stati trovati a organizzazioni di falsari. Così è venuta alla luce una delle più grandi frodi erariali italiane, che – sulla base di una stima basata sul numero delle bobine in bianco confiscate – va da un minimo di 30 mila euro fino a un massimo di oltre 1 miliardo»;

   stante la circostanza dell'impossibilità a riconoscere a occhio nudo una marca da bollo falsificata considerando che un soggetto tecnicamente esperto impiega comunque del tempo prima di avere la conferma che si tratti proprio di valori bollati fasulli, sarebbe necessario introdurre diversi sistemi di pagamento;

   il fenomeno risulta essere ancora più grave per il fatto che vede coinvolti operatori del mondo giudiziario –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione esposta in premessa e quali iniziative d'urgenza intenda assumere, per quanto di competenza, per arrestare tale mercato della contraffazione;

   se il Ministro interrogato non ritenga utile assumere iniziative per adottare un metodo di pagamento remoto, esclusivamente on-line, o comunque, di rapido riscontro, tenuto conto dell'impossibilità di riconoscere ad occhio nudo una marca da bollo falsificata, come specificato in premessa.
(4-00415)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la sede del tribunale penale di Bari e della procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, sita in via Nazariantz, versa in una situazione di grave criticità strutturale;

   si apprende da organi di stampa che le verifiche strutturali effettuate hanno spinto le autorità amministrative competenti alla sospensione dell'agibilità dello stabile. L'inchiesta è al momento a carico di ignoti. Oltre alla relazione tecnica depositata dall'Inail da cui emerge che l'edificio di via Nazariantz presenta delle «criticità strutturali» nelle fondamenta e nei solai, i magistrati hanno chiesto una consulenza tecnica. Si ipotizza una violazione delle norme relative alla sicurezza sul lavoro e un rischio di crollo dell'edificio;

   la storia giudiziaria dei locali siti in via Nazariantz è cominciata più di quindici anni fa. Inizialmente vi fu un'inchiesta per abusi edilizi che coinvolse i costruttori, conclusasi con condanne in primo grado e prescrizione dei reati in appello. Medesimo epilogo ebbe il secondo processo per frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni dell'Inail e del comune e falso;

   la situazione della struttura con locali pericolanti non in grado di garantire la sicurezza e l'incolumità pubblica e con degrado degli uffici e stato di assoluta assenza di manutenzione era pertanto nota da anni attraverso denunce e segnalazioni;

   a causa della sospensione dell'agibilità le udienze vengono tenute in tre tensostrutture, con bagni chimici all'esterno, montate dalla Protezione civile nel parcheggio antistante. Tra le soluzioni prospettate vi è anche quella di traslocare gli uffici della procura e l'ufficio del gip in un altro immobile dove si lavorerà a rotazione. Le udienze con detenuti continueranno a celebrarsi invece nelle sedi di piazza De Nicola;

   la situazione di grave criticità ha spinto sia l'Associazione nazionale magistrati che l'Ordine degli avvocati a mobilitarsi per richiamare le autorità competenti ad adottare i provvedimenti necessari per risolvere urgentemente la situazione;

   le udienze di rinvio a date future e incerte, tenute nelle tende, non fanno altro che aumentare il rischio di prescrizione dei reati e di eventuale impunità;

   l'instabilità dell'edificio che ospita il tribunale non deve in alcun modo avere ripercussioni negative sulla rapidità dei processi e sui diritti dei cittadini. L'adeguatezza delle strutture e del personale rappresenta una priorità ai fini del rispetto della «ragionevole durata» del processo espressa nell'articolo 111 della Costituzione;

   inoltre, occorre garantire la salubrità e la sicurezza dei luoghi di lavoro –:

   quali siano gli orientamenti in merito del Ministro interrogato e se intenda attivarsi, con tutte le iniziative necessarie, al fine di permettere la ripresa del regolare svolgimento del lavoro giudiziario nel distretto di Bari.
(4-00422)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO NERVO, BENAMATI, CARLA CANTONE, CRITELLI e DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il nodo di Bologna, nodo stradale di traffico di attraversamento nazionale ed europeo, è oggi interessato da oltre 150.000 veicoli al giorno e le proiezioni di traffico per il 2025 prevedono un aumento significativo del traffico fino a 170.000 veicoli/giorno;

   oggi la tangenziale di Bologna ha un livello di servizio nelle ore di punta E/F e l'autostrada A14, nel tratto urbano di Bologna, un livello di servizio C/D; secondo le previsioni, qualora non si attivassero interventi di ampliamento in sede, si arriverebbe ad un livello di servizio F, ovverosia di collasso del nodo di Bologna con conseguenti ripercussioni sulla salute dei cittadini e sulla competitività del territorio metropolitano bolognese e del sistema Paese;

   in data 15 aprile 2016, alla presenza del Governo, dell'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci, del presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e del sindaco di Bologna Virginio Merola, è stato siglato l'accordo per il Passante metropolitano di Bologna, che ha ufficializzato l'accantonamento del progetto del cosiddetto Passante nord;

   dai mesi successivi, fino al dicembre 2016, il comune di Bologna ha svolto, insieme a regione Emilia-Romagna e Aspi, un percorso partecipato in merito alla proposta progettuale di allargamento in sede di autostrada e tangenziale, con opere di adduzione connesse, che ha interessato oltre 700 cittadini del territorio bolognese;

   in data 30 marzo 2018 il progetto del Passante metropolitano di Bologna ha superato con esito positivo la fase di valutazione impatto ambientale ed è ora in procinto di avvio la conferenza servizi per la localizzazione urbanistica;

   in sede di valutazione di impatto ambientale è stato compiuto uno studio comparativo delle altre proposte progettuali in campo, Passante nord e Passante sud, valutando il progetto di ampliamento in sede quello più rispondente rispetto al tema della fluidificazione del traffico di attraversamento e dell'impatto ambientale;

   il progetto di ampliamento in sede prevede la realizzazione di importanti opere di adduzione, attese da decenni dal territorio metropolitano bolognese (in particolare: complanare nord, nodo di Funo, intermedia di Pianura, III lotto Lungosavena) –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato circa la realizzazione di quest'opera, fondamentale per il sistema stradale bolognese e non solo, anche alla luce di notizie apparse sulla stampa circa l'intenzione del Governo di bloccare il progetto del potenziamento in sede del sistema tangenziale e autostradale di Bologna, a meno di un anno dal suo possibile cantieramento.
(4-00420)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   AZZOLINA e CASA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con D.D. n. 979 del 2010 fu indetta una procedura selettiva per l'accesso alla mobilità professionale ed in particolare per il passaggio dall'area B all'area D, profilo professionale direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga). L'articolo 2.4 specificava che il personale, utilmente collocato nella graduatoria definitiva, avrebbe conseguito la mobilità professionale in ragione dei posti annualmente autorizzati per la stipula dei contratti di lavoro a tempo indeterminato in ciascuna provincia e per ciascun profilo; l'articolo 9 , comma 17, del decreto-legge n. 70 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, ha disposto che con decreto ministeriale venisse definito un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente ed amministrativo tecnico-ausiliario (Ata) per gli anni scolastici 2011/2012 e 2012/2013 sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e delle relative cessazioni del personale;

   tale decreto è stato adottato in data 3 agosto 2011 e in esso si dispone che per l'anno scolastico 2011/2012 vengano effettuate 36.000 assunzioni di personale Ata e che tale contingente venga ripartito tra i diversi profili professionali. Con decreto ministeriale n. 74 del 2011 è stato disposto che le assunzioni nel profilo di direttore dei servizi generali ed amministrativi (Dsga) venissero effettuate sulla base delle graduatorie dell'ultima sessione di concorsi, ovvero, in caso di esaurimento delle stesse, in base alle graduatorie concernenti la mobilità professionale dall'area inferiore all'area immediatamente superiore; successivamente il decreto ministeriale n. 17 del 2012, disponeva le suddette immissioni in ruolo per profilo professionale, secondo le consistenze di seguito riportate: 450 per il profilo professionale di direttore dei servizi generali e amministrativi, 1.707 per il profilo professionale di assistente amministrativo e 359 per il profilo professionale di assistente tecnico;

   per gli assistenti amministrativi e tecnici i passaggi furono espletati, mentre per i direttori dei servizi generali e amministrativi, a causa della nota ministeriale n. 1800 del 2012, lo spostamento sarebbe potuto avvenire solo se il posto da assegnare fosse risultato vacante e disponibile, oltre che nell'organico di diritto per l'anno scolastico 2011/2012, anche nell'organico di diritto per il 2012/2013 (dei 450 posti autorizzati non trovarono collocazione circa cento aspiranti secondo una tabella pubblicata dal Ministero nel mese di luglio 2012). Si trattava, e si tratta, però, di un'indicazione in contrasto con il decreto del 3 agosto 2011 citato, con il quale era stato disposto ed autorizzato il contingente di 3.218 posti per l'anno scolastico 2011/2012 a favore del personale per la mobilità professionale verticale;

   in seguito il Ministero emanò la circolare n. 1985 del 2012, con la quale si prevedeva che questi aspiranti sarebbero stati nominati negli anni successivi senza bisogno di alcuna autorizzazione, in quanto rientranti nelle immissioni in ruolo già autorizzate per l'anno scolastico 2010/2011. Si ritiene che questi ruoli, che rientravano nel contingente di allora, debbano e possano essere restituiti ai legittimi aspiranti, nelle province dove esistono i posti in organico di diritto. Sarebbe auspicabile attivare la procedura per la formazione del personale inserito nella suddetta graduatoria definitiva redatta ai sensi dell'articolo 5, comma 3, dello stesso contratto e formulata dopo l'espletamento della prova selettiva, come previsto dal decreto del direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 28 gennaio 2010, n. 979, con il quale sono state indette le relative procedure concorsuali; non solo ai fini delle immissioni in ruolo, ma anche ai fini della redazione di una nuova graduatoria permanente da utilizzare negli incarichi, utilizzazioni e supplenze per Dsga. Tale formazione consentirebbe al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la copertura parziale e/o totale dei posti disponibili –:

   se ritenga di assumere iniziative per predisporre corsi di formazione per tutti gli assistenti amministrativi che avevano superato le prove selettive al precedente concorso (contratto collettivo nazionale integrativo 3 dicembre 2009 – personale Ata – mobilità professionale), per permettere il passaggio di qualifica dal profilo B al profilo D (Dsga); considerata la carenza di ben 1700 direttori dei servizi generali e amministrativi, quando e se intenda bandire al più presto un concorso.
(4-00419)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni il porto industriale di Livorno è stato teatro di numerosi incidenti sul lavoro;

   il 28 marzo 2018, l'esplosione di un serbatoio situato all'interno del deposito Costiero Neri, all'accosto 29 del porto industriale di Livorno ha provocato la morte di due dipendenti della ditta Labromare, specializzata in bonifiche ambientali. Le vittime si chiamavano Nunzio Viola, di 52 anni e Lorenzo Mazzoni, di 25 anni;

   il 15 giugno 2010 l'operaio albanese 38enne Dasonor Qallia, impegnato all'interno del cantiere navale Azimut Benetti, muore a seguito di una caduta in mare;

   una settimana più tardi a morire vicino al Varco Galvani del medesimo porto è invece il 46enne spezzino Francesco Ratti, travolto da un tubo di acciaio caduto da un forklift;

   ancora il 5 novembre 2011 un filippino di 43 anni, Elson Abang, ufficiale di bordo della Laguna Swan, precipita nella stiva probabilmente in seguito ad un malore. Il giorno dopo Angelo Bernardini, originario di Foligno, rimane schiacciato da un carrello elevatore durante un carico di cellulosa;

   il 17 marzo 2015 un altro marittimo filippino Priscillano Inoc rimane schiacciato da un muletto, mentre segue le operazioni di sbarco di un carico;

   il 25 agosto 2015 un elettricista proveniente da Napoli, Gabriele Petrone, scivola nel bacino galleggiante della nave oceanografica «Urania»;

   il 21 luglio 2016 in zona Alto fondale muore schiacciato da un forklift il camionista 60enne Mauro Filippi;

   la suddetta rassegna di eventi smentisce quella falsa narrazione secondo la quale le morti sul lavoro sarebbero in calo;

   se si escludono le morti su strada connesse all'attività lavorativa, i dati parlano di una realtà ben diversa. Solo lo scorso anno i decessi sono aumentati del 5 per cento, ben oltre la crescita del prodotto interno lordo ferma all'1,5 per cento;

   la verità è che di lavoro si continua a morire anche a causa di un peggioramento delle generali condizioni di sicurezza e del progressivo disimpegno dello Stato sul fronte dei controlli sul rispetto delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro;

   inoltre, la perenne bramosia di un'occupazione a tutti i costi e la paura di perdere la propria fonte di sostentamento portano i lavoratori a denunciare sempre meno il mancato rispetto delle norme di sicurezza, una condizione esacerbata anche dalle nuove e penalizzanti disposizioni sul lavoro introdotte dal cosiddetto «jobs act» –:

   se non si ritenga di dover assumere urgentemente iniziative, per quanto di competenza, volte a chiarire le cause dell'ultimo gravissimo incidente mortale occorso in ordine di tempo nell'ambito del sedime portuale di Livorno;

   se non si intenda promuovere, al fine di salvaguardare l'incolumità dei lavoratori e di una intera area della città di Livorno, l'avvio di un piano finalizzato ad una urgente delocalizzazione degli impianti, visto che nel porto insistono numerose cisterne limitrofe ad una raffineria.
(4-00423)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa (Libertà del 6 giugno 2018) risulta che lo Stato italiano sarebbe debitore di circa 500 milioni di euro nei confronti degli agricoltori e, in particolare, di oltre 100 milioni di euro nei confronti dei soli agricoltori emiliano-romagnoli;

   detta poco commendevole situazione è stata, di recente, evidenziata nel corso di una manifestazione che la Associazione dei Consorzi di difesa (Asnacodi) e Coldiretti, hanno tenuto a Roma, davanti alla sede del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

   la ragione del significativo livello del debito nei confronti degli agricoltori emiliano-romagnoli dipenderebbe dal fatto che l'alta qualità delle produzioni emiliano-romagnole comporta premi molto elevati: ogni anno, infatti, vengono assicurati prodotti per un capitale assicurativo superiore a 1,3 miliardi di euro;

   risulta che Condifesa, per cercare di alleviare la posizione degli agricoltori, abbia previsto la possibilità per gli stessi di rimandare i pagamenti in attesa dell'erogazione dei contributi statali. Ciò non toglie che detta grave inefficienza della macchina pubblica comporta comunque un costo per gli agricoltori, un vero e proprio spreco di risorse, per la maturazione degli interessi passivi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che già nel mese di febbraio 2018 la regione Emilia-Romagna, per tramite dei competenti uffici, avesse formalmente sollecitato il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ad attivarsi per la rapida erogazione degli arretrati;

   se trovi conferma che i pagamenti sono di competenza di Agea e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per porre termine ad una situazione non più ulteriormente tollerabile per il mondo agricolo, soprattutto nell'attuale congiuntura economica.
(4-00418)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da oltre trent'anni, con il primo referendum antinucleare del 1987, gli italiani hanno espresso volontà contraria al nucleare, scelta peraltro ribadita a larga maggioranza anche nel 2011;

   la Sogin è la società dello Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani nonché della gestione dei rifiuti radioattivi;

   i rifiuti radioattivi in Italia derivano principalmente dal programma nucleare pregresso e sono stoccati nei depositi temporanei delle centrali nucleari di Trino, Latina e Garigliano e Caorso, negli impianti ex Enea Eurex di Saluggia, Itrec della Trisaia, Opec di Casaccia, nel deposito Avogadro di Saluggia e nelle installazioni del Centro comune di ricerca di Ispra di Varese della Commissione europea. Tutti in carico alla Sogin;

   la società succitata, nel corso degli anni, ha accumulato gravi ritardi nell'attività di smantellamento dei siti nucleari;

   le attività di decommissioning sono finanziate tramite costi aggiuntivi scaricati sulla bolletta elettrica, comportando, dunque, un aggravio economico in capo agli utenti;

   da un articolo di stampa, a firma di Milena Gabanelli e Stefano Agnoli, pubblicato il 22 maggio 2018 sul sito Corriere della Sera.it, si apprendono alcuni dati che confermerebbero il notevole ritardo rilevato in premessa;

   nell'articolo sopracitato viene descritto il piano di decommissioning che la Sogin avrebbe dovuto rispettare e che invece è stato disatteso;

   le operazioni di smantellamento sarebbero dovute terminare nel 2025, con un costo pari 6,48 miliardi di euro;

   in seguito all'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, la fine dei lavori è stata fissata per il 2036, con un aumento dei costi di quasi un miliardo di euro;

   inoltre, in un articolo pubblicato su La Stampa il 4 giugno 2018, Francesco Ferrante, il vicepresidente del Kyoto Club, denuncia dettagliatamente i ritardi e le insolvenze della Sogin nelle attività svolte. In particolare afferma che «l'azienda non è riuscita a impiegare nemmeno il budget previsto per il 2017 di 83,6 milioni che essa stessa si era data nel dicembre 2016 autoriducendosi quello precedente approvato a febbraio del 2016 che ne prevedeva 140.». Continua poi dichiarando che «la Sogin manca clamorosamente i suoi obiettivi e infatti nel 2017 sono state realizzate attività di decommissioning per appena 63,2 milioni»;

   sempre nel corso del 2017, l'azienda invece di accelerare ha rinviato di ben 13 anni la previsione della conclusione dei lavori a Trisaia, di ben 12 quelli di Trino Vercellese, di 11 quelli di Saluggia. Rispetto al piano industriale del 2013, il brown field dei siti è slittato di 11 anni, dal 2025 al 2036;

   nel 2015 si è conclusa la realizzazione della Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale e parco tecnologico), ma i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non hanno rilasciato il nulla osta alla pubblicazione anche se più volte annunciato –:

   se i Ministri interrogati, siano a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i loro orientamenti in merito;

   se non ritengano, tenuto conto di quanto esposto in premessa, di valutare l'assunzione delle iniziative di competenza per l'avvio delle procedure volte al commissariamento della Sogin.
(4-00421)