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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 aprile 2018

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   i governi italiani in carica dal 1990 ad oggi hanno applicato, nel corso degli anni, misure di sospensione e riduzione temporanea del carico fiscale a seguito di eventi calamitosi, in particolare, con i seguenti provvedimenti legislativi:

    a) legge n. 350 del 2003, articolo 4, comma 90 - per le alluvioni del 1994;

    b) legge n. 66 del 2005, articolo 1, comma 363 - per il terremoto del 1990;

    c) legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 1011 - per il sisma e l'eruzione dell'Etna del 2002;

    d) legge n. 244 del 2007, articolo 2, comma 109 - per il terremoto del 1997;

    e) decreto-legge n. 185 del 2008, articolo 6, comma 4-bis e 4-ter - per il terremoto del 2002;

    f) legge n. 183 del 2011, articolo 33, comma 28 - per il terremoto dell'Abruzzo del 2009;

    g) legge n. 289 del 2012, articolo 9, comma 17 - per il terremoto del 1990;

   sono quindi stati emanati i provvedimenti di attuazione pertinenti;

   nel caso del sisma del 6 aprile 2009, fu disposta la sospensione delle tasse e dei contributi per L'Aquila e altri 56 comuni del cratere sismico;

   con le ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3753 e n. 3754 del 2009, e con il decreto-legge n. 39 del 2009, il Governo aveva concesso alle imprese ubicate sul territorio colpito dal sisma la sospensione e il differimento del versamento di tributi e contributi sino al 30 novembre 2009, termine poi prorogato, al 16 dicembre 2011 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2011);

   la legge n. 183 del 2001 all'articolo 33, comma 28 (legge di abilità 2012), disponeva la ripresa della riscossione dei tributi e il pagamento dei contributi, ridotti al 40 per cento e in 120 rate;

   recentemente si è appreso dall'avvio delle procedure preliminari di esecuzione della decisione della Commissione europea C(2015) 5549 final del 14 agosto 2015 con la quale si prescrive che l'Italia recuperi gli aiuti asseritamente incompatibili concessi, di cui all'articolo 33 comma 28 della legge 183 del 2011;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 novembre 2017 è stato nominato un commissario straordinario per dare esecuzione in termini molto ristretti alla decisione;

   secondo la stessa decisione, dal 1990 al 2012, l'organo esecutivo europeo non aveva inviato alcuna comunicazione circa la presunta irregolarità delle misure a supporto dei territori colpiti dalle calamità sopra elencate;

   la notifica, effettuata dall'esecutivo Monti il 2 luglio 2012, qualifica le misure fiscali in favore del cratere sismico come compatibili con la disciplina europea degli aiuti di Stato, alla luce dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 3, lettera c) del trattato sul finanziamento dell'Unione europea classificando l'intervento tra gli «aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali e ad agevolare lo sviluppo di talune regioni economiche». Tale classificazione era motivata dai gravi danni provocati dal sisma del 6 aprile 2009 e dal significativo calo di Pil registrato nella regione abruzzese anche precedentemente, a partire dal 2008;

   nella decisione del 14 agosto 2015, la Commissione non riconosce l'applicazione dei citati paragrafi 2 e 3, perché il regime fiscale e contributivo di favore non avrebbe previsto e definito esplicitamente alcun nesso tra l'aiuto messo a disposizione e il danno subito e perché i costi ammissibili al regime di vantaggio non sarebbero stati proporzionati al danno subito. Tale posizione parrebbe non comprendere i danni immateriali derivanti dal blocco di un'intera economia e dal grave fenomeno di spopolamento e quindi non riconoscerebbe, a giudizio degli interpellanti, che l'intento di tali misure non è stato quello di creare un vantaggio economico in favore di un territorio – e quindi potenzialmente lesivo della concorrenza – bensì quello di risarcire il danno subito che – esso sì – risulta capace di falsare e minacciare la concorrenza e le pari condizioni che ne stanno alla base;

   inoltre, il caso di specie si presenta come una misura che favorisce le imprese che forniscono beni e servizi a livello locale e regionale, con un'incidenza marginale sul mercato comunitario, e pertanto dovrebbe essere escluso dall'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, come in altre occasioni ritenuto dalla Commissione;

   la citata legge n. 183 del 2011 ha sortito effetti sul rapporto Stato/contribuente a far data dalla relativa pubblicazione in Gazzetta ufficiale, avvenuta il 14 novembre 2011, periodo nel quale risultava applicabile la soglia di irrilevanza dell'aiuto (cosiddetto «de minimis»), introdotta con il Temporary Framework, e risulterebbe altresì applicabile anche l'istituto della «franchigia», con recupero delle sole somme eccedenti la soglia stessa e non l'aiuto nella sua interezza –:

   se il Governo non ritenga necessario attivarsi con la massima urgenza, sollecitudine e risolutezza nell'avvio di nuove interlocuzioni e trattative con le istituzioni europee, e in particolare con la Commissione europea, al fine di riaprire le negoziazioni in merito alla procedura d'infrazione avviata, al fine di far applicare in modo coerente la normativa sul caso di specie riguardo la riduzione delle pretese fiscali e previdenziali in seguito all'emergenza sisma in Abruzzo del 2009, anche in considerazione dei termini molto ristretti imposti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina del commissario esecutivo del 14 novembre 2017;

   quali iniziative intenda assumere per assicurare l'applicazione delle condizioni del regime «de minimis» e della franchigia nell'ambito della disciplina del Temporary Framework, nel quale secondo gli interpellanti il caso di specie rientra a pieno titolo, in tempo rispetto ai termini molto stringenti imposti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina del Commissario esecutivo del 14 novembre 2017.
(2-00002) «D'Eramo, Bellachioma».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   dal 1990 ad oggi sono state più volte previste misure di sospensione e riduzione temporanea del carico fiscale per le popolazioni danneggiate dai diversi eventi calamitosi avvenuti sul territorio italiano;

   in particolare, per quanto riguarda L'Aquila e altri 56 comuni, a seguito del sisma del 6 aprile 2009, era stata disposta la sospensione delle tasse e contributi per l'intero cratere sismico;

   a seguito di successive disposizioni, il termine è stato da ultimo prorogato al 16 dicembre 2011;

   l'articolo 33, comma 28, della legge 12 novembre 2011, n. 183, ha stabilito, a decorrere dal mese di gennaio 2012, la ripresa della riscossione dei tributi e dei contributi mediante il pagamento di un importo pari al 40 per cento del dovuto senza oneri, sanzioni e altri costi accessori in 120 rate;

   tale misura era riservata alla popolazione recidente nei comuni ricaduti nel cratere sismico;

   a quanto si apprende, sarebbero state avviate le procedure preliminari volte a dare esecuzione – ai sensi dell'articolo 48 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 – alla decisione della Commissione europea C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015 con la quale si prescrive che l'Italia recuperi gli aiuti asseritamente incompatibili di cui al citato articolo 33, comma 28, della legge n. 183 del 2011;

   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre 2017 è stato nominato il commissario straordinario per dare esecuzione, in tempi brevissimi, alle misure di cui alla citata decisione della Commissione europea;

   secondo quanto riportato nella citata decisione della Commissione, non sussisteva alcun precedente in materia, poiché dal 1990 al 2012 l'organo esecutivo europeo non aveva mai inviato comunicazioni circa la presunta irregolarità delle misure a supporto dei territori colpiti dalle calamità;

   le indagini della Commissione sulla regolarità delle iniziative sono state avviate solo a seguito della notifica, effettuata dall'esecutivo Monti il 2 luglio 2012, riguardante proprio le misure fiscali in favore del cratere del sisma dell'agosto 2009, qualificate in tale comunicazione come compatibili con la disciplina europea degli aiuti di Stato, alla luce dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 3, lettera c) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ossia come «aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali e ad agevolare lo sviluppo di talune regioni economiche», in considerazione dei gravi danni provocati dal sisma del 6 aprile e dal significativo calo del prodotto registrato nella regione abruzzese;

   secondo la Commissione europea, invece, le fattispecie di cui ai paragrafi 2 e 3 non sarebbero applicabili perché il regime fiscale e contributivo di favore non avrebbe previsto e definito esplicitamente alcun nesso tra l'aiuto e il danno subito e perché i costi ammissibili al regime di vantaggio non sarebbero stati proporzionati al danno subito, non tenendo in tal modo in alcuna considerazione il fatto che i costi subiti dal territorio abruzzese colpito dal terremoto del 2009 non sono computabili soltanto in danni materiali, bensì in danni immateriali derivanti dal blocco di un'intera economia e degli apparati istituzionali locali e dal grave fenomeno di spopolamento conseguente alla distruzione di interi paesi e comunità;

   inoltre, tale «aiuto» non può in alcun modo falsare la concorrenza tra gli Stati membri essendo piuttosto identificabile come misura volta a favorire imprese che forniscono beni e servizi a livello locale e regione, con un'incidenza marginale sul mercato comunitario;

   le disposizioni del citato comma 28 non introducono nuove agevolazioni, bensì rappresentano una norma di chiusura delle misure di sospensione e differimento disposte a partire dal 2009, così configurando un unico regime di vantaggio fiscale e contributivo in un arco temporale (1° gennaio 2008-31 dicembre 2011) in cui risultava applicabile la soglia di irrilevanza dell'aiuto (cosiddetta «de minimis»), introdotta con il Temporary Framework, corrispondente a un ammontante massimo di euro 500.000;

   nel caso in esame risulterebbe altresì applicabile anche l'istituto della «franchigia», sulla scorta del quale il superamento della soglia di aiuto implica il recupero delle sole somme eccedenti la soglia stessa e non l'aiuto nella sua interezza –:

   se non ritenga necessario attivarsi con la massima urgenza, sollecitudine e risolutezza per l'avvio di nuove interlocuzioni e trattative con le istituzioni europee, e in particolare con la Commissione, al fine di riaprire le negoziazioni in merito alla procedura d'infrazione avviata e far applicare in modo coerente la normativa sul caso di specie riguardo alla riduzione delle pretese fiscali e previdenziali in seguito all'emergenza causata dal sisma in Abruzzo del 2009, anche in considerazione dei termini molto ristretti imposti dal decreto del Presidente del Consiglio del ministri di nomina del commissario esecutivo;

   quali iniziative intenda assumere per assicurare l'applicazione delle condizioni del regime de minimis e della franchigia nell'ambito della disciplina del Temporary Framework, nel quale il caso di specie rientra a pieno titolo, in tempo rispetto ai termini molto stringenti imposti dal citato del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 dicembre 2017.
(2-00006) «Pezzopane, Martino».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la situazione delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo falciate dal terremoto del 2016-17 è caratterizzata da enormi ritardi nel riavvio delle principali attività economiche a causa della ricostruzione che tarda ad avviarsi;

   la crisi economica del Paese, unita ai gravi danni causati dal terremoto sia direttamente alle imprese che alle infrastrutture e servizi del territorio ha portato nell'ultimo anno e mezzo, in questi territori, ad una forte contrazione del fatturato in tutti i settori dell'economia, dalla produzione industriale ed artigianale, al commercio ed in fine quello turistico;

   occorre aiutare queste attività economiche per non costringere gli imprenditori e le popolazioni ad abbandonare il territorio ed in particolare le aree interne; è per questo che sono già state attivate alcune forme di sostegno relativamente agli adempimenti fiscali e previdenziali, che tuttavia, per il prolungarsi delle condizioni di inattività, necessitano di ulteriori proroghe e/o potenziamento delle rateizzazioni;

   l'articolo 48, comma 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, prevedeva, nei comuni colpiti dagli eventi sismici del 26 agosto, 26 e 30 ottobre 2016, la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria in scadenza rispettivamente nel periodo dal 24 agosto 2016 al 30 settembre 2017, ovvero nel periodo dal 26 ottobre 2016 al 30 settembre 2017;

   l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 2017 (Gazzetta Ufficiale n. 242 del 16 ottobre 2017), che ha modificato l'articolo 48, comma 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n.189, ha previsto la proroga al 31 maggio 2018 degli adempimenti ed i pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, senza applicazione di sanzioni e interessi, anche mediante rateizzazione fino ad un massimo di 24 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2018;

   l'articolo 1, comma 736, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha modificato il comma 11 dell'articolo 48 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, prorogando il pagamento dei debiti tributari delle persone fisiche al 31 maggio 2018 e portando la rateizzazione ad un massimo di 24 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 31 maggio 2018;

   è da ritenersi difficile pensare che, in un lasso di tempo così ravvicinato agli eventi sismici ed in un contesto di depressione economica, i contribuenti siano in grado di far fronte ai pagamenti di imposte e contributi correnti da un lato ed ai pagamenti rateali dei sospesi dall'altro e che dovrebbero decorrere dal mese di maggio 2018 –:

   se il Governo intenda promuovere iniziative finalizzate alla proroga della sopraccitata scadenza ed altresì al pagamento differito in un maggior numero di rate mensili, di almeno 60 rate, con l'obiettivo di evitare ovvie ripercussioni negative sul processo di ricostruzione economica delle zone terremotate.
(2-00009) «Zennaro, Berardini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   POTENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2017 Livorno è stata devastata da un evento meteorologico eccezionale che ha colpito, in particolare, alcuni dei quartieri della città, oltre i comuni limitrofi;

  come riportato dal quotidiano «Il Tirreno», alla data del 10 febbraio 2018 alcune attività commerciali completamente distrutte non erano riuscite a far fronte agli ingenti danni subiti, necessitando di importi ben superiori rispetto alle proposte di microcredito, per cui la regione Toscana ha attivato le garanzie pubbliche del caso;

   dalla ricognizione eseguita dagli organi regionali circa il fabbisogno in termini di risorse per il ripristino del patrimonio edilizio, si ricava come per quello dei privati questo ammonti a 23.314.391,27 euro e coinvolga più di 2000 soggetti, mentre per la ricognizione dei danni subiti dalle attività economiche e produttive l'importo ammonta a 25.481.701,20 euro, coinvolgendo 416 imprese;

   il commissario delegato alla ricostruzione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri trasmetteva al capo dipartimento la richiesta di un primo finanziamento già il 26 ottobre 2017;

   anche in sede di esame della legge di bilancio per il 2018 sono state avanzate proposte emendative dirette a prevedere il predetto il finanziamento;

   con missiva datata 22 marzo 2018 stavolta rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e al Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, il presidente della regione Toscana, i sindaci di Livorno e Collesalvetti ed il presidente della provincia di Livorno lamentavano la mancata risposta alla richiesta di finanziamento statale;

   in particolare, nella detta missiva, i citati rappresentanti degli enti locali denunciavano l'attualità del forte disagio in cui ancora permanevano i cittadini e le imprese del territorio colpito, rimarcando la necessità dell'assegnazione di un finanziamento finalizzato a stanziare contributi a copertura dei danni ai privati ed alle imprese danneggiate dall'evento, nonché la rapida attivazione di tutte le procedure volte a garantire il dovuto ristoro –:

   se e come si intenda dare seguito alle richieste anzidette, tenuto conto che l'indiscussa gravità della situazione è stata rilevata dopo un'attenta e precisa ricognizione dei danni e che appare ardua la possibilità di un'autonoma ripartenza delle imprese distrutte, stante il difficoltoso accesso al credito;

   se ed entro quali tempi sia possibile giungere ad un aiuto economico al territorio colpito dall'evento calamitoso.
(4-00027)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nei comuni del centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 i danni subiti dagli immobili ad uso abitativo hanno determinato una diminuzione del numero dei residenti;

   le attività economiche, commerciali, artigianali, già in forte difficoltà precedentemente agli eventi sismici a causa della generale condizione di crisi del Paese, hanno registrato una drastica riduzione dei fatturati a causa della diminuzione dei residenti e del mancato rientro nei comuni dei turisti, intimoriti dal susseguirsi delle scosse, nella stagione estiva;

   molte delle suddette attività hanno deciso di chiudere i battenti non potendo più sostenere i costi a fronte di incassi inesistenti;

   in tali condizioni di oggettiva difficoltà e povertà indiscussa, il 16 dicembre 2017, per i titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo e per gli esercenti d'attività agricole è ripresa la riscossione dei tributi non versati per effetto delle sospensioni ad oggi vigenti, nonché per i tributi dovuti dal 1° dicembre al 31 dicembre 2017;

   le ulteriori misure di favore a beneficio dei territori colpiti dal sisma, adottate dal decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, articolo 11, comma 3 e seguenti, prevedevano la possibilità di chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio di credito, un finanziamento agevolato, assistito dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi sospesi, dei tributi dovuti per il 2017 e 2018. È stata sottoscritta apposita convenzione «Plafond moratoria sisma centro Italia» a cura dell'Abi della Cassa depositi e prestiti che avrebbe dovuto consentire operativamente la concessione di finanziamenti agevolati finalizzati alla ripresa della riscossione tributaria;

   posto che gli istituti bancari che hanno aderito a tale Convenzione sono solo sei e di questi solo quattro locali, numeri chiaramente esigui per un territorio nel quale i comuni interessati risultano essere circa centoquaranta, si evince chiaramente la difficoltà dei cittadini a versare il dovuto. I soggetti che non hanno potuto versare i tributi sospesi non possono essere vessati dall'applicazione di sanzioni e interessi;

   appare dunque necessario un periodo, di decorrenza da stabilirsi, a partire dal quale i contravventori che non hanno ripreso i versamenti possano provvedere ai medesimi senza ulteriori addebiti;

   il territorio interessato ha vitale necessità di quanto richiesto –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere nell'ambito delle sue competenze.
(4-00030)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   di recente la stampa nazionale ha riportato la notizia relativa all'insoluto delle bollette elettriche non pagate dai soggetti morosi e al fatto che tali costi pare saranno «spalmati», almeno in parte, su tutti gli altri consumatori di energia elettrica;

   a decidere in tal senso sarebbe stata una delibera del 1° febbraio 2018 dell'Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) avente ad oggetto «Disposizioni relative al riconoscimento degli oneri altrimenti non recuperabili per il mancato incasso degli oneri generali di sistema» che, richiamando ricorsi e sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, avrebbe così formalizzato la decisione di distribuire su tutti i consumatori una prima parte dell'insoluto alla voce «oneri generali di sistema»; stando a quanto riportato dagli organi di stampa, la prima «fetta» di una non meglio specificata cifra ammonterebbe a circa 200 milioni di euro da redistribuire sulle bollette degli utenti;

   a tal proposito sono state diverse e numerose le proteste delle associazioni di consumatori; una di queste, in particolare, ha lanciato anche la campagna «per una bolletta giusta» contestando la socializzazione dei costi aggiuntivi che i cittadini, secondo l'associazione, non avrebbero dovuto pagare fin dall'origine –:

   quali iniziative si intendano porre in essere, per quanto di competenza, per approfondire la vicenda e per tutelare il consumatore da eccessivi aumenti della bolletta dell'energia elettrica;

   se si intenda dare riscontro, per quanto di competenza, alle richieste delle associazioni dei consumatori, eventualmente convocando anche un incontro ad hoc; in caso affermativo in che modo e con quali tempistiche.
(4-00035)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da molti anni ormai le aree montane della città metropolitana di Bologna vivono continui disagi a causa del dissesto idrogeologico, problematica che si accentua a causa del maltempo e anche in presenza di eventi atmosferici ampiamente previsti;

   la città metropolitana di Bologna segnala continui movimenti franosi nelle zone montane a seguito dei quali si rende necessaria la chiusura totale della strada o l'istituzione di sensi unici alternati e conseguenti lavori di somma urgenza;

   tra le numerose e rilevanti situazioni, la città metropolitana ha segnalato movimenti franosi nelle seguenti strade: strada provinciale 33 «Casolana» a Fontanelice; strada provinciale 7 «Valle dell'Idice» a Monterenzio; strada provinciale 38 «Monzuno Rioveggio» a Monzuno; strada provinciale 65 «Futa» a Pianoro; strada provinciale 58 «Pieve del Pino» a Pianoro; strada provinciale 15 «Bordona» a Castel del Rio; strada provinciale 34 «Gesso» a Casalfiumanese chilometro 8+000 cedimento scarpata a valle e chilometro 10+300 cedimento della carreggiata; strada provinciale 325 «Val di Setta» a Camugnano; strada provinciale 79 «Pian di Balestra» a San Benedetto Val di Sambro; strada provinciale 85 «Fondovalle Savena» a Monghidoro; strada provinciale 632 «Traversa di Pracchia» a Alto Reno Terme; strada provinciale 23 «Ponte Verzuno Suviana» a Castel di Casio; strada provinciale 69 «Pian di Venola» a Marzabotto; strada provinciale 68 «Val d'Aneva» a Castel d'Aiano; strada provinciale 57 «Madolma» a Alto Reno Terme; strada provinciale 40 «Passo Zanchetto-Porretta Terme» a Castel di Casio; strada provinciale 25 «Vergato Zocca» a Vergato; strada provinciale 67 «Marano Canevaccia» a Gaggio Montano; strada provinciale 72 «Campolo Serra dei Galli» a Camugnano;

   oltre alla pericolosità per chi viaggia su queste strade, sono innumerevoli i disagi subiti dai cittadini che abitano nelle zone appenniniche, non solo a causa della viabilità interrotta o rallentata ma anche per via dell'interruzione dell'erogazione del gas in seguito a rottura di condotte o per la chiusura della linea ferroviaria Bologna-Porretta o per le interruzioni di importanti arterie di collegamento che costringono a dirottare il traffico anche pesante su strade secondarie;

   particolarmente complessa appare la situazione del comune di Monghidoro dove sono quindici i movimenti franosi attivi. I danni per la zona si aggirano intorno al milione di euro. Fra le situazioni più critiche, quella di via Ampugnola che ha costretto tre famiglie a lasciare le proprie abitazioni. La frana è stata oggetto di sopralluogo da parte della Protezione civile nazionale per verificare i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza;

   nel comune di Loiano si contano invece otto frane attive: la più rilevante quella in zona Cà dei Boschi. I danni sono stati stimati intorno ai 500mila euro;

   gravi disagi si sono verificati anche lungo la Porrettana a causa di una frana nella zona di Marano che per diversi giorni ha costretto i pendolari a utilizzare servizi sostitutivi che sono comunque risultati solo parziali. Anche a Marano si sono recati i tecnici della Protezione civile per via del movimento franoso che ha distrutto il vecchio tracciato della strada statale 64 e sta minacciando alcuni fabbricati e la parallela linea ferroviaria –:

   quali siano le tempistiche per la dichiarazione dello stato di emergenza per calamità naturale e per quali aree montane del bolognese si intenda concederlo;

   quale sia l’iter seguito dal Governo per assicurare in tempi brevi le risorse necessarie a far fronte ai gravi problemi di dissesto idrogeologico;

   se e in che misura esistano fondi statali stanziati per il dissesto idrogeologico destinati specificamente alle aree montane della città metropolitana di Bologna;

   se esistano fondi straordinari per far fronte ai notevoli danni causati dalle frane e con quali tempistiche saranno messi a disposizione.
(4-00038)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUGATTI, BINELLI, VANESSA CATTOI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la presenza dei lupi in Val di Fassa, nel Trentino, sta mettendo in crisi mandrie e greggi e mina la stessa sopravvivenza degli ungulati che vengono regolarmente assaltati da branchi di questi animali;

   da parecchi mesi proseguono gli avvistamenti nella valle; i quotidiani locali nei giorni scorsi hanno pubblicato le foto di un esemplare a qualche decina di metri dalla scuola elementare di Canazei e di due esemplari avvicinatisi al centro abitato di Penia;

   un video pubblicato da valledifassa.com su Youreporter, il 30 gennaio 2018 mostra chiaramente un branco di sei animali presente nella valle; nei giorni scorsi sono state rinvenute ulteriori carcasse di animali sbranati;

   i cittadini sono preoccupati per il comportamento aggressivo dei lupi che si spingono in prossimità delle abitazioni nelle ore serali;

   tali fatti rendono evidente la rottura della convivenza equilibrata tra l'uomo e il lupo e la necessità di una regolamentazione da parte della provincia autonoma e dello Stato;

   la provincia autonoma di Trento ha messo in atto alcune azioni che tuttavia si limitano al monitoraggio della specie, all'informazione del pubblico, al confronto tra le categorie economiche maggiormente interessate alla presenza dei grandi carnivori e all'indennizzo per gli allevatori, ma si tratta di azioni che non risolvono questioni basilari di gestione della presenza di nuovi branchi nelle valli e non garantiscono la sicurezza dei cittadini;

   il Ministro interrogato ha elaborato un «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» in attuazione della strategia nazionale per la biodiversità che, tuttavia, non ha completato l’iter di approvazione anche per la contrarietà di regioni e province autonome in sede di Conferenza Stato-regioni;

   a livello europeo, nell'ambito del percorso di revisione intermedia della strategia dell'Unione europea sulla biodiversità e del «Piano d'azione per la natura, i cittadini e l'economia», di cui alla comunicazione della Commissione al Parlamento COM2017/198, è stata recentemente approvata dal Parlamento europeo una risoluzione, la P8_TA(2016)0034, che sottolinea come le «direttive sulla tutela della natura prevedono un'ampia flessibilità onde agevolarne l'attuazione tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali secondo quanto sancito dalla direttiva Habitat»; la risoluzione esorta la Commissione «a chiarire gli orientamenti sull'interpretazione e l'attuazione di tali direttive onde evitare o risolvere i punti problematici»; la stessa risoluzione riconosce la necessità di «valutare accuratamente il ruolo dei grandi predatori e l'eventuale introduzione di misure di adattamento, in modo da salvaguardare la biodiversità, il paesaggio agricolo e l'allevamento del bestiame nelle regioni di montagna, praticato da secoli»; tali passaggi della risoluzione evidenziano pertanto esplicitamente la necessità di apportare modifiche al livello di protezione di determinate specie, in conformità alle esigenze economiche e agricole locali;

   la situazione nel Trentino è grave ed è lampante la necessità di prendere immediati provvedimenti per risolvere tale situazione di emergenza e di pericolo che preoccupa i cittadini e soprattutto gli allevatori –:

   quali interventi urgenti il Ministro intenda adottare per far fronte alla grave situazione di emergenza e di pericolo che crea il proliferare della presenza del lupo in Trentino e se non ritenga opportuno assumere iniziative per affidare alla provincia autonoma di Trento la gestione in autonomia della presenza e dello stato di conservazione dei grandi carnivori, come l'orso e il lupo, nel rispetto della sicurezza dei cittadini e delle esigenze economiche e agricole locali.
(4-00022)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   di recente la regione Emilia-Romagna ha annunciato la partenza dei lavori entro il 2018 per la realizzazione del Passante di mezzo a seguito del parere positivo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla valutazione di impatto ambientale;

   il progetto, che si considera alternativo al Passante nord, prevede – come da avviso pubblico di comunicazione di avvio della valutazione di impatto ambientale – per l'A14 il potenziamento in sede a tre corsie di marcia più emergenza tra la pk 9+100 (interconnessione ramo di Casalecchio) e la pk 22+231 (stazione di BO San Lazzaro) per uno sviluppo complessivo di 13 chilometri circa, mentre per la tangenziale si prevede il potenziamento in sede a tre corsie più quella di emergenza dallo svincolo 3 allo svincolo 6 e dallo svincolo 8 allo svincolo 13 e a quattro corsie più quella di emergenza per il tratto che collega lo svincolo 6 allo svincolo 8;

   anche a seguito del parere favorevole del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, continuano a permanere dubbi e perplessità in alcune associazioni di cittadini e comitati che avevano preso parte al percorso partecipativo. Tra i dubbi avanzati, c'è quello legato al fatto che il Passante di mezzo possa risultare in realtà un potenziamento di una infrastruttura già esistente e già satura nella sua capacità di assorbimento del traffico veicolare: attualmente, i flussi di traffico vengono scaricati su radiali cittadine che si intrecciano con il contesto urbano, creando criticità sul fronte dell'inquinamento acustico e atmosferico;

   solo in anni relativamente recenti si è presa coscienza delle gravi correlazioni che esistono tra inquinamento atmosferico e acustico e salute: i dati emersi da tali correlazioni meriterebbero un approfondimento all'interno dell’iter valutativo del Passante di mezzo per il quale andrebbe svolta, in modo compiuto, anche una valutazione di impatto sanitario;

   nel marzo 2017 l'Ordine dei medici di Bologna aveva chiesto, con una lettera inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una moratoria di almeno 12 mesi prima dell'apertura dei cantieri, suggerendo il collocamento di centraline di rilevamento per la valutazione degli inquinanti provenienti dagli scarichi dei veicoli in transito. La pianura Padana è «uno dei siti più inquinati del pianeta – scriveva l'Ordine dei medici – e ciò non può che suggerire quanto proposto ai fini di una corretta valutazione dell'impatto sanitario dell'opera proposta in oggetto con le conseguenti incidenze epidemiologiche sulla collettività esposta»;

   in altre parole, l'Ordine dei medici prendeva posizione a favore dei cittadini preoccupati per l'impatto sanitario derivante dall'allargamento in sede di autostrada e tangenziale e che potrebbe portare a un incremento di circa 25.000 veicoli al giorno, ossia più di 9.000.000 di veicoli all'anno, a meno di tre chilometri dal centro di Bologna –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se l’iter valutativo e approvativo dell'opera «Passante di mezzo» abbia previsto, per quanto di competenza, un'approfondita valutazione di impatto sanitario volta a indagare anche eventuali incrementi di patologie respiratorie o altre problematiche correlate all'inquinamento acustico e atmosferico nella zona che risulterà coinvolta dalla presenza del cantiere e successivamente della nuova infrastruttura;

   in caso affermativo, come si sia svolta la valutazione di impatto sanitario e quali siano stati i relativi risultati; in caso negativo, quali siano i motivi per i quali si sia ritenuto di non dover prevedere una valutazione di impatto sanitario all'interno dell’iter valutativo;

   quali siano stati gli atti e i documenti presi in esame nel corso dell’iter valutativo attestanti l'effettiva sostenibilità ambientale in termini di impatto sanitario del Passante di mezzo;

   se e in che modo sia stato dato seguito alle sollecitazioni dell'Ordine dei medici relativamente alla richiesta di moratoria e al collocamento di centraline di rilevamento per la valutazione degli inquinanti provenienti dai veicoli in transito.
(4-00024)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella camera di consiglio del 31 ottobre 2017 la seconda sezione del Tar ha stabilito di accogliere il ricorso di alcuni Comitati, associazioni e cittadini contro la sopraelevazione, autorizzata, della discarica Tre Monti di Imola;

   il Tar ha dunque annullato la delibera di giunta della regione Emilia-Romagna n. 2262 del 21 dicembre 2016 avente ad oggetto «provvedimento di VIA del progetto per l'ampliamento della discarica Tre Monti: recupero volumetrico in sopraelevazione del 3° lotto nel comune di Imola (BO) - Proponenti CON.AMI ed Herambiente» e altri atti a essa connessi;

   secondo il Tar, il parere non favorevole della Soprintendenza al progetto di ampliamento andava tenuto in debita considerazione anche in riferimento alla sopraelevazione, «non foss'altro perché lo stesso riguardava anche la porzione del progetto di sopraelevazione – già oggetto di parere negativo – e non soltanto la realizzazione del 4° lotto»;

   il progetto di cui si rendeva noto il deposito con Bollettino ufficiale della regione del 23 settembre 2015 prevedeva infatti un recupero volumetrico in sopraelevazione per 375.000 tonnellate e la realizzazione di un quarto lotto (ampliamento) per 1.125.000 tonnellate. A seguito del parere negativo della Soprintendenza, l'iter proseguiva per la sola sopraelevazione che poi veniva autorizzata con la delibera della giunta regionale sopra richiamata;

   il Tar, in sostanza, ha specificato che il parere negativo della Soprintendenza andava considerato nel suo complesso e che la regione avrebbe dovuto valutare l'impatto ambientale in un'ottica complessiva dell'intervento;

   a seguito della sentenza del Tar l'assessorato regionale competente confermava comunque l'autosufficienza della regione nonostante lo «stop» dell'impianto Tre Monti;

   tuttavia, la giunta procedeva a fare ricorso al Consiglio di Stato per l'annullamento, previa sospensione, della sentenza del Tar sopra richiamata, con delibera della giunta regionale n. 300 del 5 marzo 2018;

   è tuttora in corso la procedura di valutazione di impatto ambientale, con proponenti ConAmi e Herambiente, per l'ampliamento della discarica Tre Monti per 1.125.000 tonnellate;

   va rilevato che la discarica di Imola ha oltre 40 anni di vita ed era nata per soddisfare un bisogno di stoccaggio rifiuti prettamente territoriale. Negli anni tuttavia questa discarica ha accolto rifiuti da ogni parte d'Italia, pertanto si è giunti alla sua saturazione in tempi relativamente brevi;

   nel corso dei due iter valutativi (il primo concluso con l'autorizzazione della sopraelevazione, il secondo ancora in essere) comitati e cittadini hanno evidenziato la necessità di procedere a una puntuale valutazione di impatto sanitario dato l'evidente impatto ambientale di tale impianto e considerando ormai insostenibile un ampliamento di tali dimensioni per una discarica tanto datata –:

   se il Ministro della salute intenda, per quanto di competenza, promuovere una indagine epidemiologica che includa un approfondimento sulle aree circostanti, analizzando anche i dati presenti nell'atlante della mortalità della regione Emilia-Romagna che vedono il territorio dell'ausl di Imola al primo posto per alcune malattie del sistema respiratorio e verificando anche le matrici ambientali (aria, suolo, sedimenti e acque);

   se si intenda, per quanto di competenza, promuovere, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica all'interno del perimetro della discarica ove attualmente persistono superamenti dei limiti di legge (CSC) per parametri quali cromo VI, arsenico, cianuri liberi, nitriti, solfati, ferro ed altri per valutare una eventuale messa in sicurezza.
(4-00039)

GIUSTIZIA

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   l'Associazione nazionale dei giudici di pace e l'Unione nazionale giudici di pace, con un comunicato diramato il 16 marzo 2018, hanno annunciato uno sciopero nazionale dal 9 aprile al 6 maggio 2018;

   alla base della nuova protesta i contenuti della riforma della magistratura di pace ed onoraria del Ministro interrogato, la quale andrebbe ulteriormente a precarizzare la categoria attraverso, tra l'altro, l'impiego dei giudici a due giorni la settimana;

   nella comunicazione ufficiale dell'Unagipa e dell'Angdp inviata il 19 marzo 2018 al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, alla Commissione per la garanzia dello sciopero nei servizi pubblici, al Consiglio superiore della magistratura e a tutti i presidenti delle corti di Appello vengono esplicitati ampiamente i motivi dello sciopero come di seguito si sintetizza:

    1) la riforma andrebbe a porre gli oneri contributivi a carico dei magistrati onorari «parametrando il sistema previdenziale a quello dei lavoratori autonomi»; inoltre abbatterebbe ulteriormente gli emolumenti senza riconoscere tutela per maternità, paternità e malattia;

    2) vengono palesati «ulteriori e numerosi aspetti di assoluta criticità» quali il potere dei magistrati professionali di impartire direttive ai magistrati onorari nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, la previsione di retrocessione, immediata per i giudici onorari di tribunale e dopo il primo quadriennio per i giudici di pace in servizio, ai compiti di natura prevalentemente amministrativa e di sostegno, la previsione di licenziamento in tronco «mascherato sotto l'eufemismo della dispensa d'ufficio dei magistrati onorari che per cause di forza maggiore (gravidanza, grave malattia) dovranno assentarsi dall'ufficio per oltre 6 mesi»;

    3) il Consiglio di Stato con parere del 7 aprile 2017 aveva rilevato che la stabilizzazione dei giudici di pace e degli altri magistrati onorari in servizio poteva essere legittimamente perseguita con un provvedimento legislativo ad hoc articolato sul modello della legge n. 217 del 1974 ma, ad oggi, non risulta essere stata assunta nessuna iniziativa legislativa a tale scopo;

    4) nel frattempo, le più alte istituzioni europee avrebbero avviato procedure in merito a violazioni di diritto comunitario, in particolare la Commissione europea avrebbe già chiuso una procedura EU Pilot (7779/15/EMPL) con valutazione negativa dell'operato dell'Italia in riferimento a diverse violazioni di direttive comunitarie tra le quali la 2003/88/CE sull'orario di lavoro, la 92/85/CEE sulla maternità o – a seconda della natura del servizio prestato – la 2010/41/UE sulla parità di trattamento tra uomini e donne che esercitano un'attività di lavoro autonomo, la 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato;

    5) il 23 marzo 2017 sarebbe pervenuta al Ministro della giustizia una lettera del Parlamento europeo sulle predette criticità: a tale sollecitazione, a quanto consta all'interrogante, pare non abbia fatto seguito una risposta da parte del Ministro;

    6) risultano tuttora pendenti numerose procedure giudiziarie interne dinanzi al giudice onorario ed amministrativo, presentate dai singoli magistrati o organizzazioni di categoria;

   nelle ultime settimane l'accelerazione impressa dal Ministro interrogato per rendere operativa la riforma si sarebbe già esplicitata nella pubblicazione di bandi di concorso e nell'avvio dell'ufficio del processo «al fine di rendere tale processo irreversibile e precludere al nuovo Esecutivo di realizzare il suo programma di governo»;

   le richieste avanzate dalla categoria riguardano pertanto la sospensione «immediata » di ogni attività di attuazione della «riforma Orlando», si chiede inoltre al nuovo Governo «di abrogare la riforma medesima e procedere, con decreto legge, alla stabilizzazione dei 5.000 giudici di pace e magistrati onorari in servizio sulla falsariga della legge 217 del 1974, positivamente vagliata da Corte Costituzionale e Consiglio di Stato, che stabilizzò illo tempore i vice pretori onorari, riconoscendo loro lo stesso trattamento economico e previdenziale dei magistrati di Tribunale, peraltro in linea con il principio di non discriminazione fra categorie di lavoratori comparabili sancito dall'ordinamento comunitario»;

   non è la prima volta che i giudici di pace proclamano lo sciopero. L'astensione nazionale dalle udienze era già stata messa in atto dal 21 al 25 novembre 2016, dal 19 al 22 dicembre 2016, dal 26 gennaio al 1° febbraio 2017, dal 21 al 25 febbraio 2017, dal 20 al 24 marzo 2017, dal 2 al 6 ottobre 2017, dal 21 al 25 novembre 2017 e dall'8 gennaio al 4 febbraio 2018, senza che il Governo manifestasse «segnale alcuno di sensibilità nei confronti delle istanze di categoria» –:

   se si intenda procedere alla immediata sospensione di ogni attività di attuazione della «riforma Orlando» promuovendo inoltre la stabilizzazione dei 5000 giudici di pace e magistrati onorari come da richiesta dell'Unagipa e dell'Angdp e accogliendo le istanze delle medesime associazioni a tutela della categoria;

   quali siano le motivazioni che abbiano portato il Governo a non dare riscontro alle istanze dell'Unagipa e dell'Angdp nonostante i numerosi scioperi proclamati;

   come si intenda agire rispetto alla non conformità al diritto comunitario dell'operato dell'Italia in relazione alle vicende esposte in premessa.
(2-00004) «Bignami».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il decreto cosiddetto «svuota carceri» del 2013 avrebbe creato una sorta di caos normativo, in quanto disporrebbe, per i detenuti con condanne inferiori ai quattro anni, l'attivazione di misure alternative al carcere, di fatto ampliando la «casistica» delle motivazioni per giungere alla scarcerazione;

   a tal proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 41 del 2 marzo 2018, ha stabilito l'incostituzionalità, alla luce delle nuove norme, del quinto comma dell'articolo 656 del codice di procedura penale, il quale prevede che la sospensione della pena in vista di forme alternative sia valido solo per pene fino a quattro anni;

   secondo la Corte, invece, coloro che devono scontare una pena, anche residua, fino a quattro anni hanno diritto alla sospensione dell'ordine di esecuzione a patto che tale sospensione sia motivata con l'affidamento in prova ai servizi sociali;

   tali disposizioni sembra saranno recepite anche nella riforma dell'ordinamento penitenziario che ha già ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri;

   nella citata riforma dell'ordinamento penitenziario non sembra essere presa in considerazione la peculiarità della realtà carceraria italiana che presenta il 34 per cento di detenuti di origine straniera sul totale della popolazione carceraria;

   a tal proposito, si ritiene che una riforma dell'ordinamento penitenziario debba viaggiare di pari passo con il potenziamento delle politiche di rimpatrio per gli stranieri abitualmente dediti ad attività criminose, con l'ampliamento e con la garanzia di esecuzione degli accordi bilaterali con i Paesi di origine, affinché i detenuti scontino, anche senza il loro consenso, la pena detentiva nel Paese di provenienza;

   ci sono infatti regioni, quali l'Emilia-Romagna, nelle cui carceri un detenuto su due è di origine straniera, una delle percentuali più alte del Paese. Al momento, non esistono nemmeno luoghi formali di confronto tra Governo e regioni in materia di politica penitenziaria, aspetto su cui va aperta una profonda e seria riflessione per poter consentire alle regioni di condividere con le amministrazioni statali nuove e più lungimiranti scelte di politica penitenziaria;

   i dati della popolazione straniera carceraria, aggiornati al 31 dicembre 2017 e riportati sul sito del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), parlano di 745 detenuti stranieri su un totale di 57.608 e rappresentano il 34,2 per cento della popolazione carceraria. Del totale dei detenuti stranieri in Italia, il 18,8 per cento è di origine marocchina, il 13,1 per cento è di origine rumena, il 13,2 per cento, è di origine albanese, il 10,7 per cento è di origine tunisina. In riferimento all'Emilia-Romagna, che presenta una elevata incidenza di stranieri all'interno delle carceri, la popolazione carceraria complessiva è di 3488 unità e gli stranieri rappresentano, pertanto, il 50,7 per cento con punte anche del 59 per cento per le singole carceri;

   il costo stimato per lo Stato italiano per mantenere i detenuti nelle carceri italiane ammonterebbe a circa un miliardo di euro l'anno (dato 2013): costi che potrebbero essere notevolmente ridotti con politiche mirate volte al rimpatrio dei detenuti stranieri;

   questa possibilità è prevista infatti dalla convenzione di Strasburgo del 1983, ratificata dall'Italia la quale ha, nel corso del tempo, sottoscritto una serie di accordi bilaterali con alcuni Paesi, tra cui l'Albania (firmato a Roma nel 2002, l'accordo prevede, tra l'altro, che lo Stato di esecuzione presti il proprio consenso solo dopo aver sentito il parere della persona condannata) e la Romania (firmato a Roma nel 2003, l'accordo prevede che si possa procedere anche senza il consenso del condannato che deve comunque essere sentito);

   mancano comunque all'appello, per esempio, accordi con il Marocco e la Tunisia (le cui nazionalità sono tra quelle maggiormente rappresentate nelle carceri italiane); anche per quanto riguarda gli accordi sottoscritti, non sembra esistano report sufficientemente esaustivi per stabilire quanto questi accordi vengano applicati e con quale efficacia –:

   se non si ritenga, anche vista la pronuncia della Corte costituzionale, assumere iniziative per ripensare all'impianto del decreto-legge n. 146 del 2013;

   se non si ritenga necessario procedere a una verifica dell'applicazione dei citati accordi bilaterali già in essere, al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne criticità;

   quanti detenuti siano stati effettivamente rimpatriati grazie a tali accordi, a partire dalla data della loro sottoscrizione a oggi;

   se non si ritenga fondamentale assumere per un potenziamento delle politiche di rimpatrio degli stranieri detenuti, anche attraverso la stipula di nuovi accordi bilaterali specifici, laddove inesistenti, affinché i detenuti stessi scontino la pena nel loro Paese di origine, oltre a mettere in campo misure efficaci di rimpatrio anche per gli stranieri abitualmente dediti ad attività criminose;

   se non si ritenga indispensabile creare un luogo di confronto tra Governo e regioni in tema di politiche penitenziarie, al fine di rendere le regioni realmente partecipi su tali problematiche nelle quali risultano ancora poco coinvolte.
(2-00008) «Bignami».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   di recente la Regione Emilia-Romagna ha annunciato la partenza dei lavori entro il 2018 per la realizzazione del Passante di mezzo a seguito del parere positivo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla valutazione di impatto ambientale;

   il progetto, che si considera alternativo al Passante nord, prevede – come da avviso pubblico di comunicazione di avvio della valutazione di impatto ambientale – per l'A14 il potenziamento in sede a tre corsie di marcia più emergenza tra la pk 9+100 (interconnessione ramo di Casalecchio) e la pk 22+231 (stazione di BO San Lazzaro) per uno sviluppo complessivo di 13 chilometri circa mentre per la tangenziale si prevede il potenziamento in sede a tre corsie più quella di emergenza dallo svincolo 3 allo svincolo 6 e dallo svincolo 8 allo svincolo 13 e a quattro corsie più quella di emergenza per il tratto che collega lo svincolo 6 allo svincolo 8;

   anche a seguito del parere favorevole del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dopo la conclusione del confronto pubblico continuano a permanere dubbi in alcune associazioni di cittadini e comitati che avevano preso parte al percorso partecipativo. Tra i dubbi avanzati, il fatto che il Passante di mezzo possa risultare in realtà un potenziamento di una infrastruttura già esistente e già satura nella sua capacità di assorbimento del traffico veicolare;

   nell'intesa generale quadro del 19 dicembre 2003 stipulata tra Ministero e regione si parlava solo in via generica di Passante autostradale senza ulteriori specifiche: pertanto, non veniva aprioristicamente esclusa nessuna ipotesi e dunque nemmeno quella del Passante sud, la quale sembrava presentare profili di sostenibilità ambientale ed economica più elevata;

   sono infatti molteplici i motivi che dovrebbero indurre a considerare il Passante sud come seria alternativa al Passante di mezzo: possibilità di creare un vero e proprio anello intorno alla città, raccordare la viabilità cittadina e la rete nazionale con zone montane ora non direttamente collegate, riduzione della lunghezza del tracciato, minore impatto sulla viabilità;

   con la realizzazione del Passante sud si creerebbero 2 strade alternative di fatto perfettamente sostituibili: l'attuale percorso ed il Passante sud. Entrambi i percorsi collegherebbero le tratte Milano-Rimini (A1-A14), Firenze-Rimini (A1-A14), Rimini-Padova (A14- A13), Milano-Padova (A1-A13) e Firenze-Padova (A1-A13). Ciò comporterebbe una invarianza dei flussi diretti a Padova A1-A13 nelle due direttive e A14-A13; per quanto riguarda le altre tratte si potrebbe ipotizzare il transito del flusso veicolare che interessa la tratta Firenze-Rimini (A1-A14) dal Passante sud collegando direttamente le due autostrade. Per quanto concerne invece la percorrenza Milano-Rimini (A1-A14), creandosi due alternative identiche, il traffico potrebbe equamente distribuirsi sui due percorsi, ma si potrebbe anche pensare di mantenere la tratta autostradale solo per andare in direzione Padova da tutte le direzioni, trasformando, di fatto, l'attuale sede autostradale in una sorta di svincolo di collegamento e niente più, trasferendo tutto il traffico della direttrice Milano-Rimini sul Passante sud che, a 3 corsie, potrebbe assorbire tranquillamente l'impatto;

   anche le obiezioni sollevate dal punto di vista dell'impatto ambientale per la realizzazione del Passante sud non sembrerebbero ostacoli insuperabili anche in riferimento a interventi di ricucitura urbana, ambientale, territoriale e idrologica, come dimostrato da alcuni professionisti, ingegneri della facoltà di Bologna, che hanno rivisto il progetto a maggio 2016 secondo i criteri e i costi utilizzati per la variante di valico –:

   se sia stata approfonditamente analizzata e puntualmente verificata l'alternativa relativa alla realizzazione del Passante sud; in caso negativo, quali ne siano le motivazioni;

   se si intenda, visti anche gli esiti del confronto pubblico sull'iter valutativo e i dubbi e le perplessità che ancora permangono, finanziare uno studio di fattibilità per la realizzazione del Passante sud al fine di comparare i due progetti e individuare quello maggiormente sostenibile.
(2-00003) «Bignami».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il 5 aprile 2018 la stampa locale del territorio di Bologna riportava la notizia relativa alla richiesta di Anas al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di convocazione della conferenza dei servizi per giungere in tempi rapidi all'avvio del cantiere per la realizzazione del Passante di Bologna (definito anche Passante di Mezzo), verosimilmente per la primavera del 2019;

   tale accelerazione appare incomprensibile a parere all'interpellante in una fase transitoria e soprattutto in vista della definizione del nuovo Governo, tanto più che permangono ancora dubbi e perplessità da parte di comitati e cittadini, in merito al fatto che, nel corso dell'iter valutativo, non siano stati eseguiti sufficienti approfondimenti in merito all'impatto sanitario e ambientale dell'infrastruttura;

   in questa fase, dunque, sarebbe auspicabile attendere la nomina del nuovo Ministro delle infrastrutture e dei trasporti invece di accelerare su opere tanto strategiche quanto divisive dal punto di vista della discussione sull'impatto sanitario, ambientale e di efficientamento rispetto alla gestione del traffico veicolare –:

   se si intenda valutare di sospendere l'iter per la realizzazione del Passante di Mezzo alla luce delle considerazioni di cui in premessa, dando riscontro ad Anas in tal senso.
(2-00010) «Bignami».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANOTELLI, FUGATTI, BINELLI, VANESSA CATTOI e SEGNANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni l'autotrasporto nel nostro Paese soffre di una scarsa competitività a livello europeo soprattutto a causa della concorrenza sleale, del trasporto in regime di cabotaggio illegale e della delocalizzazione abusiva delle imprese, tutti elementi che hanno provocato una drammatica crisi, favorendo al contempo le imprese dei Paesi dell'Est Europa che hanno avuto un notevole aumento, con un miglioramento dei traffici merci di quasi il 200 per cento;

   da notizie in possesso degli interroganti, nel territorio trentino sembra che si verifichino spesso casi in cui furgoni telonati muniti di cuccetta, con targa nella maggior parte dei casi polacca, non sempre muniti di idonea documentazione, attendono mezzi pesanti provenienti dall'estero, scaricandone i bilici e smistando il materiale trasportato. Sembra che questi stessi furgoni, successivamente, fungano da corrieri senza averne i necessari requisiti e provocando quindi concorrenza sleale a danno delle ditte trentine;

   i rappresentanti di categoria hanno sollevato in diverse sedi questa ed altre problematiche relative all'autotrasporto, sottolineando che anche alcune ditte italiane mettono in atto gli stessi comportamenti illeciti per abbattere i costi legati al servizio;

   in Italia le condizioni fiscali e burocratiche sono scarsamente competitive e molte aziende, ritenendole svantaggiose, sono costrette a chiudere l'attività oppure a delocalizzarsi. Le possibilità date dal distacco transnazionale del personale (previsto nell'ambito della libera circolazione dei lavoratori e della libera prestazione dei servizi) e dalle attività di trasporto in regime di cabotaggio (praticate in aggiunta abusivamente e oltre i limiti consentiti) permettono alle imprese di continuare a lavorare in un determinato Paese, ma alle condizioni fiscali e contributive più favorevoli dello Stato nel quale hanno spostato la sede e immatricolato i veicoli;

   in Francia è stata approvata una legge per tutelare l'autotrasporto nazionale, volta a combattere il dumping sociale e la concorrenza sleale, a rafforzare la responsabilità dei committenti e delle forze dell'ordine nell'ambito del subappalto, a ricondurre a livello nazionale gli introiti del lavoro effettuato dagli autotrasportatori sul territorio francese, nonché a recepire in pieno la normativa comunitaria relativa ai tempi di riposo settimanale degli autisti (di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 561/2006), imponendo che tale riposo non possa svolgersi nella cabina del camion –:

   se i Ministri interrogati non ritengano doveroso intensificare i controlli lungo gli assi stradali del territorio trentino per accertare gli illeciti commessi dai mezzi muniti di targa straniera relativamente al collettame, ai documenti dei veicoli e al rispetto della normativa europea che impone l'osservanza delle ore di guida e di riposo;

   se ai Ministri interrogati siano già state segnalate in passato le problematiche relative all'autotrasporto espresse in premessa, in particolare quali siano state le istanze rappresentate dalle categorie di settore e di quali criticità si sia fatta portavoce la provincia di Trento negli ultimi tre anni;

   se non ritengano doveroso farsi promotori di un provvedimento, sul modello francese sopra citato, sentite le parti interessate, comprese le categorie maggiormente rappresentative del settore e gli amministratori locali delle aree coinvolte, che preveda misure a favore del comparto dell'autotrasporto nel nostro Paese, che favorisca l'apertura dei mercati e sfavorisca al contempo il dumping sociale e la concorrenza sleale, anche attraverso un'armonizzazione della sfera fiscale e dei costi di esercizio che incidono sulle aziende di trasporti e un rafforzamento dei controlli su strada nei confronti dei veicoli stranieri.
(4-00036)


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° gennaio 2015 l'azienda sanitaria locale di Bologna ha deciso di eliminare la presenza continuativa di un medico all'aeroporto Marconi di Bologna a favore della presenza di un'ambulanza con infermiere a bordo: tutto ciò in un luogo dove annualmente transitano circa 7 milioni di passeggeri;

   il 30 gennaio 2015 l'Enac (Ente nazionale aviazione civile), in seguito a richiesta da parte dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna (OMCeO), ribadiva in una nota informativa le caratteristiche relative ai «requisiti minimi del servizio di pronto soccorso sanitario aeroportuale»: in tale nota si precisava che «l'intervento per l'emergenza che si traduce in un vero e proprio obbligo per il gestore di fornire il servizio, rappresenta la ragione primaria dell'istituzione del PSA (Presidio Sanitario Aeroportuale), mentre l'assistenza agli utenti aeroportuali può essere considerata come una funzione accessoria. In tale ottica, i requisiti minimi di costituzione del presidio non possono che prevedere la presenza costante di un medico, eventualmente supportato da una figura professionale paramedica o ausiliaria, in grado di utilizzare le apparecchiature mediche in dotazione al presidio»;

   nella stessa comunicazione di cui sopra si precisava che «l'obbligatorietà della presenza di un medico per l'intero orario di operatività dell'aeroporto è stato ribadito anche dalle Linee guida di cui si tratta che, a pagina 6 secondo capoverso, recitano: “Lo svolgimento del servizio dovrà essere curato dal medico addetto con la massima professionalità al fine di garantire un'alta qualità del servizio”. Tale raccomandazione è posta solo a carico del medico e non dell'altro personale eventualmente impiegato, per sottolineare che tale figura professionale rappresenta uno degli elementi costitutivi del presidio dal quale non si può prescindere. Ciò non esclude comunque che il PSA preveda l'impiego di più medici articolati secondo turnazione in modo da coprire l'arco temporale di operatività aeroportuale»;

   la regione Emilia-Romagna, a seguito di regolare accesso agli atti, segnalava che l'Enac, in data 3 febbraio 2015, aveva comunicato alle direzioni aeroportuali che l'efficacia di quanto disposto nella nota «requisiti minimi del servizio di pronto soccorso» era «sospesa fino, a nuova comunicazione»;

   l'azienda Usl di Bologna, in seguito alla stipula della relativa convenzione, ha chiarito che la postazione di emergenza presso l'aeroporto Marconi è divenuta a tutti gli effetti una postazione del sistema di emergenza territoriale dell'azienda Usl coordinata dalla centrale 118 Emilia-est;

   tra l'altro, la disponibilità di auto mediche nella città di Bologna presenta già volumi di attività che da soli potrebbero giustificare il potenziamento del servizio nella città di Bologna –:

   se esista una nota ufficiale dell'Enac che in qualche modo «sospenda» fino a nuova comunicazione l'efficacia di quanto disposto nella citata nota relativa ai «requisiti minimi del servizio di pronto soccorso» e come si spieghi la sospensione dell'efficacia di tale nota che di fatto rimanda a linee guida nazionali specifiche e non derogabili adottate nel 2014 con obbligo di adeguamento da parte dei gestori aeroportuali;

   quali iniziative si intendano assumere per evitare che tale eventuale sospensione possa costituire un precedente preoccupante che, paradossalmente, potrebbe essere applicato anche ad altri aeroporti d'Italia che, in tal caso, potrebbero prevedere l'eliminazione della figura fissa di un medico dal presidio sanitario aeroportuale;

   se vi siano altri aeroporti in Italia nella medesima situazione dell'aeroporto di Bologna;

   se, alla luce di quanto esposto, la società che ha in gestione l'aeroporto Marconi di Bologna possa considerarsi di fatto obbligata a ripristinare a suo carico la presenza fissa di un medico all'interno del presidio sanitario aeroportuale senza che il presidio aeroportuale vada a gravare sulla rete pubblica dell'emergenza.
(4-00040)

INTERNO

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   va richiamata la delibera della Corte dei Conti Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato del 7 marzo 2018 in tema di prima accoglienza dei migranti cui si rimanda per ogni altro ulteriore dettaglio;

   nel 2016 sono sbarcati sul territorio nazionale più di 181 mila migranti; l'anno precedente ne erano giunti circa 153 mila. Per la loro accoglienza gli impegni finanziari ammontano complessivamente a 1,7 miliardi di euro nel 2016, di cui 1,29 miliardi per la prima accoglienza, 266 milioni per la seconda accoglienza e 111,5 milioni per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;

   l'Unione europea ha contribuito, nel 2016, per mezzo di «Frontex» per 8,1 milioni di euro e, per mezzo del Fondo asilo, migrazione ed integrazione (Fami) per 38,7 milioni di euro, risorse che rappresentano soltanto il 2,7 per cento rispetto all'onere gravato sul bilancio dello Stato. A ciò deve aggiungersi la stima delle spese per le mancate ricollocazioni di migranti negli altri Paesi europei che, alla data del 15 ottobre 2017, ammonta a non meno di 762,5 milioni di euro;

   nelle strutture di accoglienza i migranti restano per tutto il periodo in cui la domanda di asilo è oggetto di esame, oltre sei mesi, salvo ricorsi;

   il costo medio pro capite per migrante è oscillato, nel 2013, da un minimo di 4,97 euro per la Sicilia e di 11,63 euro per la Puglia, fino ad un massimo di 56,16 euro per l'Emilia-Romagna; solo per il centro di identificazione ed espulsione di Modena la spesa è stata di 167,81 euro pro capite. Nel 2015 il costo pro capite in Emilia-Romagna è sceso a 33,48 euro;

   scrive la Corte dei Conti che la gestione di ogni domanda di asilo è costata in media 203,95 euro, cui vanno ad aggiungersi i costi per le varie fasi di giudizio e per l'impiego del gratuito patrocinio. Nel 2016, il 56 per cento delle richieste è stato respinto e solo il 13 per cento dei richiedenti asilo ha ottenuto lo status di rifugiato; la maggioranza dei richiedenti è, infatti, costituita da «migranti economici» che non fuggono da situazioni di aperto conflitto, ma partono dal Paese di origine spinti dall'aspettativa di migliorare proprie condizioni di vita e di lavoro;

   i migranti cui non viene riconosciuta alcuna protezione diventano irregolari, «rimpatriarli è complesso e oneroso, essi restano sul territorio senza diritti, facilmente inseribili anche nei circuiti delle attività illecite e malavitose». La Corte dei Conti auspica, pertanto, la creazione di un metodo di valutazione e vaglio maggiormente celere, «qualificate commissioni ristrette» che assumano, in tempi brevissimi, i relativi provvedimenti in relazione alle domande pervenute, evitando di riconoscere un «diritto di permanenza indistinto» a tutti coloro che sbarcano;

   la Corte dei Conti sottolinea come tale situazione evidenzi «perplessità circa la tenuta dei conti da parte dei locali uffici territoriali del Governo» e circa la gestione contabile del fenomeno migratorio nel suo complesso, svelando inoltre «un aspetto sintomatico di disordine contabile che certamente non salvaguarda i principi di buona amministrazione, ma che dovrebbe indurre il Ministero a rimeditare un ritorno tempestivo alle regole di contabilità ordinaria» –:

   se e in che modo si intenda rispondere alle sollecitazioni della Corte dei Conti e con quali tempistiche;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per accelerare le procedure di riconoscimento o diniego della protezione internazionale e/o dello status di rifugiato e per perseguire una efficace politica di rimpatrio per coloro che non hanno diritto all'accoglienza.
(2-00005) «Bignami».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il 15 marzo 2018, da quanto si è appreso dalla stampa, la nave Open Arms, della Ong catalana ProActiva, è stata oggetto di gravissime minacce da parte della guardia costiera libica nel corso di un evento di «Search & rescue» (Sar) in mare a 73 miglia dalla costa libica;

   la nave spagnola, dopo aver risposto a una segnalazione di distress di un'imbarcazione in acque internazionali da parte del Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (Italian Maritime Rescue Coordination - IMRCC) di Roma, inizia le operazioni di soccorso, salvando decine di persone;

   successivamente riceve un'altra richiesta di intervento ma, in fase di avvio delle operazioni, arriva lo stop da parte dell'IMRCC di Roma, essendo già intervenute le motovedette libiche per riportare le persone in Libia;

   subito dopo arriva una terza richiesta da Roma per una imbarcazione in pericolo (distress) in acque internazionali e partono le operazioni di recupero di Open Arms;

   nel corso delle operazioni l'IMRCC di Roma informa Open Arms che il coordinamento del Sar deve passare alla Libia. Mentre i volontari eseguono il recupero, gli uomini della guardia costiera libica, armati, li minacciano, come testimoniato da un video, per quasi due ore fino a quando consentono alla Open Arms di portare in salvo i naufraghi;

   nella fase successiva l'imbarcazione spagnola attende istruzioni da Roma sul luogo dove sbarcare le 218 persone salvate, tra i quali una madre con la figlia neonata, in gravissime condizioni, che viene poi affidata alle autorità di Malta;

   in seguito alla richiesta ufficiale del governo spagnolo a quello italiano, arriva da parte delle autorità italiane l'assegnazione del porto di Pozzallo, dove l'imbarcazione giunge il sabato 17 marzo mattina;

   a Pozzallo, la nave viene sottoposta a sequestro preventivo; la procura di Catania ipotizza il reato di associazione a delinquere per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a carico di tre persone della Ong;

   si fa presente che non essendo stata legittimata a livello internazionale un'area di Sar libica dall’International Maritime Organisation, la vicenda si è svolta in acque internazionali all'interno di una zona Sar di competenza dell'IMRCC di Roma, che per primo è intervenuto e che ha la responsabilità di attivarsi e condurre le barche in un porto sicuro, come sottolineato dall'associazione per gli Studi giuridici sull'immigrazione (Asgi);

   il salvataggio, con rinvio in Libia dei migranti, parrebbe, secondo l'interpellante, violare le convenzioni internazionali perché nessun porto libico può attualmente essere considerato «luogo sicuro» ai sensi della Convenzione per la ricerca e il soccorso in mare del 1979 e le norme in materia di soccorso impongono il rispetto degli obblighi internazionali in materia di rifugiati, tra i quali il «non respingimento»;

   nessuna delle condizioni richieste dal diritto internazionale e marittimo in materia di asilo può essere soddisfatta in Libia tanto che, i rifugiati – come attestato dall'UNHCR – sono reclusi in centri di detenzione, in condizioni disumane;

   il centro di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, con cui comunica l'IMRCC di Roma nelle operazioni Search & rescue, sarebbe oggetto dell'accordo tra il governo libico e quello italiano del febbraio 2017 e attualmente – si apprende dalla stampa – il cui personale si troverebbe a bordo della nave Tremiti della Marina italiana, nel porto di Tripoli;

   la motovedetta libica – 648 Ras Jadir – coinvolta del terzo evento di Sar, sembra essere la stessa ritratta il 15 maggio 2017 a Tripoli, durante la conferenza stampa per la riconsegna delle imbarcazioni, rimesse a nuovo, da parte del governo italiano a quello libico;

   l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), come dichiarato dal suo rappresentante in Libia, è presente insieme all'Organizzazione internazionale per le migrazioni, in dodici punti sulla costa dove vengono sbarcati i migranti dalla Guardia costiera libica; si tratta di migranti poi registrati dalle due organizzazioni per individuare i potenziali rifugiati, per poi essere affidati al Dipartimento per il contrasto all'immigrazione irregolare libico che procede a smistarli nei centri di detenzione –:

   quali iniziative si intendano intraprendere nei confronti del governo libico di fronte alle gravi minacce rivolte alla Ong spagnola nell'ambito di un evento di Sar sotto la responsabilità italiana;

   su quali basi di diritto marittimo internazionale siano state date dall'IMRCC di Roma indicazioni alla Open Arms sull'assunzione del coordinamento da parte dei libici e se corrisponda al vero che i soccorritori della Ong spagnola siano stati sollecitati da Roma a trasferire i profughi già salvati sulla motovedetta libica per il successivo approdo in Libia;

   quali siano gli accordi tra il governo italiano e quello libico in merito al supporto di cui si parla nel memorandum del febbraio 2017, all'articolo 1 e se e come sia coinvolto personale italiano nella gestione dei centro di coordinamento di soccorso libico a Tripoli;

   di quali elementi disponga circa il numero delle persone intercettate dalla Guardia costiera libica nel secondo evento di SAR; circa il porto della costa libica nel quale siano approdate e circa il numero di coloro che abbiano incontrato gli operatori dell'UNHCR e dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e siano stati ritenuti bisognosi di protezione internazionale; in quale centro di detenzione siano stati trasferiti.
(2-00007) «Magi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 27 ed il 28 marzo 2018 un ladro incappucciato si è introdotto all'interno di una villetta situata in via Cadea, nel pieno centro storico di Lambrugo, comune della provincia comasca, sorprendendo a casa loro una coppia di coniugi, che sono stati bruscamente svegliati e si sono trovati alle prese con un malvivente sconosciuto;

   a svegliare i coniugi, che si trovavano nella loro camera da letto, sono stati i rumori provocati dall'attività di ricerca valori condotta dal ladro nella zona giorno della villetta e soprattutto il respiro affannoso del malvivente;

   il bandito indossava un passamontagna ed una giacca e anche a causa dell'oscurità non è stato possibile riconoscerne le fattezze;

   a mettere in fuga il malvivente sono fortunatamente bastate le urla dei coniugi sorpresi dalla sgradita «visita»;

   se a Lambrugo le grida dei proprietari di casa sono state sufficienti a mettere in fuga il malfattore, non altrettanto può dirsi a proposito di un episodio simile, occorso nella settimana precedente ad Urago di Tavernerio, ove un ladro ha reagito alla scoperta della sua effrazione prendendo a calci il proprietario;

   malgrado l'impegno delle forze dell'ordine, l'offensiva contro i patrimoni non accenna ad attenuarsi; ne è prova la circostanza che a Lambrugo si è registrato un secondo furto in appartamento nella stessa notte tra il 27 e il 28 marzo –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata a Lambrugo ed Urago di Tavernerio;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella provincia comasca.
(4-00020)


   FIANO, QUARTAPELLE PROCOPIO, MOR, POLLASTRINI, MAURI e NOJA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo internet e stampa si è appreso che la mattina del 2 aprile 2018 i rappresentanti dell'Istituto pedagogico della Resistenza di Milano hanno trovato la loro sede di via degli Anemoni 6, nella periferia Ovest di Milano, letteralmente devastata, con porte divelte, la finestra rotta, armadi danneggiati, documenti buttati all'aria, e con danni pari a migliaia di euro;

   ciò che desta preoccupazione è che, secondo quanto dichiarato dal consiglio direttivo dell'istituto, poche sembrerebbero le cose e i documenti sottratti, mentre evidenti appaiono i danni economici arrecati ad un istituto la cui attività si fonda sul solo impegno dei volontari;

   va peraltro ricordato che non è la prima volta che un simile danno viene arrecato a quest'istituto —, che non ha fini di lucro e i cui obiettivi risiedono nella documentazione e diffusione dei valori espressi dalla Resistenza — e che due episodi analoghi si erano già verificati a settembre e novembre del 2015;

   tali fatti destano particolare allarme sociale, specie se collegati ad altri fatti di cronaca come il recente incendio al Circolo Pd della Barona, o la rievocazione nazista a Cologno Monzese che sembrano delineare una vera e propria escalation nel clima di odio e violenza, in prossimità del 25 aprile, ricorrenza della festa della Liberazione dal fascismo e dal nazismo –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di scongiurare un ulteriore deterioramento del clima politico con l'approssimarsi del 25 aprile 2018 nonché per evitare che simili gravi episodi di minacce e danneggiamento possano nuovamente ripetersi ai danni di persone o istituti la cui attività sia rivolta a riaffermare il valore storico, politico e sociale della Resistenza o, come nel caso dell'Istituto pedagogico di Milano, a contribuire allo sviluppo antifascista, democratico e pluralista della scuola e della società civile.
(4-00021)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Cologno Monzese, a guida Lega Nord, ha patrocinato una rievocazione «dei fatti accaduti sul finire del tragico conflitto mondiale» con una manifestazione nel cortile esterno di Villa Casati, sede del comune, che prevede la ricostruzione di un campo militare della Wehrmacht, ovvero dell'esercito della Germania nazista agli ordini di Hitler, per il 21 e 22 aprile 2018;

   inizialmente la manifestazione, che per l'interrogante si pone in sfregio alla Festa della Liberazione che si terrà il 25 aprile, prevedeva la presenza solo di attori mascherati da soldati e ufficiali tedeschi;

   l'organizzazione dell'evento era stata assegnata al «Gruppo 36 Fusilier Kompanie», famigerata Brigata delle SS che operò con particolare efferatezza in Polonia contro i partigiani;

   dopo le numerose proteste, sia da parte del Partito democratico milanese, sia da parte dalle comunità ebraiche, che giustamente hanno ritenuto tale rievocazione «offensiva» della memoria dei caduti nei lager nazisti, nel comune di Cologno Monzese è apparso un nuovo manifesto con un programma del tutto identico al quale si è aggiunta la presenza al campo dei soldati dell'Armata rossa e dei partigiani del Corpo volontari della libertà e la distribuzione di onorificenze;

   nel nuovo manifesto, inoltre, scompare tra gli organizzatori il famigerato «Gruppo 36 Fusilier Kompanie», mentre l'iniziativa sarebbe passata all'associazione «Ricordare il passato», della cui esistenza non c'è traccia in rete;

   è a tutti noto che, dal settembre del 1943 alla primavera del 1945, le truppe naziste svolsero nel nord Italia e anche nella provincia di Milano proprio la funzione di esercito di occupazione;

   a Cologno monzese, nel periodo rievocato, furono deportati e uccisi nei campi di sterminio nazisti nove cittadini del comune;

   si rileva che, recentemente, il sindaco di Cassino per impedire di turbare la memoria e la sensibilità della sua città, sospese l'inaugurazione di una stele ai paracadutisti tedeschi del 1944 perché considerato uno «sfregio» alla guerra di Liberazione –:

   di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa tale manifestazione, con particolare riguardo alla tutela dell'ordine pubblico;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire la celebrazione della festa della Liberazione il 25 aprile nel territorio sopra richiamato, come in tutta Italia, favorendo iniziative in sintonia con lo spirito autentico di tale ricorrenza che trova le sue radici storico-culturali nella nostra Carta costituzionale.
(4-00023)


   RIZZETTO, CARETTA e LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si stanno verificando fenomeni di prostituzione e di sfruttamento che vedono come vittime le donne presenti nei centri di accoglienza. Sul punto, si apprende dalla stampa che tali gravi fatti avvengono anche nel centro di prima accoglienza per rifugiati di Cona, in provincia di Venezia;

   già nell'anno 2017 dopo la morte di Sandrine Bakayoko, una venticinquenne ivoriana, sebbene avvenuta in circostanze diverse, è emerso il dato sconcertante di decine di casi di aborti tra le 40 donne ospiti nella struttura, che pur alloggiando in un container separato, dovevano condividere gli spazi con ben 1.400 uomini di ogni nazionalità. Difatti, successivamente tutte le donne furono trasferite in strutture più adeguate;

   ebbene, non è accettabile tenere i richiedenti asilo in condizioni di disagio e promiscuità che mettono a rischio le donne e dunque le persone più vulnerabili;

   vanno contrastati tali fenomeni di prostituzione e sfruttamento ormai diventati un business anche all'esterno di tali centri –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e se e quali urgenti iniziative intenda adottare.
(4-00025)


   ZANOTELLI, BINELLI, VANESSA CATTOI, FUGATTI e SEGNANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tempo stanno suscitando tra i cittadini sconcerto e clamore i diversi articoli apparsi sulla stampa nazionale e locale nei quali si fa riferimento ad abbonamenti o titoli di viaggio gratuiti rilasciati a profughi e richiedenti asilo per poter usufruire gratuitamente del trasporto pubblico e locale;

   anche recentemente, come riportato da diversi quotidiani, si è avuta notizia che solo nella provincia di Trento, nel periodo 2013/2017, le smart card di libera circolazione Cat. G rilasciate ai richiedenti asilo, ospitati nella medesima provincia, per poter utilizzare gratuitamente i servizi di pubblico trasporto su tutto il territorio provinciale, sarebbero state ben 2.100, di cui 1.450 ancora in corso di validità con un utilizzo medio mensile sul sistema ferroviario di 1.000 titolari;

   sempre a proposito di trasporto pubblico locale, le cronache riportano altresì in crescita esponenziale in tutto il territorio nazionale le notizie di gravissimi episodi di aggressioni fisiche e verbali ai capitreno, agli autisti di autobus, al personale di servizio nonché ai viaggiatori, da parte di stranieri, tra cui anche richiedenti asilo, che pretendono di viaggiare senza un titolo valido, ed inoltre di diverse problematiche legate al comportamento, di questi ultimi sui mezzi pubblici;

   proprio in relazione al numero delle aggressioni avvenute sui mezzi di trasporto pubblico ed alle problematiche di ordine pubblico all'interno dei mezzi, autobus e treni, è di tutta evidenza che il problema non possa essere sottovalutato ed imponga necessariamente una immediata revisione delle scelte finora compiute;

   a tale proposito si ritiene che quanto previsto dall'accordo sottoscritto tra la provincia di Trento e il Governo in materia di abbonamenti gratuiti ai profughi sia da rivedere, anche con una eventuale iniziativa diretta del Governo stesso –:

   quanti siano gli abbonamenti o i titoli di viaggio a titolo gratuito o a tariffe agevolate rilasciati negli anni dal 2013 al 2018, fino alla data odierna, rispettivamente a favore di titolari di protezione internazionale e di richiedenti asilo, sia complessivamente che per ogni singola provincia; quanti siano quelli attualmente utilizzati e quale sia la durata della loro validità; se tali titoli di viaggio siano nominali e quali controlli siano stati finora effettuati onde verificarne il corretto utilizzo anche riguardo ai motivi dei viaggi effettuati; quale sia stato il costo sostenuto, sempre negli anni sopra indicati, a carico dello Stato e degli enti locali, per il rilascio di tali abbonamenti; quali iniziative immediate intenda assumere anche rispetto agli accordi sottoscritti con la provincia di Trento al fine di contrastare gli episodi di violenza sopra richiamati e tutelare la sicurezza di personale e passeggeri e se non ritenga opportuno, nell'immediato, adottare iniziative per procedere alla revoca degli abbonamenti attualmente utilizzati e ad una revisione della normativa di riferimento, in particolare il decreto ministeriale del 10 agosto 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 agosto 2016.
(4-00026)


   MORRONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 30 marzo 2018 si è disputato l'incontro di calcio Novara-Cesena, valido per il campionato nazionale di calcio di serie B;

   in quella circostanza, un gruppo di sostenitori del Cesena intendeva esporre nello stadio novarese uno striscione commemorativo di un giovane di Bellaria, Daniele Magnani, prematuramente scomparso a 37 anni sul luogo di lavoro per cause ancora in corso di accertamento;

   Magnani era un assiduo frequentatore dello stadio cesenate, molto noto alla tifoseria romagnola, e la sua morte ha suscitato una comprensibile ondata di commozione tra gli appassionati di calcio di Cesena e dintorni;

   della loro intenzione di commemorare con uno striscione Magnani era stato posto a conoscenza con largo anticipo anche il Supporter Liaison Officer;

   le competenti autorità di pubblica sicurezza hanno però negato l'autorizzazione ad esporre lo striscione, in quanto non inerente all'evento sportivo programmato;

   la tifoseria romagnola decideva a quel punto di disertare lo stadio in segno di protesta nei confronti della decisione assunta dalle autorità locali novaresi di pubblica sicurezza;

   perplessità suscitava altresì tra i tifosi cesenati il permesso concesso di esporre lo stesso giorno nello stadio novarese un altro striscione questa volta commemorativo della figura di Emiliano Mondonico;

   uno striscione in memoria di Magnani era inoltre stato esposto a Brescia il giorno precedente, 29 marzo 2018, durante l'incontro tra la locale squadra di calcio, i cui tifosi sono gemellati con quelli del Cesena, e il Pescara –:

   quali siano le ragioni che hanno indotto le autorità di pubblica sicurezza novaresi a negare, a giudizio dell'interrogante, in modo arbitrario e discriminatorio, ai tifosi cesenati l'autorizzazione ad esporre nello stadio di Novara uno striscione commemorativo di un giovane tifoso scomparso sul luogo di lavoro;

   se il Ministro intenda assumere iniziative per riparare al divieto di ricordare un ragazzo scomparso autorizzando sin d'ora l'esposizione dello striscione alla prossima partita del Cesena.
(4-00028)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a dispetto delle solenni promesse fatte dal Ministro dell'interno Marco Minniti nel mese di gennaio 2018; in occasione della firma del cosiddetto «Patto per Pisa sicura», la situazione in città non accenna a migliorare;

   in quella circostanza, si era in particolare parlato di acquisire nuovi e più grandi locali per la questura, premessa indispensabile all'aumento della presenza delle forze dell'ordine nel territorio pisano, che è interessato da un importante fenomeno di recrudescenza criminale ed approdo di una consistente immigrazione irregolare;

   era stata inoltre annunciata la creazione di un nucleo locale antiterroristico, dotato di 10 carabinieri;

   ciò malgrado, Pisa mantiene il secondo posto della triste classifica regionale toscana delle province maggiormente colpite da furti e rapine;

   risultano altresì in aumento anche i reati legati al commercio di stupefacenti;

   l'incidenza dei furti sta avendo inoltre gravi ripercussioni economiche, poiché giungono ormai alla stampa locale sempre più frequenti segnalazioni di imprese ed imprenditori in difficoltà, che meditano il trasferimento della propria azienda in altre località per sfuggire alle violenze e alle vessazioni di ladri e rapinatori;

   ai furti si aggiungono anche gli atti di vandalismo;

   la stessa Confcommercio ha lanciato un appello al ristabilimento della legalità –:

   che esito abbia avuto il «Patto per Pisa sicura», che pure tante speranze aveva suscitato e che sembra invece essere rimasto lettera morta;

   quali misure — e in che tempi — il Governo ritenga di dover assumere alla luce degli eventi generalizzati in premessa, per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire il libero esercizio del diritto d'impresa e il pieno godimento della proprietà privata a Pisa provincia;

   se i dieci carabinieri destinati all'unità locale antiterrorismo rappresentino un'aggiunta di personale dell'Arma al presidio pisano ovvero risultino già presenti e semplicemente assegnati a nuovo incarico;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare più consistentemente i distaccamenti delle forze dell'ordine nella provincia pisana.
(4-00029)


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   presso il comune di Cascina insiste una locale caserma, sede distaccata dei vigili del fuoco, attualmente di proprietà decente comunale, la quale nel corso degli anni, anche a causa dell'anzianità della struttura, ha denotato un insieme di criticità strutturali, quali, ad esempio, malfunzionamenti all'impianto elettrico;

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Pisa, evidenziando la situazione, ha altresì sottolineato che, qualora non si dovesse addivenire ad una rapida soluzione delle criticità evidenziate, lo stesso potrebbe valutare soluzioni alternative sino anche alla delocalizzazione delle sede presso una diversa struttura;

   l'ipotesi di un trasferimento della caserma dal comune di Cascina avrebbe una pesante ripercussione sul territorio, sia alla luce del fatto che l'estensione del territorio comunale richiede una presenza costante da parte dei vigili del fuoco, sia per la strategicità della caserma di Cascina nel contesto territoriale compreso tra Pisa e Pontedera;

   dal 2015 l'amministrazione comunale è in attesa che il Ministero dell'economia e delle finanze provveda, come da accordi, all'acquisto della sopra citata caserma; con nota del 24 ottobre 2017, lo stesso comando provinciale dei vigili del fuoco di Pisa comunicava all'amministrazione comunale di Cascina che la direzione centrale per le risorse Logistiche e strumentali aveva in corso l’iter procedurale per l'alienazione della sede e che tale procedura si sarebbe potuta concludere entro il 2018 –:

   se, alla luce della situazione sopra descritta e del rischio ad essa connesso, non si ritenga opportuno prendere contatti con la citata amministrazione comunale adottando ogni iniziativa, nell'ambito delle proprie competenze, allo scopo di provvedere quanto prima all'acquisto della caserma dei vigili del fuoco di Cascina.
(4-00031)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la scuola allievi della polizia di Stato di Trieste, intitolata all'assistente Vincenzo Raiola, medaglia d'oro al valore civile, ha celebrato il 15 marzo 2018 il giuramento del 199° corso degli allievi agenti della polizia di Stato, un traguardo davvero lusinghiero;

   la scuola ha sede nella caserma Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, che in passato è stata sede prestigiosa di un insediamento militare, il 34° reggimento artiglieria dell'esercito;

   dal 1962, la caserma è diventata scuola di polizia ed è stata acquistata dal Ministero dell'interno;

   la caserma si estende su un'area di oltre 40mila metri quadrati ed è stata dotata negli anni di tutte le strutture necessarie a farne un moderno centro di formazione;

   negli anni, la scuola è divenuta un asset strategico per la formazione del personale della polizia di Stato e della città di Trieste e della regione Friuli Venezia Giulia;

   la scuola produce un significativo indotto lavorativo oltre ad una rilevante opera di promozione turistica durante il periodo, generalmente di un anno, del corso degli allievi che vede coinvolti centinaia di giovani provenienti da tutta Italia e, in occasione del solenne giuramento, dei loro familiari;

   dal 2005 l'intera superficie e i relativi immobili sono stati oggetto di cartolarizzazione con conseguente passaggio del sito dallo Stato a un fondo di investimento privato, provocando incertezza sul futuro dell'intero complesso;

   sono così venuti a mancare i fondi necessari per realizzare adeguate opere di ristrutturazione delle palazzine, degli impianti e del poligono di tiro;

   ad oggi manca una corretta pianificazione dei lavori in grado di garantire la piena efficienza dell'intera struttura;

   il Tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso di Bnp Paribas Sgr P.A. contro il provvedimento n. 8042 dell'ottobre 2012 della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia del Ministero per i beni e le attività culturali con il quale si dichiarava la caserma Emanuele Filiberto «d'interesse culturale»;

   la banca che, a quanto si apprende da notizie di stampa, gestisce il fondo comune d'investimento immobiliare di tipo chiuso «Patrimonio Uno», è proprietaria dell'edificio e dell'area relativa, ceduta dallo Stato. Ciò anche se, a tutt'oggi, dai registri tavolari, la proprietà si riferisce risultare del demanio dello Stato;

   la caserma, con sentenza del Tar, è stata «riconosciuta bene d'interesse culturale particolarmente meritevole di tutela ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d), a causa del suo riferimento alla storia militare e politica, in quanto, come da decreto dirigenziale del 25 ottobre 2012, “esemplare testimone di un lungo periodo della storia particolare della nostra città e specialmente di momenti tragicamente drammatici e del dolore di tanti uomini e donne che vi sono transitati o vi hanno perso la vita in modo atroce”». Durante le fasi finali della seconda guerra mondiale, infatti, la caserma fu luogo di transito, oltre che prigione, per gruppi di deportati, poi morti nei lager nazisti –:

   se i Ministri interrogati non giudichino opportuno e irrinunciabile assumere le iniziative di competenza affinché una struttura dedicata alla formazione degli agenti della polizia di Stato sia mantenuta in condizioni decorose e consone alle esigenze della specifica operatività;

   se i Ministri interrogati non ritengano di chiarire in modo definitivo in capo a quale soggetto siano gli oneri di manutenzione dell'edificio, chiarendo al contempo con il demanio dello Stato a chi sia intestata la proprietà della struttura;

   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per erogare un finanziamento ad hoc per la ristrutturazione e la riqualificazione di questa importante struttura che è stata ed è uno dei centri nazionali principali di formazione del personale della polizia di Stato.
(4-00033)


   ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza sicurezza non accenna ad attenuarsi nell'Erbese e nei comuni limitrofi del comasco, come stanno dimostrando nuovi sconcertanti fatti di cronaca;

   sabato 31 marzo 2018 una donna di sessant'anni ha subito il furto della propria borsa — successivamente ritrovata in un'auto abbandonata ad una certa distanza — mentre si trovava nel cimitero di Inverigo;

   il giorno successivo, domenica di Pasqua, nella frazione di Romano della medesima Inverigo, dei ladri si sono introdotti in due appartamenti appartenenti ad una donna e a sua figlia, approfittando della loro assenza da casa;

   due giorni dopo, nella notte tra martedì e mercoledì dopo Pasqua, era quindi la volta di Lurago d'Erba, altro comune dell'Erbese, paese nel quale tre ladri incappucciati ripresi dalle telecamere hanno tentato di entrare nella casa di un'anziana ottantenne, approfittando dell'assenza della figlia, farmacista in servizio notturno;

   questi eventi hanno fatto seguito a quelli occorsi nei giorni precedenti a Lambrugo, oggetto di un altro atto di sindacato ispettivo –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata in tutto l'Erbese ed in particolare a Lurago ed Inverigo;

   per quali ragioni il Governo non abbia ancora provveduto ad incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella provincia comasca.
(4-00037)


   DONZELLI, RAMPELLI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 marzo 2018 il settimanale «L'Espresso» ha pubblicato un articolo dal titolo: «Esclusivo: “Matteo Messina Denaro ha un nuovo volto e io l'ho visto”. “Il padrino si è fatto la plastica in Bulgaria, sia al volto sia ai polpastrelli. Ha problemi di salute: non ci vede quasi più ed è in dialisi”. Parla l'uomo che ha conosciuto il boss ricercato da 25 anni»;

   nell'articolo in questione tramite una testimonianza si ricostruisce la presenza del pericoloso latitante in varie località della Toscana, nell'area tra la Versilia, Pisa e la provincia di Pisa, svelando dettagli inediti e sconosciuti sulla latitanza di Messina Denaro –:

   nel rispetto di eventuali indagini della magistratura, di quali elementi disponga sulla vicenda segnalata in premessa.
(4-00042)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   in questi giorni il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta emanando bandi e avvisi per il conferimento di incarichi dirigenziali non generali ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   nella pagina pubblica del sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tra le varie notizie si trovano infatti bandi e avvisi della tipologia sopra citata. Tra questi vi sono procedure per il conferimento di incarichi dirigenziali presso l'ufficio V - internazionalizzazione della formazione superiore, l'ufficio VI - offerta formativa universitaria, dottorati di ricerca, esami di Stato e professioni, l'ufficio V della direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale (Dgefid), l'ufficio II - direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione, presso l'organismo indipendente di valutazione della performance, presso l'Usr Emilia-Romagna (3 incarichi dirigenziali di livello non generale);

   in prossimità delle elezioni, il 15 febbraio 2018, è stato infatti emanato l'avviso di disponibilità dei posti di funzione dirigenziale non generale presso gli uffici dirigenziali di livello non generale dell'amministrazione centrale e periferica con il quale si comunicava che a decorrere dal 21 aprile 2018 sarebbero cessati gli incarichi dirigenziali di seconda fascia conferiti, sulla base della riorganizzazione del Ministero di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 2014, con decorrenza 21 aprile 2015 e che si sarebbero pertanto resi disponibili i posti di funzione non generale, conferibili sulla base dei criteri di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   in tale fase di transizione e in attesa della nomina del nuovo Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sarebbe stato preferibile, a parere dell'interpellante, prorogare di sei mesi i precedenti incarichi –:

   per quale motivo si sia ritenuto di procedere all'emanazione di tali bandi e avvisi, anziché prorogare gli incarichi in essere.
(2-00011) «Bignami».

Interrogazione a risposta orale:


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli ultimi fatti di cronaca, in questo caso in una scuola di Alessandria, descrivono un fenomeno pericolosamente sempre più diffuso all'interno delle scuole italiane di atti di aggressione fisica e morale nei confronti del personale docente da parte degli studenti, che ha raggiunto livelli inaccettabili ed intollerabili;

   troppo spesso si ha la sensazione che atti del genere siano tollerati ed in qualche modo giustificati;

   quanto sta accadendo nelle scuole italiane pone un problema di sicurezza e di incolumità dei docenti e rappresenta una pericolosa deriva che mina la figura «istituzionale» del docente con incalcolabili conseguenze sulla percezione della gravità degli atti compiuti, con rischio di emulazioni laddove, in particolare, non vi dovesse essere risposta ferma, adeguata e corrispondente alla gravità dei comportamenti assunti –:

   se vista la gravità dei fatti accaduti non più confinabili a casi isolati, si intenda assumere un'idonea iniziativa al riguardo.
(3-00003)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Perugina della Nestlé sito in San Sisto a Perugia è interessato da un importante processo di riorganizzazione aziendale tanto che presso il Ministero dello sviluppo economico è stato aperto un tavolo per la composizione della crisi;

   secondo quanto si apprende dalla stampa (repubblica/economia.it del 26 marzo 2018), «Resta ancora incerto il futuro per i lavoratori Perugina di San Sisto. Dopo i 364 esuberi annunciati nel maggio scorso da Nestlé, proprietaria della fabbrica, azienda e sindacati due settimane fa hanno siglato un primo accordo per la gestione della crisi. Un'intesa che non convince una parte dei lavoratori: “Ci offrono soldi per andarcene e invece noi vogliamo lavorare, ci propongono contratti di lavoro part-time verticali o orizzontali al 50 per cento, ci spaventano con minacce di licenziamento e noi cerchiamo di tener duro, ma siamo alla frutta e i tempi stringono”, scrive in una lettera il Comitato resilienza lavoratori Perugina. Nell'accordo siglato il 9 marzo 2018 si prevede, tra le altre cose, una garanzia di 14 mesi per i lavoratori che dovessero accettare il ricollocamento proposto dall'azienda presso altre società e che si trovassero a perdere il lavoro. In quel caso potrebbe essere riconosciuto loro un incentivo economico o la possibilità, di essere assunti nuovamente come stagionali da Perugina. Altri lavoratori, circa 150, hanno accettato di convertire il proprio posto a part-time, a cui si aggiungono 30 prepensionamenti e circa 90 esodi incentivati. Alle proteste dei lavoratori fa seguito la replica dell'azienda, secondo la quale in particolare le “minacce di licenziamento” lamentate sono “false e gravemente lesive della reputazione dell'azienda”»;

   nel 2014 Motta ed Alemagna vengono cedute da Nestlé a Bauli;

   nello stabilimento di San Sisto vengono progressivamente abbandonate le produzioni di dragées (Tenerelli, Flipper e altro) e di prodotti storici come il Torrone e la Caramella Cinzia;

   nel 2015 Nestlé vende tutta la linea Gelati al colosso R&R e nel 2016 viene ceduto tutto il comparto caramelle (compresa la storica Rossana) a Diva; nel corso dello stesso anno la stessa sorte hanno avuto anche il comparto Ore Liete (venduto a Tedesco) e tutto il comparto delle Strenne, ovvero la linea di prestigio dei regali aziendali;

   il ridimensionamento del ruolo produttivo dello stabilimento in questione è frutto di una scelta della multinazionale Nestlé, tanto che la «crisi» attualmente vissuta dallo stabilimento di san Sisto è stata addebitata soprattutto alla carenza di investimenti con evidenti effetti e ricadute sociali sull'occupazione;

   eppure l'accordo dell'aprile 2016 tra sindacati e azienda prevedeva anche importanti investimenti e un rilancio dei prodotti e della produzione;

   ad oggi non sono ancora chiare le prospettive di rilancio della fabbrica e quali investimenti abbia compiuto l'azienda –:

   se il Governo intenda convocare urgentemente l'azienda e promuovere una audizione delle organizzazioni e dei comitati dei lavoratori e dei vertici dell'azienda al fine di conoscere in maniera chiara quali siano le intenzioni della Nestlé in merito allo stabilimento di San Sisto di Perugia e quali investimenti abbia messo in atto l'azienda per implementare la produzione e se lo stabilimento in questione resti strategico per la stessa multinazionale, così favorendo la definizione di un piano industriale che abbia come fine prioritario il rilancio della produzione e superi l'impatto occupazionale delle scelte industriali poste in essere fino ad ora dalla dirigenza Nestlé;

   quali iniziative intenda assumere, di concerto anche con la regione Umbria e il comune di Perugia, al fine di individuare percorsi di salvaguardia dei livelli occupazionali che garantiscano condizioni di lavoro dignitose ai lavoratori e affinché non vengano compromessi, ulteriormente, i livelli occupazionali.
(5-00005)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il recente incidente sul lavoro nel quale in un cantiere di Crotone, per il crollo di un muro, sono morti due operai e un terzo è rimasto gravemente ferito, è l'ultimo di una lunga serie che mette in luce l'urgenza di intervenire sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, affinché siano più efficaci le misure di prevenzione e i controlli e siano investite più risorse nella formazione dei lavoratori;

   tali sinistri, troppo spesso mortali (le cosiddette morti bianche), mostrano che nella maggior parte dei casi si tratta di eventi prevedibili ed evitabili: si muore ancora per cadute dall'alto senza il caschetto protettivo, soprattutto in edilizia, o schiacciati da mezzi pesanti;

   dall'inizio dell'anno 2018 sono 154 le morti sul lavoro e anche il 2017 si è chiuso con 632 decessi, che diventano 1.350 includendo anche quelli nel tragitto tra casa e lavoro. I dati sul lungo periodo dell'Osservatorio indipendente sulle morti sul lavoro di Bologna attestano 13 mila morti censiti negli ultimi 10 anni;

   la drammatica attualità del problema sicurezza negli ambienti lavorativi induce, dunque, ad intervenire ed investire immediatamente risorse nel settore –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare la prevenzione e la formazione dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro;

   se intenda assumere le iniziative di competenza per intensificare i controlli, anche istituendo una task force tra carabinieri, asl e Inail, al fine di eseguire sopralluoghi nelle aziende, in particolare, dove i dipendenti fanno lavori considerati più a rischio.
(5-00006)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso che la «Stroili Oro spa», leader italiano nel settore retail di gioielli, trasferirà a Milano gli uffici marketing e commerciali;

   tale operazione coinvolgerebbe 38 dipendenti di cui la società intende disporre il trasferimento dal prossimo mese di settembre, da Amaro (Udine) a Milano;

   è quindi incerto il destino di queste persone e, inevitabilmente, quello delle loro famiglie;

   detto provvedimento di delocalizzazione danneggia i lavoratori e un territorio che stava attraversando un periodo di crescita e che ora deve, invece, assistere alla perdita di lavoratori e lavoratrici; si teme, infatti, che nel breve periodo tutti i centosessanta lavoratori dell'azienda dovranno subire un trasferimento o addirittura a quanto è dato sapere, dopo la riunione con i referenti dell'azienda, che nel 2016 è passata ad un fondo di investimento francese, i lavoratori hanno provveduto a nominare i propri rappresentanti della rappresentanza sindacale aziendale, mentre i sindacati confederali hanno convocato un'assemblea per il 17 aprile 2018;

   si ritiene necessario un intervento a tutela dei lavoratori in questione per la salvaguardia dei loro diritti –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato a tutela dei lavoratori di «Stroili Oro spa» e se, a tal fine, intenda convocare un tavolo di confronto con azienda e parti sociali.
(5-00007)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   INCERTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in sede di Conferenza Stato-regioni è in discussione un documento in cui si prefigura un riordino dei programmi di formazione per il riconoscimento e la certificazione della figura di «soccorritore» (in particolare, dell'autista-soccorritore);

   questa nuova normativa prevede un obbligo di formazione per queste figure quantificato in 1000 ore di didattica, traducibile in quasi 2 anni di formazione permanente;

   in molte aree del Paese, soprattutto nei comuni più piccoli e nelle zone più disagiate, il servizio di assistenza e soccorso è effettuato in gran parte da volontari che assicurano circa il 40 per cento dei servizi di emergenza;

   tale obbligo — pur nella condivisione della necessità di una formazione di qualità — metterebbe molti volontari nella condizione di non poter ottemperare ad un obbligo formativo di tale entità, producendo forti ripercussioni sui servizi e sulla salute pubblica dei cittadini –:

   se si intenda confermare questa previsione e se eventualmente si intenda prendere in considerazione la proposta, avanzata congiuntamente a livello nazionale da Anpas, Croce Rossa Italiana e Misericordie, che delinea in modo chiaro la figura del soccorritore, prevedendo uno standard formativo unico a livello nazionale, le attività e le competenze (cognitive, tecniche e relazionali), compresa l'organizzazione didattica della formazione.
(3-00004)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada), prevede al fine di agevolare la mobilità delle persone invalide che: «Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione impedita, o sensibilmente ridotta; il comune rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento sanitario»;

   l'interpretazione delle parole «con capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» deve intendersi nella sua accezione più espansiva, come più volte sottolineato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (nel parere n. 2242 del 14 maggio 2015; nella nota del dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, n. 1567 del 11 marzo 2016; nella risposta all'interrogazione n. 4-18261 presentata dalla sottoscritta nella XVII legislatura) che ha affermato: «il contrassegno potrebbe essere rilasciato a persone, come il disabile psichico, autistico, che teoricamente non presentano problemi di deambulazione, ma che proprio a causa della loro specifica patologia, non possono essere considerate autonome nel rapporto con la mobilità»;

   all'interrogante risulta che, nonostante questa costante linea interpretativa, l'applicazione della norma - in particolare da parte delle aziende sanitarie competenti a certificare il diritto all'autorizzazione - non sia omogenea sul territorio nazionale e conforme a tale interpretazione. In diverse occasioni, infatti, ne sarebbe stata preferita una più restrittiva dell'articolo 381 con particolare riferimento a cittadini con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico, anche gravi;

   al fine di garantire che a queste persone venga riconosciuto il diritto al contrassegno speciale e al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e giudizio da parte delle aziende sanitarie competenti, a parere dell'interrogante, si rende necessario l'intervento del Ministro interrogato –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza, anche con una circolare o una specifica nota interpretativa, al fine di assicurare una uniformità di interpretazione e giudizio sull'intero territorio nazionale e di garantire che alle persone con disturbi comportamentali, intellettivi e cognitivi o disturbi dello spettro autistico sia riconosciuto il diritto al contrassegno speciale di cui all'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.
(4-00032)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 aprile 2018 i vertici di Auchan Retail Italia hanno comunicato ai collaboratori e alle rappresentanze sindacali degli ipermercati di Napoli e di Catania la decisione dell'azienda di interrompere l'attività commerciale nel corso del mese di aprile, per la gravissima situazione economica di questi punti vendita;

   nel caso dell'ipermercato di Napoli, l'azienda ha altresì annunciato di aver definito un accordo preliminare per affittare il ramo d'azienda alimentare ad un noto imprenditore locale;

   tale operazione potrà garantire continuità occupazionale per una parte dell'attuale organico aziendale e, sembrerebbe, che la nuova proprietà non voglia neppure applicare il contratto collettivo del commercio;

   il comprensorio napoletano, così come tutto il Mezzogiorno, è stato duramente colpito dalla lunga crisi economica e il gruppo Auchan — multinazionale diffusa in vari Paesi del mondo — rappresenta una risorsa irrinunciabile per la tenuta dell'economia locale;

   anche la regione Campania, per il tramite degli assessorati al lavoro e alle attività produttive, si è immediatamente attivata per chiedere l'apertura di un tavolo di confronto presso l'unità di crisi nazionale allo scopo di scongiurare un grave colpo al tessuto occupazionale campano –:

   se il Governo non ritenga opportuno convocare, con la massima urgenza, un tavolo di confronto al quale partecipino i vertici di Auchan Retail Italia, le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché in tale sede la multinazionale possa esplicitare quali soluzioni intende attuare per limitare gli impatti sociali di tali scelte aziendali, anche in ragione delle pesanti ripercussioni occupazionali che rischiano di aversi sul tessuto produttivo napoletano.
(4-00034)


   LUCASELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la tutela delle aziende e dei livelli occupazionali dell'indotto dell'Ilva è stata, da sempre, obiettivo annunciato come fondamentale nell'operato del Governo;

   a tal proposito, gli interventi normativi in favore dell'indotto dell'Ilva sono stati numerosi: dalla sospensione dei termini dei versamenti dei tributi erariali e delle cartelle in favore delle imprese di autotrasporto e delle piccole imprese creditrici di Ilva, passando per la prededucibilità dei crediti vantanti dalle piccole e medie imprese coinvolte, fino alle misure relative all'utilizzazione del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con una riserva di 35 milioni di euro, tutte misure disposte nel corso dell'anno 2015;

   con l'obiettivo di permettere allo stabilimento siderurgico, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria, di proseguire l'attività e con la volontà di confermare il rapporto con l'Ilva, le imprese dell'indotto hanno continuato a lavorare, pure in assenza di pagamento dei corrispettivi;

   la presenza dei commissari governativi è stata letta come motivo di garanzia nell'espletamento dei pagamenti, condizione imprescindibile alla sopravvivenza delle imprese dell'indotto;

   l'Ilva, nonostante le varie misure adottate dal Governo a sostegno della gestione commissariale e in attesa del definitivo passaggio di proprietà, ha continuato ad accumulare arretrati nei confronti delle imprese erogatrici di servizi;

   le più recenti denunce relative ai mancati pagamenti da parte dell'Ilva sono del 5 aprile 2018 con la dura presa di posizione del direttivo della sezione autotrasportatori tarantini di Casartigiani: «l'Ilva non ha provveduto al pagamento delle fatture di autotrasporto relative ai mesi di dicembre e gennaio». Gli autotrasportatori hanno chiesto il saldo degli arretrati entro 48 ore, minacciando il blocco degli accessi all'azienda;

   secondo alcune stime, le imprese gravitanti intorno alla realtà industriale dell'Ilva, su tutto il territorio nazionale, sono 4 mila, con un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi prodotti da piccole e medie imprese;

   i mancati pagamenti minano la possibilità di queste imprese di sopravvivere con conseguenze che sarebbero catastrofiche per i livelli occupazionali, in particolare nel territorio tarantino –:

   quali siano le cause dei mancati pagamenti da parte della gestione commissariale in favore delle imprese dell'indotto;

   a quanto ammontino i crediti vantati dalle aziende dell'indotto nei confronti del gruppo Ilva;

   quali iniziative di competenza sia intenzionato ad adottare affinché le aziende dell'indotto vedano riconosciuti i propri crediti in tempi rapidi.
(4-00041)