Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 7 maggio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il 3 maggio 2018 è scaduto il termine per la presentazione della domanda di costituzione dei nuovi gruppi bancari cooperativi in base a quanto stabilito dalla riforma contenuta nel decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2016, che ha prescritto un periodo di 18 mesi a decorrere dall'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione stabilite dalla Banca d'Italia, emanate il 3 novembre 2016;

    la normativa che risulta dalla legge nazionale e dalle disposizioni applicative è molto complessa: il 3 maggio era la data in cui si doveva presentare la domanda di costituzione, tramite invio del contratto di coesione e degli statuti delle banche aderenti, e la domanda di iscrizione del nuovo gruppo cooperativo all'albo dei gruppi bancari. La costituzione vera e propria dei gruppi seguirà poi il particolare scadenzario stabilito dalla Banca d'Italia nella circolare n. 285 (del 17 dicembre 2013, 19° aggiornamento);

    il citato decreto-legge ha previsto, tramite l'introduzione dell'articolo 37-bis nel decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), che i citati gruppi bancari cooperativi siano composti da una società per azioni capogruppo, le banche di credito cooperativo (BCC) e le società bancarie controllate dalla capogruppo. La riforma ha sconvolto il precedente panorama del settore cooperativo, ridisegnando un sistema formato da piccole realtà territoriali e sostituendolo con un'unica holding che, oltre a perdere il carattere di mutualità e cooperazione, garantiti dall'articolo 45 della nostra Costituzione, non riuscirà nemmeno a replicare modelli presenti in altre nazioni europee per evidenti disparità dimensionali;

    gruppi olandesi, francesi o tedeschi costituiti in holding di BCC sono da 50 a 60 volte più grandi della dimensione ipotizzata per i costituendi gruppi bancari cooperativi italiani. In questo modo è dunque probabile che si genererà un ibrido che perderà le caratteristiche specifiche della cooperazione nel settore creditizio, tese a valorizzare le specificità locali, culturali, socioeconomiche dei diversi territori italiani, ma che, nel contempo, non sarà in grado di paragonarsi ad omologhi gruppi con cui confrontarsi nel mercato creditizio mondiale;

    l'unica garanzia di difesa del territorio, concessa in sede di conversione del decreto-legge, riguarda la possibilità di creare eventuali sottogruppi territoriali; per le province autonome di Trento e Bolzano è stato invece stabilito che le banche di credito cooperative aventi sede legale nelle stesse potessero costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti solo da banche aventi sede (ed operanti esclusivamente) nei medesimi territori, tra cui la corrispondente banca capogruppo, la quale può adottare anche la forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; di questa opportunità hanno approfittato solo gli istituti Raiffeisen della provincia autonoma di Bolzano, mentre nella provincia autonoma di Trento si è scelto di dar vita a un gruppo di livello nazionale, Cassa Centrale Banca;

    la relazione illustrativa di accompagnamento alla legge di conversione, recitava che, a causa di «talune debolezze strutturali», degli «assetti organizzativi» e della «dimensione ridotta» delle banche cooperative, si rendeva necessario superare l'ostacolo di alcuni «tratti costitutivi della forma giuridica cooperativa in quanto tale», prevedendo «l'obbligatoria appartenenza a un gruppo bancario cooperativo», la cui capogruppo si costituisse in forma di società per azioni «al fine di favorire l'accesso al mercato dei capitali e alla patrimonializzazione». Nella stessa relazione si attestava, altresì, che una simile ristrutturazione non avrebbe in alcun modo alterato la qualificazione delle BCC in qualità di cooperative a mutualità prevalente;

    non si può certo negare che una simile impostazione provenga dalle tesi allora maggioritarie sviluppate dalla Banca d'Italia in merito alla convinzione che sia impossibile poter vigilare correttamente su piccole entità bancarie. Su questo punto, Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento della vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia, in sede di audizione presso la VI Commissione della Camera dei deputati, il 9 dicembre 2015, espresse una posizione nettamente favorevole ad operazioni di concentrazione, soprattutto per le banche di medie e piccole dimensioni. La tesi è stata poi ulteriormente confermata in sede di audizione sul decreto-legge in oggetto, il 1° marzo 2016, in cui lo stesso capo della vigilanza ha confermato che: «nella prolungata fase di crisi economica, l'aumento della rischiosità dei prenditori e la stasi delle erogazioni hanno eroso i profitti rendendo più vulnerabili le BCC, caratterizzate da dimensioni contenute e da una operatività concentrata in ambiti territoriali ristretti» ripercuotendosi sulle possibilità di diversificazione del rischio;

    le drammatiche vicende vissute dalle banche poste in risoluzione, così come da Monte dei Paschi di Siena e dalle banche popolari venete, con le gravi ricadute avutesi sui risparmiatori, hanno dimostrato che la dimensione è tutt'altro che un requisito utile ad agevolare il controllo da parte degli enti preposti. Proprio nei confronti delle popolari venete, che erano nel novero dei 5 maggiori istituti di credito del Paese, Banca d'Italia e Consob hanno dimostrato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, gravi carenze nell'adempiere al loro ruolo istituzionale di vigilanza e tutela;

    non risulta pertanto alcuna evidenza empirica secondo la quale istituti di maggiori dimensioni siano più facilmente controllabili e più stabili e, tantomeno, che le sofferenze dei piccoli istituti mettano in pericolo la stabilità dell'intero sistema bancario del Paese;

    all'epoca dell'emanazione del decreto, in Italia, le banche più piccole avevano 17 miliardi di euro di sofferenze a fronte dei 39 miliardi delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime cinque banche, con un credito erogato che, per le banche di medie e piccole dimensioni, si attestava tra i 156 e 178 miliardi di euro;

    non si sono quindi comprese a fondo le ragioni di una simile riforma quando anche la Banca d'Italia confermava la gestione più prudenziale delle «banche di minore dimensione, in prevalenza di credito cooperativo, anche per effetto del peso più elevato delle garanzie sui prestiti (79,8 per cento a fronte di una media di sistema del 66,5)»;

    sembra essere scontato, dunque, che tutta questa riforma sia stata interessata da una deliberata eterogenesi dei fini: si sono abbandonati i principi di mutualità per far spazio alle ragioni del libero mercato, agevolando l'entrata, anche nelle BCC, così com'è stato nelle popolari, di investitori, nazionali e non, ben poco interessati allo sviluppo e al sostegno del territorio e al tessuto delle piccole e medie imprese, fondamentale per l'economia del nostro Paese e strategico per la nostra capacità di competere in ambito internazionale;

    anche facendo riferimento alla crisi americana dei subprime si è sempre affermato di dover evitare ad ogni costo il rischio del moral hazard che si può sviluppare nelle grandi banche in ragione del principio «too big to fail». Al contrario, nel nostro Paese, si sono volute accorpare le piccole banche, quelle che, per quanto evidenziato, non sono suscettibili di creare grandi shock al sistema;

    ancora, la scelta del limite minimo di 1 miliardo di euro, di patrimonio netto per la capogruppo annulla del tutto la valenza territoriale del sistema mutualistico, postulando necessariamente la creazione di due grandi holding nazionali e una provinciale, governate in modo verticistico. Da quanto si apprende, infatti, si sta andando verso la creazione di un'unica holding nazionale (il polo romano di Iccrea), affiancata solamente dalla trentina Cassa Centrale Banca e dall'altoatesina Raiffeisen, in cui devono confluire le circa 280 BCC oggi esistenti;

    la richiesta presentata nelle scorse settimane da Raiffeisen per la costituzione di un gruppo bancario provinciale è già stata avanzata, mentre, per Iccrea e Cassa Centrale Banca, il processo in vista della presentazione delle istanze di costituzione dei due gruppi significativi pare più indietro;

    la prossima conseguenza, già paventata all'epoca della riforma, sarà il forte condizionamento che simili gruppi eserciteranno sulla libertà di azione e sull'autonomia delle BCC in sede locale, come pure quello derivante dalla vigilanza europea: Iccrea e Cassa Centrale Banca, che da sole raggrupperanno circa 260 banche, saranno infatti sottoposte alla vigilanza unica con la sottoposizione al Comprehensive Assessment della BCE, che comprende la verifica degli attivi (asset quality review) e gli stress test;

    in conseguenza di questa modifica, si stima che le BCC saranno costrette a reperire nuovi capitali in misura pari a circa 700 milioni di euro per il gruppo Cassa Centrale e 1,8 miliardi per il gruppo ICCREA, o a ridurre sensibilmente l'offerta di credito;

    per questa ragione, nel mese di dicembre 2017, la Banca d'Italia ha inviato un documento alle 260 BCC interessate in cui si richiedeva di allinearsi «al più presto» alle linee guida delle due capogruppo al fine di prepararsi al prossimo vaglio della vigilanza europea, dato che circa un terzo delle BCC italiane è considerato ad alto rischio e un altro quarto mediamente a rischio;

    al riguardo è il caso di ricordare come, in Germania, le Sparkassen e le Volksbanken tedesche non rientrino invece pienamente nella normativa europea, non soltanto per quanto riguarda i requisiti di capitale e liquidità, ma anche per quanto riguarda la vigilanza europea. Secondo la Bundesbank, le banche territoriali tedesche che non rientrano sotto la vigilanza unica sono oltre 1500, pari all'88 per cento degli istituti di credito tedeschi, e gestiscono circa il 44 per cento dei prestiti erogati dall'intero settore bancario, che quindi non sono soggetti alla vigilanza unica europea. In particolare, su 431 Sparkassen tedesche, solo una è vigilata dalla BCE (e si consideri che in totale queste contano per il 22,3 per cento degli impieghi bancari). Va notato che in Italia la percentuale di crediti non soggetti alla vigilanza unica è molto inferiore, aggirandosi attorno al 20 per cento, e la riforma delle BCC ridurrebbe questa percentuale di almeno altri 7 punti, portando virtualmente tutto il nostro sistema bancario sotto la vigilanza unica, mentre il 44 per cento di quello tedesco viene vigilato dall'autorità nazionale (il Bafin). Questo perché all'epoca della costruzione del primo pilastro, ossia della vigilanza unica, le grandi banche tedesche, il cui numero è relativamente ridotto, hanno beneficiato della fissazione a 30 miliardi di euro di asset quale livello minimo, mentre, per le piccole banche, sono stati tenuti fuori dalla vigilanza unica i cosiddetti IPS (Institutional Protection Schemes), ossia i sistemi di mutua protezione e garanzia tra le banche associate, che differiscono sia dai gruppi bancari che dai network bancari, ampiamente diffusi in Germania (Sparkassen e Volksbanken) e Austria (banche Raiffeisen);

    in Italia, invece di ricorrere agli IPS, con i privilegi che essi garantiscono e dei quali le banche dei concorrenti italiani godono, si è scelto di azzerare un patrimonio territoriale che anche Federcasse, seppur all'epoca gran sostenitrice della riforma, considerava invece necessario tutelare in virtù delle «particolari forme di coesione ed organizzazione a livello territoriale»;

    come già detto, quest'ultime sono state riconosciute alle sole provincie autonome di Bolzano e Trento, ignorando le altre peculiarità, linguistiche, socioeconomiche, culturali, che rappresentano, invece, una peculiarità e un importante valore aggiunto dell'intero Paese. Benché sia riconosciuta la necessità di salvaguardare il patrimonio mutualistico delle province autonome, non si comprende perché le stesse non debbano essere riconosciute in tutte le regioni e provincie italiane;

    tali argomentazioni, già ampiamente discusse durante l'esame del decreto-legge nelle assemblee parlamentari, sono ancora oggi attuali e cogenti. All'approssimarsi della scadenza sono ancora molte le voci che chiedono una revisione della riforma: il presidente dell'Associazione generale cooperative italiane (Agci), Brenno Begani, ha richiesto una fase «di ulteriore e necessaria riflessione sull'impostazione della riforma del credito cooperativo per salvaguardare la biodiversità bancaria e per non soffocare realtà fortemente radicate». Il presidente Agci spiega che l'assorbimento totale di tutte le BCC italiane in grandi poli bancari, «con spazi limitati di autonomia rispetto alla Capogruppo, reca in sé il tangibile pericolo di declino dell'identità cooperativa e dei principi mutualistici nel settore del credito». E ancora, continua che, in questo modo, si «rischia di non incentivare lo sviluppo socio-economico a livello locale e, più in generale, di non rendere onore al principio di meritocrazia, che imporrebbe di premiare e non di mortificare i più virtuosi, poiché proprio i soggetti sani hanno maggiore patrimonio libero e minori rischi in portafoglio»;

    da ultimo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nelle risultanze preliminari dell'istruttoria in relazione al procedimento in materia di operazioni di concentrazioni avviato il 14 marzo 2018 nei confronti della società del gruppo Raiffeisen (procedimento C12138), ha rilevato che le quote di mercato che saranno detenute dal costituendo gruppo Raiffeisen non appaiono scevre dal sollevare criticità concorrenziali in termini di costituzione ovvero rafforzamento di posizioni dominanti in alcuni dei mercati locali. Infatti, la detenzione delle quote sopra evidenziate appare comunque suscettibile di garantire al costituendo gruppo un evidente vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti, permettendo allo stesso di operare in sostanziale autonomia;

    dunque, la riforma del credito cooperativo in questione non soltanto ha creato una frattura nel sistema mutualistico delle banche locali, con le sopraesposte conseguenze economico-sociali che si stanno verificando nelle differenti territorialità del Paese, ma sembra anche violare, con tutta evidenza, le disposizioni di rango costituzionale del nostro ordinamento: da un lato, tali rischi di concentrazione, già paventati all'epoca dell'esame del decreto, si stanno concretizzando e profileranno una violazione della normativa europea in materia del rispetto della concorrenza (articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea); dall'altro, a livello interno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo si sono violati differenti disposizioni e principi della Carta costituzionale. Innanzitutto, la disparità di trattamento per le province autonome, pur se fondata sul rispetto della diversità e delle minoranze, non trova uguale contemperamento nel rispetto del principio di uguaglianza con riguardo al diverso trattamento riservato al restante territorio nazionale. Quest'ultimo sembrerebbe anche violato dalla clausola del way out (possibilità, per gli istituti con un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro di poter scorporare l'attività bancaria conferendola ad un istituto di credito costituito in società per azioni, corrispondendo all'erario un'imposta straordinaria pari al 20 per cento dello stesso);

    un'altra disposizione di dubbia costituzionalità, difficilmente conciliabile con il principio di libera iniziativa economica tutelata dall'articolo 41, sembrerebbe essere il divieto di trasformazione in banca popolare: in caso di esclusione dalla superholding, la BCC può continuare la sua attività solo con l'autorizzazione della Banca d'Italia e la trasformazione in società per azioni, pena la liquidazione, ma è esclusa, com'era prima della riforma, la fusione con banche di diversa natura da cui risultino banche popolari;

    quest'ultima norma è stata infatti attaccata da più fronti, perché inficerebbe gravemente la tutela dei depositanti, contrastando con l'articolo 47 della Costituzione, in merito alla tutela del risparmio, e con l'articolo 45 della stessa Costituzione, in merito alla tutela e alla promozione della cooperazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere un differimento del termine di 18 mesi, scaduto il 3 maggio 2018 di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 18 del 2016, o, in ogni modo, al fine di prevedere la sospensione dei termini entro i quali dovranno essere costituiti i gruppi bancari cooperativi.
(1-00001) «Giorgetti, Molteni, Bitonci, Molinari, Rixi, Zicchieri, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Fedriga, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Fugatti, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lo Monte, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Saltamartini, Sasso, Segnana, Stefani, Tarantino, Tateo, Terzi, Tiramani, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanotelli, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,

   premesso che:

    dopo il caso di Charlie Gard, il Regno Unito si è trovato nuovamente sotto i riflettori per un'analoga vicenda. Alfie Evans, il bambino inglese di 23 mesi affetto da una patologia neurodegenerativa non diagnosticata, è deceduto dopo che gli è stato applicato, presso l'Alder Hey Hospital di Liverpool, dove era ricoverato, un protocollo di fine-vita;

    i genitori del bambino poco più che ventenni, si sono opposti in tutti i modi e in tutte le sedi competenti, lamentando la mancanza, da mesi, di cure e approfondimenti diagnostici; soltanto cure palliative;

    si tratta di una vicenda che ha coinvolto il mondo intero: i genitori, come avvenne per il caso Charlie Gard, si sono visti rifiutare l'accoglimento delle loro richieste. Tanti gli appelli da parte di innumerevoli semplici cittadini e di autorità politiche di tutto il mondo. Il Papa è intervenuto più volte, auspicando che la volontà dei genitori potesse trovare seguito. La pronuncia dei giudici inglesi ha confermato l'impedimento a che i genitori potessero individuare un altro sito per curare il loro bambino;

    i legali della famiglia Evans avevano chiesto l'autorizzazione a condurre il figlio in Italia dove le strutture ospedaliere Bambino Gesù di Roma e l'ospedale pediatrico Gaslini di Genova, eccellenze mondiali, avevano, più volte, confermato la disponibilità ad accogliere il piccolo in ogni momento, al fine di formulare una diagnosi o quantomeno accompagnarlo alla fine naturale. Le autorità sanitarie inglesi si sono opposte ad autorizzare la trasferta del piccolo, adducendo il rischio che durante il viaggio il bambino potesse avere delle convulsioni, preferendone la morte dove si trovava, nonostante Alfie per diversi giorni aveva dimostrato di essere vitale e reagire;

    l'incuria e le negligenze dell'ospedale inglese sono state documentate dal padre, che ha reso pubbliche parecchie foto che non possono non lasciare chiunque allibito e straziato;

    la vita di Alfie è terminata non già per la sua malattia, bensì per la «giustizia» inglese, secondo cui sostanzialmente un paziente va ucciso perché non corra il rischio di aggravarsi durante un trasporto e secondo cui, nell'incapacità dei medici di formulare una diagnosi, si debba eliminare il problema eliminando il malato;

    dapprima il caso di Charlie, e ora quello di Alfie, ledono principi fondamentali contenuti nella Convenzione europea sui diritti dell'uomo: dalla intangibilità della vita alla libertà di scelta della famiglia, e in particolare alla libertà di cura e di circolazione all'interno del territorio europeo dei cittadini di uno dei suoi Paesi membri. È veramente singolare che uno Stato che fa ancora parte dell'Unione europea ritenga che il «superiore interesse del minore», che fa da base nel caso specifico – come era già stato evocato in precedenza, per Charlie Gard – alla decisione delle istituzioni inglesi, coincida con il lasciar morire il minore senza che si formuli neanche una diagnosi, in contrasto con la sua famiglia e senza che sussista in concreto alcun accanimento terapeutico. Ed è altrettanto singolare che in una Unione nella quale le istituzioni comunitarie intervengono, talora a sproposito, su scelte dei governi dei singoli Stati relative ad altre voci che coinvolgono la vita e la salute delle persone, per esempio in tema di immigrazione, qui restino silenti, a conferma del condizionamento ideologico per una così grave lesione di beni fondanti;

    il Governo italiano ha dimostrato di essere in prima linea in questa battaglia di civiltà, per scongiurare quanto accaduto e permettere che il piccolo fosse trasferito nel nostro Paese e venisse preso in carico dalle strutture ospedaliere italiane, concedendo con un provvedimento d'urgenza la cittadinanza italiana al bambino;

    l'Inghilterra continua a mietere vittime innocenti, cavalcando quella deriva eugenista e eutanatica che confligge con i principi fondamentali sottoscritti con la firma del trattato dell'Unione europea e relativi al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto (ovvero della separazione dei poteri) e dei diritti umani (articolo 2);

    tutto ciò viola, inoltre, un altro principio fondamentale dell'Unione europea: quello sulla libera circolazione degli individui (ex articolo 67 del Trattato: «L'unione realizza uno spazio di libertà sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali...»); addirittura contraddice la stessa Magna Charta Libertatum, i cui principi tutti i popoli europei hanno assunto a modello per i moderni ordinamenti cosiddetti «democratici» (articolo 42 della Magna Charta: «ogni uomo potrà lasciare il nostro Regno e farvi ritorno senza danno o timore»);

    la circostanza che un giudice civile, negli ordinamenti di common law, abbia il potere abnorme di condizionare la vita umana oltre i casi della giustizia penale, crea una frattura incolmabile tra questi e gli ordinamenti continentali, in una materia fondamentale (ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è appunto seguendo arbitrariamente la linea degli ordinamenti di common law che il giudice italiano ha decretato nel 2009, contra legem, la morte di Eluana Englaro);

    la consegna della vita umana alla discrezionalità del giudice, foriera degli esiti tragici e disumani che sono sotto i nostri occhi, rappresenta una minaccia reale da cui si vuole con convinzione rifuggire;

    a parere dei firmatari del presente atto la «pena capitale» inflitta da un giudice a un innocente, come il caso di Alfie Evans, costituisce il coronamento di una degenerazione culturale, etica e giuridica che rischia di travolgere una intera civiltà,

impegna il Governo:

1) a sostenere in tutte le sedi competenti una moratoria internazionale di ogni decisione giudiziaria, legislativa o di qualsiasi altra natura che abbia come conseguenza di privare i minori di cure e supporti vitali in particolar modo contro il volere delle famiglie.
(1-00002) «Bitonci, Giorgetti, Molteni, Molinari, Rixi, Zicchieri, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Fedriga, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Fugatti, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lo Monte, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Saltamartini, Sasso, Segnana, Stefani, Tarantino, Tateo, Terzi, Tiramani, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanotelli, Ziello, Zoffili, Zordan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   a Broz Tito Josip è ascrivibile una serie di crimini, tra i quali quelli perpetrati nelle terre giuliano-istriano-dalmate, dove migliaia di italiani vennero uccisi e gettati nelle foibe, cavità carsiche nel profondo delle quali finirono gli oppositori al regime comunista;

   il 3 ottobre 2011 la Corte costituzionale della Slovenia ha dichiarato incostituzionale l'intitolazione di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, dichiarando che ciò avrebbe comportato la glorificazione del regime totalitario da questi costituito e una giustificazione delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo e della dignità umana avvenute durante il suo regime;

   dalla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 54 del 2 marzo 1970 risulta che il Presidente della Repubblica ha nominato, con decreto del 2 ottobre 1969, componente dell’«Ordine al Merito della Repubblica Italiana», in qualità di Cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone, Broz Tito Josip, il Presidente della Repubblica socialista federativa di Iugoslavia;

   nella predetta Gazzetta Ufficiale è pubblicato altresì l'elenco di 17 personalità jugoslave cui risulta conferita l'onorificenza di Cavalieri di gran croce, oltre che l'elenco di personalità jugoslave alle quali venne conferita – rispettivamente – l'onorificenza di Grandi ufficiali e di commendatori;

   l'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, testualmente recita: «5. Salve le disposizioni della legge penale, incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine»;

   è dunque, possibile, proprio in ragione delle suindicate disposizioni di legge, procedere alla revoca dell'onorificenza conferita quando si ritiene che l'insignito se ne renda indegno. Ne è conferma la revoca dell'onorificenza di «Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana» al Presidente della Repubblica araba siriana, Bashar Al-Assad (Gazzetta Ufficiale n. 255 del 31 ottobre 2012);

   si rileva che sono state altresì conferite onoreficenze a Ribicic Mitja, nominato Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica italiana, con decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 1969, e che è stato al vertice della repressione titina in Slovenia dal 1945 al 1957, e successivamente primo ministro jugoslavo, accusato nel 2005 di crimini di guerra; Vrhunec Sig. Marko, insignito dell'onorificenza di Grande ufficiale al merito della Repubblica Italiana, con decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 1969, e che è stato commissario politico della brigata partigiana Lubiana e capo di gabinetto di Tito dal 1967 al 1973; Dapcevic Peko, nominato Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica italiana con decreto del Presidente della Repubblica del 2 ottobre 1969, e che è stato, dal maggio 1945, comandante della IV° Armata jugoslava e, quindi, dell'amministrazione militare in Istria; Rustja V. Amm. Franjo, nominato Grande ufficiale al Merito della Repubblica italiana con decreto del Presidente della Repubblica del 2 ottobre 1969 e che è stato braccio destro del comandante del IX Corpus titino che occupò Trieste nel maggio 1945;

   in passato, con riferimento a Vrhunec Sig. Marko, Ribicic Mitja, Rustja V. Amm. Franjo, si ricorda che la Presidenza del Consiglio dei ministri, sensibilizzata sul dramma delle foibe anche in sede parlamentare, risulta avere richiesto al Ministero degli affari esteri di «effettuare gli opportuni accertamenti sulla situazione giudiziaria di ciascuno riguardo ai crimini commessi durante il periodo bellico di cui fossero stati ritenuti responsabili» –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda valutare se sussistano i presupposti per trasmettere, sentito il Consiglio dell'Ordine, al Presidente della Repubblica, proposta motivata di revoca dell'onorificenza dell'ordine «Al Merito della Repubblica Italiana» Cavaliere di Gran Croce, decorato di Gran Cordone, conferita a Broz Tito Josip, Presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, atteso che l'insignito se ne è reso indegno;

   se il Presidente del Consiglio dei ministri si sia attivato – e, in caso affermativo, in quale stato si trovi l’iter procedurale per la revoca delle onorificenze dell'ordine «al merito della Repubblica italiana» conferite a Ribicic Mitja, Vrhunec Sig. Marko, Dapcevic Peko e Rustja V. Amm. Franjo.
(5-00012)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da anni le proteste e gli strascichi giudiziari stanno contrassegnando il progetto di realizzazione della nuova pista di volo, dei piazzali per aeromobili, del nuovo terminal passeggeri, della viabilità di accesso e dei parcheggi e dell'area cargo dell'aeroporto Vespucci di Firenze;

   moltissimi soggetti – centri di ricerca universitari, amministrazioni locali, associazioni ambientaliste, comitati di cittadini – hanno rilevato nel corso degli anni notevoli criticità per i grandi rischi per la salute, per l'ambiente, per l'economia derivanti dall'approvazione di questo progetto e dalla sua successiva realizzazione;

   nelle settimane scorse i comuni di Sesto Fiorentino, Campi, Prato, Calenzano, Signa, Poggio a Caiano, Carmignano hanno presentato ricorso al Tar contro il decreto di valutazione ambientale che permetterà la realizzazione dell'opera –:

   per quale motivo nell'Osservatorio ambientale, nonostante le prescrizioni lo richiedessero, i comuni su cui insisterà l'opera non siano stati rappresentati;

   se, a fronte della contrarietà di ben 7 amministrazioni comunali rappresentative di quasi 400 mila cittadini, il Governo non ritenga necessario ed urgente aprire un tavolo di confronto politico-istituzionale per ridiscutere le scelte compiute;

   se, a fronte della contrarietà di 7 amministrazioni comunali rappresentative di quasi 400 mila cittadini, il Governo non ritenga di dover assumere iniziative per rivedere i finanziamenti annunciati dal Cipe nel mese di gennaio 2018 per oltre 330 milioni di euro previsti nel Masterplan 2029;

   se, a fronte delle numerose prescrizioni a tutela dell'ambiente che prevedono altrettanto numerosi interventi, il Governo sia in grado di stabilire e di rendere finalmente noto a quanto ammonterà il costo totale dell'opera nonché il finanziamento privato della stessa.
(4-00094)


   VACCA, DEL GROSSO, TORTO, ZENNARO, BERARDINI, COLLETTI e CORNELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che il capo dipartimento per il coordinamento amministrativo e la struttura di supporto che opera nel settore dell'attuazione, in via amministrativa, delle politiche del Governo ha convocato, in data 4 aprile 2018, il confronto conclusivo sull’iter riguardante l'istanza di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell'opera denominata «Metanodotto Sulmona-Foligno DN 1200 (48’’)»;

   tale riunione, si presume, sarebbe indetta al fine di avviare a conclusione il processo di autorizzazione del metanodotto attraverso l'individuazione di una soluzione politica condivisa tra le amministrazioni coinvolte ed in particolare con la regione Abruzzo che, con la delibera di giunta regionale n. 132 del 20 febbraio 2015, ha espresso il diniego all'intesa avverso l'adozione con esito positivo, dell'atto conclusivo del procedimento dell'opera sopra citata;

   secondo quanto si apprende da un comunicato stampa del comune di Sulmona, nella riunione del 4 aprile 2018, «i tecnici ministeriali hanno precisato da subito che si è trattato di una riunione tesa a capire i margini di superamento del dissenso, confermando quell'impressione che si stia spingendo il piede sull'acceleratore».

   a tal proposti, gli interroganti ritengono che, a pochi giorni dalla notizia delle dimissioni del Presidente del Consiglio Gentiloni è doveroso sollevare dubbi sulla legittimità o quantomeno sull'opportunità procedurale che riguarda qualsiasi azione del Governo volta all'attuazione di un indirizzo politico. Infatti, a seguito delle dimissioni sopra citate, il Governo rimane in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, cioè di atti indifferibili ed urgenti e, quindi, estranei all'esercizio dell'indirizzo politico;

   in questo caso ad avviso degli interroganti non pare trattarsi dell'esercizio di affari correnti o indifferibili, bensì di una procedura attivata per porre rimedio, attraverso una decisione necessariamente politica, al diniego di una delle amministrazioni coinvolte, ovvero la regione Abruzzo;

   da pochi giorni si è insediato il nuovo Parlamento, in seguito alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, che hanno determinato uno scenario politico sicuramente differente dal precedente;

   secondo gli interroganti, è del tutto evidente, quindi, che l'attuale Governo dimissionario non ha piena legittimazione a proseguire l’iter autorizzatorio di un'opera dichiarata strategica, in quanto il presupposto di ogni attività di Governo è l'iniziale fiducia accordata dalle Camere –:

   se il Governo non ritenga opportuno astenersi dal proseguire il processo istruttorio avviato con la riunione del 4 aprile 2018 riguardante «l'istanza di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell'opera denominata metanodotto Sulmona-Foligno».
(4-00097)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   di recente la stampa nazionale e locale ha riportato la notizia dell'indagine della Guardia di finanza di Modena relativa all'impiego delle pubbliche risorse stanziate dopo il terremoto del 2012 in Emilia-Romagna;

   dall'indagine sarebbero emerse una serie di irregolarità per oltre 2 milioni di euro nella gestione dei fondi pubblici per la ricostruzione con conseguente denuncia di nove persone; in particolare è stata attenzionata l'acquisizione di contributi da parte di soggetti che pare non avessero diritto a ricevere fondi o ne avessero diritto ma per importi inferiori;

   tali operazioni sarebbero state messe in atto verosimilmente attraverso dichiarazioni e perizie non veritiere;

   quanto emerso deve indurre a una riflessione sulle modalità di controllo e sulle verifiche che a monte dovrebbero essere eseguite al momento dell'erogazione dei suddetti contributi e anche in fase successiva, viste le somme ingenti erogate per la ricostruzione post-sisma –:

   se il Governo intenda svolgere, per quanto di competenza, una ricognizione o avviare verifiche per accertare la corretta destinazione dei fondi statali per la ricostruzione post sisma in Emilia-Romagna;

   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per arginare e contrastare tali fenomeni e far sì che il controllo sulla destinazione di tali risorse sia costante, sistematico e puntuale nel tempo.
(4-00108)


   FRATOIANNI e FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 6 dicembre 2007 presso lo stabilimento di Torino della ThyssenKrupp, importante azienda tedesca del settore siderurgico, 7 operai morirono ed uno fu ferito durante un'incendio avvenuto sulla linea 5 dell'acciaieria;

   fin dalle prime indagini della magistratura fu evidente l'inadeguatezza delle misure di prevenzione e di sicurezza presenti;

   nel corso di 10 anni ci sono stati 5 gradi di giudizio della magistratura italiana che hanno evidenziato responsabilità precise nella morte dei lavoratori;

   il 13 maggio del 2016 la Corte di Cassazione – parlando di «loro colpa imponente nel rogo provocato per la totale e consapevole mancanza di adeguate misure di sicurezza» ha confermato le condanne decise dalla corte d'assise d'appello di Torino per i manager sia italiani che tedeschi dell'azienda: 9 anni e 8 mesi per Harald Espenhann, 7 anni e 6 mesi per Daniele Moroni, 7 anni e 2 mesi per Raffaele Salerno, 6 anni e 10 mesi per Gerard Priegnitz e Marco Pucci, 6 anni e 8 mesi per Cosimo Cafueri. Condanne diventate immediatamente esecutive per gli imputati italiani;

   il 19 ottobre 2017 la Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi per la riduzione delle condanne;

   per gli ex manager tedeschi le condanne non sono state ancora rese esecutive dalle autorità della Germania;

   la Repubblica federale di Germania condivide con il nostro Paese accordi di cooperazione nel settore della giustizia nonché lo spazio della giustizia europea;

   nei mesi scorsi fonti del Ministero della giustizia italiano hanno parlato di costante opera di sensibilizzazione delle autorità tedesche in merito alla vicenda –:

   se il Governo sia a conoscenza dei motivi per cui le autorità tedesche non hanno ancora reso esecutive le condanne dei responsabili del rogo, provocando lo sdegno delle famiglie delle vittime e della pubblica opinione del nostro Paese;

   quali iniziative il Governo abbia assunto in questi primi mesi del 2018 affinché fossero superati tutti i ritardi nell'esecuzione di una sentenza della magistratura italiana.
(4-00117)


   CAPARVI, BASINI, BELLACHIOMA, DE ANGELIS, D'ERAMO, DURIGON, GERARDI, LATINI, MARCHETTI, MATURI, PAOLINI, PATASSINI, SALTAMARTINI e ZICCHIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 46 del decreto-legge, n. 50 del 2017, convertito dalla legge n. 96 del 2017, è stata istituita la zona franca urbana nei comuni delle regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito con la legge n. 229 del 2016;

   le agevolazioni della zona franca sono state riconosciute alle imprese con sede o unità locale all'interno della zona franca e che hanno subìto a causa degli eventi sismici la riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 1° settembre 2016 al 31 dicembre 2016, rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2015, nonché alle imprese che hanno avviano la propria attività all'interno della zona franca entro il 31 dicembre 2017;

   tuttavia, con la circolare direttoriale del Ministero dello sviluppo economico n. 157293 del 2 novembre 2017 è stato stabilito il 20 novembre 2017 come termine ultimo per inoltrare le domande per usufruire dei benefìci della zona franca;

   tale termine per la presentazione della domanda si presenta alquanto incongruo, in quanto anticipa il termine stabilito dalla legge per l'avvio dell'attività di impresa che è quello del 31 dicembre 2017;

   la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), articolo 1, comma 745, ha ampliato i benefìci della zona franca ai soggetti con sede principale o l'unità locale nei comuni dell'allegato 2 del decreto-legge n. 189 del 2016, che hanno subìto nel periodo dal 1° novembre 2016 al 28 febbraio 2017 una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente;

   inoltre, con il comma 746 dell'articolo 1 della medesima legge di bilancio 2018 sono stati riconosciuti i contributi previdenziali ed assistenziali ai titolari di imprese individuali o familiari che hanno subìto, a seguito degli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, una riduzione del fatturato pari al 25 per cento nel periodo dal 1° settembre 2016 al 31 dicembre 2016, rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2015;

   i termini di presentazione delle domande sono stati fissati con circolare 5 marzo 2018, n. 144220, per i mesi di marzo e di aprile 2018;

   tale riapertura dei termini per la presentazione delle domande per la zona franca urbana non pone rimedio all'incongruo termine per la presentazione delle domande con scadenza antecedente al termine di avvio dell'attività d'impresa nelle aree dei comuni terremotati dell'allegato 1, che peraltro sono quelle che hanno subìto i maggiori danni;

   peraltro, risulta agli interroganti che, con circolare del Ministero dello sviluppo economico n. 172230 del 9 aprile 2018 (esplicativa delle modalità di funzionamento degli interventi alla luce delle novità introdotte dal decreto interministeriale 5 giugno 2017), sono state chiarite le modalità e i termini per poter beneficiare, delle agevolazioni fiscali e contributive in favore di micro e piccole imprese e professionisti localizzati nelle zone franche urbane delle regioni dell'obiettivo Convergenza nonché nelle nuove zone franche urbane dei comuni di Pescara, Matera, Velletri, Sora, Ventimiglia, Campobasso, Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Massa-Carrara;

   in analogia, anche la situazione sopra esposta per la zona franca urbana del sisma del centro Italia potrebbe essere risolta con apposita circolare –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare un'apposita circolare, con nuovi termini per la presentazione delle domande, per dare la possibilità a tutte le imprese che hanno avviato l'attività, entro il 31 dicembre 2017, nelle zone colpite dal sisma del centro Italia di cui all'allegato 1 del decreto-legge n. 189 del 2016, di usufruire dei benefìci della zona franca, conformemente al comma 3 dell'articolo 46 del decreto-legge n. 50 del 2017, ovvero se il Governo intenda assumere iniziative normative urgenti per correggere la situazione anomala che si è venuta a creare.
(4-00121)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 aprile 2018 nella sede di continuità assistenziale Bologna est dell'asl di Bologna i medici in servizio sono stati aggrediti da un paziente. A riportare la notizia è stato un noto quotidiano locale;

   per fortuna non vi sono state conseguenze vista la presenza di una finestra che consente di parlare con i pazienti senza aprire la porta. La porta, tuttavia, viene spesso aperta in orario di ambulatorio e ciò deve portare, ad avviso dell'interrogante, a una riflessione sulla sicurezza di questi luoghi di lavoro, sia per i pazienti che per i medici;

   il paziente in questione si sarebbe presentato suonando insistentemente, bussando rumorosamente alla porta di entrata e ingenerando uno stato di inquietudine tra i medici presenti. L'utente, in chiaro stato di agitazione e con aggressività, ha sferrato poi pugni attraverso la suddetta finestra, che era stata aperta per calmarlo, e solo grazie alla prontezza dei colleghi è stato scongiurato un epilogo ben più grave. L'utente si è poi allontanato minacciando i medici in turno. L'episodio come è ragionevolmente comprensibile ha comunque avuto ripercussioni psicologiche negative sui medici in turno, in quanto ha scatenato una sensazione di paura e insicurezza soprattutto nel momento di dover aprire la porta o uscire ad effettuare le visite domiciliari;

   gli episodi di aggressione a medici e paramedici sia di continuità assistenziale che di pronto soccorso sembra stiano diventando, purtroppo, sempre più frequenti;

   tra gli episodi avvenuti nell'ultimo periodo si citano a titolo esemplificativo un'aggressione a una dottoressa e ad altri operatori del 118 a Napoli e un'aggressione all'ospedale Sant'Andrea di Roma, dove il padre di un ricoverato si è scagliato contro la dottoressa di turno stringendole le mani al collo. Da fonti di stampa si apprende inoltre che in provincia di Bari, a Palese, un equipaggio del 118 è stato minacciato con una katana da un paziente;

   secondo stime recenti delle sigle sindacali sarebbero tremila le aggressioni ogni anno a medici e personale sanitario: pertanto, la sicurezza in questi luoghi di lavoro è un tema da affrontare con urgenza e tempestività, mettendo in atto azioni volte a inasprire le pene per chi aggredisce gli operatori sanitari;

   secondo un recente studio dell'OMCeO di Roma, circa il 66 per cento dei medici avrebbe, almeno una volta nel corso della propria carriera, subito un'aggressione di tipo verbale, psicologica, o addirittura fisica;

   da più parti sono arrivate sollecitazioni per giungere a una chiara e mirata legislazione nazionale o a linee guida e direttive applicative di riferimento per tutte le regioni. Tra le proposte figura anche la dotazione, per ciascun medico di turno, in continuità assistenziale o di pronto soccorso, di un braccialetto che ha un allarme incorporato direttamente collegato con le forze dell'ordine. Si insiste sempre più inoltre sulla necessità che tali reati siano sempre perseguibili d'ufficio e non necessariamente su querela di parte –:

   quali iniziative si intendano assumere, anche in collaborazione con le parti sociali e le sigle sindacali, per consentire ai medici di svolgere il loro lavoro in sicurezza;

   quali iniziative, anche di tipo normativo, si intendano assumere per fronteggiare il problema di cui in premessa, anche procedendo all'inasprimento delle pene per chi aggredisce personale sanitario.
(4-00136)


   FEDERICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio del comune di Civitacampomarano (CB) è in atto un grave dissesto idrogeologico che ha interessato le abitazioni del centro storico del paese;

   la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) all'articolo 1, comma 422 e successivi, regolamenta le modalità di accesso alle misure per fare fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive causati da calamità naturali, relativamente alle ricognizioni dei fabbisogni completate dai commissari delegati e trasmesse al dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri per la successiva istruttoria;

   la regione Molise ha trasmesso al dipartimento della protezione civile, con nota protocollo n. 1004 del 9 gennaio 2018, una richiesta di intervento straordinario, esplicitata come di seguito:

    euro 10.335.799,00 per il ristoro del danno alle abitazioni private oggetto di ordinanza sindacale di sgombero;

    euro 1.100.000,00 per il ripristino della sede del municipio e di altro edificio comunale;

    euro 1.500.000,00 per la realizzazione di una viabilità alternativa alla strada provinciale 163 che nel tratto urbano, in prossimità di corso IV Novembre, è interessata da un'ordinanza di parziale chiusura al traffico (transito alternato con regolazione semaforica);

   il dipartimento della protezione civile ha dato risposta all'amministrazione regionale con suo protocollo n. POST/0012295 del 1° marzo 2018, specificando quanto di seguito riportato:

    a) l'importo richiesto con la nota n. 1004 del 9 gennaio 2018 risulta pari a quello già comunicato dal presidente della giunta regionale del Molise pro tempore, in qualità di commissario delegato, con una precedente nota protocollo n. 19 del 18 dicembre 2017 inerente alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle infrastrutture pubbliche e private danneggiate, nonché dei danni subiti alle attività economiche e produttive, ai beni culturali e al patrimonio edilizio;

    b) vi sono richieste di chiarimento in merito ad alcuni aspetti della ricognizione, avanzate con nota del dipartimento protocollo n. POST/0000378 del 3 gennaio 2018, in attesa di riscontro;

    c) una prima applicazione di quanto disposto nella richiamata legge di stabilità 2016 è stata realizzata con l'adozione della delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016, facente riferimento agli eventi calamitosi occorsi dal 2013 al 2015;

    d) per quanto attiene a eventi accaduti negli anni 2016 e 2017, tra cui quello nel comune di Civitacampomarano, sarà necessario adottare analoga delibera del Consiglio dei ministri, da concertare con il competente Ministero dell'economia e delle finanze, con cui si potrà provvedere all'integrazione degli eventi calamitosi previsti dalla delibera del 28 luglio 2016, per i quali intervenire a valere sulle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 422 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 –:

   se siano state assunte iniziative per individuare risorse certe da stanziare nel più breve tempo possibile al fine di ristorare i cittadini di Civitacampomarano che hanno subito notevoli danni alle proprie abitazioni, tanto da dover subire delle ordinanze di sgombero che li pongono in una precaria condizione abitativa, di ripristinare la viabilità interessata dal fenomeno franoso, nonché di intervenire anche sugli edifici pubblici lesionati.
(4-00143)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nella riunione del 12 gennaio 2018, il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, a seguito dell'aumento nella tabella A, allegata alla legge 27 aprile 1982, n. 186, di quindici unità del numero dei referendari dei tribunali amministrativi regionali, disposta dall'articolo 1, comma 480, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di stabilità 2018), ha deliberato l'elevazione da 50 a 70 dei posti banditi con il concorso, per titoli ed esami, a referendario di T.A.R. nel ruolo della magistratura amministrativa, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie speciale, n. 86, del 10 novembre 2017. Il Consiglio ha, altresì, deliberato la riapertura dei termini di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso di ulteriori 60 giorni, decorrenti dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del relativo provvedimento;

   l'articolo 10 del bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 novembre 2017 prevedeva che con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 2018 sarebbero state rese note la data e il luogo delle prove scritte;

   il 6 aprile 2018 è stato pubblicato il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, firmato l'8 marzo 2018, recante «Aumento dei posti e riapertura dei termini del concorso; per titoli ed esami, a cinquanta posti di referendario di T.A.R. del ruolo della magistratura amministrativa». Con il suddetto decreto è stato fissato al 5 giugno 2018 il nuovo termine per la presentazione delle domande; inoltre, si è disposto che la data di pubblicazione delle informazioni relative al diario ed alla sede delle prove scritte, prevista dall'articolo 10 del bando del novembre 2017 alla data del 6 aprile 2018, sia «aggiornata al 18 maggio 2018»;

   ad avviso dell'interrogante, il provvedimento non appare improntato a criteri di logicità e razionalità operativa e si discosta dai canoni di cui all'articolo 97 della Costituzione. Infatti, non si comprende: per quale ragione sia stata disposta una riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione, nonostante l'opzione per l'elevazione del numero dei posti fosse già stata prevista nel primo bando (articolo 1); per quale ragione l'aumento di quindici unità del numero dei referendari dei tribunali amministrativi regionali, operato dalla legge di stabilità 2018, debba essere effettuato per il tramite di una procedura concorsuale che è già gravata da un numero di assunzioni molto rilevante; il ritardo nell'adozione del decreto dell'8 marzo 2018 rispetto, alla riunione del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa del 12 gennaio 2018 e il ritardo nella pubblicazione dello stesso decreto, nonostante questa comportasse dei meri adempimenti istruttori; la motivazione di fissare la pubblicazione delle informazioni relative al diario ed alla sede delle prove scritte in una data antecedente la scadenza per la presentazione delle istanze di partecipazione e quindi senza conoscere il numero complessivo dei concorrenti, circostanza che non può non influire sulla scelta della sede più idonea e meno onerosa –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Governo non ritenga di chiarire, per quanto di competenza, i criteri e le motivazioni che hanno portato alle anomalie relative alla riapertura dei termini del concorso per referendario di T.A.R., anche in riferimento al rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
(4-00151)


   PALAZZOTTO e FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dal marzo 2015 in Yemen è in corso una guerra civile, a cui prendono parte anche forze militari di una coalizione guidata dall'Arabia Saudita e composta anche da Bahrain, Kuwait, Qatar ed Egitto contro le forze ribelli Houtni;

   tale guerra, iniziata in seguito all'operazione lanciata dall'Arabia Saudita, non ha mai ricevuto un avallo formale o un preciso mandato dell'Onu;

   in conseguenza di tali eventi bellici alcune decine di milioni di persone necessitano di aiuti umanitari di ogni genere. Ogni giorno che passa il rischio di una catastrofe umanitaria aumenta sempre più;

   le azioni belliche stanno causando drammatiche conseguenze nei confronti della popolazione civile, con morti, feriti, mutilati;

   in Italia, in provincia di Cagliari, a Domusnovas, è operante uno stabilimento della Rwm Italia spa, società sussidiaria del gruppo tedesco Rheinmetall Defence, che produce bombe d'aereo e da penetrazione, caricamento di munizioni e spolette, sviluppo e produzione di teste in guerra per missili, siluri, mine. Da vari porti ed aeroporti italiani nei mesi scorsi sono partiti carichi di tale materiale verso l'Arabia Saudita, con evidente tappa finale il teatro bellico dello Yemen;

   a parere degli interroganti, si è di fronte alla palese violazione della legge n. 185 del 1990 sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento;

   nella scorsa legislatura, a fronte di numerose interrogazioni presentate, il Governo o non ha risposto, nella maggior parte dei casi, oppure ha fornito risposte secondo gli interroganti evasive;

   nei giorni scorsi varie associazioni pacifiste italiane ed europee, tra cui Rete Disarmo, hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma nei confronti dell'Uama, Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento, in quanto il Governo italiano, pur sapendo dell'esportazione di tali armamenti, non è intervenuto per bloccare tali spedizioni che violano la legge n. 185 del 1990. Nella denuncia si ipotizza per il Governo italiano il reato di abuso d'ufficio in violazione della legge n. 185 del 1990, della normativa europea e del Trattato sul commercio delle armi firmato dall'Italia nel 2013 –:

   se il Governo non ritenga necessario intervenire urgentemente per bloccare ulteriori spedizioni di armamenti e materiale bellico verso l'Arabia Saudita, poi utilizzati in Yemen;

   quali iniziative abbia assunto o abbia intenzione di assumere il Governo nei confronti dell'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, a partire dalla sostituzione dell'attuale vertice e del personale al centro dell'esposto presentato alla magistratura.
(4-00156)


   CROSETTO, RAMPELLI, CIABURRO, LUCA DE CARLO, FERRO, MOLLICONE e TRANCASSINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nella relazione sull'attività dei servizi di informazione per la sicurezza, contenente l'analisi della situazione e dei pericoli per la sicurezza, trasmessa al Parlamento il 19 febbraio 2018, si afferma che l'Italia è «un Paese in ripresa, ma ancora provato nel suo tessuto economico-produttivo e relativamente vulnerabile su diversi fronti»;

   tra i maggiori «Rischi Paese», la relazione evidenzia il fenomeno preoccupante di una certa «permeabilità di alcune aziende nazionali — di rilevanza strategica o ad alto contenuto tecnologico — rispetto a manovre esterne indirizzate ad acquisirne il controllo», evidenziando come acquirenti stranieri, per impadronirsi di un'azienda si avvalgono — talvolta — di «esautoramento o avvicendamento preordinato di manager e tecnici italiani», allo scopo di copiare tecnologie avanzate, obiettivo perseguito anche attraverso «ingerenze di carattere spionistico per l'acquisizione indebita di dati sensibili»;

   stando alla relazione, non sempre risultano chiari gli attori di riferimento di queste iniziative acquisitive straniere, «non essendo infrequenti iniziative di investimento rivolte a settori ed imprese nazionali riconducibili ad attori ostili o illegali (sovente “schermati” da complesse triangolazioni finanziarie), ovvero comunque ispirate da finalità predatorie»;

   inoltre, sono andate intensificandosi, in particolare, le manovre di attori esteri — sospettati di operare in raccordo con i rispettivi apparati di intelligence — attivi nel perseguimento di strategie finalizzate ad occupare spazi crescenti di mercato;

   il monitoraggio dell’intelligence ha indagato anche l'acquisizione di quote in piccole società (cosiddette startup), caratterizzate da elevato know-how, al fine di rilevare eventuali interessi da parte di attori esterni, anche statuali, ad investire in tali aziende per avere accesso alla tecnologia da queste sviluppata e poterla replicare nei rispettivi Paesi;

   dal rapporto Istat sulle «Struttura e competitività delle imprese multinazionali» in Italia risulta che le imprese italiane acquisite da capitali stranieri, nel primo anno, licenziano in media il 18 per cento dei dipendenti e che contribuiscono in modo negativo alla nostra bilancia commerciale, esportando solo il 26,1 per cento delle merci, a fronte del 45 per cento degli acquisti di merci dall'estero;

   le conseguenze sono, quindi, gravi non solo rispetto all'impatto occupazionale e sociale, ma anche rispetto alle conseguenze sull'indotto nei distretti e nelle filiere industriali, soprattutto costituito da piccole e medie imprese, perché le imprese acquisite da capitali stranieri tendono a rifornirsi di materie prime e semi componenti da aziende estere e non dai tradizionali fornitori italiani –:

   quali iniziative abbia assunto il Governo a tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico rispetto a iniziative straniere di acquisizione delle aziende stesse o dei dati e delle competenze in suo possesso;

   quali politiche il Governo abbia attuato ai fini della salvaguardia delle capacità produttive nazionali, del know how pregiato e dei livelli occupazionali;

   quali siano i settori maggiormente a rischio e quali indicazioni di politica industriale siano state fornite per fronteggiare la descritta minaccia alla stabilità economica e alla sicurezza nazionale;

   quali siano gli orientamenti del Governo circa la «strategia predatoria» di cui in premessa, che, per gli interroganti, potrebbe essere avvalorata da azioni di politica estera e militare volte a delegittimare l'Italia in ambito internazionale, e nello specifico nel teatro mediterraneo e del Medio Oriente, anche come conseguenza di azioni belliche non concordate che hanno colpito proprio alcuni tra i principali mercati delle imprese italiane;

   quali siano gli orientamenti del Governo circa alcune misure sanzionatorie adottate nei confronti di importanti partner economici dell'Italia che, secondo gli interroganti, potrebbero rientrare in questa strategia e comunque avallarla;

   quali Stati siano maggiormente impegnati nelle attività descritte nella citata relazione e in che modo il Governo abbia agito nei loro confronti sul piano delle relazioni politiche internazionali.
(4-00165)


   SALTAMARTINI, DE ANGELIS e GERARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata in sede Onu il 10 dicembre 1948 definisce la famiglia nucleo fondamentale della società e dello Stato e come tale deve essere riconosciuta e protetta;

   il combinato disposto degli articoli 29 (... famiglia società naturale fondata sul matrimonio...), 30 (... è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i figli anche se nati fuori del matrimonio... la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale...) e 31 (La Repubblica agevola con misure e altre provvidenze la formazione della famiglia... con particolare riguardo alle famiglie numerose) della Costituzione, enuncia in modo inequivocabile il regime preferenziale della famiglia quale nucleo fondamentale della società. Da queste norme – come pure dagli articoli 34, 36 e 37 Cost. – si ricava l'esistenza nell'ordinamento italiano del cosiddetto favor familiae;

   la Costituzione riconosce la famiglia come soggetto sociale, luogo di generazione dei figli (garanzia dell'esistenza stessa della società), pilastro su cui si fondano le comunità locali, il sistema educativo, le strutture di produzione del reddito, il contenimento delle forme di disagio sociale;

   il progresso della società moderna è stato viziato dalla rinuncia a quei riferimenti valoriali che rappresentavano le fondamenta di una comunità capace di comprendere l'importanza della tutela dei propri figli quale bene primario;

   in modo repentino si sta diffondendo un pensiero unico relativista che aggredisce l'istituzione famiglia e trova sostegno in iniziative legislative e amministrative ad avviso degli interroganti assurde. Come ad esempio quelle volte a cancellare dai documenti ufficiali i riferimenti alla madre e al padre per sostituirli con surrogati asettici, atti amministrativi secondo gli interroganti illegittimi come la registrazione all'anagrafe di bambini nati in Italia o all'estero come figli di coppie omosessuali (legittimando di fatto anche la disumana pratica della maternità surrogata, vietata in Italia dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40), o finanche il tentativo di introdurre nei programmi scolastici l'insegnamento fondato sulla teoria del gender;

   a giustificazione di queste proposte che si potrebbero definire con un eufemismo «originali», i proponenti hanno addotto la motivazione di voler evitare discriminazioni nei confronti di bambini con genitori omosessuali;

   in questo panorama deprimente di azioni volte a distruggere la famiglia, è doveroso stigmatizzare quanto accaduto a Roma in questi giorni. Stando alle notizie riportate dagli organi di stampa, in un asilo nel quartiere Ardeatino, la festa della mamma e del papà verranno eliminate. A chiederne la cancellazione è stata una coppia omosessuale, che ritiene le due giornate discriminatorie. L'asilo, il nido Chicco di Grano di via Grani di Nerva, ha prima proposto di mantenere le due festività, rendendole facoltative, e in seguito, dato il disaccordo della coppia omosessuale, ha abolito le feste dedicate alla mamma e al papà, in favore di una festa più «inclusiva»;

   è fondamentale affermare il valore sociale della famiglia, anche attraverso un'operazione di sensibilizzazione culturale, che chiami in causa il sistema educativo e tutto il mondo della formazione –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per sostenere la valenza sociale della famiglia tradizionale a fronte del proliferare di tali atti o eventi di dubbia legittimità, che si caratterizzano quale strumento propagandistico ed ideologico mirato a disgregare la famiglia.
(4-00175)


   DAVIDE CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come si è appreso da La Stampa – pagina della provincia di Novara – del 25 aprile 2018 a causa di movimenti definiti come «interni ed esterni» al tribunale di Novara, il processo per voto di scambio alle elezioni comunali 2011 sarebbe stato «azzerato» e di fatto da rifare;

   nel dettaglio, tutti i 3 giudici per le indagini preliminari sarebbero stati trasferiti ad altra sede, 2 dei magistrati di dibattimento sarebbero stati costretti quindi a «coprire il buco» e un terzo trasferito dopo pochi mesi;

   in particolare, il processo in questione vede imputati Raimondo Giuliano, ex assessore all'istruzione della città di Novara, e altri 24 novaresi accusati di aver «promesso» il proprio voto a Giuliano;

   a mezzo stampa si apprende che il nuovo giudice arriverà a metà maggio 2018, e il processo sopracitato riprenderà il 15 maggio per riascoltare i teste dell'accusa;

   si tratta di una situazione ingestibile anche secondo il presidente dell'Ordine degli avvocati di Novara, Remigio Belcredi, che, come si apprende dalle colonne de La Stampa, in una lettera indirizzata al CSM, al Ministero della giustizia, al presidente e al procuratore generale della corte d'appello di Torino specifica come non sia tollerabile che il terzo tribunale in Italia per efficienza nel civile possa essere ostaggio della precarietà dei giudici –:

   quali iniziative di competenza concrete e funzionali, anche sul piano normativo, il Governo intenda mettere in campo al fine di ridurre, a una misura tollerabile, la mobilità dei giudici, onde evitare situazioni critiche come quelle del tribunale di Novara.
(4-00183)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo le ultime stime gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) risultano essere 4,9 milioni, ovvero il +3,3 per cento rispetto allo scorso anno. Tra il 2016 e il 2017 gli italiani sono emigrati in 194 destinazioni diverse, la maggior parte di esse collocate in Europa. Il Paese di destinazione preferito risulta essere il Regno Unito;

   sono infatti oltre 340 mila iscritti all'Aire nel Regno Unito e tra i 700-800 mila gli italiani residenti in Gran Bretagna, come confermano le stime del consolato italiano nella capitale londinese;

   il Maeci, a causa delle misure di contenimento della spesa pubblica e del blocco del turn over delle aree funzionali, ha dovuto registrare una drastica riduzione del personale adibito alle funzioni da esse esplicate, passando da 3.996 unità del 2006 alle 2.711 del 2016, con una diminuzione di 1.285 unità in termini assoluti e del 33 per cento in termini percentuali; per il 2020, inoltre, sono previsti ulteriori 400 pensionamenti per limiti di età, destinati ad acuire esigenze note da tempo;

   a fronte di una situazione di obiettiva restrizione di risorse e di personale, nel bilancio del Maeci per il 2018 e per il triennio 2018-2020, si registra una svolta positiva poiché si prevede l'assunzione, in un biennio, di 150 unità delle aree funzionali e un aumento di ulteriori 100 unità del contingente del personale a contratto, ai quali si aggiungono minori unità per operazioni concorsuali da espletare o in via di espletamento;

   è particolarmente sentita, soprattutto dai connazionali all'estero, l'urgenza di un nuovo assetto della Rete diplomatico-consolare italiana nel mondo e dei servizi erogati all'estero in favore degli italiani all'estero e di tutto il Sistema Italia;

   innumerevoli sono le segnalazioni di disfunzione dei servizi consolari provenienti dai connazionali all'estero, tra cui i notevoli tempi d'attesa per l'emissione di passaporti, l'impossibilità di editare o compilare direttamente on line i moduli per la richiesta di atti e documenti, l'assenza nella maggior parte dei casi di un «tracking code» che consenta di monitorare costantemente l’iter delle proprie richieste inviate al Consolato in via telematica;

   accanto alla sopraddetta generale problematicità è emblematico il caso di Londra: città che sconta una situazione di forte criticità;

   la proposta, fortemente sostenuta dalle comunità italiane residenti all'estero con cui si chiede il reale sviluppo dei servizi telematici, e al contempo la previsione di misure di tutela dalla contraffazione, e una maggiore e migliore erogazione di servizi, appare volta a realizzare un sistema più efficiente e in grado di garantire maggiori risparmi per il bilancio dello Stato –:

   se il Ministro interrogato non intenda chiarire lo stato complessivo delle risorse di personale ed economiche messe a disposizione per la rete consolare italiana all'estero;

   se non intenda implementare, con la massima rapidità, le procedure di assunzione delle unità di personale sopraccitate per il biennio 2018-2020;

   se intenda valutare l'opportunità di assegnare il personale che sarà immesso in ruolo e destinato alle sedi estere in ragione della proporzione delle comunità italiane fuori dai confini nazionali, dando priorità a quei Paesi in cui i nostri connazionali sono più presenti;

   se intenda chiarire quali siano le previsioni di rinforzo di personale nel consolato generale d'Italia a Londra e dell'ufficio consolare di Manchester.
(4-00090)


   DI MURO e GASTALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   poche settimane fa si è riunita a Torino la commissione italo-francese per affrontare la situazione relativa alla linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia che aveva l'obiettivo di superare la convenzione bilaterale del 1970 che affidava gli oneri di ricostruzione e manutenzione della linea all'Italia per la riparazione dei danni di guerra e la previsione di un programma di sviluppo infrastrutturale;

   in quell'occasione la Francia ha avanzato la proposta di farsi carico del 25 per cento delle manutenzioni ordinarie sul proprio territorio (47 chilometri), lasciando all'Italia il restante 75 per cento, oltre all'intero ammontare dei costi sul territorio ligure e piemontese. La proposta, ritenuta assolutamente inadeguata, non è stata accettata e, ad oggi, si sta lavorando ad un testo condiviso che reintegri aspetti che erano stati esclusi ritenuti invece essenziali;

   la bozza di convenzione italiana, presentata nel 2016, prevedeva una linea transfrontaliera gestita da un «promotore pubblico» con la partecipazione delle regioni Piemonte e Paca e la presenza di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera aperto alla Liguria e al Principato di Monaco per le attività turistiche e il reperimento di finanziamenti;

   la linea, secondo il cronoprogramma, dovrebbe riaprire, dopo 8 mesi di lavori e due mesi e mezzo di ulteriore ritardo dovuto al mancato collaudo da parte di Sncf Reseau, il 13 luglio –:

   se il Governo non ritenga doveroso rendere noto il consuntivo dettagliato degli ultimi dieci anni relativo alle risorse impegnate dallo Stato italiano per interventi sulla linea Cuneo Ventimiglia, sulla base della Convenzione bilaterale del 1970, specificando quali lavori ordinari e straordinari siano stati eseguiti e collaudati e a quanto ammonti il contributo del Governo francese nel medesimo arco temporale sull'intera tratta.
(4-00098)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di stampa della morte di una ragazza di 25 anni, Sana Cheema, cittadina italiana di origine pakistana, residente a Brescia, che secondo alcune ricostruzioni sarebbe stata raggiunta dal padre e dal fratello in Pakistan, dove era andata con la madre a trovare dei parenti; i due vi si sarebbero recati per ucciderla in seguito al rifiuto di sposare l'uomo prescelto dalla famiglia e di convolare a nozze, invece, con l'attuale fidanzato italiano di cui era innamorata;

   il movente del presunto omicidio di Sana sarebbe quindi riconducibile al problema dei matrimoni forzati, ossia senza il pieno e libero consenso di almeno uno dei coniugi; un fenomeno che, pure in mancanza di rilevazioni ufficiali, sembra registrare una diffusione in crescita in Italia, principalmente in alcune famiglie immigrate dal subcontinente indiano e da alcuni Paesi arabi;

   secondo quanto riportato dai media, la famiglia di Sana Cheema, che ancora si trova in Pakistan, negherebbe l'omicidio e avrebbe dichiarato che la giovane Sana sarebbe morta d'infarto; il padre, il fratello e lo zio sono effettivamente stati presi in custodia dalle autorità pakistane, che avrebbero però asserito che non ci sono elementi che facciano ipotizzare un omicidio;

   tuttavia, è stata aperta un'inchiesta poiché troppi sono i dubbi circa la scomparsa della ragazza e molte sono le verifiche ancora da fare: secondo alcune fonti, sarebbe stato un medico non autorizzato a rilasciare il certificato di morte e ad ipotizzare che questa sia stata causata da un infarto; si tratterebbe dello stesso medico che le avrebbe prescritto farmaci per problemi cardiaci; inoltre, resta sospetta la fretta nelle procedure di tumulazione da parte dei parenti della ragazza;

   occorre considerare che, secondo l'ultimo studio sui matrimoni forzati, pubblicato delle Nazioni Unite nel 2009, in Pakistan tale pratica tribale, e non religiosa, avrebbe ancora un'incidenza pari al 70 per cento delle unioni, specie nelle aree rurali dove è molto difficile che una ragazza scelga autonomamente il marito;

   si tratta di aree in cui persiste ed è diffusa una cultura tribale che considera le figlie undicenni già pronte al matrimonio e dove è difficile che esse raggiungano la maggiore età prima di essere forzate ad unirsi all'uomo prescelto dalla famiglia –:

   quali urgenti iniziative politiche e diplomatiche intenda assumere il Governo per richiedere alle autorità pakistane di fare piena luce sulla morte della connazionale Sana Cheema e se non intenda assumere iniziative, anche normative, volte a rafforzare in Italia la tutela e l'assistenza alle ragazze che sono o rischiano di diventare vittime della violenza dei matrimoni forzati, eventualmente anche attraverso un adeguamento dell'ordinamento interno che contempli l'istituzione di un osservatorio permanente di prevenzione e l'introduzione di nuove fattispecie penali.
(4-00138)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la Repubblica italiana e le Filippine sono legate da una stretta relazione economica, culturale e politica, rafforzata dalla presenza in Italia di 162.469 cittadini filippini titolari di un permesso di soggiorno valido, che ne fanno la quinta comunità straniera nel nostro Paese, con 334,9 milioni di euro (dati 2016) di rimesse inviate ogni anno nel Paese d'origine;

   dal 1° luglio 2016 migliaia di persone, che includono donne e bambini, sono state uccise dalle forze dell'ordine filippine nel quadro della «guerra alle droghe» annunciata dal presidente Rodrigo Duterte come elemento centrale del suo mandato presidenziale che scadrà nel 2022;

   l'8 febbraio 2018 il procuratore della Corte penale internazionale ha aperto un'istruttoria per crimini contro l'umanità commessi nel quadro della guerra contro il narcotraffico;

   il 15 marzo 2018, il Governo filippino ha inviato una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, annunciando l'intenzione di recedere dallo Statuto di Roma, ossia dal trattato internazionale costitutivo della Corte penale internazionale;

   sempre nel mese di marzo 2018, il Governo delle Filippine ha accusato numerose organizzazioni, associazioni e personalità di spicco della società civile, di svolgere attività terroristiche; tra questi vi sono l'inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli-Corpuz e numerosi altri difensori dei diritti umani nel Paese asiatico;

   il 15 aprile 2018, il vicesegretario generale del Partito socialista europeo, Giacomo Filibeck, che aveva precedentemente denunciato gli assassini e gli abusi commessi nell'ambito della guerra alla droga, è stato fermato all'aeroporto di Cebu, dove era atterrato per partecipare al congresso del partito di opposizione Akbayan ed è stato successivamente espulso; come riportato dagli organi di stampa, il segretario alla giustizia delle Filippine, Menardo Guevarra, ha dichiarato che «Filibeck è elencato nella nostra lista nera per aver violato le leggi sull'immigrazione che proibiscono agli stranieri di svolgere attività politica nel nostro Paese», mentre secondo il portavoce del presidente Duterte, Harry Roque, la decisione è stata un «esercizio di sovranità, poiché il leader socialista è una di quelle persone che non vogliamo avere nel nostro territorio»;

   alcuni giorni dopo è stata arrestata la religiosa di 71 anni, suor Patricia Fox, nota per il suo impegni civile, ma accusata dal Governo di Duterte di «condotta irregolare» e di partecipazione ad attività politiche; incalzato dai media sulla vicenda, il presidente Duterte avrebbe dichiarato che non tollererà più alcuna critica da parte di stranieri sulla sua gestione del Paese e soprattutto riguardo la campagna per sradicare la tossicodipendenza –:

   se il Governo italiano non intenda manifestare al Governo della Repubblica delle Filippine disappunto e rammarico per quella che appare all'interrogante una grave involuzione dello stato di diritto che il Paese asiatico sta purtroppo conoscendo in nome della guerra alle droghe, curando di richiamare i diritti umani, il diritto internazionale e i principi della cooperazione internazionale a tutela delle organizzazioni e delle personalità che li difendono attivamente nel Paese, nonché esprimere preoccupazione per le espulsioni e gli arresti nei confronti di rappresentanti di partiti politici internazionali e di personalità religiose, incompatibili con i valori che sono alla base dell'amicizia che lega il popolo italiano e i popoli europei a quello filippino.
(4-00155)


   BELOTTI e INVERNIZZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 3 dicembre 2018 il signor Valentino Sonzogni, 50enne imprenditore bergamasco, è bloccato in Cina dalle autorità locali che gli hanno vietato di lasciare il Paese;

   alla base del divieto di espatrio che da 5 mesi esatti impedisce al signor Sonzogni di poter rientrare in Italia, vi sarebbe un contenzioso con il fisco cinese relativo a una società costituita a Pechino nel 2005 e di cui l'imprenditore bergamasco era contitolare al 50 per cento con un altro socio cinese;

   la società pur essendo fallita nel 2008 risulterebbe ancora sotto la responsabilità di Sonzogni, nonostante non se ne fosse più occupato da anni;

   il signor Sonzogni, che ha lasciato la Cina ormai da anni, è venuto a conoscenza della contestazione del fisco cinese quando a inizio dicembre è ritornato a Pechino per la prima volta dopo anni per una breve vacanza e al momento dell'imbarco per il ritorno in aeroporto è stato bloccato dalla polizia, perché ritenuto responsabile di un'evasione fiscale di 4.000.000 di euro;

   secondo la versione fornita dal Sonzogni, lo stesso sarebbe vittima di una frode architettata da un cittadino cinese, al quale era stata data in gestione, all'insaputa di Sonzogni, la ditta che lo stesso cinquantenne aveva fondato nel 2005 attraverso una joint venture italo-cinese;

   sarebbero state falsificate firme e bilanci, visto che, come chiaramente verificabile dal passaporto, il Sonzogni non è più stato in Cina negli ultimi anni;

   l'ambasciata italiana a Pechino sta seguendo attentamente il caso, trovando però grosse difficoltà nel concordare con le autorità cinesi la revoca del divieto di espatrio del signor Sonzogni;

   il signor Sonzogni, pur avendo libertà di movimento e di comunicazione all'interno dei confini cinesi, sta sopportando ingenti spese per il proprio prolungato mantenimento e per l'assistenza legale, oltre che notevoli danni alla propria attività imprenditoriale, che non può più seguire, essendo relegato all'altra parte del mondo; a ciò si aggiunge la necessità di assistere il padre novantenne –:

   quali ulteriori e più incisive iniziative il Governo abbia intenzione di assumere per tutelare i diritti del connazionale trattenuto in Cina, dopo i generosi tentativi, purtroppo vani, condotti dal personale dell'ambasciata italiana a Pechino.
(4-00158)


   RAFFAELE VOLPI, EVA LORENZONI, DONINA, DARA, FORMENTINI e BORDONALI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si infittisce il mistero attorno alla tragica sorte di Sana Cheema, la venticinquenne pakistana residente a Brescia e morta nel suo Paese di origine il 18 aprile 2018, nel distretto di Gujrat, dopo esservisi recata per un breve periodo. Inizialmente, secondo quanto riportato dalla stampa, ha prevalso l'ipotesi che fosse stata uccisa dal padre e dal fratello, poiché voleva sottrarsi ad un matrimonio combinato e intendeva sposare un giovane italiano, anch'egli di origine pakistana e con cittadinanza italiana;

   nella storia di Sana, tuttavia, compaiono ancora diverse ombre e molte notizie non hanno ricevuto conferma. Secondo quanto riportato dalle principali testate giornalistiche nazionali, un amico di famiglia, residente a Brescia nello stesso quartiere della giovane, aveva riferito alla stampa che, in base a quanto appreso dal Pakistan, il padre e il fratello, inizialmente fermati per la morte di Sana, erano stati liberati e che avessero affermato che il decesso era dovuto ad un infarto. Gli amici della ragazza non sembrano affatto convinti di quanto stia trapelando, essendo a conoscenza dei contrasti fra la ragazza e la famiglia, fermamente contraria, in nome della cultura islamica più oltranzista ed oscurantista, alla conversione della figlia alla cultura occidentale e alla relazione con il giovane italiano, continuando a sospettare figlia la colpevolezza del genitore;

   dopo le più disparate versioni, confermate e successivamente smentite, la svolta nel caso della morte di Sana Cheema sembra arrivare dalla polizia di Kunjah, in Pakistan. Il padre, il fratello ed uno zio sono stati fermati e presi in custodia dalle autorità con l'accusa di omicidio e sepoltura senza autorizzazione. Oltre ai tre arrestati sarebbero coinvolti anche un cugino di Sana, che avrebbe trasportato il cadavere della ragazza fino al luogo di sepoltura, e il medico che ha firmato il certificato di morte;

   dopo aver messo sotto sequestro l'area dove è sepolta, la polizia ha anche disposto la riesumazione della salma per consentire l'autopsia, che permetterebbe di appurare, in modo inequivocabile, la causa del decesso di Sana. I tre familiari arrestati resteranno in stato di fermo fino alla comunicazione dei risultati dell'esame autoptico, che saranno disponibili nelle prossime settimane. Anche la procura di Brescia ha aperto un'inchiesta, al momento senza ipotesi di reato o indagati, nell'attesa di sapere se la vittima sia deceduta per cause naturali o se sia stata uccisa –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per far luce sulle reali cause della morte della giovane, impegnandosi, tramite l'ambasciata di Islamabad, ad acquisire informazioni dalle autorità locali per definire le circostanze del caso e prestare ogni assistenza che dovesse risultare necessaria;

   avendo appreso che il padre di Sana era anche un assiduo frequentatore di una moschea abusiva, se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per la chiusura immediata dei luoghi di culto irregolari, numerosi in Lombardia e nella provincia di Brescia, tenendo anche conto che con la nuova legge regionale sui luoghi di culto è ora possibile regolamentare la libertà di credo religioso, operando per il contrasto del dilagante fenomeno dei ritrovi non autorizzati e creando, in tal modo, una situazione di legalità, sicurezza e vivibilità delle città a vantaggio di tutti i cittadini.
(4-00174)


   BITONCI, LORENZO FONTANA, COLMELLERE, COIN, LAZZARINI, COVOLO, PATERNOSTER, VALLOTTO, STEFANI e BISA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Alfie Evans era un bambino inglese di 23 mesi deceduto per una patologia neurodegenerativa non diagnosticata, ma tale da rendere la sua vita «futile» secondo i giudici del suo Paese, per i quali la ventilazione doveva essergli sospesa nel suo stesso «migliore interesse» («best interest») e doveva essergli applicato uno specifico protocollo di fine-vita;

   i genitori del bambino, poco più che ventenni, si sono opposti in tutti i modi e in tutte le sedi competenti, lamentando la mancanza, per mesi, di cure e approfondimenti diagnostici; soltanto cure palliative;

   l'ospedale pediatrico Gaslini di Genova, eccellenza mondiale, si era ufficialmente dichiarato disponibile – per bocca della vicepresidente della regione Liguria Sonia Viale e del direttore sanitario della struttura Paolo Petralia – ad accogliere Alfie ed anche a provvedere al suo trasporto adottando tutte le cautele del caso (quale la ventilazione polmonare continua). Le autorità sanitarie inglesi si sono opposte ad autorizzare la trasferta del piccolo adducendo il rischio che durante il viaggio il bambino potesse avere delle convulsioni, preferendone la morte dove si trovava, nonostante Alfie fosse vitale, reagisse, sorridesse;

   l'incuria e le negligenze dell'ospedale inglese sono state documentate dal padre, che ha reso pubbliche parecchie foto che non possono non lasciare chiunque allibito e straziato;

   la vita di Alfie è terminata non già per la sua malattia, bensì per la «giustizia» inglese, secondo cui, a giudizio degli interroganti, un paziente deve morire perché non corra il rischio di aggravarsi durante un trasporto e secondo cui, nell'incapacità dei medici di formulare una diagnosi, si debba eliminare il problema eliminando il malato;

   dopo il piccolo Charlie Gard, l'Inghilterra continua, secondo gli interroganti, a mietere vittime innocenti, cavalcando quella deriva eugenista e eutanatica che confligge con i principi fondamentali sottoscritti con la firma del trattato dell'Unione europea e relativi al rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto (ovvero della separazione dei poteri) e dei diritti umani (articolo 2);

   tutto ciò viola, inoltre, un altro principio fondamentale dell'Unione europea: quello sulla libera circolazione degli individui (ex articolo 67: «L'unione realizza uno spazio di libertà sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali...»); addirittura contraddice la stessa Magna Charta Libertatum, i cui principi tutti i popoli europei hanno assunto a modello per i moderni ordinamenti cosiddetti «democratici» (secondo l'articolo 42 della Magna Charta ogni uomo potrà lasciar «il nostro Regno» e farvi ritorno senza danno o timore);

   la circostanza che un giudice civile, negli ordinamenti di common law, abbia il potere abnorme di condizionare la vita umana oltre i casi della giustizia penale, crea una frattura incolmabile tra questi e gli ordinamenti continentali, in una materia fondamentale (è appunto prendendo a modello, secondo gli interroganti, gli ordinamenti di common law che in Italia è stato affrontato, con modalità discutibili, nel 2009, il caso di Eluana Englaro);

   la consegna della vita umana alla discrezionalità del giudice, foriera degli esiti tragici e disumani che sono sotto i nostri occhi, rappresenta una minaccia reale da cui è bene per gli interroganti con convinzione rifuggire;

   quella che appare agli interroganti come una sorta di «pena capitale», inflitta da un giudice a un innocente, come nel caso di Alfie Evans, costituisce il coronamento di una degenerazione culturale, etica e giuridica che rischia di travolgere una intera civiltà –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo abbia assunto per far sì che il piccolo Alfie Evans fosse curato in Italia e per favorire un accordo con le autorità inglesi competenti al fine di consentire il suo trasporto e il suo ricovero presso l'ospedale pediatrico Gaslini di Genova, che si era detto pronto a curarne il trasferimento e ad accoglierlo.
(4-00178)


   ALESSANDRO PAGANO, BITONCI, LORENZO FONTANA, GIORGETTI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FEDRIGA, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FUGATTI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLINARI, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TERZI, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANOTELLI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   deputati della Lega, già con altri atti di sindacato ispettivo, avevano sollecitato il Governo ad adottare provvedimenti urgenti finalizzati a salvare la vita del piccolo Alfie Evans, deceduto il 28 aprile 2018;

   si apprezza la decisione del Governo di riconoscere la cittadinanza italiana ad Alfie al fine di facilitare, attraverso le vie diplomatiche, il trasferimento del bambino in Italia;

   purtroppo simile atto, seppur importante, è rimasto un semplice atto politico, ma non ha prodotto invece le auspicate ricadute giuridiche, creando i presupposti affinché i genitori Evans potessero portare il loro figlio in Italia;

   in caso di pervicace diniego da parte dei giudici inglesi, ad avviso degli interroganti, la strada era quella di ricorrere con urgenza alla Corte di giustizia europea, la cui pronuncia nel caso specifico avrebbe potuto salvare la vita ad Alfie evitando diatribe diplomatiche fra Stati amici;

   il decreto legislativo n. 71 del 2011, recante ordinamento e funzioni degli uffici consolari, che recepisce altresì la normativa comunitaria, conferisce infatti gli adeguati poteri dell'autorità consolare italiana per procedere con atti più incisivi;

   nei confronti di Alfie, i genitori non hanno invocato alcun «overtreatment», bensì il mantenimento vitale attraverso supporti tecnici. Ciò accade ovunque vi sia un disabile grave, che non può essere ucciso o lasciato morire solo perché disabile e solo perché rappresenta un costo per il sistema sanitario;

   se il Regno Unito non intendeva garantire tale mantenimento, Alfie, attraverso i suoi genitori, aveva il diritto di recarsi altrove e in particolare nello Stato di cui era diventato cittadino per fruire del trattamento, come stabilito dall'articolo 2 della Convenzione europea per i diritti umani e dell'articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione italiana;

   né Alfie, né i suoi genitori hanno commesso reati per i quali poteva loro essere interdetta, con atto del giudice alcuna libertà, e in particolare la libertà di circolazione –:

   se il Governo abbia dato indicazioni all'autorità consolare italiana in Gran Bretagna al fine di esperire tutte le possibili azioni di tutela nei confronti del cittadino Alfie Evans e se sia stata valutata la sussistenza dei presupposti per ricorrere alla Corte di giustizia europea.
(4-00180)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   la commissione petizioni del Parlamento europeo ha approvato, il 24 aprile 2018, una relazione sulla missione conoscitiva effettuata a Taranto nel luglio 2017 da una delegazione della commissione;

   la missione prevedeva l'incontro con i vertici dell'Ilva e dell'Eni e la visita degli impianti, anche al fine di verificare l'applicazione da parte delle aziende di tutte le misure preventive previste dalla legge, nonché di valutare se i rischi per la salute dei residenti nelle zone limitrofe raggiungessero comunque livelli non accettabili;

   nella relazione si sostiene che non ci sarebbero le condizioni per accettare la proposta dell'azienda di incrementare la produzione a più di 8,5 milioni di tonnellate annue e che anche rispettando tutti gli standard ambientali previsti, i rischi per la salute dei residenti di Taranto resterebbero sostanzialmente troppo alti;

   viceversa, la commissione individua il limite produttivo di 6 milioni di tonnellate da rispettare fino a quando non siano adottate dall'azienda tutte le misure precauzionali necessarie per prevenire danni ambientali;

   nel testo si sostiene che l'Ilva non avrebbe rispettato gli obblighi ambientali né le scadenze imposte dal Governo italiano per ridurre l'impatto sul territorio, in quanto non sarebbero state adottate le misure necessarie per proteggere la salute dei cittadini, come la copertura dei parchi minerali;

   inoltre, la relazione denuncia il fatto che i dati esposti dai dirigenti dell'Ilva e dell'Eni siano risultati spesso contrastanti con quelli presentati dai cittadini che hanno promosso la petizione, e che anche l'atteggiamento degli organi nazionali e locali, responsabili dei controlli per la salute pubblica e l'ambiente, risultino poco trasparenti;

   a questo si aggiunge che la situazione della sanità pubblica nel territorio è a un passo dalla debacle;

   è notizia recente che l'ospedale SS. Annunziata di Taranto si è trovato in una situazione estremamente difficile e pericolosa per la salute dei cittadini a causa del sovraffollamento e ha dovuto respingere i pazienti oppure indirizzarli o trasportarli da Taranto a Martina Franca;

   in particolare il servizio 118 ha dovuto trasportare i pazienti in codice verde al pronto soccorso dell'ospedale di Martina Franca, anziché di Taranto, dove si è creata una ulteriore situazione di congestione con lunghe file di attesa per essere visitati e questa situazione è in corso da mesi e tende ad aggravarsi ogni giorno di più –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in merito a quanto indicato nella relazione della commissione petizioni del Parlamento europeo e quali iniziative intenda assumere affinché sia salvaguardata la salute dei cittadini di Taranto, sia dal punto di vista del rispetto delle norme antinquinamento che dal punto di vista dell'accesso ad una sanità efficiente.
(2-00017) «Labriola».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dopo due anni dalla rottura di una tubazione dell'oleodotto interrato che collega i depositi petroliferi di Fegino alla raffineria Iplom di Busalla, a seguito del quale quasi 700 metri cubi di greggio sversarono prima nel rio Fegino, e poi nel Polcevera, non solo non sono stati realizzati gli interventi di bonifica previsti, ma i cittadini lamentano la totale disattenzione e inerzia da parte dell'amministrazione comunale;

   a seguito dell'incidente, l'azienda si era impegnata col comune e con la cittadinanza a eseguire tutti gli interventi necessari per bonificare acque e terreni interessati dallo sversamento, al fine di evitare conseguenze per la salute dei cittadini;

   nonostante la promessa dell'amministrazione comunale di un costante impegno a fianco dei cittadini per la sollecita soluzione dei danni all'ambiente e al territorio del comune di Fegino, attualmente, la popolazione residente denuncia la sostanziale indisponibilità dell'amministrazione stessa a dare corso a tali impegni e, addirittura, ad aver sostanzialmente interrotto ogni forma di comunicazione con la popolazione;

   anche l'azienda proprietaria dell'impianto non ha eseguito alcun intervento, né pare intenzionata a eseguirlo, sostenendo che, superata l'emergenza iniziale, la materia non sarebbe più di competenza locale, ma sarebbe divenuta di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare l'attuale fase di grave inadempienza dopo un disastro di tali proporzioni, operando affinché siano messe in atto tutte le misure tese a bonificare le acque e i terreni contaminati facendo sì che sia assicurato il pieno rispetto degli impegni presi nei confronti della cittadinanza.
(5-00009)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Bergamo, con determinazioni dirigenziali n. 1757 e n. 1758 del 16 settembre 2016, ha rilasciato a Seriana Power srl la concessione trentennale di derivazione di acque superficiali dal fiume Serio nel comune di Valbondione, per due impianti idroelettrici:

   a) impianto «Mola-Fiumenero», portata massima di 6000 l/s e media di 1847,80 l/s e potenza nominale media di 409,78 kW;

   b) impianto «Gavazzo-Fiumenero», portata massima di 3050 l/s e media di 1135 l/s e potenza nominale media di 499,85 kW;

   la stessa provincia di Bergamo, con determinazione dirigenziale n. 870 del 5 maggio 2016, ha espresso giudizio positivo in ordine alla compatibilità ambientale dei progetti di realizzazione degli impianti idroelettrici sul fiume Serio a Valbondione nelle località Dossi e Gavazzo con un'unica centrale in località Fiumenero;

   le relative conferenze di servizi si sono chiuse il 5 febbraio 2018 con la provincia di Bergamo che ha ritenuto «di potere risolvere la "ponderazione" di propria competenza in senso favorevole all'approvazione del progetto, fatto salvo il recepimento delle prescrizioni degli Enti/Servizi intervenuti nel procedimento»;

   i cittadini e l'amministrazione comunale di Valbondione hanno promosso sui media una forte opposizione alle due derivazioni d'acqua, preoccupati dell'eccessivo sfruttamento delle acque del fiume Serio;

   la produzione di energia attraverso lo sfruttamento dell'acqua è stata consigliata anche dall'Unione europea, ed è sicuramente preferibile all'utilizzo di combustibili fossili; tuttavia, le stesse direttive dell'Unione europea danno anche indicazioni che riguardano l'impatto ambientale derivante dall'eccessivo sfruttamento delle acque;

   il consiglio regionale della Lombardia nel luglio 2016 ha approvato all'unanimità la richiesta di una moratoria per le concessioni idroelettriche sul fiume Serio per tutte le nuove concessioni di derivazione sul bacino del fiume, almeno fino a quando non saranno elaborati il bilancio idrologico regionale da parte di Arpa e il programma di tutela e uso delle acque; infatti, nel 2015, complice la siccità, è stato messo gravemente a rischio l'intero ecosistema fluviale del Serio;

   il fiume Serio è già pesantemente interessato da concessioni di derivazione d'acqua sia ad uso irriguo sia ad uso idroelettrico; il numero degli impianti idroelettrici è in continuo aumento. Ciò aggrava o, comunque, non contribuisce a migliorare, lo stato ecologico del fiume che nel piano territoriale della regione Lombardia, approvato nel 2017, risulta classificato «sufficiente» e, quindi, tale da non tollerare un impatto ambientale rilevante senza il rischio «alto» di un «degrado tale da comportare la modifica della classe di qualità del corpo idrico»;

   nel solo territorio comunale di Valbondione esistono già 3 centrali idroelettriche e, a parere dell'interrogante, i due nuovi impianti approvati dalla provincia di Bergamo in località Fiumenero, anche se di ridotte dimensioni, rischiano di incidere sul deflusso minimo vitale del fiume Serio e compromettere l'ecosistema fluviale;

   per gli impianti in località Fiumenero, è stata la stessa Seriana Power srl, nella documentazione relativa allo studio di impatto ambientale, a classificare «rilevante» il rischio ambientale legato alla sua realizzazione, tenuto conto anche degli «impatti cumulativi» con gli altri impianti –:

   se siano state assunte o si intendano assumere iniziative, anche per il tramite della competente autorità di bacino, in merito al corretto sfruttamento delle acque del fiume Serio, a garanzia del mantenimento dell'equilibrio naturale della risorsa idrica e della conservazione della qualità dell'ecosistema fluviale, che l'approvazione dei due nuovi impianti idroelettrici della Seriana Power Srl, in località Fiumenero nel comune di Valbondione, potrebbe compromettere.
(4-00100)


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il valore soglia previsto nei corpi idrici sotterranei per cromo esavalente e cromo totale è rispettivamente di 5 mg/litro e 50 mg/litro (decreto legislativo n. 152 del 2006);

   nelle acque potabili, la quota parte di cromo esavalente verrà ricercata solamente quando entrerà in vigore il decreto ministeriale 14 novembre 2016 che introduce tale obbligo quando il cromo totale sia superiore a 10 µg/l;

   il decreto ministeriale del 14 novembre 2016 sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 luglio 2017, ma il decreto ministeriale 6 luglio 2017 ne ha ulteriormente prorogato l'entrata in vigore al 31 dicembre 2018;

   secondo i dati Arpa Liguria, disponibili sul sito della regione Liguria risulta che:

    in alcuni pozzi ad uso potabile, gestiti dalla Società dell'Acqua Potabile (Sap), appartenente al gruppo Veolia, localizzati nel territorio del comune di Sestri Levante (Genova), si è riscontrato per il Cr VI, 14 mg/l in data 7 agosto 2014 (pozzo GEG003), 19 mg/l in data 7 agosto 2014 (pozzo GEG005);

   nel 1982 cessava le produzioni negli stabilimenti di Sestri Levantina, la Fit-Ferro-Tubi; lo stabilimento occupava un'area di oltre 12 ettari. Esiste un esposto di pochi anni fa in riferimento alla presenza di scorie e rifiuti, prodotti in oltre 77 anni di attività, nel perimetro di quella che era l'area occupata dallo stabilimento e quindi sotto l'attuale «Parco Mandela»;

   le scorie di fonderia in questione, se non trattate adeguatamente, possono rilasciare nell'ambiente metalli pesanti e cromo;

   sul territorio comunale sono stati reperiti rifiuti riferibili ad attività di fonderia, ad esempio all'interno del parco Serlupi, all'interno di un'area sita in Via Fasce, «Ex deposito Ditta Oli Combustibili di Pezzi & C», poi bonificata e destinata ad uso residenziale; nel sito di Ramaia, laddove si intende realizzare il depuratore della Val Petronio, nel 1998 era stata fatta dall'onorevole Copercini un'interrogazione parlamentare per conoscere lo stato di una discarica, mai bonificata né messa in sicurezza, presente lungo la strada statale n. 1 Aurelia, in località Costello dei Bussi-Rio Gavornie (a 8 chilometri circa da Sestri Levante), dove la FIT-Ferrotubi (poi Arvedi) di Sestri Levante conferiva qualsiasi tipo di scorie (acidi solforici, liquidi da trafila, grassi, scarti di fonderia ed altro...). Tale discarica insiste sul bacino del torrente Petronio dalla cui falda provengono le acque sia per il comune di Casarza Ligure, che per quello di Sestri Levande, si tratta di acque destinate a consumo umano;

   nel maggio 2017 il sindaco di Sestri Levante, la dottoressa Valentina Ghio, ha proposto in ATO un emendamento per l'adeguamento della rete di potabilizzazione dell'acqua per il rispetto del nuovo parametro per il cromo esavalente, compatibilmente con l'eventuale differimento del termine di entrata in vigore del nuovo decreto ministeriale;

   in data 9 aprile 2018, l'Arpal, ha attivato il procedimento di cui al comma 2 dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per il superamento di Cromo esavalente nelle acque di falda sotterranee;

   i dati epidemiologici del 2005-2009 relativi agli abitanti del comune di Sestri Levante e a monte idraulico di Sestri, mostrano eccessi significativi di tumori in particolare nel sesso femminile, rispetto, ai valori riscontrati in distretti limitrofi (portale ALISA) –:

   se i ministri interrogati siano al corrente dei dati riportati in premessa e se intendano adoperarsi, per quanto di competenza, per fare chiarezza in relazione alla potabilità delle acque, regolarmente captate da pozzi posti sul territorio di cui in premessa e che servono all'approvvigionamento dei cittadini di Sestri Levante, e se intenda assumere iniziative, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, volte a verificare, per quanto di competenza, le criticità derivanti da discariche contenenti rifiuti speciali sul territori comunale e limitrofo.
(4-00102)


   SEGNANA, BINELLI, VANESSA CATTOI, FUGATTI e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   cinquant'anni fa nel nostro Paese il lupo era considerato vicino all'estinzione e si pensava che ne sopravvivessero anche meno di un centinaio di esemplari nel nostro territorio, mentre oggi gli avvistamenti e le aggressioni da parte dei lupi, interessano varie regioni del Nord;

   in particolare, il Trentino conta parecchi branchi più o meno grandi di lupi e il numero crescente di esemplari fa registrare numerosi attacchi al bestiame, costringendo molti pastori ad abbandonare precocemente i pascoli in quota, con conseguenti costi per l'attività agricola;

   i numeri non sono certi e un censimento accurato degli animali non è ancora stato fatto;

   per sapere se ci siano lupi in una zona i metodi usati sono tanti: si va dalla registrazione degli ululati all'avvistamento e fino all'analisi genetica degli escrementi;

   sempre più spesso i predatori si avvicinano ai paesi gettando nel panico la popolazione, costretta ad assistere a scene bizzarre e raccapriccianti;

   nei giorni scorsi, ad esempio, due carcasse di caprioli sono stati trovati nel bosco a pochissima distanza dalle abitazioni della località di San Giorgio a Borgo Valsugana (TN), dove vivono tre famiglie con bambini piccoli (dai 2 ai 7 anni) e dove vi è un convento di suore e un vivaio;

   l'Unità per la tutela forestale dell'Arma dei carabinieri, rimuovendo i malcapitati animali, sembra che abbia confermato la presenza di due lupi nella zona, quali autori della predazione;

   nelle scorse settimane un pullman con a bordo una scolaresca ha assistito al passaggio di un branco; non è inconsueto inoltre vedere lupi al ciglio delle strade, che si sbranano una preda;

   testimonianza di tali episodi è documentata su molti siti web, che ritraggono immagini e filmati di scene che coinvolgono questi grandi e pericolosi carnivori;

   è di tutta evidenza che la presenza del lupo renda problematica la convivenza pacifica ed equilibrata con l'uomo, tanto da creare aspettative negli abitanti del Trentino da parte delle competenti istituzioni;

   la provincia autonoma di Trento, sollecitata anche dagli interroganti, non ha messo in campo nessuna misura efficace e tangibile, per la risoluzione della problematica, al punto che gli esemplari nel corso degli anni sembrano moltiplicarsi velocemente e i branchi vengono avvistati sempre più spesso;

   la risoluzione P8_TA(2016)0034 approvata dal Parlamento europeo riconosce la necessità di «valutare accuratamente il ruolo dei grandi predatori e l'eventuale introduzione di misure di adattamento, in modo da salvaguardare il paesaggio agricolo e l'allevamento nelle regioni di montagna, praticato da secoli» ed evidenzia come le «direttive sulla tutela della natura prevedono un'ampia flessibilità onde agevolarne l'attuazione tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali secondo quanto sancito dalla direttiva Habitat» –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare con urgenza le iniziative di competenza per attribuire alla provincia autonoma di Trento la gestione di problematiche specifiche e territoriali, inerenti alla presenza del lupo;

   quali iniziative intenda adottare per contenere il numero degli esemplari, evitando la proliferazione incontrollata dei lupi e la presenza di branchi vaganti sul territorio, che rendono di fatto impossibile il sereno svolgimento delle attività giornaliere e tradizionali della popolazione trentina, come nel recente episodio avvenuto nella località di San Giorgio a Borgo Valsugana (TN).
(4-00109)


   ANZALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di stampa che un orso bruno marsicano è morto nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2018 nel Parco d'Abruzzo durante un'operazione di cattura da parte del personale dell'ente che gestisce la riserva naturale;

   in base a quanto comunicato dall'Ente la cattura rientrava nell'ambito delle «attività programmate e autorizzate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere dell'Ispra, per il controllo degli animali»;

   dal febbraio 2018 è stato predisposto un «sito di cattura» nel comune di Lecce nei Marsi che era controllato quotidianamente con videosorveglianza o direttamente dal personale del parco;

   misure, queste, adottate anche a seguito di segnalazioni di incursioni in pollai e vicino alle abitazioni da parte di orsi e, in particolare, di un esemplare già radiocollarato dalle autorità del parco;

   dopo la segnalazione dell'orso in trappola, la squadra di cattura si è recata immediatamente sul posto e seguendo il «Protocollo di cattura meccanica e anestesiologica di orsi bruni marsicani in natura e in cattività» sono state effettuate le procedure necessarie ad anestetizzare l'animale e a metterlo in sicurezza;

   in base alla ricostruzione, sin da subito l'orso ha manifestato problemi respiratori e, nonostante le tempestive manovre di rianimazione attuabili in campo, si è verificato il decesso nel giro di poco tempo;

   l'animale è un giovane maschio che in precedenza non era mai stato marcato né radiocollarato, trasportato presso il Centro dell'Ente a Pescasseroli in attesa di essere trasferito all'Istituto zooprofilattico per l'accertamento delle cause di morte;

   è la prima volta che all'interno del parco accade una cosa del genere anche se si sono avuti casi di decesso nel corso di procedure simili come, ad esempio è accaduto all'orsa Daniza in Trentino, che si era resa responsabile di un'aggressione ad un escursionista;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa si ipotizza anche una dose eccessiva per la sedazione;

   le associazioni ambientaliste chiedono di fare luce sull'accaduto anche perché il tema riguarda il rischio estinzione degli orsi nel parco –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziati di competenza intenda assumere per verificare quanto accaduto con l'obiettivo di migliorare l'attuale protocolla cercando di limitare ulteriormente i rischi per gli animali, soprattutto rispetto alle conseguenze dell'anestesia, e rafforzando anche i dispositivi per la rianimazione.
(4-00115)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel 2014, nell'ambito delle attività di competenza del commissario nominato ad hoc, ha preso il via un piano di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di un'area complessiva di 500 chilometri quadrati, che riguarda i comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montesemola, classificata come una delle più inquinate d'Europa a causa delle numerose fonti di inquinamento che hanno gravato su di essa per decenni e che hanno deteriorato la qualità dell'aria, del suolo, dell'acqua;

   per quanto riguarda nello specifico il Mar Piccolo di Taranto, l'intervento di bonifica ha comportato interventi per la rimozione di 180 fonti inquinanti, più di 500 oggetti depositati sul fondale compresi elettrodomestici, scooter, auto abbandonate, pneumatici;

   il mar Piccolo rappresenta un ecosistema unico nel quale vivono specie animali di particolare interesse, alcune delle quali in pericolo o in via d'estinzione;

   per valutare concretamente il tipo di intervento da avviare sono state effettuate analisi biologiche delle aree da trattare e predisposto, con il supporto dell'università di Bari e la collaborazione di Arpa e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un piano di azione che ha previsto la traslocazione delle specie animali a rischio o di particolare valore faunistico, al fine di una loro salvaguardia;

   le specie non traslocate sono costantemente monitorate;

   non è dato al momento di conoscere dati e modalità relativi a questi spostamenti né, tantomeno, quali misure precauzionali siano state prese per scongiurare la contaminazione del delicato ecosistema a causa del rilascio di sostanze tossiche o altamente inquinanti, quali, a mero titolo esemplificativo, oli lubrificanti, combustibili, liquidi per batterie –:

   quali siano le quantità e le qualità di specie prelevate e la destinazione degli spostamenti e se questi saranno di natura permanente o solo temporanea; se nel corso delle procedure di trasferimento, si siano registrati danni anche irreversibili alle specie animali.
(4-00147)


   MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la «Tabella 5» dell'articolo 6 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 settembre 2010 indica i limiti di concentrazione dell'eluato per l'accettabilità in discariche per i rifiuti non pericolosi. La nota asterisco della medesima «Tabella 5», contiene invece l'elenco delle tipologie di rifiuti per i quali i limiti di concentrazione del parametro Doc non si applicano ai fini sopra indicati. A seguito della novella intervenuta per effetto della entrata in vigore del decreto de|Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015, il codice 190501 risulta presente sia nella lettera a) che nella lettera g) della citata nota asterisco;

   la lettera a) prevede, tra l'altro, che i rifiuti derivanti dal trattamento biologico individuati dal codice 190501 possano essere conferiti in discarica «purché trattati mediante processi idonei a ridurne in modo consistente l'attività biologica, quali il compostaggio, la digestione anaerobica, i trattamenti termici ovvero altri trattamenti individuati come BAT per i rifiuti a matrice organica dal d.m. 29 gennaio 2007». La lett. g), d'altra parte, prevede che i rifiuti derivanti da trattamento biologico dei rifiuti individuati dal medesimo codice 190501, possano essere conferiti in discarica «purché sia garantita la conformità con quanto previsto dai programmi regionali di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 36/2003 e presentino un indice di respirazione dinamico non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh»;

   il 14 dicembre 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tenuto conto dell'esistenza di alcuni dubbi interpretativi derivanti dalla lettura dell'articolo 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010, ha emanato una circolare ministeriale per l'applicazione dell'articolo 6 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 settembre 2010;

   dalla citata circolare si legge: «I. La conferibilità dei rifiuti identificati dal codice 190501 in discarica dipende disgiuntamente e autonomamente dal soddisfacimento di una delle due condizioni di cui alle lettere: a) e g): sarà dunque sufficiente che sia soddisfatta una sola di tali condizioni perché il rifiuto sia conferibile in discarica»;

   dalla citata circolare si legge: «III. (...) si può quindi ritenere che la valutazione dell'adeguatezza dell'abbattimento dell'indice respirometrico dinamico ai fini della sussistenza del requisito di cui alla lett. a) non può che derivare dalla individuazione di una percentuale di abbattimento rispetto al valore in ingresso. Ciò peraltro deriva planamente dal riferimento, da parte del d.m. in oggetto, al verificarsi di una “riduzione”, ossia di una variazione negativa di un parametro di ingresso. Va precisato altresì che l'individuazione della variazione negativa rilevante ai fini dell'applicazione della sopra menzionata lett. a) dovrà essere effettuata dall'autorità competente nelle modalità che riterrà opportuno, sulla base delle specifiche circostanze di fatto che caratterizzano, nel caso concreto, la gestione dei rifiuti, con particolare riguardo, tra l'altro, alla composizione del rifiuto, alla percentuale di raccolta differenziata e all'attuazione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 36 del 2003 con riguardo ai programmi regionali di riduzione dei rifiuti biodegradabili in discarica» –:

   secondo quale metodologia particolare lo stesso tipo di rifiuto, identificabile con codice CER 190501, possa risultare presente sia nella lett. a) che nella lett. g) della citata nota della Tabella 5 dell'articolo 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010;

   se la «consistente riduzione» dell'attività biologica del rifiuto, così come prevista dalla lett. a) della citata nota non ponga un problema di discrezionalità di cui si dovrà far carico l'autorità competente ovvero di una tale indeterminatezza riferibile al parametro «riduzione» che rischia di configurare un'ammissibilità in discarica del rifiuto con codice CER 190501 che varia da regione a regione o nei peggiori dei casi da discarica a discarica;

   quali iniziative intenda mettere in atto, a partire da una eventuale modifica del decreto ministeriale 27 settembre 2010 e successive modificazioni, per garantire che i rifiuti tengano smaltiti in discarica con il necessario pretrattamento.
(4-00149)


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel corso dell'ultimo ventennio, lungo il tratto di costa compreso tra Fiumicino e Fregene si è assistito ad un inesorabile arretramento della linea di riva, dovuto inizialmente alla riduzione degli apporti solidi forniti dal fiume Tevere che ha modificato l'equilibrio della costa;

   tra il 1996 e il 2013, per contrastare tali fenomeni erosivi, la regione Lazio, di concerto con l'Ardis, ha messo in opera diversi interventi di difesa costiera, concentrati esclusivamente nel tratto di litorale compreso tra Fiumicino e Focene;

   come risulta dalla denuncia del Comitato «Salviamo la spiaggia di Fregene» e diversi media, tali interventi sono consistiti principalmente nella realizzazione di opere che, se da un lato hanno limitato i fenomeni erosivi in tali tratti di litorale, dall'altro hanno innescato evidenti fenomeni erosivi nei tratti di costa immediatamente sottoflutto, con arretramenti della linea di riva anche di 80/100 metri (Oasi di Macchiagrande);

   il 12 aprile 2018, nel corso di un sopralluogo, l'assessore ai lavori pubblici della regione Lazio Alessandri e il sindaco Montino hanno annunciato il finanziamento del geo tubo e la prevista spesa di 350.000 euro per la realizzazione di un intervento di ripascimento di sabbia prima dell'inizio della stagione, prefigurando l'ennesimo intervento tampone già effettuato in passato e vanificato dopo pochi mesi;

   l'attuale direttore del dipartimento risorse idriche e difesa del suolo della regione Lazio, Mauro Lasagna, risulta essere al centro di una fitta corrispondenza, avviata fin dal 2016 tra l'Agenzia nazionale anticorruzione e la regione Lazio, nella quale l'Anac accusa la regione di aver «omesso di attuare la misura della rotazione ordinaria nei confronti dei tre dirigenti segnalati» (tra i quali Lasagna) e anche di aver «omesso di adottare il relativo atto regolamentare»;

   la segnalazione riveste carattere di urgenza perché «le risultanze istruttorie del procedimento confermano l'assoluta necessità che la Regione attui immediatamente» il trasferimento;

   inoltre, in quanto imputato «per reati di natura corruttiva», Lasagna avrebbe dovuto essere sottoposto a «rotazione straordinaria» e invece è ancora nello stesso dipartimento che si occupa anche di interventi di somma urgenza relativi all'erosione del litorale di Fregene;

   all'interrogazione presentata in merito a quest'ultimo aspetto dal deputato Rampelli nel 2017 il Ministro interrogato ha risposto che dal database nazionale per la lotta all'erosione delle coste non risultavano interventi finanziati dalla regione Lazio, e nemmeno il piano di tutela delle coste regionali –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per limitare il ricorso alle procedure di somma urgenza, spesso collegate a interventi invasivi e a ripascimenti tardivi e insufficienti, anche al fine di assicurare la necessaria trasparenza circa le ditte coinvolte in tali lavori e considerato che nel caso di specie vi sono procedimenti giudiziari in corso che coinvolgono il direttore del dipartimento regionale competente come denunciato dall'Anac che ne chiede la rimozione dal 2016;

   quali risultati abbia prodotto l'attività del Tavolo nazionale per l'erosione costiera (Tnac), istituito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispetto al fenomeno erosivo delle coste di Fregene sud, dato che il controllo esercitato nel caso di specie appare all'interrogante essere stato carente e omissivo;

   per quali motivi, a fronte di evidenti errori nel contrasto all'erosione, non si assumano, per quanto di competenza, iniziative per il riconoscimento dello stato di calamità, l'avvio di un urgente importante intervento per il ripristino della spiaggia di Fregene nel suo stato originario e l'erogazione di risarcimenti;

   se il Ministro interrogato non intenda assumere ogni necessaria iniziativa di competenza affinché possano essere affrontare tali situazioni a livello statale, laddove una Regione, come accaduto nel Lazio, non operi in senso strategico per la risoluzione dell'erosione delle sue coste e non presenti il piano coste nei tempi previsti.
(4-00166)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOGLIANI, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Teatro Stabile del Veneto «Carlo Goldoni», fondato nel 1992, a seguito della revisione del sistema italiano dello spettacolo operata dal decreto ministeriale 1° luglio 2014, ha ottenuto nel 2015 la qualifica di Teatro nazionale, collocandosi tra le eccellenze nazionali;

   soci fondatori sono la regione Veneto, il comune di Venezia, il comune di Padova, cui si sono aggiunti il comune di Vicenza (2003-2011), la provincia di Padova e la Fondazione Atlantide — Teatro Nuovo di Verona (2015-2017);

   dalla fondazione il Teatro Stabile gestisce il Teatro Goldoni di Venezia e il Teatro Verdi di Padova. Dal 2001 al 2011 ha assunto la direzione artistica del ciclo di spettacoli classici del Teatro Olimpico di Vicenza, di cui ha assunto dal 2003 al 2009 anche la gestione. Dal 2015 al 2017 ha gestito anche il Teatro Nuovo di Verona;

   il Teatro Stabile del Veneto costituisce un progetto culturale che si rivolge al futuro investendo sulle nuove generazioni che lo rendono uno dei motori più importanti per lo sviluppo culturale dell'intera regione. Nel corso della sua storia, infatti, lo Stabile del Veneto ha posto particolare attenzione alle attività di formazione professionale delle figure presenti nella vita di un teatro, in particolare con l'Accademia «Palcoscenico» che rappresenta a tutt'oggi la scuola del Teatro Stabile del Veneto e dalle cui fila puntualmente lo Stabile attinge energie e capacità per le sue produzioni e per proporre giovani talenti alle realtà artistiche con cui collabora;

   la cura nelle scelte produttive e della composizione dei programmi è sempre stata rivolta anche al «pubblico di domani» con l'attività di Teatro per ragazzi, le rassegne dedicate alle famiglie, la realizzazione di laboratori dedicati a specifiche fasce d'età oltre collaborazioni con istituti scolastici della regione in cui gli studenti hanno potuto esprimere le loro attitudini teatrali;

   lo Stabile del Veneto, in collaborazione con l'Ente Teatrale Italiano, ha inoltre organizzato dal 2003 al 2009 i Premi eti-olimpici del teatro;

   nonostante tutte le attività svolte ed il livello qualitativo espresso dalle sue produzioni, di recente la Commissione consultiva per il teatro del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha declassato questo teatro, non riconoscendolo più come teatro nazionale;

   la decisione appare agli interroganti immotivata ed incomprensibile a fronte di un aumento, dal 2014 al 2017, del 56 per cento delle giornate recitative, del 31 per cento delle giornate lavorative, del 42 per cento delle giornate di occupazione delle sale e del 42 per cento del numero degli spettatori;

   il declassamento colpisce pesantemente il Teatro che, in quanto azienda, ha dimostrato di saper operare coprendo per il 52,37 per cento i costi di produzione con risorse proprie, derivanti dalle entrate dalla vendita dei biglietti;

   i punteggi assegnati sembrano non coerenti alla realtà dei fatti ed inconcepibili nel confronto con quelli di altre realtà nazionali alle quali la qualifica di teatro nazionale è stata confermata;

   già il Veneto è penalizzato nell'attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo; dai dati del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo emerge che, nell'assegnazione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo rispetto alla popolazione residente, il Veneto ha un contributo pro-capite di 0,73 euro rispetto ad una media nazionale di 1,07 –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire la decisione assunta dalla Commissione consultiva per il teatro, atteso che la stessa, ad avviso degli interroganti, non solo mortifica il lavoro svolto nel triennio appena trascorso, ma potrebbe avere ripercussioni negative sull'immagine dell'intero sistema dello spettacolo dal vivo della regione Veneto e conseguenze ancor più gravi sul piano dell'occupazione delle maestranze, negando le risorse necessarie alla realizzazione del progetto presentato, con forte penalizzazione per una realtà pubblica virtuosa.
(4-00093)


   MORRONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con «bonus cultura» si fa riferimento all'assegno di 500 euro erogato ai neo diciottenni e spendibile in attività e servizi di natura «culturale»;

   il bonus, istituito dal Governo Renzi, è operativo dal 3 novembre 2016 ed è stato utilizzabile fino al 31 dicembre 2017 per i nati nel 1998, ma, successivamente, l'iniziativa è stata estesa anche ai nati nel 1999, rendendola fruibile fino al 31 dicembre 2018;

   il bonus può essere impiegato per l'acquisto di biglietti di teatri, cinema e spettacoli dal vivo, di libri, ingressi a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali;

   nel corso di un servizio televisivo della trasmissione «Le Iene», andato in onda domenica 15 aprile 2018, è emerso l'utilizzo distorto e abusivo di questo bonus ovvero l'acquisto, tramite l'applicazione 18app, del biglietto di ingresso alla festa dei 100 giorni, vale a dire «il festeggiamento dei 100 giorni prima degli esami di maturità» svoltosi al Palacongressi di Bellaria a fine marzo;

   l'iniziativa in questione si configurava come una normale festa in discoteca, difficilmente riconducibile alla tipologia di opportunità cui, perlomeno nelle intenzioni, dovrebbe essere destinato il bonus cultura per i diciottenni;

   tramite il bonus cultura era acquistabile anche la cena, oltre alla serata in discoteca, facendo emergere, ancor di più, come il «bonus cultura» verrebbe utilizzato per un consumo del tutto estraneo alla sua finalità;

   il servizio delle Iene ha mostrato «lo stato alcolico» di molti ragazzi all'ultimo anno delle superiori, ripresi nel corso della serata in condizioni di evidente alterazione alcolemica distesi sul pavimento e incapaci di rispondere alle semplici domande del conduttore televisivo –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alle criticità esposte in premessa, considerato che l'utilizzo del «bonus cultura» nel caso di specie non appare coerente con le finalità per le quali è stato promosso e istituito;

   quali iniziative intenda assumere per evitare che distorsioni nell'utilizzo del bonus comportino una dispersione di preziose risorse pubbliche che dovrebbero essere finalizzate invece all'incremento dei consumi culturali da parte delle giovani generazioni;

   se intenda assumere iniziative per un approfondimento circa la denuncia sull'utilizzo distorto dei 500 euro destinati ai neo diciottenni, anche attraverso un'eventuale segnalazione dei fatti alle competenti autorità giudiziarie e adoperandosi per verificare l'eventuale sussistenza di situazioni analoghe.
(4-00099)


   FREGOLENT. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il teatro regio di Torino, costruito nel 1740, è da secoli un punto di riferimento a livello mondiale per l'opera lirica;

   il teatro regio (si legge nel sito istituzionale) è «una realtà che emerge nel panorama internazionale per l'altissimo prestigio artistico, come dimostrano i riconoscimenti raccolti nelle tournée che lo hanno visto protagonista in tutto il mondo, il numero sempre più elevato di cd e dvd di successo e le coproduzioni con i più celebri teatri italiani ed europei. Oltre al prestigio artistico, il Teatro Regio si distingue per un'attentissima gestione delle risorse che gli ha assicurato un equilibrio economico-finanziario anche in presenza dei consistenti tagli ai finanziamenti»;

   l'ente autonomo teatro Regio di Torino è amministrato, secondo quanto disposto dalla legge, da una apposita Fondazione. Secondo lo statuto di tale Fondazione, l'unico organo di gestione è rappresentato dal sovrintendente che viene nominato (articolo 10.1 lettera a)) dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta del consiglio d'indirizzo;

   il consiglio d'indirizzo è composto da sette componenti. Ne fa parte il presidente della Fondazione che lo presiede. Un componente è nominato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, uno dalla regione Piemonte e uno dalla città di Torino. Ciascuno dei restanti tre componenti può essere nominato di diritto dai soggetti privati che, come singoli o cumulativamente, assicurino, per i tre anni successivi al loro ingresso nella Fondazione, un apporto annuo non inferiore al cinque per cento del totale dei finanziamenti statali;

   l'articolo 10.2 dello statuto dispone che il sovrintendente debba «essere scelto tra persone dotate di specifica e comprovata esperienza nel settore dell'organizzazione musicale e della gestione di enti consimili». Tra i compiti del sovrintendente vi sono la direzione artistica ma anche la predisposizione del bilancio di esercizio;

   recentemente, dopo 19 anni, il consiglio d'indirizzo ha proposto di nominare un nuovo sovrintendente nella figura di William Graziosi. La votazione ha portato numerosi contrasti all'interno di tale organismo: uno dei sette componenti non ha partecipato all'assemblea, mentre due si sono addirittura dimessi in contrasto con tale scelta; il rappresentante del Ministero ha però votato a favore di tale nominativo anche se, riportano indiscrezioni sulla stampa, «nel caso di decisioni prese dagli enti locali (comune di Torino e regione Piemonte) la “moral suasion” avviene prima del voto»;

   i contrasti sono emersi a causa dei dubbi, riportati anche dai mezzi di informazione, relativi alle capacità professionali e manageriali di William Graziosi che si era dovuto dimettere nel mese di dicembre 2017 da amministratore delegato della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi a causa di un disavanzo di bilancio che i media quantificano in 600 mila euro;

   altre criticità sulla figura di William Graziosi riguarderebbero i titoli accademici: questi risulterebbe infatti titolare di una laurea in economia aziendale conseguita in una università della Svizzera –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, in virtù della rilevanza nazionale ed internazionale del teatro regio di Torino ed in relazione alle modalità di scelta del suo nuovo Sovrintendente, sospendere il procedimento di nomina per dare l'opportunità al consiglio d'indirizzo di approfondire la questione dell'idoneità all'incarico di William Graziosi e valutare ulteriori nominativi per questo prestigioso incarico.
(4-00146)


   BOND. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il ponte Vecchio di Bassano del Grappa, edificato nel 1209, è uno dei ponti più noti e caratteristici d'Italia. La struttura attuale, realizzata totalmente in legno, è basata sul progetto di Andrea Palladio del 1569. Da qualche anno però la struttura presenta problemi di cedimento strutturale che impongono un intervento di ristrutturazione;

   nella scorsa legislatura il Ministero dei bei e delle attività culturali e del turismo, nell'ambito del piano strategico Grandi progetti beni culturali 2014-2016, ha stanziato un finanziamento di circa 3 milioni di euro per la stesura del progetto e la realizzazione dei lavori;

   il comune di Bassano del Grappa ha affidato il progetto per il consolidamento della struttura all'ingegner Claudio Modena;

   il progetto presenta però alcuni problemi di fondo legati alla diversa distribuzione delle azioni orizzontali che verrebbero concentrate sui due muri laterali di spalla, escludendo qualsiasi contributo delle pile e dei rostri intermedi;

   a causa di queste problematiche, che potrebbero determinare il danneggiamento o il crollo del ponte, l'impresa aggiudicataria dei lavori di esecuzione ha interrotto l'attività del cantiere, per scongiurare il rischio di gravi danni alle persone, oltreché al bene culturale;

   va evidenziato, inoltre, che questa nuova e anomala previsione progettuale non aveva trovato il consenso delle proprietà interessate ed è notizia di questi giorni l'affidamento da parte del comune ad un professionista esterno per verificare la compatibilità del progetto di consolidamento e restauro del ponte degli Alpini con la resistenza dei fabbricati esistenti;

   in sintesi, parrebbe che sia stata affidata all'impresa l'esecuzione di un progetto errato, la cui realizzazione, anziché ripristinare la stabilità del ponte, rischia probabilmente di determinarne il crollo;

   allo stato attuale, la situazione è critica e va affrontata con urgenza: i lavori sono fermi, la stabilità del ponte è e rimane a rischio, il progetto di manutenzione è probabilmente errato, e si profila all'orizzonte un contenzioso giurisdizionale con l'impresa aggiudicataria dei lavori che potrebbe pretendere il risarcimento dei danni per l'impossibilità di completare la commessa –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'esercizio dei poteri di competenza, inclusi quelli di vigilanza e ispezione, per salvaguardare il Ponte Vecchio, bene culturale fra i più noti e caratteristici del Nord Italia.
(4-00163)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PANIZZUT. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo la denuncia sindacale, alla base di Aviano sono sottratti dai 300 ai 400 posti di lavoro che spetterebbero a cittadini italiani, in quanto occupati da civili americani che lavorano senza averne titolo;

   il problema, già sollevato dai sindacati stessi nel 1993, sembra avere assunto dimensioni esponenziali negli ultimi dieci anni;

   dal 2003 al 2018 tra il personale civile italiano sono stati persi 115 posti di lavoro italiani nella base;

   al 31 dicembre 2016 risultavano lavorare ben 422 civili americani, cui devono aggiungersi un centinaio di lavoratori della Aafes e altri servizi;

   secondo i sindacati il numero dei civili americani in forza alla base si aggira intorno ai 600 lavoratori, in violazione del contratto collettivo Nato-Sofa (il trattato del nord Atlantico del 1951) e dei più recenti accordi bilaterali Italia-Usa degli anni ’90;

   sulle prossime 9 assunzioni sembra che 8 premieranno civili americani;

   la questione è già stata segnalata ai Ministeri competenti ed è stata oggetto di denuncia presso l'ispettorato del lavoro di Pordenone e di Roma; il prossimo passo sembra essere una denuncia alla procura della Repubblica –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri interrogati intendano adottare celermente per far luce sulla vicenda esposta in premessa.
(4-00118)


   FRATOIANNI e BOLDRINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la carabiniera Angela Rizzo svolge il proprio incarico presso il nucleo investigativo del comando di Firenze, dove è stata oggetto di molestie sessuali da parte di un suo diretto superiore;

   dopo aver denunciato la vicenda, nel gennaio 2017, il superiore autore delle molestie è stato condannato in primo grado dal tribunale militare di Roma a nove mesi di reclusione e al risarcimento danni per il reato militare di «minaccia ad inferiore aggravata e continuata» (nella sentenza si parlava di «morboso interessamento» e di «esasperante invadenza»). Quindi nel dicembre 2017 la corte militare d'appello di Roma ha confermato la condanna e il giudizio è ora pendente in Cassazione, dove è stato presentato appello dal superiore, che non è stato condannato per molestie sessuali solo perché nell'ordinamento militare non sono previsti i reati a sfondo sessuale, reati che non sono dunque punibili perché non previsti nemmeno dal codice penale militare di pace (da tempo ci sono richieste di riforma della giustizia militare in questo senso);

   nei confronti della carabiniera il 24 marzo 2018 l'Arma dei carabinieri ha aperto un procedimento disciplinare: l'accusa nei suoi confronti è non aver chiesto l'autorizzazione a rilasciare un'intervista alla trasmissione di Rai 3 «Presa Diretta», andata in onda il 10 marzo 2018, e di aver screditato il prestigio dell'Arma stessa con alcune sue dichiarazioni;

   nell'intervista in questione la carabiniera afferma, raccontando la sua drammatica esperienza: «(...) avevo paura che succedesse qualcosa di più grave. In un contesto come il nostro dovremmo tutelare, no? Con grande amarezza trovo invece che, ecco, anche nel mio caso, uno venga abbandonato»;

   a parere degli interroganti è evidente la sproporzione dell'iniziativa del comando dell'Arma dei carabinieri: chi ha screditato il prestigio e l'immagine dell'istituzione non è certo una donna che ha avuto il coraggio di denunciare episodi odiosi e che ha espresso pubblicamente la propria amarezza per ciò che ha passato –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa la decisione assunta all'interno dell'Arma dei carabinieri di avviare il procedimento disciplinare contro una carabiniera già vittima di molestie all'interno di una caserma, decisione che appare agli interroganti l'ennesima ed avvilente offesa nei confronti della donna;

   quali iniziative abbia assunto o intenda assumere la Ministra della difesa affinché l'Arma dei carabinieri receda dalla decisione presa nei confronti della carabiniera vittima di molestie sessuali;

   quali iniziative abbiano assunto in passato i superiori della carabiniera vittima delle molestie, a sua tutela;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative affinché i reati sessuali siano previsti dall'ordinamento militare del nostro Paese.
(4-00125)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 aprile la Cassa di Risparmio di Fossano deve nominare il nuovo consiglio di amministrazione ed in particolare nominare il presidente;

   la Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano, che detiene il 77 per cento delle quote della banca non ha voluto sottoscrivere, unica in Italia, il protocollo d'intesa tra il Mef e l'Acri inerente alla «Carta delle fondazioni Bancarie»;

   in particolare, tale protocollo prevede che le fondazioni bancarie debbano cedere la quota di controllo nelle banche, con l'impegno a garantire l'economicità degli interventi, la pubblicità e la trasparenza nell'assegnazione delle cariche e la non discriminazione e a favorire la competitività del territorio, nonché con l'impegno a non sostituirsi all'ente pubblico, ma ad adoperarsi per trovare altri fondi da parte di terzi per finanziare progetti efficaci e utili per il territorio;

   l'articolo 10, comma 3, del protocollo d'intesa citato prevede poi che «Chiunque abbia ricoperto la carica di componente degli organi della società bancaria conferitaria non può assumere cariche negli organi della Fondazione prima che siano trascorsi almeno 12 mesi dalla cessazione dell'incarico»;

   se fosse stato firmato tale protocollo il dottor Mondino Gianfranco non avrebbe potuto lasciare l'incarico di direttore generale della Cassa di Risparmio di Fossano ed essere nominato dopo solo due settimane presidente della Fondazione;

   tale protocollo è stato stipulato da tutte le altre fondazioni italiane in data 22 aprile 2015 ovvero nel periodo in cui il dottor Antonio Miglio era presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano, incarico che ha ricoperto per 22 anni fino al maggio 2016, mese in cui, si ripete, è subentrato il dottor Mondino Gianfranco;

   da notizie di stampa sembra praticamente certo che il nuovo presidente della Cassa di Risparmio di Fossano sarà il dottor Antonio Miglio;

   alla luce di quanto sopra esposto e documentato vi è il fondato dubbio, ad avviso dell'interrogante, che tra Cassa di risparmio di Fossano e fondazione vi siano delle «porte girevoli» per occupare posti di potere;

   vi è il fondato dubbio, inoltre, che questo modus operandi, come è già avvenuto in altre realtà, possa essere di ostacolo allo sviluppo della banca e della fondazione controllante con ricadute sul territorio che si troverebbe così con minori risorse rispetto a quelle potenzialmente erogabili –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se il Ministro interrogato intenda porre in essere le iniziative di competenza, in forza della funzione di vigilanza sulle fondazioni bancarie, al fine di verificare se quello che appare all'interrogante un meccanismo di «porte girevoli» abbia influito sulla situazione finanziaria e patrimoniale della fondazione, nonché sulla gestione della medesima, le cui erogazioni avrebbero dovuto essere a vantaggio di tutto il territorio e non solamente di una parte di esso.
(4-00101)


   BISA, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze nefaste del declassamento del Paese e del successivo grave attacco speculativo allo stesso e alla sua democrazia, si sono fatte sentire progressivamente sulla capacità di reazione del sistema economico-produttivo creando un quadro di recessione, senza precedenti nella storia recente, che l'Italia sta ancora scontando;

   tra gli effetti più insidiosi e dirompenti di questo brutale attacco speculativo all'assetto democratico, campeggia in primissimo piano anche il vistoso e brusco soffocamento del sistema bancario nazionale;

   nel contempo, i Governi che si sono succeduti hanno emanato numerosi decreti-legge in un arco temporale che va da novembre 2015 a giugno 2017; tali decreti hanno interessato anche la crisi di Veneto Banca e di Banca popolare di Vicenza;

   i giudici del tribunale di Trani in data 30 marzo 2017 (n. 837/17) hanno sentenziato che il doppio declassamento decretato il 13 gennaio 2012 nei confronti del nostro Paese avvenne sulla base di un macroscopico errore;

   con il decreto-legge n. 99 del 2017 sono state introdotte disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di altri due istituti bancari, tra cui Veneto Banca s.p.a. e di Banca popolare di Vicenza, per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio;

   le misure indicate nel decreto hanno previsto la vendita di parte delle attività delle due banche a un acquirente – di fatto individuato in Intesa Sanpaolo – ed il trasferimento del relativo personale;

   per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione è stata, tra l'altro, disposta la concessione di garanzie statali, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro, sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo;

   tuttavia, l'accesso al «fondo di ristoro per i risparmiatori» risulta essere molto complicato, oltre che arduo sotto il profilo dei presupposti per l'accesso medesimo;

   a complicare un esito positivo della situazione, vi è quello che gli interroganti giudicano il «rimpallo» dei procedimenti penali aperti tra la procura della Capitale e quelle periferiche, con probabilità che i reati subiscano l'istituto della prescrizione ad ulteriore svantaggio dei risparmiatori che, già truffati, si vedrebbero nuovamente penalizzati questa volta dallo Stato, con le lungaggini e i rimpalli giudiziari;

   è necessario e indispensabile garantire il primato del diritto dei risparmiatori rispetto ad un quadro complessivo che si va a connotare in un contesto di mercato sempre più difficile –:

   quali iniziative di competenza il Governo intende adottare, anche a carattere normativo, al fine di dare tutela certa di ristoro a tutti i risparmiatori di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza per evitare che coloro che risultino truffati rimangano privi di ogni ristoro, con conseguente e gravissimo pregiudizio per l'intero sistema economico italiano nel suo complesso.
(4-00119)


   PATASSINI, LATINI, PAOLINI, BELLACHIOMA, D'ERAMO, CAPARVI, MARCHETTI, BASINI, DE ANGELIS, DURIGON, GERARDI, MATURI, SALTAMARTINI e ZICCHIERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a più di un anno e mezzo dagli straordinari eventi sismici che, a decorrere dal 24 agosto 2016, hanno colpito il centro Italia, la ricostruzione stenta a partire, anche per il verificarsi di una serie di problematiche soprattutto procedurali;

   in questi giorni, proprio nel cambio dalla XVII alla XVIII legislatura, ricorrono una serie di scadenze tributarie a carico di imprese e cittadini, nonché quelle per i contributi statali per la ricostruzione e cresce la preoccupazione delle popolazioni interessate per la mancata proroga della sospensione;

   alle scadenze proprie dei territori colpiti dal sisma, il 21 aprile 2018 si è aggiunta quella del termine per la definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo, ma in particolare preoccupa la ripresa dei pagamenti relativa al termine della cosiddetta «busta paga pesante»;

   infatti, l'articolo 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, aveva stabilito la possibilità per i lavoratori dipendenti di richiedere al datore di lavoro di non effettuare le ritenute, Irpef in busta paga, con restituzione in 9 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 febbraio 2018, come stabilito dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50;

   la stessa necessità è stata riconosciuta alle popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009, per le quali però la legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha previsto una proroga di un anno e mezzo per la restituzione della busta paga pesante (da giugno 2010 a gennaio 2012), restando in vigore per un totale di 2 anni e 8 mesi;

   sono state inoltre previste 120 rate ed è stata introdotta la riduzione dell'ammontare al 40 per cento del non versato, che, ovviamente, alleggerisce di molto il peso della doppia tassazione in contemporanea, ossia quella corrente e quella arretrata;

   al contrario, per il terremoto del centro Italia, la proroga della busta paga pesante è slittata soltanto di 3 mesi e mezzo (dal 16 febbraio 2018 al 31 maggio 2018, con la modifica del citato articolo 48, comma 1-bis, introdotta dalla legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 736, lettera a) e la restituzione avverrà in 24 rate (come stabilito da ultimo dal medesimo comma della legge di bilancio 2018). Inoltre, non si sono ancora stabilite le modalità di restituzione, ossia se mediante il sostituto d'imposta o autonomamente, con il modello F24;

   tale scadenza interviene prematuramente rispetto allo stato di attuazione della ricostruzione e della ripresa economica, e l'avvicinarsi delle date di scadenza di tali importanti adempimenti tributari crea ansie e paure ai cittadini del luogo, anche in considerazione del prorogarsi dei tempi per il ritorno alle normali condizioni di vita e di lavoro della popolazione terremotata;

   la proroga dello stato di emergenza, prevista dal Consiglio dei ministri del 22 febbraio 2018, dimostra le difficoltà riscontrate nel periodo post-terremoto e, quindi, la necessità di prorogare tutti i termini previsti per gli adempimenti tributari e procedurali;

   l'evento sismico che ha colpito il centro Italia nel 2016, sia per la gravità, che per la difficoltà della ricostruzione e della ripresa economica dei territori, mostra lo stesso grado di emergenza di quello dell'Aquila del 2009 –:

   se il Governo non intenda assumere al più presto le opportune iniziative, anche di carattere d'urgenza, che prevedano una dilazione più ampia dei termini di scadenza per la ripresa degli adempimenti tributari, in particolare per la prossima scadenza del 31 maggio 2018 riguardante la busta paga pesante, al fine di uniformare il trattamento delle popolazioni colpite dai due eventi calamitosi soprarichiamati.
(4-00127)


   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con le modifiche apportate dal comma 909 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205), si è introdotto l'avvio anticipato, a partire dal 1° luglio 2018, della fattura elettronica fra privati relativamente agli operatori del settore dei subappalti con la pubblica amministrazione e alla filiera dei carburanti per motori (eliminazione della scheda carburante e obbligo di pagamento con strumenti tracciabili ai fini della deduzione costi e/o detraibilità Iva);

   per tutti gli operatori (regimi di vantaggio e forfetari esonerati) l'obbligo di fatturazione elettronica entrerà in vigore dal 1° gennaio 2019;

   le fatture elettroniche transiteranno dal sistema di interscambio (SDI) che avrà il compito di «postarle» al destinatario e gestire le relative «notifiche»; il file xml andrà firmato digitalmente e conterrà il riferimento di ricezione del destinatario (Pec o «codice destinatario»);

   le fatture attive e passive, essendo in formato elettronico, dovranno essere poste a conservazione sostitutiva. La norma stabilisce che la conservazione che effettuerà Sogei sarà valida solo ai fini fiscali secondo i parametri previsti dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 17 giugno 2014;

   con l'approssimarsi dell'inizio dell'obbligatorietà, si sta verificando un forte interesse economico da parte di alcuni soggetti che vedono nell'obbligo della fatturazione elettronica fra privati un business enorme: società di software, enti certificatori, banche e società di intermediazione bancaria. In particolare, le società di software stanno offrendo alle aziende ed ai commercialisti il servizio di fatturazione elettronica al prezzo di euro 0,50 a documento, affermando che quest'ultimo prezzo derivi principalmente dal costo che loro devono sostenere per la conservazione sostitutiva di euro 0,15 a documento;

   dunque, alcune società di software prevedono già l'acquisizione di centinaia di migliaia di aziende, con un enorme incremento di fatturato, e, di contro, si assisterà anche alla lievitazione dei costi per gli studi di commercialisti, così come per i clienti;

   l'eliminazione della conservazione sostitutiva e dell'apposizione della firma digitale farebbe diminuire i costi in modo significativo ed eviterebbe un business importante per gli enti certificatori;

   per le attività di rifornimento di carburante, sono le banche e le società di intermediazione bancaria che si faranno carico dell'emissione della fattura al costo di euro 0,50 a carico del gestore, generando una protesta generalizzata dalle associazioni dei gestori dei rifornimenti di carburante, in quanto il ricavo a litro di carburante erogato non consentirebbe la copertura del costo di emissione della fattura;

   sarebbe invece opportuno che l'Ade o la Sogei consentissero l'accesso tramite il loro portale per stampare la copia della fattura emessa o ricevuta e che tale documento fosse valido ed opponibile ai terzi. Sembrerebbe altresì opportuno, che la fattura elettronica fosse recapitata presso la Pec del cliente e presso la Pec del commercialista delegato al cassetto fiscale, mentre l'attuale normativa prevede l'inserimento di qualsiasi indirizzo e, ovviamente, le società di software tendono ad indicare il loro;

   infine, sarebbe opportuno realizzare un apposito portale dei commercialisti, anche attraverso gara d'appalto, per la gestione di tutto ciò che interessa i nuovi obblighi di fatturazione elettronica tra privati (in particolare, per l'emissione, l'invio e la ricezione delle fatture elettroniche, nonché per l'importazione sui gestionali di contabilità), per evitare l'intermediazione di altri soggetti che potrebbero far lievitare i costi, come sopra esposto –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le necessarie iniziative per modificare la normativa in merito alla fatturazione elettronica, così come indicato in premessa, specie per l'obbligo della conservazione sostitutiva e dell'apposizione della firma digitale, al fine di evitare la lievitazione dei costi per gli operatori e per gli studi di commercialisti, come sopra specificato.
(4-00141)


   BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, ZORDAN, PATASSINI e PAOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 227, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, cosiddetto Tuel, stabilisce che il rendiconto della gestione dei comuni è deliberato entro il 30 aprile dell'anno successivo dell'anno a cui è riferito;

   il comma 5 del citato articolo prevede che al rendiconto della gestione sono allegati: l'elenco di una serie di indirizzi internet di pubblicazione di vari documenti (dal rendiconto della gestione ai bilanci consolidati in caso di unione dei comuni), nonché la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio. A ciò si aggiunge un altro importante documento (articolo 193 del Tuel) relativo alla deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio;

   in base alla nuova contabilità armonizzata, devono essere inoltre allegati anche i numerosi documenti previsti dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, alcuni dei quali hanno natura prettamente contabile (come, ad esempio, il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione), mentre altri sono destinati a riportare degli elementi conoscitivi per comprendere l'evoluzione della gestione e valutarne le possibili condizioni di rischio (tra cui si trovano l'elenco dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori e l'elenco dei crediti inesigibili stralciati dal conto del bilancio);

   tra gli altri allegati rilevanti indicati dallo stesso articolo 11 si segnalano: la relazione sulla gestione dell'organo esecutivo e la relazione dell'organo di revisione economico-finanziaria, nonché la relazione della giunta (di cui si stabiliscono anche i contenuti, quali l'illustrazione della gestione dell'ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell'esercizio e di ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili);

   la mole di documentazione è dunque corposa e complicata da reperire: infatti, in sede di prima applicazione, i piccoli enti hanno potuto godere della deroga di cui all'articolo 232, comma 2, del Tuel, il quale stabilisce che i comuni fino a 5 mila abitanti possono non tenere la contabilità economico-patrimoniale fino all'esercizio 2017;

   lo scorso anno, in merito alla predisposizione di una simile mole di allegati, i comuni hanno riscontrato molte difficoltà, ancora non risolte, derivanti dalla complessità della normativa, dalla carenza di personale con adeguate competenze e dal ritardo delle software house;

   molti enti, dunque, si trovano nella situazione di non poter perfezionare la formulazione e completare, l’iter deliberativo del rendiconto 2017 a causa della incompletezza degli elementi necessari alla contabilità economico-patrimoniale;

   il rischio che molti comuni corrono è quello di arrivare alla scadenza del 30 aprile senza la documentazione pronta, creando i presupposti per una inadempienza che comporterà le gravi conseguenze prescritte dalla legge in caso di non approvazione del rendiconto (dalla diffida, fino al commissariamento e allo scioglimento del consiglio);

   per i comuni fino a 5 mila abitanti, la Commissione Arconet ha già modificato le proprie precedenti indicazioni, dando la possibilità, a questi enti, di presentare il rendiconto economico-finanziario a partire dal prossimo anno, interpretando la lettera del Tuel con riferimento all'esercizio 2018 –:

   ferma restando la scadenza del 30 aprile per la presentazione del rendiconto di gestione finanziario che costituisce la parte informativa e sostanziale, se il Governo non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative di competenza per prorogare al 31 luglio il termine per la presentazione della documentazione relativa alla parte economico-patrimoniale del rendiconto.
(4-00152)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   con nota prot. n. 020/SP/018 diretta al provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria per le regioni Lazio, Abruzzo e Molise, il segretario provinciale di Teramo del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, Giuseppe Pallini, ha evidenziato, ancora una volta, la gravissima situazione creatasi all'interno della casa circondariale di Teramo;

   in estrema sintesi il dottore Pallini afferma che il personale di polizia penitenziaria del predetto istituto è ridotto allo stremo, poiché l'organico presente è assolutamente insufficiente a garantire i livelli minimi di sicurezza stabiliti dalla legge;

   occorre evidenziare che all'interno della casa circondariale di Teramo sono previsti da pianta organica (P.C.D. del 2 ottobre 2017) n. 216 unità di personale, mentre il personale effettivamente in servizio è di sole 152 unità;

   a tale gravissima situazione si andranno ad aggiungere ben 17 pensionamenti già autorizzati nel 2018 che rendono di fatto insostenibile la copertura dei turni di servizio con notevole aumento dello stress lavorativo e con conseguenze potenzialmente molto pericolose in relazione a ipotesi di «burnout»;

   è necessario evidenziare, altresì, che ad oggi sono ben 16.000 le giornate di congedo che il personale ha maturato e che sono impossibili da fruire a causa dei continui richiami in servizio resi necessari per garantire il corretto funzionamento dell'istituto;

   altro aspetto da evidenziare, secondo quanto riferito all'interrogante, è la mancata applicazione della disposizione n. 0367688 del 17 novembre 2017 a firma del capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, dottore Santi Consolo, da parte del provveditore regionale Lazio, Abruzzo e Molise, dottoressa Cinzia Calandrino, in merito al blocco delle assegnazioni di detenuti presso istituto menzionato, che è sottoposto ad un grave sovraffollamento;

   ad oggi, infatti, risultano ristretti n. 395 detenuti di cui n. 195 della media sicurezza (dei n. 200 posti disponibili). Questa situazione costringe di fatto l'amministrazione ad ubicare detenuti della media sicurezza in altri circuiti, in espressa violazione del regolamento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravissima carenza di organico che interessa la casa circondariale di Teramo, la quale rischia di compromettere i livelli minimi di sicurezza e la predisposizione dei turni di servizio del personale;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza che, al 31 dicembre 2018, fatte salve ulteriori autorizzazioni al collocamento in quiescenza, rimarrà in servizio una forza complessiva pari a 129 unità su un organico previsto di 216 unità;

   se il Ministro interrogato intenda disporre urgentemente l'assegnazione di un numero congruo di personale alla casa circondariale di Teramo per scongiurare la compromissione dei livelli minimi di sicurezza;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della mancata applicazione della disposizione n. 0367688 del 17 novembre 2017 a firma del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottore Santi Consolo (riguardante il blocco delle assegnazioni di detenuti presso l'istituto menzionato, visto il grave sovraffollamento cui è sottoposto) e quali iniziative intenda assumere in merito.
(2-00016) «Berardini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILLI, MAZZETTI, PICCHI e DONZELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca dei giorni scorsi ha riportato il grave ed increscioso episodio avvenuto nel carcere pratese della Dogaia, dove un giovane detenuto originario del Togo, che deve scontare la pena dopo una condanna per violenza sessuale, ha aggredito un'ispettrice della polizia penitenziaria, tentando di strangolarla. Un altro agente è rimasto contuso;

   il giovane, mentre si trovava in infermeria, si sarebbe scagliato improvvisamente contro la donna afferrandola per il collo per poi bloccarla contro il muro del locale. Grazie al pronto intervento degli altri agenti si sarebbe evitato il peggio;

   la vicenda desta grande preoccupazione e rammarico, anche perché episodi del genere, purtroppo, non rappresentano casi isolati; pertanto è necessario fare chiarezza su quanto avvenuto, per evitare che simili situazioni possano ripetersi in futuro, anche a seguito di opportune valutazioni in merito al sovraffollamento carcerario e al sottodimensionamento dell'organico preposto all'interno del carcere –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio riportato in premessa;

   se e quali interventi intenda attuare per poter verificare la situazione esistente nel carcere pratese della Dogaia e nelle carceri italiane in genere, a fronte dei tanti episodi di violenza che si manifestano negli istituti di pena;

   quali azioni si intendano mettere in campo per prevenire aggressioni a danno del personale carcerario, e se, anche alla luce di quanto illustrato, non si ritenga di aumentare l'organico della polizia penitenziaria all'interno del carcere pratese della Dogaia;

   quali iniziative abbia assunto e intenda assumere per garantire adeguati standard di sicurezza nelle strutture afferenti alla gestione del Ministero della giustizia.
(4-00131)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la riforma della magistratura di pace ed onoraria del Ministro interrogato sta creando evidenti malumori nella categoria. Per quel che concerne, in maniera specifica, la magistratura onoraria, già il 22 febbraio 2018 era stata indetta una manifestazione (a seguito dello sciopero di quattro settimane terminato il 4 febbraio 2018) a Roma, in piazza Cavour, per protestare contro una riforma che avrebbe ulteriormente precarizzato la funzione, ridimensionando il magistrato onorario a semplice volontario dell'amministrazione della giustizia e senza sufficienti tutele;

   i magistrati onorari coinvolti nella riforma risultano essere a livello nazionale circa 5.700;

   alla base della protesta, tra l'altro, c'è il fatto che l'inserimento dei magistrati onorari in servizio anche da molti anni nell'ufficio del processo potrebbe comportare una perdita delle professionalità acquisite nel tempo, derivando la stessa dal fatto che gli stessi giudici onorari, anche quelli in servizio da oltre vent'anni, non sarebbero più di fatto chiamati a svolgere le funzioni giurisdizionali, ma verrebbero impiegati per il mero studio degli atti, oltre che per il compimento di atti preparatori e di minute «sotto la direzione e il coordinamento del giudice professionale», con conseguente possibile perdita di ogni autonomia nella gestione dei procedimenti;

   permangono inoltre dubbi e perplessità sull'effettivo conseguimento di risultati di efficienza e di efficacia nello smaltimento dei procedimenti giudiziali;

   a ciò si unisce la mancanza di tutele per quanto concerne, tra l'altro, la maternità, le malattie, le ferie, oltre al modesto riconoscimento retributivo per i magistrati onorari, che ammonterebbe a indennità fisse pari a 16 mila euro annui per due giorni di udienza, e alla possibile perdita di indipendenza che potrebbe derivare al giudice onorario da una retribuzione non congrua;

   tale situazione appare, a parere dell'interrogante, incompatibile con la realtà. Appare infatti complicato immaginare che il rapporto eventualmente determinato dalla riforma possa esaurire in due giorni lavorativi settimanali l'impegno dei magistrati onorari, anche a voler sottacere che comunque si realizzerebbe una compressione della libertà lavorativa dei medesimi; questo ancor più ove si ritenga di accedere alla interpretazione dell'Anm che vorrebbe i due giorni di collaborazione riferiti solo all'attività di udienza, postulando quindi una ulteriore attività extra udienza per la quale i magistrati onorari, pur non essendo fisicamente impegnati nelle aule di giustizia, comunque dovrebbero condurre attività di studio e ricerca funzionale all'ufficio del giudice ordinario;

   la riforma andrebbe inoltre a porre gli oneri contributivi a carico dei magistrati onorari, parametrando il sistema previdenziale a quello dei lavoratori autonomi;

   nel corso degli anni la magistratura onoraria sembrerebbe essere stata impiegata per colmare le falle della giustizia, gravando i magistrati onorari di impegni che spesso hanno superato i limiti della mera onorarietà, attraverso la presa in carico di processi anche di grande complessità e tecnicità. Si tratta di impegni qualitativi e quantitativi che superano i limiti della cosiddetta occasionalità. Ci si trova dinanzi a una situazione complessiva sulla quale andrebbe aperta una riflessione maggiormente ampia, coinvolgendo le parti sociali e le rappresentanze della categoria –:

   se si siano svolti o siano previsti, per quanto di competenza, colloqui e incontri con i rappresentanti della magistratura onoraria per dare riscontro alle istanze della categoria;

   quali siano le criticità emerse dal confronto con i rappresentanti della magistratura onoraria e quali iniziative si intendano assumere per superarle.
(4-00142)


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 275-bis, comma 1, del codice di procedura penale ha introdotto l'utilizzo di mezzi elettronici o altri strumenti (nella fattispecie, il cosiddetto «braccialetto elettronico»), previa verifica di disponibilità da parte del giudice presso la polizia giudiziaria;

   la ratio con cui tale norma venne introdotta corrispondeva alla necessità di sostituire la detenzione carceraria con arresti domiciliari «controllati» per tutti quei delitti considerati a bassa pericolosità sociale;

   a fare tempo dal 2009, con l'introduzione dell'articolo 612-bis del codice penale (delitto di atti persecutori), l'uso, fino ad allora assai contenuto, iniziò a farsi più frequente soprattutto per gli imputati del suddetto reato, in particolare dopo l'approvazione della legge n. 47 del 16 aprile 2015, in base alla quale il giudice, se ritiene che la sentenza definitiva godrà della sospensione o comunque non sarà superiore a tre anni, non può applicare la misura cautelare delle detenzione in carcere;

   l'incremento dell'uso del dispositivo del braccialetto elettronico ha comportato nell'arco di pochi anni il suo pressoché totale esaurimento;

   una sentenza della Corte di cassazione del 28 aprile 2016 (n. 20769) ha stabilito che «Il giudice, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato l'indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini dell'applicazione o della sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto»;

   attualmente, pende avanti il tribunale di Termini Imerese un procedimento per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, che vede parte offesa la signora Vivoli Lidia, già vittima di tentato omicidio da parte dell'oggi imputato per stalking, il quale, nonostante una precedente condanna per tentato omicidio a quattro anni e sei mesi (di cui solo cinque trascorsi in carcere, in quanto beneficiario quasi immediatamente degli arresti domiciliari), ha perseverato in condotte persecutorie e violente nei suoi confronti;

   arrestato nuovamente nel 2015, l'imputato Isidoro Ferrante si trova ora detenuto in carcere presso «I Pagliarelli», ma il giudice nei giorni scorsi ha emesso un'ordinanza di concessione della misura alternativa degli arresti domiciliari condizionata alla presenza del braccialetto elettronico, non disponibile però presso la polizia giudiziaria competente di Termini Imerese, né, a quanto pare, neppure presso quella di Palermo;

   ciò nonostante, il giudice ha dichiarato la disponibilità a emettere comunque ordinanza di concessione degli arresti domiciliari, e ciò in forza della suindicata Sentenza della Corte di cassazione del 2016;

   stanti i precedenti, in caso di concessione degli arresti domiciliari tout court, senza l'ausilio di strumenti elettronici, è evidente che l'incolumità fisica e psicologica della vittima è in concreto e serio pericolo –:

   se il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intenda acquisire informazioni allo scopo di verificare l'effettivo numero di strumenti elettronici (nella fattispecie, braccialetti elettronici) in dotazione presso le singole procure/uffici di polizia giudiziaria dislocati su tutto il territorio nazionale, il numero di quelli effettivamente utilizzati, il numero di quelli a disposizione presso la polizia giudiziaria/procura di Termini Imerese e di Palermo e di quelli in uso, e, nel caso di insufficienza, assumere immediatamente le iniziative di competenza dirette a dotare detti uffici degli strumenti elettronici mancanti, affinché possano essere immediatamente utilizzati per gli scopi cui sono destinati.
(4-00179)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANOTELLI, BINELLI, VANESSA CATTOI, FUGATTI e SEGNANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Austria rappresenta un importante ponte di collegamento fra l'Italia e il resto dell'Europa in particolare attraverso il corridoio multimodale del Brennero che, con quasi 47 milioni di tonnellate di merce trasportata su strada e ferrovia che varcano i confini terrestri nazionali, si configura come il più trafficato corridoio transalpino;

   gli effetti del traffico di transito (oltre due milioni di tir all'anno), concentrati sull'autostrada del Brennero e sulle direttrici, hanno portato il Tirolo a predisporre un provvedimento che limita il transito fino ad un massimo di 300 automezzi all'ora sull'autostrada dell'Inntal, per un totale di 25 giorni compresi fra il 22 marzo e il 2 luglio;

   tale decisione unilaterale del Governo del Tirolo austriaco, oltre ad essere gravemente negativa per l'economia del nostro Paese, appare lesiva del principio della libera circolazione, garantito dalla direttiva europea 2004/38/CE, nonché dagli articoli 28-37 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

   ad aggravare ulteriormente le problematiche relative al settore dell'autotrasporto, si aggiunge il possibile aumento dei pedaggi per i tir, al fine di scoraggiare il trasporto di merci su gomma a lunga distanza lungo l'autostrada del Brennero;

   la notizia desta forte preoccupazione anche alla luce di uno studio effettuato dal Politecnico di Torino in cui si evince che «introducendo un aumento del 40 per cento per i tir sull'A22, l'88 per cento di essi continuerebbero comunque a transitare sull'arteria. Solo il 2 per cento si sposterebbe sulla ferrovia, mentre il 10 per cento dei tir si riverserebbe sulla statale del Brennero». Pertanto, si ipotizza un divieto di transito ai tir sulla statale e un aumento del pedaggio particolarmente elevato per rendere così conveniente l'impiego della tratta ferroviaria;

   queste politiche portate avanti dal Governo austriaco e da quello italiano concorrono a creare un danno di ingenti proporzioni a tutto il settore dell'autotrasporto, strategico per l'economia nazionale, provocando gravi conseguenze agli operatori di settore, dalle aziende di autotrasporto e logistica agli autisti, a vantaggio esclusivamente degli incassi che potrebbero arrivare per l'autostrada A22, di cui la regione Trentino Alto Adige è azionista di maggioranza –:

   se non ritenga urgente farsi promotore di un tavolo di concertazione che veda rappresentati tutti i soggetti coinvolti, sia gli amministratori nazionali e internazionali, sia gli operatori del settore, al fine di addivenire ad una soluzione condivisa che argini gli effetti causati dal traffico di transito attraverso il valico del Brennero, tutelando al contempo gli interessi del comparto dell'autotrasporto, così importante per l'economia nazionale.
(4-00092)


   MOLTENI, ZOFFILI e LOCATELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento delegato (UE) 2015/2446 della commissione del 28 luglio 2015 all'articolo 215, regola l'uso di mezzi di trasporto da parte di persone fisiche che hanno la loro residenza abituale nel territorio doganale dell'Unione europea, prevedendo l'autorizzazione all'ammissione temporanea con esonero totale dei dazi in relazione all'importazione dei mezzi di trasporto ad uso privato;

   secondo un'interpretazione letterale dell'articolo 215 da parte della Dogana italiana di Como, riportata dagli organi di stampa nei giorni scorsi, sarebbe però necessario procedere ad una revisione delle autorizzazioni di cui godono molti frontalieri nei casi in cui i mezzi di trasporto con targa svizzera possano essere utilizzati, contemporaneamente, sia per uso privato che per uso commerciale;

   nei fatti, questo comporta che i frontalieri in possesso di un veicolo aziendale svizzero non possano più utilizzarlo per effettuare il tragitto casa-lavoro, imponendo pertanto due scelte, entrambe, ad avviso degli interroganti, sconsiderate e paradossali: comprare un nuovo mezzo oppure lasciare i veicoli al confine –:

   se il Governo sia a conoscenza di questa problematica che interessa i lavoratori frontalieri e se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche tramite un provvedimento di carattere interpretativo, per precisare che, ai sensi dell'articolo 215 del regolamento delegato succitato, non sia necessaria un'ulteriore revisione delle autorizzazioni che consentono ai veicoli aziendali con targa svizzera di circolare e stazionare sul territorio italiano, anche per non ostacolare la libera circolazione dei lavoratori.
(4-00105)


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 aprile 2018 l'Anas ha comunicato la chiusura lungo l'autostrada Palermo-Catania a causa del deterioramento di una soletta sul ponte «Morello» compreso tra gli svincoli di Enna e Caltanissetta;

   un tratto di circa 16 chilometri che però, a causa della pessima viabilità alternativa, costa in termini di tempo di percorrenza circa 1 ora;

   la stessa Anas ha suggerito i percorsi alternativi: uscita obbligatoria allo svincolo di Enna, percorrenza della strada statale 117-bis in direzione Palermo, proseguimento sulla strada statale 122 e sulla strada statale 626 in direzione A19 e rientro allo svincolo di Caltanissetta;

   la chiusura dovrebbe durare circa una settimana creando non pochi disagi anche per via della ricorrenza del 25 aprile e del primo week end lungo vacanziero;

   si tratta di una ulteriore criticità che va ad aggiungersi a quelle già presenti e che rendono l'arteria in questione un vero e proprio calvario per gli automobilisti –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché l'Anas si adoperi sollecitamente non solo per la conclusione degli interventi ma anche per un piano organico di messa in sicurezza e ammodernamento di una infrastruttura imprescindibile per i siciliani.
(4-00116)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il nodo di Rastignano – variante della strada provinciale 65 Futa per l'attraversamento dell'abitato di Rastignano nei comuni di Bologna, Pianoro e San Lazzaro – è una importante infrastruttura di collegamento prevista, nel 1995, fra le opere di compensazione per l'alta velocità. L’iter di realizzazione dell'opera ha conosciuto nel tempo lungaggini e blocchi tanto che solo nel novembre 2015 sono partiti i primi cantieri. La data di fine lavori relativa al primo stralcio era stata fissata per luglio 2017, poi slittata al dicembre 2018;

   i problemi, stando a fonti di stampa, riguarderebbero la presenza di un metanodotto della Snam che avrebbe dovuto essere spostato su un terreno privato, generando dunque un contenzioso con il proprietario. Tale problema parrebbe essere stato risolto e in tempi brevi dovrebbe arrivare il progetto definitivo di Rete ferroviaria italiana per lo svincolo di via Madre Teresa di Calcutta;

   altra criticità è quella relativa alla messa in liquidazione dell'azienda in subappalto che avrebbe dovuto posare le travi metalliche del nuovo ponte. Rete ferroviaria italiana si sarebbe dunque offerta di subentrare;

   tra i fattori di rallentamento del cantiere, tra l'altro, c'è anche il ritrovamento, il 17 giugno 2016, di una bomba da aereo inesplosa e fatta brillare a distanza di quasi un anno, il 7 maggio 2017;

   il tracciato complessivo si estende dalla rotatoria di Mafalda di Savoia al ponte delle Oche ed è lungo circa 3 chilometri. Il primo stralcio, la cui realizzazione spetta a Rete ferroviaria italiana, si estende dalla rotatoria di Mafalda di Savoia fino allo «svincolo di Rastignano» in corrispondenza di via Madre Teresa di Calcutta;

   il secondo stralcio si estende dallo svincolo di Rastignano al ponte delle Oche;

   il 2 marzo 2011 era stato firmato l’«Accordo per l'attuazione delle convenzioni e degli accordi sottoscritti in merito alla realizzazione degli interventi di mitigazione degli impatti viari e socio ambientali connessi alla realizzazione della tratta AV Bologna Firenze». L'accordo prevedeva la realizzazione delle seguenti opere:

    1. «asta principale, variante di Rastignano» – nel tratto di collegamento con strada IN870 a svincolo di Rastignano – localizzata nel territorio del comune di Bologna e nel comune di San Lazzaro;

    2. «svincolo di Rastignano» per collegare via Buozzi con la variante alla strada provinciale 65 della Futa, localizzato nel territorio del comune di San Lazzaro;

    3. «bretella Dazio» per collegare via Toscana con la variante alla strada provinciale 65 della Futa, localizzata nel territorio del comune di Bologna;

    4. «strada IN870» dalla Rotonda Mafalda di Savoia al tratto terminale della cosiddetta asta principale, variante di Rastignano;

    5. «rotatoria» all'intersezione tra via Bellaria, via Altura e via Canova;

   l'accordo inoltre rimandava ad atti successivi ai fini del reperimento delle risorse per la realizzazione del tratto compreso tra lo svincolo di Rastignano (San Lazzaro) e il ponte delle Oche (Pianoro);

   in base all'accordo del 2011 gli enti coinvolti avrebbero concordato di utilizzare le risorse disponibili, pari a circa 20 milioni di euro, per la realizzazione del già citato primo stralcio funzionale;

   per dare piena risposta ai problemi di viabilità della zona occorrerà realizzare anche il secondo lotto di collegamento dello svincolo di Rastignano a ponte delle Oche a Pianoro, le cui risorse dovrebbero già risultare assegnate nell'ambito del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 –:

   quale sia la situazione attuale rispetto all'avanzamento del primo stralcio, quali siano gli ostacoli che eventualmente ne stanno ritardando la realizzazione e per quando sia previsto il suo completamento;

   in relazione al secondo stralcio, se le risorse risultino già stanziate e per quale importo e quale sia l'esatto cronoprogramma per la sua realizzazione;

   in che modo si intenda eventualmente vigilare per far sì che il cronoprogramma venga puntualmente rispettato e non si registrino ulteriori ritardi.
(4-00135)


   FUGATTI, SEGNANA, BINELLI, VANESSA CATTOI e ZANOTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel febbraio 2016 ha avuto un grande eco sui media l'accordo sul corridoio viabilistico Valdastico-Valsugana-Valle dell'Adige, raggiunto tra la regione Veneto, la provincia autonoma di Trento e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che concretizza la conclusione dei lavori del Comitato paritetico costituito da tali enti;

   tale accordo consentirebbe al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di ottenere da Bruxelles la proroga della concessione alla Brescia-Padova spa (proroga condizionata alla realizzazione della Valdastico nord), al Veneto il prolungamento della Valdastico, ma non verso nord-ovest per la valle dell'Astico per collegarsi alla A22 del Brennero, bensì verso nord, per collegarsi alla strada statale 47 in Valsugana, e al Trentino la possibilità di realizzare un nuovo tratto di superstrada non a pedaggio (comunque in continuità con la A31), che crei una viabilità alternativa alla strada statale 47 nel tratto finale tra Levico e Trento;

   con delibera 3 marzo 2017, n. 20, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2017, il Cipe ha fornito un «parere sullo schema di atto aggiuntivo alla convenzione unica sottoscritta il 9 luglio 2007 tra Anas S.p.a. e la Società Autostrada Brescia-Padova S.p.A. e aggiornamento del piano economico finanziario (Pef)» favorevole con raccomandazioni;

   il Pef, nell'ipotesi di realizzazione della Valdastico nord prevede la scadenza della concessione al 2026, con ulteriori investimenti della società per 2.049 milioni di euro;

   tuttavia, mentre l’iter dell'approvazione del 1° lotto funzionale della Valdastico nord, Piovene Rocchette - Valle dell'Astico, sta procedendo presso le amministrazioni interessate, risulta agli interroganti ancora incerta la definizione del secondo lotto funzionale;

   infatti, l'ipotesi suddetta di una superstrada con uscita nei pressi di Levico sta creando in Trentino e nei territori interessati non poche polemiche a causa dell'impatto ambientale ad essa associato; a tale proposito inoltre alcune associazioni di categoria favorevoli al prolungamento della Valdastico propongono l'uscita della stessa sulla A22 nei pressi di Rovereto Sud –:

   quale sia lo stato dei rapporti tra la regione Veneto, la provincia autonoma di Trento e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai fini della definizione del secondo lotto funzionale della Valdastico nord;

   se il progetto dell'arrivo del secondo lotto funzionale della Valdastico nord in Valsugana sia definitivo o se abbia ancora una valenza teorica e se sia ancora possibile proporre ed approfondire un'alternativa di tracciato ai fini del collegamento della infrastruttura stradale Valdastico nord con la A22 a Rovereto sud e non sulla strada statale 47 della Valsugana.
(4-00145)


   BITONCI e STEFANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in seguito al deragliamento del tram, avvenuto pochi giorni fa a Padova nei pressi del capolinea sud della Guizza, è stata aperta un'inchiesta interna da Bus Italia Veneto, con il supporto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e si è riaperto il dibattito sulla scarsa sicurezza del tracciato;

   per la realizzazione della linea tramviaria a Padova era stato originariamente predisposto un capitolato in cui si specificava che il veicolo avrebbe dovuto possedere autonomi organi di sterzatura delle ruote e poter indifferentemente correre sia su sede guidata, sia su sede stradale ordinaria. Queste due condizioni, ritenute fondamentali, hanno portato all'esclusione preventiva di tutte le società europee fornitrici di mezzi a via guidata;

   il 24 marzo 2007 è stata inaugurata la linea Guizza Pontevigodarzere del Metrebus dell'azienda francese Lohr, unica ad aver garantito le caratteristiche richieste, anche se nelle fasi di pre-esercizio si sarebbero verificati alcuni deragliamenti, fra cui il più grave in Riviera Businello nel 2006;

   dalle informazioni in possesso degli interroganti, l'amministrazione era a conoscenza fin dall'inizio che la società vincitrice della gara non avrebbe potuto fornire i mezzi con le caratteristiche indicate, in quanto l'unico mezzo conforme era stato realizzato a fini esclusivamente sperimentali senza aver mai superato le omologazioni previste. A tal proposito, la delibera di giunta municipale dell'11 febbraio 2004 ha autorizzato, di fatto, a stravolgere le previsioni di gara, consentendo di eliminare il requisito fondamentale della dotazione di «organi di sterzatura manuale delle ruote»;

   le preoccupazioni sulle incerte condizioni di sicurezza del tracciato della tramvia continuano a preoccupare i cittadini padovani: il tracciato previsto dal capolinea Voltabarozzo al ponte sullo scaricatore è di 1.400 metri, quasi interamente all'interno della zona abitata, e lo spazio riservato agli accessi alle abitazioni e ai marciapiedi appare assolutamente insufficiente per garantire la sicurezza ai cittadini, visto l'ingombro per le carreggiate e le curve pericolose che dovrebbe affrontare con larghezze molto limitate;

   inoltre, è presumibile che le abitazioni confinanti con la rotaia subiscano forti svalutazioni facendo ricadere le perdite sulle famiglie ed è altrettanto plausibile che saranno avviati numerosi ricorsi che bloccheranno inevitabilmente i cantieri, rischiando di interdire gli accessi ai giardini e ai parcheggi privati delle abitazioni;

   lo sbordo della monorotaia di Padova sembra essere stata la causa di cadute di ciclisti, motociclisti e pedoni. A tal proposito, a Venezia Mestre, la monorotaia del tram sborda di 6 millimetri dalla sede stradale ed è stata riconosciuta come concausa, se non causa diretta, dell'incidente in scooter che ha portato alla morte della giovane donna sul ponte della libertà;

   ad oggi, sembra anacronistico investire su un mezzo di trasporto obsoleto come il tram quando si stanno sviluppando e diffondendo nuove forme di mobilità pubblica elettrica che riescono a coniugare esigenze di carattere economico ed ambientale, senza necessità di creare una rete infrastrutturale –:

   se non ritenga opportuno fornire tutte le informazioni utili in relazione alla vicenda di cui in premessa e se, alla luce di quanto descritto non reputi opportuno promuovere e rendere disponibili valutazioni tecniche sul grado di sicurezza della tramvia, sia in relazione a possibili deragliamenti, sia in relazione all'impatto che il tracciato provoca sulle zone abitate limitrofe alla monorotaia, sia per garantire l'incolumità dei ciclisti, motociclisti e pedoni.
(4-00177)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   come riportato ormai quotidianamente dalle cronache locali, nel comune di Trento si è assistito negli ultimi tempi ad un evidente peggioramento delle condizioni di sicurezza e decoro della città, con un conseguente impatto negativo sia sulla qualità di vita dei cittadini sia sull'indotto economico derivante dalla vocazione turistica del capoluogo;

   a Trento è purtroppo frequente l'abitudine da parte di «writer» e altri soggetti di imbrattare muri con scritte deturpanti e graffiti vari, in luoghi non destinati alla libera espressione artistica, come le facciate di edifici pubblici e storici, presenti in gran numero in città;

   nonostante l'encomiabile azione, in diversi quartieri e sobborghi, da parte di gruppi ed associazioni per ripristinare il decoro degli ambienti deturpati o sporcati, pare che in città negli ultimi tempi siano addirittura aumentate le condizioni di degrado e sporcizia, dovute anche agli imbrattamenti e scritte oscene perfino su edifici tutelati e sottoposti a vincoli di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio;

   in questi casi, inoltre, per poter intervenire con la pulizia di tali edifici, l'autorizzazione ad intervenire, richiesta alla provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni culturali, può richiedere tempi lunghi, ritardando l'intervento e facendo sì che l'edificio resti imbrattato con scritte e «graffiti» per molti mesi, fino ad alcuni anni (come avvenuto ad esempio dal monumento a De Gasperi, fino al quartiere delle Albere);

   come riportato anche da diversi quotidiani e dall'agenzia di stampa Ansa, a pochi giorni dall'ultima pulizia effettuata, sarebbero nuovamente comparse scritte sulla chiesa di San Pietro, edificio quattrocentesco e ricostruzione di un altro edificio ecclesiale risalente al XII secolo;

   addirittura, a testimonianza del grado di insicurezza, e criminalità presenti nella città di Trento, all'ingresso di un altro edificio di culto, la chiesa di S. Maria Maggiore, sarebbe apparso un cartello in cui si avvisano fedeli e turisti della sua chiusura ogni giorno, a partire dalle ore 12, a «causa continue intrusioni nella stessa a scopo di furto e danneggiamento»;

   nonostante il continuo, costante e importante sforzo da parte delle forze dell'ordine teso a garantire, con le sempre più carenti risorse di organico e strumentali a disposizione, l'ordine e il presidio del territorio, tuttavia furti, scippi, spaccio di droga e presenza di personaggi violenti sono ormai sempre più frequenti nella zona e più volte esercenti e cittadini hanno espresso la loro rabbia e paura all'amministrazione comunale, che, ad oggi, agli interpellanti poco pare aver fatto in termini di sicurezza urbana;

   tale situazione appare ancora più grave se si considerano la vocazione turistica della città di Trento e, dunque, le pesanti conseguenze per la città e i suoi cittadini sia in termini di prestigio che di indotto economico;

   già l'anno scorso, e precisamente con il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città» convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, sono state previste una serie di misure e interventi per la promozione della sicurezza integrata nei territori di riferimento, nonché in materia di sicurezza urbana e rispetto del decoro urbano, anche valorizzando forme di collaborazione tra le amministrazioni competenti;

   per di più, tra le misure adottate era stata disposta anche la modifica dell'articolo 639 del codice penale sul deturpamento e sull'imbrattamento di cose altrui –:

   quali iniziative siano state attivate dal Ministro interrogato, anche tramite la prefettura ed in collaborazione con gli enti locali, nella provincia autonoma di Trento, in particolare dopo la conversione del decreto-legge n. 14 del 2017 e quali siano i risultati ad oggi conseguiti; se non ritenga opportuno, anche alla luce dell'attuale condizione in cui versa città di Trento come riportato diffusamente dalla stampa e di cui in premessa sono stati citati solo alcuni esempi, promuovere interventi mirati volti ad assicurare tempestivamente il rispetto della legalità, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, anche mettendo a disposizione ulteriore personale delle forze dell'ordine, ed infine il rapido ripristino delle condizioni di decoro del centro storico e della città.
(2-00015) «Zanotelli, Binelli, Vanessa Cattoi, Fugatti, Segnana».

Interrogazioni a risposta orale:


   POTENTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il palazzo «del Picchetto», o più semplicemente noto come «Picchetto», di proprietà pubblica, sorge nel centro di Livorno, lungo la via Grande, delimitando al contempo il lato nord occidentale di piazza Guerrazzi. Fu costruito nel 1701 su disegno del celebre architetto Giovan Battista Foggini. Fu ristrutturato ed ampliato da Giovanni del Fantasia per volere del granduca Cosimo III de’ Medici;

   l'edificio, che si inserisce a pochi metri dal Cisternino di città e dal monumento a Francesco Domenico Guerrazzi, è stato sede, fino ad un recente passato, del comando di presidio (XX comando zona); nel 2016 fu occupato abusivamente da alcune famiglie sfrattate;

   alla data del 15 aprile 2017 sul quotidiano Il Tirreno, cronaca di Livorno, era riportata la pubblica denuncia, risalente ad una manifestazione del precedente mese di novembre, in cui il sindacato Asia Usb e alcune famiglie occupanti della città, insieme al comitato per il diritto all'abitare, denunciavano casi di richieste di denaro «alle famiglie in difficoltà per vivere nelle stanze nei palazzi occupati abusivamente (...)». Sempre nel predetto articolo, si riferisce dell'esistenza di un video che racconta uno scenario fino a oggi solo ipotizzato;

   nello stesso articolo il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, parla espressamente di «racket delle case occupate», chiede l'intervento della questura e scrive che il Picchetto «deve essere sgomberato»;

   alla data odierna nulla è ancora stato fatto ed anzi, l'intero edificio, visitato in data 6 aprile 2018 dall'interrogante, è oggi occupato da cittadini stranieri che hanno allontanato le precedenti famiglie italiane sfrattate, che ivi si erano insediate. Infatti, in un articolo del 17 aprile 2018 sulle pagine di Livorno Press il sindacato Asia-usb ha ribadito di non avere nulla a che fare con quel complesso, che anzi ha segnalato in più occasioni che all'interno succedono cose irregolari come «un pizzo» che viene pagato dagli occupanti ad alcuni soggetti e che non si sente di escludere che avvenga anche dello spaccio di droga –:

   se e di quali informazioni dispongano la locale questura e la prefettura di Livorno, per quanto di competenza, riguardo al monitoraggio dell'occupazione in corso, agli odierni occupanti e ai fatti denunciati sulla stampa;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per impedire il protrarsi di una grave situazione di illegalità, nonché per porre rimedio alla evidente pericolosità che l'attuale uso dell'edificio sta determinando per gli abitanti dei quartieri limitrofi.
(3-00009)


   LUCA DE CARLO, CIABURRO e CROSETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», ai commi da 853 a 861 dell'articolo 1, disciplina la concessione ai comuni di «contributi per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio», determinando, al contempo il valore complessivo delle risorse a tal fine stanziate e stabilendo che «ciascun comune non può chiedere contributi di importo superiore a 5.225.000 euro complessivi»;

   ai fini dell'individuazione dei beneficiari dei contributi, in particolare, il comma 855 prevede che qualora l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili, l'attribuzione sia effettuata «a favore dei comuni che presentano la minore incidenza dell'avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, risultanti dai rendiconti della gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento»;

   stando alla legge n. 205 del 2017, l'ammontare del contributo attribuito a ciascun comune per l'anno 2018 doveva essere determinato con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo;

   il decreto direttoriale 29 gennaio 2018, emanato dal Ministero dell'interno, ha fissato alla data del successivo 20 febbraio il termine per la richiesta di contributo; con il decreto interministeriale del 13 aprile sono stati determinati gli enti beneficiari, e in data 16 aprile 2018 è stato predisposto il pagamento del primo acconto, pari al 20 per cento del contributo;

   scorrendo la graduatoria degli enti destinatari di contributo, tuttavia, si rileva come l'assegnazione delle risorse sia avvenuta in favore di tutti comuni che presentano un disavanzo molto elevato, i quali, invece, stando alla lettura del citato comma 855, avrebbero dovuto esserne esclusi;

   i comuni beneficiari, infatti, avrebbero dovuto essere quelli con la minor incidenza dell'avanzo sulle spese correnti dell'amministrazione e non quelli che presentano disavanzo, tantomeno se elevato;

   tale interpretazione appare tanto più condivisibile laddove si consideri che, diversamente, in presenza di disavanzo, la possibilità di ottenere il finanziamento sarebbe maggiore, andando quindi a premiare coloro i quali non abbiano fatto fronte ad una gestione virtuosa dell'ente;

   peraltro, la presenza di un avanzo di amministrazione, non potendo essere tenuta in considerazione ai fini del pareggio di bilancio, anche in ossequio ad altre norme restrittive, non può essere considerata a priori quale indubbio vantaggio per l'ente;

   l'interpretazione della norma, come emerge dalla redazione della graduatoria, oltre a porsi, per gli interroganti, in conflitto con il dato letterale, penalizza i comuni che fanno della buona amministrazione un punto di forza, pur in un contesto di grande difficoltà economica e finanziaria per i conti pubblici;

   il criterio adottato nell'assegnazione dei contributi appare, pertanto, a giudizio degli interroganti, non solo illegittimo ma altresì inopportuno sia rispetto alle necessità dei comuni «in attivo» penalizzati, sia rispetto alla, sicura, mancanza di valutazione sulle spese correnti, rendicontate alla gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento;

   gli enti locali sono già fortemente colpiti dal blocco del patto di stabilità e dagli ingenti contributi alla finanza pubblica cui sono stati sottoposti negli ultimi anni –:

   quali siano stati i criteri seguiti nell'assegnazione dei contributi e come questi si concilino con le norme di legge in materia;

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative volte a rivedere i criteri per l'assegnazione dei contributi di cui in premessa, procedendo all'emanazione di un nuovo bando a valere sulle risorse del 2018.
(3-00010)


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si configura in modo sempre più critico la presenza nelle città italiane di strutture private con destinazione urbanistica non conforme utilizzate per l'accoglienza dei migranti in spregio alle normative vigenti e al solo scopo di lucro;

   all'interno di queste inadeguate strutture si verificano con grande frequenza episodi di illegalità e di violenza, tra i quali figurano soprattutto liti e aggressioni tra gli stessi immigrati e tra questi e le forze dell'ordine;

   nel comune di Velletri, ad oggi, sono attivi un centro Sprar e un centro d'accoglienza straordinario, che già ospitano un cospicuo numero di immigrati, e ci si appresta all'apertura di due nuove strutture destinate a civile abitazione dedicate all'accoglienza di migranti, una in via Carbonara e una in via Turano;

   negli ultimi tempi si è verificato un incremento incontrollato della diffusione della criminalità locale nel territorio della città metropolitana di Roma Capitale e, in particolar modo, nell'area dei Castelli Romani, a cui si somma una, ormai nota, inarrestabile ondata migratoria, segnata da una gestione da parte delle istituzioni, anche locali, poco trasparente e inefficace, e spesso esposta alla libera iniziativa dei privati, che propongono l'utilizzo dei propri beni immobili al solo scopo di trarne reddito;

   tale grave situazione sta alimentando sentimenti di sconforto, paura e un diffuso senso di insicurezza nella popolazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere, in materia di prevenzione, controllo del territorio e contrasto alla criminalità, affinché venga tutelata la sicurezza dei cittadini, anche attraverso idonei interventi normativi e un effettivo potenziamento delle forze dell'ordine, soprattutto nel territorio dei Castelli Romani;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la conformità delle strutture private adibite ad accogliere migranti, in particolar modo quelle site nel comune di Velletri, alle normative urbanistiche vigenti in materia.
(3-00011)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comma 853 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dispone testualmente: «Al fine di favorire gli investimenti, per il triennio 2018-2020, sono assegnati ai comuni che non risultano beneficiare delle risorse di cui all'articolo 1, comma 974, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, contributi per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020. I contributi non sono assegnati per la realizzazione di opere integralmente finanziate da altri soggetti»;

   ai sensi del comma 855 dell'articolo 1 della citata legge n. 205 del 2017, l'attribuzione del contributo in favore dei comuni deve essere effettuata in base al criterio indicato nel secondo periodo del medesimo comma 855, ovvero quello della minore incidenza dell'avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011, risultanti dai rendiconti della gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento (2016);

   con decreto del 13 aprile 2018 il Ministero dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze ha proceduto ad indicare i comuni beneficiari del contributo e, in tal senso, si stabilisce che: «in applicazione del criterio di cui al comma 855 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, i contributi per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, sono assegnati, ai sensi del comma 853 del medesimo articolo 1, fino a concorrenza delle risorse disponibili, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2018, ai comuni indicati dalla posizione dal n. 1 al n. 146 dell'allegato 2 del presente decreto, che ne costituisce parte integrante»;

   appare evidente che comuni in dissesto finanziario o con minore disponibilità di avanzi, dove una gestione non virtuosa delle risorse pubbliche ha bloccato per anni l'appalto dei cantieri, beneficeranno della maggior parte degli stanziamenti previsti, di cui al comma 853 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   sono rimasti invece esclusi dalla graduatoria prevista dall'allegato 2 del suddetto decreto 13 aprile 2018, migliaia di progetti di comuni che avevano candidato importanti opere di messa in sicurezza e che sono stati penalizzati dall'avere un'amministrazione virtuosa e un buon funzionamento della macchina con avanzi di amministrazione minimi;

   il paese con il punteggio più alto è Monteforte Irpino in provincia di Avellino che, a fronte di un deficit di oltre 11 milioni di euro, otterrà un finanziamento di oltre 5 milioni di euro –:

   se non si intendano assumere iniziative per rivedere tale criterio per il finanziamento delle opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, criterio che penalizza i comuni che si sono distinti per una gestione virtuosa dell'amministrazione.
(5-00010)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VANESSA CATTOI, BINELLI, FUGATTI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Rovereto esiste un parco adiacente a via Teatro, per la precisione nello spazio compreso tra la residenza Giardini e il condominio situato di fronte all'istituto Fontana, nel quale da qualche tempo stazionano stabilmente giovani dediti al consumo di alcool, al compimento di atti di vandalismo e allo spaccio di stupefacenti, la cui presenza pregiudica il godimento della locale zona verde da parte delle famiglie residenti;

   la circostanza e le relative lamentele dei cittadini che vivono nell'area sono state documentate dalla stampa locale;

   oltre a provvedimenti specifici di competenza dell'amministrazione locale – come la rimozione delle panchine dal giardino di via Teatro e l'installazione di recinzioni – è emerso il diffuso convincimento che sia necessaria nel parco e più in generale a Rovereto una maggiore presenza delle forze dell'ordine;

   sempre a Rovereto versano nelle medesime condizioni anche i giardini «Giorgio Perlasca», così come l'area «ex Ferrari» di via Benacense;

   si registra in tutto il Trentino una significativa attività criminale che le forze dell'ordine faticano ad arginare a causa della carenza delle risorse di cui dispongono, pur mettendo a segno importanti successi, come quello collegato all'arresto dei responsabili dei ripetuti furti subiti dalla Folgaria Ski spa tra il 27 dicembre 2017 e l'11 febbraio 2018;

   presidi fissi e mobili delle forze dell'ordine hanno già dispiegato nelle zone dove sono visibili a Rovereto un'efficace funzione deterrente, che si tratterebbe solo di estendere;

   un apporto sensibile al miglioramento della situazione potrebbe venire anche dalla reintegrazione degli effettivi a disposizione delle forze dell'ordine nella provincia di Trento, che sarebbero al di sotto delle piante organiche previste –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per migliorare le condizioni dell'ordine pubblico a Rovereto ed, in particolare, riaffermare la legalità ed il diritto dei cittadini a fruire liberamente e senza timori dello spazio verde situato nei pressi di via Teatro;

   se gli organici effettivamente a disposizione delle forze dell'ordine nella provincia di Trento risultino corrispondere alle dotazioni previste a ruolo o siano invece inferiori numericamente e se, in quest'ultimo caso, si conti eventualmente di reintegrarli a breve termine.
(4-00096)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 marzo 2018 una delegazione di avvocati, mediatori culturali e ricercatori della Coalizione italiana per le libertà ed i diritti civili (Cild) dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) e di IndieWatch si è recata presso l'isola di Lampedusa per raccogliere testimonianze dagli ospiti del locale hotspot;

   la delegazione ha riscontrato gravi problematiche di ordine generale e individuale e ha redatto un dossier dal quale emergono le condizioni disumane del centro, la promiscuità, l'insicurezza in cui vivono, in particolare, soggetti più vulnerabili, come donne, minori, persone con gravi patologie. Nel dossier vi sono diverse testimonianze di violenze subite anche da parte delle forze dell'ordine che in alcuni casi, per sedare gli stati di agitazione dovuti alle disumane condizioni di vita, sono intervenute in assetto antisommossa, caricando e ferendo indiscriminatamente uomini, donne e bambini;

   i legali denunciano, inoltre, come il diritto di difesa non sempre venga garantito ai loro assistiti. Questi elementi sono diventati oggetto di 5 ricorsi d'urgenza alla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione della Cedu, che la Corte stessa ha dichiarato ammissibili;

   il 13 marzo 2018 il Ministero dell'interno, dopo le richieste di chiarimento da parte della Corte europea, ha dichiarato di chiudere temporaneamente il centro per poter eseguire alcuni lavori di ristrutturazione, anche se, almeno in due occasioni, il centro è stato nuovamente utilizzato per ospitare migranti arrivati sull'isola;

   le circostanze sopra esposte destano fondati timori che nella stragrande maggioranza dei centri di detenzione per stranieri – hotspot, centri per i rimpatri e altri – siano sistematicamente violati i diritti fondamentali della persona, come più volte denunciato dalla società civile e dal Garante –:

   per quale motivo nonostante la chiusura del centro hotspot di Lampedusa, in quanto non idoneo ad ospitare migranti, il centro continui ad essere utilizzato durante le emergenze, circostanza ad avviso dell'interrogante lesiva dei diritti delle persone ospitate presso la struttura;

   per quali ragioni presso l’hotspot di Lampedusa sia stato sistematicamente violato il diritto di difesa, impedendo e ostacolando l'accesso di difensori ritualmente nominati;

   se non intenda assumere iniziative per far piena luce sul comportamento delle forze di polizia che in data 8 marzo 2018 a Lampedusa, in tenuta antisommossa, hanno usato violenza contro gli ospiti dei centri causando lesioni ad almeno tre ospiti;

   se non ritenga necessario e indispensabile assumere iniziative per un superamento degli hotspot e un ripensamento complessivo del sistema di accoglienza, essendo forte il timore che in tali strutture vi sia il rischio concreto di violazioni sistematiche dei diritti fondamentali della persona.
(4-00103)


   MATURI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile 2018, alle ore 19,30, il generale a riposo Carlo Bosin, ottantunenne, veniva aggredito, sequestrato, immobilizzato e spogliato nel garage del suo condominio, situato in via Guncina a Bolzano, allo scopo di sottrargli valori e contanti, privandolo di circa 150 euro e delle chiavi del proprio appartamento;

   i malviventi, due persone giunte sul posto con una moto di media cilindrata e a volto coperto da altrettanti caschi integrali, impossessatisi delle chiavi di casa, s'introducevano anche nell'appartamento del generale, trovandovi la moglie Licia, che veniva anch'essa aggredita;

   la donna, che veniva anche colta da malore, subiva la sottrazione di una collana e di ulteriori 150 euro, senza che tuttavia i ladri trovassero nell'appartamento una cassaforte che pensavano la coppia possedesse;

   il generale Bosin gestisce l'Ussa, l'Unione delle società sportive altoatesine, ed i due malviventi debbono aver pensato che avesse a portata di mano significative quantità di contante;

   le modalità della rapina hanno ricordato a giornalisti ed inquirenti quelle di una rapina analoga, occorsa sempre a Bolzano mesi fa, ai danni della gioielleria Bonaldi, la cui titolare era stata aggredita, legata ed immobilizzata nel proprio negozio;

   l'episodio ha destato grande sensazione in città, anche per la notorietà delle vittime, ed è considerato il sintomo di un salto di qualità nelle attività della criminalità a Bolzano;

   l'aggravamento delle condizioni di sicurezza a Bolzano suggerisce un potenziamento delle risorse delle forze dell'ordine in città –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per migliorare le condizioni dell'ordine pubblico a Bolzano ed, in particolare, potenziare significativamente i locali presidi delle forze di polizia.
(4-00104)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno dei foreign fighters purtroppo interessa da tempo anche il nostro Paese. Negli ultimi anni diversi sono stati i casi di arresti e di espulsione in riferimento alla pericolosità dei soggetti messi in relazione con il terrorismo di matrice islamica;

   in diverse occasioni, inoltre, sulla stampa locale e nazionale, sono state riportate notizie relative ai livelli di guardia notevolmente innalzatisi rispetto ai detenuti di fede islamica e a ogni possibile segnale di radicalismo, soprattutto in considerazione del fatto che una significativa percentuale della popolazione carceraria italiana proviene da Stati nei quali la religione prevalente è quella islamica;

   in relazione al rischio di radicalizzazione all'interno delle carceri italiane, già all'inizio del 2017 il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria aveva stilato per gli agenti un elenco dei comportamenti da considerare come «campanelli d'allarme»: ciò anche a seguito degli attentati di Parigi e di Berlino quando alcuni detenuti, in alcune carceri d'Italia, erano stati notati mentre esultavano per le stragi;

   nel mese di giugno 2017, a un noto quotidiano, Lorenzo Vidino, direttore del programma sull'estremismo alla George Washington University ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: «Se si guardano i dati relativi ad arresti, espulsioni e foreign fighter notiamo che l'Emilia Romagna, insieme a Lombardia e Veneto, presenta i numeri più alti. Possiamo quindi dire che in queste regioni più che in altre esistono centri di radicalizzazione che assumono forme diverse: dalla “moschea” con imam radicale, come succede più spesso nel nord-est, all'attività commerciale o il gruppo di amici estremisti che caratterizzano più la piazza ravennate. I motivi sono due: stiamo innanzitutto parlando di tre tra le Regioni più popolose d'Italia e, inoltre, la presenza di reti di radicalizzazione attira inevitabilmente l'attenzione dei soggetti provenienti da fuori e interessati a farne parte»;

   una delle ultime stime, da fonti di stampa e articoli reperibili in rete, parlerebbe di 125 foreign fighters partiti dall'Italia: la maggioranza sarebbe costituita da stranieri partiti dal territorio nazionale o che hanno, in qualche modo, avuto a che fare con il nostro Paese –:

   se e di quali elementi disponga il Ministro, anche solo di tipo statistico, circa l'eventuale presenza, consistenza numerica e dislocazione sul territorio nazionale di sospetti foreign fighters, e in caso affermativo, quali siano i dati aggiornati;

   se sia stato promosso o si intenda promuovere uno studio sui potenziali centri di radicalizzazione in Italia, sulla loro dislocazione e sulle loro caratteristiche;

   quali iniziative si intendano assumere per un rafforzamento della sicurezza sul territorio nazionale in relazione ai fatti descritti in premessa;

   quali iniziative si intendano adottare per contrastare fenomeni di radicalizzazione all'interno delle carceri e in altri luoghi considerati sensibili.
(4-00107)


   ENRICO BORGHI e MORANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 6 ottobre 2017, n. 158, sono state definite misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni con l'obiettivo di favorire la qualità e l'efficienza dei servizi essenziali, con particolare riguardo agli ambiti dell'ambiente, della protezione civile, dell'istruzione, della sanità, dei servizi socio-assistenziali, dei trasporti, della viabilità e dei servizi postali, al fine di contrastarne lo spopolamento e di incentivare l'afflusso turistico e la tutela e la valorizzazione del loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico;

   la legge sancisce, inoltre, che l'insediamento nei piccoli comuni costituisce una risorsa a presidio del territorio, soprattutto per le attività di contrasto del dissesto idrogeologico e per le attività di piccola e diffusa manutenzione e tutela dei beni comuni;

   a tal fine, la legge ha previsto che entro centoventi giorni dalla sua data di entrata in vigore, ossia entro il 17 marzo 2018, con decreto interministeriale fossero indicati i parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni (il cui elenco avrebbe dovuto essere poi individuato mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare nei successivi sessanta giorni) che possono accedere alle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni destinato al finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale, l'insediamento di nuove attività produttive –:

   quali siano le motivazioni che ad oggi hanno impedito l'adozione del decreto interministeriale di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, e se il Ministro interrogato intenda individuare con urgenza le citate tipologie di piccoli comuni per la piena applicazione di una legge attesa da molti anni.
(4-00110)


   BITONCI, BELOTTI, BISA, GUIDESI, ANDREUZZA, MOLINARI, COMAROLI, BADOLE, GRIMOLDI, GASTALDI, BAZZARO, GIGLIO VIGNA, RIBOLLA, COIN, LIUNI, GALLI, MACCANTI, COLMELLERE, GUSMEROLI, BIANCHI, COMENCINI, BENVENUTO, INVERNIZZI, COVOLO, CAFFARATTO, ZOFFILI, BOLDI, FANTUZ, TARANTINO, FOGLIANI, FRASSINI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TIRAMANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, ZORDAN, GIACCONE, PATELLI e DI MURO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), all'articolo 1, comma 853, ha stanziato, in favore dei comuni, 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzati a interventi per opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio;

   il 13 aprile 2018 è stato pubblicato, sul sito del Ministero dell'interno, il decreto interministeriale di assegnazione dei contributi e, in data 16 aprile 2018, lo stesso Ministero ha già provveduto al pagamento del primo acconto, pari al 20 per cento del contributo ottenuto;

   le richieste pervenute al 20 febbraio 2018 ammontano a circa 7,2 miliardi di euro, distribuite su 10.200 interventi. Di questi, sulla base dei criteri previsti, 5.904 sono risultati ammissibili per un valore complessivo di 3,9 miliardi di euro. Essendo stato posto il limite di 150 milioni per il 2018, gli enti che hanno beneficiato del contributo sono risultati soltanto 54 per un totale di 146 progetti di investimenti;

   scorrendo la graduatoria è evidente come i comuni risultati vincitori siano tutti enti in dissesto. Esemplare è il caso di Monteforte Irpino in provincia di Avellino: questo ente presenta un disavanzo superiore ai 11 milioni di euro con un rapporto sulle entrate di -190,59 per cento, eppure è risultato assegnatario di circa 5,2 milioni di euro (il massimo consentito dalla norma), vedendosi accolte ben 6 istanze;

   detta graduatoria è il risultato del contenuto normativo della legge di bilancio 2018 che, al comma 855, prevede che «qualora l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili, l'attribuzione è effettuata a favore dei comuni che presentano la minore incidenza dell'avanzo di amministrazione,» al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, stabilendo quindi di fatto un premio per i comuni nelle peggiori condizioni finanziarie;

   tale discrasia era già stata sollevata dalla Lega durante l'esame della legge di bilancio, ma le proposte di modifica, finalizzate all'inserimento di alcuni criteri di virtuosità nell'assegnazione dei contributi, non sono state approvate, su parere contrario del Governo;

   in questo modo, sono stati esclusi molti comuni che, pur avendo gestito in maniera assennata le risorse pubbliche, oggi si ritrovano a non avere i contributi per la realizzazione di importanti opere per i cittadini. Lo Stato dunque richiede efficienza ai comuni – e questo vuol dire spesso anche maggior sacrificio per l'ente i suoi cittadini – ma poi premia l'inefficienza e l'incapacità;

   quindi, pur risultando idonei, non risultano accolte le richieste di enti virtuosi come San Pietro di Cadore nel Bellunese (rapporto avanzo/entrate pari allo 0,14 per cento, Nervesa della Battaglia nel Trevigiano (4 per cento), Ponte San Nicolò nel Padovano (39,74 per cento) e molte altre località nordestine;

   in Piemonte, su 813 richieste di contributi pervenute dai comuni dislocati nelle otto province, soltanto due saranno finanziate (Cassinasco e Carezzano), rientrando per poco nei primi 146 posti;

   lo stesso in Lombardia, dove, in provincia di Pavia, nessuna delle 144 domande risultate idonee è rientrata nei finanziamenti (il primo in graduatoria, Corvino San Quirico, è risultato 218esimo) e dove gli 88 comuni bergamaschi richiedenti non hanno superato la cinquecentesima posizione –:

   se non si intenda adottare urgentemente le opportune iniziative di carattere normativo al fine di modificare i criteri di assegnazione dei contributi previsti per i prossimi due anni, con il duplice obiettivo di premiare i comuni virtuosi e l'urgenza dei progetti.
(4-00111)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a dispetto delle solenni promesse fatte dal Ministro interrogato l'11 gennaio 2018; in occasione della firma del cosiddetto «Patto per Pisa sicura», la situazione in città non accenna a migliorare;

   in quella circostanza, tra le altre cose, il Ministro dichiarò che la formazione di nuovi agenti di pubblica sicurezza era in corso, a primavera ci sarebbero state le nuove assegnazioni e proprio Pisa si sarebbe trovata in cima alla lista dei presidi da rinforzare;

   il 18 aprile 2018, però, la formazione dei circa 600 nuovi agenti del 199° corso cui faceva riferimento il Ministro è terminata senza che seguisse l'assegnazione di alcun nuovo effettivo ai presidi pisani della polizia di Stato;

   Pisa mantiene il secondo posto della triste classifica regionale toscana delle province maggiormente colpite da furti e rapine;

   risultano altresì in aumento anche i reati legati al commercio di stupefacenti;

   l'incidenza dei furti sta avendo inoltre gravi ripercussioni economiche, poiché giungono ormai alla stampa locale sempre più frequenti segnalazioni di imprese ed imprenditori in difficoltà, che meditano il trasferimento della propria azienda in altre località per sfuggire alle violenze e alle vessazioni di ladri e rapinatori;

   ai furti si aggiungono anche gli atti di vandalismo;

   la stessa Confcommercio ha lanciato un appello per il ristabilimento della legalità;

   il Sap ha ribadito in un proprio comunicato la necessità di assicurare a Pisa adeguati rinforzi degli organici della polizia di Stato –:

   se il Ministro interrogato intenda dare seguito alla promessa di assegnare in priorità a Pisa agenti addestrati del 199° corso, fatta l'11 gennaio 2018;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare più consistentemente i distaccamenti delle forze dell'ordine nella provincia pisana.
(4-00112)


   INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sulla base delle disposizioni del decreto ministeriale del 15 agosto 2017, recante la direttiva sui comparti di specialità delle forze di polizia e sulla razionalizzazione dei presìdi di polizia, sarebbe stata decisa la soppressione del distaccamento di polizia stradale di Treviglio;

   il predetto distaccamento sta del resto sperimentando da tempo una diminuzione dei propri effettivi che induce a ritenere ormai prossima l'esecuzione del conseguente provvedimento di chiusura;

   attualmente l'unità operativa distaccata di Treviglio garantisce il servizio di polizia stradale sulla viabilità ordinaria della provincia di Bergamo, sorvegliando gli itinerari della pianura che attraversano e connettono cinquanta comuni;

   la presenza di un distaccamento della polizia stradale proprio a Treviglio consente di accelerare i tempi di intervento;

   il presidio della polizia stradale situato a Treviglio è altresì un valido supporto operativo per le azioni di prevenzione e controllo del territorio condotte dalle altre forze dell'ordine e dalle polizie locali;

   il distaccamento è operativo nella provincia bergamasca da ben 59 anni e nel 2017 ha garantito un indice di copertura giornaliera del territorio pari a tre pattuglie al giorno, assicurando i quattro turni della giornata nelle fasce orarie 01/07, 07/13, 13/19 e 19/01;

   è noto che la competenza della polizia stradale si estende inoltre alle attività di controllo dei pubblici esercizi (autofficine, centri di revisione, autoscuole, agenzie pratiche automobilistiche, autosaloni, gommisti e carrozzerie), prestando particolare attenzione alle violazioni in materia amministrativa e ambientale;

   la chiusura del distaccamento di polizia stradale comporterebbe pertanto gravissime ricadute sul territorio della provincia bergamasca sul piano dell'efficacia delle attività di prevenzione, repressione e soccorso pubblico –:

   se, alla luce delle circostanze generalizzate in premessa, il Governo ritenga effettivamente di dover sopprimere il distaccamento di polizia stradale di Treviglio e se non consideri invece più opportuno rinunciare a tale soppressione.
(4-00114)


   ENRICO BORGHI e GARIGLIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comma 853 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dispone che «Al fine di favorire gli investimenti, per il triennio 2018-2020, sono assegnati ai comuni che non risultano beneficiare delle risorse di cui all'articolo 1, comma 974, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, contributi per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020»;

   per l'assegnazione del contributo per l'anno 2018 – pari ad un ammontare complessivo di euro 7.151.884.799,84 – le richieste dovevano essere trasmesse entro il 20 febbraio 2018;

   a seguito della verifiche di cui alla normativa citata, l'entità delle richieste ammissibili è pari ad euro 3.992.034.351,85, superiore all'entità del fondo stanziato, per cui occorre procedere alla formazione di una graduatoria dei comuni beneficiari del contributo;

   pertanto, ai sensi del comma 855 dell'articolo 1 della citata legge n. 205 del 2017, l'attribuzione del contributo in favore dei comuni deve avvenire in base al criterio indicato nel secondo periodo del medesimo comma 855, ovvero quello della minore incidenza dell'avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011, risultanti dai rendiconti di gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento (2016);

   con il decreto interministeriale del 13 aprile 2018 sono state stabilite le richieste di contributo ammissibili e non ammissibili, i comuni beneficiari del contributo, il monitoraggio degli interventi, le modalità di erogazione dei contributi, le modalità di rendicontazione –:

   quali siano state le modalità di stesura della graduatoria e come sia stata assicurata la loro conformità con quanto previsto dai commi 853 e seguenti dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche in relazione all'esigenza di garantire interventi di elevata qualità e funzionalità secondo gli standard individuati dall'Agenzia Italia Sicura, da Ispra e dal Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti;

   quali siano le reali capacità di intervento e cantierabilità in relazione alle iniziative finanziarie, nei termini previsti dalla legge, nei comuni selezionati;

   se ci sia la possibilità di una diversa modalità di classificazione degli interventi e di stesura della graduatoria per le prossime annualità nelle quali è previsto il proseguimento del finanziamento ai sensi della normativa vigente;

   quali siano i suoi orientamenti circa l'ipotesi di un completo ritiro del bando e del rifacimento della selezione per individuare i migliori progetti (uno per comune) e adottare delle graduatorie in cui siano privilegiate la qualità e l'urgenza dei progetti, individuando, inoltra in maniera precisa le disponibilità finanziarie per ciascuna regione, sulla base di parametri da verificare e concertare in Conferenza unificata.
(4-00120)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da alcune notizie riportate sulla stampa (ad esempio, l'Eco di Bergamo e Corriere della Sera 24 aprile 2018) risulterebbe in atto uno smantellamento del distaccamento del commissariato di polizia stradale di Treviglio;

   già nel 2014 il Governo in carica aveva tentato la soppressione del distaccamento. L'interrogante con l'atto n. 4/03783, aveva pertanto interrogato il Ministro dell'interno, ottenendo rassicurazioni sul fatto che la logica con la quale si sarebbe predisposto il piano di riparto di pubblica sicurezza, sarebbe stata improntata per il perseguimento di «esclusive esigenze di efficientamento, senza che ne venga a soffrire la qualità del prodotto sicurezza»;

   tuttavia, quanto accaduto nei giorni scorsi, sconfessa tale logica di prossimità al cittadino: i recenti trasferimenti in uscita del personale della Polstrada, infatti, non sono stati rimpiazzati. Quindi, si assiste ad un distaccamento sotto organico, che corrisponde a una diminuzione dell'attività sul territorio;

   a fronte di un depauperamento dell'organico della Polstrada, si assiste di contro all'espansione di tutta la zona della bassa pianura bergamasca, e al rafforzamento di alcune grandi opere, quali la Brebemi, che coinvolge direttamente la città di Treviglio, e che ha in essa il punto nevralgico di snodo tra Brescia e Milano;

   al commissariato di Treviglio fanno capo 38 comuni della bassa bergamasca e, di conseguenza, la sua chiusura lascerebbe completamente sguarnita una grande area in forte espansione –:

   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato per quel che riguarda la chiusura del commissariato di Treviglio e se non intenda adottare con urgenza misure idonee a rafforzare i ridotti organici delle forze dell'ordine in provincia di Bergamo.
(4-00122)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Cantù, nonostante le aperture pomeridiane aggiuntive, continua ad accumulare forti ritardi nel rilascio della carta d'identità elettronica;

   le prenotazioni, infatti, sono al momento complete fino al mese di luglio 2018; inizialmente la lista d'attesa era arrivata addirittura a cinque mesi, ora ridotta a tre, ma comunque permane una situazione emergenziale;

   la carta d'identità elettronica, si ricorda, è l'evoluzione della carta di identità cartacea, ha un costo di 22 euro (27 per il duplicato) e richiede l'acquisizione di due impronte digitali, per cui ai fini del suo rilascio si necessita di un terminale ad hoc;

   per il comune di Cantù è stata approvata dal Ministero una postazione, con segnalazione di inoltrare, qualora non fosse stata sufficiente, richiesta all'Istituto Poligrafico per l'incremento delle postazioni;

   in data 18 maggio 2017, l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (Ipzs) dava al comune di Cantù riscontro positivo in merito alla possibilità di fornitura di una seconda postazione per il rilascio della Cie, comunicando la necessità dell'invio di una mail all'indirizzo di posta elettronica cie.comuni@interno.it, richiesta inviata in data 19 maggio 2017 e protocollata col n. SR260275;

   da allora il comune, a quanto risulta all'interrogante, non ha avuto più alcun riscontro, nonostante i ripetuti solleciti dell'assessore ai servizi demografici, Natalia Cattini –:

   se ed entro quali tempi il Ministero dell'interno intenda evadere la richiesta del comune in merito alla dotazione di un secondo terminale per il rilascio della carta d'identità elettronica, ovvero quali siano le cause ostative alla consegna dello stesso, nonostante sia trascorso quasi un anno dalla richiesta.
(4-00123)


   FRATOIANNI e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 (Misure per l'ammodernamento di mezzi, attrezzature e strutture della polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) del decreto-legge n. 119 del 2014, è stato modificato dalla legge di conversione n. 146 del 2014, con l'aggiunta del comma 1-bis, e testualmente prevede: «Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l'Amministrazione della pubblica sicurezza avvia, con le necessarie cautele per la salute e l'incolumità pubblica e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute, la sperimentazione della pistola elettrica Taser per le esigenze dei propri compiti istituzionali, nei limiti di spesa previsti dal comma 1, lettera a)»;

   il 20 marzo 2018 la direzione anticrimine del Ministero dell'interno ha diramato una nota a 6 questure italiane di grandi città (Reggio Emilia, Padova, Milano, Catania, Brindisi e Caserta), autorizzandole alla sperimentazione sull'uso della pistola Taser;

   organismi internazionali intergovernativi e non governativi hanno stigmatizzato l'uso del Taser in quanto potenzialmente mortale e mai realmente sostitutiva di armi da fuoco;

   il Comitato Onu contro la tortura si è espresso contrariamente all'introduzione in Portogallo di misure che ne autorizzassero l'utilizzo, essendo forte il rischio di maltrattamenti a esse legato;

   nel 2014, la Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Anzhelo contro Bulgaria, ha condannato la Bulgaria per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu), che vieta il ricorso alla tortura («Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»), a seguito dell'utilizzo spropositato, da parte degli agenti bulgari, del Taser. La Corte europea cita il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, il quale afferma che l'introduzione dei Taser aprirebbe la porta a risposte sproporzionate;

   quanto accade negli Usa mostra come il Taser sia usato principalmente contro persone con problemi psichici o per vincere una resistenza a un ordine di polizia;

   dal 2000 a oggi, secondo un rapporto dell'agenzia Reuters, sono più di 1000 le persone morte negli Usa contro cui la polizia aveva utilizzato il Taser. Per 153 di queste morti è stato accertato che la pistola ha causato il decesso o vi ha contribuito. In 9 casi su 10 le persone colpite erano disarmate e in 4 su 10 soffrivano di disturbi mentali o malattie neurologiche;

   secondo Amnesty International, tra il 2001 e il 2012, più di 500 persone sono morte negli Usa dopo essere state colpite dal Taser. L'esistenza di un rapporto causa-effetto tra le morti e l'utilizzo del Taser sarebbe stato accertato;

   la stessa azienda produttrice, la Taser International Incoporated, riconosce un fattore di rischio mortale che sia aggira intorno allo 0,25 per cento. Una persona su 400, tra quelle colpite da Taser, rischia il decesso;

   il dottor Douglas Zipes, dell'università dell'Indiana, e altri autorevoli medici e professori universitari della American Heart Association, concordano nell'affermare che lo shock causato dal Taser può produrre arresto cardiaco –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa l'uso del Taser, che risulta potenzialmente mortale, e quali cautele siano state intraprese per evitare rischi per la salute e la vita delle persone;

   se il Ministero della salute abbia svolto o intenda svolgere un'indagine in relazione alla sperimentazione della pistola elettrica Taser, con particolare riguardo ai rischi sulla salute, come previsto dalla legge, in particolare a tutela delle categorie più vulnerabili (donne incinte, minori, malati di cuore e anziani);

   quali siano i costi della sperimentazione soprarichiamata e le aziende coinvolte, considerato che, per gli interroganti, sarebbe più utile investire queste risorse in formazione delle forze di polizia o in strumenti logistici (autovetture, vestiario e altro).
(4-00126)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 19 marzo 2018 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza, dottoressa Patrizia Gallucci, ha emesso un'ordinanza applicativa di misura cautelare ai danni dei carabinieri Angelo Galletta ed Arturo Formisano, in servizio presso la compagnia monzese dell'Arma, accusati di aver redatto un verbale di arresto contenente notizie false e di aver esercitato violenza nei confronti di tal Mohamed Mejri, fermato il 20 ottobre 2017;

   a carico dei due carabinieri è stato emesso un provvedimento restrittivo, in virtù del quale entrambi sono stati sospesi per un anno dall'esercizio del loro pubblico ufficio;

   decisivi ai fini della sentenza ai danni dei due carabinieri paiono essere state l'interpretazione di cosa costituisca legittima difesa (poiché gli imputati hanno affermato di essere stati aggrediti dal Mejri), la concezione adottata della nozione di «resistenza a pubblico ufficiale» e l'individuazione della soglia di coazione fisica che integri gli estremi della violenza gratuita e non necessaria del pubblico ufficiale agente di polizia giudiziaria nei confronti di chi viene fermato;

   gli effetti della pronuncia del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza sul morale degli appartenenti alle forze dell'ordine in servizio nella provincia di Monza e Brianza possono essere significativi;

   più in generale, esiste il rischio, a giudizio dell'interrogante, che un'interpretazione molto restrittiva delle norme concernenti ciò che i tutori dell'ordine possono e non possono fare in costanza d'emergenza possa comprometterne l'efficacia operativa, con conseguenze rilevanti ai fini del mantenimento della sicurezza –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo ritenga di poter assumere per salvaguardare l'efficacia operativa delle forze dell'ordine, anche alla luce del rischio di demoralizzazione del personale, a seguito di episodi come quelli descritti in premessa, avvenuti nella provincia di Monza e Brianza;

   se il Governo non consideri opportuno assumere iniziative volte a stabilire chiare regole d'ingaggio cui i tutori dell'ordine debbano attenersi nel momento in cui si trovano a fronteggiare situazioni dubbie, in cui il dovere di rispettare integralmente i diritti dell'individuo può scontrarsi con le esigenze della legittima difesa e la necessità di prevenire la commissione di un reato.
(4-00130)


   CAVANDOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il più diffuso settimanale tedesco «Der Spiegel» il 17 aprile 2018 ha pubblicato un articolo-denuncia, ripreso anche dalla Agenzia Nova il giorno seguente, relativo al fenomeno della vendita di regolari documenti che permettono agli stranieri il soggiorno nel territorio tedesco e della Unione europea da parte dei titolari dei suddetti documenti che, se sprovvisti in caso di controllo, dichiarano di averli smarriti;

   il contatto per la «vendita» dei documenti, che frutta anche millecinquecento euro, avviene tramite internet, soprattutto mediante Facebook, e si basa sulla somiglianza dell'acquirente alla foto presente nel documento di soggiorno;

   secondo la polizia tedesca, gli scambi avvengono soprattutto in Grecia, frequentemente anche all'interno degli aeroporti, e tale traffico è aumentato addirittura del 22 per cento nel 2017;

   le autorità di sicurezza tedesche sarebbero a conoscenza del fenomeno già da qualche tempo e da un'analisi riservata della polizia federale, riportata appunto dal settimanale «Der Spiegel», si è rilevato che vengono venduti soprattutto i documenti di titolari di protezione internazionale;

   in particolare, secondo il Ministero federale dell'interno tedesco, la polizia federale nel 2017, ha rilevato 554 casi (460 nel 2016) in cui sono stati utilizzati documenti autentici per l'ingresso non autorizzato in Germania e con riguardo a questi, 100 persone provenivano dalla Germania, 99 dall'Italia e 52 dalla Francia, seguiti da Svezia, Grecia e Belgio;

   in Germania, sebbene vengano prese le impronte digitali dei richiedenti asilo durante il loro primo contatto con le autorità, tuttavia, pare che, quando vengono richiesti nuovi documenti, vengano prese nuovamente anche le impronte digitali, ma senza effettuare alcun confronto con le precedenti;

   per quanto sopra, quindi, è possibile che alcuni soggetti possano vivere con altra identità o presentare domanda di asilo direttamente con altro nome dopo essere entrati in Germania;

   il settimanale tedesco riferisce anche che i rappresentanti degli Stati Schengen e l'Agenzia Frontex si sono incontrati nell'ottobre 2017 in un consolato generale tedesco in Turchia e quasi tutti i partecipanti hanno riferito esperienze simili;

   pare infine che le autorità siano in gran parte impotenti davanti a questi casi di compravendita di permessi d'asilo, ma anche di passaporti e tessere sanitarie, e che i soggetti coinvolti in queste compravendite restino perciò di fatto impuniti –:

   se il Governo sia a conoscenza del fenomeno diffuso in Germania riportato in premessa e reso noto dall'inchiesta pubblicata dal «Der Spiegel» il 17 aprile 2018; se abbia partecipato all'incontro dell'ottobre 2017 in Turchia; se abbia notizia che le transazioni sopracitate avvengano anche in Italia e se questo commercio riguardi anche permessi di soggiorno rilasciati dal nostro Paese; quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, o abbia già assunto, al fine di impedire questo mercato illegale di documenti e permessi di soggiorno, posto che lo stesso potrebbe favorire e agevolare l'ingresso in Europa e in Italia di stranieri di cui non si conosce l'effettiva identità e che potrebbero essere potenzialmente anche legati a gruppi di matrice terroristica.
(4-00133)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo sulla stampa locale del territorio imolese vengono segnalati la situazione di inadeguatezza in cui verserebbe la struttura ospitante il commissariato di polizia di Imola e i problemi di equipaggiamento dell'autovettura utilizzata per il servizio volante;

   tra i problemi segnalati nei mesi addietro figuravano inoltre, per quel che concerne la struttura dove ha sede il commissariato, il ritardo nell'accensione dell'impianto di riscaldamento, la rottura frequente delle caldaie, la perdita di acqua proveniente dal bagno. Tali problemi sarebbero stati risolti ma attraverso soluzioni-tampone, dato che le condizioni dell'edificio e l'obsolescenza degli impianti richiederebbero interventi strutturali e definitivi;

   anche la situazione di sottorganico, non certo secondaria, è stata più volte rappresentata nelle opportune sedi. A Imola, città che conta circa 70 mila abitanti (ma con i territori del circondario si arriva a circa 130 mila), sarebbero attualmente in servizio 59 agenti più 17 in dotazione alla stradale. L'organico da tempo risulta ridotto anche a seguito della chiusura del distaccamento del quartiere Pedagna, avvenuto alcuni anni fa e che contava circa 20 agenti;

   il rinnovo delle piante organiche risulta essere un tema ormai annoso sul quale andrebbe aperta, ad avviso dell'interrogante, una riflessione anche in relazione ai parametri con cui gli agenti vengono assegnati. Di fatto, in Italia, esistono province molto più piccole di Imola e del suo circondario, in termini di popolazione, alle quali però sono assegnati agenti di polizia in numero decisamente superiore. In altre parole, l'assegnazione degli agenti a oggi sembrerebbe corrispondere più a criteri di carattere burocratico (l'essere provincia o meno) che non alle effettive esigenze dei territori correlate anche al numero di abitanti e al tasso di criminalità reale e percepito –:

   se sia a conoscenza della suesposta situazione;

   quali interventi siano stati realizzati negli anni per ovviare ai problemi della struttura ospitante il commissariato di Imola e per quali importi;

   se siano previsti investimenti ulteriori e di quale entità per interventi definitivi sulla struttura in questione;

   se sia a conoscenza della situazione relativa all'equipaggiamento per il servizio di volante di cui in premessa e come si intenda risolvere l'eventuale criticità;

   in relazione alla situazione di sottorganico, quali iniziative si intendano eventualmente assumere per assegnare un maggior numero di agenti di polizia al territorio di Imola e del suo circondario;

   se sia previsto in tempi brevi il rinnovo delle piante organiche e se sia in previsione una revisione dei criteri per l'assegnazione degli agenti sui territori in relazione alle specifiche tematiche evidenziate in premessa.
(4-00137)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata della Festa di Liberazione, il 25 aprile, alcune decine di militanti della comunità militante nazionalsocialista dei «Dodici Raggi», si sono presentati al cimitero Belforte di Varese per rendere omaggio ai caduti nazifascisti della Repubblica di Salò;

   secondo quanto riportato anche da alcuni organi di stampa si è trattata di una manifestazione in pieno stile nazifascista, con tanto di saluto romano e rito del «Presente!» da parte degli esponenti di un'organizzazione che già in passato è stata oggetto di operazioni delle forze dell'ordine e dell'antiterrorismo, coordinate dalla procura di Busto Arsizio;

   in precedenti episodi, avvenuti in altre città, tali manifestazioni giudicate dall'interrogante come revisioniste e provocatorie, sono state vietate dalle forze dell'ordine –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire il motivo per il quale il prefetto di Varese e le autorità di pubblica sicurezza della città non abbiano ritenuto doveroso vietare tale tipo di manifestazione, svoltasi nella ricorrenza del 25 aprile;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo, a seguito della manifestazione richiamata in premessa, considerato che all'interrogante la stessa appare come una chiara provocazione neofascista avvenuta in aperta violazione della Costituzione della Repubblica italiana.
(4-00139)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sicurezza non accenna ad attenuarsi nell'Erbese, come stanno dimostrando nuovi, ulteriori, sconcertanti fatti di cronaca;

   nella sera di venerdì 20 aprile 2018, ad esempio, la polizia locale di Erba, allertata da alcuni residenti, è intervenuta in via Meucci, sequestrando una Volvo V 40 nera che appariva sospetta, rinvenendovi cocaina ed attrezzi da scasso;

   secondo quanto riportato dalla stampa locale, del veicolo è risultato proprietario un rumeno con numerosi precedenti per furto, al quale erano inoltre intestate altre 349 vetture, circostanza che induce a ritenere la presenza nell'erbese di una potente ed estesa organizzazione criminale;

   stando all'edizione de Il Giornale di Erba pubblicata il 28 aprile, nel vicino comune di Inverigo, invece, una coppia di malviventi ha tentato un colpo in via San Giovanni Bosco, desistendo soltanto perché disturbati dall'innesco di un allarme. I due venivano anche ripresi dai sistemi di videosorveglianza ed un video che li ritrae è stato addirittura posto on line;

   nello stesso giorno, il Giornale di Erba rendeva noto il furto di un mazzo di chiavi avvenuto sempre ad Inverigo nel corso del funerale di un anziano 77enne, cui aveva fatto seguito l'effrazione del suo appartamento in via Vittorio Veneto;

   questi eventi si sono verificati successivamente ad altri occorsi nei giorni precedenti, sempre nell'erbese, oggetto di altri atti di sindacato ispettivo –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata in tutto l'Erbese;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella provincia comasca, in particolare potenziando la caserma dei carabinieri di Erba con nuovi uomini, mezzi e strumentazione, unitamente alle altre caserme dell'Arma della zona interessata dai furti citati in premessa.
(4-00140)


   GIACOMETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città» (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48) ha disciplinato, anche in attuazione dell'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, le modalità e gli strumenti di coordinamento tra Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali in materia di politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata;

   l'articolo 5 del citato decreto prevede la possibilità per i comuni di installare moderni sistemi di videosorveglianza da utilizzare per le finalità di cui al comma 2 dello stesso articolo 5, l'installazione di tali apparecchiature consente altresì ai comuni di essere ammessi ai finanziamenti previsti, previa sottoscrizione di un «patto per la sicurezza» con la prefettura;

   con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità di presentazione delle richieste da parte dei comuni interessati nonché i criteri di ripartizione delle risorse di cui al comma 2-ter dell'articolo 5, sulla base delle medesime richieste;

   il decreto ministeriale 31 gennaio 2018 recante «Definizione delle modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative risorse» ha definito non solo le modalità di presentazione delle domande al fine dell'ammissione ai finanziamenti ma anche i criteri per l'attribuzione degli stessi;

   nell'ambito di tali criteri è previsto esplicitamente, all'articolo 6 del citato decreto ministeriale, che a parità di punteggio hanno titolo di preferenza, nell'ordine:

    a) i comuni nei confronti dei quali è stato dichiarato il dissesto, ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 244 e seguenti del «decreto legislativo n. 267 del 2000»;

    b) i comuni che negli ultimi 10 anni sono stati destinatari di provvedimento di scioglimento dei consigli comunali, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;

    c) le richieste di finanziamento che presentano il livello di progettazione più elevato;

    d) in caso di ulteriore parità, sarà data priorità all'ordine di arrivo delle richieste alla prefettura-Utg territorialmente competente. A tal fine sono prese in considerazione la data e l'ora di presentazione delle richieste;

   il criterio secondo cui viene data priorità ai comuni in stato di dissesto e che abbiano subito lo scioglimento per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso non appare assolutamente idoneo ad incentivare la diffusione di una cultura della legalità;

   è invece necessario introdurre criteri idonei ad incentivare situazioni di efficienza e qualità, favorendo i comuni che meglio sono riusciti, negli anni, ad impegnare le proprie risorse finanziarie e, soprattutto, non sono stati oggetto di infiltrazioni criminose negli organi di governo degli stessi;

   la stessa Unione nazionale comuni e comunità enti montani (delegazione piemontese) – Uncem si è espressa in tal senso con nota del 26 aprile 2018;

   se, a fronte di quanto sopra descritto, si intenda modificare il testo del citato decreto ministeriale 31 gennaio 2018 recante «Definizione delle modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative risorse», introducendo criteri di premialità a favore dei comuni finanziariamente virtuosi ed eliminando, di contro, il criterio della precedenza per i comuni in dissesto economico e colpiti da infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso.
(4-00148)


   SILVESTRONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cosiddetta «riforma Delrio», approvata con la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha previsto un ampio svuotamento di funzioni e competenze delle province, in coordinamento con la riforma costituzionale che prevedeva la cancellazione di tali enti, poi «bocciata» con il referendum del 4 dicembre 2016 e mai entrata in vigore;

   tale riforma, a parere dell'interrogante inefficace, confusa e raffazzonata, ha avuto quale unico effetto quello di svuotare le provincie delle proprie funzioni;

   inoltre, il trasferimento alle regioni delle competenze sottratte alle province dalla «legge Delrio» (caccia e pesca, acque, trasporto rifiuti oltre frontiera, autonomie e altro) ha visto risultati del tutto difformi da regione a regione: in quelle virtuose il trasferimento è completato, ma in molte altre il trasferimento è ancora in corso, con la conseguenza che alcune province si trovano a dover ancora svolgere funzioni che non dovrebbero essere più di loro competenza e senza avere più a disposizione i fondi necessari;

   particolarmente disastrosa è la situazione della città metropolitana di Roma Capitale, dove quello che l'interrogante giudica il costante assenteismo e immobilismo del sindaco sta creando seri problemi al normale funzionamento dell'ente;

   la mancanza anche della figura del vice sindaco metropolitano, ruolo vacante ormai da oltre cinque mesi dopo la revoca del sindaco uscente di Pomezia per motivi interni al suo partito politico di appartenenza, sta lasciando, di fatto, l'ente metropolitano di Roma Capitale privo di indirizzo politico, limitando fortemente il ruolo del consiglio e impedendo l'attuazione delle norme statutarie e lo svolgimento delle funzioni proprie e dei connessi servizi ai cittadini, in particolare quelli riguardanti le scuole e le strade;

   rispetto a queste ultime, infatti, si sta determinando una situazione di vera e propria emergenza a causa dell'impossibilità, per l'ente, di svolgere le attività di ordinaria manutenzione della rete stradale, creando un vero e proprio caso di «sicurezza stradale» sui duemila chilometri di strade di competenza, da tempo denunciato ma sempre rimasto inascoltato;

   il sindaco di Roma Capitale, inoltre, non ha ad oggi ancora formulato la necessaria proposta per attuare l'indispensabile articolazione del territorio provinciale in zone omogenee, ai sensi del comma 1 dell'articolo 57 della legge n. 56 del 2014 e dell'articolo 28 dello statuto dell'ente –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per superare le criticità delle province e delle città metropolitane, a partire da quelle della città metropolitana di Roma Capitale, anche attraverso la convocazione di un tavolo istituzionale con i soggetti interessati per affrontare le emergenze sopra esposte, al fine di pervenire, in una prospettiva temporale più lunga, a una revisione della legge n. 56 del 2014.
(4-00150)


   DE MARTINI, ZOFFILI e RAFFAELE VOLPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 1995 il XIII reparto mobile della polizia di Stato è stato assegnato alla caserma «Carlo Alberto» di Cagliari, struttura che, nonostante i milioni di euro che si stanno spendendo per la ristrutturazione, non ha le caratteristiche logistiche idonee per ospitarlo. La caserma, costruzione di fine ’700 di assoluto pregio architettonico, storico e culturale, nulla ha a che fare con le esigenze di una caserma operativa della polizia di Stato. È inconcepibile far albergare la sede amministrativa del reparto mobile in metà corridoio di un secondo piano, senza la possibilità di effettuare lo stoccaggio dei materiali (dalle divise agli armamenti) per la mancanza di locali idonei, in quanto per la maggior parte inagibili. Lo stato dei parcheggi versa nel caos, le condizioni di bagni e docce e degli spogliatoi sono inaccettabili, gli armadietti sono ammassati al punto di non consentire il passaggio, gli intonaci versano in rovina;

   il dipartimento della pubblica sicurezza, all'apertura della caserma, prevedeva una forza di circa 250 uomini a fronte degli attuali 150, organico che negli anni non è mai stato integrato per la mancanza degli alloggi previsti;

   negli anni si è venuto a creare, inoltre, un sovraffollamento di uffici, tutti inseriti nella medesima caserma, che eliminano a priori infrastrutture tipiche quali autorimesse, distributori di carburante, autolavaggi, officine, piazzali, sale benessere, sala televisione, biblioteca, idonea palestra, idonea armeria, idonei magazzini, idonei spogliatoi con bagni e sale doccia, zona lavanderia, luoghi per l'attività sportiva come campi da calcio, calcetto, tennis od altro;

   malgrado le continue segnalazioni alle autorità di pubblica sicurezza della provincia ed alle sedi dipartimentali sono sempre arrivate solo rassicurazioni per soluzioni meramente formali, cui non ha fatto seguito alcun segnale concreto. L'amministrazione locale si è adoperata con vari tentativi ed un effettivo impegno è stato profuso negli anni, ma il tutto si è sempre scontrato con la corazza delle mura ministeriali;

   l'attuale sede del XIII reparto mobile, cui oltretutto si accede solo da due sensi unici alternati, facilmente bloccabili in caso di emergenza ad opera di eventuali malintenzionati, è totalmente inadeguata, per cui il suo spostamento è prioritario quanto urgente. Nel capoluogo e nei dintorni esistono numerose caserme ed uffici pubblici non (o poco) utilizzati dalle forze armate, da altre forze di polizia ed altri enti, ove potrebbe utilmente essere attestato il reparto; inoltre vi sono numerose strutture che, ripristinate, potrebbero risultare idonee ed a basso costo;

   il progetto di trasferimento non sarebbe neanche troppo dispendioso. Basta infatti analizzare la spesa relativa all'ultima ristrutturazione dell'attuale caserma, terminata a dicembre 2014, pari a 4,7 milioni di euro, per rendersi conto di quante risorse vengano ogni giorno sprecate in opere dalle prospettive miopi, e sono ancora in corso periodici, indispensabili e dispendiosi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria;

   il trasferimento del reparto mobile consentirebbe anche agli altri sei uffici della polizia di Stato residenti nel resto della caserma Carlo Alberto di uscire, a loro volta, dalla sofferenza logistica da tutti patita, per scarsità di spazi –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative urgenti volte al trasferimento del reparto mobile della polizia di Cagliari, che in ogni capoluogo di regione rappresenta istituzionalmente un punto di riferimento per l'ordine e la sicurezza pubblica, superando le gravi insufficienze che si ripercuotono sul personale e sulla cittadinanza;

   se non sia opportuno promuovere, per quanto di competenza, l'assegnazione di un'area demaniale, messa a disposizione dalla regione Sardegna o dal comune, dove costruire una caserma più moderna, energeticamente autosufficiente e ricca di servizi per i poliziotti, dotata di tutte le infrastrutture per gli addetti ai lavori, di uffici, parcheggi, spazi famiglia ed asili nido.
(4-00154)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle celebrazioni per la Festa della Liberazione, l'amministrazione comunale di Cascina (Pisa) ha organizzato per il 27 aprile 2018 l'iniziativa pubblica «1944 – Quando Passò il Fronte...». L'iniziativa è promossa insieme all'associazione «Ultimo Fronte 1945»;

   tale iniziativa sta producendo nell'opinione pubblica sconcerto e polemiche, dato che l'evento prevede anche una parata di mezzi e figuranti di reparti delle SS. L'Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi) ha preso ufficialmente le distanze dall'iniziativa;

   nel corso del 1943-1944 il territorio della Toscana e della provincia di Pisa fu teatro, oltre che di eventi bellici drammatici, anche di efferate stragi di civili compiute proprio dalle truppe naziste e dalle forze fasciste, il cui ricordo è ancora ben vivo nei cittadini di quelle realtà;

   da quanto emerge – per la verità ben poco – dal sito web dell'associazione che curerà la parata di mezzi e di persone in divisa germanica per le vie della cittadina, non si comprende quale sia il carattere storico-scientifico dell'iniziativa, anche perché, i soli richiami presenti, sono relativi a reparti delle SS naziste responsabili di atroci stragi sul territorio nazionale oltre che l'invito a leggere l'autobiografia della guardia del corpo di Adolf Hitler, che fino alla sua scomparsa, nel 2013, si è detto orgoglioso di essere stato per anni al fianco del Führer;

   a parere dell'interrogante è ancora più evidente il rischio che istituzioni locali, contravvenendo ai dettami della Costituzione, con tali iniziative, diano spazio a richiami nostalgici e revisionisti di pagine della storia contemporanea del nostro Paese –:

   quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti riportati in premessa, avvenuti in occasione della Festa della Liberazione dal nazifascismo, e se e quali iniziative di competenza abbia pensato di assumere attraverso il prefetto di Pisa;

   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per monitorare in futuro eventi e associazioni come quelli di cui in premessa, anche in considerazione dei costi per la collettività di simili manifestazioni.
(4-00157)


   DONZELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 21 aprile 2018 i mezzi di informazione hanno riportato la notizia di un blitz antidroga delle forze dell'ordine a Poggio a Caiano, in provincia di Prato, in località Candeli, all'interno di uno stabile abbandonato;

   grazie anche alla presenza del cane antidroga del Nucleo cinofili di Firenze, «Batman», come riporta il quotidiano, il Tirreno nell'articolo online «Al momento dell'accesso all'interno del fabbricato, i Carabinieri hanno trovato a dormire tre ventenni, di nazionalità marocchina, tutti pregiudicati e tutti irregolari sul territorio nazionale. I giovani occupavano lo stabile con letti improvvisati e vi custodivano i propri effetti personali. I tre sono stati sorpresi dai carabinieri mentre dormivano. Nel corso della perquisizione personale e dei locali sono stati trovati e sequestrati 850 euro in contanti, bilancini di precisione e materiale vario per il confezionamento delle dosi. Grazie al fiuto del cane Batman, in diversi anfratti della struttura fatiscente sono stati trovati altri 75 grammi di hashish e 26 grammi di cocaina in parte già suddivisa in dosi. I tre ventenni sono stati arrestati per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e denunciati per invasione di edifici ed ingresso e soggiorno illegale nel territorio nazionale»;

   lo stesso sabato 21 aprile, il giudice per le indagini preliminari, Daniela Migliorati, ha accolto le contestazioni della difesa e ha rimesso in libertà i tre clandestini pregiudicati arrestati nel blitz, e ha riconsegnato loro anche il denaro sequestrato –:

   se quanto riportato dalla stampa corrisponda al vero;

   se i tre soggetti in questione siano stati riaccompagnati in Marocco;

   per quale motivo, se tali soggetti erano clandestini e pregiudicati, si trovassero ancora sul territorio italiano e non fossero stati espulsi;

   quali siano i dati relativi ai procedimenti per convalida di arresto del Tribunale di Prato, se essi siano in linea con quelli degli altri tribunali toscani o se si riscontrino anomalie statistiche rilevanti.
(4-00161)


   COVOLO, RACCHELLA e PRETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   giorni fa a Vicenza, precisamente a Campo Marzo, una pattuglia di militari dell'esercito è stata accerchiata da un gruppo di extracomunitari che ha aggredito i soldati per impedire loro di identificare uno straniero connazionale, sorpreso a bere alcolici in un'area verde davanti alla stazione;

   i militari hanno prontamente chiesto l'intervento di una volante della polizia;

   durante la fuga del gruppo di aggressori, è stato fermato, insieme ad altri, un nigeriano di 23 anni, poi arrestato e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale;

   precedentemente, nell'ottobre 2017, lo stesso nigeriano, allora richiedente asilo, era già stato sorpreso, sempre a Campo Marzo, con droga e refurtiva proprio nel giorno dell'esordio dell'operazione «Strade sicure» che vede da allora impegnati i soldati dell'esercito nel presidiare un'area della città particolarmente soggetta a degrado e microcriminalità;

   il nigeriano, in quella occasione, era stato arrestato e poi condannato a un anno di reclusione per spaccio di sostanze stupefacenti, nonché al pagamento di una multa di due mila euro e con la condizionale, era tornato poi subito in libertà;

   ha suscitato scalpore, quindi, la notizia di questi giorni che, nonostante l'arresto con successiva condanna e una denuncia ora a suo carico, a meno di una settimana dall'aggressione alla pattuglia dell'esercito a Campo Marzo, allo stesso nigeriano un giudice abbia quindi riconosciuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 286 del 1998, accogliendone il ricorso, dopo che la domanda di asilo era già stata respinta dalla commissione territoriale competente al suo esame;

   inoltre, l'ufficio immigrazione della questura aveva già provato a rimpatriare lo straniero di nazionalità nigeriana, ora denunciato per resistenza a pubblico ufficiale, ma il suo status lo avrebbe reso, nelle more del ricorso, temporaneamente inespellibile;

   la protezione umanitaria non è imposta da obblighi internazionali, né dalla necessità di dare adempimento a un principio costituzionale, ma è una forma di protezione introdotta dal legislatore italiano e prevista all'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, qualora ricorrano «seri motivi di carattere umanitario» a carico del richiedente asilo;

   l'esame della domanda di asilo del cittadino nigeriano in questione, già condannato e successivamente ancora denunciato, era precedentemente stata esaminata dalla commissione territoriale competente per legge, la quale non aveva ravvisato, nel caso in esame, che vi fossero, appunto, elementi tali da configurare la fattispecie di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998;

   è di tutta evidenza che quanto accaduto a Campo Marzo pochi giorni fa è l'ennesimo fatto di cronaca che attesta il grave degrado in cui versa ormai il parco cittadino vicentino per la presenza di decine di immigrati, dediti ad attività illegali e contrarie alla legge;

   è del tutto inammissibile, per di più, premiare coloro che commettono reati, riconoscendo agli stessi particolari forme di accoglienza o di protezione, stante l'evidente e totale mancanza di volontà da parte sempre degli stessi stranieri di rispettare le regole del nostro Paese –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa che ha visto riconosciuto al cittadino nigeriano, nonostante sia stato precedentemente condannato e ad oggi denunciato per l'aggressione a Campo Marzo, un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

   quali iniziative di competenza si intendano, assumere per assicurare il diniego o la revoca del permesso di soggiorno in casi come quello di cui in premessa, assicurando l'immediata espulsione e il rimpatrio nel Paese di origine degli immigrati che si rendono responsabili di tali condotte.
(4-00162)


   MORRONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da articoli di cronaca locale, sempre più frequenti, emerge un bilancio allarmante sulla situazione che riguarda la sicurezza nel comune di Santarcangelo di Romagna, con un aumento record di episodi criminosi, reati predatori e furti nelle abitazioni, aziende ed esercizi commerciali che sarebbero più che raddoppiati negli ultimi dieci anni, tanto da determinare una crescente paura tra cittadini e residenti;

   appare evidente come tutte le iniziative assunte sino ad oggi dall'amministrazione comunale di Santarcangelo risultino quantomeno insufficienti se non addirittura inefficaci per contrastare e prevenire in maniera adeguata e capillare il fenomeno dilagante della criminalità organizzata e l’escalation incontrollata di reati predatori;

   emerge quindi la necessità di assumere azioni con carattere di urgenza per dare una risposta concreta alla richiesta di maggiore sicurezza dei cittadini di Santarcangelo di Romagna;

   l'organico a disposizione delle forze dell'ordine risulta attualmente insufficiente per rispondere con efficacia alle esigenze del territorio dal punto di vista della sicurezza e del contrasto al fenomeno dei furti e dei reati contro il patrimonio;

   si è manifestata, negli ultimi mesi, la crescente richiesta – da parte dei cittadini – di dotare il comune di Santarcangelo di Romagna di una Tenenza dei Carabinieri per incrementare il numero degli agenti e rispondere, in maniera più efficace, alle esigenze del territorio –:

   se il Governo, valutato il bilancio allarmante sulla situazione che riguarda la sicurezza nel comune di Santarcangelo di Romagna, intenda accogliere l'istanza dei cittadini e dei commercianti della zona e dotare il comprensorio comunale di una tenenza dei Carabinieri;

   quali altre iniziative di competenza il Governo intenda adottare per rispondere con efficacia e urgenza all'aumento record di episodi criminosi, reati predatori e furti che da mesi stanno colpendo il comune di Santarcangelo di Romagna.
(4-00167)


   MOLTENI, ZOFFILI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la pressione della criminalità è in costante aumento in tutta la provincia comasca, come prova la circostanza che ormai non passa giorno senza che la stampa locale dia notizia di nuovi episodi;

   nella sua edizione del 3 maggio 2018, ad esempio, il quotidiano La Provincia ha dato notizia di un furto verificatosi in una villetta a schiera situata a Faloppio nella notte tra il 30 aprile ed il 1° maggio 2018, ai danni di una famiglia i cui componenti dormivano mentre aveva luogo l'effrazione;

   sparivano in seguito all'effrazione due borse, successivamente ritrovate, circostanza che ha almeno permesso ai derubati di recuperare i propri documenti;

   nella stessa edizione de La Provincia venivano descritti altri episodi verificatisi contemporaneamente venerdì 27 aprile a cavallo tra il paese di Caslino e Cadorago centro;

   in un caso, a via Michelangelo, il tentativo di effrazione si risolveva in un fiasco per i ladri grazie alla presenza di un efficace allarme antifurto, ma nel secondo, verificatosi a via Alfieri, i malviventi riuscivano invece a realizzare un ingente bottino, lasciando l'abitazione completamente a soqquadro;

   i ladri operano forzando le persiane e poi infrangendo i vetri per poter accedere all'interno delle abitazioni, forse anche narcotizzando i cani a guardia delle proprietà. A via Alfieri, allo scopo di agevolare la propria fuga, i ladri hanno anche manomesso le serrature, con l'effetto paradossale di impedire l'accesso dei proprietari alla loro abitazione;

   a segnalare gli episodi sono spesso i «controlli di vicinato» cui i residenti esasperati hanno dato vita –:

   alla luce dei gravi episodi generalizzati in premessa e del forte allarme che sta diffondendosi tra i residenti, se il Governo non ritenga opportuno inviare nella provincia comasca adeguati rinforzi in uomini e mezzi da destinare ai locali distaccamenti delle forze dell'ordine, allo scopo di arginare la pressione crescente della criminalità e garantire la sicurezza delle persone e della proprietà privata.
(4-00168)


   MOLTENI, ZOFFILI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Capiago Intimiano la pressione della criminalità è in costante aumento, come prova la circostanza che ormai non passa giorno senza che la stampa locale dia notizia di nuovi episodi;

   nella sua edizione del 3 maggio 2018, ad esempio, il quotidiano La Provincia ha dato notizia di due fatti verificatisi nella stessa notte, nella zona di via Fiume, presumibilmente nelle prime ore del 2;

   attorno alle 3,30 del mattino, il ristorante «Da Rosa» è stata bersaglio di un tentativo di scasso, comprovato dai dati registrati dal sistema di allarme interno;

   pressoché contemporaneamente, è fallito anche un tentativo di effrazione compiuto ai danni di un appartamento privato situato di fronte al medesimo esercizio commerciale;

   in quest'ultimo caso, i residenti sono stati svegliati dal rumore generato dal tonfo di un uomo, il probabile ladro, precipitato da un pluviale e quindi datosi alla fuga;

   a Capiago, i ladri entrano in azione con il buio e hanno apparentemente cambiato strategia con l'arrivo dell'ora legale, che li ha indotti a spostare in avanti il momento in cui delinquere, dalle prime ore successive al tramonto alla notte fonda;

   un forte senso d'insicurezza si è impadronito della cittadinanza, alle prese con il costante pericolo di trovarsi estranei malintenzionati in casa o nei propri esercizi commerciali nel cuore della notte;

   per fronteggiare l'emergenza, a Capiago Intimiano si è provveduto ad acquistare ed installare delle telecamere, senza tuttavia ottenere alcun miglioramento, mentre il comune ha bandito un concorso per il reclutamento di un terzo agente di polizia locale, da arruolare nel corpo intercomunale di polizia locale Briantea;

   è però opinione diffusa tra gli abitanti di Capiago Intimiano che occorra assolutamente una maggiore presenza delle forze dell'ordine;

   la situazione è già stata rappresentata in altri atti di sindacato ispettivo –:

   alla luce dei gravi episodi generalizzati in premessa e del forte allarme che sta diffondendosi tra i residenti, se il Governo non ritenga opportuno inviare a Capiago Intimiano e in tutto il Canturino rinforzi straordinari in uomini e mezzi da destinare ai locali distaccamenti delle forze dell'ordine, allo scopo di arginare la pressione crescente della criminalità e garantire la sicurezza delle persone e della proprietà privata.
(4-00169)


   ZICCHIERI, SALTAMARTINI e DE ANGELIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera di giunta n. 71 del 6 aprile 2018, l'amministrazione comunale di Frascati ha deciso di aderire al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e di approvare il relativo progetto di accoglienza da presentare al Ministero dell'interno, al fine di accedere ai contributi dallo stesso stanziati;

   pochi giorni fa, quindi, in commissione «Agenda digitale, Stato civile, Coesione Sociale, Servizi per la Salute, Innovazione tecnologica, Diritti Civili, Accoglienza ed Integrazione, Pari Opportunità e Smart City» del comune di Frascati sono state presentate le linee guida per l'adesione allo Sprar, decisa appunto con la delibera della giunta sopra indicata;

   secondo quanto riportato dal comunicato stampa dell'amministrazione comunale, la scelta di aderire allo Sprar, qualora il Ministero approvasse il progetto, sarebbe finalizzata a far valere la cosiddetta «clausola di salvaguardia», prevista dalla direttiva del Ministero dell'interno dell'11 ottobre 2016;

   tale clausola, difatti permette ai comuni che aderiscono allo Sprar con in carico un numero di richiedenti asilo pari a quello indicato dal Ministero dell'interno in esecuzione dell'accordo tra Anci e Ministero sottoscritto alla fine del 2016, di poter essere esenti da ulteriori forme di accoglienza, in particolare dall'attivazione dei centri di accoglienza straordinaria (Cas) per iniziativa delle prefetture locali;

   secondo il piano nazionale di ripartizione, Frascati dovrebbe ospitare, dunque, un massimo di 81 immigrati;

   a Frascati è già presente un centro di accoglienza straordinaria (Cas) che attualmente ospita 50 migranti;

   pertanto, in esecuzione del piano nazionale, contestualmente all'attivazione del progetto Sprar il centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Frascati dovrebbe essere immediatamente chiuso, al fine di non superare il numero massimo di stranieri assegnato dal suddetto piano –:

   quanti siano complessivamente i richiedenti asilo o i titolari di protezione internazionale o umanitaria ospitati nel comune di Frascati, quale sia la loro nazionalità e a che punto sia l’iter di esame della loro domanda, qualora non sia stata ancora esaminata;

   se il Ministro interrogato abbia notizia di quanto sopra riportato e se il comune di Frascati abbia già presentato il relativo progetto di accoglienza nell'ambito dello Sprar;

   quali siano le modalità e la tempistica con le quali il Ministro intenda procedere al fine di chiudere l'attuale centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Frascati e di collocare in altri comuni i richiedenti asilo attualmente ivi ospitati in attuazione dell'accordo sottoscritto con l'Anci nel 2016.
(4-00171)


   LOCATELLI, MOLTENI, ZOFFILI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, ai giardini a lago di Como, in via Corridoni, intorno alle ore 14,20 di martedì 13 febbraio 2018 è scoppiata una violenta rissa tra cittadini extracomunitari originari del Gambia;

   sempre stando alle notizie pubblicate sui quotidiani, per sedare la rissa sono intervenuti i carabinieri di Como che hanno fermato due giovani;

   episodi come quello descritto si ripetono quotidianamente in tutto il Paese. Si tratta di un vero e proprio allarme sociale anche per i rischi connessi all'incolumità dei cittadini e per le difficoltà degli amministratori locali di riuscire a garantire l'ordine pubblico e la sicurezza;

   le politiche in tema di immigrazione e asilo hanno rilevanti implicazioni sul contesto sociale e sul governo del territorio e sono strettamente connesse all'interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, che sono associati alla protezione di altri beni pubblici di rilievo costituzionale;

   la materia concernente l'ingresso e la permanenza dello straniero nello Stato, a qualsiasi titolo, necessita non solo di una disciplina rigorosa, ma anche di un costante controllo sul rispetto della normativa e di un'attenta ponderazione anche per gli effetti a lungo termine delle politiche adottate;

   la portata, l'impatto e il preoccupante incremento del fenomeno migratorio richiedono l'adozione di misure complesse e costanti nel tempo;

   è necessario mantenere una visione obiettiva dello stesso, impegnandosi, sia nella difesa dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, che nell'incentivare e nel rafforzare la collaborazione con gli altri Paesi in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina e del traffico degli esseri umani –:

   quali iniziative urgenti, anche normative, intenda promuovere il Ministro interrogato per contrastare i fattori di rischio per la sicurezza e l'ordine pubblico connessi alla massiccia presenza di cittadini extracomunitari.
(4-00172)


   ALESSANDRO PAGANO, MACCANTI, BENVENUTO e CAFFARATTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'atto col quale il sindaco di Torino, dottoressa Chiara Appendino, ha registrato all'anagrafe della sua città un bambino nato in Italia come figlio di una coppia costituita da due donne si pone, secondo gli interroganti, in grave contrasto con la legge;

   è ben noto, infatti, che la tenuta dei registri dello stato civile è obbligatoriamente prevista a carico del comune: ma il sindaco è chiamato a svolgere tale funzione non in quanto capo dell'amministrazione municipale, bensì quale ufficiale del governo. Non è un caso se le modalità di tenuta dei registri medesimi non varino da comune a comune ma siano disciplinate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale: i registri devono essere tenuti in doppio originale e devono essere conformi a quanto previsto da un decreto del Ministro dell'interno

   gli atti iscritti o trascritti nei registri comunali sono atti pubblici ai sensi dell'articolo 2699 del codice civile, in quanto redatti da pubblico ufficiale a ciò autorizzato, quale è appunto l'ufficiale dello stato civile, e fanno fede fino a querela di falso, mentre quanto dichiarato dai comparenti fa fede fino a prova contraria;

   questo spiega perché i registri dello stato civile, il loro contenuto, le modalità e i limiti di iscrizione e di trascrizione non dipendano dall'arbitrio del sindaco, ma da una legge dello Stato, che il sindaco ha l'obbligo di applicare. La dottoressa Appendino risulta essere ben consapevole di ciò, e questo per gli interroganti è confermato dall'avere ella qualche giorno fa scritto di essere pronta a «forzare la mano» per consentire la registrazione di bambini come figli di qualsiasi cittadino torinese, a prescindere dalle caratteristiche della famiglia –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare il rispetto della legge nella materia in questione.
(4-00184)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIZZINI, MIGLIORINO, CUNIAL, MANIERO, SEGNERI e FLATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dai giornali locali il 17 aprile 2018 un docente di un istituto tecnico di Lucca è stato aggredito verbalmente e fisicamente da un alunno che pretendeva la sufficienza;

   dal video girato da alcuni compagni di classe e diffuso successivamente in rete si vede che l'alunno in questione, indossando un casco, si avventa contro il docente, cerca di strappargli di mano il tablet in cui il professore sta compilando il registro e lo insulta intimandogli persino di mettersi in ginocchio;

   il dirigente scolastico dell'istituto, vista la gravità del fatto, ha annunciato, sempre stando alle testate locali, di voler procedere con provvedimenti disciplinari nei confronti del ragazzo protagonista dell'episodio;

   secondo quanto riportato dai giornali locali sempre il 17 aprile 2018 un ragazzino che frequenta una scuola media lucchese avrebbe subito un vero e proprio agguato da parte di cinque coetanei, a seguito del quale ha subito una frattura al braccio;

   sembra che il giovane avesse preso le difese di un compagno a cui il gruppetto aveva appena rotto gli occhiali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda promuovere una verifica su quanto accaduto per accertare la presenza di fenomeni di bullismo all'interno delle due scuole.
(4-00089)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 27 febbraio 2018 è stato pubblicato un avviso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca «PON Ricerca e Innovazione 2014-2020» dedicato a nuove figure di ricercatori a tempo determinato denominato «Attrazione e mobilità dei ricercatori». L'avviso è rivolto alle università, le quali, se ammesse a progetto potranno procedere alla selezione dei ricercatori;

   l'avviso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il successivo eventuale bando delle università sembrerebbero escludere molti dottorandi. Pare infatti che all'avviso potranno partecipare solo coloro che hanno conseguito il titolo di dottore entro la fine di febbraio 2018, escludendo pertanto coloro che conseguiranno il titolo a fine maggio. Tale situazione, se confermata, potrebbe creare non poche difficoltà per i dottorandi esclusi che dovranno attendere verosimilmente il 2020 per un nuovo avviso;

   tale problema riguarderebbe i dottorandi del XXX° ciclo i quali potrebbero diventare dei veri e propri «esodati della ricerca». Verosimilmente i bandi delle università saranno pubblicati dopo l'estate e, secondo tali criteri, coloro che avranno conseguito il dottorato dopo febbraio non potranno partecipare, pur avendo gli stessi titoli di coloro che lo hanno conseguito prima di febbraio;

   l'articolo 1 dell'avviso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sembrerebbe inoltre essere sufficientemente chiaro prevedendo la partecipazione per coloro «in possesso del titolo di dottore di ricerca conseguito da non più di quattro anni alla data del presente avviso» e per coloro «in possesso del titolo di dottore di ricerca conseguito da non più di otto anni alla data del presente avviso». Nulla sembra essere specificato per coloro che conseguiranno il dottorato dopo il febbraio 2018. L'avviso dunque potrebbe anche essere interpretato nel senso di non escludere chi consegue il titolo dopo l'avviso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ma prima dell'emissione del bando da parte delle università;

   occorre a parere dell'interrogante un chiarimento tempestivo per evitare che molti dottorandi del XXX° ciclo siano esclusi dalla partecipazione a tale avviso, eventualmente decidendo di conseguenza di fare ricerca all'estero per evitare di attendere il 2020 per un nuovo avviso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;

   stante l'attuale stesura dell'avviso di cui in premessa, quali siano i soggetti titolati a partecipare ai bandi delle università legati all'avviso di cui in premessa;

   se trovi conferma che l'avviso di cui in premessa, nella sua attuale formulazione, comporterà l'impossibilità di partecipare ai bandi per coloro che conseguiranno il dottorato dopo il febbraio 2018;

   quali iniziative si intendano eventualmente assumere per risolvere le criticità di cui in premessa e consentire la partecipazione ai bandi in questione a tutti i dottorandi del XXX° ciclo.
(4-00144)


   SEGNERI, ILARIA FONTANA e FRUSONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la M.A.C.A. s.r.l. in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di impresa tra MACA s.r.l., Servizi Generali s.r.l. e Smeraldo s.r.l. a seguito di gara europea, è risultata aggiudicataria e affidataria del lotto 5 (provincia di Frosinone e Latina) della convenzione Consip ID 201, avente ad oggetto «Servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per gli Istituti Scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della Pubblica Amministrazione»;

   la convenzione con annesso capitolato di condizioni generali, è stata sottoscritta in data 9 dicembre 2013; il termine ultimo per la proroga – che si conferma fino alla data di effettiva attivazione del contratto-quadro stipulato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nelle more dell'espletamento delle procedure di gara, da completarsi entro l'inizio dell'anno scolastico 2018/2019 – è al 30 giugno 2019;

   nell'ambito della convenzione è prevista l'adesione «obbligatoria» dei singoli istituti scolastici, ricadenti nell'ambito territoriale del lotto 5, da attuarsi con la sottoscrizione di specifici contratti attuativi ovvero ordinativi principali di forniture;

   con nota n. 34307 del 30 novembre 2017, la Consip Spa ha risolto la convenzione a causa «delle gravi e ripetute inadempienze in materia di gestione del personale e nell'esecuzione degli obblighi contrattuali da parte dell'impresa capo gruppo del raggruppamento temporaneo di impresa aggiudicataria MACA srl»;

   i lavoratori denunciano paghe non corrisposte da mesi, addirittura da luglio 2017. Nonostante ciò, per senso del dovere hanno continuato a garantire la pulizia delle scuole;

   a seguito delle numerose iniziative promosse dalle organizzazioni sindacali e dai lavoratori e, in particolare, dopo la manifestazione del 23 marzo 2018 a Frosinone, presso l'ufficio scolastico territoriale, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è intervenuto affermando che «ricorrono tutte le condizioni per dar luogo ai pagamenti in surroga in favore dei lavoratori medesimi delle somme indicate nelle comunicazioni inviate dal competente Ispettorato Territoriale del lavoro», predisponendo così la procedura di richiesta per i finanziamenti integrativi per gli istituti scolastici ricompresi nel lotto 5;

   secondo quanto appreso attraverso il monitoraggio svolto dal dottor Malandrucco dell'ufficio scolastico territoriale di Frosinone, diversi dirigenti dei 59 presenti nella provincia di Frosinone, non hanno ancora provveduto ai pagamenti in surroga dei lavoratori;

   a quanto consta agli interroganti sono otto i dirigenti che, ad oggi, confermano di non voler procedere ai pagamenti –:

   se sia a conoscenza degli ultimi fatti succitati;

   se non ritenga urgente assumere le iniziative di competenza nei confronti dei dirigenti scolastici che manifestano l'indisponibilità ai pagamenti in surroga, in modo da sbloccare tale incresciosa situazione;

   quali siano i tempi per la nuova gara d'appalto.
(4-00176)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2011, nel pieno delle politiche di spending review, venne varato dal Governo Monti il cosiddetto «decreto Salva Italia» che, tra le diverse proposte di risparmi di denaro pubblico, contemplava la possibilità da parte dell'Inps di erogare ai dipendenti pubblici il Tfr (trattamento di fine rapporto) a distanza di diverso tempo rispetto alla fine del rapporto di lavoro;

   la norma, nata appunto in un momento di crisi economica molto forte per il nostro Paese, prevedeva un tempo di 24 mesi (spesso anche oltrepassati) per erogare la cosiddetta liquidazione nel settore pubblico, mentre nel settore privato la stessa deve essere erogata tra i 30 e 40 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro;

   tale provvedimento è stato inizialmente accolto con positività, nonostante l'evidente penalizzazione, ma ora, a distanza di 7 anni dal «Salva Italia», i dipendenti pubblici non vedono più quella necessità e urgenza e pretendono quindi la revisione della norma, al fine di poter accedere immediatamente al proprio Tfr;

   negli ultimi mesi sono state intentate diverse cause da parte dei sindacati; in particolare a marzo 2018 il tribunale di Roma, a seguito del ricorso di una dipendente del Ministero di giustizia, ha inviato le carte alla Consulta, sollevando la questione di legittimità costituzionale della norma del 2011 ancora in vigore;

   le motivazioni vanno ricercate sia nella fine dello stato di emergenza che ha reso necessaria la norma, sia soprattutto nella eccessiva penalizzazione dei dipendenti pubblici che, di fatto, vedono la propria liquidazione letteralmente «sequestrata» dall'ente di previdenza, entrandone in possesso a distanza di troppo tempo dalla fine del rapporto di lavoro;

   i sindacati sottolineano come la non immediatezza nella corresponsione del Tfr rischi di vanificarne la sua adeguatezza e sufficienza; inoltre, si palesa una violazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3, nonché dell'articolo 36 della Costituzione; alla luce di tali previsioni, allontanando nel tempo la liquidazione della somma, la stessa perde progressivamente la proporzione rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro prestato in ragione diretta del tempo trascorso e della conseguente erosione del potere di acquisto della moneta –:

   se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda assumere iniziative per procedere immediatamente alla revisione della normativa attualmente in vigore in materia di erogazione del trattamento di fine rapporto al personale del settore pubblico.
(5-00008)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA e SASSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con determinazione n. 135 del 13 ottobre 2016, l'Inps, in attuazione del piano di riassetto territoriale delle direzioni provinciali Inps di Cagliari, Sassari e Nuoro ha disposto la chiusura e la trasformazione in «Punto INPS» dell'agenzia di Isili, in provincia di Cagliari, in ragione di una maggiore efficacia, economicità e organizzazione delle risorse umane e logistiche dell'istituto previdenziale locale;

   in quell'occasione, il sindaco del comune di Isili aveva già manifestato il proprio timore in ordine al fatto che la suindicata trasformazione potesse abbassare il livello dei servizi resi alla popolazione, in particolare a quei cittadini che non posseggono gli strumenti necessari per l'accesso alla piattaforma telematica dell'istituto previdenziale, costringendoli a lunghi spostamenti per recarsi presso l'agenzia di Cagliari;

   recentemente, la Direzione centrale dell'Inps ha reso noto il proprio «Modello di presidio territoriale», il quale avrebbe «l'obiettivo di migliorare la qualità e l'efficienza del servizio, contemperando i processi di accentramento di talune attività produttive con il valore della prossimità fisica al cittadino-utente»;

   il suindicato modello ha così rimodulato i parametri e le condizioni alle quali ancorare la presenza di un'agenzia dell'istituto sul territorio di riferimento: a) popolazione residente non inferiore ai sessantamila abitanti; b) almeno dieci unità di personale in forza; c) percentuale di ipercopertura della popolazione residente non superiore al sessanta per cento;

   al fine di scongiurare l'avvio del processo di chiusura di un'agenzia, quest'ultima dovrebbe soddisfare almeno due su tre dei parametri suindicati;

   il Comitato provinciale dell'Inps di Cagliari e il Comitato regionale dell'Inps Sardegna hanno già manifestato la propria preoccupazione per l'attuazione in Sardegna del modello proposto, considerato che, con l'applicazione dei criteri suindicati, in ragione dei gravi problemi infrastrutturali e di spopolamento delle zone interne che affliggono la Sardegna, sarebbero avviati alla chiusura tutti i presidi esistenti, già ridimensionati pesantemente dalle precedenti riorganizzazioni;

   la presenza delle agenzie nell'isola è necessaria al fine di fronteggiare la richiesta della popolazione residente, la quale, diversamente, si vedrebbe costretta ad affrontare lunghi viaggi verso i maggiori centri dell'isola, senza che la rete infrastrutturale consenta in alcun modo rapidi spostamenti, essendo, tra le altre cose, la Sardegna l'unica regione italiana priva di autostrade e caratterizzata da una forte carenza infrastrutturale, in particolare nelle zone interessate dalla chiusura delle agenzie;

   i territori interessati dalla chiusura delle agenzie hanno subito negli ultimi anni il ridimensionamento di altri servizi essenziali alla popolazioni, quali il servizio sanitario e quello scolastico, ed è stato così incentivato il fenomeno dello spopolamento delle medesime aree, con gravi ripercussioni di ordine economico e sociale per l'intera isola –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché l'Inps riveda il proprio modello organizzativo, tenendo nella giusta considerazione le specifiche caratteristiche territoriali e demografiche della Sardegna, scongiurando così la chiusura delle agenzie interessate.
(4-00128)


   SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, ROTTA, GRIBAUDO e BRAGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale di Venezia, con sentenza n. 200 del 27 marzo 2018, ha riconosciuto ad una lavoratrice addetta alle mense scolastiche del comune di Spinea (Venezia) il conteggio da parte dell'Inps dell'anzianità contributiva anche per i 3 mesi di pausa forzata dovuta alla chiusura delle scuole;

   la conseguenza di questa sentenza è che la lavoratrice potrà recuperare dal 1999 e per ogni anno i 3 mesi di contribuzione utili all'anzianità contributiva;

   per i lavoratori in part time in ciclo verticale la via giudiziaria è risultata essere l'unica strada per vedersi riconosciuti i periodi di contribuzione, anche per quelli di non lavoro;

   l'Inps si oppone e, con una interpretazione restrittiva, penalizza i lavoratori che per decisione delle aziende sono costretti ad inattività, pur in presenza di un contratto di lavoro a tempo determinato;

   la sentenza del tribunale di Venezia non è un caso isolato, poiché la maggioranza delle sentenze hanno fino ad ora dato torto all'Inps, con il conseguente ricalcolo dell'anzianità contributiva dei lavoratori ricorrenti con contratto part time a ciclo verticale;

   la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8772 del 10 aprile 2018, ha ribadito il principio di non discriminazione nei trattamenti tra i lavoratori con contratto a tempo pieno e quelli con contratto in part time a ciclo verticale;

   in tutti i dispositivi acquisiti si richiama quanto stabilito nel 2010 dalla Corte di giustizia europea nella sentenza relativa ai procedimenti C-395/08 e C-396/08 affermando che la situazione previdenziale dei lavoratori a tempo parziale di tipo verticale risulta essere sfavorita rispetto a quella degli altri lavoratori a parità di contratto;

   tra l'altro, l'opposizione dell'Inps ha dei costi per la collettività che si aggiungono a quelli derivanti dalle sentenze;

   secondo stime sindacali i lavoratori interessati risulterebbero essere circa 150 mila –:

   quali iniziative il Governo intenda valutare al fine di rivedere in tempi brevi l'attuale disciplina per quanto concerne i profili previdenziali legati al part time in ciclo verticale nell'ambito di contratti a tempo indeterminato, ponendo fine all'enorme mole di contenziosi ed evitando i ricorsi dell'Inps sulla base di quello che appare agli interroganti una evidente fallace interpretazione restrittiva da parte dell'istituto previdenziale.
(4-00159)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da notizie di stampa, nella fabbrica Sacal Alluminio di Carisio, nel vercellese, un dipendente e rappresentante sindacale, responsabile della sicurezza dei lavoratori, è stato licenziato per aver denunciato le scarse misure di sicurezza in azienda, a seguito di un incidente;

   il lavoratore aveva anche indetto uno sciopero, a seguito dell'incidente occorso a un suo collega, per chiedere all'azienda maggiore attenzione sul tema e maggiori misure di sicurezza –:

   se sia a conoscenza dei fatti;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in relazione al caso del lavoratore licenziato di cui in premessa, considerato che il licenziamento pare all'interrogante configurarsi come punitivo e non rispettoso dell'attività sindacale che il medesimo lavoratore svolge e del ruolo dello stesso per la tutela della sicurezza dei suoi colleghi di lavoro.
(4-00160)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BILLI, GUIDESI e DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Commissione europea e il Messico, dopo quasi due anni di trattative, hanno raggiunto un nuovo accordo commerciale, che aggiorna quello entrato in vigore nel 2000. L'accordo, che farà parte di un accordo globale Unione europea-Messico più ampio e aggiornato, dovrebbe essere formalizzato entro la fine del 2018 per poi essere approvato da Parlamento e Consiglio dell'Unione europea;

   il nuovo accordo approfondirà e amplierà la portata dell'accordo commerciale esistente e introdurrà anche una serie di clausole che riguardano il rispetto degli obblighi imposti dall'accordo di Parigi sul clima per lo sviluppo sostenibile, l'apertura del mercato degli appalti pubblici e dei servizi, la protezione degli investimenti e la salvaguardia della proprietà intellettuale;

   l'accordo ha lo scopo di difendere il commercio equo e aperto, prevedendo la rimozione di ostacoli e dazi per gli scambi di merci, con la rimozione del 99 per cento dei dazi, delle tariffe e in generale delle barriere commerciali applicate ai prodotti provenienti dall'Unione europea, nonché il riconoscimento di 340 Igp europee (Indicazione geografica protetta) che dovrebbero essere tutelate da imitazioni e contraffazioni;

   sul fronte agroalimentare, il Messico rimuoverà le sue tariffe elevate sui principali prodotti alimentari dell'Unione europea come la pasta (attualmente soggetta a tariffe fino al 20 per cento, cioccolato e dolciumi (con tariffe superiori al 20 per cento), formaggi gorgonzola (fino al 20 per cento, mele e pesche in scatola (fino al 20 per cento), praticamente tutti i prodotti a base di carne di maiale (fino al 45 per cento) e di pollame di rilevanza economica (fino al 100 per cento);

   il Messico è il secondo partner commerciale in America Latina dopo il Brasile. Dal 2000, anno di entra in vigore della prima intesa commerciale bilaterale, l'interscambio tra l'Unione europea e il Messico è cresciuto, secondo i dati della Commissione europea, del 148 per cento);

   l'Italia nel 2017 ha importato prodotti agroalimentari dal Messico per 86 milioni di euro, mentre le esportazioni hanno determinato entrate per 103 milioni di euro; secondo gli ultimi dati di Coldiretti, di cui quasi 1/3 rappresentate dal vino (33 milioni di euro) che gode già del dazio zero, per effetto del precedente accordo tra l'Unione europea-Messico del 2000 –:

   quali e quanti degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell'Unione europea, di cui 293 prodotti alimentari e 523 vini, rientreranno tra quelli tutelati dal nuovo accordo, tra l'Unione europea e il Messico;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo affinché la tutela delle denominazioni rappresenti l'obiettivo primario di questo accordo al fine di proteggere le nostre eccellenze da eventuali perdite, in termini di valore commerciale dei nostri prodotti, che rischierebbero di non essere compensate dalla riduzione delle barriere tariffarie con le esportazioni verso il Messico.
(4-00132)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il territorio comunale di La Spezia aspetta la costruzione di un nuovo complesso ospedaliero da molti anni;

   ad un primo progetto elaborato dalla giunta regionale di centro destra nel 2000 e rigettato dal Consiglio di Stato, è seguito, nel 2005, un ulteriore progetto elaborato dalla nuova giunta di centro sinistra che scelse l'area del vecchio Felettino per la realizzazione del nuovo nosocomio in accordo con il comune della Spezia;

   successivamente, su richiesta dell'Asl 5 di La Spezia, che comunicava di avere una struttura tecnica non adeguata a seguire una progettazione e un appalto così complessi, la regione incaricava la società «Infrastrutture Liguria» (ora Ire), società in house della regione, di seguire tutto l’iter tecnico-amministrativo;

   a seguito alla predisposizioni dello studio di fattibilità e dell'avvio dell’iter per conseguire il finanziamento necessario, la regione decise di riservare a quest'opera tutti i fondi statali ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67;

   nonostante l'avvio dei lavori sia avvenuto quasi due anni fa, in realtà, il cantiere non è mai realmente partito e alle molteplici richieste di chiarimenti, la risposta delle autorità regionali è sempre stata che i lavori sarebbero comunque terminati entro il 2020;

   in realtà sembra che siano emersi rilievi da parte della provincia per il rilascio dell'autorizzazione sismica, a seguito dei quali l'impresa Pessina ha ritenuto di dover rivedere il progetto delle fondazioni;

   Ire e regione non risulta abbiano respinto la proposta di variante dell'impresa, ma, al tempo stesso, non risulta abbiano proceduto all'approvazione della variante –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione sommariamente sopraesposta che, di fatto, ritarda ancora la realizzazione di una fondamentale infrastruttura ospedaliera per il territorio spezzino, vanificando il significativo investimento di risorse statali;

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, nel rispetto delle attribuzioni regionali in materia sanitaria, al fine di favorire una positiva soluzione della questione e consentire la realizzazione del nuovo nosocomio nel territorio comunale di La Spezia a garanzia della tutela della salute di tutti i cittadini ivi residenti come previsto dalla Costituzione.
(5-00011)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORRONE e RAFFAELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dall'analisi degli ultimi dati in merito alla diffusione della tubercolosi emerge che la metà dei nuovi casi interessa cittadini italiani, mentre i cittadini stranieri più coinvolti sono quelli che provengono da Paesi ad alta endemia: Africa maghrebina, equatoriale, Paesi dell'Est — Romania e Moldavia;

   gli stranieri ammalati hanno in media un'età tra i venti e i quarant'anni, mentre i casi riguardanti gli italiani oltre sessant'anni;

   la causa della differenza d'età si può giustificare analizzando la provenienza del soggetto; infatti, chi proviene da Paesi ad alta endemia ha un coefficiente di rischio molto più alto e tende ad ammalarsi prima, anche a causa di una qualità di vita di prassi inferiore. La malattia, di natura batterica, si trasmette in maniera aerogena, ossia per condivisione di spazi aerei con un malato;

   notizie di stampa riportano l'ennesimo caso di un profugo 18enne, risultato positivo al test della tubercolosi, ospite di una struttura di accoglienza a Rimini fino al mese di gennaio 2018, quando ancora minorenne è stato spostato allo Sprar di Pesaro, dove da circa una settimana è ricoverato in ospedale;

   a Pesaro, dove il migrante si è sentito male, i medici hanno accertato il contagio, obbligando il personale sanitario a predisporre le misure di prevenzione e verifica per tutte le persone che erano state in stretto contatto con il giovane negli ultimi tre mesi, come prevede il protocollo del Ministero della salute. Una «finestra» temporale ampia, più precisamente tre mesi, che hanno comportato la «profilassi» ad una quarantina di persone del Riminese;

   le persone sottoposte a misure di prevenzione sono profughi e richiedenti asilo che frequentavano insieme all'allora 17enne i corsi di alfabetizzazione che si tengono al Cpt di Rimini, presso una scuola media. Sottoposti a profilassi sono anche i docenti dei corsi pomeridiani e serali che si tenevano nella scuola, gli educatori, gli addetti e gli altri richiedenti asilo che abitavano con il giovane nella villetta gestita da una onlus –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda predisporre le iniziative necessarie a verificare se siano stati rispettati tutti i protocolli di carattere sanitario e normativo, per evitare il contagio e la diffusione di una patologia pericolosa come la tubercolosi sia tra la popolazione che tra i migranti, attuando una preventiva azione di controllo delle frontiere marittime e terrestri italiane e un continuo monitoraggio delle condizioni di salute di chi risiede all'interno dei centri di accoglienza.
(4-00088)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da tempo le cronache locali e nazionali si interessano della situazione ambientale del comune di Borgo Val di Taro in provincia di Parma, piccolo territorio nel quale è presente un'azienda produttrice di ceramiche. Le emissioni che verosimilmente proverrebbero da tale azienda sarebbero fonte di preoccupazione per la popolazione, soprattutto per quel che concerne l'impatto ambientale e sanitario;

   del caso si è interessato anche un noto programma televisivo. Nel corso del servizio, andato in onda a fine marzo 2018, sono state riportate testimonianze relative a malesseri, sensi di nausea, bruciori agli occhi, avvertiti in particolare dai bambini che frequentano le scuole nelle vicinanze dello stabilimento. Il dato numerico riportato nel servizio, inoltre, parla per il 2017 di 504 segnalazioni all'ausl (su un totale di circa 7000 abitanti) per problemi e disturbi delle vie respiratorie;

   la regione Emilia-Romagna di recente ha formalmente comunicato all'azienda la volontà di avviare una procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) volontaria a seguito di quanto emerso in sede di conferenza dei servizi. La richiesta della regione è stata accettata dall'azienda e riguarderà complessivamente gli effettivi impatti dell'attività dell'azienda medesima sul territorio in cui opera;

   esistono competenze ministeriali in fatto di indagini epidemiologiche di tipo geografico nelle aree potenzialmente a rischio –:

   se intenda promuovere, per quanto di competenza, una indagine epidemiologica nel comune di Borgo Val di Taro e nelle aree circostanti eventualmente interessate dalla situazione di cui in premessa, al fine di valutare in maniera approfondita lo stato di salute della popolazione nel territorio in questione e in relazione alla eventuale presenza di inquinanti.
(4-00106)


   FRACCARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 2 febbraio 2006, n. 31, «Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto», stabilisce, all'articolo 1, che i lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti anch'essi senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione devono essere prontamente sottoposti con il consenso di entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi nei centri autorizzati secondo i criteri individuati nell'articolo 2, a cui sono inviati gli organi prelevati;

   l'articolo 3, comma 1, prevede che i risultati delle indagini svolte ai sensi dell'articolo 1 sono comunicati dai centri autorizzati alla prima cattedra dell'Istituto di anatomia patologica dell'università di Milano (sostituito nel 2009 con decreto del Ministero della salute dal Centro di ricerca «Lino Rossi») che, nel rispetto delle regole sul trattamento dei dati personali, provvede ad istituire una banca dati nazionale e a trasmettere i dati così raccolti alla regione competente per territorio, ai medici curanti e ai parenti delle vittime;

   l'articolo 1, comma 2, stabilisce che il riscontro diagnostico è effettuato secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'Istituto di anatomia patologica dell'università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal Ministero della salute. Il 22 dicembre 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 7 ottobre 2014 di approvazione dei protocolli diagnostici «Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile» ai sensi della medesima legge. Tali protocolli, redatti da apposita commissione in sostituzione di quello originale precedentemente predisposto dall'Istituto di anatomia patologica, definiscono le tappe del riscontro diagnostico: indagine medico legale, autopsia, accertamento tossicologico, valutazione genetica, consulenza genetica, indagini citogenetiche. Tali protocolli diagnostici, escludendo tuttavia l'esame del sistema nervoso, punto fondamentale del protocollo originale, non consentono in alcun modo di stabilire nella stragrande maggioranza dei casi le cause della morte fetale e neonatale;

   la letteratura internazionale consolidata ha messo in evidenza in queste morti inaspettate la presenza di alterazioni di sviluppo dei centri nervosi del tronco cerebrale e pertanto ha stabilito le seguenti modalità per giungere, nella stragrande maggioranza dei casi, alla diagnosi di morte inaspettata del feto e neonato: a) esame anatomopatologico del sistema nervoso e in particolare del tronco cerebrale, sede dei principali centri che controllano le attività vitali; b) esame di marcatori biologici che possono mettere in evidenza alterazioni funzionali dei centri vitali (quali recettori nicotinici, fattori di crescita, orexina, serotonina); c) esame tossicologico in campioni cerebrali per la ricerca di inquinanti ambientali –:

   quali iniziative e misure siano state adottate per assicurare l'attuazione dell'articolo 3, comma 1, della legge 2 febbraio 2006, n. 31;

   quali centri regionali siano stati identificati per garantire l'applicazione dei protocolli diagnostici del decreto 7 ottobre 2014;

   se abbia valutato o intenda valutare iniziative per la modifica dei protocolli di indagine e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile, ripristinando l'esame del sistema nervoso, come indicato nel protocollo originale, al fine di identificare il meccanismo che ha determinato queste morti.
(4-00153)


   NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'acufene, o tinnito, è un disturbo che causa, in chi ne è affetto, la percezione di rumori endogeni (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altri fenomeni similari) all'interno di un orecchio o in entrambi, oppure nella testa;

   tali rumori, dunque, originano all'interno dell'apparato uditivo, ma alla loro prima comparsa vengono illusoriamente percepiti come suoni provenienti dall'ambiente esterno;

   si capisce agevolmente come questa patologia influisca in modo assai significativo sulla qualità della vita di che ne soffre: incide sul livello di attenzione e concentrazione, sconvolge il ciclo sonno-veglia, si ripercuote sia sulle condizioni fisiche che sull'assetto psicologico-emozionale, sfociando non di rado in uno stato di forte indebolimento e depressione, o in conseguenze ancor più drammatiche;

   l'acufene è una patologia piuttosto diffusa: studi condotti negli ultimi 10 anni hanno dimostrato come una percentuale compresa fra il 10 per cento e il 20 per cento della popolazione europea ne abbia sofferto almeno una volta nella vita. In Italia, la percentuale di popolazione interessata dal disturbo si aggira attorno alla soglia ragguardevole del 15 per cento. Si tratta di numeri, dunque, assai significativi;

   la problematica in questione è stata già oggetto di attenzione nella passata legislatura. Ad una interrogazione sulla questione, il Ministro della salute aveva espresso e condiviso la necessità di sviluppare ulteriormente la ricerca mirata alla comprensione delle basi fisiopatologiche del disturbo, nonché di promuovere la conoscenza delle problematiche relative all'acufene presso istituzioni, centri di ricerca e opinione pubblica, al fine di inserire l'acufene nei livelli essenziali di assistenza (LEA) –:

   se e quali iniziative siano state intraprese dal Ministro interrogato al riguardo;

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare con urgenza iniziative volte a prevedere il riconoscimento della patologia dell'acufene come malattia cronica e invalidante, ai sensi decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, inserendola nei livelli essenziali di assistenza (Lea);

   se e quali iniziative intenda adottare per favorire la conoscenza, lo studio e la ricerca scientifica relativi a tale patologia.
(4-00164)


   CARDINALE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   una dipendente dell'Asp di Trapani che lavora al Cup di Castelvetrano in data 3 maggio 2018 risulta essere stata aggredita e picchiata da una utente che aveva saltato la fila;

   la dipendente dell'Asp è stata costretta a ricorrere alle cure del pronto soccorso presso l'ospedale di Castelvetrano, mentre la persona responsabile dell'aggressione si è dileguata;

   purtroppo, si tratta dell'ennesimo caso di dipendente di strutture sanitarie, in Sicilia, aggredito in pochissimo tempo; si tratta di episodi che si verificano con una frequenza sempre crescente –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, con la massima urgenza, d'intesa con la regione siciliana, per rafforzare i dispositivi di sicurezza all'interno delle strutture sanitarie al fine di scongiurare il ripetersi di simili episodi e di consentire agli operatori di svolgere in tranquillità il proprio lavoro.
(4-00170)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANETTIN. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il 20 aprile 2018 il Presidente della regione Veneto Luca Zaia incontrerà il Presidente del Coni Giovanni Malagò per presentare la candidatura di Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026;

   permane, tuttavia, la sgradevole sensazione, secondo l'interrogante, che i giochi siano già fatti e che il Coni abbia invece già deciso di appoggiare la candidatura delle città di Milano e Torino;

   va ricordato che proprio questo affermava un comunicato stampa del Coni pubblicato in data 29 marzo 2018;

   peraltro, soltanto la candidatura di Milano è stata sottoposta ad uno studio di fattibilità, che il Coni ha affidato allo studio We Plan Srl (15 gennaio 2018) –:

   quali iniziative di propria competenza il Governo intenda assumere per garantire che il progetto della regione Veneto per le Olimpiadi a Cortina sia valutato dal Coni con obiettività ed in condizione di par condicio con le altre candidature.
(4-00182)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 4 aprile 2018 la società Almaviva Contact s.p.a. comunica in maniera unilaterale, a sindacati e Rappresentanza sindacale unitaria, l'intenzione di procedere con il conferimento di un ramo d'azienda – da concretizzarsi entro il 18 giugno 2018, relativo all'attività di call centerinbound, outbound e customer care, costituito dal complesso di attività, struttura e personale presenti presso l'unità produttiva di Palermo – ad una «newco», una società a responsabilità limitata, il cui capitale sarà interamente controllato da Almaviva Contact s.p.a.;

   la società, che a Palermo, conta circa 3.400 lavoratori di cui 2.800 con contratto a tempo indeterminato, vive un momento di difficoltà connesso alla situazione economica e alle problematiche che caratterizzano il mercato specifico ma, appare chiaro che la soluzione della cessione del ramo d'azienda e la costituzione di una nuova società di capitali non risolve il problema delle commesse o dei volumi di lavoro e non offre certezze sulla prospettive aziendali;

   il centro di Palermo svolge, in misura prevalente, attività per cinque grandi commesse, tra cui Alitalia, tutte in fase di rinnovo, determinando una situazione di esuberi che sono stati gestiti attraverso una serie di accordi sindacali – in particolare quello triennale siglato il 23 maggio 2017 – che hanno penalizzato fortemente i lavoratori ai quali è stato chiesto di rinunciare a quattro scarti d'anzianità, ad un anno di blocco del trattamento di fine rapporto, e di accettare la cassa integrazione «a scalare»;

   quello stesso accordo prevedeva però che, dopo un primo anno di sacrifici per i lavoratori, si procedesse verso un concreto piano di sviluppo che consolidasse il lavoro, il radicamento sul territorio e trovasse le condizioni per rendere competitiva l'azienda sul mercato. A distanza di un anno, invece, con la cessione di ramo d'azienda i dipendenti vengono nuovamente esposti ad un futuro incerto a causa dell'assenza di un preciso piano aziendale che indichi quali siano le strategie e gli obiettivi di Almaviva;

   in una città come Palermo in cui la soglia di povertà è ogni giorno crescente e in cui il livello di disoccupazione è ai massimi storici, la tutela dei livelli occupazionali e la garanzia della continuità lavorativa dei circa 3.400 lavoratori di Almaviva è il primo e più importante obiettivo da raggiungere e garantire per il prossimo futuro –:

   se il Governo sia a conoscenza dell'operazione finanziaria messa in atto da Almaviva;

   se non intenda assumere iniziative di competenza in merito alla vicenda e aprire un tavolo di concertazione con le parti sociali;

   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la solidità dell'operazione finanziaria e valutare il piano industriale;

   se non intenda assumere iniziative volte all'adozione di misure che garantiscano i lavoratori della sede palermitana di Almaviva, a partire dalla richiesta all'azienda del rispetto dell'accordo triennale siglato il 23 maggio 2017.
(4-00091)


   NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere premesso che:

   la Nuovo Pignone, controllata dalla multinazionale General Electric (Ge), è un polo tecnologico d'eccellenza di produzione di turbomacchine e compressori; ha un fatturato 5 miliardi di dollari nel 2016 e 5.300 dipendenti negli stabilimenti di Firenze, Massa, Bari, Vibo e Talamona, oltre ad un vasto indotto che solo in Toscana è costituito da 1.400 addetti;

   nel 2016 General Electric ha varato, in accordo con la regione Toscana, il progetto Galileo che impegnava la multinazionale ad investire a regime 600 milioni di dollari in ricerca e nuova occupazione, coinvolgendo anche i poli di Massa e Piombino, con un contributo pubblico di quasi 70 milioni;

   secondo quanto si apprende da organi di informazione sembra che General Electric stia valutando di dismettere la propria quota di controllo in BhGe (Baker Hughes General Electric), la «newco» nata a luglio 2017 dalla fusione tra i due colossi americani nel campo dell’oil&gas, che ingloba le attività in Italia della «Nuovo Pignone»;

   Lorenzo Simonelli, presidente e Ceo di General Electric ha reso noto che «qualsiasi variazione della partecipazione azionaria di Ge in BhGe non avrà ricadute negative sulle nostre attività in Italia o sulle collaborazioni in corso con la Regione Toscana», mentre nel mese di novembre 2017 il presidente della regione Toscana Enrico Rossi e il presidente della Nuovo Pignone Massimo Messeri, hanno sottoscritto un accordo che impegna la società ad aumentare, nei prossimi 5 anni, di 60 unità i dipendenti a tempo indeterminato sul territorio toscano, a garantire 8 milioni di euro di commesse alle imprese toscane, e ad attivare 100 tirocini;

   nonostante queste rassicurazioni, sarebbero a rischio numerosi posti di lavoro dell'indotto della Nuovo Pignone in Toscana ed in particolare delle aziende in appalto e subappalto che fanno riferimento al polo produttivo di Massa. Da quanto denunciato dalle associazioni sindacali l'azienda BCube Industrial spa ha annunciato la necessità di attivare la cassa integrazione ordinaria fino alla fine di aprile 2018 e conseguentemente che non rinnoverà i contratti di subappalto con l'azienda Vivaldi e Cardino di Massa, dove è stata avviata nel mese di marzo la procedura di licenziamento collettivo per 13 lavoratori, e con l'azienda Fc Imballaggi, dove sarebbero a rischio 52 i posti di lavoro;

   i lavoratori delle aziende interessate dalle riduzioni di organico hanno già effettuato e programmato scioperi ed azioni di protesta, mentre le associazioni sindacali hanno chiesto un incontro con i rappresentanti della Nuovo Pignone per capire quale sarà il futuro delle aziende della filiera che hanno stipulato contratti in appalto o subappalto;

   le associazioni sindacali hanno inoltre denunciato che per la forza lavoro relativa ad appalti e subappalti sarebbero in aumento forme di contratto atipiche che accrescerebbero la precarizzazione;

   appare quindi evidente come l'attuale situazione comporti gravi preoccupazioni e perplessità circa le centinaia di lavoratori che potrebbero essere interessati dalla riduzione di commesse dell'indotto legato allo stabilimento Nuovo Pignone di Massa, in un territorio già duramente colpito dalla crisi dove la disoccupazione raggiunge il 16 per cento –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle gravi problematiche che stanno interessando l'indotto dello stabilimento di Massa della Nuova Pignone e quali iniziative urgenti intendano assumere per salvaguardare i livelli occupazionali delle aziende in appalto e subappalto e tutelare i lavoratori interessati, anche alla luce degli investimenti pubblici effettuati a favore di General Electric nel territorio e gli accordi, citati in premessa, sottoscritti con la regione Toscana.
(4-00095)


   RIBOLLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Retelit è uno dei principali operatori italiani di servizi dati e infrastrutture nel mercato delle telecomunicazioni, dal 2000 quotato alla Borsa di Milano, nel segmento Star dal 26 settembre 2016;

   l'infrastruttura in fibra ottica, di proprietà della società si sviluppa per oltre 12.500 chilometri (equivalente di circa 231.00 chilometri di cavi in fibra ottica, di cui 67.000 chilometri situati in MAN) ) situati in MAN) e collega 9 reti metropolitane e 15 Data Center in tutta Italia;

   la rete di Retelit si estende anche oltre i confini nazionali con un ring paneuropeo con PoP a Francoforte e Londra. L'azienda raggiunge, inoltre, i principali hub di telecomunicazioni europei inclusi Amsterdam e Parigi. Retelit è membro dell'AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1), il sistema di cavo sottomarino che collega l'Europa all'Asia attraverso il Medio Oriente, raggiungendo 19 Paesi, da Marsiglia a Hong Kong, con una landing station di proprietà a Bari;

   da febbraio 2017 l'azienda ha aderito al progetto Open Hub Med, il consorzio siciliano nodo delle telecomunicazioni digitali nell'area del Mediterraneo;

   Retelit è considerata un asset infrastrutturale strategico per il Paese in quanto offre servizi, trasporta informazioni e dati di importanza nazionale; in passato è stata utilizzata da altri operatori per la costruzione delle proprie reti di telefonia mobile e fissa e in futuro, potrebbe rappresentare uno snodo importante nello sviluppo del concessionario pubblico Open Fiber;

   Retelit, ad oggi una delle poche aziende di infrastruttura e servizi di telecomunicazioni governata da azionisti e amministratori italiani;

   la governance della società è stata retta negli ultimi 3 anni da un patto parasociale, scaduto il 10 dicembre 2017 che vedeva l'impegno di tre importanti azionisti nel garantire alla società: stabilità, indipendenza e buona gestione. Gli ottimi risultati economici dell'ultimo triennio hanno portato Retelit ad essere uno dei principali player nazionali di Fibra ottica e ad avere la possibilità di diventare un polo aggregante su scala nazionale;

   il 27 aprile 2018 l'assemblea dei soci è chiamata a rinnovare gli organi sociali. In questo contesto, l'azionista libico «LPITC» (Libyan Post, Telecommunication and information technology Company), sostenuto dal fondo attivista tedesco SVM (Shareholder Value Management), uniti in un patto parasociale che rappresenta oltre il 24 per cento del capitale della società italiana, potrebbe esprimere una governance che non assicuri a Retelit la stabilità necessaria per procedere nel suo percorso di sviluppo industriale;

   ciò potrebbe essere un fattore di instabilità e pregiudizio per tutti gli azionisti di Retelit e per tutti i cittadini italiani i cui dati, informazioni pubbliche e private, dati sensibili, vengono veicolati sempre di più attraverso reti in fibra ottica come quelle di Retelit;

   si rileva che ogni giorno corrono sugli oltre 12.500 chilometri di fibra ottica proprietaria milioni di dati e desta preoccupazione la possibilità che il nuovo consiglio di amministrazione di Retelit sia espressione di una cordata libico-tedesca e, più nello specifico, che il consiglio di amministrazione apra le sue porte ad una rappresentanza libica;

   risulta altresì preoccupante, vista anche l'instabilità politica e sociale attualmente presente in Libia, che una società di diretta espressione del governo libico possa influenzare in maniera così determinante la governance di una società strategica per le telecomunicazioni nazionali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei suddetti fatti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito, alla luce di tutte le vicende ben note sopracitate che coinvolgono «la sorella più grande» Tim, e che per l'interrogante rappresentano una minaccia per l'indipendenza della rete e per la sicurezza dei dati.
(4-00113)


   ENRICO BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenda digitale europea ha l'obiettivo di facilitare la diffusione di connessioni ad Internet veloci e la realizzazione e la diffusione di applicazioni interoperabili, garantendo a tutti i cittadini l'accesso alla banda larga e, entro il 2020, l'accesso ad Internet a velocità di almeno 30Mbps e con il 500 delle famiglie che disponga di connessioni ad oltre 100 Mbps;

   nell'ambito dell'Accordo di Partenariato 2014-2020, la Presidenza del Consiglio dei ministri, insieme al Ministero dello sviluppo economico, all'Agenzia per l'Italia digitale e all'Agenzia per la coesione, ha predisposto i piani nazionali «Piano nazionale Banda Ultra Larga» e «Crescita Digitale» per il perseguimento degli obiettivi dell'Agenda digitale;

   il «Piano nazionale per la Banda Ultra Larga» prevede, entro il 2020, di raggiungere: la copertura ad almeno 30 Mbps della popolazione italiana; la copertura, ad almeno 100 Mbps, dell'85 per cento della popolazione italiana; la copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici, delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici;

   il territorio nazionale è stato suddiviso in 4 cluster. I cluster A e B sono convenzionalmente definiti «aree nere» (zone urbane) e saranno coperti (al 2018) tramite interventi diretti degli operatori TLC. I cluster C e D, definiti rispettivamente «aree grigie» e «aree bianche» (aree montane, rurali, interne), non saranno coperte (al 2018) tramite interventi diretti degli operatori TLC e sono le uniche in cui è possibile intervenire attraverso un finanziamento pubblico;

   la regione Piemonte ha dichiarato che i fondi pubblici oggi disponibili per la banda ultralarga in Piemonte sono circa 284 milioni di euro, 194 milioni di euro sono i fondi nazionali reperiti all'interno del Fondo di sviluppo e coesione a cura del Ministero dello sviluppo economico mentre circa 90 milioni di euro sono i fondi regionali equamente suddivisi tra Fondo europeo di sviluppo regionale (Agenda digitale) e Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (Piano sviluppo rurale);

   le gare, predisposte da Infratel, per la posa della banda ultralarga per la regione Piemonte e per le altre regioni italiane sono state vinte da Open Fiber, soggetto composto da Enel e da Cassa depositi e prestiti;

   le progettazioni e le realizzazioni sono state avviate nei mesi scorsi e hanno un preciso cronoprogramma condiviso nel corso del 2017 da Open Fiber e Infratel con le regioni stesse che hanno allestito apposite «cabine di regia» –:

   quali siano i tempi definiti per ciascuna regione da Infratel con il concessionario Open Fiber per la posa della banda ultralarga e quali siano le conseguenze nel caso i tempi non siano rispettati;

   quali siano le modalità di controllo dei progetti in ciascun comune, al fine di garantire la copertura per tutti i territori e anche per «case sparse» (6 milioni di cittadini italiani) che il Piano per la Banda ultralarga inizialmente non aveva contemplato;

   se siano state definite di concerto con Infratel, e modalità con le quali Open Fiber individua imprese sub-appaltatrici che risulta stiano approntando i progetti nei comuni, non senza palesare la loro iniziativa e informando opportunamente del loro lavoro sindaci e amministrazioni comunali; quali siano le modalità di attuazione della terza fase del Piano per la banda ultralarga, non oggetto di iniziale finanziamento pubblico, relative all'attivazione delle nuove reti;

   quali siano le modalità di erogazione del servizio previsto, per garantire l'omogeneità di copertura del territorio italiano, in particolare nelle aree interne e montane;

   quali siano le modalità grazie alle quali il Piano per la banda ultralarga consentirà di ridurre il digital divide, dunque di raggiungere con opportune reti, i punti di erogazione del segnale televisivo e telefonico nelle aree interne e montane del Paese.
(4-00124)


   DONZELLI e ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella provincia di Pisa, in Valdera, nella zona dell'indotto della Piaggio dal 2000 ad oggi si sono persi seimila posti di lavoro, riducendo di due terzi gli occupati;

   negli ultimi anni, infatti, la Piaggio ha iniziato a rifornirsi da produttori non della zona e in alcuni casi anche esteri;

   la TMM, azienda dell'indotto Piaggio, specializzata nella produzione di marmitte e che occupava circa cinquecento persone, ha chiuso nell'agosto del 2017 e, da allora, i suoi lavoratori sono in presidio permanente fuori dallo stabilimento, nell'attesa che si trovi un compratore che possa rilevare l'azienda;

   Roberto Colaninno, presidente del Gruppo Piaggio, in data 19 aprile 2018, parlando con i giornalisti a margine della cerimonia di inaugurazione della nuova ala del Museo Piaggio di Pontedera ha dichiarato che «Lo stabilimento di Pontedera è quello centrale del Gruppo, rimane fondamentale, è quello che in qualche modo guida tutte le nostre attività nel mondo»;

   nel 2006 la Piaggio ha ottenuto una commessa di ventisettemila veicoli da Poste italiane SpA, ma in Italia i veicoli sono stati solo montati dopo che erano stati prodotti all'estero –:

   se il Governo abbia intenzione di aprire un tavolo tecnico di confronto sulla crisi dell'indotto Piaggio in Valdera.
(4-00129)


   FOGLIANI, BITONCI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo Terna è proprietario della Rete di trasmissione nazionale di energia elettrica ed è responsabile della trasmissione, del dispacciamento dell'energia e della gestione in sicurezza della stessa;

   con avviso pubblico, la società ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio dell'intervento per la realizzazione di un progetto della rete di alta tensione, che si sviluppa in due aree di intervento: «Area di intervento Dolo-Camin», tra le province di Venezia e Padova, e «Area di intervento Fusina-Malcontenta», nei comuni di Venezia e Mira e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'avvio del relativo procedimento di VIA;

   l'intervento nasce dall'esigenza di rafforzare la maglia della rete elettrica in Veneto e potenziare la capacità di connessione, trasformazione e trasmissione in sicurezza della potenza prodotta nell'area;

   la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato alla società Terna la necessità di acquisire chiarimenti ed approfondimenti relativi alla documentazione già fornita che, ad oggi, non è pervenuta alla richiedente commissione;

   in particolare, ad integrazione del «quadro di riferimento progettuale», si chiedono, tra le varie cose, chiarimenti sulle valutazioni progettuali alternative, riscontrando incoerenze relative alle modalità di dismissione delle linee e dei manufatti presenti;

   con riferimento al «quadro programmatico», risultano mancanti, tra l'altro, la copia degli accordi/protocolli di intesa stipulati a seguito delle attività concertative con gli enti locali interessati all'opera;

   infine, relativamente al «quadro di riferimento ambientale», vengono richieste integrazioni sull'analisi della componente «atmosfera» e dettagli sulle operazioni di bonifica e contaminazione dell'area interessata;

   i residenti delle aree attraversate dal progetto s'interrogano sull'elettrodotto lungo 15 chilometri, che arriverà da Dolo alla centrale nel territorio e per il quale saranno posizionati tralicci alti fino a 50 metri per una linea da 380 KV;

   comitati e associazioni di cittadini manifestano da tempo per creare un fronte compatto a favore dell'interramento delle linee e la creazione di un corridoio ecologico;

   nei giorni scorsi, si apprende dai media locali dell'ennesima manifestazione di protesta dei sindaci della zona, organizzata dal gruppo «No elettrodotto aereo», al fine di ribadire e sostenere l'appello «pro interramento» della tratta;

   anche la regione Veneto ha scelto di contestare il piano originario proposto da Terna, approvando all'unanimità una mozione del consiglio regionale, che impegna la regione ad «ottenere un progetto alternativo, che preveda l'interramento delle linee elettriche»;

   le zone fra Camin e Dolo, come altre interessate dal progetto, sono ad alta densità di insediamenti industriali e di elettrodotti aerei e si registrano percentuali elevate di malattie tumorali;

   in tale contesto, realizzare progetti che prevedono oltre 50 chilometri di linee elettriche ad alto voltaggio, che sono scientificamente correlate a forme di leucemia, appare quantomeno indispensabile e corretto considerare tutte le possibili alternative, ai fini della salvaguardia della salute dei cittadini;

   si apprende dai media che Terna Spa ha riproposto la realizzazione dell'elettrodotto aereo da 380 KV per il tratto Dolo-Camin, con modifiche irrilevanti in relazione all'impatto paesaggistico rispetto al precedente progetto, che si ricorda è stato bocciato dal Consiglio di Stato nel 2013 poiché il parere positivo del Ministero dei beni culturali sull'impatto dell'opera non è stato adeguatamente motivato, evidenziando l'opportunità di considerare l'opzione cavo interrato a tutela del paesaggio –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, in ordine alla convocazione di un tavolo istituzionale alla presenza del gruppo Terna e degli enti locali interessati, ai fini della revisione del progetto dell'elettrodotto aereo tra Dolo e Camin e per la determinazione di un possibile e fattibile interramento delle linee elettriche.
(4-00134)


   CENNI, CECCANTI e CIAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Piaggio (si legge nel sito istituzionale dell'azienda) è il più grande costruttore europeo di veicoli motorizzati a due ruote e uno dei principali player mondiali in questo settore;

   recentemente i titoli obbligazionari emessi da Piaggio per 250 milioni di euro hanno riscosso il maggior successo in termini di domanda a livello europeo: un risultato che testimonia la solidità del gruppo industriale e la fiducia degli investitori internazionali;

   il presidente del gruppo Piaggio, Roberto Colaninno, ha affermato nei giorni scorsi che «Pontedera è l'azienda centrale del gruppo, è fondamentale, è quella che in qualche modo guida tutte le nostre attività nel mondo»;

   l'indotto di tale azienda in Toscana ed in provincia di Pisa è quindi notevole in termini di occupazione e fondamentale per la tenuta sociale ed economica territoriale;

   da alcuni anni molte aziende dell'indotto Piaggio hanno registrato gravi difficoltà. Secondo quanto emergerebbe da organi di informazione sarebbero oltre 6 mila i posti di lavoro persi dal 2000 ad oggi, mentre attualmente ammonterebbero ad alcune centinaia gli esuberi consolidati;

   sempre secondo i mass media si apprende che la Piaggio avrebbe utilizzato sempre con maggiore frequenza contoterzisti esteri a scapito delle imprese territoriali;

   tra le aziende dell'indotto in crisi vi è anche la Tmm di Pontedera (produttrice storica di marmitte oggi in liquidazione) che conta 85 esuberi dal mese di agosto 2017. Il progetto dei lavoratori è quello di costituire una società cooperativa per poter proseguire l'attività anche se persistono criticità dal punto di vista logistico, della sostenibilità economica dell'impresa e delle commesse;

   il 28 marzo 2018 si è tenuto un incontro tra i rappresentanti della regione Toscana ed il management di Piaggio sul futuro di Tmm. Il presidente della regione Enrico Rossi ha chiesto ai vertici dell'industria di favorire la ripartenza della produzione di marmitte nell'area di Pontedera con l'ingresso di nuovi soci. Il presidente di Piaggio, Roberto Colaninno, ha dato la propria disponibilità ad accettare offerte di qualità per riportare la produzione di questa componente nel comprensorio di Pontedera, ma ha precisato che non ritiene di poter garantire commesse in via preliminare;

   il 19 aprile 2018 Roberto Colaninno ha poi dichiarato: «Spero che si trovi una soluzione per la Tmm. Piaggio farà la sua parte assicurando le commesse che dava prima all'eventuale nuova azienda che ci sarà»;

   appare evidente come la politica industriale di Piaggio, soprattutto in relazione alle commesse da assegnare, incida notevolmente sui livelli occupazionali e sulla crescita economica del territorio, dove sono presenti da decenni varie e diversificate imprese del settore automotive che hanno formato lavoratori di alta e qualificata professionalità –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle gravi problematiche che stanno interessando l'indotto dell'industria Piaggio in provincia di Pisa e quali iniziative urgenti intendano assumere per salvaguardare i livelli occupazionali delle aziende in appalto, ed in particolare dell'impresa Tmm, oggi in liquidazione ed in attesa di rilancio.
(4-00173)


   BENAMATI, CRITELLI, DE MARIA, MARCO DI MAIO, PINI, RIZZO NERVO e ROSSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Unione europea attraverso il consorzio Eurofusion è impegnata nella creazione di un impianto dimostrativo (Demo) entro il 2050 capace di fornire energia elettrica dai processi di fusione termonucleare dell'idrogeno e dei suoi isotopi tipici del sole;

   per risolvere il problema dello smaltimento del calore del plasma attraverso il «divertore», Eurofusion ha sviluppato un programma di ricerca e una macchina denominata «DivertorTokamak Test facility» (Dtt), in grado di fornire soluzioni integrate con tutti gli aspetti fisici e tecnologici;

   nella precedente legislatura con le risoluzioni della X Commissione attività produttive della Camera dei deputati n. 8-00230 e n. 8-00231 del 6 aprile 2017 il Governo era stato impegnato ad operare per localizzare in Italia il Dtt e a reperire le risorse nazionali necessarie;

   il costo per la realizzazione di Dtt è valutato intorno a 500 milioni di euro, con un impatto significativo sul territorio: oltre 1500 persone fra diretti ed indiretti e un ritorno di 2 miliardi di euro;

   ai finanziamenti partecipano, fra gli altri, Eurofusion (60 milioni di euro), il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (40 milioni di euro), il Ministero dello sviluppo economico (40 milioni di euro impegnati a partire dal 2019), la Repubblica Popolare Cinese con 30 milioni, l'Enea e i partner con 50 milioni di euro, cui si aggiunge un prestito della Banca europea degli investimenti da 250 milioni di euro;

   l'Enea, capofila dell'associazione Enea-Euratom sulla fusione, ha indetto un avviso di pubblico interesse per la selezione del sito con criteri di valutazione e commissione valutatrice definiti dall'ente medesimo;

   al 31 gennaio 2018, scadenza per la presentazione delle proposte per il bando indetto dall'Enea per la selezione del sito in cui ospitare la Dtt, avevano avanzato la candidatura le regioni Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna congiuntamente con Toscana, Lazio, Liguria (con due siti), Piemonte, Puglia e Veneto;

   il 4 aprile, il consiglio di amministrazione dell'Enea ha approvato la relazione conclusiva con la graduatoria finale delle nove località, che ha collocato al primo posto il sito di Frascati (Roma), seguito da Cittadella della Ricerca (Brindisi), Manoppello (Pescara) e Brasimone (Bologna);

   tale scelta ha sollevato perplessità e proteste tra le regioni escluse, che hanno chiesto la revisione dei criteri di calcolo in merito ai requisiti tecnici, economici ed ambientali, e dei punteggi in fatto di dotazione di infrastrutture tecnologiche sul territorio, sul valore internazionale degli aeroporti, sui costi di insediamento;

   alcune regioni, a quanto si apprende da notizie stampa, hanno attivato valutazioni per ricorrere avverso tale scelta alla giustizia amministrativa;

   in particolare, per quanto riguarda il sito del Brasimone, le regioni Emilia-Romagna e Toscana hanno sottolineato, in una lettera sottoscritta dai due assessori regionali alle attività produttive, il rammarico per il fatto che un intervento a suo tempo impattante sul territorio e altamente oneroso per la finanza pubblica come la realizzazione delle opere civili e di urbanizzazione per ospitare il reattore Pec, rimanga inutilizzato e non porti al territorio che aveva accettato di ospitarlo gli impatti economici attesi, auspicando altresì che il Centro Enea del Brasimone venga considerato come un ambito prioritario nello sviluppo di attività legate al Dtt e in nuove iniziative e progetti innovativi, in considerazione della qualità del gruppo di ricerca lì attivo e del contesto operativo in cui esso è inserito, ricco di eccellenze nel sistema universitario e della ricerca delle due regioni –:

   quale sia l'orientamento del Ministro in merito ai fatti esposti in premessa e quale sia il reale stato della situazione, posto che occorre evitare che sia pregiudicata tale attività di ricerca;

   quali iniziative intenda intraprendere per il rilancio del centro di Brasimone, sia occupazionale che infrastrutturale, anche nel quadro delle prospettive che il progetto Dtt potrà aprire.
(4-00181)

Apposizione di una firma
ad una interpellanza.

  La interpellanza D'Eramo e Bellachioma n. 2-00002, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 aprile 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Patassini.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a fine maggio/inizio giugno 2018 dovrebbero partire i lavori di ristrutturazione del ponte sul Po tra Santa Maria Maddalena e Pontelagoscuro;

   tali lavori sono indubbiamente necessari per una infrastruttura risalente al 1949 e che, da tempo, non risulta più adeguata alle mutate esigenze del territorio. In questa sede, tuttavia, si ritiene indispensabile chiarire in che modo si intendano limitare i disagi che inevitabilmente subiranno i cittadini – migliaia di pendolari che si spostano per motivi di lavoro, di studio, di salute – per via della chiusura al traffico veicolare del ponte sul Po;

   dopo una ipotesi iniziale di traffico a senso unico alternato sul ponte durante i lavori si sarebbe optato, per chiudere il ponte al traffico veicolare;

   i suddetti lavori prevedrebbero il rifacimento della soletta del ponte, dell'asfalto e della struttura metallica e la sistemazione dei piloni. Nel periodo di esecuzione dei lavori sembrerebbe pertanto essere prevista la chiusura al traffico in entrambi i sensi di marcia con individuazione di un percorso alternativo, vale a dire l'autostrada A13, nel tratto tra il casello di Occhiobello e quello di Ferrara nord (per un comune automobilista si ipotizza, comunque, un aumento di percorrenza di circa 20 chilometri);

   gli amministratori locali, in particolare dei comuni di Ferrara e Occhiobello, hanno manifestato preoccupazioni per incognite relative ai lavori che permangono e, in particolare, per le mancate risposte dell'Anas a indicazioni e sollecitazioni arrivate dai comuni stessi: tra le richieste avanzate dagli enti locali, la possibilità di consentire il transito gratuito in autostrada nel tratto che attraversa il ponte sulla A13 e l'istituzione di turni lavorativi in cantiere anche notturni in modo da poter completare l'opera nel più breve tempo;

   la chiusura del ponte, come rilevato, comporterà costi sociali aggiuntivi in relazione alle deviazioni che il trasporto pubblico dovrà effettuare per tutto il periodo del cantiere secondo una stima che potrebbe aggirarsi intorno ai 150 mila euro nel periodo estivo. Se invece i lavori dovessero protrarsi dopo l'inizio dell'anno scolastico, la spesa aggiuntiva potrebbe arrivare a 15 mila euro settimana;

   altra proposta per limitare i disagi, è stata quella di far fermare alle stazioni di Occhiobello e Pontelagoscuro quei treni che percorrono la tratta Ferrara-Rovigo e Rovigo-Ferrara senza effettuare fermate intermedie;

   sul tavolo di discussione c'è anche l'esigenza di garantire, lungo il ponte, una piccola corsia di transito per ciclisti e pedoni che, altrimenti, si ritroverebbero completamente bloccati;

   nelle settimane scorse la stampa locale ha riportato anche le evidenti preoccupazioni di cittadini, pendolari, titolari di attività, imprese e associazioni di categoria che temono importanti ripercussioni per il tessuto commerciale dovute alla prolungata presenza del maxi cantiere sul ponte –:

   se si sia optato per la chiusura totale al traffico veicolare del ponte sul Po o per l'istituzione di un senso unico alternato e quali siano i dettagli e il cronoprogramma dei lavori;

   quali iniziative si intendano adottare, nel complesso, per limitare e ridurre i disagi che inevitabilmente si verificheranno a causa della prolungata presenza del cantiere lungo il ponte sul Po;

   se criteri e modalità di esecuzione dei lavori siano stati concordati con gli enti coinvolti (comuni e province) e se siano state messe in atto le soluzioni suggerite dagli amministratori locali sia per quanto attiene al trasporto ferroviario sia per quanto riguarda l'istituzione di turni notturni in cantiere per accelerare il completamento dei lavori;

   se l'Anas intenda assumere a proprio carico anche i costi aggiuntivi in relazione alle deviazioni che dovranno essere previste per il trasporto pubblico;

   se siano state previste forme di agevolazione o di esonero dal pagamento del pedaggio per coloro che saranno costretti a utilizzare il tratto autostradale alternativo al ponte per la durata del cantiere.
(4-00015)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazione pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero, da ANAS e dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane (FSI).
  Circa il quesito relativo alle eventuali agevolazioni di pedaggio per gli utenti costretti all'uso dell'autostrada A13 (tratta Occhiobello-Ferrara Nord) per il periodo di durata dei lavori ANAS di manutenzione straordinaria del ponte sul fiume Po, sulla strada statale (S.S.) 16, in località Pontelagoscuro, la competente direzione generale ha già provveduto ad evidenziare l'esigenza manifestata dagli enti locali alla concessionaria autostradale Autostrade per l'Italia s.p.a., la quale, in data 22 marzo 2018, ha manifestato la propria disponibilità alle amministrazioni interessate per concordare modalità di agevolazione per la riscossione del pedaggio relativo alla tratta interessata, fermo restando, l'impossibilità da parte della stessa di assumere alcun onere economico che non sia limitato al
service di elaborazione dati.
  Per quanto concerne, poi, la tempistica dei predetti lavori, si ricorda che nel maggio 2017, ANAS ha pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il bando di gara per i lavori di manutenzione straordinaria relativo al cavalcavia sul fiume Po. Il contratto di appalto, della durata di 270 giorni, è stato aggiudicato all'Ati Cons.coop. Palislrade 2000 S.r.l.; ANAS effettuerà, quindi, la consegna dei lavori per consentire all'appaltatore di predisporre le aree di cantiere e svolgere tutte le attività propedeutiche all'effettivo inizio delle lavorazioni.
  Al fine di ridurre al minimo i disagi all'utenza e considerando la necessità di procedere alla demolizione e al rifacimento totale della soletta del ponte sul fiume Po, ANAS ha concordato con l'appaltatore un programma che prevede, a fronte dei 224 giorni contrattualmente previsti, un periodo di chiusura del ponte di soli 4 mesi. Tale interdizione dell'infrastruttura potrà essere attuata subito dopo il passaggio della 13° tappa del giro d'Italia e quindi, presumibilmente, a partire dal 21 maggio 2018. La stessa ANAS si farà carico dei maggiori oneri per compensare il lavoro notturno del personale impiegato per velocizzare l'intervento.
  Infine, per quanto attiene alle soluzioni, in ambito ferroviario, finalizzate a limitare i disagi conseguenti alla chiusura al traffico del ponte stradale in argomento, FSI fa presente di aver proposto alcuni interventi, tra cui la fermata temporanea a Occhiobello e Pontelagoscuro dei treni regionali che effettuano servizio tra Ferrara e Rovigo. Con riferimento a quest'ultima possibilità, il gestore dell'infrastruttura (società Rete ferroviaria italiana) ha predisposto le tracce orarie con le fermate aggiuntive richieste, che sono attualmente al vaglio della Regione, alla quale compete la programmazione dei servizi regionali.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   VANESSA CATTOI, BINELLI, FUGATTI e SEGNANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella prima serata di ieri, 22 marzo 2018, si è consumato l'ennesimo episodio di violenza su un treno, quando alla stazione di Ala, sul convoglio regionale diretto a Verona proveniente da Rovereto, è stata aggredita la capotreno;

   questa donna di Bolzano, che svolge con professionalità il proprio lavoro in Trenitalia da molti anni, non ha subito fortunatamente un'aggressione fisica, ma è stata aggredita verbalmente da un giovane ragazzo di colore che ha reagito con violenza quando gli è stato chiesto di esibire il titolo di viaggio;

   in seguito a questo grave accaduto, la capotreno è rimasta a bordo del convoglio che ha ripreso la corsa dopo una lunga fermata alla stazione, mentre l'aggressore ha tentato la fuga per le strade di Ala inseguito dai carabinieri –:

   alla luce della crescita esponenziale degli episodi di violenza che vedono vittime il personale dipendente di Trenitalia da parte di passeggeri sprovvisti di biglietto, quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in atto per garantire la sicurezza del personale impegnato nel lavoro sui treni.
(4-00001)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Va premesso che, come precisato dalla «Direttiva sui comparti di specialità delle Forze di Polizia e sulla razionalizzazione dei presidi di polizia» annessa al decreto del Ministro dell'interno del 15 agosto 2017, le funzioni di sicurezza ferroviaria fanno capo alla responsabilità dell'Amministrazione di pubblica sicurezza, che vi provvede, in primo luogo, attraverso la specialità della Polizia ferroviaria della polizia di Stato, che pone in essere, tra le altre, «le attività volte ad assicurare la sicurezza della circolazione dei convogli e l'integrità degli utenti», svolgendo, inoltre, «compiti diretti alla prevenzione generale dei reati e alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».
  Ad ogni modo, al fine di fornire una risposta sulle problematiche segnalate dagli interroganti, sono stati chiesti chiarimenti al gruppo Ferrovie dello Stato italiane (FSI) che ha riferito quanto segue.
  Le aggressioni a bordo treno nei confronti del personale di Trenitalia o di passeggeri rappresentano una seria problematica di ordine e sicurezza pubblica che ha subito, nel biennio 2016-2017, un incremento in termini quantitativi. Al fine di arginare il fenomeno, il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, per quanto di competenza, ha adottato numerose contromisure. In particolare:

   ha rinnovato la convenzione con il servizio di Polizia ferroviaria, con la duplice finalità di rafforzare ulteriormente la tutela della sicurezza ferroviaria e prevenire e reprimere i fenomeni illeciti in ambito ferroviario e a bordo treno;

   ha promosso una campagna di comunicazione antiaggressione, attraverso immagini e video sui treni e nelle stazioni che, ponendo l'attenzione sull'aspetto umano, ha «dato voce» ai bambini, figli e figlie dei capitreno, per far comprendere che dietro quella divisa ci sono madri, padri, sorelle e fratelli, donne e uomini che svolgono con professionalità e dedizione il loro lavoro;

   sta procedendo all'ammodernamento degli impianti di videosorveglianza a bordo treno, che si caratterizzano per la duplice funzione di strumento di deterrenza e di supporto all'eventuale attività investigativa della polizia ferroviaria;

   ha realizzato una specifica campagna di dissuasione che, attraverso messaggi audio e l'apposizione di cartellonistica a bordo treno, ha lo scopo di veicolare il messaggio che il capotreno è, nell'atto della controlleria del titolo di viaggio, un pubblico ufficiale e che le carrozze sono munite di telecamere;

   ha sviluppato un sistema di analisi del rischio, che si caratterizza per incontri mensili nell'ambito di comitati territoriali – tenuti tra personale di Trenitalia, Rete ferroviaria italiana e Polizia ferroviaria – finalizzati a individuare le tratte e i treni che presentano maggiori elementi di criticità e a definire le opportune contromisure, tra cui le cosiddette «scorte a bordo treno» eseguite dalla polizia ferroviaria;

   considerato che la maggior parte delle aggressioni a bordo treno avvengono nella fase di controlleria del titolo di viaggio, è stato creato uno specifico «pool antievasione», composto da personale debitamente formato che, muovendosi su tutto il territorio nazionale e coadiuvato all'occorrenza dalla Polizia ferroviaria, offre supporto al personale di front-line sia a terra che a bordo treno, intervenendo in modo particolare sui convogli ritenuti maggiormente a rischio.

  Inoltre, FSI fa presente di aver intrapreso, a tutela del personale di bordo, le seguenti iniziative:

   tutela legale gratuita e assistenza psicologica ai dipendenti rimasti vittime di aggressioni;

   formazione triennale, avente ad oggetto corsi antiaggressione volti a fare conoscere le dinamiche e fornire gli strumenti per evitare e gestire le eventuali criticità;

   istituzione, in collaborazione con la polizia ferroviaria, del numero telefonico «1600», che può essere chiamato dal personale di bordo di Trenitalia in caso di situazioni di pericolo, per richiedere un tempestivo intervento delle forze di polizia.

  Da ultimo, FSI riferisce che sono in corso di implementazione o in via di sperimentazione ulteriori progetti finalizzati ad incrementare ulteriormente la specifica sicurezza del personale di bordo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 206 del 2007 disciplina l'attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE, che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania;

   per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli per l'esercizio della professione docente, la normativa prevede che il riconoscimento possa essere richiesto «per gli insegnamenti per i quali l'interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo ed a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell'ordinamento scolastico italiano»;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca valuta l'accoglimento o meno dell'istanza di riconoscimento dopo aver verificato la corrispondenza e la correttezza del percorso di formazione frequentato in altro Stato;

   per quanto riguarda i titoli conseguiti in Romania, il Ministero sta agendo con criteri restrittivi nel senso di sospendere i procedimenti, adducendo la incompletezza della documentazione relativa all'attestazione dell'autorità competente rumena e chiedendo ai docenti una integrazione, ovvero «la regolare attestazione della competente autorità in Romania sul valore legale della formazione posseduta»;

   il Ministero chiederebbe il rilascio da parte delle autorità rumene di un ulteriore documento che attesti ai cittadini italiani la conformità alla direttiva 2005/36/CE dei titoli che hanno conseguito regolarmente in Romania, nelle stesse modalità e dalla stessa autorità con cui viene rilasciata una dichiarazione di conformità ai cittadini rumeni per il riconoscimento della professione di docente in Italia – cosiddetto certificato Adeverinta;

   la richiesta di integrazione documentale da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca esula da quanto previsto in materia di documentazione da accludere alla domanda di riconoscimento di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 206 del 2007;

   il Ministero rumeno, interpellato in tal senso dai cittadini interessati, non ritiene necessaria ai sensi della normativa europea, questa integrazione documentale e conferma la validità della certificazione rilasciata anche ai fini del riconoscimento del titolo in Italia;

   il Ministero rumeno ha in merito le seguenti indicazioni:

    il rilascio dell'attestazione di conformità degli studi con le disposizioni della direttiva 2005/36/CE concernente il riconoscimento delle qualifiche professionali può essere effettuato esclusivamente ai cittadini dell'Unione che abbiano effettuato il ciclo di studi universitari ed ottenuto una laurea in Romania e non agli altri cittadini dell'Unione in possesso di una laurea in un altro Stato membro e che abbiano frequentato successivamente corsi di pedagogia (i.e. corsi post-universitari) in Romania;

    le attestazioni rilasciate dal Ministero rumeno ai nostri connazionali ricadono nell'ipotesi del rilascio dell'attestazione concernente la certificazione delle competenze per la professione di docente, maturate attraverso il completamento con successo di un programma accreditato di formazione psicopedagogica di primo livello e/o di secondo livello, all'interno delle unità di istruzione o delle istituzioni di istruzione superiore accreditate della Romania;

    la certificazione rilasciata è pienamente conforme alla normativa rumena e dell'Unione europea nonché all'articolo 17 del decreto legislativo n. 206 del 2007, per l'esercizio in Italia della professione di docente –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di adoperarsi, anche mediante l'adozione di un apposito provvedimento, per trovare celermente una soluzione alla vicenda al fine di accogliere le preoccupazioni e le richieste dei cittadini italiani che hanno conseguito il titolo di abilitazione all'insegnamento in Romania, nonché di evitare l'avvio di possibili e costosi contenziosi da parte di coloro che hanno riposto aspettative sulla spendibilità della loro formazione.
(4-00002)

  Risposta. — In riscontro alla interrogazione parlamentare in esame con cui si chiedono chiarimenti in merito al riconoscimento delle qualifiche professionali con particolare riferimento ai titoli di abilitazione all'insegnamento conseguiti in Romania, si ricorda, preliminarmente, che il riconoscimento della professione di docente rende effettivo il diritto, sancito dai trattati istitutivi dell'Unione europea, alla libera circolazione dei cittadini e delle professioni ed avviene in attuazione del principio della reciproca fiducia tra i Paesi dell'Unione europea, sulla base delle garanzie offerte dalle singole legislazioni nazionali.
  Si garantisce in questo modo a qualunque docente abilitato il diritto di spostarsi in un Paese membro ospitante e di esercitare in quel territorio la professione di docente, in regime di reciprocità tra i Paesi.
  L'Italia, pertanto, nell'applicazione della direttiva comunitaria 2013/55/UE recante «modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali» per il riconoscimento della professione docente a tutti i richiedenti, siano essi docenti stranieri in possesso di una abilitazione all'insegnamento o cittadini italiani abilitati all'esercizio della professione docente all'estero, riveste il ruolo di Paese membro ospitante.
  In particolare, si precisa che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di emettere il provvedimento finale di riconoscimento dell'abilitazione all'esercizio della professione, a seguito di una dettagliata analisi e comparazione del percorso formativo seguito, prende sempre atto della dichiarazione di conformità alla direttiva rilasciata dal Paese membro d'origine e cioè dall'autorità competente nel territorio straniero in cui è stata conseguita l'abilitazione all'insegnamento.
  Tale attestazione viene rilasciata, quindi, dal Paese membro d'origine ai sensi della citata direttiva e deve contenere il riferimento alla disciplina, o alle discipline, e alla fascia d'età degli alunni per cui l'interessato è abilitato all'insegnamento in quel determinato territorio.
  Nel dettaglio, con riferimento alla Romania, si ricorda che l'articolo 13 della summenzionata direttiva relativa alle «condizioni del riconoscimento» prevede al comma 3 che «lo Stato membro ospitante accetta il livello attestato ai sensi dell'articolo 11 dallo Stato membro di origine», cioè prevede che il richiedente presenti al Paese membro ospitante, nella fattispecie l'Italia, un attestato che, ai sensi della direttiva, certifichi che la sua professione nel Paese membro di origine sia regolamentata.
  L'autorità competente al rilascio di tale attestato in Romania è il Ministero dell'istruzione, che, contrariamente a quanto avviene in tutti gli altri Stati membri, rilascia due attestazioni diverse nel caso in cui a richiederle siano cittadini rumeni o cittadini italiani.
  Infatti, se un cittadino rumeno chiede che il Ministero rumeno attesti la propria abilitazione alla professione di docente in Romania, il Ministero rilascia una certificazione ai sensi dell'articolo 11 della direttiva 2013/55/UE, così come previsto e disposto da tutti gli altri Stati membri.
  Se un cittadino italiano, invece, dopo aver conseguito l'abilitazione attraverso il suddetto
iter, richiede la stessa attestazione necessaria al riconoscimento in Italia della professione docente conseguita in Romania, il Ministero rumeno rilascia un altro tipo di certificazione in cui dettaglia che il richiedente ha ottenuto l'abilitazione all'insegnamento grazie all'omologazione della sua laurea e alla frequenza di un corso psicopedagogico svolto presso le università rumene.
  Tuttavia, si evidenzia, detta attestazione per gli italiani non viene rilasciata ai sensi della direttiva.
  Si precisa, pertanto, che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non può accettare detta documentazione, perché, facendolo, contravverrebbe a quanto disposto dalla direttiva 2013/55/UE che disciplina il riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea.
  Infine, si informa che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a seguito di ricorsi presentati da avvocati in difesa di cittadini italiani «abilitati» in Romania, è già entrato nel merito della questione, predisponendo le relative memorie difensive.
  Si rimane in attesa, pertanto, delle decisioni che la magistratura renderà note al termine del normale
iter procedurale.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Valeria Fedeli.