Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 giugno 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    con il comma 422 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 — legge di stabilità 2016 — si è stabilito, al fine di dare avvio alle misure per far fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive, in attuazione della lettera d) del comma 2 dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, (le cui previsioni sono poi confluite nel codice della protezione civile) relativamente alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai commissari delegati e trasmesse al dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri per la successiva istruttoria, si provvede, per le finalità e secondo i criteri da stabilire con apposite deliberazioni del Consiglio dei ministri, assunte ai sensi della lettera e) del citato comma 2 dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 mediante la concessione, da parte delle amministrazioni pubbliche indicate nelle medesime deliberazioni, di contributi a favore di soggetti privati e attività economiche e produttive;

    il Governo ha messo a disposizione un contributo economico per i cittadini colpiti da calamità eccezionali, eventi meteorologici, alluvioni e frane che si sono verificate a partire da maggio 2013 e tale contributo, è concesso attraverso un finanziamento agevolato a totale carico dello Stato, grazie all'attivazione di un credito di imposta e nel limite massimo di 1.500 milioni di euro, previa verifica dell'andamento della concessione dei finanziamenti agevolati e del relativo tiraggio previsti da disposizioni vigenti, riguardanti la concessione di finanziamenti con oneri a carico dello Stato, indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze in 400 milioni di euro per l'anno 2016 e in 150 milioni di euro per l'anno 2017;

    le risorse stanziate con la citata legge di stabilità 2016, che, con i commi da 423 a 428 dell'articolo 1, ha introdotto la disciplina di carattere generale di concessione di contributi ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive, sono state assegnate attraverso le procedure previste dalla deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016, i cui importi complessivi sono stati definiti sulla base della ricognizione dei fabbisogni, ovvero della quantificazione dei danni al patrimonio edilizio privato e alle attività economiche e produttive, realizzata dai vari commissari delegati in seguito ad eventi calamitosi per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza;

    i contributi autorizzati con delibere del Consiglio dei ministri al 31 dicembre 2017, per i 40 eventi i cui processi di ricognizione dei fabbisogni di danno sono stati già definiti e trasmessi dalle regioni interessate al dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, risultano essere pari a 140,4 milioni di euro per i soggetti privati e pari a 73,9 milioni di euro per le imprese;

    l'attività di ricognizione dei fabbisogni svolta secondo le procedure individuate è stata prevista per tutti i contesti emergenziali di rilievo nazionale, a decorrere dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel mese di marzo 2013 nel territorio di alcuni comuni delle province di Arezzo, Firenze, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Prato e Pisa, ad eccezione di specifiche situazioni emergenziali per le quali tale attività non è risultata necessaria, ovvero per contesti emergenziali per i quali si è provveduto in via legislativa all'individuazione e all'assegnazione di specifiche risorse finanziarie destinate a fronteggiare i danni subiti dal patrimonio pubblico, privato e delle attività economiche e produttive;

    il presidente della giunta della regione Toscana ha trasmesso alla protezione civile, con nota n. 513093 del 26 ottobre 2017, la ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle infrastrutture pubbliche e private danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio privato, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 6, 7, 8 e 9 dell'O.C.D.P.C. del 20 settembre 2017, n. 482 e tale ricognizione ammonta a complessivi euro 56.188.553,83, di cui euro 7.970.725,32 per danni al patrimonio pubblico euro 21.933.249,51 per danni al patrimonio privato e euro 26.284.579,20 per danni alle attività produttive;

    il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso noto che per il 2018, il plafond disponibile è pari a 200 milioni di euro, nel cui ambito rientreranno i recuperi del primo blocco di 40 eventi occorsi nel periodo 2013-2015, e a seguire, gli eventi a partire dal 1° gennaio 2016, fino a completo assorbimento delle risorse disponibili,

impegna il Governo

1) ad attivare in tempi celeri le procedure di rimborso richiamate in premessa nell'ambito delle risorse dichiarate disponibili per l'anno 2018.
(1-00005) «Andrea Romano, Rotta, Ermini, Paita, Enrico Borghi, Cantini, Pezzopane, Fiano, Serracchiani, Ciampi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOVELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dall'11 al 13 maggio 2018 è prevista a Trento la novantunesima adunata nazionale degli alpini, manifestazione di fondamentale importanza per la conservazione e la divulgazione della memoria storica italiana e del corpo degli alpini, alla quale partecipano ogni anno decine di migliaia di persone;

   l'adunata è stata però preceduta da episodi incresciosi e violenti: nella notte tra il 10 e l'11 maggio, a poche ore dall'avvio della manifestazione, sono stati appiccati due incendi ad altrettante centraline elettriche ferroviarie in Trentino: sugli episodi, che hanno riguardato la linea del Verona-Brennero, a Lavis, e quella della Valsugana, a Villazzano di Trento, e per i quali non ci sono rivendicazioni, indaga la Digos della polizia. Sarebbe stato utilizzato del materiale infiammabile e sono in corso verifiche per accertare i fatti;

   tali episodi fanno seguito alle tensioni riscontrate nei giorni immediatamente precedenti la manifestazione, per l'opposizione preannunciata dagli studenti e dagli anarchici contro il raduno. Culla della protesta, la facoltà di sociologia dell'università di Trento, occupata dal gruppo anarchico «Saperi banditi»: La città di Trento si è quindi ritrovata nello stesso momento con le bandiere tricolore ai balconi e alle finestre, ma anche con le scritte «alpini assassini», «alpini stupratori» apparse nottetempo sui muri;

   gli anarchici accusano gli alpini di essere stati «protagonisti di atrocità compiute nelle cosiddette missioni internazionali di pace». In un comunicato stampa, scrivono «È incredibile come si sia mobilitata la città di Trento (e non solo: Rovereto, Riva e tutte le valli da qui al Veneto e Lombardia) per accogliere questi alpini... nell'immaginario comune essi vengono rappresentati con tutta quella carica folkloristica che si impregna di tradizione italica, come degli innocui vecchietti che voglion solo far baldoria, e mal che vada, se proprio devono lavorare, assumono una connotazione assistenzialistica in veste di “protezione civile”. Diciamo come stanno le cose: oltre al benevolo apparire, gli alpini sono un corpo militare a tutti gli effetti e come tutti i corpi militari, sono coinvolti in tutto quell'orrore che la guerra comporta, che sia presentata come opera di peace keeping, di salvataggio, come missioni umanitarie o chicchessia.». E ancora: «Crediamo sia giusto e doveroso rendere esplicita la nostra opposizione alle pratiche di normalizzazione della guerra che la città di Trento e la sua università propone. Ci rifiutiamo di assistere passivi ad una sfilata che porta con sé una scia indelebile di sangue, e lo facciamo a cominciare dalla riappropriazione di uno spazio che ci appartiene»;

   qualsiasi tentativo di bloccare l'adunanza nazionale degli alpini è inaccettabile in un Paese che vuol dirsi democratico e in cui le libertà di riunione e di manifestazione del pensiero sono garantite e tutelate dalla Costituzione; è pertanto fondamentale ripristinare una situazione di legalità, di accoglienza e solidarietà nella terra che gli alpini hanno scelto per il loro raduno annuale –:

   di quali elementi disponga il Governo sui fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione a quanto accaduto;

   quali iniziative intenda adottare per evitare che simili episodi si ripetano in futuro e per garantire la possibilità agli alpini di svolgere il proprio raduno nazionale in libertà e democrazia;

   se ed in che modo il Governo intenda esprimere solidarietà agli alpini per gli incresciosi episodi violenti riportati in premessa.
(4-00250)


   PALAZZOTTO e FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'11 maggio 2018 l'attivista egiziana Amai Fathi è stata arrestata dopo aver pubblicato sui social network un video contro le molestie sessuali e in cui ha criticato le istituzioni nazionali;

   la notizia dell'arresto è stata data dalla Commissione egiziana per i diritti e la libertà (Ecrf), fondata dal marito della donna, Mohamed Lotfy. L'organizzazione non governativa, nella nota pubblicata online, ha sottolineato di essersi occupata del caso dell'omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano trovato morto in Egitto nel febbraio 2016;

   è importante sottolineare che Ecrf lavora per documentare e denunciare i casi di tortura in carcere e sparizioni forzate in Egitto, e che il direttore è il consulente legale al Cairo della famiglia di Giulio Regeni;

   a parere degli interroganti è vergognoso che le autorità di sicurezza abbiano scelto di occuparsi dell'Ecrf in questo modo, una settimana prima della visita tecnica italiana in Egitto, destinata a ispezionare il contenuto delle videocamere nelle stazioni delle metro relativo ai giorni della scomparsa di Giulio Regeni;

   nel video pubblicato su Facebook, Fathi ha criticato violentemente soprattutto la banca Misr, dove dice di aver avuto problemi, e la sicurezza. Fathi, secondo la stessa ong Ecrf, è stata posta in arresto per 15 giorni per consentire la relativa indagine;

   Fathi, scrive l'organizzazione, è accusata di «incitazione a rovesciare il regime egiziano», «diffusione di voci false» e «uso abusivo dei social media». Dopo la pubblicazione del video contro le molestie sessuali, la stampa egiziana filo-regime ha condannato il discorso di Fathi e il giornale governativo al-Ahram ha annunciato l'arresto dell'autrice definendo il video un insulto all'Egitto e ai suoi cittadini;

   a seguito dell'arresto di Amal Fathi, Paola Regeni, la madre di Giulio, ucciso in Egitto dopo orribili torture, ha annunciato l'inizio dal 14 maggio di uno sciopero della fame proprio contro il fermo disposto dalle autorità egiziane nei confronti della donna. Con lei, a staffetta, attuerà lo sciopero della fame anche il legale dei Regeni, l'avvocato Alessandra Ballerini;

   a parere degli interroganti il Governo italiano non può restare indifferente all'arresto di Amal Fathy da parte delle autorità egiziane e deve dar seguito all'appello lanciato dai genitori di Giulio Regeni affinché Fathy venga rimessa in libertà –:

   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza nei confronti del Governo egiziano affinché restituisca la libertà ad Amal Fathy, moglie di uno dei consulenti legali della famiglia Regeni che lavorano per la ricerca della verità e della giustizia nel caso dell'omicidio di Giulio Regeni al Cairo.
(4-00255)


   RUFFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   tra il 21 e il 25 novembre 2016 il Piemonte fu colpito da un'alluvione di straordinaria intensità, conseguenza di precipitazioni persistenti e abbondanti, che causò danni ingenti su buona parte del territorio regionale, a causa dell'enorme mole di fango e detriti franati lungo i versanti, nonché degli allagamenti e degli smottamenti che determinarono esondazioni dei torrenti;

   l'evento ha messo a serio rischio la sicurezza delle persone e ha prodotto conseguenze devastanti sull'economia della regione, sulle infrastrutture pubbliche e private, sulle attività produttive, così come su quelle agricole;

   in seguito a quell'eccezionale evento atmosferico fu dichiarato, con delibera del Consiglio dei ministri del 12 dicembre 2016, lo stato di emergenza dapprima per i territori delle province di Cuneo e Torino; successivamente esso fu esteso, con delibera del 23 febbraio 2017, ai territori dei comuni afferenti alle aste fluviali dei fiumi Tanato e Bormida delle province di Asti ed Alessandria;

   sono stati stanziati inizialmente 51 milioni di euro a valere sul fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies della legge n. 225 del 1992, integrati successivamente di ulteriori 5 milioni di euro;

   in considerazione della persistenza della situazione emergenziale e della mancata conclusione dei necessari interventi, con delibera del Presidente del Consiglio dei ministri lo stato di emergenza è stato prorogato di ulteriori 180 giorni;

   il dipartimento della protezione civile ha emanato più ordinanze in materia al fine di coordinare l'attività di ricognizione dei danni e di individuare i necessari interventi di ripristino e le conseguenti necessità finanziarie;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con decreto ministeriale 1° dicembre 2016 ha proceduto a dichiarare l'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi, al fine di provvedere a individuare i territori danneggiati per effettuare interventi a sostegno delle imprese agricole colpite da calamità naturali, a valere sul fondo di solidarietà nazionale;

   a maggio 2017 non risultavano avviate dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali le istruttorie necessarie per la predisposizione del piano di riparto delle somme a valere sul fondo di solidarietà nazionale, da trasferire alle regioni al fine di attivare le necessarie azioni di sostegno alle aziende agricole danneggiate dalle avversità eccezionali del mese di novembre 2016;

   dai dati consultabili sul sito del dipartimento della protezione civile relativi ai trasferimenti di risorse connessi alla dichiarazione dello stato di emergenza su citata, aggiornati al primo semestre 2017, la regione avrebbe segnalato danni per più di 500 milioni, a fronte dei 56 milioni di euro stanziati, e al commissario delegato – presidente della regione Piemonte, sarebbe stata trasferita la cifra di 28 milioni di euro –:

   se non ritenga necessario accertare a quanto ammontino i trasferimenti ad oggi operati a favore del commissario delegato – presidente della regione Piemonte – in considerazione del fatto che la popolazione colpita dagli eccezionali eventi calamitosi attende ancora oggi, l'erogazione dei fondi annunciati e se non ritenga di doversi attivare con la massima sollecitudine per dotare di adeguati finanziamenti gli interventi di risanamento del territorio, delle infrastrutture e delle attività produttive e agricole.
(4-00260)


   BALDELLI, GELMINI, CALABRIA, GIACOMONI, MARROCCO, NEVI, POLIDORI, POLVERINI, ROTONDI e SPENA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da giugno 2018 dovrebbero riprendere le fatturazioni, attualmente sospese, per le bollette di acqua, luce e gas nelle zone colpite dal terremoto;

   molte di queste fatturazioni interessano prime e seconde case, che in questi mesi sono state disabitate perché inagibili o distrutte;

   con la ripresa della fatturazione potrebbero giungere agli utenti richieste di pagamento per quote di costi fissi e oneri di sistema per le utenze di gas ed energia, mentre nel settore idrico tali costi dovrebbero essere interamente coperti in modo tale da non ricadere sul consumatore;

   è possibile, inoltre, che, nel quadro dei meccanismi automatici di fatturazione, possano giungere agli utenti delle zone terremotate bollette con consumi stimati e non reali, come già testimoniato di recente da alcuni organi di informazione –:

   se il Governo non intenda mettere in campo iniziative, anche normative, per prevenire situazioni incresciose come l'arrivo di richieste di pagamento relative a quote di costi fissi e di oneri di sistema a titolari di utenze legate ad immobili inagibili o distrutti, o come l'arrivo di bollette riferite a consumi presunti su utenze sospese da mesi.
(4-00273)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno delle baby gang nel nostro Paese sembra essere in notevole aumento, almeno stando a quanto, pressoché quotidianamente, riportano gli organi di stampa, locali e nazionali. Indistintamente, da Nord a Sud, episodi violenti che vedono protagonisti ragazzi minorenni sembrano verificarsi con frequenza preoccupante;

   tra gli ultimi episodi, in ordine di tempo, quelli verificatisi a Casalecchio di Reno, nel bolognese, dove un ventenne è stato inseguito, picchiato, ferito a suon di calci e pugni, nel parco del quartiere Meridiana, da una banda di giovanissimi. Nello stesso comune, alcuni giorni prima, erano stati identificati e denunciati undici giovani, in gran parte minorenni, presunti responsabili di una serie di aggressioni ai danni di coetanei, avvenute tra dicembre e gennaio;

   episodi simili si sono verificati – per citare solo i più recenti – anche a Ferrara (dove alcuni genitori hanno denunciato l'odissea dei propri figli presi di mira dai bulli), a Firenze (dove uno studente è stato aggredito da quattro diciassettenni che lo hanno malmenato e derubato del cellulare), a Milano (dove una banda di ragazzini ha aggredito alcuni passeggeri a bordo di un treno lungo la tratta Milano-Lecco), a Napoli (dove una quindicenne è stata ferita con un coltello impugnato da un ragazzino di appena 10 anni e già parte di una banda);

   tali fenomeni generano, comprensibilmente, grande allarme sociale tra la popolazione che chiede di veder garantito il diritto a vivere la propria città in sicurezza;

   gli episodi di violenza da parte di baby gang devono indurre ad aprire una riflessione adeguata volta ad indagare, prioritariamente, le reali dimensioni del fenomeno nel nostro Paese. Sono molteplici gli aspetti che vanno presi in esame: occorre, in particolare, agire sul fronte della prevenzione, coinvolgendo tutti i settori della società civile che si occupano di disagio giovanile come la scuola, il mondo dello sport, dei servizi sociali;

   non meno importanti sono l'aspetto della repressione e il percorso di recupero che deve essere messo in atto per i minorenni che si rendono protagonisti di episodi violenti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si disponga di informazioni e dati, anche solo di tipo statistico, rispetto all'entità del fenomeno delle baby gang nel nostro Paese e in relazione al numero stimato dei soggetti minorenni coinvolti;

   quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere sul fronte della prevenzione di tale fenomeno;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione agli specifici aspetti della repressione e della rieducazione;

   con specifico riguardo alle vicende di cui in premessa occorse nel comune di Casalecchio di Reno, di quali informazioni si disponga e quali iniziative di competenza siano state poste in essere per fronteggiare la situazione.
(4-00280)


   BARATTO, BENDINELLI, BOND, BRUNETTA, CORTELAZZO, MARIN e MILANATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205), all'articolo 1, comma 1106, ha istituito un fondo in favore dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal Tuf (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – decreto legislativo n. 58 del 1998), nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento, se relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari di banche sottoposte a risoluzione o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa nel tempo intercorrente tra il 16 novembre 2015 e il 31 dicembre 2017, tra le quali si trovano Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza;

   la dotazione finanziaria del fondo è pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2021. Il Ministro dell'economia e delle finanze è poi tenuto a presentare una relazione alle Camere sullo stato di attuazione delle suddette disposizioni;

   la medesima legge di bilancio, all'articolo 1, comma 1107, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (e quindi dal 1° gennaio 2018), sono stabiliti i requisiti, le modalità e le condizioni necessarie all'attuazione di quanto disposto in merito al fondo di ristoro dei risparmiatori;

   ad oggi, nonostante gli annunci, ad oltre quattro mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio, e ben oltre il termine dei 90 giorni previsti per dare attuazione alle disposizioni richiamate, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario per sbloccare il fondo non è stato ancora emanato. Si tratta, ad avviso degli interroganti di un ritardo inaccettabile, che pesa come un macigno sulle migliaia di famiglie e piccoli imprenditori rimasti colpiti dalla crisi bancaria degli scorsi anni –:

   quali siano i tempi previsti per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione delle disposizioni previste dalla legge n. 205 del 2017 relative all'istituzione del fondo di ristoro per i risparmiatori richiamato in premessa;

   in quali tempi il Governo intenda presentare la relazione alle Camere sullo stato di attuazione delle disposizioni relative al medesimo Fondo, come previsto dalla legge n. 205 del 2017.
(4-00290)


   ENRICO BORGHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la provincia del Verbano Cusio Ossola comprende 76 comuni interamente montani, estendendosi su una superficie di 2.260 chilometri quadrati con uno sviluppo della viabilità provinciale di circa 525 chilometri di viabilità statale di circa 185 chilometri;

   le misure di contenimento della spesa pubblica che hanno interessato le province, e più in generale gli enti locali, da un decennio hanno reso quanto mai difficoltoso per l'ente provincia attendere ai propri compiti istituzionali, tra cui la gestione e manutenzione della viabilità, di cui alla legge n. 56 del 2014;

   in particolare, lo sviluppo viario della provincia del Verbano Cusio Ossola presenta una notevole dimensione, con altimetrie molto variegate e versanti scoscesi, che uniti alle forti escursioni termiche e alle abbondanti precipitazioni nevose e piovose nel corso dell'anno (il territorio in questione è statisticamente tra i più piovosi d'Italia a causa della sua natura alpina e della sua collocazione geografica) determinano costi di manutenzione e di realizzazione delle arterie stradali decisamente maggiori rispetto ad altre realtà del Paese;

   tutta la viabilità provinciale risulta così gravemente compromessa a causa della indisponibilità delle somme necessarie per la manutenzione stradale della rete provinciale fin dal 2012, somme sottratte dalle manovre finanziarie che si sono succedute fino ad oggi;

   la dimensione finanziaria sottratta al territorio per questo scopo è stata puntualmente confermata dal S.o.s.e. nel rapporto commissionato dal Ministro dell'economia e delle finanze nel 2015 e reso noto nel 2016, rapporto che ha stabilito l'ammontare dei costi standard delle funzioni fondamentali attribuite a ciascuna provincia;

   il ritardo con il quale si sta effettuando l'accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Piemonte per il passaggio di competenze su alcune strade ora provinciali all'Anas rischia di far gravare ulteriori oneri manutentivi a carico dell'ente provincia, nonostante una specifica risoluzione del Parlamento in VIII commissione che nella XVII legislatura impegnava il Governo pro tempore a mettere a carico di Anas tali oneri nelle more della definizione degli aspetti procedurali;

   la lentezza con la quale Anas sta mettendo in campo le misure di investimenti straordinari sulle strade statali 33 del Sempione, 35 del lago Maggiore e 337 della Valle Vigezzo, unitamente ad alcuni fenomeni naturali di frana e di crollo che hanno coinvolto persone fisiche e la circolazione internazionale, sta creando tensioni tra le popolazioni interessate;

   alla luce di ciò, i 76 comuni del Verbano Cusio Ossola hanno deliberato in ordine alla richiesta dello stato di emergenza per la situazione della viabilità sul territorio della provincia medesima –:

   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per riconoscere, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 24 febbraio 1992, lo stato di emergenza sull'intero territorio del Verbano Cusio Ossola, affinché gli enti e gli organismi competenti si attivino, con la dovuta urgenza, per dare corso a tutte le attività necessarie a rimuovere il persistente stato di pericolo e ad assicurare la messa in sicurezza del territorio in generale e della rete viaria internazionale, nazionale e provinciale in particolare.
(4-00293)


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   i piccoli comuni montani rappresentano una ricchezza del territorio italiano, presidio fondamentale per intere comunità che ancora scelgono di vivere in aree logisticamente svantaggiate;

   la presenza di servizi, infrastrutture e negozi di vicinato costituisce un fattore determinante per la permanenza delle popolazioni nei territori montani. Gli esercizi commerciali nelle piccole comunità rappresentano infatti un punto di riferimento, sono luoghi di aggregazione della collettività, sono espressione di ordine sociale, culturale ed economico;

   purtroppo, nei territori montani del nostro Paese, si sta registrando un preoccupante spopolamento: numerose attività sono costrette a chiudere a causa dell'elevata tassazione e della bassa rimuneratività, mentre le politiche sanitarie sembrano sempre più viaggiare verso la centralizzazione dei servizi con la conseguenza di far venire meno la vitalità di questi territori sempre più in difficoltà anche sotto il profilo degli investimenti per le infrastrutture e del fare fronte al problema del dissesto idrogeologico;

   già nel 2016 l'Uncem aveva di fatto segnalato come numerosi comuni montani fossero a rischio di desertificazione unitamente alla difficoltà di garantire continuità alle attività già esistenti;

   a fronte di fattori negativi si registra, nel contempo, un ritorno al settore primario e alla montagna in particolare da parte dei giovani che scelgono di avviare produzioni piccole e medie come si rileva dal Rapporto montagne Italia 2017 presentato alla Camera dei deputati a cura della Fondazione montagne Italia (costituita da Uncem e Federbim); un rapporto che fotografa la voglia di vita e di rinascita della montagna italiana che deve pertanto trovare, nelle istituzioni, il sostegno e l'appoggio necessario per un suo deciso rilancio;

   la legge n. 97 del 1994, all'articolo 1, recita: «La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, rivestono carattere di preminente interesse nazionale. Ad esse concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali» –:

   quali iniziative anche di carattere normativo si intendano assumere al fine di individuare sgravi fiscali e soluzioni di alleggerimento burocratico per chi possiede o intende avviare o potenziare un'attività, aprire un negozio o una partita Iva in un comune montano;

   se si intendano adottare iniziative volte a prevedere «zone a fiscalità di vantaggio», a incentivare i negozi di carattere polifunzionale (che nello stesso tempo svolgano anche dei servizi) e, a promuovere e valorizzare nel contempo il ruolo delle associazioni locali;

   se si intenda varare una campagna nazionale a favore dei prodotti tipici e delle eccellenze montane, favorendo ogni possibile azione di marketing territoriale individuata da comuni e unioni montane;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per favorire, più in generale, progetti di sostegno agli esercizi commerciali di prossimità dei piccoli comuni montani.
(4-00294)


   ZOFFILI, FERRARI, EVA LORENZONI, PAROLO, BORDONALI, FORMENTINI, CLAUDIO BORGHI, MOLTENI e LOCATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 maggio 2018 sono stati resi noti i risultati di un'inchiesta doppia condotta dallo Scico della guardia di finanza di Brescia e dagli agenti della polizia di Stato della Digos – sezione investigativa di Sassari, sotto il coordinamento della procura nazionale antiterrorismo;

   le indagini hanno portato all'arresto di 14 stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale – dieci dei quali siriani e due marocchini – risultati legati all'organizzazione combattente denominata al Nusra, parte del network terroristico di al Qaeda, tra le principali forze militarmente attive in Siria contro il governo di Damasco;

   pur regolarmente soggiornanti in Italia, i fermati risulterebbero invischiati in una grande quantità di attività illegali, tra le quali spiccano la gestione di un flusso di migranti irregolari, la trasmissione di denaro attraverso il circuito informale noto come Hawala e il reclutamento di militanti da avviare alla lotta armata;

   l'accusa nei confronti dei fermati è di aver creato una struttura di sostegno anche economico alla conduzione di attività militari e terroristiche in Siria, che operava destinando ai miliziani denaro che veniva accumulato gestendo il traffico dei migranti illegali;

   viene così individuato un nesso ulteriore tra flussi migratori irregolari e svolgimento di attività paramilitari e terroristiche;

   nel contesto dell'indagine, sono state scoperte almeno due cellule attive rispettivamente in Lombardia e in Sardegna;

   perquisizioni ed arresti hanno avuto luogo anche in provincia di Lecco e Como, interessando in particolare Erba;

   quanto è accaduto sembra comprovare la sussistenza di rapporti tra i flussi migratori illegali e i movimenti di persone dedite alla lotta armata di natura jihadista nonché la funzione di retrovia logistico apparentemente svolta dal nostro Paese nel contesto del mondo del terrorismo transnazionale;

   non è da escludere che a determinate condizioni il network impiantatosi nel nostro Paese possa assumere iniziative ostili nei confronti dei cittadini italiani e delle loro proprietà, anche con l'effettuazione di attentati –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito all'entità dell'infiltrazione jihadista nel nostro Paese e alla sua oggettiva pericolosità;

   se la presenza di al Nusra e quindi di al Qaeda nel nostro Paese sia recente e se questa organizzazione stia traendo profitto dalla crisi del cosiddetto Stato Islamico;

   quali ulteriori iniziative di prevenzione il Governo ritenga assumere per scongiurare l'effettuazione di attentati jihadisti nel nostro Paese.
(4-00296)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° marzo 2018 due militari greci sono stati arrestati dalle autorità turche e sono tuttora in stato di detenzione;

   l'arresto è avvenuto in una parte della frontiera, nella foresta di Kastanies lungo il fiume Evros/Meriç, che costituisce un importante punto di attraversamento per i migranti, i rifugiati e i trafficanti;

   i due militari greci, un tenente e un sergente, stavano effettuando un regolare servizio di pattugliamento alla frontiera e dopo l'arresto hanno dichiarato di essersi smarriti in condizioni meteorologiche avverse;

   ai primi di marzo 2018 un tribunale turco di Edirne ha stabilito che i due militari, che sono attualmente detenuti in condizioni di massima sicurezza e sono accusati di essere entrati illegalmente in Turchia, resteranno in carcere;

   nonostante gli sforzi profusi dal Governo greco per garantire il rilascio e il rimpatrio dei militari, i due sono detenuti in un carcere turco da oltre due mesi senza che siano stati formulati capi di accusa nei loro confronti, lasciandoli all'oscuro del reato di cui sono accusati, in palese contrasto con l'articolo 5, paragrafo 2, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, secondo il quale «ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell'arresto e di ogni accusa formulata a suo carico»;

   a seguito dell'arresto vi sono stati numerosi appelli per la liberazione dei militari, formulati dai funzionari dell'Unione europea e della Nato, non da ultimo in occasione del Consiglio europeo del 22 marzo 2018 e dell'incontro dei leader di Unione europea e Turchia del 26 marzo 2018;

   in passato casi analoghi di attraversamento accidentale della frontiera da parte di militari greci o turchi sono stati risolti in loco a livello di autorità militari locali di entrambe le parti –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative per quanto di competenza affinché, le autorità turche rilascino i due militari greci e li riconsegnino alla Grecia;

   se non intenda assumere iniziative affinché l'Unione europea e tutti gli Stati membri dell'Unione europea mostrino solidarietà alla Grecia, chiedendo il rilascio immediato dei due militari greci in qualsiasi contatto o comunicazione con le autorità e i leader turchi, nello spirito del diritto internazionale e delle buone relazioni di vicinato.
(4-00298)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   diversi articoli e servizi giornalistici riportano notizie di sempre più frequenti incidenti nei luoghi di lavoro che, troppo spesso, determinano le così dette «morti bianche», ossia quelle di lavoratori che perdono la vita nello svolgimento delle proprie mansioni;

   in particolare una puntata di «Report» (Bernardo Iovene reporter, Sigfrido Ranucci in studio) ha affrontato il tema relativo agli ispettori del lavoro denunciandone l'insufficienza numerica;

   pare infatti siano passati da cinquemila nel 2008 a meno della metà ad oggi e i loro controlli sono risultati pochi e preavvisati;

   gli ispettori, si afferma, sono stati nel tempo ridotti di numero e assimilati in un'unica categoria (quelli già del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quelli dell'Inail e quelli dell'Inps), al costo di una seria perdita di competenze specifiche e di indipendenza;

   il ruolo della politica in ogni ambito è quello di tutelare tutti i cittadini –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere nell'ambito delle proprie competenze.
(4-00324)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 agosto 2017, il sindaco di Monza, Dario Allevi, ha inviato una lettera al prefetto per sollecitare un intervento di concorso delle forze armate al mantenimento dell'ordine pubblico nel territorio della propria città;

   il sindaco di Monza lamenta in effetti da tempo la recrudescenza delle attività criminali nel territorio di sua competenza, in particolare in alcune aree del comune monzese, ed inoltre ritiene lo schieramento di militari nel territorio comunale un utile strumento per perseguire obiettivi di sicurezza interna, riqualificazione urbana e protezione civile;

   è già da tempo operativa una missione militare nazionale di contributo alla difesa di obiettivi sensibili a rischio di attacco terroristico, l'operazione «Strade Sicure»; a questo punto basterebbe disporre che sia ricompresa in tale missione anche la tutela dei cittadini residenti a Monza –:

   se il Governo non ritenga opportuno, di fronte alla recrudescenza di alcune attività criminali che interessa alcune zone del comune monzese, prevedere il rapido ampliamento dell'area di responsabilità dell'operazione «Strade sicure» in modo tale da ricomprendervi, in chiave di dissuasione della criminalità comune, la città di Monza.
(4-00330)


   COMAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Arbitro per le controversie finanziarie (Acf) è stato istituito dalla Consob nel maggio del 2016 ed è uno strumento di risoluzione delle controversie tra investitori «retail» e intermediari per la violazione degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza che gli intermediari devono rispettare quando prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio. Non è invece competente per gli investimenti su obbligazioni subordinate delle quattro banche per cui è stato stabilito che sia l'Anac a decidere in merito all'erogazione, da parte del fondo di solidarietà, di un indennizzo forfetario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto;

   solo i risparmiatori possono fare ricorso all'Acf, per richieste di risarcimento danni non superiori a 500.000 euro e gli intermediari sono obbligati ad aderire all'Acf;

   sul sito dell'Acf, nella sezione «intermediari inadempienti», è pubblicato l'elenco degli intermediari che non hanno eseguito, in tutto o in parte, le decisioni adottate dall'Acf. Nella sezione compaiono 37 decisioni riferite alle diverse banche parti delle controversie, tra cui 20 riferite solo a UBI Banca (convenuta in controversia in qualità di società incorporante la Banca Adriatica Spa – già Nuova Banca delle Marche);

   con le prime decisioni di gennaio 2018, infatti, l'arbitro della Consob, ha stabilito che sui servizi di investimento prestati ai clienti da una delle quattro banche poste in risoluzione a fine 2015, possano venir chiamati a rispondere gli istituti che hanno rilevato le quattro good bank, ossia UBI, per Banca Marche, Etruria e CariChieti, e Bper, per CariFerrara;

   sulle decisioni nei ricorsi su Banca Marche, l'arbitro ha argomentato che proprio il provvedimento di Banca d'Italia del novembre 2015 sulla liquidazione fa emergere la continuità dei rapporti contrattuali e, come i clienti avrebbero potuto avanzare pretese risarcitorie verso la vecchia banca, allo stesso «non possono non ritenersi legittimati a procedere in tal senso anche nei confronti della Nuova Banca»;

   le decisioni dell'arbitro della Consob non sono in teoria vincolanti, ma normalmente gli intermediari tendono ad adeguarsi alle decisioni avverse, tranne gli istituti presenti nella succitata sezione «intermediari inadempienti», tra cui, come già detto, è massiccia la presenza di UBI Banca;

   organi di stampa, partendo dal presupposto che, in base al contratto di cessione, il fondo di risoluzione è tenuto a risarcire agli istituti acquirenti anche di queste soccombenze, avanzano l'ipotesi che ci sia una precisa volontà del fondo, che a sua volta dipende dalla Banca d'Italia, di attendere che si arrivi in un'aula di tribunale in cui si spera che un esame più approfondito del giudice possa non dare ragione agli investitori;

   è evidente, nell'opinione dell'interrogante, che il primo interesse da tutelare sia quello degli investitori che non hanno visto rispettati, da parte degli intermediari, gli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza;

   se da un lato l'istituzione dell'arbitro è sicuramente un passo decisivo nel percorso di maggiore protezione e tutela degli investitori – anche per il minor tempo di attesa e l'assenza di costi (anche legali) rispetto alla giustizia ordinaria – nei confronti degli intermediari, soprattutto in caso di clientela retail che è senza dubbio la parte contrattuale più debole, dall'altro sarebbe necessario rendere vincolanti le decisioni di tale arbitro –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative finalizzate a rendere vincolanti le decisioni dell'Arbitro per le controversie finanziarie.
(4-00335)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa (Il Resto del Carlino 23 maggio 2018) si apprende dell'incredibile quanto inaccettabile episodio occorso in una classe delle scuole primarie Croce Coperta a Bologna dove sono state servite carote marce e maleodoranti nell'orario di merenda. Era già capitato con le albicocche qualche giorno prima ed episodi analoghi si erano verificati anche nelle primarie Casaralta, sempre a Bologna, come debitamente riportato dagli organi di stampa locali (Il Resto del Carlino 28 febbraio 2018);

   le merende monoporzione, a base di frutta e verdura, sono parte del programma finanziato – con fondi dell'Unione Europea – dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali denominato «Frutta e verdura nelle scuole»;

   sul sito web dedicato www.fruttanellescuole.gov.it è allegato un documento denominato «Monitoraggio Frutta e Verdura nelle scuole – anno scolastico 2016-2017» nel quale, a pagina 15, pur evidenziandosi un gradimento complessivo della qualità dei prodotti, viene riportato: «Non sono mancate, tuttavia, scuole (intorno al 6 per cento) che hanno parlato di scadente qualità della frutta e della verdura, magari in avanzato stato di maturazione o troppo acerba, in alcuni casi non utilizzabile. Altre hanno dichiarato che sarebbe opportuno fornire alle classi i prodotti locali, a km zero»;

   a pagina 22 del medesimo report si legge che: «La relazione fra scuola e fornitori è giudicata molto positiva nel 25 per cento dei casi, abbastanza positiva nel 62 per cento. È una situazione che può essere associata all'assenza di problemi nella distribuzione, evidenziata dal 64 per cento degli istituti rispondenti. Non è tuttavia da sottovalutare il 36 per cento di scuole che ha invece posto in risalto l'esistenza di problemi, con quote più marcate nelle zone di fornitura Trentino-Alto Adige-Veneto e Emilia-Romagna-Friuli-Venezia Giulia-Marche (...). Le principali difficoltà fanno riferimento, in ordine di importanza, alla qualità delle singole forniture, alla puntualità delle consegne, alla corretta quantità delle forniture» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbia notizie aggiornate al riguardo;

   se risultino eventualmente verifiche in corso anche da parte del comando carabinieri per la tutela della salute;

   quali iniziative si intendano promuovere al fine di avviare una verifica puntuale in relazione alla qualità dei cibi proposti;

   quali forme di controllo siano previste sulla qualità dei cibi offerti agli alunni e, in caso di carenze o mancanze da parte dei fornitori, quali provvedimenti possano essere assunti;

   se si intenda fornire un quadro riepilogativo dei provvedimenti effettivamente assunti in relazione alla scarsa qualità dei prodotti proposti e delle iniziative intraprese per risolvere tali criticità.
(4-00359)


   D'IPPOLITO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con l'ordinanza n. 4574/2018, del 24 aprile 2018, su ricorso di numerosi comitati e associazioni, la I sezione del Tar Lazio ha sollevato due questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia dell'Unione europea, con riferimento all'articolo 35 del cosiddetto «decreto sblocca Italia», decreto-legge n. 133 del 2014, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016;

   il collegio dubita della conformità dello «Sblocca Italia» rispetto alla normativa comunitaria su tre punti specifici: l'articolo 35 che regola la libera circolazione di rifiuti per lo smaltimento in inceneritori; il ruolo preponderante degli inceneritori definiti come «impianti strategici di preminente interesse nazionale» (qualifica, peraltro, non riconosciuta «agli altri impianti volti al trattamento dei rifiuti a fini di riciclo e riuso») e la mancata valutazione ambientale strategica-Vas;

   a tale proposito, sul ruolo della termovalorizzazione nella gestione dei rifiuti, il Tar, nell'ordinanza predetta, ha richiamato la comunicazione COM(2017)/34 del 26 gennaio 2017 della Commissione europea concernente «Il ruolo della termovalorizzazione nell'economia circolare», ove è testualmente riportato non solo come «tassi così elevati di incenerimento non sono coerenti con obiettivi di riciclaggio più ambiziosi», ma anche che «per ovviare a questo problema», nell'ambito delle misure nazionali consentite a ciascuno Stato membro, deve essere previsto, inter alia, di «abolire gradualmente i regimi di sostegno per l'incenerimento dei rifiuti e, se del caso, reindirizzare gli aiuti verso processi che occupano posti più alti nella gerarchia dei rifiuti» ovvero «introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti»;

   il Tar ha, altresì, rilevato che «l'Amministrazione si è difesa solo con un deposito documentale e con una relazione – peraltro sollecitate in sede istruttoria – senza ulteriori scritti o memorie difensive, in cui emerge una generica posizione a difesa della conformità del dettato normativo alla competenza statale e alla Direttiva 2008/98/CE per quanto riguarda l'ottimizzazione e il potenziamento delle infrastrutture di incenerimento con recupero energetico, ritenuto genericamente rispettoso del principio della “gerarchia dei rifiuti”, non evidenziandosi, dunque, ad avviso dell'interrogante, una insuperabile convinzione dal parte del Governo e del dicastero competente in ordine agli interventi normativi in questione»;

   il Tar Lazio rileva, inoltre, come tutte le norme rinviate appaiono contrastare con la gerarchia d'intervento stabilita a livello comunitario in materia di rifiuti che vede riduzione, recupero di materia e riciclo come interventi prioritari rispetto all'incenerimento di rifiuti; l'ordinanza di rimessione crea una situazione d'incertezza e potrebbe produrre l'anomalo e indesiderato effetto di accelerare le richieste di autorizzazione per la realizzazione/completamento di nuovi inceneritori, sfruttando il periodo, presumibilmente non breve, entro il quale dovrà pronunciarsi la Corte di Lussemburgo –:

   se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative normative urgenti per abrogare l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, al fine di evitare che il nostro Paese incorra in una ennesima condanna da parte della Corte europea, o in subordine, per sospendere l'applicazione del medesimo articolo 35, in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia dell'Unione europea.
(4-00363)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 4 del 10 giugno 2015, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera f), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l'Autorità nazionale anticorruzione ha avanzato alcune proposte di modifica, correzione e integrazione della normativa vigente in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi amministrativi;

   in particolare, nell'atto in questione l'Anac propone al futuro legislatore «l'adozione di una tecnica nella formulazione delle norme, diversa da quella adottata nel decreto legislativo n. 39, che consiste:

    a) nella conferma della parte dedicata alle definizioni (da correggere in più punti, come segnalato);

    b) nella conferma del distinto capo relativo alle inconferibilità per condanna penale, anche non definitiva;

    c) nell'individuazione, articolata e dettagliata, delle tipologie di incarichi da conferire (o di cui considerare cause di incompatibilità), dedicando a ciascun complesso di incarichi, per tipologia di amministrazione, specifiche parti dell'articolato di legge che contenga le distinte cause di inconferibilità e incompatibilità»;

   si tratta in tutto di 25 proposte comprese in tre ambiti di materia: A) le inconferibilità; B) le incompatibilità; C) i poteri di vigilanza, ordine e sanzione dell'Anac; tra le richieste figurano, tra le altre quelle di:

    valutare l'eventuale estensione della disciplina delle inconferibilità e incompatibilità agli incarichi politici;

    valutare l'estensione del regime delle inconferibilità alla provenienza da cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali;

    valutare l'opportunità di introdurre procedure derogatorie per casi specifici;

    estendere il regime delle inconferibilità e incompatibilità nelle aziende sanitarie a incarichi diversi dai tre fin qui disciplinati;

    disciplinare le inconferibilità per provenienza da cariche politiche a livello nazionale;

    eliminare, tra le cause di inconferibilità per provenienza da cariche politiche, la provenienza da cariche in enti di diritto privato in controllo pubblico;

    adottare una più precisa definizione di «ente di diritto privato in controllo pubblico» o «a partecipazione pubblica non maggioritaria»;

    adottare una diversa e più ampia definizione di incarichi dirigenziali;

    adottare una più precisa definizione degli «enti di diritto privati regolati o finanziati»;

    chiarire i rapporti tra inconferibilità di incarichi dirigenziali pubblici e divieto di assumere incarichi in enti privati post-mandato;

    chiarire che le inconferibilità riguardano posizioni attualmente ricoperte;

    adottare un criterio coerente per la definizione di «amministratore» negli enti pubblici (economici e non) e negli enti di diritto privato in controllo pubblico;

    precisare meglio la posizione dei dirigenti negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico;

    precisare meglio le amministrazioni locali interessate e rivedere le soglie di popolazione;

    chiarire i rapporti tra inconferibilità e incompatibilità;

    chiarire le incompatibilità con le cariche politiche;

    risolvere definitivamente la questione del rapporto tra controllore e controllato;

   stante la complessità e la mutevolezza della materia, anche in relazione alla gran quantità di enti di diritto privato in controllo pubblico cui la pubblica amministrazione fa ricorso per assicurare e gestire i servizi più disparati, appare opportuno, a parere dell'interrogante, aprire una riflessione per rispondere con urgenza alle sollecitazioni dell'Anac –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere in relazione all'atto di segnalazione dell'Anac di cui in premessa e con quali tempistiche.
(4-00375)


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli episodi di violenza perpetrati nei confronti di bambini, nelle scuole, e di anziani e disabili, nelle strutture socio-assistenziali, continuano ad essere all'ordine del giorno;

   gli ultimi fatti di cronaca, nazionali e locali, come quello avvenuto ad Aci Catena (Catania), dove la maestra sottoponeva a maltrattamenti fisici e psicologici i suoi alunni, o quello dell'arresto di due insegnanti a Colorno (Parma) per reato di maltrattamento nei confronti dei propri alunni, impongono necessariamente l'avvio di un'azione che ponga un argine a tali episodi di violenza;

   in questa direzione ha preso avvio l'azione di Forza Italia che, nella scorsa legislatura, ha presentato una proposta di legge volta a prevedere l'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno di asili e strutture socio-assistenziali per anziani e disabili al fine di prevenire abusi e violenze;

   il 19 ottobre 2016, la Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge, tra le quali una a firma dell'interrogante, recante «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazioni di disagio»;

   il testo introduce disposizioni sulla videosorveglianza negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, al fine di prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o abuso anche psicologico;

   il provvedimento, trasmesso al Senato il 21 ottobre 2016 non ha proseguito il suo iter, nonostante l'attualità del tema e l'emergenza riscontrata alla luce dei moltissimi episodi accaduti contro i più deboli;

   nonostante l'interrogante abbia sollecitato ripetutamente, nelle opportune sedi istituzionali, le autorità competenti non solo per tutelare bambini, anziani e disabili ma anche per salvaguardare l'opera svolta, in maniera seria ed onesta, dalla stragrande maggioranza di insegnanti e operatori dei centri socio-sanitari, non vi è stata secondo l'interrogante la minima volontà da parte del Governo pro tempore di salvaguardare bambini ed anziani;

   per dare seguito all'impegno profuso negli anni precedenti, Forza Italia ha presentato nella presente legislatura il testo della proposta di legge che nella precedente era stato trasmesso al Senato senza giungere all'esame dell'Assemblea, lasciando dunque un vulnus normativo non più accettabile;

   a giudizio dell'interrogante non sono più ammissibili episodi di violenza commessi nei confronti di persone impossibilitate sia per l'età sia per disabilità psicofisica e, appare ormai chiaro che la prevenzione è lo strumento più efficace per contrastare casi di questo genere –:

   se il Governo non intenda adottare le opportune e urgenti iniziative di competenza al fine di prevenire e contrastare gli episodi di maltrattamenti fisici e psicologici negli asili nido, nelle scuole e nelle strutture socio-assistenziali, nonché di garantire l'adeguatezza attitudinale e morale del personale che aspira ad accedere alle professioni educative e di cura nelle strutture indicate.
(4-00377)


   MELONI, RAMPELLI, BELLUCCI, ACQUAROLI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la «Star Judo Club Napoli» è una società sportiva fondata nel 1980 da Gianni Maddaloni, maestro di Judo famoso a livello internazionale, e sita nel quartiere di Scampia, quartiere di Napoli tristemente noto alle cronache per episodi delittuosi legati alla criminalità organizzata;

   la struttura di Maddaloni è un esempio di vivibilità e di civiltà e rappresenta un luogo di educazione e formazione per moltissimi giovani che in essa trovano la speranza di una vita lontana dalle logiche criminali della strada, oltre a essere oggi una delle associazioni maggiormente impegnate nel recupero di giovani in difficoltà, compresi minori detenuti, bambini diversamente abili e non vedenti e i ragazzi con bisogni educativi speciali (Bes);

   la palestra è iscritta dal 1997 al Registro del Coni nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche, è affiliata alla Federazione italiana judo lotta karate arti marziali, e ha regalato all'Italia straordinari successi sportivi di livello nazionale e internazionale;

   l'associazione di Maddaloni è altresì affiliata all'Organizzazione per l'educazione allo sport, insieme alla quale propone lo sport come mezzo per la trasmissione di valori contro il disagio giovanile;

   per tutte queste ragioni, nel 2005 il comune di Napoli ha offerto, in comodato d'uso al maestro Maddaloni, i locali in cui insiste la palestra, salvo cambiare improvvisamente idea e pretendere, dai primi mesi del 2018, il pagamento di un importo mensile di 1.755 euro a titolo di canone di locazione;

   la corresponsione di tale canone è insostenibile per una realtà la cui retta di partecipazione è poco più che simbolica (20 euro mensili) ed è versata solo da 150 delle 600 persone che frequentano la palestra;

   l'atteggiamento ostile dell'amministrazione comunale appare inspiegabile soprattutto alla luce della benevolenza mostrata, invece, nei confronti delle attività dei centri sociali in favore delle quali è stata recentemente approvata una delibera di giunta volta a trasformare sette edifici occupati in «beni comuni emergenti quali ambienti di sviluppo civico», dandoli in gestione ai centri e così legalizzando e istituzionalizzando le occupazioni;

   in merito, il sindaco ha dichiarato all'Ansa che si tratta di «beni abbandonati che si rigenerano grazie all'attivismo di quelli che è riduttivo chiamare centri sociali», rivendicando, al contempo, la primogenitura dell'iniziativa;

   come si apprende da fonti di stampa, il 4 maggio 2018 il sindaco e alcuni rappresentanti della sua amministrazione avrebbero partecipato ad un party di compleanno organizzato all'interno di uno di questi edifici occupati con modalità di dubbia legittimità dai centri sociali in pieno centro storico;

   occorrerebbe che l'amministrazione comunale di Napoli, facesse chiarezza sul suo operato in quanto sembrerebbe premiare le iniziative di dubbia legittimità dei centri sociali, consentendo loro di occupare luoghi anche di pregio nel centro del capoluogo partenopeo e al contempo penalizzare – inviando richieste di insostenibili canoni di locazione – quelle svolte dall'associazione sopra citata che svolge coraggiosamente un'attività sociale e di contrasto alla criminalità organizzata –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per sostenere la «Star Judo Club Napoli», che ha trasformato lo sport in una leva per formare, forgiare e promuovere il senso civico, combattere il degrado, regalare identità ai giovani e recuperare spazi di vivibilità in luoghi difficili, svolgendo un'importante funzione sociale in uno dei quartieri più difficili d'Italia;

   quali iniziative intendano assumere per diffondere una cultura sportiva che, sul modello della citata associazione, promuova, attraverso la pratica sportiva, un modello di recupero e di integrazione di ragazzi disagiati.
(4-00378)


   RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 maggio 2018 si è appreso che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore con proprio decreto ha riconfermato Battiston alla presidenza dell'Agenzia spaziale italiana per il quadriennio 2018-2022;

   il precedente mandato di Battiston sarebbe terminato il 15 maggio 2018; alla scadenza si sarebbe attivato il regime di prorogatio di 45 giorni, entro cui si sarebbe potuto procedere alla nomina del presidente dell'Agenzia spaziale italiana; quindi non sussistevano, secondo l'interrogante, motivi di urgenza e di indifferibilità; si rappresenta che il Ministro pro tempore Fedeli ha assunto la responsabilità politica di nominare il presidente dell'Agenzia spaziale italiana pur essendo espressione di una maggioranza parlamentare che non c'è più, compiendo un atto politico e istituzionale a giudizio dell'interrogante irrispettoso del nuovo Parlamento, aggravato dall'assenza di qualsiasi presupposto di indifferibilità e urgenza; inoltre va considerato quanto previsto dalla legge n. 7 del 2018, «Misure per il coordinamento della politica spaziale e aerospaziale e disposizioni concernenti l'organizzazione e il funzionamento dell'ASI»:

    il presidente di ASI è stato nominato, a quanto consta all'interrogante, in assenza del parere, previsto dalla legge, del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale istituito dalla medesima norma;

    l'attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri dell'alta direzione, della responsabilità politica generale e del coordinamento delle politiche spaziali aerospaziali e la partecipazione, prevista dalla norma, del presidente dell'Agenzia spaziale italiana al suddetto Comitato, presuppongono un rapporto di fiducia, di sintonia politica e di coerenza programmatica tra il Governo e il presidente dell'Agenzia spaziale italiana. Elementi che quello che l'interrogante giudica un «colpo di mano» del Ministro non può assicurare. Tanto più che l'Agenzia spaziale italiana gestisce molti programmi che coinvolgono delicati equilibri geo-politici, come il programma duale (civile/militare) Cosmo-SkyMed. In considerazione di tali aspetti è evidente come la nomina del presidente dell'Agenzia spaziale italiana sia non tanto un semplice adempimento di ordinaria amministrazione, ma un atto della massima valenza politica e strategica per il Paese –:

   se il Governo non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per la revoca della nomina del professor Roberto Battiston a presidente dell'Agenzia spaziale italiana, così riportando la vicenda in un ambito di correttezza politico-istituzionale.
(4-00390)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   da quanto emerge dagli organi di stampa (La Repubblica-Esteri) la Corte suprema israeliana ha autorizzato la demolizione del villaggio beduino Khan el-Ahmar (Cisgiordania) e della sua «Scuola di gomme» perché sono stati costruiti senza i necessari permessi. I giudici hanno respinto nei giorni passati gli appelli dei 200 abitanti che si oppongono al trasferimento nella vicina località di Abu Dis che li costringerebbe ad abbandonare la loro vita di nomadi;

   secondo l'Agenzia italiana per lo sviluppo e la cooperazione (ufficio di Gerusalemme), il campo beduino con annessa «Scuola di gomme» si trova in Cisgiordania, in una zona C, ossia una parte del territorio palestinese nella quale Israele vieta agli arabi di costruire case. Poco lontano sorge Maale Adumim, una delle colonie israeliane illegali più grandi e organizzate dei Territori palestinesi;

   la condanna da parte della presidenza palestinese è stata ferma. Due settimane fa, i capi missione della Unione europea a Gerusalemme e Ramallah avevano lanciato un appello ad Israele a non procedere alle demolizioni a Khan el-Ahmar ed avevano espresso «profonda preoccupazione» per la sorte di quella comunità beduina;

   un segnale particolarmente incisivo è giunto nella stessa direzione, nell'aprile 2017, da parte dell'ambasciatore dell'Unione europea Lars Faaborg – Andersen: «Le pratiche quali trasferimenti forzati (...) e l'ostruzionismo verso l'assistenza umanitaria sono contrari agli obblighi di Israele in tema di diritto internazionale. Chiediamo quindi ad Israele, in quanto potenza occupante, di adempiere ai propri obblighi nei confronti della popolazione palestinese (...), di fermare completamente demolizioni e confische e consentire il pieno accesso agli aiuti umanitari»;

   si legge sul sito della organizzazione non governativa laica Vento di Terra, fondata dall'operatore umanitario Massimo Annibale Rossi e ora presieduta da Barbara Archetti, che nel settembre 2009 fu inaugurata la «Scuola di gomme», primo edificio pubblico realizzato per le comunità palestinesi. Si tratta di una struttura bioclimatica progettata dal gruppo ARCò (Architettura e cooperazione) di Milano, realizzata nel deserto di Gerico con pneumatici usati;

   sul profilo Facebook della organizzazione non governativa invece si legge che la scuola Khan al-Ahmar ha 160 alunni, provenienti da cinque comunità vicine alla scuola. Il sito individuato per il trasferimento, Jabal West, ad Azaria, è un ambiente urbano vicino alla discarica principale di Gerusalemme (ancora in uso), del tutto inadatto alla cultura desertica dei beduini;

   inoltre, la organizzazione non governativa scrive: «La difesa del diritto allo studio degli alunni beduini di Khan al Ahmar è stata possibile grazie all'apertura di un ombrello diplomatico e mediatico sulla scuola. A partire dal settembre del 2009, sono giunti numerosi attestati di solidarietà e si sono moltiplicate le visite di delegazioni internazionali, politiche dei paesi UE e dai vertici delle agenzie delle Nazioni Unite» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i suoi orientamenti in merito, considerato che il diritto allo studio è un diritto umano inalienabile e che tale realtà è diventata un punto di riferimento, oltre ad essere un esempio di edilizia;

   se intenda assicurare, per quanto di competenza, iniziative volte ad aprire un dialogo con i soggetti interessati a supporto del progetto, considerato anche l'intervento che finora c'è stato a sostegno di tale progetto ad opera della Cei, della cooperazione italiana, di alcune agenzie dell'Onu e della Unione europea.
(2-00021) «Speranza, Fornaro».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto affermato dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, l'Europa sta lavorando per «mantenere ed approfondire le relazioni economiche con l'Iran», «sviluppare un ambiente imprenditoriale trasparente e basato sulle regole in Iran» e «proteggere gli operatori economici dell'Unione europea»;

   l'Unione europea vuole evitare che le nuove sanzioni americane possano gravare sulle imprese comunitarie, puntando a mantenere viva l'intesa siglata nel 2015 e a non mettere in gioco gli scambi commerciali tra l'Iran e i Paesi europei;

   la Danieli&Officine Meccaniche, azienda italiana con sede a Buttrio (Udine), è uno dei leader mondiali nella produzione di impianti siderurgici, in particolare nel settore dei prodotti lunghi, del cui mercato mondiale detiene oltre il 90 per cento di quota;

   la Danieli occupa nel sistema manifatturiero italiano una posizione importante e strategica;

   in particolare, per la regione Friuli Venezia Giulia Danieli rappresenta un'azienda guida nel campo economico, occupazionale e dell'innovazione tecnologica;

   a causa dell'uscita dal trattato sul nucleare del gennaio 2016 da parte degli Stati Uniti, la Danieli si è vista congelare commesse per 1,5 miliardi di euro in Iran;

   secondo l'amministratore delegato Alessandro Trivillin e il direttore finanziario Alessandro Busi gli ordini non sarebbero più finanziati poiché, dopo la sigla del trattato, «le banche non sono più disponibili a sostenere progetti iraniani per la paura di ottenere sanzioni secondarie»;

   le commesse riguarderebbero una centrale elettrica e impianti per produrre acciaio ad uso civile –:

   quali iniziative immediate e urgenti il Governo intenda intraprendere, sia in sede comunitaria sia nei confronti degli Stati Uniti, per supportare l'azione della diplomazia dell'Unione europea nel superare tale blocco che impedisce a questa azienda di completare opere già approvate.
(4-00282)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 2 maggio 2018 due velisti italiani, Aldo Revello e Antonio Voinea sono scomparsi a 300 miglia al largo delle Azzorre, nel tratto di oceano tra l'arcipelago portoghese e Gibilterra, mentre erano a bordo della «Bright», un'imbarcazione di 14 metri;

   i due stavano ritornando dalle Antille verso Sarzana, in Liguria, dopo aver accompagnato turisti in crociera, attività che svolgono di professione;

   nei giorni successivi, dopo il disperato appello di Rosa Cilano, moglie di Aldo Revello, uno dei dispersi, che ha sottolineato come ci siano infiniti casi di persone che sono sopravvissute su una zattera anche oltre 70 giorni, il Governo italiano ha impegnato la fregata della Marina, la nave Alpino, alla ricerca dei due velisti dispersi, perlustrando in 48 ore 5.500 miglia quadrate di oceano senza che però sia emersa nessuna evidenza del naufragio. Nella zona è rimasta un'unità militare portoghese;

   ad oggi, nonostante siano trascorsi parecchi giorni dal naufragio, sembrerebbero non esserci dati che confermino un possibile affondamento dell'imbarcazione e per questo, raccogliendo gli appelli dei familiari, a parere dell'interrogante bisognerebbe non abbandonare le ricerche;

   secondo i familiari dei dispersi, i due potrebbero trovarsi sulla zattera della «Bright» ed essere sopravvissuti al naufragio;

   alla ricerca dei due velisti scomparsi hanno dato il loro contributo anche due gruppi del Consiglio nazionale delle ricerche che continuano a «gettare» zattere virtuali per cercare di restringere il campo delle ricerche. In pratica, utilizzando dei modelli matematici e statistici che cercano di tenere conto di tutte le variabili rilevanti, come il vento, le correnti, le onde, le caratteristiche dell'imbarcazione, vengono gettate virtualmente migliaia di zattere per vedere che rotta intraprendono a seconda delle condizioni iniziali, al fine di individuare quella più probabile della zattera gonfiabile di salvataggio. Ovviamente, anche piccolissime modifiche nelle condizioni iniziali generano risultati completamente diversi e bisogna aggiungere che purtroppo i modelli per l'oceano Atlantico non hanno la stessa accuratezza di altri, ad esempio mancano i dati che riguardano le maree e il moto ondoso, e questo fa aumentare l'incertezza;

   secondo le prime ricostruzioni, l’«epirb», che sarebbe il dispositivo di allarme dell'imbarcazione (acronimo di Emergency position indicating radio beacons) non si aziona a contatto con l'acqua, ma manualmente, e questo porterebbe a ritenere che Aldo Revello e Antonio Voinea abbiamo avuto il tempo di scendere sotto coperta e poi di risalire per lanciare la zattera di salvataggio;

   tra le ipotesi avanzate come causa del naufragio e sulle quali si starebbe indagando, visto che si tratta di una porzione di oceano molto trafficato, c'è quella dello speronamento di un mercantile che però poteva essere avvistato a distanza, specie per le buone condizioni meteorologiche e marine di quel giorno –:

   se e con quali mezzi il Governo intenda far piena luce sulle cause dell'incidente descritto in premessa;

   se si intendano proseguire le ricerche dei due velisti scomparsi e dispersi insieme alla loro imbarcazione il 2 maggio 2018 al largo delle Azzorre non solo attraverso l'impiego di imbarcazioni ma avvalendosi di tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, quali satelliti e radar, oltre che della collaborazione dei gruppi di ricerca del Cnr richiamati in premessa;

   se si intendano assumere iniziative nei confronti delle autorità portoghesi affinché continuino le ricerche dei nostri connazionali, che, a parere dell'interrogante, dovrebbero proseguire in collaborazione tra i due Paesi.
(4-00314)


   COMAROLI, BIANCHI, BOLDI, CAVANDOLI, COLMELLERE, ANDREA CRIPPA, DI MURO, DONINA, FERRARI, GIACCONE, GOBBATO, GOLINELLI, FURGIUELE, LOCATELLI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MURELLI, PANIZZUT, RIBOLLA, TIRAMANI, VINCI, ZOFFILI e LO MONTE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la risoluzione n. 25.1 del 1972 dell'Assemblea mondiale della sanità (Asm/Wha) ha risolto il problema della partecipazione in seno ad essa della Repubblica popolare cinese, lasciando insoluto il tema della partecipazione di Taiwan;

   soltanto il Governo democraticamente eletto di Taiwan può rappresentare i suoi 23,5 milioni di cittadini e assumersi la responsabilità della loro salute;

   se Taiwan non può partecipare all'organizzazione mondiale della sanità (Oms/Who), e se non è inserita nel sistema globale di prevenzione delle malattie, il diritto alla salute di cui 23,5 milioni di abitanti di Taiwan dovrebbero beneficiare, come tutte le persone e i popoli del mondo, non può essere pienamente garantito e, inoltre, non può essere conseguito l'obiettivo, stabilito nella stessa Costituzione dell'Organizzazione mondiale della salute, di ottenere il più alto standard di salute possibile per tutto il genere umano;

   proteggere la salute e l'igiene delle persone, e promuovere interazioni costruttive, è una responsabilità condivisa, sia dalla Cina, sia da Taiwan. Da maggio 2016, il Governo di Taiwan ha dimostrato più volte la sua disponibilità alla collaborazione, riconoscendo i fatti storici dei colloqui del 1992 avvenuti tra gli organismi rappresentativi dei due Paesi (la Fondazione per gli scambi nello stretto (SEF, Straits Exchange Foundation) e l'Associazione per le relazioni nello stretto di Taiwan (ARATS, Association for Relation Across Taiwan Straits)) e ha ripetutamente chiesto la ripresa di un dialogo pragmatico tra le due parti dello stretto. Le attuali differenze politiche tra Cina e Taiwan non dovrebbero, comunque, avere la precedenza sugli sforzi globali per il raggiungimento della buona salute e del benessere di tutti e per tutti;

   la Costituzione dell'Oms stabilisce chiaramente che il godimento dei più alti standard sanitari è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzioni di razza, religione, credo politico e condizione economica e sociale. In considerazione della salute e del benessere di tutta la popolazione del pianeta, l'Oms dovrebbe escludere ogni interferenza politica e accogliere la partecipazione di Taiwan, già fruttuosamente avvenuta come «Osservatore» dal 2009 al 2016, con pari status nei suoi incontri, nei suoi meccanismi e nelle sue attività, incluse quelle dell'Ams;

   durante la 70a Ams nel 2017 diversi Paesi, tra i quali l'Australia, la Germania, il Giappone e gli Stati Uniti, hanno parlato in favore di Taiwan, sollecitando l'Oms ad accettare la sua partecipazione nell'Ams. Alla 142a sessione dell'Oms executive board, nel gennaio 2018, gli stessi Paesi, e molti altri con loro, hanno enfatizzato l'importanza della partecipazione di Taiwan nell'Ams, evidenziando la preoccupazione che l'assenza di Taiwan dall'Ams crei, come di fatto avviene, un vuoto, grave e insensato, nella cooperazione globale per la prevenzione e il contrasto delle malattie e per la tutela e la promozione della salute pubblica;

   nel corso della citata sessione dell'Oms executive board, le affermazioni della Cina su questi argomenti sono state esclusivamente di natura politica e hanno completamente ignorato la natura, gli obblighi e le finalità stesse dell'Oms verso la salute di ogni essere umano, inclusi i diritti alla salute dei 23,5 milioni di abitanti di Taiwan –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, sia di concerto con gli altri partner dell'Unione europea, sia in via autonoma affinché nell'ambito dell'Ams e dell'Oms, nel rispetto e nell'applicazione dei propri principi, vincoli e finalità statutarie, si cessi l'ostracismo nei confronti di Taiwan e se ne accolga la partecipazione, garantendo così ai suoi 23,5 milioni di cittadini diritti sanitari uguali a quelli di tutto il resto della popolazione del pianeta.
(4-00318)


   DEL RE e DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la scuola di gomme è un progetto educativo finanziato dalla cooperazione italiana attraverso l'organizzazione non governativa Vento di Terra a beneficio della comunità beduina di Khan al-Ahmar in Cisgiordania (area C dei territori palestinesi, sotto controllo israeliano). La scuola è stata oggetto di ripetute azioni di sensibilizzazione del Governo italiano dall'agosto 2016, quando le autorità israeliane informarono di voler procedere senza indugio «per ragioni amministrative» al suo smantellamento e al successivo trasferimento in altra area;

   già nel 2010, la Scuola di gomme e altre strutture avevano ricevuto ordini di demolizione, che erano stati sottoposti ad ingiunzione sospensiva. Nel febbraio 2017 l'amministrazione civile israeliana ha emesso 46 nuovi ordini di demolizione che colpiscono tutte le strutture del villaggio, inclusa la scuola;

   i coloni israeliani di Kfar Adumin, che sono insediati nella zona viciniore in violazione della legalità internazionale, hanno adito l'Alta Corte di giustizia israeliana, affinché i beduini vengano dislocati in altra zona e la scuola sia distrutta;

   è in corso una battaglia legale: dopo ricorsi e controricorsi, nel giugno 2017 lo Stato israeliano ha chiesto di riunire i procedimenti in un unico caso davanti all'Alta Corte di giustizia. Dal 25 settembre 2017, giorno fissato per la prima udienza, questa è slittata fino al 25 aprile 2018. La prossima decisione della Corte, attesa a breve, potrebbe essere decisiva per il destino della comunità e della scuola;

   durante ripetuti contatti dei rappresentanti governativi pro tempore con le controparti israeliane, è stata sottolineata la posizione contraria dell'Italia allo smantellamento della Scuola di Gomme, così come quella di analoghi manufatti e infrastrutture sociali, educative e assistenziali realizzate a beneficio delle popolazioni locali. È stato inoltre evidenziato che il mantenimento di questa struttura rappresenta una priorità per l'Italia, oltre che per l'Unione europea, non solo per la sua valenza umanitaria, ma anche per cogenti motivazioni politiche e di rispetto della legalità internazionale. Il paventato smantellamento della scuola e del villaggio di Khan al-Ahmar, infatti, al di là delle asserite ragioni amministrative, è in violazione dell'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU;

   oltre alla dimensione politica, molteplici azioni sono state svolte da parte delle rappresentanze diplomatiche interessate, da ultimo una visita alla scuola da parte dei capi missione europei a Gerusalemme, incluso il console generale italiano, quale gesto di vicinanza e di solidarietà verso la locale comunità beduina;

   la scuola è stata costruita nel 2009. Si tratta di una struttura ecologica e «non permanente» proprio per non contravvenire ai regolamenti militari israeliani che vietano la costruzione non autorizzata di edifici in area C. L'edificio è realizzato con argilla, legno e circa 2.000 vecchi pneumatici. Ciò consente di mantenere la temperatura delle aule ideale sia in estate sia in inverno. L'istituto scolastico – tanto particolare quanto economico nella sua realizzazione – ospita circa 130 alunni, in buona parte ragazze di età compresa dai 6 ai 13 anni;

   il contributo della cooperazione italiana è stato pari a: 102.000 euro per la costruzione della scuola nel 2009, 25.000 euro per installare pannelli solari nel 2010, 22.000 euro per attività educative extrascolastiche nel 2012, 3.500 euro per realizzare un campetto sintetico nel 2014. Hanno poi contribuito anche Un-Ocha e la Cooperazione belga –:

   quali iniziative il Governo intenda promuovere nei confronti delle autorità israeliane, sia in via bilaterale sia nel concerto europeo, per scongiurare la dislocazione delle comunità beduine stanziate attorno a Khan al-Ahmar e per difendere la struttura «Scuola di Gomme», la cui realizzazione molto deve al sostegno finanziario della cooperazione italiana a partire dal 2009.
(4-00326)


   VIVIANI, RIXI, DI MURO e FOSCOLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa riportano un episodio accaduto alcuni giorni fa che vede protagonisti il peschereccio imperiese «Guerriero» e la nave oceanografica francese «L'Atalante»: le attrezzature delle due imbarcazioni si sarebbero intrecciate nello specchio di mare tra Capo Mele e Andora, nel savonese, in acque territoriali italiane;

   non è dato sapere quali operazioni stesse conducendo la nave oceanografica francese all'interno delle acque territoriali italiane: la stessa nave era stata avvistata da numerosi pescatori di Sanremo negli scorsi mesi nell'area interessata dall'accordo bilaterale di Caen;

   tale accordo, il tanto discusso «patto Gentiloni», firmato dai Governi italiano e francese il 21 marzo 2015, che definisce i confini marittimi fra Italia e Francia, non è ancora entrato in vigore, in quanto non ratificato da parte italiana, in seguito alle proteste dei pescatori della Liguria, della Toscana e della Sardegna, che ritengono giustamente indispensabile integrarne le disposizioni al fine di renderlo meno penalizzante per la pesca italiana –:

   se il Governo sia a conoscenza di quali studi e ricerche siano svolti dalla nave oceanografica, di cui in premessa, nelle acque territoriali italiane;

   se siano state adottate o si intendano assumere iniziative per la revisione dell'accordo di Caen, dando impulso a una nuova fase di raccolta, di valutazione e approfondimenti tecnici da parte delle amministrazioni competenti, al fine di considerare possibili strumenti integrativi.
(4-00334)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2017 si è svolto nella regione autonoma del Kurdistan iracheno un referendum per l'indipendenza al quale il 92,7 per cento dei partecipanti si è espresso in favore della creazione di una vera e propria Repubblica curda sovrana;

   invece di avviare trattative che sarebbero anche potute sfociare nel riconoscimento al Kurdistan iracheno di forme ulteriori di autonomia diverse dall'indipendenza, a fronte degli esiti del referendum curdo, il Governo iracheno ha avviato una vasta campagna militare tesa a ridurre l'area sotto il controllo effettivo dell'esecutivo autonomo del Kurdistan, in particolare strappandogli Kirkuk;

   il mancato avvio di un dialogo tra le parti e la campagna militare avviata dal Governo centrale iracheno hanno portato anche alle dimissioni del presidente Massoud Barzani, cessato dall'incarico il 1° novembre 2017, senza essere rimpiazzato;

   a dispetto del ruolo svolto dal 2014 nella lotta allo Stato Islamico, soltanto Israele sembra sensibile alla causa curda ed appoggia pienamente il tentativo di autodeterminazione, mentre da parte degli altri Paesi occidentali si riscontra un'incredibile freddezza;

   per quanto riguarda il nostro Paese, a dispetto di una incisiva presenza italiana nell'area e del ruolo svolto in questi anni nel sostenere la formazione e lo sviluppo di efficaci capacità militari curde, in particolare addestrando ed armando i peshmerga, il Governo ha preferito rimanere silente anche dopo l'inizio delle operazioni militari irachene contro i curdi –:

   quale posizione intenda assumere il Governo in merito al processo di autodeterminazione dei curdi iracheni e di eventuali, sempre possibili, nuovi ricorsi alla forza militare per reprimerlo da parte delle autorità nazionali dell'Iraq.
(4-00339)


   CIPRINI e SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   al di fuori del confine nazionale, negli Stati con maggiore presenza di cittadini italiani, operano patronati che svolgono importanti funzioni di assistenza nello svolgimento delle pratiche pensionistiche, previdenziali o assistenziali, rappresentanza e tutela in favore dei lavoratori, dei pensionati e di tutti i cittadini che vivono e lavorano all'estero;

   i patronati maggiormente presenti, fanno capo ai maggiori sindacati di rappresentanza: Cgil, Cisl, Uil, Acli e sono disciplinati dalla legge 30 marzo 2001, n. 152;

   i patronati operanti oltre confine occupano numerosi dipendenti per il disbrigo delle pratiche richieste dai cittadini;

   risultano all'interrogante alcuni casi di violazione dei diritti dei lavoratori impiegati presso taluni patronati oltre confine, la cui gestione è affidata a persone che sono nel contempo responsabili di patronato e anche consiglieri dei Comites locali, in violazione della legge n. 152 del 2001 e della legge n. 286 del 2003 e dunque in palese conflitto di interessi;

   in particolare, secondo quanto denunciato da una lavoratrice signora R.M. (in http://www.vociestere.com/inca-cgil-diritti-irrinunciabili-diritti-indisponibili), il patronato Inca/Cgil di Monaco di Baviera avrebbe commesso delle violazioni dei diritti fondamentali ai danni della medesima lavoratrice, la quale, colpita da una malattia rara ed invalidante, lamenta l'illegittimità del licenziamento e la mancata corresponsione delle competenze maturate post licenziamento;

   il paradosso della vicenda risiede anche nel fatto che la responsabile del patronato in questione ricoprirebbe pure la carica di consigliere del locale Comites, che tra l'altro dovrebbe provvedere alla tutela dei diritti dei connazionali;

   la responsabile del patronato Inca/Cgil di Monaco di Baviera, dunque, avrebbe operato — a detta della lavoratrice — non solo in violazione dei diritti della ex lavoratrice del patronato ma anche in una situazione di conflitto di interessi, poiché secondo il parere interpretativo reso nel 2015 dall'ufficio competente per i Comites alla direzione generale per gli italiani all'estero del Ministero per gli affari esteri e della cooperazione internazionale, atteso il profilo istituzionale dei patronati, si applica la «causa di ineleggibilità dei loro membri all'interno dei Com.It.Es, così come previsto dall'articolo 5, comma 4, della legge n. 286 del 2003»;

   eppure la legge n. 286 del 2003 che costituisce i Comites prevede all'articolo 2, comma 5, che «L'autorità consolare e il Comitato ricevono periodicamente informazioni sulle linee generali dell'attività svolta nella circoscrizione consolare dai patronati di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, nel rispetto della normativa nazionale e locale» e dunque la commistione di incarichi nel patronato e nei Comites, andrebbe a svilire anche il ruolo di garanzia e controllo che dovrebbe essere svolto da questi ultimi;

   nonostante il chiaro dettato normativo avallato anche da un parere interpretativo dell'amministrazione persistono di fatto prassi illegittime che portano alla concomitanza di incarichi con conseguente criticità per l'esercizio dei diritti dei lavoratori, come accaduto nella vicenda denunciata dalla lavoratrice dell'Inca Cgil di Monaco di Baviera –:

   se si sia a conoscenza della violazione della normativa segnalata che potrebbe interessare anche altri patronati;

   quali iniziative — anche di tipo normativo — intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, in merito alla disciplina dei Comites e dei loro rapporti con i patronati, al fine di garantire il rispetto del dettato normativo e rimuovere le situazioni di conflitto di interesse tra il profilo di responsabile di patronato e quello di membro del Comites;

   se si intenda avviare una istruttoria finalizzata all'accertamento, per quanto di competenza, delle violazioni dei diritti dei lavoratori a cui si è fatto riferimento in premessa, verificatesi presso il patronato Inca Cgil di Monaco di Baviera.
(4-00360)


   CIPRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la regione Umbria e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale hanno realizzato un progetto di cooperazione internazionale decentrata denominato «Territori Autonomi Palestinesi – Camera Arbitrale Palestinese – PIAC» con sede a Ramallah, così come approvato con delibera n. 107 del 19 luglio 2010 del Ministero e secondo i criteri di cui alla Convenzione tra il Ministero medesimo – direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo e la regione Umbria (Rep. 1443 del 14 settembre 2010);

   come risulta dalla delibera della giunta regionale n. 239 del 5 marzo 2012, in data 17 novembre 2011 veniva firmato un accordo tecnico tra regione Umbria e Sviluppumbria per l'attuazione del progetto suddetto che si sarebbe dovuto concludere nel 2016;

   in base all'articolo 3 del citato accordo tecnico, Sviluppumbria provvedeva ad individuare il capo progetto mediante «idonea e specifica selezione da effettuarsi tra le figure in possesso dei requisiti ivi prefissati, da sottoporre all'assenso della DGCS MAE»;

   all'esito di tale procedura è risultato affidatario dell'incarico di capo progetto il signor Moreno Caporalini;

   in data 28 febbraio 2012 la direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo – ufficio III del Ministero degli affari esteri comunicava, con una nota (prot. 4013/III/0052762), il nulla osta della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo alla nomina di Moreno Caporalini a capo del progetto «Camera Arbitrale palestinese»;

   con deliberazione 3 novembre 2016 n. 1228, la giunta regionale dell'Umbria deliberava di «approvare il progetto di cooperazione allo sviluppo denominato “PIAC.2/e.PIAC – Realizzazione del sistema per la gestione elettronica delle attività di arbitrato (e.PIAC) e di uno sportello multi servizi per l'assistenza tecnica agli operatori del sistema economico locale in Palestina” sviluppo e prosecuzione del progetto PIAC-Camera Arbitrale Internazionale Palestinese», di «presentare il progetto così approvato all'A.I.C.S. (...) ai fini della concessione di un cofinanziamento di euro 450.000,00 corrispondente al 51 per cento del budget complessivo pari a 884.000 euro» e di «impegnarsi, in caso di approvazione del progetto da parte dell'A.I.C.S., a garantire il cofinanziamento regionale previsto in complessivi 100.000 euro in 1 anno» –:

   se risulti ancora in corso il progetto di cui in premessa e, in caso affermativo, quanto e quale personale stia ancora operando in tale contesto.
(4-00362)


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i discendenti di italiani all'estero trovano difficoltà ad ottenere la cittadinanza italiana;

   ciò è dovuto ad una serie di problematiche che rallentano e ostacolano l'iter burocratico complessivo;

   da fonti istituzionali si apprende che la trattazione della pratica si rivelerebbe tortuosa fin dal principio, essendo difficoltoso anche l'ottenimento di un primo colloquio presso le rappresentanze consolari; malgrado la legge preveda che l'intero procedimento non possa eccedere i 240 giorni (tabella 4, allegata al decreto ministeriale 3 marzo 1995, n. 171, regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241), allo stato attuale, in Paesi come quelli del sud America, solo per un singolo appuntamento in consolato, l'attesa potrebbe sfiorare anche i due anni, facendo sì che la durata complessiva del procedimento si aggiri intorno ai dieci; un esempio al riguardo è quello del signor O.S.M., il quale desidererebbe ottenere la cittadinanza italiana per lui ed i suoi figli, ma, nonostante abbia pronta oramai da tempo l'intera documentazione da presentare al consolato italiano in Buenos Aires, non riesce ad ottenere un appuntamento da ben più di un anno;

   le tempistiche per ottenere la documentazione, necessaria per la procedura, non sono brevi, ma, al contrario, le risposte per i richiedenti, da parte – soprattutto – dei municipi italiani, arrivano con grandissimo ritardo;

   la presenza di circolari e prassi interpretative ha sempre di più complicato tale fase documentale, in quanto è venuta meno la possibilità di utilizzare autocertificazioni e semplificazioni di ogni genere;

   la riduzione del personale delle ambasciate e, soprattutto, dei consolati italiani all'estero, ha soltanto contribuito a peggiorare lo stato delle cose, che la predisposizione di strumenti informatici non sembra aver migliorato;

   tale complessa situazione ha fatto sorgere numerosi episodi spiacevoli; in Brasile, per esempio, alcune persone hanno sfruttato le difficoltà degli uffici diplomatici a fornire risposte immediate, creando delle agenzie che, a pagamento, offrivano servizi ai richiedenti, con la promessa di accelerare i tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana; anche in Italia, nel maggio 2017, i poliziotti hanno arrestato sette persone della criminalità organizzata che, tramite i comuni, riuscivano a reperire in tempi brevissimi l'intera documentazione;

   ciononostante, attualmente, gli italo discendenti subiscono una violazione del proprio diritto di essere riconosciuti italiani, in contrasto con quanto previsto dall'articolo 3 della Costituzione poiché la rete consolare italiana continua a non riuscire a soddisfare l'elevato numero di richieste per ottenere la cittadinanza italiana nel mondo;

   a parere dell'interrogante vi sarebbe la necessità di ammodernare l'attuale normativa, datata e non al passo con i tempi per fronteggiare questa situazione che limita in modo ingiusto la volontà e l'orgoglio delle persone che hanno discendenza italiana di essere riconosciute come veri cittadini italiani –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, per risolvere le criticità dei procedimenti relativi all'accertamento del possesso della cittadinanza italiana iure sanguinis.
(4-00376)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della recente Conferenza Stato-regioni si è discusso della modifica al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, che ha recepito la direttiva 92/43/CEE, cosiddetta direttiva habitat, per inserire alcune disposizioni sulla gestione delle specie animali aliene;

   risulta che le regioni abbiano chiesto impropriamente una modifica alla normativa in questione, per ottenere libertà di deroga alla citata direttiva, rispetto alla gestione di due specie, orsi e lupi, anche per il loro possibile abbattimento;

   ebbene, in uno scenario in cui questi animali vengono uccisi di frequente dal bracconaggio nei modi più brutali – con fucili, cibo avvelenato e addirittura lacci di filo metallico – iniziative che ne possano comportare la soppressione, oltre a violare la normativa comunitaria, metterebbero a rischio due specie simbolo della biodiversità del nostro Paese –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato a tutela delle specie citate e contro le iniziative di abbattimento.
(5-00027)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel Cova, il Centro Olio Val d'Agri, di Viggiano in Basilicata, vi sono i serbatoi dove viene stoccato il greggio stabilizzato che Eni e Shell estraggono in Basilicata;

   come riportato anche da diversi quotidiani, si conferma purtroppo che da agosto a novembre 2016, 400 tonnellate di petrolio, una marea nera, si sono sversate nel sottosuolo lucano;

   si tratta di un disastro ecologico, ammesso dalla stessa Eni durante un tavolo tecnico – come riporta un articolo de «Il Fatto quotidiano.it» del 6 maggio 2018 – convocato dal Governo proprio sulla questione inquinamento del Cova, in presenza di Giuseppe Lo Presti della direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e di rappresentanti della regione Basilicata, dell'Ispra, dell'Arpa Basilicata e dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) per conto del Ministero dello sviluppo economico;

   il suddetto Centro Olio è fermo dal 18 aprile 2018, quando una delibera regionale chiese lo «stop» degli impianti a fronte «delle inadempienze e dei ritardi» della compagnia rispetto «alle prescrizioni regionali». Stando a quanto riferito dalla regione Basilicata durante l'incontro, l'Eni avrebbe anche spiegato che la contaminazione interesserebbe 6.000 metri quadri circostanti il Cova;

   in un comunicato del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si legge che «Ispra e Arpa Basilicata condurranno nei prossimi giorni, con la piena disponibilità di Eni, un'ispezione straordinaria nel Centro Olio Val d'Agri di Viggiano per verificare le azioni poste in essere dall'azienda per far fronte alla situazione di emergenza che si è creata a seguito dello sversamento di idrocarburi» –:

   se non si ritenga indispensabile, anche alla luce di quanto suesposto, provvedere, per quanto di competenza, a una intensificazione dei controlli e a una loro messa a regime da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle agenzie ambientali;

   se non si intendano assumere iniziative affinché detti controlli interessino tutto il processo produttivo, dai pozzi estrattivi fino a Taranto, dove arrivano le condotte del greggio;

   se non si intenda verificare con urgenza, per quanto di competenza, se lo sversamento ha inquinato anche le falde;

   se non si ritenga necessario e doveroso informare costantemente le popolazioni locali sullo stato ambientale dei territori interessati.
(4-00254)


   GALLO, DEL SESTO, IORIO, GRIMALDI, DI LAURO e IOVINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   Ise Cold spa è in procinto di costruire, presso il Molo di Levante del porto di Torre Annunziata, due nuovi serbatoi di idrocarburi, in aggiunta ai sette già esistenti, al fine di ampliare la volumetria del deposito di stoccaggio di bitume;

   presso detto molo, l'Arpac, il 20 dicembre 2016, evidenziava la contaminazione da tetracloroetilene, rendendosi, perciò, necessario un progetto di bonifica, messa in sicurezza e monitoraggio biennale delle acque di falda;

   nel corso del consiglio comunale di Torre Annunziata del 28 dicembre 2017, l'assessore all'urbanistica Luigi Ammendola sottolineava che Ise Cold il 20 luglio 2017 otteneva una proroga dei termini di scadenza del P.d.C. 6/2015, fino a febbraio 2020;

   la commissione paesaggistica esprimeva parere contrario il 24 novembre 2017 ed attualmente si attende parere della Soprintendenza ai beni archeologici;

   si aggiunga che determinati territori necessitano di piani urbanistico-territoriali volti alla tutela – preservazione e valorizzazione – dei territori stessi; piani che non sono stati prodotti per il molo di Levante;

   la Ise Cold inoltre, si sottraeva all'attivazione della procedura ex articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sull'assunto di non essere il soggetto obbligato per quell'area, portando la città metropolitana di Napoli ad agire per l'individuazione del responsabile della contaminazione dell'area ex articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Difformemente da quanto affermato dalla società, il comune di Torre Annunziata (nota prot. 5215 del 21 febbraio 2017) dichiarava che il complesso produttivo presso il molo di Levante è in concessione proprio della Ise Cold;

   suddetto sito è risultato contaminato da tetracloroetilene, sostanza classificata di classe 2A dall’International Agency for Research Cancer, probabilmente cancerogena per l'uomo, talché alcuni studi epidemiologici correlano l'esposizione cronica al tetracloroetilene all'insorgenza di fenomeni tumorali e severi danni alla salute;

   la bonifica e messa in sicurezza di un sito industriale prevede (decreto dirigenziale 75 della regione Campania) la posa e messa in opera di un telo di polietilene ad alta densità elettronica (HDPE) per prevenire/impedire la lisciviazione in falda acquifera superficiale di tetracloroetilene o altri inquinanti equivalenti;

   tenuto conto della nocività del tetracloroetilene, sarebbe preferibile evitare un aumento del carico inquinante, seppur prescrivendo una bonifica, considerato che l'area in questione è già fortemente compromessa; si consideri che la ISE COLD – classificata dal Piano di emergenza comunale di protezione civile del comune di Torre Annunziata del 12 dicembre 2015, quale stabilimento suscettibile di causare incidenti a rischio industriale rilevante – ha il deposito di stoccaggio in un'area contigua ad ambienti urbani densamente popolati –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza affinché, per le aziende utilizzanti tetracloroetilene, sia prevista la realizzazione di opere di messa in sicurezza preventive;

   se il Governo intenda promuovere una verifica sullo stato dei luoghi da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, con particolar riguardo alla necessità di evitare contaminazioni della falda idrica;

   come si concili l'ampliamento del deposito di stoccaggio con il piano strategico del Grande Progetto Pompei, nonché con le linee guida emanate dall'ufficio Unesco della soprintendenza di Pompei, volte ad attuare i principi di recupero urbano e di sostenibilità ambientale di cui alla legge «Cultura» n. 112 del 2013;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per far sì che la Ise Cold non estenda i suoi impianti finché non sia stata effettuata una idonea pianificazione dell'emergenza.
(4-00262)


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dal «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, edizione 2018» curato dall'Ispra e presentato qualche giorno fa i cosiddetti pesticidi in Italia sono presenti nel 67 per cento delle acque superficiali e nel 33 per cento delle acque sotterranee e superano i limiti rispettivamente nel 23,9 per cento e nell'8,3 per cento dei casi, con un preoccupante aumento rispetto alle precedenti indagini nazionali. Nelle falde, anche a causa del lento ciclo delle acque sotterranee, permangono anche sostanze chimiche ormai bandite da decenni;

   come descrive anche un articolo di Marco Angelillo pubblicato su La Stampa dell'11 maggio 2018, nei 35.353 campioni analizzati dalle agenzie regionali attraverso quasi 2 milioni di analisi realizzate nel biennio 2015-2016 sono state trovate 259 sostanze: prevalgono gli erbicidi perché utilizzati in grandi quantità, soprattutto in primavera, quando le piogge più frequenti facilitano la dispersione nell'ambiente;

   nelle acque superficiali il famigerato glifosato, insieme al suo metabolita Ampa, è l'erbicida che presenta il maggior numero di casi di superamento dei limiti degli standard di qualità ambientale (Sqa) nel 24,5 per cento dei siti monitorati, percentuale che sale al 47,8 per cento per il metabolita;

   in molti campioni sono stati riscontrati neonicotinoidi, erbicidi con una grandissima persistenza recentemente vietati dall'Unione europea perché letali per le api. E ancora, a 25 anni dalla revoca, è stata rilevata la presenza di atrazina e suoi metaboliti, assieme a pericolose miscele di sostanze che si formano in modo del tutto casuale nei fiumi e nelle falde e i cui effetti non sono sempre prevedibili;

   è poi da considerare il fatto che non vi è omogeneità dei campionamenti: nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50 per cento dei monitoraggi, mentre dal Meridione, ad esempio dalla Calabria, non è arrivato nessun dato; pochissimi dati sono pervenuti dalla Puglia. Esiste, come detto, un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta in forte ritardo, con alcune eccezioni, quali Ragusa e il Lazio –:

   se il Governo non intenda, per quanto di competenza, assumere iniziative urgenti per uniformare le metodiche di analisi delle acque in tutta la Penisola, stante il fatto che nelle acque nazionali, e dunque in tutto l'ambiente e nella catena alimentare, stanno aumentando i residui di sostanze tossiche anche in concentrazioni infinitesimali, e per bandire l'utilizzo di erbicidi quali il glifosato.
(4-00271)


   CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   è stato riscontrato l'esponenziale ed incontrollato incremento delle popolazioni di lupo (canis lupus), negli ultimi anni in molte regioni italiane; esso sta già provocando gravi ripercussioni negative sul territorio, in particolare per coloro che esercitano l'attività agricola, l'allevamento, la gestione faunistica, ma anche per la cittadinanza tutta, preoccupata per la propria incolumità minacciata dalla presenza di questo grande carnivoro, che non esita a spingersi, nel corso delle sue attività predatorie, in prossimità dei centri abitati;

   da numerosi incontri tenutisi in questi ultimi mesi sul territorio italiano è emersa la forte preoccupazione da parte di molti sindaci ed amministratori locali per gli effetti negativi che si potrebbero creare a danno del turismo e delle varie attività produttive, oltre allo stato di comprensibile disagio dei cittadini nel vedere minacciata la loro sicurezza dalla presenza crescente del lupo;

   gli allevatori italiani, già provati dalle difficoltà causate dalla grave crisi economica che sta stritolando le loro attività, non possono permettersi il lusso di sostenere ulteriori costi aggiuntivi legati alle predazioni dei branchi di lupi che stanno imperversando in alcune aree della penisola, causando, oltre ai danni materiali per gli animali di allevamento sbranati, anche uno stato d'animo gravato da una comprensibile apprensione, tale da indurre molti allevatori a lasciare le proprie attività con il conseguente abbandono del territorio che causa grave pregiudizio in relazione alla salvaguardia del territorio stesso e dell'ambiente –:

   se non ritenga di assumere iniziative per provvedere al risarcimento di tutti i danni diretti ed indiretti causati dalla predazione dei lupi sul territorio italiano entro e non oltre sei mesi dalla data dell'accertamento effettuato dalle autorità competenti;

   se non intenda attuare immediatamente un efficace piano di gestione e di contenimento del lupo (canis lupus) su tutto il territorio nazionale, così come del resto avviene negli altri Paesi membri dell'Unione europea, in modo da garantire la compatibilità tra la presenza di questo grande carnivoro e le attività umane, la corretta gestione della fauna selvatica e la salvaguardia del territorio.
(4-00310)


   FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in due capannoni sulla strada che collega i comuni di Sale e Tortona sono stati stoccati 15 mila metri cubi di rifiuti, che avrebbero dovuto essere solo cartacei, ma, in seguito a dei controlli, sono risultati essere anche di natura plastica e indifferenziata;

   il sindaco di Sale Andrea Pistone ha chiesto alla protezione civile un piano di evacuazione nel caso di possibili incendi che potrebbero innescarsi con l'aumento della temperatura e ha avvisato i comuni confinanti. Inoltre, il sindaco ha scritto alla provincia di Alessandria, alla prefettura, alla regione e al Ministero al fine di evidenziare l'impossibilità da parte di un comune come quello di Sale di procedere al recupero ambientale di tale massa di rifiuti;

   era stato concesso inizialmente dall'amministrazione comunale all'azienda Tommasi di Novara l'utilizzo di due capannoni, rispettivamente uno da cinquemila metri quadrati, l'altro da tremila metri quadrati, per lo stoccaggio di rifiuti, nello specifico di residui cartacei;

   dopo un eccessivo movimento di mezzi sono stati effettuati dei controlli, dapprima da parte dei dipendenti comunali e in seguito da parte dei carabinieri del nucleo operativo ecologico, che hanno determinato il sequestro dei capannoni, ravvisando la presenza anche di rifiuti in plastica ed indifferenziati;

   la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse. Tale attività, ai sensi dell'articolo 178 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, «è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga»;

   lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza, come previsto dall'articolo 182 del suddetto decreto legislativo –:

   quali risposte intenda fornire il Governo in relazione alle istanze che sono state formulate dal sindaco di Sale con riferimento alle criticità derivanti dai rifiuti presenti nei capannoni di cui in premessa.
(4-00315)


   MAGLIONE, FEDERICO, IANARO, PALLINI e MARAIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la ditta New Vision srl, con sede in Pompei (Napoli) alla via Lepanto n. 84, in data 4 agosto 2017, ha presentato istanza per ottenere l'autorizzazione unica alla realizzazione e gestione di un impianto di messa in riserva, trattamento e recupero rifiuti per la produzione di compost (capacità: 22.000 t/annue) da ubicarsi nell'area del PIP di contrada Pianelle del comune di Sassinoro (Benevento);

   la regione Campania si è espressa favorevolmente sull'insediamento dell'impianto proposto dalla ditta New Vision srl in Sassinoro (Benevento) con decreto dirigenziale n. 127 del 26 ottobre 2017 dall'Unità operativa dirigenziale (U.o.d.) valutazioni ambientali e con decreto dirigenziale n. 5 dell'8 marzo 2018 dell'U.o.d. autorizzazioni ambientali e rifiuti di Benevento;

   l'area interessata è posizionata a ridosso dell'area dell'istituendo Parco del Matese, della Valle del Tammaro, del Tratturo Pescasseroli-Candela, nonché del sito archeologico di Altilia;

   il comune di Sassinoro, con delibera del consiglio comunale n. 35 del 28 settembre 2017, si è opposto all'insediamento;

   in provincia di Benevento, con delibera del consiglio n. 2 dell'11 maggio 2018, pubblicata il 16 maggio 2018, esprime parere contrario alla realizzazione e alla gestione dell'impianto;

   la stessa provincia di Benevento si è espressa negativamente sull'insediamento proposto dalla ditta New Vision srl in quanto lo stesso insediamento ricade nella fascia di corridoio ecologico così come individuato dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, approvato con delibera del consiglio provinciale n. 27 del 26 luglio 2012 e con delibera della giunta regionale della Campania n. 596 del 19 ottobre 2012;

   in data 3 maggio 2018, in seguito all'audizione del sindaco del comune di Sassinoro e del presidente della comunità montana dell'Alto Tammaro presso la commissione ambiente della regione Campania, il presidente della stessa ha inteso richiedere una rivisitazione di tutta la procedura seguita per l'autorizzazione dell'impianto in questione e interessare la procura di Benevento;

   in data 5 maggio 2018 il dirigente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Maturani Antonio scrive alla regione Campania, Uod Valutazioni ambientali, perché la stessa dia riscontro in modo diretto e dettagliato, con particolare riferimento al rispetto dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE «Habitat» in materia di valutazione di incidenza, in riferimento ai quesiti riportati nella delibera di giunta comunale n. 39 del 15 febbraio 2018 del comune di Morcone, con la quale l'ente si oppone alla realizzazione del progetto in questione perché è stato verificato che lo stesso si trova in prossimità sia dei confini amministrativi del comune di Morcone e sia del sito Natura 2000 SIC IT8020001 «Alta Valle del Fiume Tammaro»;

   la realizzazione dell'impianto in questione, secondo l'interrogante, appare in contrasto con le direttive europee e le leggi statali che le recepiscono, nonché con le stesse pianificazioni in materia adottate dalla regione Campania, che affermano inequivocabilmente il principio della minimizzazione delle esternalità negative, sia in termini economici che ambientali, che si può ottenere anche riducendo le distanze di trasferimento dei rifiuti dal luogo di produzione a quello di trattamento, evitando il sovrapporsi di attività come avviene tra l'impianto pubblico di Casalduni e quello privato di Sassinoro, nonché scongiurare che si possano acquisire rifiuti provenienti da altre province campane o, peggio, da fuori regione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione su esposta;

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per assicurare il pieno rispetto dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE Habitat, e la tutela del sito natura 2000 sopra citato considerato che la mancanza di una valutazione di incidenza costituisce fattore discriminante per l'approvazione di progetti come quello in questione.
(4-00345)


   GUIDESI, GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 giugno 2015, la società Vis srl ha presentato istanza al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'attivazione di una procedura di valutazione di impatto ambientale (Via), ai fini della realizzazione di un impianto idroelettrico sul fiume Adda, denominato «Budriesse», che interessa il territorio dei comuni di Castelnuovo Bocca D'Adda (Lo), Maccastorna (Lo) e Crotta D'Adda (Cr);

   con parere n. 2367 del 21 aprile 2017 la commissione tecnica Via e Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto di non procedere all'ulteriore corso della valutazione del progetto, ai sensi del comma 3-ter dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, per carenza e insufficienza delle integrazioni allo studio di impatto ambientale, richieste dalla regione Lombardia e dall'Aipo nel corso dell'istruttoria;

   è in itinere un supplemento dell'istruttoria tecnica, chiesto dalla Vis srl, che ha presentato integrazioni volontarie al progetto;

   su tali integrazioni l'Aipo ha espresso un parere favorevole, condizionato ad una serie di prescrizioni che, qualora ottemperate dalla società, modificherebbero in modo sostanziale l'intero progetto, il quale crea comunque impatti insostenibili per l'ambiente;

   il progetto prevede l'utilizzazione idroelettrica delle portate del fiume Adda, poco a monte della sua confluenza nel fiume Po, al confine tra le province di Lodi in sponda idrografica destra e di Cremona in sponda sinistra;

   si prevede il posizionamento di un impianto da 20 megawatt di potenza, per la produzione di energia elettrica con l'utilizzo di una traversa che genererebbe un invaso sul fiume per circa 10 chilometri verso monte, con una capienza di circa 3 milioni di metri cubi di acqua;

   il rigurgito generato dallo sbarramento comporterebbe modifiche anche ai terreni edificati, la sommersione delle sponde con conseguente moria di piante e arbusti, l'innalzamento della falda con variazioni anche superiori a 2 metri, nonché la sommersione delle opere di regimazione idraulica della Roggia Ferrarola;

   gli agricoltori sono in allarme, in quanto l'invaso comporterebbe alterazioni in una zona particolarmente sensibile al livello idrico e vocata all'attività agricola con presenza di allevamenti di bovini da latte e comporterebbe l'impossibilità di coltivare parecchi ettari con una conseguente perdita del valore fondiario;

   l'intervento incide sull'equilibrio ambientale e sulla morfologia del territorio e dovrebbe essere valutato con attenzione ai fini degli impatti ambientali e del mantenimento del deflusso minimo vitale e della tenuta delle sponde, anche in considerazione di un'ulteriore derivazione idroelettrica sulla stessa asta del fiume Adda, proposta dalla Edison spa, di cui influenzerebbe il salto idrico concesso;

   l'impianto rientra nella perimetrazione del parco regionale dell'Adda sud e si presenterebbe, secondo gli interroganti, in contrasto con le previsioni del piano territoriale di coordinamento del parco; le relative norme tecniche di attuazione ammettono la possibilità di realizzare centrali idroelettriche, in presenza di salti idraulici, purché non venga alterata «la morfologia fluviale, il valore naturalistico e paesaggistico del corso d'acqua interessato» e non si crei «una discontinuità dell'ecosistema fluviale»;

   il territorio interessato dalla realizzazione dell'impianto idroelettrico ricade in un'area fortemente vincolata anche dalla normativa del piano territoriale di coordinamento provinciale di Cremona e creerebbe notevoli impatti ambientali sul territorio che occorre mitigare o compensare –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a evitare la realizzazione dell'impianto idroelettrico «Budriesse» della società Vis srl, sul fiume Adda, che interessa il territorio dei comuni di Castelnuovo Bocca D'Adda (Lo), Maccastorna (Lo) e Crotta D'Adda (Cr), valutando le conseguenze ambientali derivanti dalla realizzazione dell'opera, come esposte in premessa.
(4-00352)


   FUGATTI, BINELLI, VANESSA CATTOI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   continua lo stato di allarme nel Trentino per la sopravvivenza degli ungulati che vengono regolarmente assaltati da branchi di lupi;

   l'allarme, già lanciato varie volte negli ultimi mesi, è giunto al punto di guardia dal mese di marzo 2018, quando le perdite di animali si sono verificate quasi giornalmente a Fiemme e Fassa e i media hanno pubblicato video con esemplari di lupi a qualche decina di metri da scuole e abitazioni;

   nella notte tra domenica 27 e lunedì 28 maggio 2018 un attacco predatorio, ai danni del gregge di capre ricoverato alla Malga Bassa di Masi di Cavalese, ha provocato la morte di due capre e la lesione di altri cinque animali con ferite al collo e graffi;

   la forestale sta esaminando i campioni di dna per confermare se l'attacco sia dovuto ai lupi e, in quel caso, se la predazione sia stata opera degli esemplari presenti nella zona;

   la malga si trova a 1.000 metri di altitudine, a poche centinaia di metri a monte dell'abitato, ed è usata, in primavera e in autunno, per l'alpeggio di capre e pecore che la sera vengono ricoverate nei recinti;

   l'ennesimo attacco dei lupi ha spaventato non solo il gregge ma anche i venticinque allevatori della malga che non hanno mai pensato che i predatori potessero spingersi così vicino al paese;

   inevitabilmente, l'attacco ha riacceso la rabbia degli allevatori che si trovano a dover far fronte a una situazione che li obbliga a trovare soluzioni alternative urgenti e nuove modalità di gestione e a dotarsi di sistemi di protezione che possano ridurre episodi di attacco dei branchi di lupi, come reti elettrificate e cani da guardiania;

   gli allevatori avevano già lanciato l'allarme all'assemblea annuale dell'Unione allevatori di Fiemme e Fassa e avevano promosso due petizioni al Governo e alla Commissione europea, sostenute anche dalle autorità locali, per chiedere maggiore autonomia nella gestione dei grandi carnivori;

   nonostante il lupo sia una specie particolarmente protetta, la sua espansione nei boschi del Trentino richiede interventi urgenti per garantire un giusto equilibrio di convivenza tra questi animali e gli allevamenti di montagna;

   i provvedimenti assunti dalla provincia autonoma di Trento, come monitoraggi, predisposizione di reti e di container portati in quota dall'elicottero per alloggiare i pastori durante la stagione estiva all'alpeggio, informazione del pubblico e, naturalmente, indennizzi per gli allevatori colpiti, non risolvono questioni basilari di gestione della presenza dei nuovi branchi nelle valli e non garantiscono la sicurezza dei cittadini;

   la risoluzione approvata dal Parlamento europeo P8_TA(2016)0034, riconosce la necessità di «valutare accuratamente il ruolo dei grandi predatori e l'eventuale introduzione di misure di adattamento, in modo da salvaguardare la biodiversità, il paesaggio agricolo e l'allevamento del bestiame nelle regioni di montagna, praticato da secoli»; tali passaggi della risoluzione evidenziano pertanto esplicitamente la necessità di apportare modifiche al livello di protezione di determinate specie, in conformità alle esigenze economiche e agricole locali –:

   se il Governo non intenda intervenire urgentemente per fronteggiare, con soluzioni efficaci, la grave situazione di pericolo che crea il proliferare della presenza del lupo in Trentino, per la sopravvivenza degli allevamenti e per la sicurezza delle persone, assumendo ogni iniziativa di competenza per affidare alla provincia autonoma di Trento la gestione in autonomia della presenza e della conservazione dei grandi carnivori, come l'orso e il lupo.
(4-00365)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANCINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il cinema multisala Maestoso è stato il primo cinema multisala della storia della capitale: costruito nel 1957, sul progetto dell'ingegner Riccardo Morandi e sito nel quartiere Appio, il complesso Maestoso era stato concepito come edificio polifunzionale adatto per ospitare negozi, magazzini, abitazioni e un grande cinematografo, divenendo nel tempo e per generazioni di cittadini e cittadine un irrinunciabile punto di riferimento, riuscendo a coniugare l'aspetto culturale e aggregativo con quello abitativo;

   il complesso, oltremodo, rappresenta un riuscito esperimento architettonico, sicché sullo stesso gravano vincoli urbanistici ancora oggi vigenti;

   la società Circuito cinema, gestrice della sala cinema, ha comunicato alle segreterie regionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil la cessazione delle attività e la riconsegna dei locali alla proprietà a decorrere dal 3 giugno 2018, rappresentandosi, per altro, indisponibile all'acquisto dell'immobile che risulta essere in vendita;

   tale chiusura, qualora si confermasse definitiva, rappresenterebbe una disfatta sotto molteplici punti di vista incidendo negativamente e sul tessuto sociale del territorio, e sulla memoria storica e culturale che gli appartiene, e sui servizi, sul commercio e, soprattutto, sull'occupazione, considerati gli inevitabili licenziamenti collettivi che ne deriverebbero. Ciò detto essa rappresenterebbe anche una perdita grave per un Paese e una città che intendano tutelare e valorizzare il prezioso patrimonio di sale storiche, caratterizzate da lunga tradizione culturale e da peculiare attività cinematografica;

   la direttiva del Mibact del 26 agosto 2014 concernente le sale cinematografiche di interesse storico si ripropone di «salvaguardare e valorizzare il patrimonio costituito dalle sale cinematografiche di interesse storico, la cui presenza sul territorio rappresenta una componente importante dell'offerta culturale del paese», e «di individuare le sale caratterizzate da lunga tradizione e da una peculiare attività culturale tali da poter richiedere l'apposizione del vincolo di interesse storico»;

   la legge n. 220 del 2016, «Disciplina del cinema e dell'audiovisivo», predispone un quadro normativo volto a garantire crediti d'imposta, lo stanziamento di fondi per il recupero delle sale cinematografiche, interventi, contributi e incentivi «per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, – promuovendo e sostenendo – il cinema e l'audiovisivo quali fondamentali mezzi di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale», senza purtuttavia soffermarsi compiutamente sulle esigenze delle sale cinematografiche di interesse storico;

   il recupero delle sale cinematografiche rientra a pieno titolo nel quadro normativo della legge regionale della regione Lazio n. 7 del 2017 «Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio» –:

   se la ricognizione delle sale cinematografiche di interesse storico e culturale di cui alla predetta direttiva del Mibact sia stata completata e, in caso contrario, se e come tale attività stia procedendo, e se questa ricomprenda anche il cinema Maestoso di Roma;

   se e come il Governo intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per tutelare le sale cinematografiche di interesse storico-culturale e garantirne la continuità d'esercizio e scongiurarne la chiusura; con particolare riferimento al delicato contesto romano;

   se e come il Governo intenda attivarsi per incentivare gli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo e quali iniziative intenda adottare per garantire una prospettiva alle sale cinematografiche e, in particolar modo, di quelle stimate di interesse storico.
(4-00251)


   RACCHELLA, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale 1° settembre 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha stanziato un contributo pari a tre milioni di euro, per il progetto di ripristino e consolidamento del Ponte degli alpini di Bassano del Grappa, «Ponte ligneo», inseriti nel pacchetto degli investimenti del biennio 2015-2016 per i «Grandi progetti beni culturali»;

   l'intervento del Ministero intende valorizzare la natura culturale e artistica del manufatto ligneo realizzato nella seconda metà del Cinquecento su progetto di Andrea Palladio e per il quale nel 2012 fu avanzata la candidatura per l'inserimento dell'opera nella World Heritage List dell'Unesco;

   per il proprio valore emblematico il «Ponte ligneo» è stato pubblicato nel III libro dei «Quattro libri dell'architettura» (1570); a tale progetto si sono attenuti fedelmente sia il Ferraccina nella ricostruzione del 1748, sia Angelo Casarotti nel 1821; la ricostruzione post-bellica del 1947, accogliendo le istanze della committenza pubblica bassanese, ha ripresentato, con soluzioni innovative, un modello tipico del ponte ligneo dell'area alpina pre-rinascimentale;

   la ricostruzione del 1947-1948 arricchì il Ponte di valenze etiche e morali facendolo diventare simbolo della «ricostruzione e rinascita del Paese», emblema non solo della cittadina bassanese ma patrimonio popolare autentico e raffigurazione dell'impegno democratico, che vedeva negli alpini la migliore personificazione;

   l'avvio delle procedure per il suddetto intervento di restauro e consolidamento del Ponte ai sensi del decreto ministeriale 1° settembre 2015, nell'ambito del piano strategico «Grandi progetti beni culturali», ha prodotto contrapposizioni giudiziarie tra l'amministrazione comunale bassanese, che aveva progettato l'intervento e gestito la direzione lavori, e la società vincitrice dell'appalto, la quale ha presentato più volte precise rimostranze relativamente a carenze progettuali ed elementi critici insormontabili;

   tra le criticità sollevate vi è l'indisponibilità di alcune aree, a partire dalla cosiddetta «spalla Nardini», teoricamente concessa dai proprietari all'amministrazione comunale in servitù perpetua di posa e temporanea di occupazione, subordinando tuttavia gli interventi strutturali a una perizia che il comune era tenuto a effettuare prima di iniziare i lavori, ma sulla quale i proprietari privati non avevano raggiunto un'intesa con l'amministrazione locale, rendendo in questo modo impossibile programmare i lavori –:

   se il Ministro abbia verificato o se intenda verificare, per quanto di competenza, le cause dei ritardi nelle procedure di realizzazione dell'opera da parte dei soggetti coinvolti nel progetto di ripristino e consolidamento del Ponte ligneo, valutando eventuali carenze progettuali, errori e manchevolezze, allo scopo di dare risposte certe alla popolazione bassanese, ed evitare di vanificare, o mettere a repentaglio, l'obiettivo del finanziamento pubblico concesso con il decreto ministeriale 1° settembre 2015, con il rischio concreto del blocco «sine die» del cantiere e, conseguentemente, di pericolo di danni irreparabili a un bene culturale importantissimo come quello del Ponte ligneo degli alpini di Bassano del Grappa.
(4-00337)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI e FASSINA. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 21 maggio 2018, un operaio interinale di 37 anni è rimasto coinvolto in un incidente avvenuto alla Polveriera di Noceto (Parma), lo stabilimento del Ministero della difesa che si occupa del ripristino e della demilitarizzazione di munizionamento di artiglieria. Un ordigno sarebbe esploso in fase di disinnesco e l'uomo è rimasto ferito in modo grave;

   nella nota diramata successivamente dalle organizzazioni sindacali di categoria, Cgil, Cisl, Uil e Confsal parlano testualmente di eventi che «non sono né una novità né una eccezione all'interno dello stabilimento di Noceto. Quella di oggi è stata, purtroppo, una tragedia annunciata»; le citate organizzazioni sindacali chiedono l'immediata sospensione delle lavorazioni fino a quando non siano state compiute tutte le operazioni di messa in sicurezza dello stabilimento e dei lavoratori coinvolti attraverso il completo adeguamento dei processi lavorativi alla normativa che disciplina la sicurezza nei luoghi di lavoro, dando corso a tutti gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008;

   i rappresentanti dei lavoratori, infatti, da tempo e in modo sistematico hanno denunciato alla direzione la scarsa sicurezza di impianti e strutture in cui operano i lavoratori, nonché l'inadeguatezza e la carenza di trasparenza delle modalità operative adottate per svolgere lavorazioni di per sé rischiose, in quanto svolte in costante contatto con armi ed esplosivi;

   le organizzazioni sindacali, di fronte alla completa inerzia dell'amministrazione, hanno, anche di recente, coinvolto gli organi di controllo nazionali ai quali, a nome di tutti i lavoratori, il 27 marzo 2018, hanno richiesto uno specifico intervento ispettivo per valutare gli standard di sicurezza presenti nello stabilimento;

   la maggioranza dei lavoratori in servizio nella sede di Noceto è costituita da personale precario, i cui contratti durano per brevi periodi e vengono rinnovati di volta in volta. Questo incidente, a parere degli interroganti, pone ancora con più urgenza, l'ulteriore questione della ormai non più rinviabile loro stabilizzazione;

   la mancata garanzia della sicurezza sui luoghi di lavoro da parte al datore è sempre intollerabile e lo è ancora di più se il datore di lavoro è lo Stato, come nel caso dello stabilimento Aid di Noceto, Stato che dovrebbe essere il massimo garante del rispetto della normativa a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro –:

   se il Governo intenda dare seguito a un intervento ispettivo specifico per valutare gli standard di sicurezza presenti nello stabilimento, come richiesto dalle organizzazioni sindacali il 27 marzo 2018, e adoperarsi, per quanto di competenza, affinché venga da subito pienamente assicurato il necessario livello di sicurezza alla Aid di Noceto;

   se il Governo non intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per accertare immediatamente se nell'incidente descritto in premessa vi sia stato il pieno rispetto di ogni procedura legata alla sicurezza e quali siano state le cause e la dinamica dell'incidente;

   se il Governo non intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di diffondere in tutti i luoghi di lavoro la cultura della prevenzione, permettere ed estendere i controlli, incentivare le imprese a investire in materia di sicurezza sul lavoro e aumentare gli ispettori del lavoro che a parere degli interroganti sono oggi in numero assolutamente insufficiente a coprire l'intero territorio nazionale.
(4-00325)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENVENUTO, MOLINARI, MACCANTI, CAFFARATTO, PATELLI, BOLDI, TIRAMANI, GIACCONE, PETTAZZI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI e LIUNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dalla sua costituzione ad oggi, la Sogin, che è la società di Stato incaricata, ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, del decommissioning degli impianti nucleari non più in esercizio, della gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti e della chiusura del ciclo del combustibile, è costata 3,7 miliardi di euro; esattamente quanto il primo piano industriale del 2006 prevedeva dovesse costare l'intero decommissioning, i cui lavori secondo quel piano si sarebbero dovuti concludere nel 2018;

   la società è interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e opera in base agli indirizzi del Governo;

   ad oggi i lavori più importanti non sono neppure iniziati: dei 3,7 miliardi, solo 0,7 sono stati impiegati per lo smantellamento e ben 1,8 per la mera gestione degli impianti e della società;

   il piano industriale del 2013 prevedeva la fine dei lavori per il 2025, mentre il piano industriale elaborato dall'attuale Amministratore delegato a novembre 2017, rinvia la fine dei lavori al 2036: 11 anni di ritardo accumulati in soli 4 anni indicano una gestione fuori controllo; inoltre, la stima dei costi totali lievita a 7,3 miliardi di euro, ovvero il doppio della stima originaria;

   visto il trend delle revisioni dei costi e dei rinvii, cifre e tempi indicati appaiono destinati a ulteriori sicuri incrementi;

   negli ultimi 2 anni i lavori hanno subito un ulteriore rallentamento: ne sono stati effettivamente eseguiti circa il 30 per cento di quelli originariamente programmati, per un valore pari a circa il 2 per cento all'anno del costo totale oggi stimato per il decommissioning;

   gli interroganti temono che al ritmo attuale, se non interverrà un rapido e radicale cambio di organizzazione e di gestione, il decommissioning avrà termine prevedibilmente dopo il 2050, con ulteriore aumento dei costi, visto che nel bilancio della società la sola gestione costa 130 milioni di euro all'anno, e con tutti i rischi connessi all'obsolescenza delle strutture, in particolare di quelle che custodiscono i vecchi rifiuti;

   la situazione più delicata riguarda i 230 metri cubi di rifiuti liquidi nell'impianto di Saluggia (VC), il quale si trova a 60 metri dalla Dora Baltea e sopra la falda dell'acquedotto del Monferrato; dopo l'alluvione del 2000, Carlo Rubbia dichiarò che si era «sfiorata una catastrofe planetaria»; trascorsi 18 anni, i rifiuti sono ancora lì, per metà nei contenitori originali;

   la Sogin progettò nel 2007 l'impianto Cemex, per la cementazione dei rifiuti e nel 2012 affidò i lavori a Saipem, insieme a quelli del progetto Icpf per la cementazione di rifiuti liquidi nell'impianto di Trisaia, in Basilicata;

   nell'agosto 2017, Sogin ha risolto entrambi i contratti per asseriti «gravi inadempimenti» e «manifesta incapacità» di Saipem; il piano industriale di novembre 2017 rinvia al 2036 la conclusione dei lavori a Saluggia, con un ritardo, a quanto consta agli interroganti, di ben 11 rispetto alla data stimata nel 2013; nel caso di Trisaia, il ritardo sarebbe invece di ben 13 anni;

   Saipem ha citato Sogin in giudizio, con richiesta complessiva di risarcimento di 112 milioni di euro, e la prima udienza, svoltasi a marzo 2018, è stata rinviata a settembre;

   lo stallo delle attività di Sogin e l'aggravio della crisi di gestione non sono in alcun modo correlate al ritardo nella realizzazione del deposito nazionale: la strategia italiana prevede, infatti, che i rifiuti prodotti dallo smantellamento degli impianti vengano custoditi in depositi temporanei nei siti stessi –:

   se il Governo intenda valutare l'assunzione di iniziative per il commissariamento di Sogin, allo scopo di elaborare un adeguato piano di riordino e risanamento della società, revisionando la strategia di decommissioning, e di avviare con credibilità e autorevolezza le necessarie attività connesse alla localizzazione e alla successiva costruzione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
(4-00267)


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge del 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazione, dalla legge n. 172 del 4 dicembre 2017, disciplina la definizione agevolata delle cartelle esattoriali, cosiddetta rottamazione-bis;

   tale contesto normativo fissa al 15 maggio 2018 il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata. La domanda si può presentare online (direttamente dal sito Ader sia senza registrazione, sia con accesso all'area riservata), agli sportelli, nonché attraverso Caf o intermediario abilitato;

   la legge, prevede, ancora, in alternativa al form online, la possibilità di presentare la domanda mediante i seguenti strumenti: casella pec della direzione regionale di Agenzia delle entrate-riscossione di riferimento, inviando il modello DA 2000/17* e allegando la copia del documento di identità per mezzo di una casella di posta certificata (pec); a mano presso gli sportelli di Agenzia delle entrate-riscossione presenti su tutto il territorio nazionale (esclusa la regione Sicilia), consegnando il modello DA 2000/17* debitamente compilato e firmato;

   in merito all'inoltro della domanda on-line o tramite pec, diversi sono stati i comunicati di associazioni sindacali quali l'Adc (comunicato stampa del 10 maggio 2018), Ungdcec (comunicato stampa del 14 maggio 2018) ed Anc che hanno evidenziato i disservizi telematici relativi al sito dell'Agenzia delle entrate-riscossione. Si tratta di disservizi segnalati dai dottori commercialisti in merito al blocco nell'accesso all'area riservata per l'inoltro della domanda, totale, nella giornata del 14 e, in maniera discontinua, il giorno 15. Segnalazioni, peraltro, confermate, mediante nota ufficiale, dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Cndcec), che ha messo in luce, ancor prima dei problemi commessi alla presentazione della domanda, la mancata comunicazione dei ruoli, in molto casi, non consegnati ai destinatari –:

   se intenda, adottare iniziative normative urgenti per differire i termini per la definizione agevolata delle cartelle esattoriali, per superare, almeno in parte, le attuali difficoltà e consentire al cittadino anche la possibilità di integrare le istanze già presentate, successivamente alla scadenza, qualora emergessero ruoli che non erano noti, mediante l'alternativa, menzionata da legge, che è quella dell'inoltro dell'istanza, tramite Pec, alla direzione regionale di Agenzia delle entrate-riscossione;

   se intenda rendere note le cause che hanno determinato tale situazione di stallo/fermo quali rimedi significativi intenda mettere in atto, al fine di evitare il verificarsi di eventi simili a ridosso delle prossime scadenze, e quali iniziative intenda assumere in merito all'introduzione, dal prossimo anno, della fatturazione elettronica anche tra privati, la cui applicazione è impostata sulle medesime piattaforme, al fine di salvaguardare e tutelare sia i professionisti nel loro lavoro sia i diritti dei contribuenti.
(4-00276)


   BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, ZORDAN e ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ad un giorno dalla scadenza per la definizione agevolata delle cartelle esattoriali, la cosiddetta rottamazione della cartella, il 15 maggio 2018, il sito dell'Agenzia delle entrate ha subito forti rallentamenti nell'accettazione delle domande online e già diversi giorni prima si erano riscontrati problemi relativi alle comunicazioni sui ruoli, in molti casi non consegnate ai destinatari;

   fino alle ore 9 del 14 maggio 2018 era disponibile un banner nell'area libera del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it che consentiva di accedere e scaricare l'estratto di ruolo. Il banner però, in seguito al comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate-riscossione di sabato 12 maggio, è stato tolto e dal 14 il prospetto è stato consultabile fino alle ore 23,59 del 15 maggio, solo nell'area riservata;

   il problema era stato sollevato già giorni prima dall'Adc, l'Associazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che aveva segnalato al direttore dell'Agenzia delle entrate Ruffini la parziale digitalizzazione. In merito a ciò, nella lettera dell'Ade, si legge: «La Pubblica Amministrazione, che impone la digitalizzazione obbligatoria a tutti i cittadini, non ha tenuto in considerazione che la maggior parte di questo Paese non è un nativo digitale e non ha conoscenze digitali adeguate per svolgere i numerosi adempimenti fiscali autonomamente»;

   il mal funzionamento è stato probabilmente causato da un effetto ad imbuto dovuto dall'alto numero di accessi al sito, visto l'approssimarsi della scadenza, ma, essendosi già verificata una situazione molto simile nel 2017, sarebbe stato necessario prevedere via alternative, vista l'altissima probabilità del ripetersi del blocco telematico anche per questa seconda «rottamazione»;

   la giunta Adc, in attesa che si risolvano i problemi legati a una normativa troppo farraginosa e che venga superata l'eccessiva complessità degli strumenti ora a disposizione, ha suggerito varie ipotesi: la possibilità di integrare l'istanza anche successivamente alla scadenza della domanda da inoltrare via pec personale o tramite commercialista, oppure quella di prevedere una proroga per la presentazione dell'istanza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non ritenga opportuno, alla luce dell'ormai avvenuta scadenza per la presentazione dell'istanza di definizione agevolata, assumere iniziative per prevedere una breve riapertura dei termini per permettere, a quei contribuenti che non hanno avuto la possibilità di completare l’iter per cause accertate di malfunzionamento del sito telematico dell'Agenzia delle entrate, di accedere alla definizione agevolata delle cartelle esattoriali tenuto conto che tali contribuenti sono stati impediti da cause indipendenti dalla loro volontà e riconducibili alla responsabilità all'Agenzia delle entrate-riscossione.
(4-00279)


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di queste settimane che la società per azioni Banco Bpm stia attuando un piano di riorganizzazione aziendale sul territorio della provincia interamente montana del Verbano Cusio Ossola, concepito ed effettuato senza alcuna preventiva informazione, né coinvolgimento degli attori istituzionali, sociali ed economici del territorio di riferimento;

   nell'ambito di tale azione, risultano essere in fase di chiusura gli sportelli bancari dei comuni montani di Bannio Anzino, Baceno, Varzo, Vogogna, Premosello Chiovenda e Cambiasca;

   tale decisione, assunta peraltro senza valutare l'effettivo bacino socio-demografico di riferimento, rischia di causare pesanti ripercussioni nei confronti della cittadinanza, in particolare quella di fascia di età avanzata, che non utilizza i servizi on line degli istituti di credito e risulta essere maggiormente esposta alle difficoltà di trasporti e di collegamenti per il raggiungimento degli sportelli bancari, che a seguito di tale riorganizzazione risulterebbero essere ubicati a parecchia distanza dal luogo di residenza con difficoltà di spostamento anche in connessione alla natura montana del territorio;

   la chiusura di tali sportelli determinerebbe anche una diminuzione di servizi nei confronti dell'utenza turistica del territorio, se si considera che tre dei comuni interessati sono inseriti all'interno del parco nazionale della Valgrande e del parco regionale Alpe Devero e che sono oggetto di flussi turistici sia nella stagione estiva che nella stagione invernale;

   tale decisione va a determinare problematiche anche alle amministrazioni comunali interessate, che presso l'ex Banca Popolare di Novara, oggi Banco Bpm, hanno il proprio servizio di tesoreria, il quale in tal caso verrebbe dirottato su altri comuni, distanti dalle rispettive sedi municipali, con tutte le conseguenze del caso in termini di diseconomie e mancata efficienza, oltre che di diminuzione del servizio nei confronti della cittadinanza –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di evitare la chiusura degli sportelli bancari in questione, annunciata per il 1° luglio 2018 a tutela del tessuto sociale, economico e produttivo del territorio.
(4-00301)


   ALESSANDRO PAGANO, COMAROLI e BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, commi 909-928) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, attraverso il sistema di interscambio, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato;

   la stessa legge ha previsto l'avvio anticipato, a partire dal 1° luglio 2018, della fattura elettronica fra privati relativamente agli operatori del settore dei subappalti con la pubblica amministrazione e alla filiera dei carburanti per motori (con eliminazione della scheda carburante e obbligo di pagamento con strumenti tracciabili ai fini della deduzione costi e/o detraibilità iva);

   con l'approssimarsi dell'inizio dell'obbligatorietà, si sta verificando un forte interesse economico da parte di alcuni soggetti che vedono nell'obbligo della fatturazione elettronica fra privati un business enorme: società di software, enti certificatori, banche e società di intermediazione bancaria. In particolare, le società di software stanno offrendo alle aziende ed ai commercialisti il servizio di fatturazione elettronica al prezzo di euro 0,50 a documento, affermando che quest'ultimo prezzo derivi principalmente dal costo che loro devono sostenere per la conservazione sostitutiva di euro 0,15 a documento;

   per le attività di rifornimento di carburante, sono le banche e le società di intermediazione bancaria che si faranno carico dell'emissione della fattura al costo di euro 0,50 a carico del gestore, generando una protesta generalizzata dalle associazioni dei gestori dei rifornimenti di carburante, in quanto il ricavo a litro di carburante erogato non consentirebbe la copertura del costo di emissione della fattura;

   l'eliminazione della conservazione sostitutiva e dell'apposizione della firma digitale farebbe diminuire i costi in modo significativo ed eviterebbe un business importante per gli enti certificatori;

   sarebbe opportuno che l'Agenzia delle entrate o la Sogei consentissero l'accesso tramite il loro portale per stampare la copia della fattura emessa o ricevuta e che tale documento fosse valido ed opponibile ai terzi. Sembrerebbe opportuno che la fattura elettronica fosse recapitata presso la pec del cliente e presso la pec del commercialista delegato al «cassetto» fiscale, mentre l'attuale normativa prevede l'inserimento di qualsiasi indirizzo e, ovviamente, le società di software tendono ad indicare il loro;

   infine, sarebbe opportuno realizzare un apposito portale dei commercialisti, anche attraverso gara d'appalto, per la gestione di tutto ciò che interessa i nuovi obblighi di fatturazione elettronica tra privati (in particolare, per l'emissione, l'invio e la ricezione delle fatture elettroniche, nonché per l'importazione sui gestionali di contabilità), per evitare l'intermediazione di altri soggetti che potrebbero far lievitare i costi, come sopra esposto;

   con il provvedimento del 30 aprile 2018 l'Agenzia delle entrate si è impegnata a mettere a disposizione degli operatori entro il 1° luglio 2018 una serie di servizi per rendere agevole, efficiente e poco onerosa la fase di predisposizione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche. Al momento, però, tali servizi non sono ancora disponibili e sarà necessaria una fase transitoria prima che tutti gli operatori possano usufruirne compiutamente –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative normative per apportare le necessarie modifiche in merito alla disciplina della fatturazione elettronica, così come indicato in premessa, specie per l'obbligo della conservazione sostitutiva e dell'apposizione della firma digitale, al fine di evitare la lievitazione dei costi per gli operatori e per gli studi di commercialisti, nonché per gli utenti;

   se si intendano assumere iniziative per posticipare al 1° gennaio 2019 i termini di avvio dell'obbligatorietà della fatturazione elettronica per la filiera dei carburanti per motori, in considerazione delle criticità espresse.
(4-00319)


   ALESSANDRO PAGANO, COMAROLI e BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il legislatore, nell'ottica di favorire la tax compliance e per consentire una più agevole definizione dei rapporti tra contribuenti ed erario, ha introdotto una disciplina articolata per compensare i debiti (in particolare, quelli tributari) con i crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni;

   dal 2008 in poi sono state introdotte nell'ordinamento specifiche norme per la certificazione dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni, al fine di rendere liquide tali somme: il decreto-legge n. 185 del 2008 ha disciplinato la certificazione, da parte degli enti territoriali debitori, dei crediti in questione nei confronti dei soggetti interessati anche ai fini della cessione pro-soluto dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari;

   con particolare riferimento alle imprese, per far fronte alle esigenze di liquidità delle stesse a fronte dei ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione, soprattutto negli anni della crisi economica, il perimetro operativo delle norme sulla compensazione è stato progressivamente allargato;

   l'articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, ha introdotto la possibilità di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili e certificati secondo la procedura di legge, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; successivamente, l'articolo 13-bis del decreto-legge n. 52 del 2012 ha esteso l'istituto della compensazione con le somme dovute iscritte a ruolo anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

   l'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013 ha consentito la compensazione delle cartelle esattoriali per le imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla legge, con riferimento al solo anno 2014;

   tale misura, dal momento che a legislazione vigente non è strutturale, ha richiesto una successiva proroga nel tempo: l'articolo 9-quater del decreto-legge n. 50 del 2017 e il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 9 agosto 2017 hanno esteso al 2017 la disciplina attuativa adottata per gli anni precedenti;

   più in generale, il citato decreto-legge n. 78 del 2010 consente ai contribuenti, dal 1° gennaio 2011, di pagare anche parzialmente le somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte;

   sotto un diverso e più specifico profilo, la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ha consentito agli avvocati di compensare i debiti fiscali con i crediti per spese, diritti e onorari ad essi spettanti in base alle norme sul patrocinio a spese dello Stato, a riprova della volontà di estensione di tale istituto e della sua efficacia –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa utile, anche di tipo normativo, per estendere oltre gli attuali limiti l'ambito operativo della disciplina della compensazione, al fine di rendere più snelle le transazioni tra privati ed erario, ovviando ai ritardi nei pagamenti e mantenendo in tal modo un buon livello di liquidità nel sistema produttivo nazionale;

   in alternativa, se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per rendere strutturale la misura della compensazione dei debiti fiscali con i crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni almeno per le imprese che lavorano prevalentemente con le pubbliche amministrazioni medesime, per esigenze di certezza del diritto e per venire incentro alla pianificazione aziendale delle imprese in questione.
(4-00320)


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia delle entrate ha disposto, con comunicazione prot. n. 75132/2018, l'avvio di una procedura selettiva per l'assunzione a tempo indeterminato di complessive 118 unità per la terza area funzionale, fascia retributiva F1, profilo professionale funzionario tecnico, da destinare agli uffici dell'Agenzia delle entrate regionali per le attività relative ai servizi catastali, cartografici, estimativi e dell'osservatorio del mercato immobiliare;

   tra i requisiti richiesti è previsto il possesso del diploma di laurea in ingegneria o architettura o diplomi di laurea equipollenti per legge, ovvero laurea specialistica o laurea magistrale (Lm) equiparate, conseguiti presso un'università o altro istituto universitario statale o legalmente riconosciuto e l'iscrizione alla sezione A dell'albo di ingegnere o di architetto;

   l'esclusiva previsione nel bando dei titoli su indicati di fatto esclude la partecipazione al concorso di altre tipologie di laureati, comunque iscritti nelle sezioni A dei relativi ordini professionali, le cui competenze si presentano connesse con l'oggetto del concorso;

   in particolar modo, il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, che disciplina i titoli necessari per l'esercizio di talune professioni nonché i relativi ordinamenti, stabilisce che formano oggetto dell'attività professionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali, iscritti alla sezione A del relativo ordine professionale, le attività catastali, topografiche e cartografiche;

   per quanto riguarda l'iscrizione nella sezione B dell'ordine professionale dei dottori agronomi e forestali, il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 prevede quale requisito principale il possesso di laurea e individua le attività estimative, catastali, topografiche e cartografiche tra le materie di competenza;

   l'ordinamento della professione di dottore agronomo e di dottore forestale come disciplinato dalla legge n. 3 del 1976, individua specificamente tra le competenze dei dottori agronomi e dei dottori forestali, tutte le operazioni dell'estimo in generale;

   ai sensi di quanto stabilito all'articolo 12, comma 5, lettera e), del decreto legislativo n. 546 del 1992 — Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 — per le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale, i dottori agronomi e forestali iscritti alle sezioni A e B sono abilitati al patrocinio nelle commissioni tributarie;

   appare inoltre contraddittorio quanto previsto dalla normativa vigente in materia di abilitazione all'insegnamento della materia di estimo, riservata ai laureati in scienze, tecnologie e tecniche agrarie, e dal bando di concorso in questione che esclude i soggetti che possono insegnare tale materia rivolgendosi, viceversa, a chi tale materia non può insegnarla;

   la possibilità di partecipazione al bando è scaduta il 17 maggio 2018 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire urgentemente, a sanare una palese situazione di discriminazione nei confronti di professionisti legalmente riconosciuti, anche prevedendo una proroga o una riapertura dei termini di partecipazione al concorso e ampliando la platea dei destinatari, in modo da evitare eventuali contenziosi in materia.
(4-00321)


   GAGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 2017, ha esteso la definizione agevolata dei carichi fiscali, oltre a quelli affidati alla riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017, anche a quelli relativi al periodo 2000 al 2016 per i quali non è stata presentata precedente domanda di «rottamazione» (ex decreto-legge del 22 ottobre 2016, n. 193);

   il termine per presentare la nuova domanda di adesione alla definizione agevolata, procedura che ha permesso di estinguere i debiti iscritti a ruolo contenuti negli avvisi e nelle cartelle di pagamento attraverso il versamento delle somme dovute senza però corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora, è scaduto il 15 maggio 2018;

   sia il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti sia l'Ordine dei consulenti del lavoro hanno segnalato diversi problemi di funzionamento del sito dell'Agenzia delle entrate negli ultimi due giorni utili ai contribuenti per presentare la domanda;

   l'Agenzia delle entrate-riscossione e la Sogin hanno minimizzato il fatto affermando che vi è stato sì un rallentamento del sistema, a causa dell'elevato numero di accessi nei giorni citati, ma che non si è prodotto il blocco lamentato dalle associazioni di categorie e che comunque tale situazione non è paragonabile a quella del primo «spesometro», in cui emersero effettivamente gravi problemi di invio dei dati;

   non è la prima volta che, allo scadere di termini importanti si manifestino questi «effetti imbuto» con rallentamenti e cattivo funzionamento del sito dell'Agenzia delle entrate-riscossione, a dimostrazione che la macchina amministrativa risulta impreparata a gestire un afflusso improvviso di dati con grave penalizzazione dei contribuenti;

   i contribuenti che sarebbero, inoltre, doppiamente penalizzati da questa situazione, in quanto l'adesione alla «rottamazione» delle cartelle, per omessi versamenti di Iva, ritenute o indebite compensazioni non spettanti comporta il beneficio della non punibilità sotto il profilo penale, beneficio che in tal caso decadrebbe –:

   se non ritenga urgente e necessario procedere all'adozione di iniziative di tipo normativo volte a prevedere una riapertura dei termini previsti dal decreto-legge n. 148 del 2017 per presentare la domanda di definizione agevolata dei carichi fiscali e per consentire l'integrazione delle istanze oltre i limiti temporali previsti dalla normativa vigente.
(4-00322)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è noto come le condizioni finanziarie delle città metropolitane siano al collasso: le profonde difficoltà di questi enti non ben definiti, assieme alle stesse province, stanno determinando una situazione di estrema criticità nell'erogazione dei servizi. Strade e scuole, ormai, non sono più oggetto di interventi di manutenzione, neanche ordinaria, né vengono più forniti i necessari e dovuti interventi assistenziali alle persone disabili;

   a ciò si aggiunge una condizione di notevole precarietà del personale dipendente di questi enti impiegato in tali servizi, penalizzato, oramai da anni, anche da un punto di vista salariale, a causa dei ripetuti tagli succedutisi;

   il decreto-legge n. 50 del 2017, la cosiddetta manovra correttiva adottata dal Governo Gentiloni, ha previsto, per l'esercizio delle funzioni fondamentali, un contributo di 110 milioni di euro per il 2017 e 80 milioni di euro a decorrere dal 2018 in favore delle province e un contributo di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 in favore delle città metropolitane;

   suddetti importi, però, sono risultati del tutto insufficienti, dato che non soltanto il Sose aveva certificato in 650 milioni di euro le risorse necessarie per la copertura degli squilibri di bilancio, ma la stessa Corte dei conti, il 23 febbraio 2017, in sede di audizione presso la commissione bicamerale per il federalismo fiscale, aveva sottolineato la criticità di tagli definiti dalla stessa illegittimi quanto manifestamente irragionevoli, tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle province, nonché delle città metropolitane;

   nel documento della Corte dei conti si legge che: «per le funzioni fondamentali rimane la necessità di rivedere la coerenza e la congruità delle misure finanziarie adottate [...] con riguardo al grave deterioramento delle condizioni di equilibrio strutturale dei relativi bilanci, determinatosi negli ultimi due esercizi conclusi ed al quale non hanno posto rimedio organico gli interventi di natura emergenziale succedutisi»;

   lo squilibrio strutturale tra le entrate e i tagli imposti non ha consentito quindi di approvare, il bilancio di previsione 2017 entro il termine previsto per il 31 marzo (prorogato già due volte) che è stato dunque ulteriormente spostato al 30 giugno 2017;

   simili difficoltà persistono ancora perché, se il contributo statale è stato insufficiente, a ben poco sono servite le altre caute misure previste dalla manovra correttiva, quali l'applicazione dell'avanzo libero e quello destinato al bilancio di previsione, riferito al solo 2017, nonché la possibilità di utilizzare i proventi delle contravvenzioni per finanziare gli oneri relativi alle funzioni di viabilità di polizia locale;

   questo modo di procedere per deroghe e proroghe del Governo Gentiloni, ad avviso degli interroganti, è stato soltanto un meccanismo per rinviare la risoluzione di problemi creati da questo stesso Esecutivo il cui indirizzo politico, di fatto, ha costituito esattamente la prosecuzione del Governo Renzi: la «legge Delrio», innanzitutto, dovrebbe essere totalmente rivista, anche alla luce della «bocciatura» referendaria della riforma costituzionale, poiché, ad oggi, non è affatto razionale, per gli interroganti, prevedere degli enti con funzioni fondamentali senza dotarli delle necessarie risorse amministrative ed economiche;

   nella città metropolitana di Milano la situazione finanziaria dell'ente sembra essere ancora particolarmente critica, tanto da rischiare, in assenza di interventi, il default –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di correggere tali criticità al fine di garantire una maggiore assegnazione di risorse alle province e, soprattutto, alle città metropolitane, tenuto conto in particolare di quanto esplicitato in premessa in merito all'ente milanese, per assicurare il rispetto dei diritti dei cittadini, il pagamento degli stipendi del personale e i servizi erogati per la sicurezza dei territori, lo sviluppo locale e la scuola.
(4-00328)


   DI LAURO e GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Piano di Sorrento (NA), con delibera di giunta n. 188 del 2017, ha adibito l'area del mercato ortofrutticolo di piazza della Repubblica a parcheggio a rotazione per le auto, affidandone la gestione direttamente, tramite determinazione n. 438 del 2017, all'associazione ricreativa culturale non riconosciuta e senza scopo di lucro «Territorio, Trasparenza, Passione» in via sperimentale sino al 31 dicembre 2017;

   al momento della delibera, l'associazione non risultava iscritta nell'apposito albo comunale ed era stata costituita due giorni prima, mentre il codice fiscale sarebbe stato richiesto, a quanto risulta agli interroganti, solo il giorno antecedente;

   l'associazione, secondo il proprio statuto, dovrebbe svolgere «attività ricreative e culturali, nonché attività nei settori dello sport; comprese quelle discipline ed attività di carattere educativo, pedagogico e di promozione sociale, oltre alle attività commerciali propedeutiche e/o collegate»; tutte attività estranee all'oggetto dell'affidamento;

   gli uffici comunali hanno appurato che l'associazione non disponeva di partita iva, mentre, a causa dell'assenza di un archivio informatizzato, hanno appurato solo sommariamente, che vi sarebbe l'assenza di posizioni debitorie o di contenzioso dei membri dell'associazione nei confronti del comune, requisito fondamentale per poter ottenere l'affidamento;

   l'associazione ha sede in Piano di Sorrento, Via San Giovanni n. 36, indirizzo dello studio tecnico del socio fondatore Pino Giuseppe Alberino, fratello del consigliere comunale, nonché capogruppo di maggioranza, Marilena Alberino, così come la stessa commissione consiliare permanente «Trasparenza su atti e gestione del comune» ha accertato il 16 ottobre 2017;

   visti i dubbi sopra elencati, la citata commissione consiliare permanente il 26 ottobre ha chiesto la sospensione in autotutela dell'affidamento; tuttavia, agli interroganti non risulterebbe che ciò sia avvenuto;

   i funzionari ai quali la citata commissione consiliare permanente ha chiesto opportune verifiche non si sono espressi, ritenendo sia il segretario comunale a doversi esprimere, in quanto titolare della Competenza in materia di «prevenzione della corruzione e trasparenza»; verifiche che non risulta siano avvenute;

   agli interroganti risulta che, nonostante la richiesta di sospensione in autotutela, l'esecuzione dell'affidamento sia giunta regolarmente sino al termine del 31 dicembre 2017 e sia proseguita anche oltre in assenza della necessaria autorizzazione da parte del comune, almeno sino al 2 marzo 2018 quando con la determinazione n. 125, è stato autorizzato il proseguimento dell'affidamento sino al 31 dicembre 2019;

   esiste una società che, a quanto consta agli interroganti, già ha lavorato per il comune, in particolare per la gestione di parcheggi a pagamento garantendo ingenti introiti nelle casse comunali, che tuttavia non sembrerebbe sia stata presa in considerazione per l'affidamento di cui sopra;

   come riportato sui social network dal portavoce del sindaco dottor Vincenzo Califano, «Il servizio di parcheggio al mercato è cessato dal 1° aprile a seguito di espressa rinuncia dall'Associazione affidataria, presentata il 30 marzo. La motivazione è dovuta alla sopravvenuta rilevanza dei costi di gestione rispetto ai modesti introiti del parcheggio, in quanto secondo l'ispettorato del Lavoro le unità immesse in servizio dall'Associazione debbono essere inquadrate come dipendenti e soci volontari»;

   agli interroganti, attualmente, non risulta che il parcheggio sia gestito da alcun ente, producendo un danno per le finanze pubbliche; non risulta inoltre che il comune abbia proceduto nei confronti dell'associazione per i mancati introiti né abbia proceduto ad affidare la gestione dell'area mercatale adibita a parcheggio ad altro soggetto –:

   di quali elementi disponga il Governo circa la vicenda di cui in premessa;

   se e quali verifiche siano state avviate in relazione ai profili fiscali dell'attività affidata all'associazione citata in premessa, con particolare riguardo al rispetto della normativa in materia di iva;

   quali verifiche abbia svolto l'ispettorato del lavoro in relazione all'associazione di cui in premessa e quali ne siano le risultanze;

   se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per attivare verifiche da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato e dell'ispettorato per la funzione pubblica presso il dipartimento della funzione pubblica, in relazione agli effetti che tali criticità potrebbero aver determinato sulla situazione amministrativo-contabile del comune di Piano di Sorrento.
(4-00370)


   ZANICHELLI e CARLO SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è stato ampiamente riportato da molteplici organi di stampa (tra le quali, la Gazzetta di Reggio del 16 novembre 2017) e dalle reti televisive che le società Intermarket Diamond Business s.p.a. (IDB) e Diamond Private Investment (DPI), in associazione con istituti bancari italiani (tra i quali Unicredit, Banco Popolare di Milano, Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena), hanno predisposto offerte d'acquisto di diamanti da investimento, diffondendo informazioni omissive e ingannevoli in merito alle caratteristiche dell'investimento proposto, al prezzo dei diamanti e alla convenienza economica di tale acquisto. Tale asimmetria informativa è stata, peraltro, riconosciuta successivamente dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;

   è emerso inequivocabilmente che i diamanti sono stati venduti a prezzi di gran lunga superiori rispetto a quelli di mercato, con particolare riferimento al listino «Rapaport» di Anversa in cui vengono indicati settimanalmente i prezzi di contrattazione dei diamanti;

   nell'adunanza del 20 settembre 2017 (provvedimento n. 26757), l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha comminato sanzioni per un totale di 15,35 milioni di euro, e le più colpite sono state, anzitutto le due società promotrici, IDB (la quale ha impugnato legalmente il provvedimento) per 2 milioni di euro, e DPI per 1 milione di euro. Ulteriori sanzioni sono state predisposte per Unicredit per un importo pari a circa 4 milioni di euro, per la Banca Popolare di Milano 3,35 milioni di euro, per Intesa San Paolo 3 milioni di euro e per il Monte dei Paschi di Siena 2 milioni di euro;

   in data 14 marzo 2018, la Banca d'Italia ha emesso un monito verso le banche puntando l'attenzione verso la commercializzazione dei diamanti;

   la procura di Milano ha aperto un procedimento, ha disposto perquisizioni e ha avanzato l'ipotesi di reato di truffa aggravata;

   appare, inoltre, grave e preoccupante il fatto che la Consob, oltre a esitare sui controlli, avesse stabilito nel 2013 che le banche potessero vendere diamanti senza l'obbligo di fornire ai clienti la garanzia del prospetto informativo imparziale, in difformità alla pronuncia della Corte di cassazione, emessa solo qualche mese prima (sentenza n. 2736/13);

   da visure camerali operate in relazione alle società sopra indicate, emerge che elementi apicali delle realtà coinvolte nella fattispecie hanno lavorato in passato in compagini governative;

   ad oggi non è ancora chiara la dimensione reale del fenomeno. Secondo plurime fonti giornalistiche la truffa ammonterebbe a miliardi di euro;

   da ultimo, il 29 maggio 2018 la Federconsumatori di Reggio Emilia ha organizzato e sostenuto una manifestazione contro la Banca popolare di Milano, l'unico istituto che sembra non aver ancora dato nessuno chiarimento sul caso, chiamando a raduno i risparmiatori di tutta la regione rimasti coinvolti nella spinosa vicenda –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intenda assumere iniziative, nei limiti delle sue competenze, per garantire una più effettiva tutela dei risparmiatori truffati ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione, dal momento che tale tutela sembra essere stata agli interroganti poco efficiente a causa degli insufficienti e non adeguati controlli.
(4-00389)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 155, è stata attuata la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, prevedendo una nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero;

   tale revisione della geografia giudiziaria ha comportato notevoli criticità di natura logistica — strutturale — lavorativa ed organizzativa, posto che gli operatori del diritto, il personale e gli utenti, attualmente, sono riversati in strutture giudiziarie, spesso non in grado di contenere un'affluenza così elevata;

   emblematica è la situazione della città di Bari, che registra un momento di stallo sulla questione. In particolare, con riferimento al tribunale civile di Bari – corte di appello civile e penale — tribunale di sorveglianza e procura generale, da parecchi anni la magistratura, gli avvocati nonché il personale di cancelleria affrontano diverse criticità strutturali: dagli ascensori fuori servizio, alle toilettes parzialmente inagibili, al depauperamento della struttura esterna dell'intero edificio, solo per riportare alcuni esempi;

   all'esito della conferenza permanente tenutasi nel 2016 era emerso che nessuno dei siti giudiziari era a norma, motivo per cui il Governo aveva stanziato circa 4 milioni di euro destinati alla ristrutturazione della totalità di tali siti;

   non sicuri ed inadeguati appaiono anche gli uffici del giudice di pace di Bari, recentemente saliti alla ribalta delle cronache per un incendio che nel mese di marzo 2018 ha colpito i locali sotterranei destinati all'archivio;

   la giustizia penale, viene, inoltre, amministrata in uno stabile, costruito con funzioni diverse da quella giurisdizionale, che non possiede i minimi requisiti di sicurezza e decoro che dovrebbero richiedersi per un palazzo di giustizia: promiscuità negli ambienti; spazi destinati ai detenuti divisi dagli altri ambienti da pareti in cartongesso; aule sottodimensionate rispetto al carico di processi e ambienti lavorativi senza il minimo standard di salubrità, dignità e decoro; presenza di topi all'interno del palazzo; soffitti che cadono a pezzi con infiltrazioni in caso di pioggia; spazi angusti delle cancellerie, con conseguenti difficoltà nella ricerca dei fascicoli; servizi igienici in numero esiguo e spesso non funzionanti; parcheggi insufficienti;

   recentemente il proprietario del palazzo (l'Inail) avrebbe addirittura intimato lo sfratto al Ministero della giustizia, per morosità negli ultimi tre anni;

   la questione va avanti da più di un decennio, caratterizzato da reiterate promesse, di creazione di altri spazi (ad esempio la creazione della cosiddetta «Cittadella della Giustizia», ovvero del cosiddetto «Arcipelago della Giustizia»), ovvero trasferimento in altri immobili (ospedale militare, cittadella della guardia di finanza al quartiere San Paolo, villa patrizia, casermette, casa dello studente). Promesse, ad oggi, disattese;

   anche il protocollo d'intesa del 24 gennaio 2018, tra il sindaco di Bari e gli organi istituzionali, ha prodotto un nulla di fatto, mentre i consigli comunali monotematici sul punto, a quanto consta all'interrogante, vanno deserti;

   numerose sono state le iniziative intraprese anche da associazioni forensi locali, in ogni sede istituzionale, rimaste purtroppo prive di effetto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se essi trovino conferma e quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di risolvere la questione della geografia e dell'edilizia giudiziaria, a tutela degli operatori del diritto, del personale e degli utenti, nonché della stessa funzione giudiziaria.
(4-00252)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto pubblicato in un articolo apparso 5 febbraio 2017 sul quotidiano La Verità pare che, a causa del numero troppo elevato di denunce e degli eccessivi ritardi nella loro iscrizione nell'apposito registro o dell'iscrizione nel cosiddetto modello 44 (ossia a carico di ignoti), presso la procura di Milano i reati di furto, salvo «casi clamorosi», di fatto non vengano perseguiti;

   dal medesimo articolo si apprende, altresì, che, già nel dicembre 2015, a seguito di una ispezione ordinaria sull'attività della procura di Milano, nell'ultimo quinquennio, l'ispettorato generale del Ministero della giustizia aveva rilevato un notevole ritardo nell'iscrizione dei procedimenti a carico di ignoti, superiore ai 60 giorni dalla ricezione della denuncia per ben 72.147 procedimenti, e l'impossibilità, addirittura, di poter quantificare il numero dei fascicoli pervenuti e non ancora iscritti;

   a conferma di tale situazione vi sarebbe anche la circostanza che nella relazione all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, tenuta dal presidente della Corte di appello di Milano, Marina Tavassi, tra le dodici tipologie di reato elencate nella tabella dei fascicoli definiti e pendenti, nonostante il continuo aumento delle denunce, non appare il reato di furto;

   la stessa omissione compare nelle relazioni di inaugurazione dell'anno giudiziario anche del 2015 e del 2016, nonostante dall'ultimo bilancio sociale della Corte di appello di Milano, risulterebbe che tra il 1° luglio 2014 e il 30 giugno 2015 sono state registrate ben 47.685 denunce per furto;

   stante l'elevato numero di denunce, e innegabile che a Milano vi sia una situazione di emergenza in tema di sicurezza, a giudizio degli interroganti, non adeguatamente evidenziata dalle statistiche ufficiali, per mancanza o incompletezza dei dati come sopra rilevato, ma tuttavia percepita in modo evidente dai cittadini ed aggravata dalla situazione di generale impunità che verrebbe avvertita nel capoluogo lombardo;

   i furti in appartamento rappresentano la categoria più numerosa e, a fronte di un loro aumento nell'ultimo decennio del 151 per cento nel Nord-Ovest, nella zona più colpita, a Milano, l'incremento sarebbe stato addirittura del 229,2 per cento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se quanto riferito in merito alla procura di Milano corrisponda al vero;

   se non ritenga opportuno promuovere un'ulteriore ispezione ministeriale onde accertare la situazione presso la medesima procura;

   quali iniziative siano state adottate a seguito delle risultanze dell'ispezione effettuata nel 2015 per i problemi già allora evidenziati, quale sia il numero dei procedimenti pervenuti e iscritti presso la procura di Milano e quelli pendenti e definiti presso il tribunale e la Corte di appello di Milano per il reato di furto negli anni 2014, 2015 e 2016.
(4-00263)


   D'INCÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 155 del 2017, il Governo è stato delegato ad adottare – entro 12 mesi – uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali (regio decreto n. 267 del 1942) e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 27 gennaio 2012);

   in data 22 dicembre 2017 la così detta «Commissione Rordorf» ha consegnato al Ministro interrogato, tre bozze di altrettanti decreti legislativi integranti l'attuazione della delega, nonché la tabella dei tribunali competenti per le procedure concorsuali, con la previsione della soppressione di ben 60 sezioni fallimentari, tra cui quella del tribunale di Belluno;

   la legge n. 155 del 2017 prevede, ancora, l'introduzione delle «procedure di allerta» e, nel disciplinare la composizione delle crisi da sovraindebitamento, stabilisce che dette procedure verranno gestite dai soli organismi costituiti presso le Camere di commercio;

   la Camera di commercio di Belluno è stata accorpata alla Camera di commercio di Treviso con decreto del Ministero dello sviluppo economico in data 1o aprile 2015; pertanto l'organismo che seguirà le crisi dei «debitori» bellunesi sarà quello costituito a Treviso; in questo modo non si garantisce il criterio di prossimità, secondo il quale la procedura dovrebbe svolgersi innanzi ad un organismo di composizione della crisi il più possibile vicino al debitore;

   nel bellunese le imprese attive sono 19.000, con 67.000 addetti impiegati stabilmente, dei quali 32.000 nell'industria (Rapp. Ann. sull'economia bellunese, Camera di commercio di Treviso e Belluno 2016); quella di Belluno è tra le 15 province più industrializzate d'Italia; è la 5ª provincia in Italia per export pro-capite; un terzo è rappresentato dalle aziende artigiane, a dimostrazione del profondo legame con la tradizione del suo territorio;

   la legge «Delrio» n. 56 del 2014 attribuisce alla provincia di Belluno, in quanto interamente montana e di confine, un ruolo particolarmente significativo, per la condizione istituzionale del tutto peculiare che le viene riconosciuta in rappresentanza del suo territorio; specificità riconosciuta anche dallo statuto della regione Veneto (cfr. articolo 15 dello statuto);

   in tale contesto normativo, laddove venisse recepita la proposta di soppressione delle sezioni fallimentari, quindi anche in relazione al tribunale di Belluno, come pure la proposta di prevedere la competenza in materia di procedure di allerta/composizione della crisi a favore dei soli organismi di composizione della crisi presso le Camere di commercio, la riforma delle procedure concorsuali e delle crisi si tradurrebbe, per la popolazione bellunese e per tutte le imprese che operano sul territorio, in maggiori oneri e disagi, nel drastico allontanamento del giudice o comunque degli enti decisionali chiamati a pronunciarsi e a provvedere sulle crisi d'impresa e sulle crisi di indebitamento e nella perdita di esperienze specialistiche già maturate;

   inoltre, il regolamento (UE) n. 2015/848, prevede la nozione di «centro degli interessi principali del debitore» da intendersi come luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi; quindi, la competenza territoriale per l'apertura e la gestione delle procedure concorsuali deve essere radicata in capo al tribunale nel cui circondario si trova il «centro degli interessi principali del debitore», coincidente con la sede dell'impresa –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per dare attuazione alla delega di cui alla legge n. 155 del 2017, anche in modo frazionato ai sensi dell'articolo 14, comma 3, della legge n. 400 del 1988, salvaguardando le competenze delle sezioni fallimentari dei piccoli tribunali e in particolare del tribunale di Belluno, al fine di garantire la gestione a livello circondariale delle procedure concorsuali, e tutelando così le numerosissime imprese che operano in zone disagiate, le quali hanno il diritto di vedere valutata e risolta la loro «crisi» davanti ad un giudice del luogo in cui sono concentrate le loro attività ed i loro interessi, in modo abituale e riconoscibili dai terzi.
(4-00269)


   GUERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 4 maggio 2018, si è verificata l'evasione dalla casa circondariale di Lodi di un detenuto di nazionalità marocchina condannato per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, che secondo le prime ricostruzioni approfittando dell'ora d'aria sarebbe riuscito a superare prima il muro che separa il cortile dalla cinta esterna e poi a scavalcare anche questa, con l'ausilio di una fune improvvisata;

   l'episodio, indipendentemente dall'esatta ricostruzione della dinamica (che è all'attenzione degli organi competenti) e dalla circostanza che il detenuto è stato poi rintracciato nell'arco di circa 48 ore dall'evasione, ha suscitato preoccupazione e sconcerto nell'opinione pubblica locale, nonché sollevato forti critiche da parte delle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria, che ripetutamente negli ultimi anni, e ancora recentemente, avevano segnalato gravi carenze di organico e denunciato rischi concernenti la sicurezza;

   in particolare, da tali segnalazioni documentate si apprende che presso la casa circondariale di Lodi sono attualmente in servizio 36 agenti, rispetto ad un organico assegnato di 50 agenti, per una popolazione carceraria di 80 detenuti;

   l'inadeguatezza degli effettivi in servizio impedirebbe la corretta copertura dei turni, esponendo gli agenti a condizioni di forte e continua tensione, pregiudicando anche l'efficace gestione di conflitti e situazioni critiche che si verificano con discreta frequenza tra i detenuti (nel 2017 a Lodi si sono registrati 30 eventi «critici»: 13 atti di autolesionismo, 15 colluttazioni e 2 ferimenti);

   oltre al fabbisogno di agenti non adeguatamente soddisfatto, i sindacati hanno evidenziato anche l'inefficacia del sistema di «vigilanza dinamica» (con particolare riferimento all'apertura delle celle per 12 ore al giorno), introdotto anche a seguito dei rilievi mossi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo su alcuni aspetti che caratterizzano la detenzione carceraria in Italia, in particolare l'insufficiente disponibilità di spazi pro capite;

   per porre rimedio a questo stato di disagio (che si inserisce nel contesto di una generale sottodotazione di effettivi, stimata dai sindacati in alcune migliaia di agenti, a fronte di 360 immissioni in servizio autorizzate con gli ultimi provvedimenti), sono state prospettate misure di intervento quali l'accettazione delle richieste di distacco a Lodi che risultano giacenti, l'assegnazione di neo arruolati già passati dai corsi di formazione e la programmazione di una quota di riserva per Lodi degli agenti e degli assistenti che usciranno dai futuri corsi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, al fine di rafforzare l'organico in servizio presso la casa circondariale di Lodi con l'obiettivo di superare le evidenziate criticità e assicurare la massima sicurezza nella struttura penitenziaria.
(4-00272)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del 18 novembre 2016 è stato indetto un concorso per la selezione di ottocento assistenti giudiziari, area funzionale II, fascia economica F2 nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

   all'esito delle prove selettive la graduatoria pubblicata comprendeva complessivi 4915 idonei, dei quali: 1400 hanno preso servizio presso il Ministero all'esito della procedura selettiva, mentre ulteriori 1420 unità sono state assunte con decreto del Ministro della giustizia del 1° febbraio 2018;

   ad oggi residuano circa 1835 soggetti idonei in graduatoria, molti dei quali in possesso di laurea in discipline di area giuridico-economica e già abilitati all'esercizio della professione forense;

   prima del concorso del novembre 2016 in Italia il turn-over di questa specifica area di dipendenti pubblici era bloccato da molti anni, con conseguenti, inevitabili ed innegabili, carenze di organico in tutti gli uffici giudiziari nazionali;

   il profilo di assistente giudiziario risulta essenziale per il corretto funzionamento degli uffici giudiziari e per l'assistenza ai magistrati sia nei tribunali che negli uffici della procura della Repubblica;

   la graduatoria stilata all'esito del concorso in parola, come previsto dalle norme vigenti, avrà una validità di tre anni a decorrere dalla pubblicazione, e nel corso del triennio si avrà un ingente numero di pensionamenti con ulteriore aggravio della condizione di carenza d'organico negli uffici giudiziari che potrebbe comportare, allo scadere del triennio – come già avvenuto nel mese di dicembre 2017 con l'approvazione di un emendamento alla legge di bilancio 2018 volto a prorogare sino al 31 dicembre 2018 la validità di tutte le graduatorie della pubblica amministrazione in scadenza – la necessità di proroga di un anno della graduatoria del concorso in questione;

   il concorso dopo anni di blocco del turn-over consentirà finalmente quel ricambio generazionale sostanzialmente negato nell'ultimo ventennio ad una intera generazione che ha avuto poche, se non nessuna, possibilità di accedere alla pubblica amministrazione, e comporterà evidenti benefici in termini di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione stessa –:

   se intenda assumere iniziative per consentire lo scorrimento dell'intera graduatoria, permettendo non solo al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi ma a tutti i dipartimenti del Ministero della giustizia di farvi ricorso per colmare gli attuali vuoti in organico che, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, si registrano anche nel dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e nel dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.
(4-00284)


   SILVESTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel Lazio dal 2016 al 2017 l'aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità; il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità, è diventato una questione di sicurezza;

   il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+176); Cassino (+121); Frosinone (+76); Civitavecchia (+62); Rebibbia (+53 per la sezione femminile); Rebibbia (+250); Regina Coeli (+318); Velletri (+139), Latina (+ 51), Rieti (+69);

   le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, sono da ricercarsi, oltre che nel sovraffollamento, principalmente nell'inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;

   a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;

   i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre gli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e che rischiano la propria incolumità personale;

   nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all'apertura di un nuovo padiglione appena completato;

   la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria, che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico e adempie attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza anche al di fuori dell'ambiente penitenziario;

   il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi; addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo il poco personale alla sicurezza delle carceri –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno al personale della polizia penitenziaria;

   quali iniziative ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari un'adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità per le carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;

   in che modo intenda intervenire per tamponare nell'immediato il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici.
(4-00303)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la situazione organica della casa circondariale di Monza è sempre più critica, paradossale e contraddittoria;

  da un lato, la denuncia sindacale, quasi quotidiana, della grave e cronica carenza di personale di polizia penitenziaria in regione Lombardia – e quindi anche nell'istituto monzese – dall'altro il provveditorato regionale per la Lombardia che rileva al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con nota n. 79664 del 2 novembre 2016, le gravi difficoltà in essere nel distretto lombardo, appunto dovute alla gravissima carenza di organico chiedendo al medesimo «pur conscio delle difficoltà di nuove assegnazioni che producano effettivi incrementi, quanto meno, di evitare, o meglio, limitare, i distacchi fuori sede»; sempre il provveditorato regionale per la Lombardia, con successiva nota n. 93056 del 19 dicembre 2016, invita «i Signori Direttori e Comandanti di reparto a operare una razionalizzazione dei posti di servizio, basandosi sul personale effettivamente posto a disposizione e non già sull'organico che “dovrebbe” essere presente», pur riconoscendo che non si può «come ineluttabilmente rischia di succedere, far ricadere sul personale presente gli effetti negativi della carenza di organico»;

   il paradosso è raggiunto con l'utilizzo di tre unità di polizia penitenziaria in Sala Convegno, depauperando ulteriormente l'esiguo numero di personale rimasto a turno;

   in altri termini tre agenti, che oggi lavorano nelle sezioni del carcere di Monza, sono destinati a coprire un servizio che, ancora per un paio di settimane, sarà gestito da una società esterna, con compiti diversi da quelli loro spettanti, come mansioni da barista;

   secondo il Ministero, in regione Lombardia, su 19 istituti di pena, dovrebbero esserci 5.208 poliziotti penitenziari, ma quelli effettivamente presenti sono soltanto 3.779, vale a dire il 30 per cento in meno;

   tale carenza riguarda tutti i livelli: i commissari (previsti 57, presenti 33), gli ispettori (134 invece di 511), i sovrintendenti (116 invece di 529) e soprattutto gli agenti (3.496 su un fabbisogno accertato di 4.111);

   è assurda, a parere dell'interrogante, l'attuale situazione che vede gli istituti penitenziari lombardi contendersi e sottrarsi tra loro gli agenti per tamponare le necessità e tappare i buchi e, al contempo, gli agenti medesimi ridotti all'osso e costretti a rinunciare a riposi e ferie accumulando ore ed ore di straordinari –:

   se e quali urgenti iniziative intenda adottare per porre fine a quanto esposto in premessa, a cominciare dall'utilizzo di personale in servizi non istituzionali.
(4-00343)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con comunicazione del 20 aprile 2018 Domino Multiservice ha aperto una procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223 del 1991 per 11 lavoratori impiegati presso l'impianto di Trenitalia OMC (ex OGR) di Bologna per effetto della soppressione da parte della committente Trenitalia spa di tutte le attività in appalto ivi svolte per la chiusura dell'impianto di via Casarini a Bologna prevista per il 30 giugno 2018;

   dopo un primo incontro del 9 maggio 2018 – in data 16 maggio 2018 l'azienda e le organizzazioni sindacali hanno riscontrato il venir meno delle condizioni per poter raggiungere un accordo in sede sindacale –:

   se siano a conoscenza della procedura di licenziamento collettivo sopra ricordata e se intendano assumere una iniziativa nei confronti di Trenitalia spa per la tutela dei livelli occupazionali a fronte della cessazione dei servizi in appalto.
(5-00029)


   RIZZETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, FERRO, FIDANZA, FRASSINETTI, GEMMATO e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la procedura negoziata, ai sensi dell'articolo 63, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo n. 50 del 2016, per l'affidamento del servizio di vigilanza antincendio occorrente all'Asst della Valle Olona, ad avviso degli interroganti è stata indetta in contrasto con la normativa in materia;

   al riguardo, si fa presente che l'importo a base d'asta relativo a detta procedura è pari a complessivi euro 1.401.600,00 (euro 701.300,00 per l'opzione di rinnovo per ulteriori 6 mesi);

   il criterio prescelto per l'affidamento è quello del massimo ribasso; tuttavia, il servizio in questione, per l'espletamento del quale sono oggi impiegati trentotto addetti, ricade nei «servizi ad alta intensità di manodopera», come definiti all'articolo 50, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016, «nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto»;

   l'articolo 95, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 dispone che «fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative-relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all'articolo 96»;

   inoltre il medesimo articolo, al comma 3, dispone che «Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo: a) i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a)»;

   ciò premesso, emerge che la procedura negoziata utilizzata dalla Asst Valle Olona, prevedendo erroneamente l'utilizzo del criterio del massimo ribasso, pare agli interroganti essere stata indetta in violazione dei dettami dei predetti articoli del decreto legislativo n. 50 del 2016 in materia di appalti, e, pertanto, è opportuno disporne l'immediata sospensione –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative per rendere più stringente la disciplina in materia di appalti riducendo la discrezionalità delle stazioni appaltanti in merito alla individuazione delle procedure e dei criteri per l'espletamento delle gare e per l'aggiudicazione degli affidamenti, nonché implementando i controlli in modo da evitare il ripetersi di casi come quello richiamato in premessa.
(5-00030)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIGLIO VIGNA, ZOFFILI, MOLINARI, GIACCONE, CAFFARATTO, BENVENUTO, PETTAZZI, MACCANTI, LIUNI, TIRAMANI, GASTALDI, BOLDI, MORELLI, ANDREA CRIPPA e RIXI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel marzo 2018 sono stati avviati i lavori di rinnovamento del tunnel del monte Bianco, su una porzione di 555 metri di galleria, tra il sesto e il settimo chilometro; i lavori prevedono un importante intervento di risanamento della soletta dell'impalcato che sorregge la carreggiata e divide la parte utilizzata dai veicoli dal condotto di aerazione e dai vani tecnici sottostanti;

   dai media si apprende che i cantieri sono stati organizzati in maniera tale da operare principalmente in orario notturno e di riaprire l'infrastruttura ogni mattina, «garantendo la sicurezza del personale di cantiere e degli utenti del traforo», con 27 notti di interruzione della circolazione e cinque mattine di domeniche, nonché 2 interruzioni prolungate da 30 ore e mezza ciascuna, a cavallo tra domenica e martedì, per un totale di 385 ore di traffico interrotto, tra marzo e giugno;

   la società di gestione del tunnel raccomanda agli utenti di informarsi preventivamente sulle condizioni di agibilità del traforo;

   tuttavia, le chiusure continue e improvvise del traforo creano disagi alla popolazione locale, ai pendolari e ai turisti. Inoltre, sulla «Stampa d'Aosta» del 21 aprile 2018, il presidente della regione Valle d'Aosta ha lanciato l'allarme di una possibile chiusura del traforo del monte Bianco per almeno 2 anni, per lavori di rifacimento della volta, al di là del rifacimento della soletta, prefigurando il rischio di un lungo stop alla circolazione tra Italia e Francia;

   infatti, sembra che, per rispettare i sempre più stringenti standard di sicurezza, si renda necessario, a medio termine, intervenire anche sulla volta della galleria lunga oltre 11 chilometri. La questione è da tempo sul tavolo del Geie-Tmb, l'organismo italo-francese che gestisce il traforo; riportano i media che, nella discussione, qualcuno è andato anche oltre, manifestando il timore che la lunga chiusura del tunnel del monte Bianco possa diventare definitiva, magari su pressione di amministratori locali francesi o degli ambientalisti transalpini;

   la necessità dei lavori sulla volta viene confermata anche da fonti riconducibili alla Società italiana traforo del monte Bianco (Sitmb), che, tuttavia, precisa l'improbabilità dell'ipotesi della chiusura biennale del tunnel, considerando anche il danno economico che ne conseguirebbe;

   il problema si sovrappone all'annosa questione della «seconda canna», ovvero dei lavori di raddoppio del traforo, lavori per i quali la Sitmb prevede un orizzonte temporale di almeno tre anni; l'esecuzione dei lavori di rifacimento della volta in successione ai lavori del raddoppio della galleria eviterebbe l'interruzione della circolazione;

   sull'ipotesi del raddoppio della galleria si è espresso per l'ennesima volta anche il consiglio comunale di Chamonix, con un giudizio negativo definendo il progetto come «inaccettabile, in quanto in netta contraddizione con tutti gli sforzi fatti da numerosi anni dal territorio per limitare l'impatto delle attività umane sulla salute e l'ambiente e costruire uno sviluppo sostenibile locale» –:

   se il Ministro sia al corrente delle continue chiusure del traforo del monte Bianco che comportano ingenti disagi a cittadini locali, pendolari e turisti e come il Governo intenda risolvere la prospettata chiusura del traforo per un periodo lunghissimo di due anni, anche in considerazione della contrarietà del consiglio comunale di Chamonix al raddoppio della galleria.
(4-00259)


   SEGNERI e GERARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è dal mese di dicembre 2017 che alcuni lavori di messa in sicurezza del viadotto Anxur stanno interessando il tratto iniziale della strada statale 699, meglio conosciuta come Frosinone-Mare;

   i lavori si sono prolungati ben oltre le previsioni iniziali e dovevano terminare entro fine marzo 2018, ma ad oggi il tratto non è ancora tornato percorribile e non è ancora chiara la data precisa di riapertura della strada;

   l'interruzione sta provocando pesanti disagi a cittadini, pendolari, studenti, costretti a percorrere strade alternative con carreggiate ridotte e inadeguate per immettersi sulla superstrada, e alle tante attività commerciali del territorio;

   il vice presidente di Confcommercio Lazio sud è intervenuto, molto preoccupato, affermando che le infrastrutture di un territorio sono la base primaria per un'economia produttiva e che il «malfunzionamento» provoca alle attività notevoli danni economici;

   secondo quanto riportato dalla stampa l'Anas spa sarebbe in ritardo con i lavori a causa di non meglio precisati problemi burocratici e di maltempo;

   ad oggi sembrerebbe che i tempi di riapertura della superstrada siano slittati ulteriormente forse a fine maggio 2018;

   gli amministratori locali hanno manifestato molte preoccupazioni relative alle incognite dipendenti dall'Anas spa; per questo motivo stanno coinvolgendo le istituzioni a diverso livello, per richiedere la risoluzione immediata della situazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative intenda assumere affinché l'Anas spa si adoperi per la conclusione degli interventi;

   per quali motivazioni Anas spa non abbia ancora terminato i lavori;

   quali siano, con certezza, i tempi di riapertura della strada statale 699.
(4-00265)


   TRANCASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dalla stampa locale, la galleria Valnerina, inaugurata a fine 2013, è stata chiusa fino a data da destinarsi per «criticità rilevate nella soletta»;

   a distanza di meno di quattro anni dalla sua inaugurazione la galleria necessiterebbe di interventi tanto importanti da dover essere chiusa al traffico, ma ad oggi non è chiaro quali siano i danni riscontrati dai tecnici dell'Anas, le cause e il tipo di lavori necessari per ripristinare la viabilità in quel tratto;

   il protrarsi di tale situazione sta comportando, oltre ad un incremento del carico dei veicoli e soprattutto di Tir sul vecchio itinerario, con ulteriori flussi di traffico pesante sia nel centro urbano di Terni che nelle frazioni, con ricadute negative sulla qualità della vita dei residenti e con un evidente pregiudizio per la stessa sicurezza stradale, anche gravi disagi per i lavoratori pendolari e danni all'economia delle due province, con particolare riferimento alle numerose mete turistiche raggiungibili da un lato e dall'altro della predetta galleria;

   dubbi sulla soluzione costruttiva adottata erano stati sollevati con la prefettura, già all'indomani dell'apertura dell'opera, da un ingegnere reatino, Luciano Pitoni, secondo cui la soluzione adottata per la realizzazione del tunnel contrastava con le tecniche dell'Anas, che prevede le vie di fuga di sicurezza al lato della galleria principale;

   in particolare, come si legge nella nota inviata alla prefettura «la soluzione adottata per la galleria Valneriana è meno costosa, sotto il punto di vista costruttivo, delle altre richiamate nelle Circolari ANAS, ma richiederà frequenti interventi di verifica per monitorare e controllare gli ancoraggi di tutti i tiranti in acciaio che sostengono il solaio in cemento. È logico domandarsi cosa accadrebbe se qualcuno di questi tiranti non dovesse più svolgere correttamente la sua funzione»;

   nella lettera di riscontro, l'Anas garantiva una progettazione «realizzata con elevati standard di sicurezza» e che i tiranti dell'ancoraggio della soletta erano stati «tutti singolarmente testati fino al carico di collaudo», e la struttura «progettata per garantire le sue prestazioni statiche anche in caso di collasso di più tiranti»;

   rilievi erano stati avanzati anche dall'interrogante e dal sindaco di Rieti che in una nota del 23 aprile 2018, mostrando preoccupazione per i numerosi disagi causati dal protrarsi della chiusura del tratto viario tra il capoluogo sabino e Terni, chiedevano all'Anas un incontro per accertare «le reali condizioni, tempistiche e interventi programmati per riattivare i normali collegamenti tra i due territori»;

   nonostante i numerosi disagi che la chiusura del tunnel sta causando lungo le strade interne e nei piccoli centri abitati, dove è tornato l'incubo dei mezzi pesanti, con evidenti pericoli per la circolazione stradale e il rischio di inquinamento acustico ed atmosferico, ad oggi non è chiaro quali saranno i tempi di apertura della galleria –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se non ritenga opportuno chiarire la effettiva situazione relativa alla messa in sicurezza della galleria Valnerina, e cosa intenda fare, per quanto di competenza, per assicurarne la riapertura immediata al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini.
(4-00268)


   FIDANZA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo n. 222 del 2016 sono state apportate alcune modifiche al testo unico per l'edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

   in particolare, con tale decreto legislativo è stato introdotto l'articolo 6-bis in materia di comunicazione di attività libera asseverata, precedentemente disciplinata dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;

   tale articolo sta comportando difficoltà di interpretazione sia per le amministrazioni comunali che per i professionisti del settore, a causi dei seguenti motivi:

    a) il comma 1 dell'articolo 6-bis riporta testualmente: «Gli interventi non riconducibili all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22, sono realizzabili previa comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione competente»; la congiunzione «anche» invece di produrre semplificazione sta generando complicazione, e alcuni comuni interpretano nel senso della necessità di una doppia comunicazione, cartacea e «anche» telematica, vanificando del tutto lo spirito di semplificazione della norma;

    b) il comma 3 recita: «Per gli interventi soggetti a CILA, ove la comunicazione di fine lavori sia accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale, quest'ultima è tempestivamente inoltrata da parte dell'amministrazione comunale ai competenti uffici dell'Agenzia delle entrate»; in questo caso le amministrazioni comunali interpretano la parte del testo «(...) ove la comunicazione di fine lavori sia accompagnata (...)» estendendo a comunicazione di fine lavori, normata nel dettaglio all'articolo 15 per il permesso di costruire (Pdc) e all'articolo 23 per la segnalazione certificata d'inizio attività anche alla comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) che si ricorda essere una comunicazione e non un titolo abilitativo;

    c) lo stesso comma 3 è di fatto inapplicabile nella parte «(...) accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale», posto che non esiste alcuna norma che disciplini la prescritta documentazione, determinando, di fatto, l'inapplicabilità di tale comma; si specifica che ad oggi per aggiornare la planimetria catastale è necessaria un'attività da parte di un professionista abilitato, che attraverso la procedura «Docfa» prepara l'elaborato e presenta la variazione all'Agenzia del territorio, la quale dopo un processo di verifica e controllo registra o rifiuta l'elaborato;

    d) l'articolo 6-bis non specifica quali siano le modalità per la presentazione di varianti in corso d'opera nel caso di Cila –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per chiarire se con la comunicazione telematica della comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) si debba escludere la riproduzione degli stessi documenti anche in forma cartacea;

   se si intendano assumere iniziative per chiarire se la comunicazione di fine lavori per la Cila debba essere presentata solo al fine di ottenere la variazione catastale da parte dell'amministrazione comunale (procedura attualmente non disciplinata);

   se il Governo intenda adottare iniziative per integrare quanto stabilito al comma 3 del citato articolo 6-bis per dare attuazione alla procedura con cui il committente invece di registrare la variazione tramite il catasto, la comunica al comune che poi a sua volta la comunica al catasto, procedura che non sembra all'interrogante poter produrre semplificazione e minor costo per l'erario ed il contribuente;

   se si intendano assumere iniziative per integrare l'articolo 6-bis, disciplinando le modalità di denuncia delle varianti in corso d'opera anche per le Cila.
(4-00285)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la linea ferroviaria Bologna-Porretta, denominata Porrettana, è una infrastruttura di importanza strategica e primaria per l'area montana dell'intero Appennino bolognese. Di tale tratta si servono quotidianamente centinaia di pendolari che si recano al lavoro nelle zone centrali della città metropolitana di Bologna;

   tale linea, purtroppo, appare sistematicamente oggetto di disservizi, guasti e disfunzioni, quali soppressione frequente di corse senza alcun preavviso, con notevoli ritardi accumulati specialmente in orari di lavoro;

   con l'ultima ondata di maltempo del marzo 2018, tra l'altro, si sono verificati notevoli disagi a causa di una frana verificatasi nella zona di Marano, situazione che ha costretto Rete ferroviaria italiana (Rfi) a intervenire in situazione di emergenza con un servizio sostitutivo di pullman che, tuttavia, è risultato solo parziale;

   risale al maggio 2016 l'annuncio relativo all'accordo siglato tra regione Emilia-Romagna, Rfi, Trenitalia Spa e Tper Spa per un programma di interventi volti a migliorare e potenziare il servizio su questa tratta con investimenti pari a circa 9 milioni di euro da realizzarsi in un paio di anni. Alcune azioni sarebbero già in fase avanzata, come quelle relative al miglioramento dei servizi e della loro accessibilità, al pre-riscaldamento dei treni, agli interventi sulle centraline di riscaldamento oltre all'attivazione (già avvenuta) di due nuovi treni, il tutto per un totale di 5 milioni di euro. Gli altri 4 milioni di euro dovrebbero essere destinati a interventi presso le principali stazioni della linea dove sono previsti nuovi marciapiedi, arredi, ascensori e una nuova illuminazione –:

   a che punto siano i lavori di riqualificazione e se siano previsti ulteriori interventi e investimenti lungo la Porrettana rispetto a quelli citati in premessa;

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per promuovere il rinnovo completo dell'intero parco mezzi e con quali tempistiche;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per arginare i fenomeni di dissesto idrogeologico che spesso compromettono la funzionalità e l'efficienza della tratta stessa.
(4-00287)


   MOLINARI, GUSMEROLI, LIUNI, GIGLIO VIGNA, PATELLI, PETTAZZI, CAFFARATTO, MACCANTI, BENVENUTO, GIACCONE, BOLDI e TIRAMANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi cinque anni le strade statali nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola versano in uno stato di completo abbandono, senza ricevere alcun tipo di manutenzione ordinaria o straordinaria;

   nel medesimo stato di abbandono versano anche le strade provinciali, soprattutto a seguito della cosiddetta riforma Delrio, in base alla quale sono stati decurtati i fondi destinati alle province;

   il 1° aprile 2018 si è verificata una frana sulla strada statale 337 in Val Vigezzo, che ha provocato due morti, con la conseguente chiusura del tratto ancora non agibile;

   esiste un progetto dell'Anas, che prevede un intervento di 70 milioni di euro per la messa in sicurezza della strada 337 in Val Vigezzo, confermato dai dirigenti Anas nel recente vertice svoltosi in prefettura, a seguito della tragedia del 1° aprile 2018;

   tuttavia, i tempi tecnici dell'Anas per la realizzazione del predetto progetto, che a seguito della frana potrebbe necessitare di ulteriori modifiche e costi, sono compresi tra il 2022 ed il 2026; sono tempi incompatibili con l'urgenza di far fronte al problema in un territorio di confine che basa la sua economia sul turismo e sull'attività dei frontalieri;

   intanto, continuano gli smottamenti sulla strada provinciale di Bognanco, sulla Cannobina e quella della Valle Anzasca, mentre la strada statale del Sempione, che collega il nostro Paese con la Svizzera, evidenzia tratti percorribili ad una sola corsia;

   anche nella provincia di Novara, in corrispondenza con la statale 33 del Sempione, nella zona di Borgoticino, è stato sospeso il cantiere dei lavori di realizzazione della variante;

   l’iter per il passaggio della gestione delle strade provinciali all'Anas in Piemonte è fermo per assenza di fondi –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo affinché vengano con urgenza apportati i necessari e adeguati interventi di manutenzione delle strade statali nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola e nella provincia di Novara, in modo da poterne garantire la percorrenza in sicurezza da parte della popolazione ed evitare la congestione su importanti collegamenti viari, in particolare quelli citati in premessa, il cui cattivo stato ostacola la viabilità tra l'Italia e la Svizzera.
(4-00295)


   MOLTENI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   per oltre sette mesi, e precisamente dal 10 settembre 2017, la circolazione sulla strada statale 340-Regina, in località Argegno, è regolata da un semaforo a senso unico alternato, a causa di una frana che ha comportato il crollo di un muro e ha bloccato parte della carreggiata;

   da allora, l'Anas non ha rimosso i soli 50 metri cubi di materiale caduto sulla statale e solo alla fine del mese di aprile 2018 sono stati appaltati i lavori di messa in sicurezza;

   l'Anas ha informato che dalla sera del 21 maggio e per due settimane la strada resterà totalmente chiusa, in orario notturno, dalle ore 20,30 alle ore 5,30 del giorno successivo; l'ordinanza non avrà effetto nei soli giorni di sabato 26 e domenica 27 maggio 2018, per agevolare il traffico turistico della zona;

   l'Anas non ha accolto le richieste provenienti da cittadini, operatori turistici, associazioni di categoria e amministratori locali che chiedevano un diverso orario di chiusura notturna della strada, dalle ore 22 alle ore 5 del giorno successivo;

   la decisione è stata presa unilateralmente dall'Anas, e in particolare dal responsabile dell'area compartimentale Lombardia che, secondo i quotidiani locali, avrebbe sentito esclusivamente il responsabile del coordinamento territoriale nord-ovest, sempre dell'Anas;

   da quanto riporta il Corriere di Como del 20 maggio 2018, sembra che il motivo del mancato prolungamento dell'orario diurno di percorribilità della statale, anche se a senso unico alternato, sia il prolungamento dei lavori di una settimana che inciderebbe sul prezzo dell'appalto;

   secondo i dati del monitoraggio effettuato dalla polizia locale della Tremezzina, tra le 5 e le 5,30 dei giorni feriali, sono almeno 200 le auto che attraversano Argegno, in entrambi i sensi di marcia, e tra le 20 e le 23, lungo lo stesso tratto stradale, i veicoli in transito sono in media almeno 4.500, tra quelli di lavoratori, pendolari, studenti e persone che rientrano da Como e Milano;

   la decisione dell'Anas crea enormi disagi ai cittadini, e soprattutto agli imprenditori della zona, perché costringe loro ad un percorso alternativo con un largo giro e un allungamento dei tempi di circa un'ora e mezza, che crea costi elevati e ingenti danni all'economia locale –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere con estrema urgenza iniziative affinché l'Anas riveda l'orario di chiusura notturna della strada statale 340-Regina, in località Argegno, e siano accolte le istanze degli operatori turistici, delle associazioni di categoria e degli amministratori locali, per un orario di chiusura notturna della strada dalle ore 22 alle ore 5 del giorno successivo, che riduce in maniera consistente gli inevitabili danni all'economia della zona.
(4-00308)


   DAVIDE CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'ottobre 2017 si è inaugurata una nuova zona commerciale sita a Oleggio (Novara), lungo via Verbano;

   al fine di garantire la messa in opera delle strutture in questione, il comune di Oleggio, con numero di pratica 2017/COM 109, ha adottato il provvedimento conclusivo del procedimento;

   in tale documento emerge come la società proponente abbia depositato presso il comune in data 3 ottobre 2017, prot. 4425/2017 una comunicazione di viabilità provvisoria riferita a via Santo Stefano, una delle vie di accesso alla zona commerciale;

   sempre dal provvedimento conclusivo del procedimento, dal quale non si rilevano dati circa la fine di questa situazione, si apprende che la comunicazione di viabilità provvisoria sarebbe stata depositata in attesa che l'Anas rilasciasse l'autorizzazione alla viabilità di propria competenza a seguito del piano convenzionato ed oggetto di relazione di impatto della viabilità, documento quest'ultimo allegato all'istanza iniziale di autorizzazione commerciale;

   non si hanno notizie circa il rilascio da parte dell'Anas dell'autorizzazione alla viabilità;

   al momento, passati quasi 7 mesi dall'apertura del centro commerciale, la situazione resta invariata, con la viabilità riferita allo stesso, a quanto consta all'interrogante, regolata tramite segnaletica emergenziale di cantiere fornita dalla società proprietaria del lotto in questione, la Edi.Co s.r.l. con sede legale in via San Valentino n. 2, Roma;

   da segnalazioni della cittadinanza oleggese arrivano notizie preoccupanti di incidenti automobilistici, fortunatamente non gravi, dovuti alla sopracitata segnalazione di emergenza –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto in premessa;

   se l'autorizzazione alla viabilità di competenza dell'Anas sia stata rilasciata e, nel caso, se si intenda renderne disponibile copia.
(4-00309)


   LUCA DE CARLO e TRANCASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il decreto 12 febbraio 2018 ha sancito la «Determinazione della tariffa di iscrizione all'albo dei componenti delle commissioni giudicatrici e relativi compensi»;

   con tale decreto è stato fissato il compenso minimo e massimo dovuto a ciascun componente della commissione giudicatrice;

   nonostante il testo del decreto ministeriale preveda che «i compensi spettanti ai singoli componenti delle commissioni sono determinati con riferimento all'oggetto del contratto», l'allegato A del decreto, che contiene il dettaglio degli importi dovuti, fissa il compenso minimo per ciascun commissario in almeno tremila euro per qualunque importo posto a base di gara;

   il codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, all'articolo 77, relativo alla Commissione giudicatrice, dispone che «la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico è affidata ad una commissione giudicatrice, composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l'oggetto del contratto (...) costituita da un numero dispari di commissari, non superiore a cinque»;

   dal combinato disposto delle due previsioni normative riportate appare evidente che in ciascuna procedura di gara la spesa minima fissa per la commissione giudicatrice è di almeno novemila euro cui vanno aggiunte le spese di trasferta, stimabili in ulteriori duemila euro ove si consideri che i Commissari possono venire da tutt'Italia, costringendo le stazioni appaltanti ad inserire nel quadro economico una spesa di circa undicimila euro per qualunque importo messo a gara;

   questo, di fatto, determinerà il blocco delle gare al di sotto di cinquecentomila euro, perché in base alla normativa europea le spese generali, nelle quali rientrano le spese per le commissioni, non possono superare il dodici per cento degli importi a base di gara, e le stazioni appaltanti sono tenute a rispettare questo limite per non incorrere nel rischio di procurato danno erariale;

   le gare di importo inferiore a cinquecentomila euro sono i tre quarti di tutte quelle sopra i quarantamila euro;

   per rispettare i limiti tariffari dei componenti le commissioni, le stazioni appaltanti saranno costrette a comprimere le altre voci di spesa incluse nelle spese generali, quali rilievi, accertamenti e indagini, progettazione, centrale di committenza, coordinamento della sicurezza, conferenze di servizi, direzione lavori, assistenza e contabilità, assicurazione dei dipendenti, attività di consulenza o di supporto, accertamenti e verifiche tecniche previste dal capitolato speciale d'appalto, collaudi;

   è di tutta evidenza che più sarà basso l'importo messo a gara più tali spese per corrispondere i dovuti compensi ai commissari;

   i compensi previsti si risolveranno quindi in un danno enorme soprattutto per i comuni di piccole e medie dimensioni, i cui appalti spesso sono di importo modesto;

   il citato articolo 77 del codice dei contratti pubblici con riferimento alle spese relative alla commissione prevede che nel decreto ministeriale siano inserite esclusivamente «la tariffa di iscrizione all'albo e il compenso massimo per i commissari», e non la tariffa minima, la cui determinazione non risponde quindi ad un'esigenza di legge;

   dei sessantaquattro provvedimenti previsti per l'attuazione del codice, dopo oltre due anni dalla sua pubblicazione, ne sono stati varati appena ventisette, vale a dire meno della metà –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di risolvere la problematica di cui in premessa e scongiurare il rischio di un blocco dell'aggiudicazione degli appalti nei comuni di piccole e medie dimensioni, ritornando alla lettera della norma del decreto legislativo n. 50 del 2016, laddove dispone che sia fissato solo un compenso massimo;

   se il Governo non ritenga di assumere con sollecitudine le iniziative di competenza per adottare tutti i provvedimenti attuativi del codice dei contratti pubblici, al fine di consentire la piena operatività dello stesso.
(4-00312)


   ZANOTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'incremento degli scambi commerciali con i Paesi comunitari ed extracomunitari ha determinato l'aumento del numero di imprese e dei relativi veicoli che esercitano l'attività di trasporto di merci su strada in territorio italiano;

   in conseguenza della particolare congiuntura economica, l'autotrasporto italiano ha denunciato uno stato di crisi anche cagionato da un aumento della concorrenza estera, che opera a costi ridotti, pur in presenza di una rilevante quantità di trasporto stradale nazionale;

   si rende necessario intensificare l'attività di controllo sulle imprese estere, affinché sia garantita la legittimità delle operazioni di trasporto internazionale e la correttezza dei rapporti di concorrenza;

   la prevenzione e l'accertamento degli illeciti previsti dalla legge 6 giugno 1974, n. 298, in riferimento all'esercizio abusivo dell'autotrasporto e ai trasporti effettuati senza licenza o autorizzazione (articoli 26 e 46), spettano agli ufficiali e agenti di polizia e ai funzionari incaricati del servizio di polizia stradale, reparto della polizia di Stato;

   accade sempre più frequentemente che le forze di polizia in carico agli enti locali, impegnate sul territorio extra autostradale nell'accertamento delle violazioni delle norme di circolazione stradale, si trovino a svolgere attività di controllo sulla legittimità dei trasporti di merci su strada, sulle attività di autotrasporto internazionale o di cabotaggio senza per questo trarre alcun provento dalla sanzione contestata;

   l'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, al comma 1, prevede che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni delle norme di circolazione richiamate nel medesimo codice della strada siano devoluti allo Stato quando le violazioni siano accertate da agenti dello Stato, ovvero alle regioni, alle province e ai comuni quando gli accertamenti avvengano da parte di agenti dei rispettivi enti locali –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative necessarie affinché i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni degli articoli 26 e 46 della legge 6 giugno 1974, n. 298, siano devoluti alle regioni, alle province e ai comuni qualora le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni medesimi.
(4-00336)


   MONTARULI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la sera del 23 maggio 2018 si è verificato un tragico incidente che ha coinvolto un treno e un autoarticolato che trasportava container sulla linea ferroviaria Torino - Ivrea - Aosta;

   l'incidente ha causato il decesso del macchinista del treno e dell'autista del furgone di scorta che viaggiava insieme all'autoarticolato anticipandone il passaggio, nonché il ferimento di altre ventitré persone;

   il tragico incidente sembra essere dipeso dal malfunzionamento del passaggio a livello che avrebbe dovuto bloccare il traffico dei mezzi pesanti;

   la linea ferroviaria in questione è già stata interessata in passato da numerose interruzioni di servizio a causa di guasti tecnici, l'ultimo dei quali si è verificato nel mese di gennaio 2018 –:

   di quali informazioni disponga circa lo stato della tratta ferroviaria di cui in premessa, se siano pervenute segnalazioni circa il malfunzionamento dei passaggi a livello da parte dei gestori del servizio e quali provvedimenti siano stati conseguentemente adottati;

   quali iniziative intenda assumere per garantire la sicurezza nel trasporto ferroviario, troppo spesso interessato da tragici incidenti che ogni anno costano la vita a decine di persone.
(4-00342)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un servizio di Rai 3 del 12 ottobre 2016 ha messo in evidenza la pericolosità del percorso pedonale sul «Ponte Grande» di Carate Brianza, che collega Carate con la frazione di Costa Lambro, Besana Brianza e gli altri comuni verso Nord;

   il ponte è stato inaugurato nel 1908 e il passaggio pedonale, non protetto e adiacente alle carreggiate, non corrisponde ai requisiti minimi di sicurezza, mettendo in pericolo la vita dei cittadini;

   nonostante le dimensioni ridotte, che non permettono l'incrocio di due persone, i cittadini, e in particolare le persone anziane, sono costretta a percorrere il ponte, specialmente nei giorni di pioggia, in quanto la via alternativa è lunga circa un chilometro e piena di salite e discese per l'attraversamento del fiume Lambro;

   il percorso diventa obbligatorio anche per le persone disabili che, giornalmente, per poter raggiungere il centro fisioterapico, sono costrette ad attraversare il ponte dalla parte delle carreggiate, in mezzo a macchine e camion, poiché il passaggio è a tal punto stretto da non permettere il transito di una carrozzella;

   la protesta dei cittadini perdura dal 2013, con raccolte di firme, manifestazioni di protesta e appoggio delle associazioni dei consumatori;

   i cittadini locali hanno anche individuato possibili soluzioni, come quella di togliere un marciapiede e ripristinare, nel rispetto delle norme di sicurezza, quello del senso opposto, ma tale soluzione richiederebbe una perizia tecnica sulla stabilità della struttura; altre soluzioni proposte prevedono la riqualificazione di altri passaggi vicini oppure la costruzione di un ponte nuovo esclusivamente pedonale; tuttavia, quello che appare agli interroganti un «rimpallo» di responsabilità tra comune e provincia ha sempre impedito qualsiasi intervento;

   la provincia di Monza-Brianza ha avviato il progetto Bridge Management System, che prevede il controllo preventivo e l'ispezione di un numero complessivo di 146 ponti e manufatti di competenza provinciale, allo scopo di programmare eventuali successivi interventi in brevissimo tempo; purtroppo, tale progetto non include il «Ponte Grande» di Carate Brianza che invece necessita di un intervento strutturale urgente, come testimoniato da numerose iniziative della popolazione documentate dagli organi di stampa –:

   se il Governo intenda attivarsi, per quanto di competenza, per promuovere una verifica sul rispetto delle norme tecniche per la sicurezza del «Ponte Grande» di Carate Brianza e individuare possibili soluzioni per l'incolumità dei cittadini, anche assumendo iniziative per prevedere le risorse finanziarie occorrenti allo scopo;

   se non si ritenga opportuno, a tal fine, attivare un tavolo di confronto tra i tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quelli della regione e degli enti locali competenti, per evitare possibili incidenti che si potrebbero aggiungere agli ultimi incidenti relativi a crolli di ponti e cavalcavia di strade provinciali e statali, che hanno provocato anche la perdita di vite umane.
(4-00346)


   MOLINARI, GIACCONE, GASTALDI, CAFFARATTO, BENVENUTO, MACCANTI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, LIUNI, TIRAMANI, PATELLI, PETTAZZI e BOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il progetto approvato con delibera del Cipe n. 80/2006 prevedeva il collegamento della linea alta velocità/alta capacità con la linea storica Genova-Torino per mezzo di un collegamento denominato Shunt Torino che si connetteva ad ovest di Novi Ligure;

   a dicembre 2017 il Cipe ha stanziato quasi 2,4 miliardi di euro per completare entro il 2022 il progetto alta velocità/alta capacità terzo valico dei Giovi. Il comitato governativo ha contestualmente approvato l'eliminazione dello Shunt Torino, la bretella che era destinata a collegare il terzo valico con la linea per Alessandria;

   questa variante, «interconnessione di Novi Ligure alternativa allo Shunt», che risparmia 7 chilometri di linea destinata a passare su un terreno agricolo, se da una parte rappresenta un vantaggio in termini economici (anche se non di grande rilievo visto che costa 42 milioni di euro in meno su un'opera che vale 6,2 miliardi di euro) e comporta una minore occupazione di suolo (con una riduzione di circa il 60 per cento di superficie da espropriare) e una riduzione dei volumi di scavo (760 mila metri cubi), dall'altra solleva molti problemi legati al transito sulla vecchia linea ferroviaria storica nel centro di Novi Ligure di tutti i treni merci ad alta velocità provenienti dal porto di Genova;

   una delle criticità sollevate riguarda le conseguenze negative sull'ecosistema: da un'analisi di impatto ambientale compiuta dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale emerge che l'ambito interessato dalla variante presenta un elevato tasso di biodiversità e si teme una frammentazione ecologica all'interno di questo sistema agro naturale forestale;

   un altro grande problema è legato all'inquinamento, sia acustico sia atmosferico, che graverebbe sui cittadini di Novi Ligure. Si ritiene infatti che il nuovo panorama ipotizzato, per quanto riguarda i due aspetti in questione, sia ragionevolmente peggiorativo rispetto alla situazione attuale, tenendo soprattutto in considerazione che verranno aggiunti ulteriori transiti, e per questo sembra necessaria una mappatura della situazione urbana attuale per poter calcolare le eventuali ripercussioni negative;

   il progetto di variante sembra inoltre rendere impossibile il completamento del piano esecutivo convenzionato (Pec), da una parte per l'imposizione del vincolo espropriativo diretto su molte aree immediatamente interessate dalle nuove opere ferroviarie in variante, e dall'altra per vincoli indiretti, connessi ai corridoi e alle servitù gravanti sulle aree laterali alla nuova linea ferroviaria;

   i cittadini di Novi Ligure si dicono molto preoccupati anche per le ripercussioni sulla viabilità, che verrebbe interrotta in più punti nell'area urbana, creando disagi per l'aumento esponenziale del flusso di auto che confluirebbero sulle uniche vie alternative agibili –:

   se il Governo abbia avuto modo di valutare gli effetti negativi sulla cittadinanza della variante «interconnessione di Novi Ligure alternativa allo Shunt» in termini di aumento dell'inquinamento acustico e atmosferico, di impatto sull'ecosistema e di disagi per l'interruzione della viabilità;

   se il Governo, alla luce delle analisi di impatto ambientale e delle numerose criticità sollevate per l'impossibilità di completare il piano esecutivo convenzionato (Pec), nonché delle proteste da parte dei cittadini di Novi Ligure, non ritenga opportuno riconsiderare la validità e l'importanza di una bretella che colleghi il terzo valico con la linea per Alessandria, assumendo iniziative per il finanziamento dello Shunt Torino.
(4-00347)


   RIBOLLA, INVERNIZZI, BELOTTI e FRASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici della motorizzazione civile di Bergamo versano in una situazione organizzativa di forte criticità, dopo la sospensione dal servizio di tre funzionari sottoposti ad indagini giudiziarie ed il pensionamento nell'ultimo decennio di una quindicina di dipendenti;

   la grave carenza di organico, infatti, rischia di impedire lo svolgersi degli esami di guida sia teorici che pratici agli allievi di tutte le autoscuole della provincia, oltre che provocare disagi a tutta la comunità bergamasca per i ritardi nella revisione dei mezzi di autotrasporto e degli autobus, nel rilascio di duplicati di carte di circolazione e patenti;

   il 16 maggio 2018, una settantina di titolari di autoscuole della bergamasca, sulle 120 totali, hanno manifestato dinanzi alla motorizzazione civile di Bergamo, in segno di protesta contro tali rallentamenti oramai cronici;

   come riportato da alcuni articoli di stampa locale, i tempi di attesa dal foglio rosa all'esame di guida si attestano oramai intorno ai cinque mesi, invece dei tradizionali due e mezzo;

   a titolo di esempio, a febbraio 2018 si è registrata, una riduzione del numero di esami del 22 per cento rispetto al fabbisogno, numero salito al 49 per cento a marzo ed al 57 per cento ad aprile 2018 –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano celermente adottare per risolvere la situazione di cui in premessa, al fine di garantire all'utenza tempi ragionevoli di attesa.
(4-00348)


   BENIGNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni mesi, gli uffici della motorizzazione di Bergamo versano in una situazione organizzativa di disagio a causa di una carenza di organico tale da non poter garantire lo svolgersi degli esami di guida sia teorici che pratici, agli allievi delle autoscuole di Bergamo e della provincia, secondo le esigenze necessarie;

   lo stato di disagio è aumentato a seguito dei recenti fatti di cronaca che hanno visto sottoposti ad indagini giudiziarie alcuni funzionari che sono stati sospesi dal servizio;

   la situazione descritta, più volte riportata dalla stampa locale e in particolare dall’Eco di Bergamo, sta provocando un gravissimo pregiudizio a tutta la comunità bergamasca, anche a causa dei ritardi nelle revisioni dei mezzi per l'autotrasporto e degli autobus e nel rilascio di duplicati delle carte di circolazione e delle patenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di disagio degli uffici della motorizzazione di Bergamo;

   quali iniziative per quanto di competenza, intenda adottare per garantire servizi efficienti ai cittadini di Bergamo e alle aziende di trasporto che si avvalgono regolarmente della motorizzazione.
(4-00349)


   DARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2018 della delibera del Cipe del 10 luglio 2017, n. 42, relativa alla «Linea ferroviaria AV/AC Milano – Verona. Tratta Brescia – Verona lotto funzionale Brescia Est – Verona (escluso Nodo di Verona)», previa registrazione dalla Corte dei conti in data 1° gennaio 2018, è stato dato il via libera ai lavori di costruzione della tratta della linea ferroviaria ad alta velocità – alta capacità – Brescia-Verona, che prevede un costo di 2,5 miliardi di euro;

   il Cipe, su parere della Commissione Via speciale del Mattm, ha ritenuto di subordinare tale decisione ad una numerosa serie di «prescrizioni» e «raccomandazioni», come da allegato 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2018, che al punto 18. a, prevedono; «Prima dell'inizio dei lavori, aggiornare e integrare le valutazioni idrogeologiche (anche per quanto attiene ai livelli di falda oggi presenti nelle aree di interesse), con dettaglio commisurato alla complessità stratigrafica e tettonica, ricostruendo le curve isopiezometriche ed estendendo l'area di studio ad un intorno significativo lungo il tracciato, per descrivere adeguatamente la situazione esistente e definire le soluzioni progettuali delle opere e, con particolare riferimento alle trincee e gallerie, verificare che le stesse non possano ostacolare i deflussi delle falde o favorire fenomeni di depauperamento della risorsa, approfondendo il tema del bilanciamento degli impatti» al riguardo si specificano misure e accorgimenti;

   sono previsti due lotti costruttivi: il primo, con un costo di 1892 milioni di euro e il secondo con un costo di 607 milioni di euro;

   i lavori partiranno dalla galleria di Lonato, e continueranno con le contestate gallerie di Colle Baccotto e della Madonna del Frassino Est ed Ovest, e altre due gallerie Paradiso e San Giorgio; sarà direttamente interessata la viabilità di Ponti sul Mincio e di Peschiera;

   come evidenziato dalla delibera del Cipe, la galleria progettata a nord di Castiglione nell'ambito del progetto di alta velocità ferroviaria Brescia-Verona potrebbe costituire un rischio per le falde acquifere che alimentano oltre 100 mila abitanti, come emerge da uno studio geologico commissionato da Sisam, gestore attraverso la propria controllata Sicam degli acquedotti dell'Alto Mantovano; ma anche Rete ferroviaria italiana nei propri allegati alla progettazione definitiva parla della necessità di procedere con tutela, trattandoci di una zona di estrema vulnerabilità;

   la galleria è infatti un traforo a doppia canna, lungo 7 chilometri e 371 metri, che scenderà sino a 40 metri sotto il piano campagna traforando le colline moreniche;

   proprio la zona morenica, costituita dagli antichi depositi di ghiaia portati dalle glaciazioni, è da sempre caratterizzata da un'alta vulnerabilità; in tale zona l'acqua piovana e le irrigazioni scendono velocemente fra la ghiaia del terreno e formano la prima falda; al di sotto, in depositi sabbiosi, si trova la seconda falda, alimentata dal bacino del lago di Garda, che fornisce acqua purissima da sempre, che non subisce trattamenti ed alimenta tutta l'alta pianura mantovana e viene distribuita dalle reti d'acquedotto Sicam, raggiungendo circa 100 mila persone, come già ricordato;

   i comitati contrari alla costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità/Alta capacità hanno annunciato ulteriori iniziative legali contro il progetto –:

   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, per verificare che, in considerazione della situazione di gravissima vulnerabilità idrogeologica della zona, siano valutati con precisione i rischi connessi alla costruzione della «mega» galleria sotto le colline moreniche, alla realizzazione dei previsti grandi lavori di sbancamento, alla interruzione delle falde, a possibili mescolamenti di prime e seconde falde, a effetti drenanti;

   se intendano intervenire allo scopo di fare chiarezza sui punti critici del progetto Tav Brescia-Verona, anche fornendo gli opportuni elementi alla popolazione e garantendo l'efficacia delle soluzioni previste, al fine di evitare il depauperamento delle falde e la loro possibile alterazione.
(4-00353)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   le aziende del comparto del trasporto aereo stanno vivendo una crisi che continua inesorabilmente da anni e che ha avuto drammatiche conseguenze in termini occupazionali, provocando licenziamenti e taglio dei salari;

   nel corso del 2017, per stigmatizzare il susseguirsi delle crisi aziendali nel settore aereo e per chiedere una riforma complessiva del settore, con l'apertura di un vero contratto nazionale applicabile ai lavoratori di tutte le aziende, sono stati indetti una serie di scioperi nel trasporto aereo che hanno coinvolto Alitalia, la Sea di Milano, Meridiana e aeroporti di molte città italiane;

   la scorsa legislatura è stata presentata dal primo firmatario del presente atto l'interrogazione n. 4-15647 in cui si sottolineavano le problematiche riscontrate costantemente in tutti gli aeroporti nazionali: l'annuncio di Sea di Milano di procedere a nuovi licenziamenti, la disdetta da parte delle principali aziende di handling dei contratti integrativi vigenti, come Aviation Services a Bologna, o comunque l'applicazione in maniera riduttiva dei principi della clausola sociale;

   questa situazione, sommata ad un'assenza di regole precise, alla svendita ingiustificata di asset strategici per gli interessi nazionali e ad una imponente crisi occupazionale, ha impedito alle aziende nazionali di competere a pari condizioni con quelle estere: perché ciò accada è necessario che ci siano regole uguali per tutti gli operatori, dai contratti alle tutele sociali, passando per lo statuto dei lavoratori, senza tralasciare la garanzia della sicurezza –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per affrontare, anche dal punto di vista normativo, le problematiche relative al settore aereo in maniera complessiva ed esaustiva, al fine di limitare gli effetti drammatici della crisi occupazionale che ha interessato le aziende del comparto e di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese.
(4-00366)


   MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'interno - dipartimento di pubblica sicurezza prot. 300/A/2689/18/105/20/3 del 30 marzo 2018 in risposta ad una richiesta ai chiarimenti da parte della prefettura di Arezzo, ha affermato che non si può marciare né sostare su strade pubbliche o aperte al pubblico con veicoli immatricolati non revisionati o privi di assicurazione per la responsabilità civile auto (Rca) propria e quindi anche nel caso in cui vi sia apposta la targa «prova»;

   in caso di violazione si rischia una sanzione di 849 euro se l'assicurazione è scaduta da oltre 30 giorni (594,30 euro con lo sconto per chi paga entro 5 giorni) o di 212,25 se si riattiva dopo il 15° giorno ma non oltre il 30° (148,58 se si paga entro 5 giorni);

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001, dispone (articolo 1, comma 1) che «L'obbligo di munire della carta di circolazione (...) i veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche (...), dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento, non sussiste per i seguenti soggetti se autorizzati alla circolazione di prova ai sensi del presente articolo»;

   la normativa elenca, oltre ai costruttori di veicoli, di pneumatici e agli istituti universitari ed enti di ricerca che conducono sperimentazione sui veicoli, anche i concessionari, i commercianti autorizzati e gli autoriparatori;

   in base a quanto richiamato i concessionari, rivenditori e autoriparatori in possesso di targa prova non sono obbligati a immatricolare una macchina che circola per esigenze di prova;

   la Motorizzazione civile, con una circolare applicativa del 2004 (prot. n. 4699/M363 del 4 febbraio 2004), ha precisato che: «i veicoli che circolano su strada per esigenze connesse con prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento, non devono essere muniti della carta di circolazione e quindi possono non essere targati, ma provvisti di un'autorizzazione per la circolazione di prova»;

   quello della circolazione di prova dei soli veicoli non immatricolati, è un principio che è stato ribadito recentemente dal tribunale civile di Vicenza (sezione II, sentenza del 22 febbraio 2016): «Il veicolo già targato, anche se circola per esigenze di prova, a scopo dimostrativo o per collaudo, non può esibire la targa prova e, se lo fa, degli eventuali danni derivanti dalla circolazione risponderà l'assicuratore del veicolo e non quello della targa prova»;

   quindi ci si trova di fronte a questa fattispecie: se la macchina non è immatricolata può circolare con la targa di prova, qualora fosse immatricolata invece si è a rischio di sanzione e comunque la targa di prova non copre né dalla mancata revisione né dall'assenza di assicurazione;

   l'interpretazione addotta dalla polizia stradale pone in estrema difficoltà autoriparatori e rivenditori che necessitano di continui spostamenti dei veicoli per fini lavorativi, limitandone in questo modo, l'operatività e la possibilità di svolgere a pieno la loro attività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di fare definitivamente chiarezza circa la criticità emersa, consentendo ad autoriparatori e rivenditori di poter svolgere il proprio lavoro in base a quanto già previsto dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 2001.
(4-00367)


   FUGATTI, VANESSA CATTOI, BINELLI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i pendolari che viaggiano regolarmente sul treno regionale che parte alle 5,25 dalla stazione di Porta Nuova diretto a Trento e Bolzano, vivono regolarmente gravi disagi dovuti alla sosta forzata nella stazione di Domegliara in cui i passeggeri sprovvisti di titolo di viaggio sono costretti a scendere;

   la situazione, che si verifica praticamente ogni giorno, sta diventando intollerabile: solo pochi giorni fa la Polfer è intervenuta per far scendere dal convoglio una cinquantina di passeggeri extracomunitari che viaggiavano senza biglietto e che tentavano di proseguire fino a Trento;

   le sistematiche «discese forzate» provocano inevitabili ritardi, fino anche ad un'ora e mezza, e altri problemi; a catena, i problemi si ripercuotono su tutta l'affollata linea ferroviaria del Brennero esasperando i passeggeri. I cittadini che utilizzano il treno quotidianamente per motivi di studio e di lavoro sono costretti a continui ritardi;

   il fenomeno è noto a Trenitalia, così come è noto alla Polfer, ma le azioni messe in atto finora, inclusa la presenza a rotazione di squadre antievasione a bordo dei treni, non sono servite come deterrente e il treno mattutino continua ad essere affollato, da persone prive di titolo di viaggio e quasi nella totalità dei casi prive di regolare permesso di soggiorno –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto, per quanto di competenza, per arginare un fenomeno che si registra con una frequenza a dir poco preoccupante sul treno regionale mattutino proveniente da Verona e diretto a Trento, e che crea continui disagi ai passeggeri regolarmente muniti di biglietto che utilizzano il treno come mezzo di spostamento per motivi di studio o di lavoro, anche prevedendo forme di controllo obbligatorio del titolo di viaggio, ad esempio con l'introduzione di tornelli, nelle stazioni di partenza.
(4-00372)


   STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 si è svolta la selezione per la concessione trentennale degli scali di Reggio Calabria e Crotone e la gara è stata vinta dalla Società aeroportuale calabrese (Sacal), società che gestisce anche lo scalo internazionale di Lamezia;

   dopo che la Filt-Cgil ha ottenuto con ordinanza emessa dal giudice del lavoro di Lamezia Terme 10 gennaio 2018 il piano industriale di Sacal, ha verificato che la gestione degli scali stava avvenendo in modo completamente difforme da quanto espressamente dichiarato in sede di partecipazione al bando di gara. La Filt-Cgil ha presentato idonea documentazione comprovante la difformità delle attestazioni prodotte al momento della gara rispetto a quanto poi Sacal, nella qualità di società aggiudicataria, era obbligata a fare relativamente all'occupazione, agli investimenti, alla struttura organizzativa degli scali, all'applicazione delle stringenti normative nazionale ed europee sulla sicurezza dei voli e degli scali. Inoltre, la Filt-Cgil ha segnalato che la Sacal, senza applicare il piano industriale con il quale ha partecipato e vinto la gara per la concessione trentennale degli scali di Reggio e Crotone, ha predisposto un nuovo e diverso piano industriale per i due aeroporti;

   sempre da quanto sottolineato da parte della Filt-Cgil Calabria, gli avvisi di selezione pubblica per il reclutamento di personale certificano che non ci sono contratti a tempo indeterminato e che la Sacal ha vinto la gara con un piano industriale che prevedeva 45 assunzioni, ma ne ha assunto solo 34 di cui 18 ex SoGAS spa, 10 ex Service e 6 esterni, facendo venir meno uno dei fattori vincolanti per l'aggiudicazione della gara –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti e quali siano gli orientamenti del Governo in merito, con specifico riferimento alla gestione del bando di gara per la concessione trentennale degli scali;

   se intendano assicurare, per quanto di competenza, iniziative volte a fronteggiare la crisi occupazionale, con specifico riguardo ai lavoratori coinvolti.
(4-00373)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ORFINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da un video-servizio realizzato da La Repubblica e pubblicato il 15 maggio 2018 sul sito del quotidiano on line, nella sezione della cronaca romana, si apprende che membri appartenenti al clan Casamonica continuerebbero ad occupare e utilizzare immobili, per i quali sono stati emessi decreti di sequestro e/o di confisca;

   oltre al video-servizio, nella cronaca di Roma del quotidiano La Repubblica del 16 maggio 2018 è pubblicato un reportage dal quale si apprende che vi sarebbero immobili già trasferiti allo Stato per effetto di sentenze e provvedimenti del tribunale di Roma a carico del clan Casamonica e, tuttavia, tali immobili sarebbero a tutt'oggi abitati da membri appartenenti alla famiglia;

   in particolare, il reportage riferisce di un immobile situato in via Tuscolana, 1221, oggetto di decreto di sequestro a carico di Angelo Casamonica, che resterebbe tuttora occupato dallo stesso Angelo Casamonica e dalla sua famiglia. La medesima situazione riguarderebbe un altro immobile sito in via Rocca Bernarda che, secondo quanto riferito, è stato sequestrato due anni fa e che, in tutta evidenza, risulterebbe ancora abitato;

   nella stessa via Rocca Bernarda, presso un altro immobile oggetto di sequestro da quattro anni, sarebbero in corso lavori di ristrutturazione commissionati da membri della famiglia Casamonica;

   infine, la stessa situazione riguarderebbe un immobile in via Capri, oggetto di un decreto di sequestro emesso cinque anni fa nei confronti di Guerrino Casamonica –:

   se le vicende riportate nel video-servizio e nel reportage pubblicati dal quotidiano La Repubblica corrispondano all'effettivo stato dei fatti e quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di assicurare piena attuazione ai provvedimenti di sequestro e/o di confisca emessi dal tribunale di Roma nei confronti dei soggetti coinvolti.
(3-00014)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa si apprende che circa quaranta agenti di custodia della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Montorio (Verona) sono candidati alle elezioni comunali del 10 giugno 2018 nei comuni di San Mauro di Saline e Borgofranco sul Po in provincia di Mantova;

   si tratta di piccoli comuni con meno di 1000 abitanti, dove non è necessario raccogliere firme per presentare le liste;

   la compilazione di queste ultime, pur non presentando profili di illegittimità, mostra delle evidenti anomalie: a Borgofranco sul Po, nella lista «Passi nel futuro», presentata da un poliziotto di Montorio, compaiono molti candidati residenti a Vago di Lavagno, Zevio, San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona e tre residenti a Bologna. Inoltre, i candidati di tale lista sono nati in provincia di Potenza, di Foggia, Bari, Agrigento, Lecce e persino a Stoccolma. Su dieci candidati, sette lavorano come poliziotti della polizia penitenziaria nella casa circondariale di Montorio;

   anomalie ancora più evidenti si riscontrano nella lista «Alba chiara» a San Mauro di Saline che è interamente composta da agenti di custodia della polizia penitenziaria di Montorio compreso il candidato sindaco;

   la stessa lista è stata presentata in diverse tornate elettorali in alcuni comuni con meno di 1000 abitanti;

   l'articolo 81 della legge n. 121 del 1998 permette ai poliziotti di candidarsi e stabilisce che: «gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile. Essi comunque non possono prestare servizio nell'ambito della circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati alle elezioni, per un periodo di tre anni dalla data delle elezioni stesse»;

   attualmente sono 40 i poliziotti di Montorio in aspettativa elettorale retribuita, su 300 in servizio effettivo: chi è rimasto al lavoro affronta un carico di otto ore per turno, anziché sei, rischia di saltare il riposo o di rientrare dalle ferie per coprire i turni lasciati dai colleghi candidati in campagna elettorale;

   tale pratica sembrerebbe diffusa in molte altre regioni –:

   se non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, anche nel piano normativo, al fine di coniugare il diritto di candidatura con il rispetto degli impegni derivanti dal ruolo svolto nel pubblico impiego, in considerazione della riduzione di personale conseguente alla candidatura, a tutela della sicurezza e della situazione dell'intero personale in servizio costretto ad affrontare un carico superiore di lavoro.
(5-00024)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da notizie di stampa (Gazzetta di Parma del 9 maggio 2018) lo scorso 18 aprile, Paolo Signifredi ritenuto il «commercialista» del boss di ‘ndrangheta Nicolino Grande Aracri, testimone chiave e collaboratore di giustizia nel processo Aemilia in corso a Reggio Emilia, risulta essere stato aggredito in modo brutale da tre uomini a volto scoperto mentre rientrava da una visita medica nell'alloggio assegnatogli nella località che avrebbe dovuto essere segreta nell'ambito del programma di protezione per chi collabora con la giustizia;

   Signifredi non è un semplice pentito: è lui l'uomo chiave su cui ruotano le accuse di ben quattro processi in corso a Catanzaro e a Brescia e le sue dichiarazioni sono al vaglio di diverse procure e di ben quattro procure distrettuali antimafia; egli ha collaborato per diversi anni con la cosca dei Grande Aracri, facendo da prestanome per l'acquisizione di numerose società in difficoltà finanziaria da parte dell'associazione mafiosa di cui era di fatto diventato il contabile di fiducia per le operazioni al Nord;

   il corollario di tale aggressione è stata la richiesta-minaccia decisamente esplicita al Signifredi di rettificare le dichiarazioni rese nei processi;

   desta grande allarme e preoccupazione il fatto che il collaboratore di giustizia sia stato individuato nonostante la sua nuova identità e i continui spostamenti in località che avrebbero dovuto essere protette: risulta che già negli ultimi anni il pentito avesse denunciato «segnali inquietanti» e per questo aveva richiesto di rinforzare la sua scorta durante i suoi spostamenti –:

   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;

   quali siano i suoi orientamenti in merito al verificarsi di una tale falla nel sistema di protezione e come sia stata possibile la pubblicazione sui giornali della fotografia di una persona sottoposta a programma di protezione;

   se non ritenga di assumere iniziative, nel rigoroso ambito delle sue competenze, per verificare la correttezza delle procedure e vigilare sulla protezione e sulla tutela che va garantita ai chi collabora con lo Stato.
(4-00257)


   BENVENUTO, MOLINARI, MACCANTI, PETTAZZI, PATELLI, CAFFARATTO, TIRAMANI, GUSMEROLI, LIUNI e GIACCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in questi anni il villaggio olimpico Ex Moi di Torino è stato al centro di accese polemiche a seguito delle occupazioni abusive susseguitesi negli anni che hanno portato, a causa della mancanza di un'azione incisiva ed efficace da parte dell'amministrazione comunale, a una situazione di gravissimo e preoccupante degrado della struttura e della zona circostante;

   già nel 2013, la prima palazzina venne occupata abusivamente da circa 200 immigrati il cui numero, nel giro di solo un anno, arrivò a ben 1200, accampati in tre palazzine e nelle cantine dello stabile;

   nel dicembre del 2014, il giudice per le indagini preliminari di Torino, Luisa Ferracane, ne dispose il sequestro preventivo e lo sgombero;

   nuovamente, ben due anni dopo, ossia nel 2016, l'attuale sindaco di Torino, all'indomani della propria elezione, dichiarò che nell'autunno di quello stesso anno le palazzine occupate sarebbero state sgomberate definitivamente;

   ancora nella primavera dell'anno successivo il problema non era stato risolto, tanto che venne firmato un progetto tra comune, regione, diocesi e compagnia San Paolo per promuovere uno «sgombero dolce» accompagnato ad un sistema di inclusione sociale che prevedesse anche l'inserimento lavorativo degli occupanti e l'assegnazione agli stessi di una casa;

   dunque, il 20 novembre 2017 iniziò il percorso di «sgombero dolce» della prima palazzina relativamente alla parte sotterranea dei garage e delle cantine e, al fine di non far accedere più nessuno alla struttura, vennero installate dalle forze dell'ordine delle grate in acciaio;

   quel giorno 100 migranti vennero collocati in diverse strutture cittadine;

   tuttavia, qualche giorno dopo, precisamente il 24 novembre 2017, gli immigrati presenti nello stabile scesero in strada in segno di protesta, bloccando la viabilità cittadina e scatenando una vera e propria guerriglia urbana;

   nonostante il grande e meritevole impegno delle forze dell'ordine, nei giorni successivi gli stessi immigrati arrivarono ad innalzare delle barricate riuscendo nell'intento di fermare, quindi, il progetto di sgombero;

   il 10 dicembre 2017 a causa di atti vandalici e intimidatori contro l'ufficio del project manager che si trovava al piano terra di una delle palazzine olimpiche, lo stesso è stato costretto a chiudere, potendo riaprire solo una settimana dopo;

   qualche giorno dopo la sua riapertura, il project manager venne aggredito a pugni da due immigrati, l'ufficio fu chiuso definitivamente e il progetto sospeso;

   a marzo 2018 sono riprese le occupazioni abusive dello stabile e degli immigrati sono tornati ad occupare gli scantinati già chiusi a novembre dalle forze dell'ordine;

   l'attuale sindaco di Torino ha pertanto desistito dal progetto di sgombero dell'area e interrotto il piano di inclusione sociale a causa della troppa resistenza da parte dei migranti;

   il nuovo progetto, ideato recentemente, per risolvere la grave situazione creatasi nel villaggio olimpico Ex Moi punterebbe ad un modello di housing sociale all'interno delle palazzine e quindi, una settimana fa ha riaperto, lontano dalle palazzine, l'ufficio del project manager con l'intento di provare ad attuare tale progetto –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto indicato in premessa e di quale sia attualmente la situazione del villaggio olimpico Ex Moi di Torino e progetti in itinere per lo stesso;

   quali iniziative abbia promosso o intenda promuovere, per quanto di competenza, al fine di risolvere il grave problema di degrado in cui versa la struttura e, conseguentemente, l'intera zona in cui è ubicata;

   se non ritenga opportuno, al fine di ristabilire le opportune condizioni di legalità e sicurezza, assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire all'immediato sgombero dello stabile.
(4-00258)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sicurezza sta aggravandosi anche ad Olgiate Comasco, altro comune lombardo investito dalla crescita delle attività criminali;

   il 15 maggio 2018, il quotidiano locale La Provincia ha dato notizia di un ultimo, sconcertante, episodio, che ha visto protagonisti dei ladri, introdottisi di notte in una villetta circondata da un ampio giardino in località Somaino, allo scopo di rubare;

   il colpo, avvenuto nella notte del 12 maggio, fruttava ai malfattori, entrati nell'autorimessa della proprietà, l'acquisizione illegittima di una Fiat Panda, di attrezzi da giardino, di un sacco di patate, di acqua e persino di una ciotola per cani;

   il garage è stato completamente ripulito, prima che i ladri si allontanassero alla guida della Panda rubata e caricata della refurtiva rimanente;

   i proprietari hanno scoperto l'effrazione e la sottrazione di beni solo al risveglio;

   appena una settimana prima, nello stesso orario, altri ladri, o forse gli stessi, avevano svaligiato la vicina concessionaria Azzurrauto, rubando ben cinque automobili;

   la situazione dell'ordine pubblico nelle ore notturne ha determinato l'attivazione locale del controllo di vicinato, ma gli episodi si susseguono egualmente –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata ad Olgiate Comasco;

   per quali motivi il Governo non provveda ad incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella provincia comasca.
(4-00270)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   si registrano con una frequenza ormai preoccupante episodi di violenza sui treni ai danni del personale viaggiante: solo la settimana scorsa, a distanza di poche ore, due operatori di Trenord sono stati aggrediti a Lambrugo e Carimate;

   non è tollerabile che i capitreno corrano quotidianamente il rischio di subire atti di violenza e delinquenza nello svolgimento del proprio lavoro;

   la prima aggressione è avvenuta sulla linea Asso-Erba-Milano ai danni di un capotreno di 46 anni, picchiato da un gruppo di passeggeri rimproverati dall'uomo perché impedivano la chiusura delle porte di un vagone e la seconda aggressione è avvenuta sulla tratta Chiasso-Como-Milano allorché un passeggero dominicano cinquantenne ha schiaffeggiato una giovane capotreno di 22 anni che esigeva il titolo di viaggio di cui era sprovvisto;

   il personale dipendente che svolge con professionalità il proprio lavoro a bordo dei convogli e i cittadini che utilizzano un servizio essenziale come quello del trasporto ferroviario sono esasperati dalla costante minaccia alla propria sicurezza e chiedono risposte chiare e decise;

   la regione Lombardia ha avanzato anche l'ipotesi di prevedere militari in servizio scorta sui convogli per assicurare un intervento chiaro dello Stato a supporto del lavoro di sorveglianza già previsto ma purtroppo non sufficiente a garantire condizioni di sicurezza accettabili sia per il personale viaggiante che per i cittadini: nel 2017, in Lombardia, la polizia ferroviaria ha impiegato 30 mila pattuglie nelle stazioni e oltre 8 mila a bordo treno, mentre Trenord ha implementato il suo personale di sicurezza, arrivato a 90 agenti;

   alla luce della crescita esponenziale degli episodi di violenza consumati all'interno dei convogli ferroviari da parte di passeggeri ai danni del personale dipendente delle compagnie ferroviarie, quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in atto per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza del personale impegnato nel proprio lavoro sui treni, anche implementando i servizi di videosorveglianza e sperimentando nuove forme di controllo attraverso telecamere digitali che possano essere utilizzate da capitreno e controllori durante il servizio;

   se il Governo non ritenga opportuno convocare un tavolo di confronto coinvolga tutti i soggetti interessati al fine di valutare l'ipotesi di prevedere la presenza di militari in servizio di scorta a bordo dei treni a supporto degli agenti della Polfer e di Trenord, per garantire maggiori condizioni di sicurezza al personale viaggiante e ai cittadini.
(4-00274)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'interno vuole costruire nella città di Palermo un centro di primo soccorso e accoglienza per i migranti che sbarcano al porto di Palermo. Si tratterebbe di una struttura temporanea, prevista per due anni e dovrebbe sorgere nei pressi del quartiere Zen, vicino al Velodromo, in un'area confiscata, in pieno verde storico. Il progetto costerà 7,2 milioni di euro e nella delibera giunta in consiglio comunale tale struttura è definita «hotspot», anche se la prefettura e sindaco di Palermo, sostengono che il centro avrà una finalità diversa;

   lo stesso sindaco di Palermo ha più volte dichiarato la propria contrarietà al centro, così come hanno fatto anche diverse forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, mentre le autorità centrali continuano a sottolineare l'importanza di accogliere i migranti in una struttura adeguata, anziché al porto o al quartiere San Lorenzo;

   il centro sarà costituito da tendostrutture e moduli prefabbricati e occuperebbe un'area di 10.800 metri quadrati. Qui dovrebbero sorgere una struttura da 400 posti letto a moduli da 10, presidio medico, uffici, servizi igienici, luogo di culto e mense. La tendostruttura per l'accoglienza avrà 200 posti a sedere, poi ce ne saranno altre due per un totale di 120 posti;

   tale struttura servirà alla pre-identificazione dei migranti, al foto segnalamento e alle visite mediche. I migranti sbarcati dovrebbero solo transitare in questa nuova struttura, per essere poi trasferiti in centri a lunga permanenza. Il parere degli uffici tecnici del comune è però negativo sia per l'indeterminatezza del tempo di permanenza della struttura, sia perché l'area individuata ricade all'interno di una più vasta area vincolata paesaggisticamente, in base a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 42 del 2004;

   a parere dell'interrogante continuare ad affrontare il tema dell'immigrazione attraverso la costruzione di centri cosiddetti di accoglienza non serve a risolvere le emergenze e troppo spesso ne crea di nuove, con il rischio concreto che in tali strutture si verifichino violazioni sistematiche dei diritti fondamentali della persona, come la privazione delle libertà individuali, la mortificazione delle persone ed episodi di violenze, come dimostrano i dossier sulle violenze subite dai migranti nell’hotspot di Lampedusa;

   sarebbe invece necessario un ripensamento complessivo del sistema di accoglienza che riconosca il diritto alla mobilità, un principio che la città di Palermo ha fatto proprio; essa giudica il «modello hotspot» una violazione palese dei diritti umani ed incompatibile con lo spirito della «Carta di Palermo» –:

   se il Governo intenda specificare la natura giuridica del centro che si prevede di costruire a Palermo, se si tratti di un hotspot, di un Centro di accoglienza straordinario (Cas), o altro, e se i richiedenti asilo accolti in tale struttura avranno la libertà di muoversi una volta terminate le procedure di identificazione;

   se la tendostruttura sia una struttura adeguata ad assicurare ai migranti un'accoglienza dignitosa, in particolare nei mesi estivi ed invernali;

   come si intenda evitare che la presenza di un centro di queste dimensioni, in un quartiere di periferia ad alta marginalità sociale, possa determinare un peso ulteriore per un territorio su cui servirebbero altri tipi di investimenti;

   se il Governo, stante la manifesta contrarietà dell'amministrazione comunale all'apertura del centro, non ritenga di evitare di procedere in tal senso, essendo Palermo una città che ha già dato prova di essere disponibile all'accoglienza quando questa è rispettosa dei diritti umani, delle libertà civili e della dignità della persona;

   se il Governo intenda confermare il carattere temporaneo della struttura, considerato anche che l'ammontare di 7,2 milioni di euro previsto per la realizzazione della stessa appare all'interrogante una cifra decisamente sproporzionata per un'opera temporanea.
(4-00277)


   FIDANZA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di San Zenone al Lambro (MI) ha 4.496 abitanti e, secondo lo «Schema di protocollo per un'accoglienza equilibrata, sostenibile e diffusa dei richiedenti la protezione internazionale» siglato tra il Ministro dell'interno pro tempore e i sindaci della città metropolitana di Milano attualmente in vigore, dovrebbe ospitare dodici richiedenti asilo;

   in realtà, il centro di accoglienza straordinario gestito dalla Fondazione S. Francesco presso il territorio di San Zenone al Lambro, nella vecchia struttura alberghiera dell'ex Hotel Ambra, ad oggi parrebbe ospitare 175 persone, ma in passato ne ha ospitate più di 200;

   tale situazione, negativa sia per gli ospiti della struttura che per il territorio, è stata più volte segnalata e denunciata dai sindaci del territorio alla prefettura di Milano;

   l'ex hotel Ambra si trova peraltro a ridosso della strada statale 9 (via Emilia), e gli ospiti si muovono sull'intero territorio del sud-est milanese e soprattutto nel comune di Melegnano;

   i richiedenti asilo ospitati dalla struttura sono stati più volte causa di disordini all'interno della struttura che hanno comportato l'intervento dei carabinieri, e in più occasioni hanno bloccato e interrotto il traffico veicolare sulla strada statale 9 via Emilia causando disagi;

   da ultimo, in data 25 marzo 2018, un ospite del centro di accoglienza, cittadino della Costa D'Avorio, ha aggredito con un pugno alla testa un operatore della struttura, poi ricoverato in ospedale in gravi condizioni;

   il centro di accoglienza straordinario di San Zenone al Lambro rappresenta il fallimento di un modello di accoglienza che scarica sui comuni un'emergenza sociale che le amministrazioni comunali da sole non sono in grado di gestire –:

   se sia in programma, come auspicabile, la chiusura del centro di accoglienza straordinario di San Zenone al Lambro, la cui situazione di sovraffollamento è diventata ormai ingestibile;

   in caso contrario, quali iniziative intenda porre in essere per ripristinare legalità, decoro e sicurezza nella struttura e in tutta l'area limitrofa che da troppo tempo subisce situazioni di degrado ormai insostenibili.
(4-00281)


   FIDANZA e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a sud della città di Milano, in particolare nei quartieri di Rogoredo e Porto di Mare del municipio 4, sono presenti due vaste aree verdi tristemente note come i «Boschetti della droga», facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici e a due passi dalla stazione ferroviaria di Milano Rogoredo, importante snodo per il traffico locale;

   negli ultimi cinque anni le attività di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti a cielo aperto si sono aggravate, facendo di Rogoredo e Porto di Mare le piazze di spaccio di droga più grandi del Nord Italia;

   sono centinaia ogni giorno i consumatori di droga che frequentano queste aree, la maggior parte dei quali sotto i trentanni;

   la droga più venduta è l'eroina ed è a basso costo (una dose può costare anche 2,50 euro);

   gran parte degli spacciatori di sostanze stupefacenti sono cittadini nordafricani e diversi di loro vivono nelle due aree verdi in baracche improvvisate, autovetture abbandonate e tende;

   il degrado e l'illegalità provocati dallo spaccio e consumo di droga dilagano nei centri abitati dei quartieri di Rogoredo, Santa Giulia, Porto di Mare e Corvetto: si registrano furti, aggressioni a scopo di scippo e rapina, danni alle auto in sosta, siringhe per la dose abbandonate sui marciapiedi, nei giardini e nelle aree di gioco per bimbi;

   le vaste aree verdi dette «Boschetti della droga» sono abbandonate da oltre dieci anni ed in attesa di riqualificazione;

   il comune di Milano ha affidato all'associazione «Italia Nostra» la gestione e la pulizia dell'area verde di Porto di Mare (accesso da via Fabio Massimo e via Sant'Arialdo), con lo scopo di rimuovere i rifiuti;

   i residenti dei quartieri di Rogoredo, Santa Giulia e Porto di Mare hanno manifestato più volte nell'ultimo anno contro illegalità, degrado e spaccio di droga, e tra loro continuano a crescere l'esasperazione e la percezione d'insicurezza;

   ad oggi mancano seri e massicci interventi contro lo spaccio di sostanze stupefacenti nelle due aree –:

   quali interventi di ordine pubblico intenda promuovere per riportare la legalità e il decoro nelle aree degradate dei «Boschetti della droga» di Rogoredo e Porto di Mare, contrastando lo spaccio di droga e l'immigrazione clandestina che lo alimenta;

   se non ritenga opportuno promuovere, per tramite della prefettura di Milano, la costituzione di una task force operativa con il comune di Milano e la società Rete ferroviaria italiana al fine di mettere in sicurezza l'area, rendendola inaccessibile agli spacciatori e consentendo così gli interventi di riqualificazione necessari per restituire alla cittadinanza queste importanti zone verdi.
(4-00283)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo i residenti della zona universitaria di piazza Verdi e di via Petroni, nel pieno centro di Bologna, segnalano la situazione di invivibilità a causa delle feste abusive che sistematicamente vanno in scena pressoché ogni fine settimana, e in particolare con l'arrivo della primavera e del caldo, con rumori molesti, musica alta, vendita abusiva di alcoolici e spaccio di droghe;

   da fonti stampa si apprende dell'ennesima notte d'inferno trascorsa dai residenti, con il martellante rumore di tamburi fino alle 4 del mattino, tanto che gli stessi, che hanno documentato il tutto anche con video registrati con cellulare, hanno deciso di segnalare quanto accaduto alla Questura;

   negli ultimi anni, la stampa locale ha ampiamente reso conto della situazione. Piazza Verdi appare come una sorta di «zona franca» dove nel fine settimana le feste abusive e altamente rumorose si ripetono, con vendita di alcoolici e droghe e con controlli che, purtroppo, appaiono carenti anche per mancanza di sufficiente personale;

   lo stesso prefetto, di recente, ha dichiarato alla stampa la volontà di voler avviare «una seria riflessione anche sulle capacità di intervento su serate come queste», sottolineando l'evidente «complessità, per gli operatori delle forze dell'ordine, di arrivare a utilizzare gli strumenti classici della gestione dell'ordine pubblico per cose che, almeno in partenza, non lo sono»;

   ancora, secondo il prefetto, va avviata una riflessione sulle possibilità di intervento, evitando «che ci siano a volte dei fraintendimenti nelle telefonate dei cittadini su chi deve intervenire»; una criticità questa più volte segnalata proprio da coloro che vivono nella zona, che spesso hanno dovuto telefonare più volte e a numeri diversi per chiedere un intervento;

   purtroppo la zona universitaria è diventata, in numerosi casi, teatro di episodi preoccupanti sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico come risse, aggressioni e rapine anche in pieno giorno come testimoniano, ancora, i numerosi articoli apparsi sulla stampa locale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative urgenti intenda assumere in relazione a quanto indicato in premessa;

   stanti le difficoltà oggettive di intervento, segnalate anche dal prefetto, se si intenda valutare, con tempestività, di incrementare il numero delle forze dell'ordine, predisponendo altresì un piano di controllo specifico e continuativo nel tempo per la zona stessa.
(4-00288)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Tar di Milano ha accolto il ricorso presentato dall'Associazione Assalam in merito all'utilizzo del capannone di sua proprietà sito in via Milano a Cantù, che potrà conseguentemente ospitare i riti connessi alla celebrazione del Ramadan;

   Assalam è una delle cinque associazioni islamiche che avevano chiesto all'amministrazione canturina l'autorizzazione a svolgere le funzioni connesse al Ramadan in un immobile comunale o in alternativa nel predetto capannone di via Milano;

   il Tar ha posto soltanto un limite quantitativo all'esercizio di tale facoltà, prevedendo che non possano accedere alla struttura più di 99 persone all'interno ed altre 99 all'esterno;

   il Tar ha argomentato la propria decisione, sostenendo che il comune di Cantù non avesse prodotto elementi sufficienti a ritenere che sussistessero rischi di ordine pubblico, sicurezza o incolumità personale tali da giustificare il diniego opposto alle associazioni islamiche richiedenti;

   l'utilizzo del capannone per le dette finalità religiose sarà circoscritto ad un mese e alla sola fascia oraria compresa tra le 21 e le 24 nonché, il venerdì, tra le 12 e le 13;

   il Tar ha demandato all'Associazione Assalam la responsabilità di organizzare un proprio servizio d'ordine per garantire il rispetto dei limiti imposti all'esercizio della facoltà di pregare durante il mese del Ramadan;

   sussiste il rischio, ad avviso dell'interrogante, che l'Associazione Assalam crei una struttura ben diversa dal centro sociale annunciato a suo tempo, trasformando il capannone di via Milano in una moschea, anche alla luce del fatto che l'immobile ha ospitato eventi in occasione della festa del Sacrificio, malgrado l'Associazione fosse stata diffidata al riguardo;

   non è assolutamente chiaro in che modo Assalam organizzerà il proprio servizio d'ordine;

   sembra all'interrogante inopportuno che su quanto accadrà non vi sia un controllo di sicurezza anche da parte delle forze di polizia, specialmente alla luce delle risultanze delle recenti indagini che hanno portato alla scoperta di cellule dell'organizzazione qaedista denominata al Nusra anche in Lombardia –:

   tenuto conto dell'elevato numero di persone che affluiranno all'immobile di via Milano a Cantù per partecipare ai riti del Ramadan, quali iniziative il Governo ritenga di assumere, per quanto di competenza, allo scopo di garantire l'ordine pubblico e la sicurezza nel territorio canturino e nelle sue adiacenze;

   se il Governo non ritenga opportuno considerare l'adozione di ogni iniziativa di competenza, anche normativa affinché non sia vanificato il potere dei comuni di stabilire le destinazioni d'uso degli immobili situati sul proprio territorio.
(4-00289)


   OSNATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le recenti notizie di cronaca confermano il prepotente ritorno della droga (eroina e non solo) in tutta Italia;

   i dati confermano infatti che nel nostro Paese i consumatori abituali di sostanze stupefacenti sono otto milioni, alimentando il 70 per cento delle attività illegali complessive;

   la nuova strategia dei narcotrafficanti mira a diffondere l'eroina a basso costo, venduta a due/tre euro a dose, sì da renderla fruibile anche dai giovanissimi e dunque allargando la platea fino a ricomprendere addirittura gli studenti delle medie superiori;

   il fatto che in questo scenario la provincia di Milano sia una piazza importante si vede dai dati sulla repressione del fenomeno diffusi dal comando provinciale dei carabinieri: in un solo mese ci sono stati 75 arresti, 3,5 quintali di sostanze e 206.000 euro sequestrati, per un giro di affari stimato in cinque milioni di euro;

   il più noto tra i punti di smercio è il cosiddetto «Boschetto della droga» di Rogoredo: 65 ettari di terreno boschivo alla periferia sud di Milano, capolinea meridionale del passante ferroviario, ove transita anche la linea 3 della metropolitana, a dieci minuti dal Duomo, dove si vendono trentamila euro di stupefacenti al giorno spesso consumati sul posto dalle centinaia di tossici, nascosti tra gli alberi, che raggiungono facilmente tale luogo con la metropolitana o con il passante ferroviario;

   i numerosi blitz effettuati dalle, forze dell'ordine, nonché i servizi realizzati dalle principali testate giornalistiche e dalle emittenti radiotelevisive nazionali, descrivono uno scenario tristemente squallido: siringhe disseminate qua e là, giovani che, in preda all'effetto dell'ultima dose, si aggirano per il bosco come automi, altri riversi per terra, altri ancora intenti a preparare le siringhe, ragazzine seminude e schiavizzate dagli spacciatori, accampamenti di fortuna;

   tali soggetti in cui è facile imbattersi anche di giorno sono in cerca di elemosina sulle banchine della metropolitana, sui binari del passante, sugli stessi convogli, ma anche lungo le vie del quartiere, davanti ai semafori o al supermercato, negli spazi verdi allestiti con i giochi dedicati ai bambini, e persino davanti alle scuole;

   la ricerca disperata di denaro per procurarsi la dose li porta spesso a rendersi protagonisti di furti negli appartamenti, scippi a danno degli anziani, atti vandalici contro le automobili e rapine negli esercizi commerciali;

   a nulla servono sporadici blitz, poiché, come confermato dai dati di pubblica sicurezza, esauritosi l'intervento delle forze dell'ordine, tutto torna come prima, e in assenza di presidi fissi, con carenza di uomini e mezzi, Rogoredo rimane una piazza di spaccio frequentata da centinaia di malintenzionati al giorno che agiscono, indisturbati, nell'illegalità;

   le istituzioni hanno il dovere di garantire ai cittadini delle periferie, al pari di quelli che risiedono in centro, il diritto alla sicurezza; diritto oggi fortemente compromesso soprattutto nella zona periferica di Milano Rogoredo –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di contrastare il fenomeno estesosi consistentemente negli ultimi mesi e anni a Rogoredo;

   se non ritenga di intervenire, da un lato incrementando la presenza delle forze dell'ordine e stanziando uomini e mezzi per realizzare presidi militari fissi nella zona di Rogoredo e, dall'altro, promuovendo, in sinergia con le amministrazioni locali, ogni altra misura ritenuta idonea al fine di contrastare e prevenire il dilagare del fenomeno dello spaccio, della tossicodipendenza e dei connessi episodi di criminalità.
(4-00300)


   PETTARIN e NOVELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca recente di Grado (Gorizia) ha riportato la notizia della morte di due persone, una donna e suo figlio, a causa di un incendio che ha distrutto la loro abitazione;

   la tragica vicenda ha messo drammaticamente in luce la mancanza di un presidio fisso antincendio sull'isola;

   è inaccettabile, infatti, nonostante i numerosi allarmi e le fondamentali esigenze di sicurezza dei cittadini, che l'isola di Grado sia tuttora sprovvista di un presidio antincendio per l'intera durata della stagione balneare, ma soltanto per le tre settimane più affollate;

   è quindi necessario un intervento deciso del Governo, nella direzione di un piano di assunzioni adeguato e per l'assegnazione delle risorse, a maggior ragione se si considera che l'estate è ormai alle porte, e che alcuni nodi critici che riguardano in particolare i presidi di Lignano e di Grado, mete turistiche di grande affluenza durante la stagione calda, sono ancora irrisolti;

   Grado, nei mesi estivi, arriva a contare una popolazione di quasi 80 mila persone, e come tale va considerata per la tutela della sicurezza dei cittadini;

   purtroppo i vigili del fuoco sono previsti a Grado solo grazie a un finanziamento della regione e del comune, che, per il 2018, consentirà di avere un servizio h24 per soli 22 giorni in alta stagione, ma è evidente come questa non possa essere una misura sufficiente per la sicurezza dell'isola; è di quasi mezz'ora, infatti, il tempo che, in condizioni di normale traffico, i vigili del fuoco di Monfalcone impiegano per raggiungere la zona di Grado. Si tratta di tempi incompatibili con un salvataggio;

   a ciò si affianca il tema della strutturale carenza di organico del corpo dei vigili del fuoco: in particolare in Friuli Venezia Giulia, a mancare all'appello non sono poche unità, ma addirittura 150 operatori, 61 dei quali tra Trieste e Gorizia; agli operatori mancanti all'appello nelle province, vanno poi sommati i pensionamenti che saranno effettuati entro la fine dell'anno –:

   anche alla luce dei tragico evento riportato in premessa, se il Governo non ritenga di assumere ogni opportuna iniziativa di competenza affinché siano assicurate risorse adeguate per potenziare l'organico dei vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, in modo da sanare le gravi carenze di personale e garantire, così, l'apertura del distaccamento regionale a Grado per l'intera stagione balneare, assicurando il servizio h24.
(4-00304)


   NOVELLI e PETTARIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ricopre un ruolo fondamentale all'interno delle istituzioni in materia di prevenzione, vigilanza e soccorso sulla base delle rispettive attribuzioni;

   ad oggi, la situazione in cui versa il Corpo è di grande difficoltà; il corpo nazionale dei vigili del fuoco ha, infatti, una carenza strutturale di personale pari a circa 4.000 unità rispetto a quella che dovrebbe essere la dotazione organica;

   la carenza strutturale rischia di aggravarsi nei prossimi anni, a causa dei prepensionamenti di una parte del personale attivo; e la situazione diventa più problematica in seguito alle nuove competenze acquisite dei vigili del fuoco, con l'attuazione del decreto legislativo n. 177 del 2016, che dispone la soppressione del Corpo forestale dello Stato con il seguente trasferimento di alcuni compiti in materia di incendi boschivi al Corpo dei vigili del fuoco;

   sul fronte delle nuove e necessarie assunzioni, va rilevato che lo scorrimento delle graduatorie del concorso pubblico per l'accesso al ruolo iniziale di vigile del fuoco per 814 posti, bandito con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008 – con emanazione della graduatoria finale nel luglio 2010, composta da 7.599 candidati idonei (comprendenti civili, volontari e discontinui «precari» vigili del fuoco) che hanno superato prove molto selettive durate 30 mesi su un bacino di ben 123.000 candidati – ha subito troppe battute d'arresto, dovute ai cosiddetti tagli del Governo Monti, al blocco totale delle assunzioni per l'anno 2012 ed al blocco del turn over, ripristinato al 100 per cento soltanto nel 2017;

   la cosiddetta «legge Fornero» ha poi, di fatto, impedito a numerosi vigili del fuoco di andare in pensione con conseguente stallo di ricambio generazionale, una circostanza che gli idonei del suddetto concorso avrebbero garantito;

   inoltre, le recenti assunzioni dal 2013 al 2016 sono state divise al 50 per cento con una procedura di stabilizzazione di personale volontario (vigili discontinui), impedendo di fatto l'esaurimento della graduatoria del suddetto concorso;

   il tema è di fondamentale importanza, per sopperire alla carenza strutturale di organico del Corpo dei vigili del fuoco, e per offrire un futuro agli oltre 1600 giovani idonei, in attesa di assunzione da troppo tempo –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le necessarie iniziative volte a potenziare l'organico dei vigili del fuoco, e procedere in via prioritaria all'assunzione degli idonei del concorso a 814 posti di vigile del fuoco, esaurendo la graduatoria in essere;

   se si intendano assumere iniziative volte allo stanziamento di nuove risorse destinate ai mezzi a disposizione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per lo svolgimento tempestivo dei compiti loro spettanti.
(4-00305)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi a Cava de’ Tirreni si è verificato un furto con sequestro di persona in un'abitazione situata nella frazione Sant'Anna;

   secondo quanto riportato da chi ha subito l'effrazione, i delinquenti sono entrati all'interno dell'abitazione nel momento in cui il proprietario di casa era fuori per lavoro e la moglie si era allontanata per poco tempo; le tre persone che hanno fatto irruzione a volto coperto, oltre a sottrarre gioielli, argenteria e all'incirca 1500 euro contanti, hanno chiuso in una stanza la bambina che era rimasta sola dentro casa;

   da organi di stampa si apprende che quanto accaduto è solamente l'ultimo di una serie di episodi altrettanto gravi che si sono verificati nella città metelliana e che mettono in serio pericolo la sicurezza dei cittadini;

   nel mese di dicembre 2017 sono scoppiate, in pieno centro, due bombe carta a meno di 24 ore l'una dall'altra;

   sempre nello stesso mese, tre uomini hanno cercato di estorcere del denaro ad un trentatreenne con la cosiddetto «truffa dello specchietto»: i malfattori hanno simulato dei sinistri stradali danneggiando gli specchietti delle auto e, dietro minacce, hanno intimorito le vittime, affinché consegnassero loro del denaro;

   le denunce più recenti riguardano ben quattro furti d'auto nelle zone di Corso Mazzini, via Ragone e nella frazione di san Giuseppe al Pozzo, nonché borseggi a danno dei passanti;

   le denunce da parte degli abitanti per truffe, furti e scippi sono aumentate a dismisura e, di conseguenza, vengono richiesti più controlli e maggiore presenza delle forze dell'ordine su tutto il territorio;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione allarmante che merita la massima attenzione –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, per fronteggiare questi episodi sempre più frequenti che potrebbero essere il risultato sia di provvedimenti «svuotacarceri» che, ad avviso dell'interrogante, hanno avuto come unico risultato quello di rimettere in libertà delinquenti e persone condannate per reati predatori, sia della situazione di carenza ormai cronica dell'organico delle forze dell'ordine.
(4-00313)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apprese dall'interrogante, pare che la questura di Chieti abbia sospeso la procedura per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai titolari di protezione umanitaria, perché non in possesso di un passaporto in corso di validità, nonostante la competente commissione territoriale abbia verificato e validato le ragioni del permesso;

   il rilascio del passaporto da parte della ambasciate di molti Paesi di provenienza dei titolari di protezione umanitaria è complesso e la richiesta è molto spesso evasa con dichiarazioni di impossibilità di rilasciare il documento. Le documentazioni prodotte sono state portate all'attenzione della questura di Chieti;

   pare persino che in taluni casi si siano innescati fenomeni corruttivi, per cui venivano richieste somme di denaro in modo arbitrario e con scarsa trasparenza per produrre passaporti falsi da parte di organizzazioni criminali;

   tale prassi, di fatto, impedisce la piena regolarizzazione di decine di persone che ne hanno diritto, relegando in un limbo giuridico donne e uomini che non sono espellibili, ma che per pura discrezionalità vengono privati della possibilità di accedere ai loro diritti;

   per altro, una vicenda molto simile, accaduta a Palermo e finita in controversia legale, è stata risolta dal tribunale di Palermo, che nella sua ordinanza n. 15122 del 21 dicembre 2017, chiarisce come la questura non abbia alcun titolo né ragione per richiedere il passaporto, in accordo a quanto definito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999;

   l'eccessiva burocratizzazione di procedure che dovrebbero essere più semplici e immediate, soprattutto in casi di accertata necessità di protezione umanitaria, non solo incidono negativamente sulla condizione psicologica e di vita dei richiedenti, ma accentuano le condizioni di difficoltà di centri di accoglienza –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   quali iniziative intenda intraprendere per evitare che le questure proseguano in una prassi sbagliata, controproducente e non prevista dalla legge.
(4-00317)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cittadinanza è il vincolo di appartenenza ad uno Stato, che comporta un insieme di diritti e doveri. Nell'ordinamento, la cittadinanza trova il primo significativo riconoscimento nelle fonti greche e romane: il cittadino è tale secondo il principio dello ius sanguinis e può godere dei diritti politici e civili;

   l'acquisto della cittadinanza, secondo il principio dello ius soli, in base al quale si attribuisce la cittadinanza italiana a coloro che sono nati nel territorio dello Stato, qualora i genitori siano apolidi e, nei casi in cui il figlio non acquisti la cittadinanza dai genitori in base alla legge dello Stato d'appartenenza, è una modalità residuale nella legislazione italiana. Tale modalità residuale sancita ex articolo 1, comma 1, lettera b), e comma 2, della legge n. 91 del 1992 sta generando, ad esempio, diversi casi di acquisizione della cittadinanza di figli nati in Italia da cittadini cubani, che secondo le norme del loro Stato di provenienza perdono il diritto alla cittadinanza qualora si trattengano all'estero per più di sei mesi senza preventiva autorizzazione;

   se la volontà del legislatore di prevedere forme residuali ed eccezionali di superamento dello ius sanguinis trovava una sua giustificazione proprio nella sua eccezionalità, la crescita esponenziale dei flussi migratori verso il nostro Paese da Stati che vivono una situazione di forte instabilità politica rischia di minare le intenzioni del legislatore, mettendone a repentaglio l'impostazione di fondo;

   secondo Eurostat, nel 2015, ultimo anno in cui è possibile un confronto internazionale, l'Italia era al primo posto in Europa per numero di cittadinanze concesse (178 mila), seguita dal Regno Unito con 118 mila, Spagna e Francia con 114 mila, Germania con 110 mila, Svezia con 49 mila; si tratta di un primato confermato poi anche nel 2016, con 202 mila acquisizioni;

   complessivamente, dal 2013 in Italia le concessioni di cittadinanza sono fortemente aumentate in controtendenza nell'area dell'Unione europea in cui invece stanno diminuendo –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere la normativa vigente in materia di acquisto della cittadinanza per renderla più stringente evitando che le modalità residuali di acquisto della cittadinanza con il principio dello ius soli possano, in questo particolare momento storico, generare un vulnus pericoloso per il mantenimento della sovranità nazionale.
(4-00327)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la frazione di San Maurizio, comune di Erba, è stata colpita da malviventi che hanno posto in essere in rapida successione, tra il 21 ed il 22 maggio 2018, un tentativo di truffa ai danni di un'anziana novantunenne ed un furto che ha comportato la sottrazione di beni del valore di 4 mila euro e di un Transit;

   i fatti sono occorsi in via Barzaghi, una strada che si trova a breve distanza dal locale cimitero maggiore e dalla provinciale Lecco-Como;

   il tentativo di truffa è stato condotto da un uomo vestito con una tuta blu da lavoro, che si è spacciato per un tecnico e ha detto all'anziana vittima di dover cambiare un contatore, chiedendole contestualmente anche di togliere tutto l'oro che aveva addosso per metterlo in un presunto posto sicuro;

   a sventare i piani del truffatore è stata la figlia, che si trovava casualmente nel giardino della madre per lavorare nell'orto. L'uomo è uscito dicendo che avrebbe recuperato un modulo, dileguandosi;

   si è invece verificato il furto in una villetta con giardino, senza che i malviventi provassero ad entrare in casa, dove dormiva un intero nucleo familiare;

   i due episodi sono stati denunciati ai carabinieri di Erba;

   i fatti seguono altri episodi recenti, oggetto di altri atti di sindacato ispettivo, rimasti per ora senza risposta –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, e in che tempi, per affrontare e prevenire l'ondata di reati contro il patrimonio che si sta abbattendo sulla provincia comasca e in particolare nell'erbese;

   se il Governo non ritenga opportuno disporre l'immediato rinforzo dei presidi delle forze di polizia nell'erbese e nella provincia comasca, con particolare riferimento al potenziamento della caserma dei carabinieri di Erba di via Como.
(4-00329)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Lombardia ospita un milione e 314 mila immigrati, tra cui circa 96.000 irregolari. Se tra i lombardi il tasso di disoccupazione si attesta intorno all'8 per cento, tra gli immigrati residenti in Lombardia ben 18,1 su 100 risultano inattivi, un dato che tocca la punta del 28,1 per cento tra la popolazione femminile. Il territorio lombardo non può permettersi di accogliere altri immigrati, soprattutto i cosiddetti migranti economici;

   in Lombardia i residenti stranieri rappresentano il 13,1 per cento della popolazione, contro l'8,3 nazionale, e in alcune aree questa percentuale raggiunge picchi più elevati, come il 21,5 della città di Milano o il 14,9 della provincia di Brescia. In piena crisi occupazionale non ci si può permettere di aprire le porte a chi si reca sul territorio per motivi di carattere economico;

   nel periodo che va dal 1° luglio 2015 al 1° luglio 2016 la componente regolare si è ridotta di 8.000 unità, ma a fronte di 50.000 acquisizioni di cittadinanza. La variazione totale comprensiva delle acquisizioni di cittadinanza in Lombardia vede dunque un aumento di 43.600 unità, inteso come differenza tra gli ingressi nella popolazione e le vere e proprie uscite dal territorio lombardo. Sono inoltre 1.000 in più dell'anno precedente i soggetti irregolari rispetto al soggiorno. Questi ultimi, che già nel biennio precedente erano complessivamente aumentati di 8-9.000 unità, registrano un ulteriore modesto rialzo che li porta ad attestarsi a poco meno di 97.000; un valore che ripropone il dato del 2012 e a cui corrisponde un tasso (per 100 presenti) del 7,3 per cento. Sono 894.300 le persone in più rispetto al 2001 (419.700 presenze);

   secondo dati più recenti della Fondazione Ismu si stima che, al 1° gennaio 2017, la popolazione straniera in Italia abbia raggiunto la quota di 5 milioni e 958 mila presenze (regolari e non), con un aumento di 87 mila unità (+ 1,5 per cento) rispetto all'anno precedente. Un incremento dovuto soprattutto alla componente irregolare (+ 56 mila), che registra una lieve ripresa: al 1° gennaio 2017 non sono in possesso di un valido titolo di soggiorno 491 mila stranieri, contro i 435 mila alla stessa data dell'anno precedente;

   secondo l'Eurostat, nel 2017, l'Italia ha effettuato appena 7 mila rimpatri d'immigrati irregolari, soprattutto per permessi di soggiorno scaduti, e 11 mila respingimenti alla frontiera, in prevalenza di cittadini giunti via aereo con documenti non in regola, si tratta di un numero nettamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei;

   sempre più notizie di stampa riportano di come alcune linee di superficie dei mezzi pubblici durante le ore notturne diventino teatro di scorribande a causa di azioni di immigrati e sbandati di ogni tipo;

   le linee più pericolose per i cittadini milanesi sono la 90-91, la 92 e la 56, ove sono più presenti passeggeri senza biglietto;

   le guardie giurate riferiscono di stupri e rapine sventate a bordo dei mezzi, mentre notizie di cronaca, anche recenti, riportano gravi episodi di violenze e aggressioni anche a danno dei cittadini;

   dai dati si evince anche come il lavoro di autisti e controllori sia diventato effettivamente pericoloso: nel 2016 le aggressioni al personale di bordo sono state 106 –:

   come il Ministro interrogato intenda affrontare la questione della sicurezza per i cittadini milanesi che, si spostano con i mezzi pubblici, sicurezza che gli interroganti ritengono debba essere garantita non da privati ma dalle forze dell'ordine, contrastando i fenomeni criminosi e l'immigrazione clandestina.
(4-00331)


   MOLTENI, ZOFFILI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ondata di reati contro il patrimonio in atto a Cantù e in tutta la provincia comasca, già generalizzata in altri precedenti atti di sindacato ispettivo, non accenna a placarsi;

   la sera del 21 maggio 2018, ad esempio, dei ladri sono entrati in azione in una casa privata in via Domea, proprio a Cantù, mettendola a soqquadro in assenza dei proprietari, allo scopo di rinvenire e sottrarre oro, contanti ed altri preziosi appartenenti al patrimonio familiare;

   nella stessa giornata era stata tentata un'effrazione anche al bar Lisandrin, situato in prossimità di una via a forte percorrenza;

   i due episodi fanno temere alla cittadinanza canturina una stagione molto difficile per la difesa delle case e degli esercizi commerciali, nuovamente minacciati dall'azione dei ladri, dopo una fase di quiete molto relativa, durante la quale le attenzioni della criminalità erano parse concentrarsi sui più piccoli centri adiacenti;

   in effetti, la stampa locale riporta il diffuso convincimento che i ladri operino seguendo uno schema ricorrente, che prevede la rotazione delle aree da razziare e quindi l'alternanza tra Cantù e i comuni vicini;

   il sindaco di Cantù ha già prefigurato, in un'intervista resa alla stampa locale, la possibilità di chiedere alla prefettura e alla questura territorialmente competenti di accrescere la presenza delle forze dell'ordine in città –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per arginare e prevenire l'ondata di reati contro il patrimonio che sta investendo il territorio di Cantù e i relativi dintorni, incrementando in particolare le dotazioni in uomini e mezzi dei locali presidi di polizia.
(4-00332)


   MORRONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è iniziato, il 16 maggio 2018 il Ramadan, il mese di preghiera e digiuno (dall'alba al tramonto) per i fedeli musulmani, che terminerà il 14 giugno;

   puntualmente, su tutto il territorio emiliano-romagnolo, e in specie in quei comuni che registrano una forte presenza di islamici, sorgono diverse moschee abusive dove i fedeli si riuniscono in preghiera a qualsiasi ora del giorno e della notte;

   si tratta di immobili destinati a tutt'altro, come capannoni, palestre, centri di aggregazione socio-culturale, privi delle dovute certificazioni di agibilità e sicurezza e dei requisiti previsti dalla normativa vigente sui luoghi di culto;

   la violazione del vincolo di utilizzo dell'immobile adibito impropriamente a moschea in zone non classificate urbanisticamente come aree religiose rappresenta una situazione di grave inadempienza sia da parte dei fedeli che vi pregano abusivamente, sia da parte delle amministrazioni comunali che non vigilano e non verificano la conformità alla normativa vigente;

   è compito dei comuni procedere ad una mappatura dei luoghi di culto presenti sul proprio territorio e disporre l'immediata chiusura di quelli non regolari;

   il 15 dicembre 2016 è stata presentata alla stampa locale una pubblicazione intitolata «La prima mappatura dei centri islamici in Emilia-Romagna», realizzata dall'Osservatorio sul pluralismo religioso con il patrocino dell'assemblea legislativa regionale;

   secondo la ricerca esistono in regione ben 176 «luoghi di culto islamici», rendendo l'Emilia-Romagna la «seconda regione italiana per presenza di musulmani», con un numero pari a circa 183.000, il «13 per cento dei musulmani immigrati» nel Paese;

   sarebbero state altresì censite numerose strutture che «ufficialmente risultano essere inquadrate come centri culturali o associazioni di vario genere», ma in realtà, come rileva l'indagine, sono «luoghi di culto», cioè «luoghi dove si svolge con regolarità attività religiosa»;

   tali luoghi, in regione, sarebbero all'incirca 136, ma secondo il coordinatore della ricerca «il numero dei luoghi censiti è probabilmente sottostimato»;

   tra questi, come documentato da numerosi articoli di cronaca locale, si annovera la «moschea abusiva» di via Fabbretti a Forlì, a ridosso del centro storico, sulla cui natura si è spesso discusso a causa degli inevitabili disagi per i residenti nei giorni di maggiore affluenza, per gli schiamazzi e per l'insorgere di crescenti situazioni di degrado nonché per la progressiva svalutazione degli immobili prospicienti allo stabile;

   analoga situazione a Ravenna, in via Miserocchi (zona darsena) dove sorge l'ennesima moschea non autorizzata, più volte denunciata dai residenti a causa dell'utilizzo abusivo di spazi esterni quali luoghi di preghiera, o ad Imola (in via Ercolani) o ancora a Rimini (in zona Celle), strutture caratterizzate dalla presenza di altrettanti centri culturali islamici, di fatto moschee, in aree urbanistiche non vocate a «luoghi di culto»;

   varie sentenze, tra cui la sentenza 181/2013 del Consiglio di Stato, hanno ribadito l'illegittimità di realizzare luoghi di culto o adibire immobili altrimenti destinati a questa pratica, approfittando dei mancati controlli delle amministrazioni e dell'elasticità che caratterizza la normativa sull'associazionismo, ma anche del colpevole permissivismo delle istituzioni nei confronti di questi abusi;

   è certamente necessaria una conoscenza approfondita delle strutture islamiche sul territorio, dei soggetti che le finanziano, delle associazioni che le gestiscono, del numero e della provenienza dei potenziali fruitori, del tenore dei discorsi dei predicatori che le frequentano –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per promuovere un monitoraggio, in collaborazione con gli enti locali emiliano-romagnoli, circa i luoghi di preghiera islamici presenti sul territorio nell'ottica di chiudere quelli abusivi, ovvero quelli utilizzati in modo contrario alle norme vigenti che prevedono regole severe e precise per i luoghi di culto e per i centri culturali e sociali, con particolare riguardo agli aspetti legati alla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico.
(4-00333)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in seguito alle ondate migratorie, lo Stato ha delegato le prefetture a stipulare accordi diretti con privati per reperire nei comuni immobili da destinare all'ospitalità dei richiedenti asilo;

   gli accordi, spesso stipulati all'insaputa dei sindaci, portano a dislocare nei diversi comuni molte persone bisognose, senza possibilità per i sindaci di adeguare il sistema dei servizi alle reali necessità di nuovi residenti, impedendo agli stessi di prevenire problemi di ordine pubblico e di natura igienico-sanitaria in situazioni particolari;

   stando alle informazioni direttamente acquisite dall'interrogante, diversi sindaci, già nei mesi di luglio e agosto 2017, si sono trovati costretti ad adottare ordinanze contingibili ed urgenti per prevenire imminenti pericoli di natura sanitaria e di ordine pubblico;

   le ordinanze prevedono, dunque, che i privati comunichino preventivamente al sindaco la partecipazione ai bandi delle prefetture e l'eventuale sottoscrizione di accordi con le stesse, in modo che il sindaco, autorità sanitaria locale ed ufficiale del Governo in materia di sicurezza pubblica, possa effettuare i dovuti controlli igienico-sanitari sugli immobili destinati all'accoglienza e prevenire eventuali problemi di ordine pubblico;

   tali sindaci hanno notificato tale ordinanza alle prefetture prima che questa diventasse efficace;

   le ordinanze sono in vigore per un periodo limitato, essendo adottate per prevenire situazioni di emergenza;

   i prefetti, nei mesi di settembre e ottobre 2017, avrebbero invitato tali sindaci a ritirare le ordinanze o a rivederne i contenuti alla luce di quelli che appaiono agli interroganti indefiniti elementi di dubbia legittimità;

   alla luce di queste richieste, alcuni sindaci hanno revocato o annullato, nel mese di ottobre e novembre, tali ordinanze, essendo venuta meno l'urgenza con l'interruzione dei bandi prefettizi;

   le prefetture, allo stesso modo, hanno incaricato l'Avvocatura di Stato di impugnare le ordinanze chiedendone la sospensione al Tar;

   in seguito alla notifica dei ricorsi, altri sindaci, a quanto risulta agli interroganti, hanno annullato o revocato le ordinanze, con immediata comunicazione alle prefetture;

   le prefetture, a quanto risulta agli interroganti, avrebbero iscritto comunque a ruolo molti ricorsi, portando in discussione davanti al Tar atti già revocati o annullati e generando, comunque, delle spese legali, per gli interroganti inutili in capo a molti comuni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, considerato il ruolo di raccordo degli uffici territoriali del Governo nei confronti degli enti locali, ruolo che dovrebbe basarsi sulla leale collaborazione, intenda assumere le iniziative di competenza per evitare che i contenziosi possano nei fatti generare costi per comuni, favorendo un generale aumento della spesa pubblica.
(4-00338)


   CONTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Torre del Greco è la quarta città della Campania e conta più di 86.000 abitanti;

   tale città è commissariata dal mese di agosto 2017, dopo le dimissioni del sindaco e si appresta a eleggere il sindaco e il consiglio comunale il 10 giugno 2018;

   come da norma, la commissione elettorale comunale (Cec) ha continuato a svolgere le sue funzioni;

   in base all'articolo 6 della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modifiche, «Tra il venticinquesimo e il ventesimo giorno antecedenti la data stabilita per la votazione» la Cec provvede «alla nomina degli scrutatori, per ogni sezione elettorale del comune, scegliendoli tra i nominativi compresi nell'albo degli scrutatori in numero pari a quello occorrente»;

   il 16 maggio 2018 tale commissione era chiamata a designare gli scrutatori e i due ex consiglieri comunali componenti della Cec, con le proprie preferenze, determinavano la nomina di 280 scrutatori. Il commissario prefettizio, che ha nominato altri 140 scrutatori, ha sorteggiato la quota a lui riservata;

   un membro della Cec, grazie ai cui voti sono stati nominati più di 141 scrutatori, risulta candidato alla prossima competizione elettorale per un seggio al consiglio comunale;

   il ruolo di scrutatore deve essere di totale imparzialità e deve garantire il regolare svolgimento delle elezioni;

   tale pubblico ufficio è retribuito per legge con circa euro 104;

   dal punto di vista normativo è possibile sia la nomina diretta che il sorteggio –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché le operazioni di voto nel comune di Torre del Greco si svolgano nella totale trasparenza e senza rischi di tenuta democratica;

   se non ritenga opportuno farsi promotore di un'iniziativa normativa che vada nella direzione di modificare la disciplina che permette ad un candidato di nominare chi deve effettuare le operazioni di voto in cui è parte interessata.
(4-00344)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a mezzo stampa si apprende che di recente il sindaco di Bologna ha firmato il primo atto di nascita di un bambino figlio di due madri. Era già accaduto a Torino dove il sindaco aveva registrato all'anagrafe della città un bambino nato in Italia ma concepito all'estero, da una coppia omogenitoriale formata da due donne;

   a Torino, in particolare, pare si sia trattato del primo caso di registrazione di figlio di coppia omogenitoriale avvenuto senza previa autorizzazione di un tribunale. Risulta inoltre che diversi sindaci, in tutta Italia, stiano procedendo a registrazioni analoghe;

   i primi cittadini in questione, di fatto, sembrano pertanto volersi assumere la piena responsabilità di tali azioni, superando di propria iniziativa le norme di legge da cui deriva, tra l'altro, anche la modulistica dell'anagrafe;

   la legge n. 40 del 2004 «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita» all'articolo 5, recita «Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». L'articolo 12, inoltre, vieta il ricorso alla surrogazione di maternità;

   recenti sentenze a favore della registrazione di bambini di coppie omogenitoriali riguardavano tuttavia esclusivamente il mantenimento dello status filiationis validamente acquisito all'estero dal minore;

   non si intende in tale sede entrare nel merito delle vicende delle singole coppie ma chiarire se tali atti di registrazione possano o meno considerarsi validi ai sensi della normativa vigente non rientrando, tra le competenze di un sindaco, azioni volte al superamento della normativa nazionale –:

   se sia a conoscenza delle vicende esposte;

   quali iniziative di competenza si intendano adottare o siano state eventualmente già adottate rispetto alle vicende di cui in premessa al fine di annullare atti di registrazione che all'interrogante sembrano configurarsi come non conformi alla normativa vigente in materia.
(4-00354)


   MOLTENI, ZOFFILI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con una propria, controversa, deliberarla giunta comunale di Rovellasca ha concesso in uso alla locale comunità islamica due palestre per celebrarvi i riti del Ramadan;

   le palestre sono proprietà del comune di Rovellasca e sono state di fatto trasformate in moschee pro-tempore;

   fino all'Eid al Fitr, i musulmani potranno quindi radunarsi presso questi locali, dalle ore 22 alle 24, cioè quando si interrompe il digiuno;

   a Rovellasca si registrano da tempo tensioni tra i residenti e la locale comunità dei musulmani immigrati e sono in molti a ritenere, anche nel consiglio comunale di Rovellasca, che il passo compiuto dalla giunta non contribuisca a rasserenare gli animi;

   contro la decisione sono già in programma iniziative di protesta, alcune delle quali in corso;

   per quanto siano stati previsti dei tetti quantitativi agli accessi, si prevede grande afflusso di fedeli musulmani provenienti anche dai comuni viciniori, circostanza che genera dubbi sull'effettiva capacità dell'associazione La Misericordia - che ha presentato la domanda, poi accolta dal comune di Rovellasca, di poter utilizzare le palestre - di controllare efficacemente chi sta arrivando e giungerà nei prossimi giorni a questi improvvisati siti di preghiera;

   si pone quindi un problema di ordine pubblico anche sotto lo specifico rischio che a Rovellasca possano infiltrarsi, approfittando del Ramadan, persone di inclinazioni radicali intenzionate a svolgere azione di proselitismo;

   la popolazione residente a Rovellasca ha bisogno di essere rassicurata;

   è di decisiva importanza che presidi consistenti delle forze dell'ordine controllino quanto accadrà nelle palestre di Rovellasca di qui fino alla fine del Ramadan –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per rassicurare la cittadinanza di Rovellasca in relazione al pericolo che la concessione in uso ai musulmani di due palestre locali per i riti del Ramadan possa permettere l'afflusso ai siti di personalità radicali ritenute pericolose per l'ordine pubblico;

   se il Governo non ritenga di potenziare ulteriormente i presidi delle forze dell'ordine cui è stato dato l'incarico di sorvegliare gli afflussi alle palestre di Rovellasca e quanto vi accade.
(4-00355)


   BELOTTI, RIBOLLA, INVERNIZZI e FRASSINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 febbraio 2017 sono stati alloggiati in un edificio residenziale nel centro storico di Capriate San Gervasio, in via Ceresoli, 18 richiedenti asilo, a cui successivamente se ne sono aggiunti altri 8;

   a seguito di un'interpellanza, del 20 maggio 2017, dei consiglieri comunali Donatella Pirola e Cristiano Esposito, il sindaco inoltrava una richiesta di informazioni alla prefettura di Bergamo;

   dalla risposta della prefettura del 20 giugno 2017 è emerso un dato ad allora sconosciuto, ovvero che i richiedenti asilo sono aumentati fino a 63, suddivisi in 4 appartamenti gestiti dalla società «L.I.A. – Logistica integrata per le aziende srl», il cui rappresentante legale ha sottoscritto un'apposita convenzione con la prefettura di Bergamo;

   a seguito delle verifiche da parte dell'Ats di Bergamo e del comando provinciale dei Vigili del fuoco, l'ultima delle quali risalirebbe al 19 giugno 2017, la capacità ricettiva ordinaria della struttura è stata fissata in 51 posti;

   secondo un comunicato della stessa prefettura i 12 ospiti in surplus sarebbero nel frattempo stati spostati in altri centri di accoglienza, individuati dopo lo svolgimento della nuova gara per l'affidamento del servizio di accoglienza 2017-2018;

   un numero così elevato di immigrati inseriti in un tessuto sociale e urbano consolidato, come è il centro storico di un comune di piccole/medie dimensioni, stravolge la vivibilità di una comunità;

   l'immobile si trova a ridosso del locale oratorio e, da informazioni raccolte, pare che i richiedenti asilo abbiano monopolizzato l'uso dei campetti sportivi dello stesso, privando così i bambini del paese di queste strutture, pagate negli anni con offerte e donazioni della comunità di Capriate;

   agli interroganti sono state segnalate dai residenti anche prevaricazioni verbali nei confronti soprattutto di ragazze e donne della zona;

   oltre a questi episodi che generano insicurezza nella comunità, nei giorni scorsi si è avuta notizia dell'arresto di un 52enne marocchino, titolare di un phonecenter-moneytransfer a Capriate, ritenuto dagli inquirenti un centro di finanziamento per il gruppo jihadista salafita siriano di Al-Nusra;

   ad oggi giacciono presso la commissione territoriale di Bergamo ancora 1.600 domande, con un tempo medio di attesa di oltre un anno, e la stessa commissione dalla sua istituzione (24 febbraio 2016) ha esaminato 2376 domande di cui solo il 19 per cento ha avuto esito positivo (104 per status di rifugiato [4,3 per cento], 92 per protezione sussidiaria [3,9 per cento], 256 per protezione umanitaria [10,8 per cento]) –:

   quale sia il numero effettivo dei richiedenti asilo o titolari di protezione ospitati ad oggi nella struttura quale sia il motivo per il quale la prefettura non abbia preventivamente informato le autorità locali del numero più che raddoppiato (da 26 a 63) di richiedenti asilo;

   quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per ridurre il numero dei richiedenti asilo a 51 e, a tutela dell'ordine pubblico, per evitare l'utilizzo esclusivo di strutture a forte impatto sociale e di aggregazione, come ad esempio gli oratori, da parte dei richiedenti medesimi;

   quali verifiche siano state avviate dalla prefettura di Bergamo sul rispetto della convenzione da parte della società Lia srl anche in merito alle attività connesse (corsi di lingua e cultura italiana);

   se, vista l'infelice collocazione di questa struttura in pieno centro storico, non ritenga più opportuno procedere quanto prima alla sua chiusura e al trasferimento di tutti i richiedenti asilo ivi ospitati;

   infine, considerati gli esiti sopra indicati, quali specifiche iniziative intenda adottare per velocizzare l'esame delle domande di asilo e potenziare le modalità di rimpatrio per coloro che non ottengono alcuna protezione.
(4-00358)


   FRATOIANNI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 28 maggio 2018 a Padova, una decina di militanti di Forza Nuova ha improvvisato un presidio davanti alla libreria Feltrinelli contro il giornalista di Repubblica e autore del libro NazItalia, Paolo Berizzi, che stava presentando il suo libro sui movimenti neofascisti;

   gli autori del «blitz» si sono presentati tutti con le magliette nere e con appositi volantini dal titolo «Infamitalia», offendendo così lo scrittore e chi ha deciso di raccontare i retroscena dei movimenti neonazisti italiani;

   a quanto si apprende dall'articolo pubblicato su Repubblica.it il 28 maggio 2018 un gruppo tra i militanti di Forza Nuova presenti al presidio, ha chiesto alla Digos di entrare in sala. Una volta dentro sono rimasti tutti schierati e a braccia conserte e uno di loro, evidentemente con aria di sfida, ha scattato alcune foto all'autore del libro Paolo Berizzi, al moderatore Stefano Edel e all'ex parlamentare Giuseppe Civati, presente per dialogare con l'autore medesimo. Dopo circa una ventina di minuti sono usciti e hanno proseguito con il presidio fuori dalla libreria;

   si tratta dell'ennesima grave intimidazione nei confronti del giornalista di Repubblica Paolo Berizzi da parte delle organizzazioni neofasciste e, a parere degli interroganti, le istituzioni non possono restare indifferenti davanti a quelli che paiono dei chiari atti intimidatori nei confronti di un cronista che da tempo è impegnato a denunciare l'attività di formazioni neonaziste e neofasciste in Italia e da alcune delle quali è stato anche più volte minacciato. A maggior ragione se tali azioni avvengono alla presenza delle forze dell'ordine, non si può continuare ad assistere inerti a queste continue intimidazioni e gli interroganti pensano sia arrivato il momento, per il Governo, di intervenire ed impedire iniziative di tale genere;

   come già accennato, quella di Padova non è la prima intimidazione subita da Paolo Berizzi. Il 15 maggio 2018, solo per citare l'episodio più recente, durante la notte, sul cavalcavia dello svincolo di Buguggiate è apparso uno striscione contro lo stesso giornalista di Repubblica che recitava testualmente: «Na$ Italia: Paolo Berizzi camerata»;

   la firma è quella dei Do.Ra. e rimanda ai neonazisti della comunità militante dei dodici raggi che ha base nel Varesotto e di cui sia il quotidiano Repubblica che lo stesso Berizzi si sono occupati in diverse inchieste, attraverso le quali si denunciavano i raduni e l'intento di riorganizzare il disciolto partito fascista. Quelle stesse inchieste hanno portato all'apertura di due indagini e all'esecuzione di varie perquisizioni da parte delle procure di Varese e di Busto Arsizio –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire maggior tutela e «agibilità» professionale e culturale al giornalista di Repubblica Paolo Berizzi e, più in generale, a tutti quei cronisti italiani che coraggiosamente da anni, denunciano il pesante clima di intimidazione e di provocazione da parte di movimenti neofascisti per consentire loro di lavorare senza dover subire alcuna forma di pressione, minaccia, intimidazione o insulto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente iniziative come quelle esposte in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo, a seguito della manifestazione richiamata in premessa, considerato che agli interroganti la stessa appare tale da determinare un effetto intimidatorio da parte di un movimento neofascista.
(4-00369)


   FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comando dei vigili del fuoco di Alessandria copre un territorio comprendente 190 comuni e connotato da una significativa realtà industriale che include aziende leader mondiali nei settori di rispettiva competenza, 3 tratte autostradali, il cantiere per la realizzazione del terzo valico ferroviario e 23 attività a rischio di incidente rilevante, sensi del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, recante «Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose»;

   il territorio del comune di Alessandria è, altresì, caratterizzato dal rischio di eventi alluvionali, da ultimo registrati nei mesi di ottobre 2015 e novembre 2016;

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Alessandria ha subito progressivamente una riduzione delle risorse umane ed economiche;

   inoltre, la carenza delle risorse economiche necessarie per la manutenzione e l'utilizzo dei mezzi in dotazione potrebbe compromettere l'operato dei vigili del fuoco. Ciò desta non poche preoccupazioni in seno agli organi provinciali e alla cittadinanza, così come si evince dall'ordine del giorno approvato all'unanimità dal Consiglio provinciale di Alessandria nella seduta del 29 maggio 2018 (deliberazione n. 21/37380);

   da ultimo, si è registrata la riduzione dell'organico della sede distaccata di Ovada a cui potrebbe seguire, in assenza di interventi, quella di altre sedi distaccate nella provincia;

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è la struttura preposta ad assicurare, su tutto il territorio nazionale, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi;

   l'attività di prevenzione è fondamentale per conseguire gli obiettivi di sicurezza, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente;

   tale attività si esplica in ogni situazione caratterizzata dall'esposizione al rischio di incendio, compreso il settore della sicurezza nei luoghi di lavoro –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i suoi orientamenti in merito;

   se intenda adottare iniziative al fine di reperire le risorse umane ed economiche atte a garantire una risposta adeguata alla richiesta di sicurezza proveniente dal territorio, considerati i rischi naturali e antropici indicati nei documenti di previsione della protezione civile per la provincia di Alessandria.
(4-00384)


   UNGARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come riportano a gran voce tutti i quotidiani nazionali e locali, nonché i social media come «Il Post», la sera di sabato 2 giugno 2018 – a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia – un uomo di 29 anni originario del Mali, Sacko Soumayla, e con regolare permesso di soggiorno, è morto per una fucilata alla tempia. Le indagini sono attualmente condotte dai carabinieri coordinati dalla procura di Vibo Valentia e non risulta, alla data di redazione del presente atto, che l'omicida sia stato arrestato e assicurato alla giustizia;

   l'omicidio è avvenuto intorno alle otto e mezzo di sera: Sacko Soumayla si trovava con altre due persone originarie del Mali e tutti avevano un regolare permesso di soggiorno. Vivevano nella vicina tendopoli di San Ferdinando, senza luce o acqua potabile e abitata dalle persone che lavorano in nero come braccianti nei campi della piana di Gioia Tauro per pochi euro al giorno, al freddo d'inverno o con quaranta gradi d'estate, Il 27 gennaio 2018 nella baraccopoli, c'era stato un incendio in cui era morta una donna, Becky Moses, di origini nigeriane. Dopo quell'episodio, i migranti avevano iniziato a utilizzare le lamiere per ricostruire le baracche;

   la sera del 2 giugno 2018 Sacko Soumayla – che era piuttosto conosciuto perché collaborava con l'unione sindacale di base per i diritti dei braccianti – e i suoi due compagni stavano facendo proprio questo e si trovavano in una ex fabbrica di mattoni, la Fornace di San Calogero, chiusa da dieci anni per disposizione della magistratura perché ci avevano trovato, come riportato in un'inchiesta del quotidiano La Repubblica, «oltre 135 mila tonnellate di rifiuti pericolosi e tossici, inclusi fanghi altamente inquinanti». Secondo il racconto di uno dei sopravvissuti, a sparare sarebbe stato un uomo sceso da una Panda bianca che ha preso la mira da oltre 70 metri e ha sparato quattro colpi, uccidendo Sacko Soumayla;

   da ultimo, risulta all'interrogante che in quella zona della Calabria si sono verificati anche di recente diversi episodi di violenza contro i migranti, per cui nel mese di ottobre 2017 i carabinieri avevano arrestato quattro ragazzi italiani per aggressioni con l'aggravante di aver commesso il fatto per finalità di discriminazione e odio razziale;

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo affinché gli episodi di odio e di discriminazione razziale sopradescritti non abbiano più ad accadere e se e quali iniziative, per quanto di competenza e di concerto con la regione Calabria, si intendano assumere per porre fine all'esistenza di tendopoli e campi di lavoro disumani, presenti da anni sul territorio italiano come quelli della piana di Gioia Tauro o del Vibonese senza il rispetto delle minime condizioni igieniche e delle regole di sicurezza sul lavoro, allestiti precariamente per dare rifugio ai braccianti agricoli stranieri, la maggior parte dei quali possiede un regolare permesso di soggiorno.
(4-00385)


   CARETTA e PRISCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in base alla normativa vigente il rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia e sportivo può essere negato sia per la sussistenza delle «condizioni ostative» al rilascio della licenza, in base ad un giudizio vincolato, sia in caso di mancanza della «buona condotta» o di «inaffidabilità nell'uso delle armi» del richiedente, in base ad un giudizio di natura discrezionale e non vincolante;

   dopo una iniziale giurisprudenza di natura rigorosa, la questione degli effetti della riabilitazione in ordine alle sentenze di condanna che prevedono «condizioni ostative» è stata rivista dalla cosiddetta «interpretazione evolutiva» o «giurisprudenza evolutiva», secondo la quale, in caso di «riabilitazione», tali condanne possono essere valutate in modo discrezionale e non in modo vincolante;

   nel 2016 alcune sentenze del Consiglio di Stato, riportandosi alla giurisprudenza meno recente, hanno offerto una diversa interpretazione, ribadendo il principio che le «condizioni ostative», di cui all'articolo 43, primo comma, del testo unico leggi di pubblica sicurezza, sono vincolanti anche in caso di riabilitazione;

   la circolare del Ministero dell'interno del 31 agosto 2017, prot. 557, ha accolto l'interpretazione più restrittiva, precisando che nel caso di condanne per uno di tali delitti l'autorità è titolare di un potere vincolato, per cui, una volta accertata la sussistenza di una pronuncia di condanna occorrerà necessariamente dar luogo al diniego del provvedimento;

   il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5313 del 30 marzo 2017, ha ribadito i principi della giurisprudenza evolutiva, richiamando argomenti del tutto condivisibili e che in estratto giova richiamare: «il Collegio ritiene che, in presenza di situazioni molto particolari, l'interpretazione e la conseguente applicazione dell'articolo 43 TULPS non possa avvenire in violazione dei princìpi di ragionevolezza e di proporzione di rango costituzionale. Ciò comporta che la preclusione prevista dall'articolo 43 TULPS per il possesso di armi e munizioni in capo ai soggetti, che abbiano subito le indicate tipologie di condanne non possa essere automatica, ove ragionevolmente altri elementi attuali della personalità dell'interessato, quale il lungo tempo intercorso rispetto all'epoca del commesso reato senza la commissione di ulteriori illeciti penali (corroborato nelle sue positive implicazioni dalla intervenuta riabilitazione), depongano per lo stabile ripristino in capo al soggetto medesimo delle richieste condizioni di affidabilità nel possesso di armi in corrispondenza ad una rinnovata e consolidata integrazione nel sano contesto socio economico in presenza di indizi univoci e concordanti in tale senso. 2.6. D'altra parte il principio di proporzionalità, sopravvenuto nel nostro ordinamento rispetto all'epoca di adozione del TULPS (risalente al periodo prerepubblicano), comporta che il legislatore, nel caso della sicurezza pubblica, debba realizzare l'esigenza di tutela, non solo mediante misure cogenti idonee al risultato, ma, altresì, mediante la scelta, tra le varie tipologie di intervento, di quello meno afflittivo per il privato. In conseguenza, quindi, in caso di condanne penali risalenti in capo a soggetti che in seguito abbiano beneficiato anche della riabilitazione intervenuta, al Prefetto compete di effettuare una valutazione caso per caso, di natura discrezionale e secondo i canoni della ragionevolezza e della proporzione, al fine di verificare la effettiva ed attuale affidabilità nel possesso di armi e munizioni da parte del soggetto interessato (quale titolare di una licenza di porto di armi o richiedente)» –:

   se non ritenga, in considerazione della richiamata giurisprudenza, di assumere iniziative normative volte a chiarire che l'articolo 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in base ai princìpi di ragionevolezza e di proporzione di rango costituzionale, deve essere interpretato nel senso che, in caso di riabilitazione penale dell'interessato, venga meno l'ostatività al rilascio della licenza di porto d'armi.
(4-00386)


   CECCANTI, PRESTIPINO e MORANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della trasmissione televisiva «Mezz'ora in più» del 6 maggio 2018 il deputato del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha dichiarato: «in questi giorni ho incontrato degli esponenti delle forze dell'ordine che hanno condotto una grande inchiesta che non possiamo dire ma che è arrivata alla ribalta nazionale. Dopo quell'inchiesta il loro nucleo è stato smembrato»;

   il quotidiano La Stampa del giorno 7 riferisce che non meglio precisate fonti del Movimento 5 Stelle avrebbero confermato l'ipotesi che si tratterebbe di un riferimento alla vicenda Consip –:

   quali iniziative intendano assumere nell'ambito delle proprie competenze, per verificare se vi siano state violazioni del principio della neutralità delle forze dell'ordine, con connessioni anomale rispetto ad indagini in corso.
(4-00388)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si è appreso che a Roma, nella scuola elementare statale «Baccarini», è stato deciso di non celebrare, come di consueto, attraverso la preparazione di piccoli doni, la festa della mamma, che cadeva quest'anno domenica 13 maggio;

   è diffusa la preoccupazione che la decisione di ignorare la ricorrenza della festa della mamma finisca per non tutelare adeguatamente le famiglie eterosessuali;

   non è la prima volta che la tutela delle coppie omogenitoriali si risolve nell'assurda discriminazione delle famiglie tradizionali, composte da un padre e una madre, e tutelate dalla carta costituzionale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se le notizie citate corrispondano al vero;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per acquisire ulteriori informazioni in merito e per garantire la celebrazione della ricorrenza dedicata alla figura materna in tutte le scuole italiane.
(4-00278)


   VIETINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   molti docenti Itp (insegnanti tecnico pratici) che, in seguito agli interventi normativi di riforma del sistema di istruzione si sono trovati in situazione di esubero, si sono riconvertiti sulle attività di sostegno frequentando appositi corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno a tal fine istituiti, e destinati specificamente al personale docente appartenente a classi di concorso in esubero, ai sensi della delibera del direttore generale 16 aprile 2012;

   i docenti ex Itp oggi riconvertiti sul sostegno, sono inseriti nella tabella B delle classi di concorso (ex tabella C), mentre i loro colleghi abilitati su materie teoriche sono inseriti in tabella A delle classi di concorso;

   ad oggi, i docenti ex Itp riconvertiti sul sostegno sono inquadrati al VI livello tabellare, mentre i colleghi provenienti dalle classi di concorso in tabella A, sono inseriti nel VII livello tabellare, con evidenti conseguenze dal punto di vista dei livelli retributivi: i docenti ex Itp infatti presentano livelli stipendiali più bassi rispetto agli altri colleghi, pur svolgendo lo stesso servizio;

   le attività di insegnamento su posti di sostegno rappresenta un'attività impegnativa e delicata che vede i docenti esposti allo stesso tipo di responsabilità, compiti e mansioni; di conseguenza, la differenza di trattamento retributivo appare discriminatoria e si basa sull'erroneo presupposto della diversa classe di concorso di provenienza dei docenti;

   la legge n. 107 del 2015 ha voluto focalizzare la massima attenzione sul ruolo del docente di sostegno nell'ambito delle strategie di inclusione degli studenti con disabilità;

   la materia dovrebbe certamente essere prioritariamente oggetto di modifiche in sede di contrattazione collettiva tra Ministero e organizzazioni sindacali;

   gli insegnanti di sostegno vengono formati in tale disciplina attraverso un corso di specializzazione, indipendentemente dalla classe disciplinare di provenienza, in virtù dell'autonomia funzionale riconosciuta alla categoria degli insegnanti di sostegno rispetto alla contrapposta categoria dei docenti su posto ordinario ripartiti per classe di concorso –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative volte a individuare soluzioni al riguardo e a garantire la parità di livello stipendiale e retributivo tra docenti che hanno lo stesso incarico, superando la discriminazione oggi esistente nei confronti dei docenti provenienti dalla ex tabella C delle classi di concorso, oggi tabella B, anche promuovendo – se necessario – la formazione di tavoli di discussione tra le organizzazioni sindacali rappresentative dei docenti in questione e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine dell'inquadramento definitivo di tale personale nel VII livello retributivo.
(4-00302)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il dipartimento di scienze giuridiche dell'università di Verona, unitamente al dipartimento di scienze umane dello stesso ateneo, a Politesse (Centro di ricerca politiche e teorie della sessualità in collaborazione con sportello migranti Lgbti, Pianeta Milk e Asgi) e all'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione hanno organizzato una giornata di studi e formazione sulle migrazioni Lgbt dal titolo «Richiedenti asilo, orientamento sessuale identità di genere», un importante approfondimento di studio e ricerca che vedeva il coinvolgimento di docenti, avvocati esperti sul tema, filosofi del diritto, scienziati politici e la partecipazione di diverse associazioni locali per i diritti Lgbt;

   l'iniziativa, aperta non solo agli studenti, ma anche agli operatori nell'ambito dell'accoglienza e a tutta la cittadinanza, si sarebbe dovuta svolgere il 25 maggio 2018, tuttavia è stata sospesa e rinviata a data da destinarsi. La discutibile scelta del rettore, professor Nicola Sartor, è stata assunta a seguito di gravi intimidazioni da parte di fazioni di estrema destra e neofasciste che si sono opposte all'evento rilasciando dichiarazioni omofobe e razziste, arrivando a minacciare di bloccare l'iniziativa con la forza, come scritto sulla pagina facebook del gruppo di Forza Nuova veronese dove, in riferimento al convegno, si legge: «va vietato; o ci pensa qualcuno o lo impediremo noi!»;

   a Verona, città purtroppo non nuova a episodi di questo genere che nell'ultimo periodo si stanno intensificando in maniera allarmante, è stato inscenato un terribile spettacolo mediatico in cui la violenza della propaganda di estrema destra ha piegato l'istituzione accademica. La Carta costituzionale sancisce che l'università deve garantire pluralismo ideologico e di insegnamento, ma i fatti dicono il contrario; l'ateneo veneto non si è mostrato come luogo di ricerca, studio e approfondimento libero da vincoli e condizionamenti esterni, bensì l'esatto opposto;

   ad avviso dell'interrogante la decisione di annullare il convegno assunta dal rettore Sartor, assecondando la volontà di movimenti antidemocratici e dando loro una infondata agibilità politica, trasmette un preoccupante messaggio secondo cui la violenza vince, le minacce ottengono risultati, le pratiche e l'ideologia neofasciste, xenofobe e omofobe hanno la meglio sulla lotta alle discriminazioni, sull'accoglienza e sulla tutela dei diritti e della conoscenza. Ne è riprova la dichiarazione di vittoria da parte degli ambienti di estrema destra. Luca Castellani, coordinatore Nord Italia di Forza Nuova, che aveva descritto il convegno come una «pagliacciata» commenta «avevamo detto una settimana fa che lo avremmo impedito, anche con la forza (...). Ci ha pensato il Rettore, saggia decisione», confermando l'intimidazione e mostrando non celata soddisfazione –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo alle ragioni del mancato svolgimento dell'evento e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché siano garantiti i principi contenuti negli articoli 3, 21 e 33 della Costituzione.
(4-00311)


   TRANCASSINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge 991 del 1952 recante «Provvedimenti in favore dei territori montani» definisce comuni montani quelli che hanno l'80 per cento della superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine o un dislivello maggiore di 600 metri;

   la classificazione dei comuni per grado di montanità prevede la suddivisione degli stessi in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani», così come trasmessa dall'Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani) all'Istat ai sensi dell'articolo 1 della citata legge;

   secondo tale classificazione 57 comuni sui 73 della provincia di Rieti risultano essere totalmente montani;

   il decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge 143 del 2004 recante «Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2004-2005, nonché in materia di esami di Stato e di Università» stabilisce che «Si intendono quali scuole di montagna quelle di cui almeno una sede è collocata in località situata sopra i 600 metri dal livello del mare»;

   il suddetto criterio non è rispondente alla realtà di un territorio montano, poiché in moltissimi casi gli edifici scolastici sono collocati a valle rispetto ai centri abitati e comunque non si tiene conto delle disagevoli condizioni di viabilità né della dispersione degli insediamenti abitativi;

   con il riconoscimento della scuola di montagna si abbassano tutte le soglie minime per garantire l'autonomia degli istituti scolastici e si evita il sovraffollamento delle classi dovuto all'accorpamento delle stesse anche in forma di pluriclassi;

   l'accentramento dei servizi pubblici in un territorio caratterizzato da scarsa densità abitativa, come quello della provincia di Rieti, peggiora la qualità della vita –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno valutare la necessità di assumere iniziative volte a modificare la legge 4 giugno 2004, n. 143 al fine di riconoscere quali scuole di montagna quelle collocate nei comuni totalmente montani.
(4-00323)


   DARA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nella circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sugli organici 2018/2019 e sui tetti massimi di alunni previsti per classe, questi ultimi oscillano tra i 22 e i 30 a seconda che si tratti di scuole dell'infanzia, elementari, medie o superiori e che si sia in presenza o meno di studenti con disabilità o di iscrizioni in eccedenza;

   la costante riduzione del personale scolastico si è tradotta in una costante riduzione delle sezioni. In vista del prossimo anno scolastico, molti genitori della provincia di Mantova hanno firmato una lettera-appello inviata al dirigente dell'istituto comprensivo di Canneto sull'Oglio e al provveditore, per segnalare la situazione che si va delineando: i loro figli a settembre 2018 inizieranno la scuola secondaria di primo grado nel comune di Acquanegra, dove si intende formare un'unica classe prima composta da 32 alunni;

   dopo anni di carenza di studenti, per una volta che la sezione non rischiava di saltare grazie ad un buon afflusso di iscrizioni, si è voluto formare una sola classe con oltre 30 alunni, mettendo in discussione ogni logica di didattica corretta;

   un numero così elevato di studenti va contro ogni possibilità di svolgere lezioni in modo efficiente; la gestione di così tanti adolescenti non può che pregiudicare l'attenzione necessaria alle esigenze dei ragazzi;

   il decreto ministeriale n. 331 del 1998 prevede la formazione di un'unica classe «qualora il numero degli iscritti sia inferiore a 30», ma nella sezione in questione si è in presenza di un alunno disabile che abbassa il limite e il numero per la formazione delle sezioni a 20 alunni;

   quanto alle norme che regolano la capienza massima delle classi, esistono numerose sentenze di Tar regionali che sanciscono la non derogabilità delle stesse;

   il ricordo del sisma del 2012 è poi ancora vivo e con esso la preoccupazione per gli spazi ristretti che metterebbero a rischio qualsiasi tipo di sicurezza in caso di evacuazione;

   secondo le affermazioni del provveditore gli iscritti alla prima media di Acquanegra sarebbero 30 e non risulterebbero studenti certificati (disabili);

   ai genitori risultano invece 32 alunni che rischiano di diventare 35 con le bocciature delle classi superiori;

   la formazione degli organici delle future classi sarà l'oggetto di un incontro in programma tra pochi giorni tra i rappresentanti degli insegnanti e il provveditore prima di un confronto con l'amministrazione;

   il problema delle classi sovraffollate, oltre a ledere i diritti degli alunni, riguarda anche gli insegnanti, in quanto gestire sezioni con 25 o 32 alunni è cosa ben diversa in termini di qualità della didattica;

   non bisogna dimenticare inoltre che di eventuali conseguenze derivanti da situazioni non a norma di legge risponderanno penalmente i dirigenti scolastici –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di evitare che anche nel prossimo anno scolastico si verifichi il fenomeno del sovraffollamento scolastico;

   se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, in relazione alla formazione delle classi nella provincia di Mantova e nello specifico nella scuola secondaria di primo grado del comune di Acquanegra.
(4-00341)


   AZZOLINA, CARBONARO e MELICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   antecedentemente al decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 non erano state previste/distinte classi di concorso per ogni strumento insegnato nei licei musicali. I docenti erano impiegati presso i predetti percorsi sulla base delle disposizioni transitorie fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, e delle disposizioni contrattuali in qualità di utilizzati, sulla base delle abilitazioni nelle classi A031, A032, A077, facendo valere, per l'individuazione dell'avente titolo rispetto ai singoli strumenti, l'abilitazione strumentale per la A077, ovvero il titolo Afam. Le segreterie scolastiche dovevano poi procedere ad inserimenti manuali delle specificazioni: ad esempio A031; violino; A032; basso elettrico; ogni strumento non aveva quindi la sua classe di concorso;

   con il decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento» le classi di concorso sono state razionalizzate e accorpate. Il decreto del Presidente della Repubblica in parte appare, però, privo di criteri direttivi univoci e lacunoso. Nella tabella A, codice A-55, relativa all'insegnamento degli strumenti musicali nei licei, pure nella vigenza, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, e dunque dei bienni specifici completati dall'anno di tirocinio formativo attivo, sono confluiti indistintamente i titoli Afam relativi sia alla «Musica classica» sia alla «Musica Jazz». All'attuale stato dei fatti però gli strumenti di musica classica hanno una loro classe di concorso specifica, ad esempio la AB55 per la chitarra, la AC55 per il clarinetto; gli strumenti jazz, non sono invece stati disciplinati, creando non poche complicazioni per le segreterie, i docenti e gli studenti;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha provveduto alla creazione di un codice per ogni specifico strumento di jazz;

   la lacuna normativa ha quindi gettato i licei musicali nella confusione. Alcune scuole, in mancanza di codici disciplinari specifici, hanno addirittura cancellato le classi jazz e il relativo insegnamento, pur non essendovi alcuna indicazione in tal senso da parte del Ministero dell'università e della ricerca. Non è garantita agli studenti la possibilità di scegliere il proprio percorso scolastico perché i genitori dei medesimi spesso sono indotti a firmare un foglio che prevede il passaggio dal jazz al classico;

   in assenza di classi di concorso specifiche, non si è potuto bandire alcun posto a cattedra in occasione del concorso 2016, come si evince dal contingente allegato al bando di cui alla delibera del direttore generale n. 106 del 2016;

   ai sensi dell'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo n. 59 del 2017, «al fine di assicurare la coerenza tra gli insegnamenti impartiti, le classi disciplinari di titolarità dei docenti e le classi dei corsi di laurea, dei corsi di laurea magistrale e dei corsi di diploma di I e di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, (...) con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca le classi di concorso sono riordinate e periodicamente aggiornate (...)»;

   con decreto ministeriale n. 259 del 2017 si è già proceduto a una prima revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, volta a correggerne i numerosi errori materiali, utilizzando dunque uno strumento di rapida e duttile predisposizione –:

   se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per confermare la musica jazz negli ordinamenti del liceo musicale e consequenzialmente, per procedere all'immediata integrazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016.
(4-00351)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 il dirigente scolastico dell'istituto «Olivelli Putelli» di Darfo Boario (Brescia) aveva diffuso una circolare con un invito rivolto solo a studenti maschi delle classi 4a e 5a, per dare lezioni di italiano ai richiedenti asilo ospitati nei comuni limitrofi della Val Camonica (Gianico, Ossimo, Borno e Pian Camuno), nell'ambito del progetto volontariato in collaborazione con cooperativa sociale Pro Ser Valle Camonica O.n.l.u.s.;

   l'attività svolta è stata riconosciuta ai fini dell'attribuzione del credito scolastico;

   questa discriminante in base al sesso era stata decisa - come ha spiegato il dirigente scolastico nella circolare – per ragioni di «affinità»;

   questo all'interrogante non sembra essere un bell'esempio di integrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda appurare per quale motivo siano state discriminate le studentesse;

   se intenda fornire chiarimenti in merito a tale iniziativa che, a parere dell'interrogante, è stata del tutto inopportuna da parte di un'autorità scolastica statale.
(4-00357)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nell'anno scolastico 2017-2018, in una classe di seconda media della scuola Puecher di via Castellino da Castello di Milano, zona Mac Mahon, in un'aula in cui, su venti alunni, sei hanno origine straniera, l'insegnante di lettere aveva tenuto una lezione sul tema dello «Ius soli» a cui era stato invitato a parlare l'avvocato Alessandro Giungi, che si occupa di diritto di cittadinanza ed è anche un ex consigliere comunale Pd;

   al suo fianco era presente il consigliere del Pd del municipio 8 Paolo Romano, che è anche coordinatore dei giovani democratici di Milano;

   far parlare in una scuola esponenti di una sola parte politica senza invitare chi, sul tema dello «Ius soli», la pensa diversamente, è da considerarsi, secondo gli interroganti, un vero e proprio abuso;

   affrontare questi argomenti con ragazzini di 12 anni, troppo giovani per capire i diversi risvolti del problema, finisce per produrre, secondo gli l'interroganti, effetti davvero manipolatori di propaganda politica;

   tutti i soggetti coinvolti avevano adottato una linea di difesa negando la realtà dei fatti: la dirigente scolastica respingeva le accuse dicendo che gli ospiti avevano parlato dell'argomento in maniera neutra, nello spirito dei dibattiti che erano organizzati sugli argomenti più disparati;

   Giungi riferiva di essere semplicemente andato a scuola a parlare del concetto di cittadinanza, partendo dai greci e dai romani, illustrando l'attuale situazione normativa, in quanto avvocato che si occupa anche di queste materie;

   Romano spiegava che si trovava a scuola per visionare spazi da poco inaugurati, e si era poi intrattenuto durante l'incontro con ragazzi 12enni –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere adeguate iniziative nei confronti della dirigente della scuola media Puecher dove due noti esponenti locali del Pd hanno tenuto la citata una lezione agli studenti, di fatto indottrinandoli sullo «Ius soli».
(4-00364)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico per sapere – premesso che:

   in data 7 aprile 2015 le società facenti parte del gruppo Mercatone Uno, hanno presentato istanza al Ministero dello sviluppo economico per ottenere l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria;

   con decreto del 7 aprile 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha disposto l'ammissione delle società alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, nominando i commissari straordinari i quali hanno successivamente presentato il programma, autorizzato in seguito dallo stesso Ministero;

   dopo due tentativi di disciplinare di gara il Ministero ha autorizzato i commissari ad avviare la procedura di vendita a trattativa privata. Cosmo S.p.A. ha presentato un'offerta di acquisto, accettata dai commissari, autorizzati dal Ministero dello sviluppo economico;

   la Cosmo S.p.A. e un soggetto economico gestore di medie e grandi strutture di vendita, la cui attività si è focalizzata non solo sul commercio di beni prodotti da terzi, ma anche sulla produzione e sulla distribuzione di prodotti contraddistinti da marchi propri;

   nell'accordo sindacale una delle condizioni sospensive cui è subordinata l'efficacia del contratto di cessione è la seguente: «la trasformazione da Full time a Part Time di rapporti di lavoro trasferiti è condizione essenziale per il funzionamento del nuovo modello organizzativo che la Cessionaria intende adottare per perseguire, in termini di flessibilità, efficienza ed efficacia, il rilancio dei Punti di Vendita acquisiti, che opereranno con il marchio “Globo”»;

   laddove la ristrutturazione dei punti vendita non fosse ancora completata, la cessionaria dovrà fare ricorso al trattamento di integrazione salariale straordinario. Inoltre, il programmato trasferimento dei rami d'azienda non riguarderà tutti i lavoratori dipendenti addetti al perimetro di cessione, attualmente pari n. 566, ma interesserà complessivamente n. 196 rapporti di lavoro;

   dagli organi di stampa si apprende che nel caso della Lucchesia si teme il licenziamento di 91 lavoratori complessivamente tra i punti vendita di Altopascio e Lucca. Così da una settimana nel negozio sito ad Altopascio i dipendenti hanno impedito la svendita totale della merce del negozio e dato vita a un presidio ad oltranza che proseguirà fino a quando non sia prevista un'assemblea per decidere se intensificare la protesta contro gli annunciati tagli dei posti di lavoro. Lo stesso è accaduto anche nel comune di Colle Val d'Elsa, dove sono coinvolti 49 dipendenti;

   inoltre, si legge in una nota della Filcams Cgil di Genova che: «A seguito dell'avvenuta illustrazione da parte dei commissari straordinari al ministero dello sviluppo economico in merito ai contenuti dell'autorizzazione ministeriale all'aggiudicazione dei compendi aziendali, che prospetta per il punto vendita genovese il passaggio alla società Cosmo spa attraverso il marchio globo, unico offerente, dichiara sciopero con presidio a sostegno dell'imminente trattativa nazionale» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i suoi orientamenti in merito; se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla situazione in cui versano i lavoratori coinvolti a seguito dell'operazione di vendita, così come presentata, sia con riferimento alla continuità dei livelli occupazionali e alle competenze acquisite, sia con riferimento alla ricollocazione occupazionale dei dipendenti rimasti esclusi;

   se intenda adottare per quanto di competenza, iniziative volte ad accertare le scelte compiute nella fase di vendita.
(2-00024) «Speranza, Fornaro».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   secondo alcune stime riportate dai principali organi di stampa nelle scorse settimane, in Italia più di 4,1 milioni di persone utilizzano spesso i servizi offerti dalle piattaforme online di consegna di cibo a domicilio e 8 milioni li utilizzano saltuariamente;

   i fattorini che consegnano cibo ordinato attraverso le piattaforme online, i cosiddetti «rider» sarebbero circa 6 mila, hanno una paga oraria tra i 4 e i sette euro e lavorano in media dieci ore settimanali;

   secondo il presidente dell'Istat Alleva, i lavoratori a bassa qualifica professionale occupati complessivamente nei vari settori della cosiddetta «Gig economy» (che è parte della economia della condivisione dove non sono previste prestazioni lavorative continuative ma solo «on demand», cioè solo quando arriva la richiesta per servizi, prodotti o competenze), sono oltre 550 mila, rappresentando il 2,5 per cento degli occupati in Italia;

   questi lavoratori, il cui numero aumenta continuamente con la crescita dell'economia digitale, non hanno un inquadramento chiaro e adeguato alla tipologia di mansioni eseguite, apparendo sostanzialmente subordinati ma giuridicamente autonomi;

   nel mese di aprile 2018 il tribunale del lavoro di Torino ha emesso la prima sentenza in Italia relativa al settore della gig economy respingendo il ricorso di sei fattorini che avevano impugnato il licenziamento avvenuto dopo gli scioperi del 2016, e che avevano chiesto che fosse loro riconosciuta la qualifica di lavoratori subordinati;

   l'intervento della magistratura, che ha stabilito che questo tipo di lavoratori sono da considerarsi a tutti gli effetti lavoratori autonomi, non ha risolto però la necessità di dotare di un minimo di tutele assicurative, previdenziali e salariali una platea di lavoratori destinata a salire sensibilmente nel numero entro pochi anni;

   una settimana fa a Bologna è stata siglata con il comune di Bologna, Riders Union, le piattaforme di Sgnam e MyMenu e le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil il primo accordo europeo sulla gig economy con applicazione sperimentale sul settore del delivery food. La «Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano» nasce da una proposta del comune di Bologna ed una negoziazione con tutte le parti firmatarie e, pur non incidendo nella qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, individua standard minimi di tutela per i lavoratori, tra cui diritti di informazione, un compenso equo e dignitoso con una paga minima fissa, l'obbligo di coperture assicurative per i rider e per i terzi, l'indennità per condizioni meteorologiche avverse, la sospensione del servizio per condizioni meteorologiche straordinarie che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori, il rispetto della privacy, il divieto di controllo a distanza da parte degli algoritmi fuori dalle prestazioni, la tutela del trattamento dei dati personali e la trasparenza nei contratti;

   anche la regione Lazio si starebbe attivando per definire un analogo provvedimento legislativo finalizzato, tra l'altro, al miglioramento delle tutele assicurative, previdenziali, sanitarie e di sicurezza;

   appare evidente la necessità di regolamentare presto e uniformemente questo settore lavorativo innovativo;

   sono in gestazione disegni di legge ad iniziativa parlamentare per affrontare la questione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo e le iniziative che si intendono porre in essere per affrontare le problematiche esposte in premessa.
(2-00023) «Benamati, De Maria, Carla Cantone, Critelli, Rizzo Nervo».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Alex Villarboito lavora alla Sacal di Carisio (Vercelli), una fonderia attiva fin dalla metà degli anni settanta e specializzata nella raffinazione dell'alluminio, da 17 anni. È anche componente della Rappresentanza sindacale unitaria per la Fiom Cgil, e responsabile dei lavoratori per la sicurezza (Rls);

   il 27 marzo 2018 un suo collega, Renato Regis, cade da una scala, riportando un trauma cranico e al pneumotorace. La Cgil organizza per il giorno seguente (28 marzo) uno sciopero con presidio. Alla stampa locale intervenuta al presidio, Villarboito, in qualità di rappresentante per la sicurezza, commenta l'accaduto, evidenziando le responsabilità dell'impresa e alcuni aspetti critici del lavoro in quello stabilimento;

   a seguito di tale manifestazione, la Sacal ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore, Alex Villarboito motivandolo per «dichiarazioni lesive» dell'onorabilità aziendale, che il 2 maggio 2018 si traduce nell'allontanamento dal sito produttivo –:

   se non ritenga di assumere iniziative, per il tramite dell'Ispettorato nazionale del lavoro, per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori;

   se intenda assumere iniziative normative volte a rafforzare gli strumenti per garantire la piena libertà sindacale e la protezione dei lavoratori, onde evitare che possano ripetersi in futuro casi come quello sopra riportato che, per l'interrogante, costituisce una limitazione dell'azione sindacale.
(4-00253)


   FRATOIANNI e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 13 maggio 2018 alle Acciaierie Venete di riviera Francia, nella zona industriale di Padova, si è verificato l'ennesimo grave incidente sul lavoro che ha coinvolto quattro operai. Di questi, due sono stati colpiti dal getto incandescente di acciaio fuso e sono in condizioni gravissime con ustioni su tutto il corpo e un terzo lavoratore presenta ustioni al 70 per cento;

   l'incidente si sarebbe verificato a causa della rottura di alcuni supporti che sostengono i tubi nei quali scorre l'acciaio allo stato liquido e il materiale incandescente avrebbe investito i dipendenti;

   secondo una prima ricostruzione diffusa dal sindacato metalmeccanici Fiom, si è trattato di un cedimento strutturale avvenuto tra il carroponte e la siviera, l'enorme recipiente di oltre 100 tonnellate con cui viene trasportato l'acciaio fuso. La caduta della siviera ha causato una sorta di enorme deflagrazione, dovuta sia all'impatto di questa col suolo sia alle tonnellate di acciaio liquido schizzato dappertutto, che hanno investito i lavoratori dell'acciaieria;

   sempre secondo la Fiom in nessun caso si può parlare di fatalità, perché già nel recente passato, la stessa organizzazione sindacale avrebbe richiesto che non ci fosse promiscuità tra la movimentazione delle siviere e i dipendenti;

   l'incidente di Padova è solo il più recente e purtroppo neanche l'ultimo di una «guerra civile» in corso in Italia, con vittime quei lavoratori e quei precari che ogni giorno perdono la vita o vengono gravemente menomati sul posto di lavoro;

   incidente di Padova a parte, solo per elencare gli ultimi casi, l'11 maggio 2018 ci sono un morto a Carrara e 2 feriti gravi a Lucca e a Siracusa, il 9 maggio un morto e un ferito in Friuli Venezia Giulia, il 3 maggio un morto e un ferito in Campania, il giorno della Festa del lavoro un morto in Calabria e uno in Liguria;

   si è di fronte ad una vera e propria «mattanza» contro la quale serve un intervento deciso del Governo e del Parlamento, perché non si muore certo per colpa del destino cinico e baro e occorre riaffermare il ruolo pubblico di salvaguardia della salute e della sicurezza;

   il diritto alla salute e alla sicurezza va garantito a tutti i lavoratori e in tutti i luoghi di lavoro;

   l'allungamento degli orari di lavoro contrattuali e di legge, il ricorso all'appalto e spesso al sub appalto, la compressione dei costi di produzione e anche di quelli su salute e sicurezza sono scelte sbagliate che sono spesso alla base dei tragici infortuni che ormai quotidianamente colpiscono i lavoratori e le lavoratrici di questo Paese;

   a parere degli interroganti servirebbero atti forti e significativi, fino ad arrivare alla chiusura di quelle aziende che non rispettano o che non fanno rispettare le regole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, perché chi non rispetta le regole non rispetta la vita delle persone –:

   se il Governo non intenda assumere immediatamente iniziative, per quanto di competenza, per accertare se nell'incidente descritto in premessa vi sia stato il pieno rispetto di ogni procedura legata alta sicurezza sul lavoro e quali siano state le cause dell'incidente;

   se il Governo non intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di diffondere in tutti i luoghi di lavoro la cultura della prevenzione, permettere ed estendere i controlli e aumentare gli ispettori del lavoro che, a parere degli interroganti, sono oggi in numero assolutamente insufficiente a coprire l'intero territorio nazionale.
(4-00275)


   FRATOIANNI, MURONI e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 17 maggio 2018 un operaio della ditta di carpenterie metalliche Ferplast dell'appalto Ilva, Angelo Fuggiano, di 28 anni, è morto in seguito a un incidente avvenuto nel reparto Ima, al quarto sporgente del porto di Taranto gestito dal Siderurgico;

   secondo fonti sindacali, il lavoratore stava provvedendo ad un cambio fune a una delle gru che scaricano i minerali che servono alla produzione dell'acciaio, quando, secondo le prime ricostruzioni, la fune stessa si è staccata dall'alloggiamento del carro ponte colpendolo. Vani sono risultati i tentativi di rianimazione da parte degli operatori del 118;

   appresa la notizia dell'incidente, le organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero immediato dei dipendenti diretti e dell'appalto;

   nel 2012 un altro operaio morì nella stessa zona nel 2012; si chiamava Francesco Zaccaria e stava lavorando in cima a una gru quando l'area dello stabilimento fu investita da una violenta tromba d'aria;

   a parere degli interroganti non è più tollerabile che si continui a morire nei luoghi di lavoro specialmente se, come all'Ilva di Taranto, da mesi le organizzazioni sindacali denunciano le gravi inefficienze relative alla sicurezza dei lavoratori e dell'impianto. Non si può più giocare con la pelle dei lavoratori;

   la gestione commissariale, ad avviso degli interroganti, si è dimostrata inadempiente anche sugli aspetti minimi e basilari della sicurezza del sito che rimane il maggior impianto siderurgico d'Europa. I dispositivi per la sicurezza personale sono latenti e la manutenzione degli impianti è ormai ridotta ai minimi termini;

   a parere degli interroganti, l'Ilva ha la responsabilità di garantire la sicurezza di tutti i lavoratori e soprattutto di quelli che operano nelle imprese di manutenzione e di appalto –:

   se il Governo non intenda adoperarsi per accertare immediatamente, per quanto di competenza, la dinamica di questo incidente mortale e se vi sia stato il pieno rispetto di ogni procedura legata alla sicurezza;

   se non intenda intervenire con tutti gli strumenti necessari e per quanto di propria competenza affinché da subito vengano pienamente assicurati gli standard di sicurezza all'Ilva di Taranto;

   se il Governo non intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di diffondere in tutti i luoghi di lavoro la cultura della prevenzione, permettere ed estendere i controlli, incentivare le imprese a investire in materia di sicurezza sul lavoro e aumentare gli ispettori del lavoro che, a parere degli interroganti, sono oggi in numero assolutamente insufficiente a coprire l'intero territorio nazionale.
(4-00299)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2005 il Villaggio Club Med di Cefalù, nota località turistica della Sicilia, al termine della stagione estiva chiude per una completa ristrutturazione e trasformazione del villaggio, prevedendo la riapertura della struttura per la stagione estiva 2007;

   in data 31 maggio 2005, in vista della suddetta chiusura, le organizzazioni sindacali e la società Club Med firmano un'intesa, riguardante circa ottanta lavoratori, su due punti. Il primo prevede che alla riapertura del villaggio la società rispetterà i diritti di precedenza relativamente a quei lavoratori che avranno esercitato tale facoltà nei termini previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro vigente. Il secondo punto impegna la società ad adoperarsi per segnalare alle imprese incaricate della ristrutturazione i lavoratori che siano in possesso delle qualificazioni professionali di cui dette imprese possano aver bisogno, in modo da favorirne l'occupazione presso le medesime;

   i lavori di ristrutturazione e trasformazione del villaggio turistico Club Med di Cefalù si sono conclusi nel 2018, con un ritardo di undici anni secondo le previsioni iniziali, anni in cui l'azienda non ha mai ottemperato agli impegni assunti avendo, invece, proceduto al recruitment di personale neo assunto fuori dal predetto bacino;

   la riapertura del villaggio prevista per giugno 2018, vede quindi disatteso l'accordo siglato dalla società Club Med anche per quanto riguarda il rispetto del punto uno dell'intesa sopra citata, in quanto la società non ha rispettato il diritto di precedenza dei lavoratori, tutti con mansioni e qualifiche ben precise e che si sono formati presso la stessa azienda ricorrendo, invece, a nuove assunzione per reclutare le stesse figure con le medesime competenze;

   il legale del Club Med ritiene ormai prescritto l'accordo siglato nel 2005, ma tale diritto si prescrive dopo, e soltanto dopo, che il Club è pronto a mantener fede ai suoi impegni; non è certamente colpa dei lavoratori del bacino il ritardo di undici anni per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione del villaggio né tanto meno è possibile ledere i diritti di questi ultimi garantiti dallo statuto dei lavoratori;

   sicuramente non possono essere gli ex lavoratori Club Med a fare le spese di ritardi e di transazioni societarie messe in atto dall'azienda in questi anni, né tanto meno si possono creare, sempre a causa delle aziende, le condizioni per uno scontro tra vecchi e nuovi lavoratori del villaggio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se intenda attivare un tavolo di confronto tra sindacati e azienda, affinché vengano rispettati gli accordi sindacali siglati nel 2005.
(4-00316)


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   già nella XVII legislatura, con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-06206 del 259 luglio 2015, rimasto privo di risposta, si richiamava l'attenzione del Governo pro tempore sulla grave situazione di dissesto economico dell'Enpapi, l'ente di previdenza di infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia, che esercitano la professione in forma autonoma, associata o in cooperativa;

   in particolare, più volte, sin dalla XVI legislatura, si chiedeva di fare piena luce sulle scelte strategiche, sugli investimenti e sulle spese per gli organi statutari effettuate dall'Enpapi;

   sempre nella XVII legislatura, con altro atto di sindacato ispettivo, anch'esso rimasto privo di risposta, l'interrogazione n. 4-18950 del 22 dicembre 2017, si rimarcava l'opacità gestionale dell'ente, emersa anche nell'audizione in Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale del 16 novembre 2017;

   in quella sede, infatti, la commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha audito il presidente dell'Enpapi, Mario Schiavon, ed è stata data pubblicità all'audizione mediante video; durante l'audizione, con riferimento all'affidamento di un incarico di lobbying, veniva chiesto espressamente al presidente Schiavon se tale incarico fosse retribuito;

   a tale domanda il presidente Schiavon rispondeva: «È probabile», nonostante risultasse in realtà affidato a mezzo determina del presidente Schiavon, in data 9 novembre 2017, un incarico di lobbying, con un costo di 16.000 euro più Iva –:

   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per procedere al commissariamento dell'Enpapi.
(4-00350)


   SPERANZA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da quanto emerge dagli organi di stampa (La Repubblica-cronaca di Milano), un operaio marocchino di 61 anni è stato licenziato dall'azienda Greif Italia S.p.a., ramo italiano di una multinazionale che produce taniche e altri contenitori a Melzo, in provincia di Milano, dopo trentanni di lavoro nella stessa azienda. Inoltre, tale lavoratore ha dovuto convivere con una pesante disabilità per quasi tutta la sua vita lavorativa, considerato che nel 1991 ha perso una mano;

   la ragione di tale decisione, si legge nella lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo con esonero dal preavviso, è dovuta all'installazione di una macchina, denominata «Paint cap applicator», che svolge in automatico il medesimo lavoro sinora da lui svolto ed è stata così soppressa la sua posizione lavorativa. Nello specifico, l'operaio era deputato alla posa dei tappi provvisori sui flaconi appena prodotti, prima della verniciatura. L'azienda ha riconosciuto all'uomo l'indennità prevista dalla legge. L'operaio, in vista del fatto che è prossimo alla pensione (appena quattro anni), aveva richiesto il pagamento dei contributi, ma un tentativo di conciliazione, mediato dai sindacati, sarebbe fallito;

   Industria 4.0 è un processo generato da trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri, finalizzato alla produzione industriale automatizzata e interconnessa. La legge di bilancio per il 2017 ha realizzato una serie di misure per sostenere la svolta produttiva Industria 4.0. Sulle misure del «superammortamento» e dell’«iperammortamento» è intervenuta anche la legge di bilancio per il 2018, che ne ha previsto, ai commi da 29 a 36 dell'articolo 1, la proroga per l'anno 2018, consentendo alle imprese e ai professionisti di maggiorare le quote di ammortamento dei beni strumentali, a fronte di nuovi investimenti effettuati. In particolare, il comma 29 proroga al 2018 il cosiddetto superammortamento, cioè l'agevolazione fiscale relativa agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, introdotta dalla legge di stabilità 2016 e già prorogata dalla legge di bilancio 2017. Per il 2018 l'aumento del costo di acquisizione è pari al 30 per cento e sono esclusi dalla misura gli investimenti in veicoli e gli altri mezzi di trasporto. Il comma 30 proroga al 2018 il cosiddetto iperammortamento, che consente di maggiorare del 150 per cento il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi, funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale secondo il modello Industria 4.0, a condizione che, entro la data del 31 dicembre 2018, il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione; il comma 32 ha modificato l'elenco dei beni materiali strumentali cui si applica l’«iperammortamento», includendovi alcuni sistemi di gestione per l’e-commerce e specifici software e servizi digitali. I commi 35 e 36 consentono, a specifiche condizioni, che le misure agevolative si applichino anche qualora le imprese pongano in essere investimenti sostitutivi, nel periodo di fruizione della maggiorazione degli ammortamenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti e quali siano i loro orientamenti in merito, e se intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla situazione dei lavoratori disabili, come nel caso dell'operaio di cui in premessa, che ha una disabilità tale da rendere difficoltosa la ricerca di un nuovo impiego;

   se i Ministri interrogati intendano assicurare, per quanto di competenza, iniziative volte ad accertare se l'azienda in questione abbia usufruito degli sgravi previsti da Industria 4.0 e se intendano avviare una riflessione sulle misure da adottare per intere generazioni di lavoratori, il cui mestiere verrà sostituito con computer e macchinari.
(4-00356)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   durante la scorsa legislatura, la mozione sulla previdenza sociale, a prima firma dell'interrogante, presentata il 30 aprile 2014, discussa il 16 marzo 2015, ed approvata dall'Assemblea della Camera con parere favorevole del Governo pro tempore il 19 marzo 2015, impegnava il Governo medesimo, tra l'altro, ad aggiornare le convenzioni internazionali di sicurezza sociale con i Paesi terzi che risultassero obsolete in seguito ai cambiamenti intercorsi nell'economia e nella società, a garanzia di una più adeguata, efficace ed ampia tutela previdenziale;

   tra gli accordi bilaterali da aggiornare vi è anche l'accordo bilaterale di sicurezza sociale Italia-Stati Uniti, del 1973, che non contempla alcune categorie di lavoratori; tale necessità è stata ravvisata anche in occasione di un convegno che l'interrogante ha organizzato a New York, il 30 ottobre 2015, con la partecipazione di dirigenti dell'Inps, di Patronati e pensionati, oltre che altri colleghi venuti dall'Italia;

   infatti, oggi sono presenti nel mondo del lavoro italiano in Usa nuove figure professionali e quindi risulta importante lavorare per introdurre nella convenzione di sicurezza sociale con gli Stati Uniti quelle categorie di lavoratori finora escluse, in particolare gli iscritti all'ex-Inpdap, ora gestita dall'Inps, che spesso hanno posizioni previdenziali presso tale istituto e che non possono chiedere una prestazione a causa della mancata convenzione fra i due Paesi. Si assiste, in tali casi, ad una disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati. Infatti, i lavoratori privati usufruiscono di un accordo bilaterale tra Italia e Usa (Social security administration statunitense (SSA)). I lavoratori pubblici invece non ne beneficiano;

   il 2 dicembre 2015, l'interrogante ha inviato una lettera all'allora Sottosegretario Mario Giro, dove chiedeva di adoperarsi affinché venisse posta, al più presto, nell'agenda del Governo, la modifica della Convenzione sulla sicurezza sociale tra l'Italia e gli Usa, in maniera che fossero contemplati anche quei lavoratori esclusi dalla Convenzione. Il 5 maggio 2016, l'allora Ministro Gentiloni, in risposta alla richiesta di informazioni dall'interrogante fatta con lettera inviatagli il 15 aprile 2016, ha scritto: «La informo che (...) sono state accolte le proposte di estendere le tutele previdenziali a categorie di lavoratori finora escluse, come i dipendenti pubblici. Le confermo quindi che la revisione dell'Accordo rientra tra quelli considerati prioritari dal Governo»;

   inoltre, in occasione dell'interrogazione presentata dalla sottoscritta al Ministro pro tempore Poletti, del 22 febbraio 2017, egli ha confermato che il Governo stava lavorando per avviare il negoziato e che la modifica dell'accordo bilaterale di sicurezza sociale Italia-Stati Uniti era nell'agenda del Governo –:

   se i Ministri interrogati intendano fornire indicazioni circa l'iter e quindi anche i tempi previsti per aggiornare l'accordo in questione e quindi porre fine ad una discriminazione tra categorie di lavoratori italiani all'estero.
(4-00361)


   SIRACUSANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo notizie apparse sulla stampa locale sarebbe imminente la chiusura della sede dell'Inps di Barcellona Pozzo di Gotto i cui uffici dovrebbero essere trasferiti a Milazzo, per l'esattezza presso la sede dell'Inail della città;

   il trasferimento della sede dell'Inps determinerebbe, in maniera evidente, problemi ai cittadini di Barcellona Pozzo di Gotto – soprattutto a quella parte più fragile, quali anziani e disabili – che dovrebbero percorrere circa 20 chilometri per poter accedere al servizio;

   Barcellona Pozzo di Gotto è il secondo comune della provincia e il più popoloso e risulta quindi poco comprensibile la decisione di trasferire la sede di un servizio così importante come quello dell'Inps in una località con utenza numericamente minore;

   si aggiunge a queste considerazioni che la sede individuata sembrerebbe non essere idonea, soprattutto per quanto riguarda l'entità degli spazi, ad ospitare i dipendenti dell'Inps e dell'Inail contemporaneamente;

   a tal fine, l'amministrazione comunale di Barcellona Pozzo di Gotto avrebbe dichiarato la propria disponibilità a fornire locali comunali per allocare la sede dell'Inps;

   risulta all'interrogante che l'Inps stia predisponendo un piano di riordino dei suoi uffici territoriali sulla base del quale l'istituto avrebbe ipotizzato la chiusura di quelli non corrispondenti ad almeno due dei seguenti parametri: bacino di utenza di almeno 60.000 abitanti; almeno 10 unità di personale in forza; quota di popolazione di copertura del servizio calcolata tenendo conto della percentuale di popolazione in grado di raggiungere più di una struttura dell'Inps nell'ambito della stessa provincia, a partire dal comune di residenza, utilizzando mezzi propri, entro un tempo massimo di 30 minuti, che deve risultare non superiore al 60 per cento –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di trovare soluzioni adeguate affinché i diversi uffici locali dell'istituto nazionale della previdenza sociale abbiano sedi idonee e affinché siano evitati la chiusura e il trasferimento della sede dell'Inps di Barcellona Pozzo di Gotto, evitando, di conseguenza, costi e disagi a carico di cittadini, utenti e dipendenti;

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché una eventuale riorganizzazione degli uffici territoriali dell'istituto sia definita sulla base delle specifiche situazioni territoriali.
(4-00379)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, ha introdotto una misura nazionale di contrasto alla povertà, prevedendo, a decorrere dal 1° gennaio 2018, l'istituzione del reddito di inclusione – Rei – quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale;

   il Rei si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta Rei), e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà;

   il Rei è riconosciuto, su richiesta, ai nuclei familiari che risultano, al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, in possesso congiuntamente dei requisiti indicati nell'articolo 3 del citato decreto;

   l'articolo 1 del decreto stabilisce che all'attuazione territoriale del Rei provvedono i comuni coordinandosi a livello di ambito territoriale e svolgendo le funzioni di cui all'articolo 13. Le regioni e le province autonome adottano specifici atti di programmazione per l'attuazione del Rei con riferimento ai servizi territoriali di competenza, anche nella forma di un piano regionale per la lotta alla povertà di cui all'articolo 14 e possono rafforzare il Rei con riferimento ai propri residenti a valere su risorse regionali, secondo le modalità di cui al medesimo articolo 14;

   lo stesso articolo dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile dell'attuazione, del monitoraggio e della valutazione del Rei;

   da notizie giunte all'interrogante e riportate da articoli di stampa, risulta che nella regione Friuli Venezia Giulia si stiano verificando ingiustificabili ritardi nell'erogazione delle misure di sostegno, con gravi disagi per le famiglie in difficoltà;

   con riferimento alla regione suddetta, con la delibera regionale n. 186 del 2 febbraio 2018, è stata modificata la competenza dell'assegnazione degli assegni, non più in capo ai comuni, ma all'Inps;

   nei giorni scorsi, presso l'Inps di Gorizia si è svolta una manifestazione di protesta e in tutta la regione le persone in attesa hanno segnalato i disagi derivanti dai ritardi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se intenda intraprendere le opportune iniziative per garantire l'uniformità della prestazione sul territorio, nel rispetto delle procedure e delle competenze delle regioni ad autonomia differenziata in materia di finanza pubblica.
(4-00380)


   FRATOIANNI e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 9 maggio 2018 presso il cantiere della Fincantieri di Monfalcone (Gorizia), un giovane operaio di 19 anni, impiegato in una ditta che lavora in appalto, ha perso la vita in un incidente sul lavoro. Sarebbe stato schiacciato da un blocco di cemento del peso di circa 700 chili che si è staccato da una gru;

   il 25 maggio 2018 è andata in onda su Rai 2, nell'ambito della trasmissione «Nemo», un'approfondita inchiesta curata da Valentina Petrini e Giuseppe Ciulla sulle condizioni di lavoro e sugli standard di sicurezza all'interno del sito cantieristico di Monfalcone;

   dall'inchiesta, attraverso testimonianze dirette e documentazioni varie, emerge che la maggior parte delle lavorazioni per la costruzione delle navi, è affidata in appalto e subappalto a ditte esterne: sono all'incirca 450 le imprese che gravitano intorno al cantiere. Con l'evidente difficoltà oggettiva e soggettiva nel coordinare tutti i vari processi lavorativi per evitare interferenze e situazioni di pericolo;

   dall'inchiesta si evince che moltissimi casi di infortuni ed incidenti vari, non vengono denunciati alle autorità sanitarie e del lavoro;

   il settore del controllo ispettivo per la sicurezza sul lavoro è fortemente carente. Dalle dichiarazioni ufficiali rese alla trasmissione «Nemo», si ha il quadro preciso delle disponibilità: 5 ispettori per la zona del Basso Friuli, a fronte di una realtà produttiva estesa ed impegnativa dal punto di vista dei necessari controlli;

   nelle settimane scorse, le organizzazioni sindacali hanno inviato un documento ai servizi ispettivi e alla medicina del lavoro della bassa friulana per denunciare «irregolarità nell'uso di strumenti di lavoro e di precarie condizioni lavorative, svolte senza adempiere ai minimi criteri di sicurezza a bordo nave in fase di allestimento»;

   nella stessa inchiesta già menzionata, si affronta anche la questione delle forme di reclutamento dei lavoratori precari nelle imprese in appalto e subappalto all'interno di Fincantieri: con decurtazioni illegali del salario, pagamenti a discrezione di «caporali», assunzioni attraverso forme opache o illegali. Tali episodi coinvolgono in particolar modo soggetti della comunità bengalese, che consta di migliaia di persone presenti nella città di Monfalcone (anche con un fenomeno anomalo di immigrazione registrata negli ultimi anni). Episodi che già hanno avuto in tempi recenti conseguenze giudiziarie;

   la mancata garanzia della sicurezza sui luoghi di lavoro o fenomeni estremi di caporalato e di sfruttamento illegale della manodopera da parte di un datore di lavoro, a parere degli interroganti è sempre intollerabile e lo è ancor di più se il datore di lavoro o il datore primario del lavoro è lo Stato –:

   se il Governo intenda adottare immediatamente iniziative, per quanto di competenza, al fine di valutare gli standard di sicurezza all'interno di Fincantieri a Monfalcone, riguardanti sia l'azienda che le imprese appaltatrici e di assicurare e garantire controlli adeguati e, in questa fase, intensi e straordinari, all'interno dell'area cantieristica;

   se intenda assumere iniziative affinché venga attivato subito un tavolo di confronto tra Fincantieri e le organizzazioni sindacali per superare le criticità e i problemi denunciati da tempo dalle stesse;

   se intenda, nell'ambito delle proprie competenze e insieme agli enti locali, individuare le soluzioni più opportune per ovviare alla scandalosa penuria di risorse, personale e strumenti ispettivi nella zona;

   se intenda assumere iniziative, per quanto di propria competenza, al fine di affrontare sul terreno della prevenzione e della repressione, il tema del caporalato e dello sfruttamento illegale di manodopera;

   se il Governo intenda mettere in atto tutte le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per porre un limite al ricorso ad aziende in subappalto, che troppo spesso può nascondere alti livelli di precarietà, sfruttamento, bassi salari e inferiori standard di qualità e sicurezza.
(4-00381)


   LATINI e PATASSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   desta allarme e preoccupazione la notizia di 130 esuberi allo stabilimento Whirlpool di Comunanza, annunciati dalla società in previsione del nuovo piano industriale 2019-2021;

   la decisione della Whirlpool di spostare la produzione della lavatrice Aqualtis da Comunanza a Napoli, è emersa durante l'incontro di verifica sullo stato di avanzamento del piano industriale 2015-2018 del gruppo industriale, tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico il 17 maggio 2018;

   la produzione della lavatrice Aqualtis e l'insieme dell'area produttiva collegata che saranno spostati a Napoli rappresentano il 30 per cento della produzione odierna di Comunanza; trattasi di un ridimensionamento dello stabilimento che pone a rischio la sua stessa sopravvivenza;

   il trasferimento deciso dalla società, pertanto, rappresenta un ulteriore duro colpo per un territorio già fortemente provato da una forte crisi economico-produttiva, cui peraltro si sono aggiunti i gravi problemi conseguenti al terremoto;

   si ricorda, infatti, che Comunanza è non soltanto area di crisi complessa, bensì rientra anche nel cratere sisma 2016;

   una progressiva desertificazione industriale, correlata all'inevitabile aumento della disoccupazione locale, vanifica – a parere degli interroganti – qualunque processo di ricostruzione post-terremoto;

   l'obiettivo condiviso delle rappresentanze istituzionali locali e sindacali è di riportare lo stabilimento alla piena capacità produttiva, certi che i fondi europei e nazionali messi a disposizione per il mantenimento e la crescita occupazionale nei territori colpiti dal terremoto possano essere utilizzati quali investimenti per la trasformazione dello stabilimento in «polo della lavasciuga», con il rientro della fabbricazione della lavasciuga ad incasso dalla Polonia e di quella delle asciugatrici dalla Slovacchia;

   peraltro, l'ipotesi di accordo quadro sottoscritta il 2 luglio 2015 tra Ministero dello sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, regioni Lombardia, Marche, Campania, Toscana e Piemonte, Whirlpool e rappresentanze sindacali, prevedeva, nell'ambito della riorganizzazione delle produzioni, che il piano industriale 2015-2018 confermasse per il sito di Comunanza la sua missione, concentrandosi sulla produzione di lavasciuga (unico sito per la regione Emea) e lavatrici a carica frontale di alta gamma per il marchio Hotpoint e sull'avvio delle produzioni di lavasciuga a marchio Whirlpool oggi acquistate all'estero, già nel secondo semestre del 2015, per proseguire nel 2017 con lo sviluppo della lavasciuga a pompa di calore e nel 2018 con il rinnovo della piattaforma Aqualtis;

   a fronte di un investimento per lo stabilimento di Comunanza pari a 60 milioni di euro, previsto dallo stesso piano 2015-2018, ne sono stati utilizzati soltanto 10 milioni; alto è pertanto il timore di quanti possano esserne spesi negli anni a venire, posto che il nuovo piano triennale prevede già un investimento ridotto a «soli» 14 milioni di euro –:

   se, in vista del prossimo incontro istituzionale previsto per il 6 luglio 2018, il Governo intenda adottare le iniziative di competenza affinché la proprietà valuti attentamente le proposte delle rappresentanze locali richiamate in premessa;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda comunque adottare a tutela dei livelli occupazionali.
(4-00383)


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Costituzione garantisce il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia e il diritto del genitore a poter crescere i propri figli. Analogamente, la legge quadro in materia di adozione e affidamento, legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 149 del 2001, delinea un ampio sistema di norme a tutela dell'interesse primario del minore a crescere e ad essere educato nel proprio nucleo familiare e sancisce che, al fine di prevenire l'allontanamento dei minori dalle proprie famiglie di origine, è fondamentale il sostegno alla genitorialità da parte dello Stato e quindi la messa in atto di tutti gli interventi di prevenzione e aiuto nei confronti dei nuclei familiari più fragili sotto il profilo culturale ed economico;

   infatti, la sottrazione del minore alla famiglia è considerata come un’extrema ratio, praticabile solo laddove tutte le misure di sostegno al nucleo familiare non abbiano dato gli esiti auspicati. A tal riguardo è importante sottolineare come la legge abbia previsto espressamente che l'inidoneità della famiglia di origine non può essere intesa e valutata in termini prettamente economici;

   infine, è stabilita la temporaneità come uno degli elementi che caratterizza l'istituto dell'affido, che rappresenta una breve parentesi di vita al di fuori del contesto familiare di provenienza, protesa a consentire al minore un percorso di crescita sereno senza tuttavia spezzare il legame con la famiglia di origine, poiché, secondo la legge, l'esperienza dell'affidamento deve essere volta al recupero di quel legame ed al reinserimento del bambino nella propria famiglia nel più breve tempo possibile;

   il 17 gennaio 2018 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha deliberata un documento conclusivo dell'indagine, iniziata nel 2015, sulla situazione dei minori «fuori famiglia», rilevando importanti criticità del sistema e dando specifiche direttive per introdurre miglioramenti nel nostro ordinamento. Si tratta di criticità che di recente sono state riportate all'attenzione dal settimanale «Left» che ha raccolto diverse denunce di situazioni estreme, come l'eccessiva durata dell'allontanamento dei minori (oltre i due anni previsti dalla legge), errori di valutazione delle realtà familiari, motivazioni generiche nella scelta di allontanamento, mancanza di controlli delle strutture di accoglienza, arbitrarietà degli assistenti sociali, divieto di rapporti fra il minore e la famiglia di origine. Circostanze che violano apertamente la protezione dell'unità familiare e contrastano con l'obiettivo primario di garantire sempre la centralità della relazione tra figli e genitori;

   inoltre, si fa presente come permangano situazioni diversificate nelle regioni italiane e non sia garantito un eguale godimento dei diritti sociali in tutto il territorio nazionale. Infine, emerge, a giudizio dell'interrogante, l'inadeguatezza del sistema di rilevazione dei dati relativi ai minori fuori famiglia che non permette di avere una chiara dimensione del fenomeno –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa, con riguardo alla situazione dei minori «fuori famiglia»;

   se e quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per garantire il diritto del minore a crescere nel proprio nucleo originario, nonché, nel caso di allontanamento, al fine di supportare la famiglia in vista di un reinserimento del minore;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di verificare l'idoneità delle comunità in cui i minori sono ospitati e delle strutture che erogano prestazioni socio-sanitarie in cui si trovano minori con gravi problematicità fisiche o psichiche;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire che siano assicurati i livelli essenziali delle prestazioni sociali in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale;

   se intenda adoperarsi per la realizzazione di un sistema informativo nazionale di raccolta dati che fornisca in tempo reale il numero complessivo di minori «fuori famiglia» e la loro collocazione.
(4-00387)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAVIDE CRIPPA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il programma «Frutta nelle scuole», è un progetto introdotto dal regolamento (CE) n. 1234 del Consiglio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdure da parte dei bambini con uno stanziamento importante (per il 2017/2018 Ansa.it parla di circa 31 milioni di euro);

   come si apprende dal sito www.fruttanellescuole.gov.it il progetto è stato confermato anche per l'anno scolastico 2018/2019 ed è possibile ad oggi per gli istituti scolastici partecipare allo stesso tramite sottoscrizione;

   tra le iniziative, oltre alla distribuzione di prodotti ortofrutticoli e all'informazione rivolta a genitori e insegnanti, erano previste visite a fattorie didattiche, creazione di orti scolastici, sistemi multilingue per la promozione del territorio e dei suoi prodotti;

   il programma «Frutta nelle scuole» in Italia è gestito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e fino ad oggi ha coinvolto decine di migliaia di studenti, ma i risultati sono ancora lontani dal poter essere considerati soddisfacenti, a fronte di una ingente somma di denaro pubblico investito;

   sono stati molti i casi in cui insegnanti e genitori si sono lamentati per la qualità discutibile dei prodotti distribuiti: acerbi, troppo maturi, fuori stagione (e quindi di provenienza estera) o addirittura ammuffiti;

   uno dei casi sopracitati è stato posto il 15 maggio 2018 all'attenzione dell'interrogante, al quale è stato segnalato che sul proprio territorio di residenza sarebbe stata servita, nell'ambito del già citato programma «Frutta nelle scuole», frutta acerba, marcescente o prossima a tale stato;

   il tema è stato affrontato anche con diversi atti di sindacato ispettivo dalla collega Chiara Gagnarli durante la XVII legislatura, tra cui l'interrogazione n. 5-04671, oltre che dalla stampa di settore, come il sito Il Fatto Alimentare mediante diversi articoli tra cui si segnala quello dal titolo «“Frutta ammuffita” acerba o immangiabile: il progetto “Frutta nelle scuole” è un fallimento»;

   passati 3 anni dall'articolo sopracitato, pare che le segnalazioni sulle problematiche già esposte permangano, come è possibile leggere dall'articolo pubblicato sul sito www.ilfattoquotidiano.it del 30 gennaio 2018 dal titolo «Frutta e verdura agli alunni. Le denunce: arrivano “sporche” o “con la muffa”» –:

   come tale stato di degrado si concili con la promozione della qualità dei prodotti ortofrutticoli;

   se non si ritenga di aumentare i controlli di qualità sui prodotti destinati agli istituti scolastici nell'ambito del programma «Frutta nelle scuole».
(5-00023)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia, con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 13 febbraio 2018, in relazione alle misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del batterio da quarantena Xylella fastidiosa, ha disposto: l'obbligo di estirpazione delle piante infette e di tutte le piante ospiti del batterio presenti nel raggio di cento metri dalla pianta infetta; l'obbligo di diserbo attraverso lavorazioni superficiali del terreno, o trinciatura e successivo interramento, o pirodiserbo o utilizzando diserbanti; l'obbligo di trattamenti insetticidi con buona/ottima efficacia nei confronti del parassita utilizzando Acetamiprid, Deltametrina, Etofenprox, Imidacloprid, Lambda Cialotrina, olio essenziale di arancio dolce (fra questi, quello più consigliato all'interno del decreto è l'Acetamiprid);

   in data 17 ottobre 2016 l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha pubblicato un parere sul rischio derivante dall'uso della sostanza Acetamiprid, dal quale si evince che tale sostanza ha «una tossicità acuta per api e bombi», e che numerose aree di rischio devono ancora essere investigate in merito agli effetti sulla salute umana e dell'ambiente rappresentati da tale fitofarmaco, che rientra nella famiglia dei neo cotinoidi;

   la stessa Efsa in data 17 dicembre 2013 aveva già pubblicato una opinione scientifica sulla neurotossicità di Imidacloprid e Acetamiprid per i feti umani;

   sempre l'Efsa in data 28 febbraio 2018 ha pubblicato un documento che conferma la relazione fra uso di neonicotinoidi e crollo della popolazione di api e insetti impollinatori;

   la legge 24 dicembre 2004, n. 313, riconosce «l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale»;

   la legge della regione Puglia 21 novembre 2014, n. 162, all'articolo 9, vieta «i trattamenti sulle colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee, a base di prodotti fitosanitari, inclusi gli erbicidi durante il periodo di fioritura, dall'apertura del fiore alla completa caduta dei petali», nonché «anche in presenza di fioritura delle sole vegetazioni sottostanti le coltivazioni arboree» –:

   se non si ritenga necessario esaminare il potenziale rischio per gli insetti pronubi e, in particolare, per la sopravvivenza del comparto apistico pugliese, nonché per la salute umana, derivante dall'osservanza degli obblighi previsti dal decreto succitato, e assumere iniziative per rivedere le azioni di contrasto alla Xylella, in accordo con le previsioni della legge nazionale sull'apicoltura n. 313 del 2004 e della legge della regione Puglia n. 162 del 2014.
(4-00264)


   MURONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, serie generale n. 80 del 6 aprile 2018 il decreto 13 febbraio 2018 «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well et al.) nel territorio della Repubblica italiana», al fine di definire misure fitosanitarie per prevenire e contenere la diffusione dell'organismo nocivo Xylella fastidiosa;

   il sopraccitato decreto prevede un calendario di esecuzione delle misure per la lotta alla Xylella con mezzi meccanici nel periodo che va dal 1° marzo al 30 aprile di ciascun anno, ulteriori trattamenti obbligatori, nonché ordinari interventi fitosanitari nei confronti dei comuni parassiti dell'olivo per il controllo del rodilegno, della tignola, della mosca delle olive della margaronia, e altri parassiti con insetticidi autorizzati, con efficacia buona/ottima nei confronti del Philaenus spumarius, ovvero con acetamiprid;

   il sopraccitato decreto, non solo, non va nella direzione di tutelare le aziende biologiche, né di valorizzare un approccio sostenibile nella gestione di parassiti e infestanti, ma anzi procede in direzione opposta perché prevede all'allegato 4 un elenco di principi attivi utilizzabili per la lotta al Philaenus spumarius notoriamente dannosi, come ad esempio l'imidacloprid e l'acetamiprid;

   è importante sottolineare che l'imidacloprid è tra neonicotinoidi recentemente vietati dall'Unione europea perché notoriamente dannosi per la biodiversità, mentre per quanto riguarda l'acetamiprid l'Efsa ha dichiarato neurotossico;

   i possessori di terreni, al fine di tutelare il territorio, sono tenuti: a svolgere le operazioni di potatura e pulizia, a tagliare i rami delle piante che si protendono in modo da costituire pericolo oltre il ciglio stradale, a pulire sistematicamente sia i terreni che il tratto di strada occupato da rami, foglie, frutti caduti dagli alberi dei fondi privati, a tagliare la vegetazione incolta;

   a parere dell'interrogante il Salento è da tempo soggetto ad una grave piaga che sta decimando gli ulivi, arrecando un grave danno sia ambientale che economico per tutta la regione Puglia;

   l'obbligo del trattamento insetticida in un'area così estesa, che va da Santa Maria di Leuca fino alla bassa provincia di Bari, rappresenta un rischio reale per la salute dei residenti, oltre che per gli insetti impollinatori, perché saranno utilizzati dei potenti neurotossici;

   le misure obbligatorie contenute nel piano del commissario straordinario nominato per l'emergenza Xylella, Giuseppe Silletti, porteranno all'espianto di migliaia di piante nel Salento e all'obbligo di trattamento con pesticidi a partire da maggio;

   il commissario europeo alla salute e sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, ha sottolineato, dopo il Consiglio dell'Unione europea agricoltura del 16 marzo 2015, l'urgenza di «tagliare subito tutti gli olivi contagiati da Xylella fastidiosa» –:

   se non intendano intervenire nell'immediato, per quanto di competenza, per monitorare la situazione e riconsiderare le misure contenute nel sopraccitato decreto;

   se non intendano valutare altre soluzioni rispetto all'eradicazione degli ulivi affetti da Xylella, alla luce del fatto che circa 500 piante sono tornate a rivegetare, grazie a cure naturali e alternative che hanno già dato esito positivo;

   se non intendano avviare anche ulteriori studi sulla problematica e promuovere iniziative che favoriscano la qualità dei prodotti, l'ambiente e la tutela dei diritti e della salute dei lavoratori agricoli.
(4-00297)


   GRIBAUDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel settore dell'agricoltura esistono strumenti di gestione del rischio necessari a supportare le aziende agricole nei casi di calamità naturali o altri eventi catastrofici;

   il piano di sviluppo agricolo nazionale, legato alla nuova politica agricola comune (Pac) 2014-2020 dell'Unione europea, promuove un sostegno pubblico a contratti assicurativi su colture, strutture aziendali e tipi di bestiame; sono assicurabili i danni dovuti a calamità naturali, eventi atmosferici particolarmente lesivi, nonché fitopatologie, parassiti o specifiche malattie animali;

   ad oggi risultano tuttora non erogati da parte dell'Agea, vigilata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, rimborsi sui contratti assicurativi degli agricoltori italiani per un importo pari a 500 milioni di euro sul triennio 2015-2017, nonostante il Ministero medesimo abbia annunciato a febbraio 2018 lo sblocco di una prima tranche di 60 milioni di euro;

   la mancata erogazione di tali fondi costringe gli agricoltori italiani a subire una concorrenza sleale da parte dei concorrenti europei che usufruiscono di queste risorse nei tempi e nei modi utili a sostenere l'attività d'impresa; obbliga inoltre le aziende ad una spesa improduttiva per milioni di euro di interessi passivi sugli anticipi effettuati attraverso i consorzi di difesa per sostenere i contratti assicurativi;

   in provincia di Cuneo, territorio all'avanguardia nel Paese per produzione agricola e zootecnica, colpito negli ultimi anni da numerosi eventi atmosferici avversi e calamità naturali quali alluvioni, venti forti, gelate, mancherebbero all'appello circa 10 milioni di euro;

   dopo le proteste delle associazioni di settore, in data 28 maggio 2018 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha annunciato che entro il 31 dicembre 2018 saranno erogati 197 milioni di euro per arrivare a coprire il 93 per cento dei contributi sugli anni 2015 e 2016; nell'incertezza che comunque caratterizza questo piano, non è ancora stato chiarito quando avverrà l'erogazione dei contributi sull'anno 2017;

   appare molto difficile per le aziende agricole, in queste condizioni, programmare i piani di assicurazione individuali per il 2018 –:

   quali siano i motivi del ritardo nell'erogazione di tali rimborsi assicurativi e quali iniziative intenda adottare per risolvere con rapidità i problemi burocratici inerenti ai fondi di sostegno alle assicurazioni in agricoltura, trasferendo le dovute somme alle aziende agricole, e per assicurare il funzionamento rapido ed efficiente di questo strumento negli anni a venire.
(4-00374)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene (o tinnito) è considerato un disturbo dell'udito che si manifesta attraverso la percezione, ad un orecchio a entrambe le orecchie, oppure nella testa, di suoni o rumori costanti (ad esempio fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni e altro), anche se dall'esterno non proviene alcun suono o rumore;

   l'acufene si manifesta con caratteristiche diverse a seconda del paziente e in alcuni casi può causare problemi particolarmente significativi;

   si tratta di una condizione che in Italia interessa circa il 10 per cento della popolazione, ma, ad oggi, non è considerata una vera e propria patologia; di contro, si ritiene necessario e urgente avviare degli studi, affinché sia riconosciuta come tale, considerando che essa pregiudica seriamente il benessere di coloro che ne soffrono, determinando un grave abbassamento della qualità di vita;

   al riguardo, infatti, si pensi che l'acufene interferisce sul sonno ed ogni attività quotidiana, compromettendo l'assetto psicologico ed emozionale, la concentrazione e, di conseguenza, la vita di relazione di chi ne soffre. Tali effetti possono comportare stati di forte depressione, che in alcuni casi hanno condotto a risvolti drammatici, addirittura al suicidio;

   la mancanza di maggiori ed idonei studi sulla malattia in questione, non ha permesso l'individuazione di farmaci efficaci per poterla curare; pertanto, molto spesso si ricorre alla psicoterapia per tentarne il contrasto;

   è, dunque, necessario destinare delle risorse al sostegno della ricerca scientifica sull'acufene e procedere al suo riconoscimento, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, come malattia invalidante da ricomprendere nei livelli essenziali di assistenza;

   ciò per garantire il rispetto del diritto alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione e consentire l'accesso ad idonei trattamenti terapeutici ai malati, a tutela dei quali sono sorte specifiche associazioni, come l'A.I.T. onlus associazione italiana tinnitus-acufene –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative affinché siano avviati nuovi studi scientifici sulla patologia in questione, ai fini dell'inserimento dell'acufene tra le malattie invalidanti;

   se ritenga di dover promuovere ulteriori e specifiche iniziative per garantire ai malati di acufene l'accesso a idonee cure e trattamenti.
(5-00025)


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene (tinnitus in lingua latina ed inglese) è una patologia dell'apparato uditivo vestibolare consistente nella percezione, da parte di chi ne soffre, di un costante suono che generalmente consiste in fischi, ronzii, fruscii crepitii o soffi, in un orecchio o in entrambi o nella testa;

   studi condotti negli ultimi due lustri in Paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato come, mediamente, circa il 10-20 per cento della popolazione del continente europeo abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita, mentre, per quanto riguarda l'Italia, a seguito di una serie di studi risulterebbe che vi sia una prevalenza di tale problema otologico pari a circa il 15 per cento della popolazione priva di difetti uditivi;

   varie sono le classificazioni degli acufeni proposte dagli studiosi nell'arco di mezzo secolo. Alcuni distinguono gli acufeni in oggettivi e soggettivi. Gli acufeni oggettivi sono molto rari e si presentano come suoni che si generano all'interno del corpo umano, come ad esempio quelli originati da un flusso vascolare particolare o da contrazioni muscolari, mentre gli acufeni soggettivi sono i più comuni e si individuano nei casi in cui il soggetto percepisce un suono che non è ascoltabile dall'esterno e che può essere provocato da farmaci, ma anche da alcool, caffeina e antidepressivi;

   tale patologia sottovalutata dal servizio sanitario nazionale provoca uno stato invalidante dell'assetto psicologico-emozionale e del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione, di concentrazione e della vita relazionale, fattori, questi, che possono causare uno stato depressivo con risvolti drammatici e con conseguenze estreme fino al suicidio:

   l'acufene, in altre parole, è una «patologia orfana» che può colpire tutti indistintamente per la quale sono necessari studi e ricerche e una rete di centri pubblici di riferimento per analizzare le sue molteplici origini e curare coloro, che ne soffrono;

   nella scorsa legislatura in sede di esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) (Atto n. 358), in 12° Commissione, di cui l'interrogante è stata relatrice, veniva inserito nel parere approvato dalla Commissione medesima in data 14 dicembre 2016, la seguente osservazione: «nell'ambito delle malattie croniche di cui all'articolo 53, che rinvia all'allegato 8, si valuti l'opportunità, sulla base delle migliori evidenze cliniche, di apportare le seguenti modificazioni: siano inserite tra le malattie croniche anche la cefalea primaria cronica e l'acufene» –:

   alla luce di quanto riportato in premessa e di quanto è stabilito dall'articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute per tutti i cittadini, se il Ministro interrogato non ritenga urgente e doveroso, assumere iniziative per avviare un'adeguata ricerca su tale patologia in modo da individuare quanto prima strategie terapeutiche in grado di curare e/o alleviare gli effetti della stessa sui cittadini italiani che ne sono affetti;

   se non ritenga necessario assumere iniziative non solo per inserire l'acufene nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, così come definiti da ultimo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, ma anche per riconoscerlo come malattia cronica invalidante ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999 e tenuto conto di quanto stabilito dall'allegato 8 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
(5-00026)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRISCO. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il contratto di medici, veterinari e dirigenti sanitari del sistema sanitario nazionale è l'unico del comparto sanità ancora bloccato da oltre nove anni, un ritardo imperdonabile che colpisce chi ha ruoli di responsabilità diretta nella diagnosi e nella cura dei pazienti e nella protezione della salute, assicurando, in modo insostituibile, un diritto costituzionale fondamentale;

   la problematica alla base del mancato rinnovo è duplice: da una parte la tempistica del riconoscimento degli aumenti legati al rinnovo, dall'altra l'esclusione dell'indennità di esclusività dalla massa salariale utile alla quantificazione del rinnovo medesimo;

   in merito al secondo aspetto, l'8 marzo 2018 il presidente del Comitato di settore regioni-sanità ha dichiarato: «Il 7 marzo nel comitato di settore abbiamo affrontato il tema dei contratti su cui restano ancora due questioni aperte. Per quanto riguarda la dirigenza medica i sindacati chiedono se l'indennità di “esclusività” è compresa nella massa salariale. A noi andrebbe benissimo, sappiamo che il Governo non è di questa idea quindi, per dirimere definitivamente la questione, abbiamo mandato una nota in cui chiediamo di aprire un tavolo e in quella sede il Governo deve chiarire. Se il Governo dice che è fuori ne prenderemo atto, ma almeno poi – ha aggiunto – sulla base di quello può iniziare la trattativa vera e propria avendo la tabella con i dati certi»;

   il 19 marzo 2018 la ragioneria generale dello Stato, con nota n. 40363, si è espressa sulla proposta elaborata dal citato Comitato, ritenendo che le risorse per il rinnovo del contratto fossero state correttamente quantificate dalle regioni in 458,10 milioni di euro;

   con la medesima nota la ragioneria ha però obiettato sulla possibilità di computare nell'ambito della massa salariale l'indennità di esclusività di rapporto dei medici, veterinari e dirigenti sanitari del servizio sanitario nazionale ai fini del rinnovo del contratto di lavoro;

   secondo il conto annuale 2016 il valore dell'indennità di esclusività per quell'anno è di circa 1,28 miliardi di euro e un aumento del 3,48 per cento su questo importo (se fosse nel monte salari e quindi soggetto agli aumenti del contratto) varrebbe quindi circa ulteriori 45 milioni di euro;

   l'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro firmato il 6 maggio 2010 e relativo al biennio economico 2008-2009 del le ex aree III e IV prevedeva (per effetto della disapplicazione dell'articolo 5, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998-2001, parte economica 2000-2001) che l'indennità di esclusività del personale dirigente sanitario del servizio sanitario nazionale fosse calcolata al fine della determinazione del monte salari su cui fanno riferimento gli incrementi contrattuali;

   la negazione di tale principio, escludendo l'indennità di esclusività dalla massa salariale, equivarrebbe ad una evidente discriminazione di trattamento dei circa 120.000 dirigenti cui principalmente è affidato il ruolo di tutelare la salute pubblica;

   la motivazione tecnica addotta dalla ragioneria generale dello Stato, ossia l'alterazione del quadro finanziario di riferimento per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro e quindi la «non disponibilità» delle risorse necessarie, a parere dell'interrogante dovrebbe avere la sola funzione di sollevare un problema da superare mediante la destinazione delle somme necessarie e non può essere utilizzata dal Governo come presupposto per negare alla categoria in questione il diritto di beneficiare dell'incremento previsto dal rinnovo contrattuale in pari misura rispetto al resto del pubblico impiego –:

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto alla problematica sollevata dalla ragioneria generale dello Stato circa il finanziamento necessario perché sia riconosciuta l'inclusione dell'indennità di esclusività nella massa salariale complessiva dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del servizio sanitario nazionale e alla necessità di consentire in tempi brevi il rinnovo contrattuale, atteso dai medesimi da oltre nove anni
(4-00249)


   BENVENUTO, BOLDI, MOLINARI, MACCANTI, PETTAZZI, PATELLI, CAFFARATTO, TIRAMANI, GUSMEROLI e LIUNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Stampa di Torino l'11 maggio 2018 ha pubblicato un articolo in merito a una questione molto controversa, ossia quella dei vaccini, che si è posta dall'emanazione del relativo decreto-legge;

   con il decreto-legge n. 73 del 2017 lo Stato ha ampliato il numero dei vaccini obbligatori, mentre la regione Piemonte, unica in Italia, ha acquistato, per risparmiare, vaccini che proteggono i bambini da un numero inferiore di ceppi di malattie rispetto a quelli che erano stati introdotti nel 2011;

   la denuncia proviene dai consiglieri regionali, ma ad aver sollevato dubbi sulla decisione di acquistare 300 mila dosi di un vaccino antipneumococco, che da qualche settimana sono somministrate ai bambini nati nel 2018, erano stati anche i rappresentanti dei medici pediatri e della Società italiana di igiene;

   le associazioni dei medici, a seguito di un bando di gara, manifestarono tutte le perplessità all'assessorato alla sanità per il fatto che l'unico criterio prese considerazione nella scelta dei vaccini acquistati fosse quello del prezzo, dando così scontato che i vaccini pneumococcici siano equivalenti, e chiesero di rivedere i criteri di scelta della gara;

   i criteri, però, non sono stati rivisti e la regione ha acquistato dosi di questo farmaco utili a vaccinare 100 mila bambini (con tre richiami a testa);

   i vaccini antipneumococco, che proteggono da alcuni tipi di meningite e di polmonite, si differenziano a seconda del numero di «sierotipi» (sottospecie) da cui proteggono. Prima del 2011, in Piemonte, i bambini venivano vaccinati con il Pcv 1, che cioè proteggeva da 7 sierotipi. All'arrivo in commercio del Pcv 10, però, l'assessorato alla sanità preferì aspettare che fosse disponibile un più completo Pcv 13 e optò, dal 2011, per il suo acquisto. Ora, unica regione in Italia, il Piemonte ha deciso di adottare il Pcv 10;

   la decisione porta a un risparmio di 600 mila euro in 3 anni, perché il Pcv 10 costa 20 euro in meno del Pvc 13, ma è un risparmio che comporta la diminuzione della copertura del vaccino che si fornisce;

   la regione Piemonte è l'unica in Italia ad aver operato in tal modo e si tratta dell'unico caso in Europa in cui anziché fare progressi sul tema, si regredisce. Se, infatti, sono tanti i casi di Paesi che dal Pcv 10 sono passati al Pcv 13 (addirittura in Francia il vaccino 10-valente è stato bloccato), è evidente che la scelta del Piemonte sia decisamente fuori corrente. In più, non è nemmeno contemplata la possibilità che i genitori possano acquistare di tasca loro la versione del vaccino che contiene i 3 sierotipi in più;

   l'assessorato alla sanità ha respinto con fermezza l'accusa, sostenendo che la scelta non è stata guidata dall'obiettivo di risparmiare e che sia il Ministero che l'Organizzazione mondiale della sanità parlano chiaramente di libera scelta delle regioni in materia di scelta dei vaccini da acquistare –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza il Ministro ritenga di dover assumere per approfondire la situazione e porre rimedio al deficit vaccinale al quale vanno incontro i bambini del Piemonte;

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per definire delle linee di indirizzo da seguire in futuro per la corretta applicazione della legge in tema di vaccini.
(4-00256)


   DIENI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal Corriere della Calabria, il 12 maggio 2018, verso le 16, dopo un violento piovasco, una escursionista, mentre stava scendendo dalla cima del Panno Bianco, seconda cima del Monte Sellaro, nel Parco nazionale del Pollino, nel comune di Cerchiara di Calabria, a causa di un mancato appiglio, scivolava ruzzolando giù per venticinque metri lungo la parete rocciosa fermandosi miracolosamente in un sottostante canalino in parete, appena prima di precipitare per altri 30 metri;

   immediatamente i compagni di escursione, tutti della provincia di Catanzaro, davano l'allarme alla centrale operativa del 118 di Cosenza, la quale girava la chiamata alla stazione del Pollino del Soccorso alpino Calabria;

   il Soccorso alpino, per velocizzare l'intervento, richiedeva al 118 l'intervento dell'elisoccorso così da imbarcare i tecnici del Soccorso alpino presso la piazzola a Cerchiara e sbarcarli direttamente in quota (sulla sella tra la cima del Monte Sellaro e la cima del Panno Bianco) in modo da risparmiare il tempo necessario per percorrere (con tutto il materiale tecnico, barella, corde e altro) i 400 metri di dislivello su sentiero per raggiungere la ferita;

   sebbene in un primo momento sembrasse che la missione dell'elisoccorso fosse stata confermata, gli otto uomini del Soccorso alpino già in piazzola in attesa dell'elicottero in virtù di una successiva comunicazione negativa della centrale 118 hanno dovuto raggiungere l'attacco del sentiero e percorrere a piedi l'itinerario sino al Panno Bianco;

   giunti sul posto, i soccorritori si rendevano subito conto che il canalino in cui si era fermata dopo la caduta l'escursionista era a forma di imbuto, per giunta contornato da materiale roccioso instabile e che non sarebbe stato facile immobilizzare e imbarellare la ferita, operazione che ha richiesto tutta la professionalità dei tecnici del Soccorso alpino;

   una volta imbarellata, la donna veniva dapprima calata in parete accompagnata da due operatori e, successivamente, alla base del canalino, veniva trasportata a spalle con tecnica «portantina», con una decina di ripresa di ancoraggi, sino al Santuario della Madonna delle armi ove ad attenderla vi era una ambulanza medicalizzata del 118;

   la regione Calabria è una delle pochissime ad avere l'elisoccorso con ben quattro elicotteri in configurazione Hems (elicottero medicalizzato che effettua missioni con atterraggi o nei campi sportivi o in ampie piazzole e spazi); per permettere all'elisoccorso di intervenire anche in ambienti impervi o in montagna è necessario che la configurazione sia in Sar (soccorso e ricerca) con la possibilità di utilizzare il verricello senza atterrare così anche da poter trasportare gli uomini del Soccorso alpino per effettuare gli interventi sanitari su richiesta del 118 in ogni luogo ove ci sia la necessità, così come avviene praticamente in tutta Italia;

   il diniego di imbarcare il personale del soccorso alpino sull'elisoccorso crea il paradosso che la centrale del 118 chieda al Soccorso alpino di intervenire per portare soccorso ad un paziente, ma poi nega il mezzo aereo;

   sarebbe inoltre avvenuto in passato che il recupero di un ferito fosse effettuato con elicotteri non sanitari proprio su richiesta del 118 e che poi il paziente venisse imbarcato dall'elisoccorso 118 magari al campo sportivo più vicino, nonostante l'Enac vieti agli elicotteri non sanitari di imbarcare persone traumatizzate –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quale impedimento di tipo normativo non consenta agli uomini del Soccorso alpino di accedere ai mezzi di elisoccorso e se non ritenga di mettere in atto iniziative, per quanto di propria competenza, visto il pericolo per la vita e la salute dei cittadini che tali limiti rischiano di produrre, per rimuovere ogni ostacolo, a iniziare da quelli descritti, che consenta una piena sinergia tra i soccorritori medici e il Soccorso alpino.
(4-00291)


   BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un noto ex giocatore e allenatore padovano di rugby, di anni 55, A.B., da quasi due anni lotta contro la sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che lo costringe su una sedia a rotelle;

   la Sla è una malattia neurodegenerativa dell'età adulta della quale ancora non si conoscono le cause;

   negli anni si sono sviluppati diversi studi per trovare una terapia in grado di rallentare la degenerazione motoria causata dalla malattia. E oggi sembra che si sia arrivati ad un traguardo molto importante in grado di dare delle speranze ai pazienti affetti da Sla;

   arriva dal Giappone e si chiama Radicut il nuovo farmaco in grado di rallentare moderatamente la degenerazione motoria causata dalla malattia;

   l'Aifa ha approvato infatti l'introduzione in Italia del Radicut, nome commerciale dell'edaravone, e con la determina del direttore generale del 28 giugno 2017, n. 1224, ha inserito il Radicut nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento della Sla. Tale farmaco dunque è stato inserito tra i cosiddetti «medicinali innovativi» per il trattamento terapeutico di patologie che, come la Sla, sono prive di adeguata cura. Si tratta di farmaci già in commercio in altri Stati, ma non sul territorio nazionale, perché, pur avendo superato tutte le prove relative alla sicurezza e alla sopravvivenza, sono ancora soggetti a sperimentazione clinica;

   stando alle indicazioni terapeutiche, l'Aifa consente la prescrizione del farmaco solo da parte del neurologo ed esclusivamente per i pazienti aventi le idonee caratteristiche cliniche (la comparsa della malattia da non oltre due anni, una disabilità moderata e, infine, una buona funzionalità respiratoria);

   perché il Radicut sia disponibile in Italia è necessario attendere il completamento delle procedure di importazione del farmaco dal Giappone dove è prodotto dall'azienda Mitsubishi Tanabe;

   in particolare, A.B., mentre stava effettuando le terapie in neurologia con immunoglobuline, dopo alcuni esami, è stato ammesso alla nuova cura sperimentale con il Radicut. Avrebbe dovuto iniziarla l'11 novembre 2017, ma tre giorni prima dell'inizio della terapia gli venne comunicato che, dopo aver riesaminato le sue analisi, i parametri richiesti non erano sufficienti per ottenere il farmaco. Tra l'altro, la vana accettazione del nuovo programma ha portato alla sospensione di quello che seguiva. Così, al momento, A.B. si trova in una situazione di assoluto disagio, dovendo provvedere da solo alle cure necessarie rifornendosi in Giappone. È evidente che ciò comporta un enorme dispendio di denaro; provvedere autonomamente è difficile e costosissimo, in quanto il Radicut è in vendita solo nelle farmacie del Vaticano e in Giappone. In Vaticano dieci fiale costano 1.800 euro, e a lui ne servono 60; in Giappone le dieci fiale vengono 400 euro, ma vi è comunque la necessità di trovare un canale per ottenerle;

   secondo i criteri di inclusione previsti dalla determina dell'Aifa, pochi avranno la possibilità di vedersi prescrivere un piano terapeutico con il Radicut;

   è evidente quindi la necessità di aprire entro breve un tavolo di confronto per ampliare questi criteri o, almeno, renderli «elastici». Se è vero che gli stessi scaturiscono dai risultati della sperimentazione dell'edavarone in Giappone, è altrettanto vero che, oltre al diritto di cura che ogni cittadino dovrebbe vedersi garantito, ci sono anche dei casi particolari da considerare –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere tempestivamente le iniziative di competenza affinché i requisiti per la somministrazione del Radicut possano essere riconsiderati e ampliati per garantire cittadini malati di Sla, indipendentemente dallo stadio di gravità, il diritto alle cure.
(4-00340)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene è una patologia che si manifesta nella percezione di un rumore in assenza di qualunque sorgente sonora esterna al proprio organismo;

   trattasi di un fenomeno sempre più frequente tra la popolazione, descritto con caratteristiche variabili (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altro) che vengono illusoriamente percepite come suoni irritanti e insopportabili provenienti dall'ambiente esterno;

   questa malattia, solo in apparenza trascurabile, tende invece a creare un vero e proprio stato invalidante, coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione, inducendo o potenziando stati ansioso-depressivi ripercuotendosi gravemente sulla qualità della vita delle persone;

   in Italia esiste un'associazione, Tinnitus-acufene, con oltre 2.000 iscritti, che segnala di ricevere un altissimo numero di richieste volte a ottenere informazioni circa le strutture di cura specializzate, gli esperti in materia o anche semplici consigli da parte di coloro che iniziano ad affrontare l'acufene;

   l'associazione denuncia come ad oggi, nel nostro Paese, tale patologia non sia ancora sufficientemente conosciuta né adeguatamente studiata nonostante sondaggi specializzati abbiano rilevato l'esistenza di oltre due milioni di persone affette da tale forme di disturbo;

   l'associazione ha avanzato più volte in passato, presso il Ministero della salute, la richiesta di promuovere la ricerca scientifica per lo studio di tale patologia;

   anche la Commissione europea è a conoscenza delle difficoltà incontrate dalle persone che soffrono di acufeni e per sopperire alle conseguente invalidanti di questa malattia ha sostenuto progetti (tra cui, Hearcom) destinati a fornire un punto di partenza per un modello – a livello europeo – di migliori pratiche nella concessione di aiuti per l'udito, incluso un quadro delle procedure di riabilitazione e una proposta per una riabilitazione che aiuti a sentire meglio –:

   se si intendano assumere le iniziative di competenza per riconoscere, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, l'acufene come malattia cronica e invalidante, così da permetterne l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza;

   se intenda assumere iniziative atte a promuovere studi e ricerche scientifiche su tale grave patologia al fine di adottare un efficace protocollo terapeutico e, in caso affermativo, in cosa esse si sostanziano.
(4-00371)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il gruppo Mercatone Uno, presente sul territorio nazionale con numerosi stabilimenti, è in amministrazione straordinaria dal 2 aprile 2015. I circa 3000 dipendenti, secondo quanto emerge da fonti stampa, sono attualmente in cassa integrazione;

   in data 18 maggio 2018 è stata autorizzata dal Ministero dello sviluppo economico «la vendita dei compendi aziendali di Mercatone Uno in amministrazione straordinaria, come da istanza di aggiudicazione presentata dai Commissari Straordinari, a conclusione di una lunga e complessa procedura di vendita, che ha fatto seguito al ricevimento di sette offerte vincolanti d'acquisto». L'esito della «dismissione dei compendi aziendali – viene osservato in un a nota ufficiale – consentirà la continuità aziendale e il mantenimento di adeguati livelli occupazionali»;

   in data 21 maggio 2018 i commissari straordinari di Mercatone Uno hanno illustrato in una riunione al Ministero dello sviluppo economico i contenuti dell'autorizzazione ministeriale all'aggiudicazione dei compendi aziendali relativa a 68 punti vendita, sui 74 oggetto del bando di cessione. Oltre ai 59 punti vendita attivi, sono oggetto dell'aggiudicazione anche 9 punti vendita attualmente chiusi. Sono due gli acquirenti individuati a conclusione della procedura di vendita. Shernon Holding acquisirà 55 punti vendita, oltre al marchio, alla logistica e alla sede, mentre altri 13 punti di vendita saranno acquisiti da Cosmo, gruppo nazionale operante con il marchio «Globo». L'esito della procedura di vendita permetterà secondo i commissari la «continuità aziendale e la salvaguardia di oltre 2.000 posti di lavoro»;

   i commissari straordinari hanno espresso soddisfazione per la soluzione individuata in un contesto molto complesso che consentirà al gruppo Mercatone Uno di superare la grave crisi che ne aveva determinato l'insolvenza, scongiurando, così il fallimento. A seguito dell'incontro verrà dato avvio alle procedure di consultazione sindacale, al cui esito positivo è subordinata la definitiva cessione dei compendi aziendali;

   il 22 maggio le associazioni sindacali hanno reso noto che le «garanzie sull'occupazione offerte dai commissari straordinari riguarderebbero 2063 dipendenti su 2745 complessivamente riferiti agli attuali punti vendita». Per i sindacati quindi per «circa 1000 lavoratori attualmente alle dipendenze del Gruppo Mercatone Uno si profila la prospettiva della disoccupazione»;

   oltre infatti ai 6 punti vendita esclusi dall'aggiudicazione, emergerebbero infatti forti perplessità in particolare sui 13 stabilimenti che non manterranno il brand «Mercatone Uno»;

   nei punti vendita acquisiti dal marchio «Globo» gli impegni occupazionali garantiti dalla concessionaria nel prossimo biennio produrranno una sensibile riduzione degli attuali livelli occupazionali ed il ricorso massiccio al part time;

   secondo indiscrezioni sui media tali stabilimenti dovrebbero inoltre mutare radicalmente il core business con la notevole perdita di professionalità e competenze acquisite dai lavoratori negli anni;

   i punti vendita acquisiti dal marchio «Globo» sono quelli ubicati nelle seguenti località:

    Altopascio (provincia di Lucca);

    Biella;

    Castelfranco Veneto (provincia di Treviso);

    Colle Val d'Elsa (provincia di Siena);

    Genova;

    Lucca;

    Misterbianco (provincia di Catania);

    Palermo;

    Parma;

    Pieve Fissiraga (provincia di Lodi);

    Tavernerio (provincia di Como);

    Castelfranco Emilia (provincia di Modena);

    Cerasolo di Coriano (provincia di Rimini);

   i lavoratori degli stabilimenti sopracitati hanno già attuato scioperi e forme di protesta, mentre gli enti territoriali interessati hanno sollecitato regioni, ministeri e istituzioni competenti a mettere in campo iniziative urgenti ed efficaci per salvaguardare professionalità e livelli occupazionali;

   lunedì 28 maggio 2018 nel punto vendita di Colle Val d'Elsa, in conseguenza di una messa in vendita promozionale di tutta la merce al 70 per cento, con probabile intento di svuotamento dei magazzini, i dipendenti preoccupati anche per la mancanza di informazioni in merito, hanno attuato una immediata mobilitazione e risultano tuttora in sciopero a tutela del loro posto di lavoro –:

   quale siano, al di là dei numeri resi noti al tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico, della trattativa e della vendita dei compendi aziendali citati in premessa, e le garanzie di rispetto dei profili professionali in un quadro di possibile mutamento merceologico delle attività;

   se i piani industriali dei soggetti acquirenti, ed in particolare del gruppo Cosmo Spa, consentiranno la continuità degli attuali livelli occupazionali, delle competenze e delle professionalità acquisite, e quali margini esistano per rivedere ed accrescere le ipotesi di riassunzione;

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, anche di concerto con le amministrazioni locali e regionali interessate, al fine di sostenere il reddito e la ricollocazione occupazionale dei dipendenti che verrebbero messi in mobilità con la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria del gruppo Mercatone Uno.
(2-00022) «Cenni, Nardi, De Maria, Marco Di Maio, Morani, Fiano, Pellicani, Rotta, D'Alessandro, Siani, Moretto, Enrico Borghi, Cantini, Nobili, Ermini, Vazio, Serracchiani, Ciampi, Mauri, Bonomo, Sensi, Paita, De Menech, Carnevali, Rossi, Bruno Bossio, Critelli, Boccia, Andrea Romano, Pini, De Luca, Ubaldo Pagano, Carla Cantone, Quartapelle Procopio, Di Giorgi, Prestipino, Miceli, Del Barba, Gribaudo, Braga, Romina Mura, Benamati, Annibali, Berlinghieri, Incerti, Losacco, Noja, Rizzo Nervo, Verini, Viscomi, Pezzopane, Navarra».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 7 febbraio 2018 la Commissione europea ha approvato i meccanismi di regolazione della capacità di energia elettrica (capacity market) in Italia, Belgio, Francia, Germania, Grecia e Polonia;

   secondo la valutazione della Commissione tali meccanismi sono compatibili con il mercato interno e sono rispettosi dei criteri previsti dalla disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020;

   l'approvazione dei meccanismi di regolazione della capacità arriva dopo un lungo e complesso lavoro, durato quattro anni, finalizzato a garantire al sistema elettrico nazionale sicurezza e adeguatezza. Per l'Italia infatti la Commissione ha autorizzato meccanismi di capacità relativi all'intero mercato, che possono rivelarsi necessari quando i mercati dell'energia elettrica si trovano ad affrontare problemi strutturali di sicurezza dell'approvvigionamento;

   il capacity market prevede la possibilità di garantire una disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica nel lungo periodo, attraverso un corrispettivo da riconoscere ai produttori, mantenendo così un adeguato backup al sistema elettrico da parte degli impianti termoelettrici a gas (il nostro Paese ha già identificato, da ultimo nella legge di bilancio 2017, i requisiti degli impianti che devono essere considerati nell'ambito del capacity market): una volta avviato, sarà in grado di dare indicazioni sul prezzo di medio/lungo periodo, indirizzerà le scelte degli operatori e permetterà il raggiungimento del 55 per cento di energie rinnovabili sui consumi elettrici finali al 2030 e del phase out degli impianti a carbone al 2025 come programmato nella Strategia energetica nazionale (Sen);

   per l'attivazione del capacity market, prevista per il 2019, è necessaria l'organizzazione periodica di aste competitive per l'assegnazione dei contratti di capacità, che per rispettare la tempistica prevista dovranno tenersi entro il prossimo autunno;

   ad oggi non risultano ancora approvati né il decreto del Ministero dello sviluppo economico né le delibere attuative dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente –:

   quale sia ad oggi lo stato di attuazione del capacity market e come intenda procedere il Governo, per quanto di competenza, per dotare il sistema elettrico nazionale di un meccanismo essenziale per la sicurezza energetica.
(5-00028)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUFFINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   poste italiane gestisce il servizio postale in Italia dagli anni ’60, dapprima in qualità di ente pubblico e in regime di monopolio, oggi nella forma di società per azioni; cura anche la distribuzione di prodotti finanziari e assicurativi e rappresenta il più grande operatore nel settore dei pagamenti e del digitale;

   a Poste italiane è affidato, fino al 2030, il servizio universale sulla base di un contratto di programma che regola i rapporti tra Stato e azienda e la fornitura dei servizi a cittadini, imprese e pubblica amministrazione;

   la società dispone di un'articolata organizzazione territoriale che vede 132 filiali, 12.845 uffici postali, centri di meccanizzazione postale, 2.117 uffici di recapito con 40.717 addetti al recapito, 7.249 Atm, 18 collegamenti aerei quotidiani, 33.000 veicoli;

   l'azienda riceve un rilevante contributo pubblico a fronte del quale, ad avviso dell'interrogante, non sembra esserci un servizio corrispondente a quanto previsto dalla carta dei servizi postali del 10 ottobre 2017, in cui è contemplata una presenza capillare di Poste italiane, su tutto il territorio nazionale;

   da anni sono in corso tentativi di razionalizzazione dei servizi in termini di economicità ed efficienza; il più recente è di febbraio 2018, data in cui Poste italiane ha lanciato un piano strategico quinquennale, denominato Deliver 2022, finalizzato a massimizzare la rete di distribuzione;

   il piano coinvolge i principali settori di attività dell'azienda: corrispondenza, pacchi e distribuzione; pagamenti, mobile e digitale; servizi finanziari; servizi assicurativi;

   in una prima stesura del piano Deliver 2022, Poste Italiane aveva ipotizzato la chiusura di numerosi uffici periferici in quanto economicamente non sostenibili; il piano definitivo ha deciso di rivedere e annullare parte di queste chiusure per quanto sia comunque prevista la dismissione di molti uffici postali situati nei territori;

   le conseguenze della razionalizzazione degli uffici postali ricadono in particolar modo sulle realtà più piccole;

   questo vale tanto più in quelle zone in cui sono stati già operati importanti tagli al servizio di distribuzione, portato a dieci giorni al mese, alle aperture, previste per due o tre giorni a settimana, e al volume di movimenti, considerato che ci sono zone in cui anche la corrispondenza più rilevante, quale quella delle raccomandate, a volte non viene distribuita;

   le scelte strategiche dell'azienda, pur non perdendo di vista gli obiettivi della crescita aziendale, non dovrebbero in alcun modo prescindere dalla specificità del territorio, in particolar modo delle aree interne e montane; il territorio italiano, infatti, è caratterizzato dalla parcellizzazione dei centri abitati, in particolar modo per via di una specifica conformazione geografica; a questo si aggiungono l'innalzamento dell'età media della popolazione e la concentrazione delle persone più anziane, quindi con minore dimestichezza all'uso delle tecnologie digitali, soprattutto in queste piccole realtà;

   sulla questione si sono espressi numerosi comuni avanzando alcune specifiche proposte in materia di erogazione di servizi minimi essenziali quali: installare un postamat nei comuni in cui gli uffici non sono aperti tutti i giorni; individuare possibili collaborazioni con amministratori locali per ampliare i servizi offerti dagli uffici postali; definire una strategia per l'agenda digitale per le aree interne; formare operatori polivalenti per l'attività di sportello; avviare i servizi di tesoreria per comuni e unioni montane –:

   se il Ministro interrogante non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, affinché siano garantite l'effettiva erogazione e la qualità del servizio pubblico in capo a Poste Italiane s.p.a. su tutto il territorio nazionale, nel rispetto dell'accordo siglato dalla società con lo Stato, e affinché non siano lesi i cittadini nel diritto di usufruire di un servizio rilevante quale quello in questione.
(4-00261)


   BENVENUTO, MOLINARI, MACCANTI, CAFFARATTO, PATELLI, BOLDI, TIRAMANI, GIACCONE, PETTAZZI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI e LIUNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Società gestione impianti nucleari – Sogin – è stata costituita il 1° novembre 1999 in ottemperanza al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, cosiddetto decreto Bersani, con il compito di controllare, smantellare, decontaminare e gestire i rifiuti radioattivi degli impianti nucleari italiani spenti, a seguito dei referendum abrogativi del 1987;

   dalla sua costituzione ad oggi la Sogin spa, con le risorse derivanti dagli oneri inseriti nelle bollette di energia elettrica a carico degli utenti, avrebbe dovuto smantellare le vecchie centrali da impianti nucleari italiani, mettendo in sicurezza i rifiuti prodotti durante la loro attività; invece, a distanza di circa un ventennio, si trova in una crisi gestionale, dalla quale emergono elementi poco rassicuranti anche per il futuro;

   con il decreto ministeriale 7 maggio 2001 dell'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2001) e con il successivo decreto ministeriale 2 dicembre 2004 del Ministro delle attività produttive (Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2005), recanti «Indirizzi strategici ed operativi alla Sogin – Società gestione impianti nucleari S.p.a., ai sensi del Decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79», sono state previste sequenze legate a calendari dei lavori, che non sono state rispettate;

   in particolare, il condizionamento dei «rifiuti pregressi», molti dei quali sono ancora custoditi nei contenitori originali, avrebbe dovuto essere completato nel 2010 e lo smantellamento entro il 2018, mentre non risulta invece neppure iniziato il trattamento dei rifiuti più pericolosi degli impianti di Saluggia (VC) e di Trisaia (MT);

   i pochi lavori effettivamente in corso procedono con estrema lentezza, frutto di una crisi gestionale che si è di recente aggravata;

   negli ultimi due anni sono stati eseguiti lavori per appena il 30 per cento di quanto programmato nel piano industriale originario, sbilanciando il rapporto tra costi di gestione, inclusi quelli per il personale, e valore delle attività svolte;

   i due principali contratti in essere, affidati a Saipem, relativi a due complessi progetti per la solidificazione di rifiuti liquidi ad alta attività negli impianti di Saluggia e di Trisaia, sono stati risolti unilateralmente ad agosto 2017 con quella che agli interroganti appare una piuttosto singolare interpretazione dei termini contrattuali (lavori versus forniture), azzerando ogni previsione sulla effettiva messa in sicurezza di quei rifiuti e comportando una causa civile intentata da Saipem, con la richiesta di danni ed altri oneri per complessivi 112 milioni di euro, che sarebbero anch'essi a carico degli utenti di energia elettrica;

   il sostanziale blocco delle attività e la mancanza di reali prospettive di crescita a breve rendono oggettivamente critico il mantenimento dell'attuale organico di poco meno di 1000 addetti: –:

   se non ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza per il commissariamento di Sogin, con una figura esterna di alta professionalità, per elaborare una proposta di riordino della società, garantendo un'accelerazione della messa in sicurezza dei rifiuti nucleari, iniziando dal condizionamento di quelli vecchi degli impianti di Saluggia e di Trisaia;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere allo scopo di rivedere il progetto del deposito nazionale alla luce delle conclusioni del parere della commissione Via/Vas n. 2577 del 12 dicembre 2017 relativo al programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi e delle osservazioni e delle condizioni ivi contenute, di cui deve tenere conto il rapporto ambientale;

   se il Governo ritenga necessario aggiornare la strategia di decommissioning, considerando il tempo oramai trascorso e i consistenti ritardi accumulati.
(4-00266)


   ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Comdata Group è una multinazionale operante nel settore dei servizi alle imprese nelle aree dell'assistenza clienti, della gestione dei processi di back office e di gestione del credito;

   dopo aver messo in cassa integrazione a zero ore 363 addetti ad Ivrea, in provincia di Torino, l'azienda ha comunicato nei giorni scorsi la chiusura di due stabilimenti, quello di Pozzuoli, in provincia di Napoli, e quello di Padova;

   nell'insediamento veneto operano 204 lavoratori; in quello di Pozzuoli sono al lavoro 59 addetti. Qui, in particolare, data la situazione di dramma occupazionale del Mezzogiorno, la chiusura assume una particolare problematicità visto che si inserisce in un contesto che rende difficile ricollocarsi sul mercato del lavoro;

   i lavoratori di Comdata vengono in larga parte dalla Vodafone, nei cui stabilimenti lavoravano;

   da questa azienda furono licenziati nel 2007 per poi essere reintegrati nel gruppo Comdata, che aveva acquisito in modalità molto vantaggiose interi rami di azienda, anche grazie a commesse pubbliche garantite, ad agevolazioni fiscali e benefit;

   a fronte di tutto ciò, dopo undici anni, la multinazionale, incamerati vantaggi e profitti, comunica senza alcuna concertazione, senza segnali evidenti di crisi, senza discuterne con lavoratori e parti sociali, la chiusura degli stabilimenti e il licenziamento dei lavoratori;

   va ricordato che Comdata Group è presente in 16 Paesi nel mondo, con 75 sedi e circa 43 mila dipendenti; in Italia, conta dieci sedi e 7200 lavoratori, molti dei quali in regime di orario ridotto;

   il 7 maggio 2018 la Slc Cgil, la FISTel Cisl e la Uilcom Uil hanno proclamato uno sciopero con assemblea di 2 ore a Pozzuoli;

   un coordinamento nazionale, invece, il 10 maggio ha deciso un calendario unico di lotta sindacale, che vedrà tutti i lavoratori coinvolti, visto che c'è grande preoccupazione per il destino occupazionale, per le prospettive produttive, soprattutto per questa strategia di smantellamento dopo aver incassato benefit e commesse pubbliche, che sembra animare le scelte di alcune multinazionali –:

   se il Governo sia conoscenza di quanto sopra esposto e come intenda attivarsi, per quanto di competenza, per la gestione della vertenza Comdata e per la tutela dei posti di lavoro degli occupati negli stabilimenti chiusi, sia di Padova sia – vista la situazione occupazionale di quel distretto – di Pozzuoli.
(4-00286)


   CAFFARATTO, BENVENUTO, MACCANTI e MOLINARI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 45, comma 2, del Testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo n. 177 del 2005) individua le attività che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve comunque garantire, fra cui la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 aprile 2017 è stata rinnovata la concessione in esclusiva alla Rai s.p.a. dell'esercizio del servizio pubblico radiotelefonico, televisivo e multimediale, approvando lo schema della convenzione poi stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria, in data 27 luglio 2017, recante le condizioni e le modalità di esercizio;

   fra gli obblighi imposti al concessionario è specificato nel contratto di servizio che la Rai debba «garantire la fornitura del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (...) assicurando la ricevibilità gratuita del segnale al 100 per cento della popolazione via etere o, quando non sia possibile, via cavo e via satellite. Se per l'accesso alla programmazione fosse necessaria una scheda di decrittazione la concessionaria è tenuta a fornirla all'utente senza costi aggiuntivi»;

   nonostante gli obblighi previsti dal testo unico della radiotelevisione e ribaditi nel contratto di servizio fra Rai e Ministero, molti cittadini piemontesi lamentano da anni numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale della maggioranza dei canali Rai, con ingiustificati lunghi periodi di «completo oscuramento» di diversi canali, aggravati in seguito al passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre che non ha garantito, come avrebbe dovuto, condizioni di accesso alle reti almeno pari, se non superiori, alla situazione garantita con il sistema analogico;

   a prescindere dalle cause che generano il disservizio, sembra paradossale che i cittadini piemontesi, a cui viene negato l'accesso ad un servizio pubblico garantito per legge, vengano regolarmente chiamati a pagare, congiuntamente alla bolletta elettrica, il canone Rai che, nel caso di esercizi turistici e di ristorazione, raggiunge anche cifre molto alte;

   la norma che addebita automaticamente il canone anche a chi non ha un apparecchio televisivo per il solo fatto di essere intestatario di un'utenza elettrica appare di dubbia legittimità e costituzionalità, oltre ad essere ingiusta nei confronti di quanti, già esonerati in passato dal pagamento del canone Rai, si trovano a dover adempiere anno dopo anno una serie di pratiche burocratiche per chiedere che venga riconosciuto il loro diritto a non pagare –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per salvaguardare il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo di tutti i cittadini del territorio nazionale, così come garantito dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 177 del 2005 e ribadito nella convenzione fra la concessionaria e il Ministero dello sviluppo economico, mettendo fine all'ingiustizia che subiscono da anni gli utenti dei comuni piemontesi che sono chiamati a pagare regolarmente il canone senza essere messi nelle condizioni di poter accedere al servizio;

   quali siano gli interventi previsti, e le relative tempistiche, per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di ricezione del segnale televisivo Rai collocati nel territorio piemontese e se il Governo non ritenga doveroso, alla luce dei disagi subiti dai cittadini dei comuni piemontesi, valutare la possibilità di assumere iniziative per sospendere il pagamento del canone Rai fintanto che non sia garantito il servizio di trasmissione.
(4-00292)


   ZAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   FedEx Express Italy srl (Fedex Italia) ha avviato la procedura di esubero collettivo per ridurre il personale, seguendo il piano di riorganizzazione aziendale nato dall'acquisizione da parte di FedEx Corporation di TNT Corporate;

   tale procedura è iniziata il 20 aprile 2018, con l'invio da parte di FedEX Italia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali della comunicazione di avvio del licenziamento collettivo per riduzione di personale;

   secondo FedEX, la fusione con TNT sarebbe rivolta a migliorare l'efficienza e la competitività aziendale, con il preciso obiettivo di integrare la grande rete aerea di FedEX, con l'ampia capillarità stradale in Europa di TNT;

   tuttavia il percorso per raggiungere questo obiettivo sarebbe un licenziamento collettivo e la chiusura di 24 sedi italiane di FedEX su 36: il licenziamento è previsto per 361 lavoratori, 315 di FedEX e 46 di TNT, distribuiti nelle 24 sedi in chiusura (per quanto riguarda i lavoratori FedEX);

   nel dettaglio, la procedura di licenziamento dei dipendenti FedEX riguarda 9 operations manager, 19 operations management specialist team leaders, 35 service agents, 246 couriers, 1 operations documentations agent, 1 station handler e 4 despatchers;

   FedEX è un gruppo in piena salute, che ha registrato un aumento di fatturato in due anni (2015-2017) del 27 per cento, seguendo l'esponenziale crescita del commercio online;

   da questi dati, risulta quindi incomprensibile la motivazione della chiusura delle filiali FedEX e della conseguente procedura di licenziamento di 361 lavoratori, per la maggior parte corrieri, ossia i soggetti preposti al trasporto e alla consegna della merce, l'obiettivo della produzione aziendale di FedEX –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda porre in essere per evitare la chiusura delle filiali sopracitate e il conseguente licenziamento dei lavoratori.
(4-00306)


   PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 17 maggio 2018 presso il Ministero dello sviluppo economico e alla presenza dei vertici aziendali e delle organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm nazionali e territoriali, si è tenuto un incontro sullo stato di avanzamento del piano industriale 2015-2018 del gruppo Whirlpool ed è stato presentato il piano industriale per gli anni 2019-2021;

   con l'occasione l'azienda ha illustrato la situazione nei vari stabilimenti italiani del gruppo in relazione agli investimenti realizzati, ai volumi previsti e ai conseguenti livelli occupazionali. Si è mostrata fiduciosa, affermando che il proprio rinnovato assetto industriale insieme a una solida strategia commerciale e di investimenti in innovazione permetterà di consolidare la leadership in un mercato globale in espansione;

   tuttavia, la realtà appare differente. Infatti, come rilevato dalle parti sindacali, nel gruppo permane una condizione non rosea di volumi produttivi per tutti gli stabilimenti dovuta a una contrazione delle quote di mercato, difficoltà che interessa anche i centri direzionali del gruppo a causa dei ritardi nella integrazione tra Indesit e Whirlpool in Emea e che ad oggi non ha permesso di completare il percorso condiviso con il piano industriale 2015-2018;

   stante la situazione, non sarà possibile portare a termine entro la fine dell'anno corrente il processo di riassorbimento degli esuberi partito nel 2015. Nello specifico il piano proposto dal gruppo aziendale prevede il ricorso alla cassa integrazione e alla solidarietà oltre la scadenza del 31 dicembre 2018. Si tratta di una condizione necessaria per il piano industriale ma che l'attuale normativa italiana non garantisce ai lavoratori: il decreto legislativo n. 148 del 2015 pone un limite all'utilizzo degli ammortizzatori sociali a fine 2018 per le imprese che vi abbiano fatto ricorso in modo continuativo dal settembre 2015; trascorso tale termine, le parti non hanno più a disposizione né cassa integrazione né contratti di solidarietà per affrontare le difficoltà ed evitare i licenziamenti;

   specificatamente, nel caso di Whirlpool, se non sarà superato il limite del 31 dicembre 2018 all'utilizzo degli ammortizzatori sociali, a fine anno ci saranno circa 800 esuberi, di cui 623 nelle fabbriche e 169 negli uffici centrali. Pertanto, appare quanto mai urgente mettere in sicurezza occupazione, salario, produzioni e stabilimenti –:

   quale sia la posizione che il Ministero interrogato intenda assumere in occasione dell'incontro con le parti previsto per il 6 luglio 2018;

   quali indifferibili iniziative intenda adottare per fare fronte alla situazione descritta in premessa ed evitare drammatiche ricadute occupazionali sui lavoratori e sulle loro famiglie e se, nell'ambito di tali iniziative, sia prevista una proroga degli ammortizzatori sociali.
(4-00307)


   D'ATTIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «Divertor Tokamak Test facility - DTT» nasce per fornire risposte scientifiche e tecnologiche ad alcune problematiche particolarmente complesse del processo di fusione (come la gestione di temperature elevatissime) e si pone quale «anello» di collegamento tra i grandi progetti internazionali Iter e Demo;

   considerando il contesto internazionale, l'Italia è anche partner delle agenzie europee Euro fusion e Fusion for Energy (F4E);

   va tenuto conto delle ricadute internazionali in quanto saranno coinvolte oltre 1500 persone di cui 500 direttamente e altre 1000 nell'indotto con un ritorno stimato di 2 miliardi di euro, a fronte di un investimento di circa 500 milioni di euro. I finanziamenti sono sia pubblici che privati e vedono la partecipazione, fra gli altri, di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione (60 milioni di euro) per conto della Commissione europea, Miur, Mise, la Repubblica popolare cinese con 30 milioni, Regione Lazio (25 milioni), l'Agenzia nazionale, per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile e altri partner con 50 milioni, cui si aggiunge un prestito della Banca europea per gli investimenti da 250 milioni di euro;

   l'Enea, pubblica, in data 24 novembre 2017, un avviso pubblico per una selezione finalizzata alla scelta di un sito sul territorio nazionale, per l'insediamento dell'esperimento DTT (Divertor Tokamak Test);

   il 1° febbraio 2018 dopo la ratifica del consiglio di amministrazione viene nominata la commissione prevista dall'articolo 9 dell'avviso, incaricata di procedere alla valutazione delle proposte e alla formazione della conseguente graduatoria;

   a conclusione della procedura attributiva dei punteggi si è delineata una graduatoria finale, approvata dal consiglio di amministrazione dell'Enea delle nove località candidate ad ospitare la Divertor Tokamak Test facility (DTT), il centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare. Sulla base dei requisiti tecnici, economici ed ambientali richiesti, il punteggio più elevato è stato assegnato dall'apposita commissione di valutazione al sito di Frascati (Roma), seguito da Cittadella della Ricerca (Brindisi) e Manoppello (Pescara);

   la commissione di valutazione ha stabilito le regole del proprio funzionamento, in base alle quali, il sito Cittadella della ricerca (Brindisi) ha ottenuto un punteggio di 100 su 100 sui requisiti essenziali e 100 su 100 sugli ulteriori elementi di valutazione delle proposte. Quanto agli elementi economici che valutano il valore delle infrastrutture esistenti nell'area offerta, nella misura in cui risultano disponibili ed utili a ridurre il costo di investimento, il sito Cittadella della ricerca è stato valutato 9,5 milioni di euro comprensivi dei 5 milioni di euro oltre la soglia minima prevista dal bando. La Regione Puglia con delibera n. 37 del 18 gennaio 2018 della giunta regionale, ha offerto 30 milioni di euro;

   gli edifici dell'ENEA con laboratori ed hall tecnologiche già presenti all'interno del comprensorio Cittadella della ricerca per oltre 6.000 metri quadri non sarebbero stati adeguatamente computati secondo l'interrogante nel calcolo degli elementi economici;

   non è chiaro se l'edificio foresteria funzionante con una capacità ricettiva di 160 posti letto e menzionato nella relazione tecnica della commissione di valutazione sia stato valutato nel calcolo degli elementi economici;

   alla commissione giudicatrice avrebbe preso parte, tra l'altro, personale dell'Enea afferente al centro di Frascati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati;

   se il Ministro interrogato non intenda fare chiarezza sul modus operandi della commissione di valutazione per la selezione finalizzata alla scelta di un sito per l'insediamento dell'esperimento DTT (Divertor Tokamak test);

   se non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, per la riapertura dei termini di assegnazione del punteggio sugli elementi economici, considerando il punteggio mancante al sito Cittadella della ricerca.
(4-00368)


   GUERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si registra una forte preoccupazione in questi giorni in merito al futuro dei tremila dipendenti del gruppo Mercatone Uno, attualmente in cassa integrazione;

   in data 21 maggio 2018 i commissari straordinari di Mercatone Uno, in amministrazione dal 2015, presso il Ministero dello Sviluppo economico hanno informato che risultano essere due gli acquirenti individuati a conclusione della procedura di vendita con la prospettiva di salvaguardare circa 2000 posti di lavoro;

   55 punti vendita, più la sede, il marchio e la logistica, saranno acquisiti da Shemon Holding mentre altri 13 punti vendita saranno acquisiti dal marchio «Globo» attraverso Cosmo;

   il 22 maggio (le associazioni sindacali hanno reso noto che le «garanzie sull'occupazione offerte dai commissari straordinari riguarderebbero 2063 dipendenti su 2745 complessivamente riferiti agli attuali punti vendita». Per i sindacati quindi «per troppi lavoratori, attualmente alle dipendenze del Gruppo Mercatone Uno, si profila la prospettiva della disoccupazione»;

   oltre infatti ai 6 punti vendita esclusi dall'aggiudicazione, emergerebbero infatti forti perplessità sui 13 stabilimenti che non manterranno il brand «Mercatone Uno»;

   nei punti vendita acquisiti dal marchio «Globo» gli impegni occupazionali garantiti dalla concessionaria nel prossimo biennio produrranno una sensibile riduzione degli attuali livelli occupazionali ed il ricorso al part time (da 566 lavoratori attuali ai prospettati 196 di cui 144 full time);

   i punti vendita acquisiti dal marchio «Globo» sono i seguenti: Altopascio (prov. di Lucca); Biella; Castelfranco Veneto (prov. di Treviso); Colle Val d'Elsa (prov. di Siena); Genova; Lucca; Misterbianco (prov. di Catania); Palermo; Parma; Pieve Fissiraga (prov. di Lodi); Tavemerio (prov. di Como); Castelfranco Emilia (prov. di Modena); Cerasolo di Coriano (prov. di Rimini);

   i lavoratori degli stabilimenti sopracitati hanno già attuato scioperi e forme di protesta mentre gli enti territoriali interessati hanno sollecitato regioni, ministeri e istituzioni competenti a mettere in campo iniziative urgenti ed efficaci per salvaguardare livelli occupazionali e professionalità;

   nei giorni scorsi in conseguenza di una messa in vendita promozionale di tutta la merce al 70 per cento con probabile intento di svuotamento dei magazzini, i dipendenti, preoccupati anche per la mancanza di informazioni in merito, hanno attuato una immediata mobilitazione e risultano tuttora in sciopero a tutela del loro posto di lavoro –:

   quale sia l'effettivo stato della vertenza e quali siano le garanzie di rispetto dei profili professionali in un quadro di possibile mutamento merceologico delle attività; se i piani industriali dei soggetti acquirenti, e in particolare del gruppo Cosmo spa, consentiranno la continuità dei livelli occupazionali prospettati; se vi siano in previsione da parte del Governo anche di concerto con le amministrazioni locali e regionali interessate, iniziative volte a garantire misure di sostegno al reddito e la ricollocazione occupazionale dei lavoratori che verrebbero messi in mobilità a seguito della chiusura della procedura di amministrazione straordinaria del Gruppo Mercatone Uno.
(4-00382)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Ianaro e altri n. 4-00203, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pallini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Colletti e altri n. 5-00018, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Perantoni.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   LIUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2018, come risulta dal comunicato stampa ufficiale diramato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato approvato, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro della giustizia, uno schema di decreto legislativo recante disposizioni volte all'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento europeo relativo alla protezione delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati;

   in data 13 aprile 2018 un articolo de Il Fatto Quotidiano dal titolo «Blitz nell'ultimo Consiglio: soldi a pioggia sulla privacy» ha riportato una serie di notizie relative al contenuto dello schema di decreto legislativo. Nell'articolo si sostiene che siano state inserite norme volte ad innalzare gli attuali emolumenti percepiti dai componenti dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, portandoli dagli attuali 160 mila euro annui a 240 mila euro annui;

   sempre nel medesimo articolo si sostiene che sarebbe eliminato l'obbligo per l'Autorità di avvalersi dell'Avvocatura dello Stato nei contenziosi giudiziari nei quali è coinvolta, consentendo quindi di affidare incarichi economicamente onerosi a legali esterni;

   qualora fossero confermate le notizie riportate dall'articolo de Il Fatto Quotidiano, le norme relative ad un aumento dei compensi previsti per i membri dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali sarebbero difficilmente comprensibili sia sotto il profilo del contenimento dei costi della finanza pubblica, sia dal punto di vista relativo alla scarsa attinenza di tali norme con quelle necessarie ad adeguare la normativa nazionale alla normativa europea, senza considerare che una tale discutibile scelta sarebbe stata assunta dal Governo a soli due giorni dall'insediamento delle nuove Camere, verificatosi il 23 marzo 2018 e a tre giorni dalle dimissioni formali rassegnate dal Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica –:

   se le notizie riportate nell'articolo citato in premessa in merito alla nuova disciplina volta ad un aumento degli emolumenti dei componenti del garante per la protezione dei dati personali corrispondano al vero e quali siano le motivazioni che hanno indotto il Governo ad inserire tali norme nello schema di decreto legislativo.
(4-00085)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente lo schema di decreto legislativo recante disposizioni volte all'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (Ue) 2016/679, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, si forniscono i seguenti elementi informativi.
  Lo schema di decreto legislativo è stato sottoposto dal Ministro della giustizia all'esame preliminare del Consiglio dei ministri nella seduta del 21 marzo 2018. A seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri, il testo trasmesso al Parlamento per i prescritti pareri reca modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 13 della legge delega n. 163 del 2017, al fine dei necessari adeguamenti del codice al regolamento (Ue) 2016/679.
  Con specifico riguardo alle previsioni cui si fa riferimento nell'interrogazione, concernenti gli emolumenti dei componenti del Garante per la protezione dei dati personali, si fa presente che lo schema di decreto all'articolo 14, nel novellare l'articolo 153 del predetto codice, prevede per il presidente del collegio un'indennità di funzione corrispondente alla retribuzione in godimento al primo presidente della Corte di cassazione. Inoltre, al medesimo articolo 153, viene introdotta un'ulteriore disposizione che stabilisce l'applicazione dei limiti previsti dalla legge per il trattamento economico annuo omnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali. Per quanto concerne gli altri componenti il collegio, è fissata un'indennità pari ai due terzi di quella spettante al presidente. In tal modo, restano invariati i parametri relativi alla definizione delle indennità spettanti al presidente e ai componenti, quali attualmente definiti dall'articolo 153, comma 6, del codice e dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 501 del 1998.
  In ordine all'ulteriore previsione cui viene fatto riferimento nell'interrogazione, concernente la rappresentanza in giudizio e la difesa dell'Autorità, nel testo approvato dal Consiglio dei ministri e trasmesso alle Camere si prevede, all'articolo 154-
ter del codice, introdotto dall'articolo 14 dello schema, che il Garante sia rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, salvo i casi di conflitto di interesse con altri soggetti che godono del medesimo patrocinio, previo parere dell'avvocato generale dello Stato.
  

La Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Maria Elena Boschi.