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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 13 aprile 2018

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione delle ultime elezioni politiche sono emerse presunte irregolarità durante le elezioni all'estero in più luoghi, tra cui il Canada; proprio in relazione al voto in Canada, secondo fonti giornalistiche la procura di Roma ha avviato una indagine;

   sul sito del Ministero dell'interno risulta che alcuni dati elettorali in Nord e Centro America sono ancora provvisori;

   la lista «Free Flights to Italy», secondo quanto si apprende dalla stampa, «avrebbe presentato una documentazione fasulla» per essere ammessa alla competizione elettorale e a tal proposito sarebbe in corso una indagine della procura di Roma;

   tali episodi gettano discredito sull'immagine degli italiani all'estero sia all'interno dei confini nazionali che in sede estera;

   risulta indifferibile attivare procedure elettorali per l'estero sicure, in grado di garantire i diritti degli elettori e dei candidati così come previsto dalla Costituzione –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per garantire la sicurezza del voto italiano all'estero nel rispetto delle indicazioni della Carta costituzionale.
(4-00048)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche vieta l'abbattimento delle specie Ursus arctos e Lupus canis per la tutela e la conservazione delle specie, salvo casi particolari come quelli legati a un alto livello di pericolosità, oppure quando l'abbattimento non pregiudica o mette a rischio la conservazione della specie;

   il regolamento attuativo della «direttiva habitat», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, all'articolo 11, ha disciplinato le deroghe, ovvero i casi e le fattispecie in cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può disporre la cattura o l'abbattimento degli esemplari;

   in Trentino-Alto Adige, in virtù delle particolari condizioni del territorio, negli ultimi anni è diventato quanto mai urgente prendere provvedimenti che garantiscano la naturale e normale convivenza della vita in montagna e lo svolgimento delle attività agricole e pastorali pur in presenza dei grandi carnivori e i ripetuti fatti di cronaca ne sono la prova;

   la Commissione paritetica del Trentino-Alto Adige della XVII legislatura ha avviato l’iter per l'approvazione di una norma di attuazione che integrasse la precedente norma di attuazione del 1974, volta proprio a demandare alle province la competenza sulla gestione delle situazioni di maggiore criticità legate alla presenza dell'orso e del lupo –:

   se il Governo ritenga opportuno valutare la possibilità di assumere le iniziative di competenza per attribuire alle province autonome di Trento e di Bolzano le funzioni in materia di tutela, programmazione e gestione delle specie Ursus arctos e Lupus canis, al fine di garantire un'equilibrata convivenza tra i suddetti grandi carnivori e l'uomo e gli animali domestici e da allevamento.
(4-00049)


   VANESSA CATTOI, BINELLI, FUGATTI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del 22 gennaio 2018 sintetizza l'allarme che reca nel Trentino la presenza dei lupi, più volte sottolineato dai media negli ultimi mesi, e denota una profonda rottura della convivenza equilibrata tra l'uomo e il lupo in questo territorio;

   la foto di due carcasse di capre sul terreno sbranate dai lupi, in Vallarsa, fa rabbrividire e, purtroppo, non è l'unico orribile spettacolo nello scenario dei media di questi mesi; il comportamento aggressivo dei lupi in Vallarsa sta mettendo in crisi tutte le mandrie e i greggi;

   segnalazioni vi sono state a Matassone e nei dintorni di Ometto, dove gli animali si sarebbero spinti fino al limite dei centri abitati; una carcassa di volpe divorata è stata trovata nei pressi del centro abitato;

   il ritrovamento a Foxi di due carcasse sbranate dai lupi, con relativa conferma da parte del veterinario, ha creato paura e timore negli abitanti della zona che, da una parte, si interrogano sul numero degli esemplari di lupo presenti in Vallarsa e, dall'altra, si rivolgono alla provincia, chiedendo interventi concreti per la propria sicurezza;

   la provincia autonoma di Trento ha messo in atto alcune azioni che tuttavia si limitano al monitoraggio della specie, all'informazione del pubblico, al confronto tra le categorie economiche maggiormente interessate alla presenza dei grandi carnivori, all'indennizzo per gli allevatori; si tratta di azioni che non risolvono questioni basilari di gestione della presenza di nuovi branchi nelle valli e non garantiscono la sicurezza dei cittadini;

   il Ministro interrogato ha elaborato un «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» in attuazione della strategia nazionale per la biodiversità che, tuttavia, non ha completato l’iter di approvazione anche per la contrarietà di regioni e province autonome in sede di Conferenza Stato-regioni;

   a livello europeo, nell'ambito del percorso di revisione intermedia della strategia dell'Unione europea sulla biodiversità e del «Piano d'azione per la natura, i cittadini e l'economia», di cui alla comunicazione della Commissione al Parlamento COM2017/198, è stata recentemente approvata dal Parlamento europeo una risoluzione, la P8_TA(2016)0034, che sottolinea che le «direttive sulla tutela della natura prevedono un'ampia flessibilità onde agevolarne l'attuazione tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali secondo quanto sancito dalla direttiva Habitat;» e riconosce la necessità di «valutare accuratamente il ruolo dei grandi predatori e l'eventuale introduzione di misure di adattamento, in modo da salvaguardare la biodiversità, il paesaggio agricolo e l'allevamento del bestiame nelle regioni di montagna, praticato da secoli»;

   la situazione in Vallarsa è grave ed è lampante la necessità di prendere immediati provvedimenti per risolvere tale situazione di emergenza e di pericolo che preoccupa i cittadini e soprattutto gli allevatori –:

   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per far fronte alla grave situazione di emergenza e di pericolo che crea il proliferare della presenza del lupo in Vallarsa e se il Ministro non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per affidare alla provincia autonoma di Trento la gestione in autonomia della presenza e dello stato di conservazione dei grandi carnivori come l'orso e il lupo, in conformità alla sicurezza dei cittadini e alle esigenze economiche e agricole locali.
(4-00050)


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il decreto direttoriale DVA/DEC/366 del 13 novembre 2014 ha costituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione generale per le valutazioni ambientali, e con sede operativa presso la regione Lombardia, l'Osservatorio ambientale di cui al decreto ministeriale n. 2 del 7 gennaio 2014, relativo alla strada provinciale 46 Rho/Monza (Lotto 3);

   il successivo decreto direttoriale DVA/DEC/2015/0000004 del 30 gennaio 2015 ha modificato il citato decreto direttoriale n. 366 del 13 novembre 2014, attribuendo all'Osservatorio ambientale costituito (e competente per il lotto 3 della strada provinciale 46 Rho/Monza) anche le competenze precedentemente proprie dell'Osservatorio ambientale istituto con decreto DVA/DEC/2014/333 del 5 novembre 2014 (lotti 1 e 2 della strada provinciale 46 Rho/Monza) disponendo, altresì, che "l'operatività dell'Osservatorio Ambientale è stabilita dall'avvio delle attività come indicato nei citati decreti VIA e fino al completamento di tutte le attività connesse alla realizzazione dell'opera e per un periodo di 12 mesi di monitoraggio ambientale post operam", con incarichi di durata triennale dall'insediamento;

   risulta alla interrogante che la fine dei lavori della citata opera, in special modo per i lotti 1 e 2, è presunta a fine 2019;

   nel corso del suo esercizio l'Osservatorio ambientale per la strada provinciale 46 Rho/Monza ha svolto con efficacia le attività di competenza ex lege, assicurando una proficua interlocuzione con gli enti locali e i cittadini dei territori interessati –:

   quali iniziative intenda adottare per assicurare il prosieguo delle attività assegnate all'osservatorio ambientale per la strada provinciale 46 Rho/Monza, al fine di garantire continuità alle sinergie stabilite con le amministrazioni e gli enti a vario titolo interessati all'esecuzione del progetto.
(4-00057)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   martedì 3 aprile 2018 è crollato un tratto della cinta muraria di San Gimignano (Provincia di Siena) edificata nel XIII secolo d.C. Per i vigili del fuoco l'area interessata dai danni, che è stata delimitata ed interdetta al pubblico, è lunga otto metri ed alta sei;

   il centro storico di San Gimignano è stato dichiarato dal 1990 patrimonio mondiale dell'Unesco e rappresenta una delle più significative testimonianze nazionali dell'architettura medievale. Per le sue peculiarità artistiche e paesaggistiche è oggi uno dei luoghi maggiormente visitati al mondo con circa 3 milioni di visitatori annui;

   le istituzioni, secondo quanto si apprende dagli organi di informazione, si sono già attivate per cercare di ripristinare il tratto murario danneggiato. La regione Toscana ha proclamato lo stato di emergenza, mentre il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha autorizzato lo stanziamento, da parte della sovrintendenza di Arezzo, Siena e Grosseto, di 300 mila euro per i primi interventi necessari;

   secondo fonti stampa i primi sopralluoghi tecnici hanno evidenziato, ad oggi, che il crollo potrebbe essere stato causato da un avvallamento del terreno sopra le mura causato dalle forti piogge dei giorni scorsi;

   negli ultimi anni sono stati numerosi i danni che si sono verificati, a seguito di avversità atmosferiche, al patrimonio storico ed architettonico regionale. Come ad esempio nel 2012 a Monticchiello (in provincia di Siena nel comune di Pienza), un borgo che ricade nella Val d'Orcia che dal 2004 è patrimonio dell'Unesco dove sono crollate alcune sezioni della cinta muraria e nel 2014 a Volterra (in provincia di Pisa), dove il crollo interessò circa 30 metri delle mura costringendo anche all'evacuazione di alcune abitazioni. Danni si sono verificati anche a Magliano in Toscana (in provincia di Grosseto), Poggio a Caiano (in provincia di Prato), San Casciano in Val di Pesa (in provincia di Firenze);

   appare evidente, come anche confermato da alcune dichiarazioni e da un incontro dell'interrogante con il sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi, che sia necessario approfondire la natura di questi crolli per capire i motivi per cui strutture edificate numerosi secoli fa siano andate in grave sofferenza soprattutto negli ultimi anni;

   il direttivo di Anci Toscana ha recentemente lanciato un appello alle istituzioni nazionali per tutelare e preservare il patrimonio storico, artistico e culturale della regione: «I crolli che si sono verificati negli ultimi anni e che hanno interessato importanti testimonianze del passato pongono con assoluta urgenza la necessità di un piano regionale per il monitoraggio e la tutela almeno del patrimonio a rischio, che veda la partecipazione e l'apporto della Regione, delle soprintendenze, del Ministero dei beni culturali, dei Comuni e degli ordini professionali competenti»;

   risulta evidente che i costi necessari sia per prevenire episodi simili, sia per mettere in sicurezza i danni subiti non possono ricadere esclusivamente sugli enti territoriali. Si tratta di beni culturali riconosciuti dall'ordinamento nazionale (ricadenti in alcuni casi all'interno di siti Unesco) che oltre a rappresentare una straordinaria ricchezza dal punto di vista artistico ed architettonico attraggono ogni anno milioni di visitatori e contribuiscono alla crescita del prodotto interno lordo turistico del nostro Paese;

   le fortificazioni e le cinte murarie di origine medievale sono spesso di proprietà del demanio pubblico e date in gestione alle amministrazioni comunali, senza però adeguate risorse per la manutenzione ordinaria;

   i vincoli di bilancio ancora in essere per comuni, anche dove ci siano risorse per poter intervenire su casi come quello in questione, non consentono di utilizzare risorse economiche a disposizione per prevenire e riparare i danni;

   la legge 20 febbraio 2006, n. 77, «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'Unesco», nonostante abbia finanziato in questi anni numerosi progetti, ha una dotazione finanziaria non sufficiente per salvaguardare e valorizzare adeguatamente i numerosi e diversificati siti italiani –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, nel dettaglio, al fine di ripristinare la cinta muraria di San Gimignano interessata dal crollo e prevenire ulteriori episodi di questa natura;

   se il Governo ritenga utile, per quanto di competenza promuovere norme specifiche che permettano alle amministrazioni comunali di poter utilizzare risorse economiche in deroga ai vincoli del pareggio di bilancio per prevenire e ripristinare eventuali danni arrecati al patrimonio culturale pubblico;

   se ritenga possibile assumere iniziative per istituire un apposito fondo nazionale a sostegno degli interventi di prevenzione, manutenzione e ripristino di eventuali danni delle fortificazioni medievali riconosciute patrimonio storico e culturale, con particolare riferimento a quelle ricadenti sui siti Unesco.
(2-00012) «Cenni».

Interrogazione a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale amministrazione comunale di Cascina ha fissato, tra le sue priorità, il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale cittadino;

   il comune di Cascina è proprietario di un immobile posto in viale Comaschi denominato teatro Bellotti-Bon, costruito dall'omonima famiglia di imprenditori nel 1874;

   questo teatro diurno e aperto poteva sfruttarsi nei mesi primaverili ed estivi, sulla scia di soluzioni analoghe già adottate nella città di Pisa; lo studio dell'arena fu affidato al noto architetto pontederese Luigi Bellincioni, particolarmente attivo nella progettazione di campanili e nella costruzione di cinema e teatri;

   la struttura si presenta a pianta di ferro di cavallo, con sedici palchi suddivisi in due ordini laterali, una galleria al centro del secondo ordine ed un loggione al di sopra dei due ordini, mentre la sala è ricca di decorazioni a stucco e pitture in stile neoclassico, con un palcoscenico in legno profondo 9 metri e largo 9,5 metri;

   il teatro beneficiò del forte sviluppo dell'artigianato ligneo registratosi in quel periodo, che gli permise di ospitare non solo rappresentazioni di filodrammatiche locali e concerti bandistici, ma anche compagnie di professionisti e opere liriche; nel 1945 venne acquistato dal tenore Fausto Cavallini; si susseguì, nella proprietà del teatro, la famiglia Rossi-Gamba e dal 2003 il comune di Cascina;

   il Teatro Bellotti Bon rientra appieno tra i beni di maggior pregio storico della comunità cascinese, e pertanto è di prioritario interesse per l'ente comunale, compatibilmente con le disponibilità finanziarie e i vincoli di finanza pubblica, attivarsi al fine di giungere ad una sua riqualificazione finalizzata a sostenere il rilancio culturale della città;

   nel 2009 il comune di Cascina aveva approvato, con deliberazione di giunta comunale, un protocollo di intesa finalizzato alla realizzazione di un piano attuativo di iniziativa pubblica-privata per la ristrutturazione/recupero dell'ex cinema Apollo e del teatro Bellotti Bon, ma questo, tuttavia, non ha avuto una continuazione, tanto che l'edificio venne successivamente inserito all'interno dei beni alienabili;

   l'attuale amministrazione comunale ha provveduto nel 2017, con deliberazione di consiglio comunale n. 44 del 28 marzo 2018 ad inserire il citato teatro Bellotti-Bon all'interno di un percorso di valorizzazione volto al recupero e alla conservazione, alla luce dello stato di abbandono in cui esso attualmente versa;

   attualmente, infatti, le condizioni del teatro, sia nella parte strutturale di copertura del tetto, che nei ricchi affreschi, sono estremamente gravi, e si rende urgente provvedere quanto prima ad interventi strutturali di impermeabilizzazioni, rasature, controsoffittature, pavimentazioni, predisposizione di ascensori, arredi, reti di scarico –:

   se, alla luce della valenza storica, architettonica ed artistica del teatro Bellotti-Bon, non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, d'intesa con l'ente locale, per preservare il bene ed effettuare i primi e più urgenti interventi strutturali.
(4-00053)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PEZZOPANE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il direttore interregionale delle dogane e dei monopoli del Lazio e l'Abruzzo ha illustrato alle organizzazioni sindacali e alla rappresentanza sindacale unitaria la nuova struttura dell'ufficio unificato Dogane-Monopoli di Pescara, che prevede una riorganizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché lo stato del progetto «pilota» attualmente in corso, relativo alla prevista unificazione degli uffici delle dogane e dei monopoli della regione Abruzzo;

   una simile ipotesi di ristrutturazione avrà come necessaria conseguenza un declassamento dell'ufficio dogane e monopoli dell'Aquila, che verrà privato di tutte le competenze e ridimensionato a Sot (sezione operativa territoriale): ciò significa che la sede dirigenziale, una posizione organizzativa e cinque aree verranno tutte trasferite a Pescara;

   questo comporterà, inevitabilmente, disagi crescenti per l'utenza sia in termini di tempi che di costi a causa della concentrazione a Pescara dell'attività decisionale;

   il personale delle dogane e dei monopoli di L'Aquila, nell'assemblea tenutasi in data 27 marzo 2018 alla presenza dei rappresentanti sindacali Cisl, Cgil, Salfi ha manifestato preoccupazione per l'annunciato declassamento e conseguente depauperamento di compiti dell'ufficio dogane e monopoli dell'Aquila, preannunciato nell'incontro tenutosi il 13 marzo 2018 con l'amministrazione;

   l'unificazione di dogane e monopoli coinvolgerà una platea sempre più ampia e capillare che va dalle grandi realtà industriali, come il polo farmaceutico, ai grandi depositi doganali e commerciali sottoposti al regime delle accise, ma anche ai micro-birrifici, ai liquorifici, ai distributori di carburanti, nonché ai monopoli, ai tabaccai, ai concessionari, agli esercenti di giochi, ai gestori di sale;

   non può sottacersi la rilevanza economica della provincia aquilana nonché dell'ambito territoriale, che risulta essere tra i più estesi d'Italia, e che giustifica la presenza di un ufficio con piene competenze per rendere più agevole e tempestivo l'espletamento dei servizi all'utenza, in coerenza con quanto indicato nell'articolo 7 del regolamento di amministrazione approvato nel mese di febbraio 2018;

   inoltre va considerato che L'Aquila è capoluogo di regione e di conseguenza sede di uffici regionali, alcuni dei quali in stretta collaborazione e sinergia con l'ufficio: tale declassamento non può altresì giustificarsi con la penuria di risorse umane o con disservizi mai lamentati dall'utenza, né può essere sottovalutato il pieno raggiungimento degli obiettivi assegnati –:

   se il Ministro interrogato, anche alla luce di quanto esposto, non ritenga ingiusto e in controtendenza declassare l'ufficio del capoluogo di regione, in particolare in ragione della faticosa ricostruzione post sisma, nell'ambito della quale garantire servizi e assumere anche funzioni dirigenziali e decisionali nelle zone interne significa operare nella direzione del riequilibrio socio-economico nei confronti delle zone costiere, anche al fine di evitare spopolamento e disagio sociale.
(4-00043)


   FUGATTI, BINELLI, VANESSA CATTOI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella parte orientale della provincia di Trento, l'area del Primiero costituisce un ambito territoriale di eccezionale valore naturalistico ed ambientale; la valle è racchiusa da imponenti gruppi montuosi: a Nord-est le Pale di San Martino, a Nord-ovest il Lagorai e a sud le Vette Feltrine, che attorniano la conca, la quale risulta un gioiello verdeggiante in uno scrigno di roccia;

   la frazione «Passo Rolle», del comune principale dell'area di Primiero-San Martino di Castrozza, è posizionata sull'omonimo valico alpino, posto a quota 1.984 m s.l.m. che collega le valli del Primiero e di Fiemme ed è parte integrante del parco naturale di Paneveggio-Pale di San Martino, istituito nel 1997 a completamento del valore del territorio;

   in questa località è presente, da quasi un secolo, un distaccamento della scuola alpina della Guardia di finanza di Predazzo, la quale lì ha iniziato nel 1922 i primi corsi di addestramento sciistico del Corpo e, consolidando la sua presenza, ha portato alla costruzione di una grande caserma intitolata al generale Giuseppe Ferrari nel 1956, rimasta attiva per 40 anni;

   dal 1996 la postazione della Guardia di finanza si è spostata nella limitrofa caserma Cimon-Colbricon, costruita ex novo abbandonando di fatto la vecchia caserma Ferrari;

   ad oggi, nella località di Passo Rolle sono quindi presenti 2 caserme, una ancora operativa (Cimon-Colbricon), ma scarsamente utilizzata anche per scelte dovute al comando dell'Arma, mentre l'altra (la storica caserma G. Ferrari) è abbandonata a se stessa ed in evidente stato di degrado, con il tetto sfondato dalle nevicate, ormai divenuta un rudere a ciel aperto;

   questa situazione di degrado e di abbandono di beni pubblici si ripercuote negativamente non solo sull'immagine della Guardia di finanza, ma anche sulle attività turistiche delle Dolomiti, patrimonio dell'umanità tutelato dall'Unesco, poiché l'ex caserma Giuseppe Ferrari, oggi un edificio pericolante, mal protetto e di facile accessibilità anche per curiosi e ragazzi, è sita proprio sulla sommità del Passo, visibile da chiunque vi transiti;

   con numerose sollecitazioni al comune e alla provincia di Trento, si è ottenuta nel 2017 la risoluzione di un'altra questione simile, collegata alla presenza sul Passo di un altro eco-mostro, l'ex albergo Rolle, acquistato dalla provincia e demolito nel mese di dicembre 2017, allo scopo di incentivare il ripristino ambientale dell'area, luogo di sosta molto frequentato dai turisti in quanto costituisce un punto da dove si può ammirare uno dei panorami più belli delle Dolomiti;

   la Guardia di finanza è sempre stata una risorsa per il Passo ed è ancora considerata tale dagli abitanti; peraltro, la scuola alpina di Predazzo pur volendo da tempo intervenire al riguardo, probabilmente, non lo ha potuto fare perché priva delle risorse adeguate –:

   se si intenda dotare delle risorse necessarie la scuola alpina della Guardia di finanza di Predazzo per consentirle di demolire oppure di ristrutturare al più presto l'edificio della caserma G. Ferrari e riqualificare l'aerea che da tempo è in completo stato di degrado;

   in alternativa, se si intendano assumere iniziative per la vendita a privati o la cessione gratuita o altre forme incentivanti per dare in gestione l'area a enti pubblici, quali il comune di Primiero-San Martino, il comune di Predazzo, l'ente parco naturale di Paneveggio-Pale di San Martino o la provincia autonoma di Trento (in cambio magari di altre concessioni), allo scopo di sostenere la vocazione turistica di Passo Rolle e, allo stesso tempo, di risolvere il problema sia d'immagine per la Guardia di finanza, sia di messa in sicurezza del sito, sia di recupero del valore ambientale e paesaggistico dell'intero Passo.
(4-00046)


   BELOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   recentemente è ritornata alla ribalta l'inchiesta promossa dalla trasmissione televisiva Report a fine 2016 sui «diamanti da investimento» che alcune banche italiane, tra cui Intesa San Paolo, Unicredit, Banco Popolare e Monte dei Paschi, hanno proposto per conto di società private esterne del settore (in particolare la Diamond Private Investment e Intermarket Diamond Business) ai loro clienti come beni rifugio a valori che si sono poi rivelati gonfiati rispetto al prezzo di mercato;

   nelle ultime settimane, dopo la decisione di Intesa Sanpaolo e Unicredit, di valutare caso per caso i reclami dei clienti e di rimborsare totalmente quanto speso, sono aumentati, in tutta Italia, gli investitori che hanno deciso di rivolgersi ad avvocati o alle associazioni dei consumatori per cercare di rientrare in possesso delle somme sborsate;

   da alcune rilevazioni delle associazioni consumatori, sarebbero coinvolti migliaia di risparmiatori italiani, la maggior parte dei quali pensionati e famiglie senza particolare esperienza in materia di investimento finanziario o anche solo mobiliare e che volevano solo diversificare il risparmio garantendosi il capitale;

   la Procura della Repubblica di Milano ha aperto un'inchiesta ipotizzando il reato di truffa ai clienti delle banche per un valore di almeno 300 milioni di euro, mentre la Guardia di finanza avrebbe acquisito alcuni documenti dagli uffici di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco BPM e banca Popolare di Bari;

   le banche coinvolte stanno rispondendo alle richieste dei propri clienti che hanno investito in diamanti in modo differente: Intesa Sanpaolo risulta che stia risarcendo i clienti che reclamano, ma non è ancora chiaro se saranno tutti soddisfatti; Unicredit offrirebbe somme, sebbene a pochi clienti, ad alcuni dei quali viene prospettato un rimborso integrale a fronte, come riportato dalla Reuters nei giorni scorsi di un contratto in cui si dichiara la banca «estranea alle rimostranze del cliente» e si rileva «in ogni caso integralmente la fondatezza delle contestazioni». Il contratto prevede inoltre una manleva nei confronti della banca in cui il cliente rimborsato rinuncia a qualsiasi azione o pretesa relative all'acquisto di diamanti e «a presentare citazioni, ricorsi, denunce, querele o esposti nei confronti di Unicredit, di qualsiasi altra società del relativo gruppo bancario e dei relativi dipendenti e/o collaboratori»; Banco Bpm ha dapprima offerto risarcimenti pari alle provvigioni incamerate e pertanto massimo il 20 per cento in base al diamante venduto, ma anch'essa pare che poi abbia iniziato ad aumentare le offerte al 50 per cento lasciando il diamante al cliente; Mps risulterebbe l'unica ad aver taciuto sin dall'inizio, anche se recentemente alcuni clienti sarebbero stati convocati nelle varie filiali, ma non si sa con quali risultati; le altre banche coinvolte in misuri minore rispetto alle altre, pare neghino responsabilità lasciando così i propri clienti senza risposte –:

   di quali elementi disponga sulla vicenda, con particolare riguardo all'ammontare complessivo investito dai risparmiatori in diamanti, al numero dei risparmiatori coinvolti e agli istituti bancari interessati;

   quali iniziative urgenti di competenza intenda intraprendere affinché venga garantita la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari e dei promotori finanziari;

   quali iniziative per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di evitare in futuro simili operazioni da parte degli istituti bancari, che tradiscono la fiducia dei risparmiatori.
(4-00055)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la rivista Venerdì di Repubblica in edicola il 13 aprile 2018 riporta, a chiusura di un articolo dal titolo «sentenza alla milanese la giustizia è condannata», un virgolettato attribuito al dottor Mirenda, magistrato di Verona noto per aver rinunciato per protesta ad un incarico semidirettivo: «il Csm non è un padre amorevole per i magistrati, non è più l'organo di autotutela, non è più garanzia dell'indipendenza, ma una minaccia perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi»;

   il dottor Mirenda non è nuovo ad esternazioni critiche nei confronti del Csm;

   si ricorda, in particolare, una polemica risalente al luglio 2017, ma le dichiarazioni rese al Venerdì di Repubblica, a giudizio dell'interrogante, appaiono di inaudita gravità, e travalicano i limiti di un accettabile diritto di critica;

   in particolare, il termine «mafioso» appare decisamente fuori luogo ed addirittura oltraggioso –:

   se non ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio di iniziative di carattere disciplinare nei confronti del dottor Mirenda.
(3-00007)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DI MURO e GASTALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la linea ferroviaria della Val Roja che collega Cuneo con il ponente ligure e la Costa Azzurra è una tratta internazionale regolata da rapporti convenzionali tra Stato italiano e Stato francese;

   detta linea ferroviaria è ritenuta un'arteria fondamentale a servizio del territorio piemontese e ligure, sia per i flussi turistici che per le necessità di collegamento dei recidenti;

   sono stati stanziati, dal solo Stato italiano, 29 milioni di euro per lavori di adeguamento infrastrutturale, mentre non vi è chiarezza dell'impegno economico di parte francese;

   il termine dei lavori e il conseguente ripristino del servizio si sarebbe dovuto realizzare entro il mese di aprile, ma così pare non accadrà;

   non vi è stata chiarezza circa i benefici reali per l'utenza in termini di aumento delle corse, rapidità del viaggio e qualità del servizio;

   le amministrazioni locali delle province di Imperia e Cuneo hanno dimostrato la disponibilità ad adottare azioni di promozione della linea ferroviaria e del territorio interessato –:

   quali accordi siano stati raggiunti con le istituzioni francesi in merito all'entità dei finanziamenti, tempi e modalità degli interventi;

   come il Governo intenda comportarsi, a seguito dell'annuncio da parte del gestore francese circa l'impossibilità di rispettare i tempi previsti per la riapertura della linea ferroviaria per addivenire quanto prima al termine dei lavori;

   quali benefici per l'utenza, il Governo abbia ritenuto o ritenga di raggiungere per giustificare l'investimento pubblico.
(4-00052)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   PINI, ORFINI e RACITI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2018 il Ministero dell'interno ha annunciato la chiusura temporanea dell’hotspot di Lampedusa e tutti gli ospiti del centro sono stati trasferiti. Tuttavia, anche a causa della mancata formalizzazione della domanda di protezione internazionale, per la stragrande maggioranza degli ospiti è stato disposto un decreto di respingimento differito e un decreto di trattenimento presso i centri di permanenza per i rimpatri;

   per circa 100 persone il trasferimento ha significato il passaggio a un regime di trattenimento, a rischio di rimpatrio, nel Centro di permanenza per i rimpatri di Torino, Brindisi (Restinco) e Potenza (Palazzo San Gervasio);

   tale prassi è fuori dalla norma, in quanto secondo le normative vigenti il trattenimento di richiedenti asilo può avvenire solo nei casi eccezionali stabiliti tassativamente dalla legge. Tale divieto parrebbe essere stato aggirato ritenendo tutti coloro che provenivano dall’hotspot di Lampedusa socialmente pericolosi sulla base della semplice provenienza dall’hotspot dove si è verificato l'incendio doloso avvenuto l'8 marzo;

   la stragrande maggioranza dei tunisini trattenuta presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Torino, ha avuto in concreto la possibilità di nominare avvocati di fiducia e ha beneficiato dell'assistenza legale fiduciaria in occasione dell'udienza di convalida;

   per la stragrande maggioranza di coloro che erano detenuti a Torino (almeno 24 persone) è stata disposta la non convalida del trattenimento, sul duplice presupposto della inammissibile «standardizzazione» dell'elemento della pericolosità generale affermato. Secondo il tribunale di Torino, infatti, la «motivazione posta a fondamento della ritenuta pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica si risolve in una descrizione dei fatti generica, per altro riferita ad un grande numero di richiedenti asilo priva di qualsiasi riferimento della posizione del singolo, come invece impone l'articolo 6 comma 2 del decreto legislativo n. 142 del 2015, che prevede una valutazione caso per caso»;

   sorte diametralmente opposta è stata per gli ospiti trattenuti presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Potenza dove sono state segnalate agli interroganti violazioni del diritto di difesa che hanno impedito agli interessati di essere assistiti dal proprio difensore in occasione delle udienze di convalida, tanto che per nessuno degli ospiti è stata disposta la non convalida del trattenimento;

   agli interroganti è giunta segnalazione che sia stato impedito, fino alla giornata del 28 marzo 2018, all'avvocato Angela Maria Bitonti, legale di fiducia di gran parte degli ospiti del Centro di permanenza per i rimpatri di Potenza, di poter incontrare e conferire con loro;

   agli interroganti è stato inoltre segnalato in data 26 marzo, un intervento in tenuta antisommossa da parte della polizia di Stato all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri di Potenza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di evitare il trattenimento in centri di detenzione di richiedenti asilo al di fuori delle ipotesi eccezionali previste dalla legge;

   se e quali iniziative intenda assumere per garantire il diritto degli avvocati nominati di accedere all'interno degli hotspot per conferire con i propri assistiti in tempo utile per organizzare la migliore difesa sin dall'udienza di convalida del trattenimento;

   quali iniziative intenda adottare per verificare se nel Centro di permanenza per i rimpatri di Potenza, in particolare in data 26 marzo 2018, si sia fatto uso legittimo della forza da parte degli agenti.
(3-00005)


   ORSINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 5 aprile 2018 i media hanno dato notizia di un manifesto di metri 7 per 11, affisso su un palazzo di via Gregorio VII a Roma a cura della Onlus ProVita, riportante l'immagine di un feto di 11 settimane e contenente, tra le altre, le seguenti scritte: «Tu eri così a 11 settimane»; «Tutti i tuoi organi erano presenti. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice. E ora sei qui perché la tua mamma non ha abortito»;

   l'affissione ha suscitato numerose e contrastanti reazioni sui social network e sui media;

   alcuni consiglieri comunali di Roma hanno chiesto l'immediata rimozione del manifesto, considerato offensivo nei confronti delle donne, essendo riconosciuta la facoltà di decidere, a determinate condizioni, di interrompere la gravidanza, ai sensi della legge 22 maggio 1978, n. 194;

   il dipartimento sviluppo economico di Roma Capitale avrebbe avviato indagini sulla vicenda, al fine di accertare l'eventuale violazione del comma 2 dell'articolo 12-bis del regolamento in materia di pubbliche affissioni di Roma Capitale, che vieta esposizioni pubblicitarie «dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali»;

   il giorno 11 aprile 2018, dai media si apprende della rimozione del manifesto;

   ove la rimozione fosse stata disposta a seguito delle critiche mosse al manifesto della Onlus Pro Vita, a giudizio dell'interrogante ci si troverebbe di fronte a un atto gravemente lesivo della libertà di manifestazione del pensiero, di cui all'articolo 21 della Costituzione, in quanto: a) da una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 194 del 1978 si evince chiaramente che la critica alla pratica dell'aborto si configura non come minaccia all'esercizio di un diritto fondamentale, bensì come legittimo giudizio negativo su una legge che riconosce, pur dentro il perimetro di una chiara affermazione del diritto alla vita del nascituro, alla donna la facoltà, in determinate circostanze e a determinate condizioni, di interrompere la gravidanza; b) secondo prevalente dottrina, il diritto di cui all'articolo 21 della Costituzione è riferito a qualsiasi espressione del pensiero, diretta non solo all'intelletto e alla ragione, ma anche alle emozioni e alle passioni e non può essere limitata a specifiche modalità espressive; c) ne consegue che la critica alla legge n. 194 del 1978, anche per le modalità in cui è espressa nel manifesto in questione, è pienamente coperta dalla garanzia costituzionale di cui all'articolo 21 della Costituzione;

   come ribadito da recente giurisprudenza, la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, introdotta con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, non incide sul rapporto gerarchico tra prefetto e sindaco, quando quest'ultimo agisce quale ufficiale del governo, in particolare per quel che riguarda il potere prefettizio di annullare le ordinanze emanate dal sindaco, sulla base di un'erronea interpretazione della normativa vigente (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3076);

   in base ai principi generali dell'ordinamento, così come ribaditi anche da pressoché unanime giurisprudenza e dottrina, l'autonomia regolamentare dei comuni deve dispiegarsi nel perimetro dei principi costituzionali e nel rispetto della gerarchia delle fonti;

   ne consegue, che l'interpretazione di un regolamento non può mettere in discussione un principio costituzionale –:

   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda, e quali iniziative intenda adottare, nei limiti delle proprie competenze, perché sia garantito ad ogni cittadino, e quindi anche agli autori e promotori del manifesto di cui in premessa, il diritto costituzionalmente garantito alla libera manifestazione del pensiero.
(3-00006)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è a dir poco preoccupante la situazione di degrado e pericolosità in cui versano negli ultimi anni le stazioni ferroviarie di tutto il territorio nazionale, e in particolar modo quelle delle città del Veneto, in cui si registrano, con troppa frequenza, episodi di violenza e di microcriminalità;

   da gennaio a dicembre 2017 sono state 28 le aggressioni al personale di Trenitalia nel Veneto e 10 di queste non si sono limitate a minacce verbali bensì si sono concluse con lesioni fisiche (l'ultima ai danni di un macchinista aggredito alla stazione di Treviso da due sconosciuti) e nella maggioranza dei casi le violenze sono scaturite da contestazioni per il mancato possesso del titolo di viaggio (sono circa 1,7 milioni i passeggeri che hanno viaggiato illecitamente sui treni, il 4 per cento dei quasi 43 milioni totali);

   la stazione di San Bonifacio, la più frequentata fra Vicenza a Verona e che serve un bacino di 150 mila abitanti, si è trasformata progressivamente in un ritrovo per senzatetto in special modo nelle ore notturne, e, solo nel periodo compreso fra dicembre 2017 e gennaio 2018, ci sono stati diversi episodi di aggressione sessuale, violenza a pubblico ufficiale, risse e atti di vandalismo;

   la stazione di Vicenza versa in condizioni di degrado assoluto, e la massiccia presenza di vagabondi e di persone che abusano di alcol e droghe ha favorito l'annidarsi di fenomeni criminali legati principalmente allo spaccio di droga, anche nella zona antistante la stazione, soprattutto nel parco Campo Marzio;

   la zona in prossimità della stazione di Padova è diventata praticamente infrequentabile per l'alto livello di pericolosità dovuto alla presenza di vere e proprie bande;

   situazioni analoghe si registrano anche nelle città di Belluno, Rovigo, Verona, Venezia, come se le stazioni avessero progressivamente assunto come funzione primaria quella di luogo di bivacco per vagabondi e sbandati, attirando delinquenti e trasformandosi inevitabilmente in luoghi oltremodo pericolosi;

   non è tollerabile che un cittadino debba sentire minacciata la propria sicurezza recandosi a prendere un treno in una stazione ferroviaria e che, nel migliore dei casi, sia solo testimone e non vittima di episodi di violenza e di delinquenza –:

   alla luce della crescita esponenziale degli episodi di violenza registrati nelle stazioni venete, quali azioni i Ministri interrogati intendano mettere in atto al fine di garantire la tranquillità dei passeggeri e di quanti lavorano a bordo dei treni e nelle stazioni, anche potenziando i sistemi di sorveglianza e facendosi promotori di un controllo coordinato e un presidio pianificato per rispondere al meglio alle esigenze di sicurezza della collettività;

   se non si reputi opportuno intervenire con provvedimenti mirati per disporre l'interdizione dell'accesso alle stazioni ferroviarie nelle ore notturne a chiunque sia sprovvisto di biglietto, anche prevedendo l'installazione di tornelli obbligatori.
(4-00045)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sul sito della prefettura di Pisa è stato pubblicato un nuovo bando, il cui termine è scaduto alle ore 12 del 15 marzo 2018, finalizzato all'individuazione di più operatori economici ai quali affidare il servizio di prima accoglienza di cittadini stranieri dalla data del 1° maggio al 31 dicembre 2018;

   dopo la scadenza al 31 dicembre 2017 degli appalti del 2017, che sono stati in regime di proroga fino alla fine di aprile 2018, secondo quanto indicato dal Ministero dell'interno, nel nuovo bando di gara per l'affidamento del servizio di prima accoglienza a cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale in provincia di Pisa per il 2018 sarebbero stati stanziati circa 12,8 milioni di euro, per un tetto massimo di 1.500 richiedenti asilo;

   secondo quanto riportato dalla stampa, il nuovo bando avrebbe quale finalità quella di ripristinare le assegnazioni degli scorsi appalti, ora in regime di proroga, in modo stabile e, pertanto, gli attuali gestori dei 114 centri di accoglienza in provincia di Pisa presenteranno le domande e, dopo un'ulteriore verifica dei requisiti, dovrebbero ottenere di nuovo il servizio di ospitalità;

   tuttavia, la stima degli ospiti è stata fissata in 1.500 richiedenti asilo, mentre, attualmente, in provincia di Pisa, risultano allocati circa 1.400 richiedenti asilo e pare non vi sia notizia di ulteriori arrivi di immigrati nel territorio provinciale pisano;

   il bando prevede un importo di base d'asta di 35 euro, riferito al costo giornaliero per ospite al netto dell'Iva, e, pertanto, l'impegno di spesa sarà pari a 52 mila euro al giorno, cifra che, al mese, diventa di oltre 1,5 milioni di euro, per un totale di 19 milioni di euro all'anno, così calcolato su un numero di posti presunto complessivo pari a 1.500;

   dal sito della prefettura di Pisa si apprende che con provvedimento del prefetto Prot. N. 8705 del 12 marzo 2018, il termine di scadenza sarebbe stato ulteriormente prorogato alle ore 12 del 31 luglio 2018;

   nel capitolato tecnico (allegato A) vengono specificati tutti i servizi da erogare agli stranieri ospitati nelle strutture, tra cui la fornitura di pasti e beni e la consegna, per una sola volta, di una ricarica telefonica di 15 euro, l'erogazione di un pocket money di 2,5 euro al giorno fino ad un massimo di 7,50 euro per nucleo familiare, da corrispondersi, al momento dell'uscita dal centro, in denaro;

   nell'allegato 7 si specifica, poi, che, nella dichiarazione relativa alle strutture, gli enti gestori debbano dichiarare che tutte le strutture sopra indicate siano «dotate dei requisiti di agibilità e abitabilità e di tutte le certificazioni di conformità obbligatorie di impianti, strutture e attrezzature previste dalla normativa vigente in relazione all'uso, nonché essere in condizioni di ordinaria manutenzione» –:

   se quanto riportato in premessa e dalla stampa corrisponda al vero e, in particolare, a quanto ammonti la spesa complessiva per il servizio di accoglienza a cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale in provincia di Pisa per il 2017 e, in previsione, per l'anno 2018;

   quale sia il motivo per cui nel bando di gara sopra citato siano stati previsti 1.500 posti in regime di accoglienza e, dunque, se siano programmati nuovi arrivi di richiedenti asilo nella provincia di Pisa;

   quali controlli siano stati o verranno effettuati riguardo ai requisiti richiesti dalla normativa in capo agli enti gestori e alle strutture adibite a centri di accoglienza;

   quali siano i motivi della proroga del bando.
(4-00047)


   RACITI, ORFINI e PINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 marzo 2018 una delegazione di avvocati, mediatori culturali e ricercatori della Coalizione italiana per le libertà ed i diritti civili (CILD), Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI) e IndieWatch si è recata presso l'isola di Lampedusa per raccogliere testimonianze dagli ospiti del locale hotspot;

   la delegazione ha riscontrato gravi problematiche di ordine generale ed individuale ed i legali hanno proceduto all'inoltro di 5 ricorsi d'urgenza alla Corte europea dei diritti dell'uomo tutti dichiarati ammissibili;

   i volontari hanno raccolto numerosissime testimonianze di cittadini tunisini che avevano manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale, ma la relativa domanda non era stata formalizzata;

   la mancata formalizzazione della domanda di protezione internazionale per tanti cittadini tunisini trattenuti presso l’hotspot di Lampedusa ha comportato e legittimato l'emissione del decreto di respingimento differito e il successivo trattenimento presso Centri di permanenza per i rimpatri in aperta violazione della normativa comunitaria ed internazionale;

   in data 7 marzo 2018, agli avvocati è stato impedito di far ingresso nel centro per conferire con degli assistiti, adducendo la necessità della previa autorizzazione della prefettura di Agrigento;

   il 13 marzo 2018 il Ministero dell'interno ha disposto la chiusura temporanea del centro;

   si ha notizia di almeno due sbarchi avvenuti dal 13 marzo 2018 ad oggi sull'isola di Lampedusa e non è dato sapere quali condizioni di accoglienza siano assicurate ai soccorsi, dove fisicamente siano alloggiati gli stessi e se effettivamente il centro (ormai definitivamente inagibile) continui ad essere utilizzato –:

   quali iniziative i ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano adottare al fine di affermare l'obbligo di formalizzare in tempi ragionevoli le domande di protezione internazionale di chi è trattenuto negli hotspot, onde evitare successivi trattenimenti illegittimi presso i Centri di permanenza per i rimpatri, e il diritto degli avvocati nominati di accedere all'interno degli hotspot per conferire con i propri assistiti;

   se il Ministro dell'interno intenda rendere noto dove siano stati ospitati gli stranieri arrivati a Lampedusa dopo la chiusura temporanea del centro, quali condizioni di accoglienza siano stati assicurate agli stessi, nonché dove verranno ospitati coloro che sono stati soccorsi a Lampedusa durante la temporanea chiusura dell’hotspot.
(4-00051)


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse notti, un gruppo di facinorosi con evidenti simpatie per l'estrema sinistra, ha affisso alcuni striscioni su pubbliche proprietà, prendendo di mira alcuni esponenti dell'amministrazione comunale di Piacenza, e segnatamente: gli assessori Sgorbati e Polledri e il consigliere comunale Domeneghetti;

   appare oltremodo chiaro, dalla lettura dei predetti striscioni, il tentativo di intimidire alcuni amministratori pubblici, colpevoli unicamente di avere avviato percorsi trasparenti per quanto riguarda l'erogazione di alcuni servizi comunali, per di più con evidente e significativo risparmio per le casse comunali;

   addirittura, sullo striscione riguardante il cosiddetto centro sociale Spazio 4, risultano chiare le espressioni di minaccia di morte nei confronti del consigliere Domeneghetti –:

   se risultino avviate indagini per assicurare alla giustizia gli autori dei fatti su indicati e quali iniziative si intendano assumere per evitare che gli stessi possano ripetersi.
(4-00056)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANETTIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come noto l'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ha avviato una istruttoria finalizzata ad una revisione dei vitalizi goduti dagli ex parlamentari con applicazione del sistema contributivo puro –:

   quante siano le pensioni attualmente erogate dall'INPS calcolate con il metodo retributivo;

   quante siano le pensioni erogate secondo il sistema misto introdotto con la riforma «Dini»;

   quante siano le pensioni attualmente erogate dall'INPS calcolate applicando il sistema contributivo puro.
(4-00059)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGNANA, BINELLI, VANESSA CATTOI, FUGATTI e ZANOTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 45, comma 2, del Testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo n. 177 del 2005) individua le attività che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve comunque garantire, fra cui la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale;

   identificata la Rai come concessionaria, questa ha quindi il dovere, sulla base del contratto di servizio con il Ministero dello sviluppo economico, di garantire la copertura del segnale sull'intero territorio nazionale, anche alle zone antropizzate con basso numero di abitanti, a prescindere dalla vocazione più o meno turistica delle aree e alle valutazioni di tipo economico;

   molti cittadini dei comuni della provincia di Trento, quali Grigno, Castello Tesino, Pieve Tesino e Cinte Tesino lamentano da anni numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale della maggioranza dei canali Rai, aggravati in seguito al passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre che non ha garantito, come avrebbe dovuto, condizioni di accesso alle reti almeno pari, se non superiori, a quelle garantite con il sistema analogico;

   nell'ambito di un progetto complesso di transizione alla televisione digitale terrestre l'impegno della politica deve essere quello della tutela delle fasce deboli che sono rappresentate dalle persone non sufficientemente istruite nel campo tecnologico (specialmente le persone anziane, che di fatto sono state lasciate sole) e delle aree nelle quali l'investimento tecnologico di aggiornamento risulta economicamente non interessante;

   a prescindere dalle cause che generano il disservizio, il problema reale è che i cittadini di questi comuni non sono stati messi nelle condizioni di accedere ad un servizio pubblico e per di più vengono beffati regolarmente quando si trovano a pagare, congiuntamente alla bolletta elettrica, il canone Rai che, nel caso di esercizi turistici e di ristorazione, raggiunge anche cifre molto alte;

   ad oggi, sembra che l'unico modo per accedere all'intera offerta Rai sia da satellite nell'ambito della piattaforma Tivùsat, con l'installazione di una parabola satellitare, un decoder e una smart card con costi a carico degli utenti che si aggirano fra i 200 e 250 euro per singolo apparecchio televisivo (nel caso di strutture alberghiere il costo va quindi moltiplicato per ogni stanza);

   la popolazione della provincia di Trento ritiene che non siano state attivate azioni mirate al fine di garantire una reale situazione di accesso al nuovo sistema che doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per far sì che il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo sia garantito con copertura integrale sul territorio nazionale, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio stipulato tra l'azienda ed il Ministero dello sviluppo economico;

   se non si ritenga doveroso, alla luce dei disagi subiti dai cittadini e dagli esercenti commerciali dei comuni in provincia di Trento di cui in premessa, assumere iniziative volte a sospendere immediatamente il pagamento del canone Rai, sia ordinario che speciale, fintanto che non sia garantito appieno il servizio di trasmissione;

   se non si ritenga urgente mettere in atto ogni iniziativa volta a garantire la visione delle reti nazionali alla totalità degli utenti regolarmente abbonati, prevedendo, a tal fine, anche l'eventuale installazione di parabole satellitari in grado di trasmettere Tvsat, utilizzando per questo scopo le entrate derivanti dal canone e rimborsando tutti gli abbonati Rai che hanno dovuto sostenere dei costi per accedere ad un servizio che è stato, di fatto, loro negato.
(4-00044)


   TIRAMANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Enea è un ente pubblico di ricerca per le nuove tecnologie, operante nel settore dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile e conta 8 centri sul territorio nazionale e oltre 2.700 dipendenti;

   tra le attività svolte dall'Enea si evidenziano quelle riguardanti la ricerca, l'innovazione e la prestazione dei servizi avanzati alla pubblica amministrazione, alle imprese e ai cittadini;

   in particolare, l'ente opera nel settore dell'efficienza energetica, delle fonti rinnovabili, dell'applicazione nucleare soprattutto in campo medico sanitario e dispone di laboratori e impianti sperimentali e di innovazione tecnologica, abbracciando anche le tematiche relative al patrimonio artistico, all'agroalimentare, all'ambiente, al clima e alla salute; inoltre, si rammenta la sua importante attività di supporto a Sogin, per il decommissioning degli impianti nucleari;

   il centro Enea, ubicato a Saluggia (Vercelli), unica presenza nel Nord ovest del Paese, supporta dal punto di vista scientifico e tecnologico, unitamente all'università del Piemonte orientale, un vasto territorio comprendente le provincie di Alessandria, Verbano-Cusio Ossola, Novara, Vercelli e Biella;

   sembra che, negli ultimi mesi, si stia concretizzando la volontà di trasferire parte dell'attività, e dunque del personale, dalla sede Enea di Saluggia a quella di Torino, svuotando di fatto la presenza dell'ente nella suddetta vasta area, inibendo qualsivoglia aspettativa del territorio;

   si teme che tale operazione porti alla graduale chiusura del centro di Saluggia (Vercelli) o addirittura alla futura soppressione del sito di ricerca in Piemonte e nel Nord Italia –:

   quali siano le motivazioni che inducono alla decisione di trasferire importanti attività e progetti, nonché personale altamente qualificato, dal centro Enea di Saluggia a quello di Torino;

   se il Governo intenda chiarire al più presto quali siano le sue intenzioni relativamente alla vicenda, che non può non avere ripercussioni sullo sviluppo e sulla crescita del territorio del Nord Italia, in particolare del Piemonte e di quella vasta area che conta sul supporto scientifico e tecnologico del centro Enea di Saluggia (Vercelli).
(4-00054)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Jindal Saw Italia, fondata nel 2011, ha rilevato il ramo d'azienda ghisa sferoidale dalla Sertubi Spam con sede a Trieste;

   la Jindal Saw Italia è una controllata della Jindal Saw Limited e fa parte del gruppo O.P. Jindal;

   lo stabilimento triestino da centro di produzione è stato trasformato in sede per la rifinitura e la distribuzione nel mondo dei tubi indiani;

   esso insiste su un'area di complessivi 49.000 metri quadri, di cui 16.000 coperti facenti parte dello spazio dell'ex arsenale affittato dalla società Duferco;

   la Sertubi occupa attualmente 68 addetti, nel 2012 erano 143 e solo in minima parte di questi sono stati ricollocati;

   secondo una denuncia delle organizzazioni sindacali Fim e Uilm, la Sertubi di Trieste avrebbe «i mesi contati», allorquando, terminato il magazzino, verrà inevitabilmente chiusa l'area a freddo;

   le difficoltà dell'azienda sarebbero principalmente riconducibili all'impossibilità di marchiare il prodotto finito dallo stabilimento di Trieste con il marchio «made in Italy», come invece sarebbe da intendere quando un semilavorato arriva da un Paese, in questo caso dall'India, e viene sottoposto a una ulteriore lavorazione in Italia, nel caso di specie nello stabilimento di Trieste;

   proprio a causa dell'assenza del marchio «made in Italy» la Sertubi, nonostante un'intesa raggiunta con l'Iraq per la fornitura di un'importante commessa di tubi destinati al trasporto idrico di quel Paese, non sarebbe nelle condizioni di onorare tale contratto;

   su tale questione è stata coinvolta l'Agenzia delle dogane che, a quanto risulta all'interrogante, ha ritenuto che l'apposizione del «made in Italy» sui tubi che avessero subito una lavorazione quale quella realizzata presso la Jindal fosse corretta solo fino al 31 maggio 2016, poiché le regole di origine sono state nel frattempo modificate dal regolamento delegato della Commissione europea n. 2446/2015;

   poiché la Dogana di Trieste ha concluso che i tubi non rispettano tale nuova regola, la Jindal non può apporre il marchio «made in Italy»;

   tale circostanza rende di fatto impossibile l'esportazione essendo, la presenza del marchio made in Italy condizione essenziale per onorare il contratto concluso in Iraq;

   svariati incontri sono stati tenuti presso il Ministero dello sviluppo economico, anche su impulso della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, intesi a dare esito positivo alla situazione di rischio in cui si è venuta a trovare Sertubi nel corso degli ultimi anni;

   risulta all'interrogante che, a seguito di una disamina della normativa europea vigente in materia doganale, il Ministero dello sviluppo economico si è impegnato a valutare l'avvio della procedura per la modifica della regola primaria prevista dal regolamento delegato della Commissione europea n. 2446/2015, per la voce doganale che classifica i tubi di ghisa duttile semilavorati che Jindal importa dall'India, i quali sono sottoposti in Italia a numerose e sostanziali lavorazioni, volte a ottenere tubi in ghisa rivestiti sia internamente che esternamente, da utilizzarsi per l'approvvigionamento di acqua potabile, smaltimento di acque reflue e irrigazioni –:

   se il Governo intenda urgentemente attivarsi nei confronti della Commissione europea affinché sia avviata la procedura per la modifica della sopra richiamata regola primaria, cosicché le lavorazioni eseguite siano ritenute sufficienti a riconoscere l'origine non preferenziale e quindi a consentire l'apposizione del marchio «made in Italy» per il prodotto realizzato dalla Sertubi di Trieste;

   se il Governo non ritenga di prendere in considerazione la richiesta delle rappresentanze sindacali di garantire una dotazione di ammortizzatori sociali sufficiente a coprire il periodo di cui l'Unione europea ha bisogno per rideterminare i codici.
(4-00058)