CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 gennaio 2018
943.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla Strategia italiana per l'Artico.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO

«...Reaffirming the commitment to maintain peace, stability, and constructive cooperation in the Arctic...»

«...Reaffirming our commitment to the well being of the inhabitants of the Arctic, to sustainable development and to the protection of the Arctic environment»

«...Noting with concern that the Arctic is warming at more than twice the rate of the global average, resulting in widespread social, environmental and economic impacts in the Arctic and worldwide...»

11 maggio 2017, Dichiarazione di Fairbanks, siglata dai Ministri degli esteri dei Paesi membri in occasione del 20mo anniversario dalla istituzione del Consiglio Artico

1. Premessa

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari), a seguito di determinazione unanime da parte dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato, nella seduta del 14 giugno 2016, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla Strategia italiana per l'Artico.
  Le ragioni di fondo della proposta di indagine conoscitiva si rinvengono nella opportunità di procedere ad un approfondimento istruttorio sugli interessi geopolitici dell'Italia nei confronti della regione artica, attesa la tradizione storica di presenza dell'Italia in Artico, la crescente rilevanza strategica che la regione riveste alla luce dei mutamenti climatici in atto che, provocando l'anticipato scioglimento dei ghiacci, aprono scenari nuovi in tema di accesso a risorse naturali del sottosuolo, di apertura di nuove rotte commerciali marittime tra America Settentrionale, Europa ed Asia, più brevi e sicure rispetto ai tradizionali itinerari a sud. Deriva da ciò la centralità della tematica «sicurezza» nelle sue diverse declinazioni: geopolitica, energetica, ambientale, sociale, biologica e la necessità di conciliare il più possibile la gestione dei rapporti internazionali secondo la lente delle sovranità statuali con l'approccio interdisciplinare e necessariamente multilaterale richiesto per tematiche transfrontaliere e globali come per l'appunto il tema della sicurezza o la prevenzione dell'inquinamento o la tutela dei popoli indigeni dell'Artico. In questo scenario gli strumenti della cooperazione regionale rappresentano delle leve cruciali che hanno finora consentito un Pag. 47livello di collaborazione tra grandi attori non eguagliato da altri contesti multilaterali.
  Si intrecciano in Artico – e trovano sintesi nel principale forum di cooperazione regionale rappresentato dal Consiglio Artico, di cui l'Italia è Paese osservatore permanente dal 2013 – gli interessi degli Stati rivieraschi insieme a quelli di attori globali anche geograficamente distanti dalla regione, attenti non solo a cogliere le nuove opportunità ma anche a co-gestire in modo responsabile dinamiche regionali foriere di impatto mondiale decisivo per il futuro dell'umanità.
  Per tutti i partecipanti ai tavoli di cooperazione internazionale, l'Artico rimane un'area di tensione politica relativamente bassa in cui le diplomazie dei grandi attori internazionali cooperano sui temi globali al riparo da eccessi mediatici e in un clima governato da un elevato grado di responsabilità e di equilibrio decisionale. In questo senso il Consiglio Artico e tutte le dimensioni di collaborazione regionale, a partire da quella scientifica, tanto cruciale per il nostro Paese, costituiscono un modello di governance globale meritevole di approfondimento e studio.
  Tutto ciò considerato la Commissione ha pertanto valutato opportuno accrescere il grado di conoscenza e di sensibilità sulle problematiche che interessano il Grande Nord nell'interesse della pace e della sicurezza internazionale e, non ultimi, degli obiettivi di internazionalizzazione del Sistema Paese secondo le linee direttrici della politica estera dell'Italia.
  Le valutazioni svolte dalla Commissione sulla tematica hanno trovato un presupposto istituzionale nella Strategia italiana per l'Artico, adottata dal Governo nel 2015 e revisionata nel gennaio 2016, in cui si definiscono i termini e gli obiettivi strategici della presenza dell'Italia in Artico (cfr. infra).
  Il lavoro istruttorio della Commissione ha trovato un significativo antefatto in eventi di carattere seminariale organizzati dalla Farnesina nell'autunno del 2016, con specifico riferimento all'iniziativa « Il Consiglio Artico e la Prospettiva italiana – Il ventesimo anniversario della Dichiarazione di Ottawa», aperta a contributi istituzionali e del settore privato, e organizzata in collaborazione con l'Istituto Affari Internazionali, con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e con la Società italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI) e avente per focus le attività del Consiglio Artico, quale principale forum intergovernativo regionale cui l'Italia partecipa dal 2013 come Paese osservatore e l'analisi delle iniziative di cooperazione internazionale nella regione artica di interesse per l'Italia, sotto il profilo politico, scientifico ed imprenditoriale.

2. Programma dei lavori.

  Nel programma dell'indagine conoscitiva, deliberato nella medesima seduta del 14 giugno 2016, la Commissione ha convenuto sul fatto che i mutamenti degli scenari internazionali investono in modo sempre più rilevante gli equilibri geopolitici regionali, che vedono coinvolta l'Italia, secondo dinamiche che prendono avvio in aree per noi remote del pianeta. È il caso della regione artica che ha assunto una rilevanza particolare in seguito ai mutamenti climatici che, provocando l'anticipato scioglimento dei ghiacci, rendono più facilmente accessibili sia le enormi risorse naturali del sottosuolo, sia le importanti rotte commerciali che consentono collegamenti tra Europa e Asia assai più rapidi ed economici rispetto ai tradizionali itinerari a sud.
  L'interesse dell'Italia rispetto ai problemi dell'Artico potrebbe apparire poco giustificato. In realtà sono molti gli elementi che suggeriscono una particolare attenzione a queste tematiche da parte del nostro Paese che è anche membro osservatore del Consiglio Artico, composto da Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda e Danimarca.
  Non a caso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha pubblicato, nel dicembre 2015, un importante documento dal titolo «Verso Una Pag. 48Strategia Italiana Per l'Artico – Linee-Guida Nazionali» e la questione è emersa anche in occasione del dibattito, svoltosi alla Camera dei deputati, sulle Comunicazioni del Governo in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 marzo 2016.
  Sul piano geopolitico, la Russia possiede e controlla una parte rilevante delle coste che si affacciano sull'Artico. Grazie al suo sviluppo costiero e agli investimenti effettuati, la sua presenza nell'Oceano Artico è molto superiore a quella degli Stati Uniti e del Canada, sia in termini di controllo delle rotte, sia per quanto riguarda il potenziale sfruttamento delle risorse naturali. Nonostante questa evidente disparità, l'Artico rimane per ora un'area di tensione politica relativamente bassa. Tuttavia va considerato che gli interessi geostrategici in gioco sono enormi, e lo dimostra, tra le altre cose, l'attenzione della Cina, che ha aperto la propria più grande ambasciata europea proprio a Rey  avík. Questi interessi potrebbero facilmente portare ad un deterioramento degli attuali equilibri in un prossimo futuro, ad esempio in relazione al difficile rapporto tra Groenlandia e Danimarca.
  Come conseguenza di tale contesto geopolitico, è in crescita la militarizzazione dell'Artico, soprattutto ad opera della Federazione Russa. Ciò costituisce un elemento di seria preoccupazione non solo per l'Europa ma per molti Paesi della regione per il possibile mutamento sensibile degli scenari della sicurezza globale.
  Tutto ciò premesso, la finalità dell'indagine conoscitiva sarebbe quella di svolgere un approfondimento sugli interessi geopolitici dell'Italia nei confronti della regione artica attesa la cruciale rilevanza strategica che essa ormai riveste. Occorre, infatti, accrescere il grado di conoscenza e di sensibilità sulle problematiche che interessano il Grande Nord nell'interesse della pace e della sicurezza internazionale, nonché degli obiettivi di internazionalizzazione del Sistema Paese secondo le linee direttrici della politica estera dell'Italia, anche grazie alla sua presenza come osservatore permanente nel Consiglio Artico.
  L'attività di indagine si è articolata principalmente in audizioni di soggetti rilevanti ai fini dei temi trattati, nonché in una missione di una delegazione della Commissione in Norvegia e presso le Isole Svalbard, svolta dal 14 al 18 giugno 2017.
  In particolare, si sono svolte le seguenti 15 audizioni:
   1. 24 gennaio 2017 – Audizione del Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova;
   2. 15 febbraio 2017 – Audizione dell'Ambasciatore d'Italia ad Oslo, Giorgio Novello;
   3. 15 marzo 2017 – Audizione del presidente della Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI), Franco Frattini;
   4. 12 aprile 2017 – Audizione dell'Ambasciatore del Regno di Danimarca in Italia, Erik Vilstrup Lorenzen;
   5. 2 maggio 2017 – Audizione dell'Ambasciatore del Regno di Norvegia in Italia, Bjoern Trygve Grydeland;
   6. 17 maggio 2017 – Audizione di Enrico Brugnoli e di Stefano Ventura, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR);
   7. 21 giugno 2017 – Audizione di Enrico Russo, Responsabile della Direzione Coordinamento tecnico-scientifico dell'Agenzia Spaziale Italiana, Alessandro Coletta, Responsabile dell'Unità Infrastrutture Satellitari Radar dell'Agenzia Spaziale Italiana e Capo della Missione Cosmo-Skymed, e di Massimo Claudio Comparini, Amministratore Delegato di Telespazio/e-GEOS;
   8. 28 giugno 2017 – Audizione della Professoressa Elena Sciso, Ordinario di Diritto internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche della LUISS «G. Carli» di Roma;
   9. 20 luglio 2017 – Audizione di Luca Bertelli, Capo dell'Ufficio Esplorazioni di ENI;Pag. 49
   10. 26 luglio 2017 – Audizione, in videoconferenza, del Consigliere del Servizio Europeo per l'Azione Esterna (SEAE) per le questioni dell'Artico, Terkel Petersen;
   11. 17 ottobre 2017 – Audizione del Dottor Robert Sauvé, presidente e direttore generale della Société du Plan Nord – Québec;
   12. 15 novembre 2017 – Audizione dell'Ambasciatore della Repubblica di Finlandia in Italia, Janne Taalas;
   13. 21 novembre 2017 – Audizione del Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada, Paul Gibbard;
   14. 5 dicembre 2017 – Audizione della Consigliera per l'Ambiente, la Scienza e la Tecnologia dell'Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, Caron De Mars;
   15. 13 dicembre 2017 – Audizione del Ministro Plenipotenziario Carmine Robustelli, Capo della delegazione italiana al Consiglio Artico (Senior Arctic Official).

  L'elenco di audizioni deve essere integrato da un contributo scritto, sostitutivo dell'audizione, fatto pervenire dall'Ambasciatore della Federazione Russa in Italia l'8 novembre 2017.
  Il termine di conclusione dell'indagine conoscitiva, inizialmente fissato al 31 dicembre 2016, a seguito di valutazione unanime da parte dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della III Commissione, è stato prorogato al 31 dicembre 2017.

3. Le ragioni della presenza dell'Italia in Artico.

  L'Italia e l'Artico hanno alle spalle una storia risalente al 1899, quando il Duca degli Abruzzi, a bordo della Stella Polare, salpò da Arcangelo per approdare nella Terra di Francesco Giuseppe e da lì raggiungere il Polo, a bordo di slitte trainate da cani. La spedizione non riuscì a raggiungere l'obiettivo, ma arrivò a latitudini mai toccate prima. Nel 1926 Umberto Nobile attraversò per la prima volta il Mar Glaciale Artico (o Oceano Artico) dall'Europa all'Alaska, partendo da Roma, insieme al norvegese Roald Amundsen e allo statunitense Lincoln Ellsworth a bordo del dirigibile Norge progettato dallo stesso Nobile. Arrivati per la prima volta nella storia nei pressi del Polo nord geografico, i tre esploratori calarono dal dirigibile le rispettive bandiere nazionali. Nobile ripeté l'impresa due anni dopo a bordo del dirigibile Italia, sorvolando quattro volte il Polo, facendo base a Baia del Re. Obiettivo: esplorare zone sino ad allora sconosciute effettuando rilievi scientifici. Sulla via del ritorno il dirigibile si schiantò sul pack, a nord delle Isole Svalbard, causando la morte di metà equipaggio. L'incidente fu causato da una forte corrente che spirava a nord delle Svalbard verso la Terra di Francesco Giuseppe: tale corrente, sconosciuta sino ad allora, venne soprannominata Italia, in onore della spedizione che ne provò l'esistenza.
  Le spedizioni di Nobile possono essere considerate le prime missioni scientifiche italiane nell'Artico, avendo gettato le basi per l'approfondimento in quel contesto di materie come l'oceanografia, la meteorologia, la geografia e la geofisica.
  L'Italia inaugurava così la sua «dimensione nordica» che non avrebbe più abbandonato.
  Le azioni congiunte con altri Stati, artici e non, per trarre in salvo i superstiti del dirigibile Italia rappresentano inoltre il primo esempio di cooperazione internazionale in condizioni meteorologiche estreme: Amundsen stesso perse la vita nel tentativo di prestare soccorso ai superstiti. L'attività di Nobile non si limitò alle due spedizioni. Fu invitato in Russia per prendere parte al viaggio che il rompighiaccio Malyghin avrebbe intrapreso nella regione della Terra di Francesco Giuseppe per effettuare osservazioni oceanografiche e meteorologiche. Al ritorno, si fermò a Mosca per esaminare alcuni progetti di aeronavi, rimanendovi sei anni, supervisionando e dirigendo la costruzione di dirigibili, sotto la direzione dell’Aeroflot russa.Pag. 50
  La multiforme presenza italiana nell'Artico è testimoniata anche, fra gli altri esempi, dagli studi di Silvio Zavatti, esploratore e antropologo italiano che ha dedicato la sua vita allo studio dei popoli del Nord, in particolare degli Inuit, fondando l'Istituto Geografico Polare Silvio Zavatti, che gestisce il Museo Polare di Fermo, l'unico museo esistente in Italia interamente dedicato alle regioni artiche, e che pubblica regolarmente la rivista Il Polo. Zavatti organizzò tra il 1961 e il 1969 cinque spedizioni nella regione, in particolare tre in Canada, una in Lapponia e una in Groenlandia. I suoi studi etnografici contribuiscono all'arricchimento del Museo Polare.
  Negli anni Sessanta il conte Guido Monzino, imprenditore milanese, effettuò missioni polari partendo dalla Groenlandia, dove è tuttora ricordato con grande simpatia. Nel 1970, si spinse da Qaanaaq a Cape Columbia (Canada) e nel 1971, dopo una missione di sei mesi, con il supporto di sherpa locali raggiunse il polo nord. Le sue imprese sono illustrate nel Museo delle Spedizioni di Villa Balbaniello sul lago di Como.
  La storia dell'Italia nell'Artico è quindi centenaria e culmina con l'istituzione nel 1997 della Base "Dirigibile Italia", stazione di ricerca multidisciplinare situata nelle Isole Svalbard gestita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Le attività di ricerca italiane in Artico promosse dal CNR sono coordinate dal Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l'Ambiente (DSSTTA-CNR), e riguardano diverse discipline e ambiti scientifici e tecnologici, in particolare chimica e fisica dell'atmosfera; oceanografia e biologia marina; fisica dell'alta atmosfera; geofisica e geologia; glaciologia e nivologia; studio del permafrost paleoclima; ecosistemi terrestri, limnologia; biologia medicina, sviluppo di sistemi osservativi innovativi.
  A partire dal 2009, annesse alla stazione sono state realizzate tre importanti piattaforme osservative multidisciplinari: la Amundsen-Nobile Climate Change Tower (CCT) per lo studio dei processi all'interfaccia tra la superficie e l'atmosfera, il laboratorio di Gruvebadet (GVB) per lo studio della composizione atmosferica e dell'aerosol, la catena di misure sottomarina Mooring Dirigibile Italia (I (MDI) per lo studio delle proprietà chimico-fisiche delle acque nella parte interna del fiordo del Re (Kongsfjiorden) su cui si affaccia il villaggio di Ny Alesund.
  Gli studi del CNR in Artico, contribuiscono significativamente alla comprensione dei processi responsabili dell'impatto dei cambiamenti climatici sul sistema artico (Arctic amplification). Questi studi contribuiscono a caratterizzare il livello di contaminazione dell'atmosfera, del suolo, del mare, della neve e del ghiaccio e dell'impatto sugli ecosistemi terrestri e marini e ad integrare i diversi processi di scambio tra idrosfera, geosfera, criosfera, biosfera e atmosfera. Il contributo riguarda anche il miglioramento dell'accuratezza dei modelli di previsione, delle parametrizzazioni dei processi radiativi e dinamici, e lo sviluppo di nuove metodologie e tecnologie di osservazione per superare le sfide e le problematiche di un ambiente così estremo, utilizzando dati da satellite in particolare quelli di Cosmo-Sky Med per l'osservazione della estensione e la tipologia dei ghiacci.
  La presenza del nostro Paese in Artico è costantemente aumentata negli ultimi anni anche attraverso la continua attività scientifica presso la base di Thule in Groenlandia e le spedizioni oceanografiche artiche condotte con la nave da ricerca Explora dell'OGS (a cui dal 2017 si sono aggiunte quelle della nave da ricerca Alliance della Nato gestita dalla Marina Italiana), nonché attraverso la presenza di aziende italiane, come Eni e Finmeccanica. Tutto ciò ha determinato la candidatura dell'Italia al Consiglio Artico in qualità di Paese osservatore, che è stata accolta nel 2013. L'Italia del resto può considerarsi, nel novero dei Paesi non artici, uno fra i più attivi nella regione.

4. Il Consiglio Artico.

  Il Consiglio Artico trae la propria ragion d'essere dalla Strategia di protezione Pag. 51ambientale dell'Artico firmata nel 1991 da otto Stati i cui territori si affacciano sulle regioni artiche: solo dopo, tuttavia, la Dichiarazione di Ottawa del 1996 istituì il Consiglio Artico quale forum per la promozione della cooperazione, del coordinamento e dell'interazione fra gli Stati artici, con il coinvolgimento delle comunità indigene e di altri gruppi umani regionali su questioni come la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile.
  Gli Stati membri del Consiglio Artico sono otto: Canada (che rappresenta i Territori del Nord-Ovest, il Nunayut e lo Yukon), Danimarca (che rappresenta la Groenlandia e le Isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione Russa, Svezia, Stati Uniti d'America (che rappresentano l'Alaska).
  Godono altresì dello status di Partecipanti Permanenti sei organizzazioni che rappresentano popoli indigeni della regione artica – che in tal modo possono partecipare attivamente ed essere consultati su tutte le questioni esaminate dal Consiglio.
  Lo status di osservatore del Consiglio Artico è altresì aperto a Stati non artici, ad organizzazioni non governative, intergovernative, interparlamentari, globali o regionali.
  Tra gli Stati non artici i membri osservatori sono: Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Cina, Polonia, India, Corea, Singapore, Spagna, Regno Unito e Svizzera. Tra le 13 organizzazioni osservatrici si segnalano la United Nations Economic Commission for Europe (UN-ECE), lo United Nations Development Program (UNDP), lo United Nations Environment Program (UNEP) e la World Meteorological Organization (WMO). Quanto all'Unione europea, al vertice ministeriale di Kiruna del 2013, il Consiglio Artico ha ricevuto formalmente la richiesta di status di osservatore da parte dell'Unione europea ma ha rinviato la questione ad una successiva decisione finale. Nel frattempo l'Unione europea è stata ammessa ad «osservare tutte le procedure del Consiglio», vale a dire a prendere parte come un osservatore de facto.
  Le attività del Consiglio Artico si articolano in sei diversi gruppi di lavoro sui temi della riduzione delle emissioni di gas serra e dell'abbattimento dei livelli di altri agenti inquinanti; del monitoraggio dell'ambiente artico, nonché degli ecosistemi e delle popolazioni umane, e inoltre di fornire consulenza scientifica ai governi nella loro azione di contrasto all'inquinamento e agli effetti negativi dei cambiamenti climatici; della conservazione della biodiversità dell'Artico; della protezione dell'ambiente artico dalla minaccia o dall'impatto di rilasci accidentali di agenti inquinanti o radioattivi; della utilizzazione sostenibile dell'ambiente marino della regione; del miglioramento delle condizioni delle comunità umane regionali.
  In relazione a specifici compiti il Consiglio Artico ha anche facoltà di istituire alcune task force di esperti. Nella presidenza biennale attualmente ricoperta fino al 2019 dalla Finlandia risultano operanti la task force sulla cooperazione marina nell'Artico e la task force per il miglioramento della connettività nella regione. Sempre nel quadro della presidenza finlandese risulta operante un gruppo di esperti per il supporto all'attuazione del quadro di azione sul carbone e sul metano.
  Le valutazioni e le raccomandazioni del Consiglio Artico sono per lo più il risultato delle analisi e delle iniziative intraprese dai diversi gruppi di lavoro. In seno al Consiglio Artico le decisioni sono prese per consensus tra gli otto Stati membri, in piena consultazione e con il pieno coinvolgimento dei Partecipanti Permanenti.
  La presidenza del Consiglio Artico è a rotazione biennale tra gli otto Stati membri: il secondo ciclo di presidenze è iniziato nel 2013, e l'11 maggio 2017 si è conclusa la presidenza biennale statunitense con l'adozione della Dichiarazione di Fairbanks, siglata anche dai ministri degli esteri Lavrov per la Federazione Russa e Tillerson per il governo degli Stati Uniti.
  Dopo la presidenza della Finlandia, dal 2019 sarà il turno dell'Islanda.Pag. 52
  Il mandato del Consiglio Artico quale risulta dalla Dichiarazione di Ottawa del 1996 esclude inoltre esplicitamente la materia militare.
  Va, infine, ricordato come il Consiglio Artico sia stato la sede di negoziazione e conclusione di tre importanti accordi internazionali vincolanti tra gli otto Stati membri: in particolare, si tratta dell'Accordo sulla cooperazione nella ricerca e salvataggio aeronautici e marittimi nell'Artico, firmato nel 2011 ed in vigore dal 2013; dell'Accordo sulla cooperazione nell'allerta e nella risposta nei confronti dell'inquinamento petrolifero marino nella regione artica, firmato nel maggio 2013; e dell'Accordo sul rafforzamento della cooperazione scientifica internazionale nell'Artico, firmato l'11 maggio del 2017.

5. Il ciclo di audizioni.

5.1 Il Governo italiano per l'Artico.

  I lavori di indagine sono stati avviati nel gennaio del 2017 con l'audizione del Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale con delega, Benedetto Della Vedova, svolta il 24 gennaio 2017, che ha tracciato le linee di fondo dell'impegno del Governo italiano nella regione.
  L'analisi del Sottosegretario ha individuato le ragioni del successo del Consiglio Artico nella sua natura di foro multilaterale, altamente flessibile, con un mandato non rigido, che include sia la tutela delle caratteristiche naturali vulnerabili della regione artica sia le esigenze e le aspirazioni dei quattro milioni di abitanti, che vi risiedono. Anche senza poteri vincolanti, il valore aggiunto del Consiglio Artico risiede nell'equilibrio dinamico, che esso cerca di definire tra una serie di attività: utilizzo delle risorse naturali, rese sempre più accessibili dai cambiamenti climatici; prosperità e crescita condivise, basate su sostenibilità e innovazione tecnologica; tutela delle caratteristiche naturali vulnerabili della regione artica. Il successo del Consiglio Artico si può misurare concretamente oggi, anche per l'atteggiamento assunto, al suo interno, dalla Federazione Russa. L'approccio di Mosca, in quel contesto, si presenta marcatamente più cooperativo rispetto a quello in altri contesti internazionali. Inoltre, un altro indicatore inequivocabile di successo è l'accresciuta partecipazione di altri Paesi, in qualità di osservatori.
  Per queste ragioni la scelta dell'Italia di avere chiesto ed ottenuto nel 2013 di aderire al Consiglio Artico in qualità di Paese osservatore permanente ha specifiche motivazioni di carattere geostrategico, connesse all'esigenza di intensificare l'impegno politico, oltre alle attività già in essere nella regione.
  Per l'Italia, la priorità di fondo, testimoniata dalle linee guida adottate nel 2015, è il mantenimento della pace e della sicurezza nella regione nel rinnovato scenario derivante dall'azione dei cambiamenti climatici. Nelle parole del Sottosegretario, la Strategia – che include le prospettive politiche e geostrategiche, l'attenzione al mantenimento e al sostegno alla cooperazione scientifica e tecnologica a livelli di eccellenza, al conseguimento di migliori condizioni di sicurezza, ad uno sviluppo sostenibile – individua la priorità nella salvaguardia dei fragili ecosistemi artici e nella tutela e prosperità delle popolazioni indigene della regione.
  Il Sottosegretario ha anche richiamato la presenza delle maggiori imprese italiane in Artico nei settori energetico, satellitare, spaziale e navale, accomunate dall'impegno rivolto a coniugare le proprie attività con la riduzione a zero dell'impatto ambientale, e soprattutto ha dato conto del lavoro del cosiddetto Tavolo artico, gruppo informale di consultazione, istituito presso la Farnesina, composto dai rappresentanti delle diverse amministrazioni interessate alla regione artica, dagli enti e dalle agenzie di ricerca, dalle imprese, da esponenti del mondo accademico, il cui approccio è ispirato alla logica del Sistema Paese attraverso il coordinamento degli stakeholder nazionali. Le riunioni del Tavolo artico consentono una regolare «cinghia Pag. 53di trasmissione» che consente di valutare gli interessi del Sistema Paese nella regione artica.
  Il Sottosegretario ha svolto un bilancio sulla presidenza degli Stati Uniti del Consiglio Artico (maggio 2015-maggio 2017), cui è subentrata nel corso dell'anno quella finlandese, e che è stata segnata da un impegno per la razionalizzazione delle attività, per la formulazione di valutazioni oggettive non confutabili sui temi ambientali e per facilitare la composizione delle sensibilità dei Paesi artici con gli interessi dei partner non artici più rilevanti (Conferenza Glacier, che si è tenuta ad Anchorage a fine agosto 2015, e la prima riunione ministeriale scientifica dell'Artico, tenutasi il 28 settembre 2016). Il Sottosegretario ha riferito sull'incertezza che, in quel momento, ancora caratterizzava gli orientamenti della Amministrazione del presidente Trump.
  L'azione dell'Italia in Artico non si esaurisce nel contesto del Consiglio Artico. Il maggior riferimento giuridico e internazionale di più ampia portata è rappresentato dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (COP21 di Parigi), pietra miliare per far fronte ai rischi causati dai cambiamenti climatici. Inoltre, nella prospettiva di un più agevole accesso al Mare Artico, per le problematiche della regione in ambito marittimo è centrale l'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) che ha elaborato e negoziato, con l'attiva partecipazione degli Stati artici, il cosiddetto Polar code, ossia l’International Code for Ships Operating in Polar Waters, operativo dal 1o gennaio 2017, in modo da standardizzare i requisiti per le imbarcazioni e gli equipaggi che navigano nelle acque polari, riducendone l'impatto ambientale. Le questioni di maggior rilievo e tensione politica si concentrano fra i cinque Stati rivieraschi sui temi della definizione dei confini della piattaforma continentale, che chiamano in causa l'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).
  Il Sottosegretario ha quindi dato atto del riconoscimento all'Italia da parte dei Paesi artici per un impegno che ha importanti radici storiche e si fonda su una tradizionale e proficua cooperazione nel campo della ricerca scientifica e delle collaborazioni industriali. Data la crescente attenzione della comunità internazionale per l'Artico, sarà importante che l'Italia possa continuare ad assicurare, anche nei prossimi anni, un proprio qualificato contributo.
  Nel corso del dibattito, è stata ribadita anche da parte del vicepresidente della Commissione, nonché presidente della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO, Andrea Manciulli, l'esigenza di costruire una prospettiva di governo di questo spazio a partire dai temi dell'ambiente. Ha contribuito al dibattito anche il deputato Andrea Colletti, componente della Commissione Giustizia, che, come anche in successive audizioni, ha richiamato il tema del ruolo dell'Unione europea nel Consiglio Artico.
  Nella successiva audizione, svolta il 15 febbraio 2017, è intervenuto Giorgio Novello, Ambasciatore d'Italia a Oslo, che ha dedicato un approfondimento al ruolo della diplomazia parlamentare nelle questioni artiche, con riferimento alla Conferenza dei parlamentari della regione artica (CPAR), cui aderiscono membri designati dai Parlamenti degli otto Stati membri del Consiglio Artico e i cui lavori sono coordinati da un comitato permanente, attualmente presieduto dal deputato norvegese Eirik Sivertsen, attento ai temi della responsabilità sociale delle imprese e della tutela dei diritti delle popolazioni residenti nell'Artico.
  L'Ambasciatore Novello ha quindi rappresentato la presenza della Norvegia nella regione, tenuto conto che circa il 10 per cento dell'intera popolazione norvegese vive al di là del Circolo polare, pari a circa mezzo milione di persone, rappresentate da 20 deputati su 169 del Parlamento norvegese. L’export dell'Artico norvegese cresce a un ritmo del 6-7 per cento all'anno, mentre quello del resto della Norvegia è stabile. Il prodotto interno lordo della zona artica della Norvegia è cresciuto dell'1 per cento in più nell'ultimo decennio rispetto al tasso di crescita del Pag. 54resto del Paese e il turismo artico è cresciuto del 20 per cento. Quanto alle politiche norvegesi in Artico, esse si sostanziano in un forte presidio dei temi ambientali soprattutto sul versante della prevenzione di rischi di sversamento in mare, in un sostegno allo sviluppo delle popolazioni e all'impegno artico di Stati non artici, ritenuto un great asset per gli Stati artici. Ha anche segnalato, nell'analisi del rapporto tra Norvegia e Russia, un ottimo precedente nel 2013 che segna la primazia del diritto internazionale, attraverso un accordo giuridico di delimitazione delle rispettive piattaforme continentali in acque artiche, nella zona del Mare di Barents, da cui è derivato l'avvio dello sfruttamento delle risorse in quella regione.
  Ha quindi inquadrato la specificità dell'Artico in quanto area non omogenea, in particolare per quanto riguarda le condizioni climatiche, laddove le aree più avvantaggiate sono proprio quelle norvegesi essendo che i porti norvegesi artici sono liberi dai ghiacci e tenuto conto che l'80 per cento di tutto il traffico marittimo artico passa in acque norvegesi. L'Artico è, inoltre, in piena evoluzione anche dal punto di vista politico: se nel 1860 sull'Artico si affacciavano quattro realtà statuali (Regno Unito, Svezia, Danimarca e Impero Russo), si sono poi aggiunti il Canada, la Norvegia e la Finlandia e poi l'Islanda e la Groenlandia.
  La Norvegia porta come contributo alla comunità internazionale una expertise sull'Artico di cui il Governo e il Parlamento di Oslo sono da tempo interpreti, da ultimo, attraverso un importante documento strategico del 2014 riferito alle attività della Norvegia, oltre che nel Consiglio Artico, in sede di Consiglio nordico dei ministri e di Consiglio euro-artico di cooperazione di Barents (si caratterizza per l'ottima collaborazione che all'interno di esso vi è tra i Paesi artici europei e la Russia).
  In territorio norvegese, seppur soggette ad un regime giuridico sui generis dettato dal Trattato del 1920, le Isole Svalbard rappresentano l'ultimo avamposto antropizzato oltre il Circolo Polare Artico e sono sede esclusiva e privilegiata di attività scientifica, di rilevazione satellitare e di turismo sostenibile, in cui operano. Da evidenziare che il Trattato delle Svalbard, siglato nel contesto della Conferenza di pace di Parigi alla fine della Prima guerra mondiale, assegna l'arcipelago alla Norvegia, facendo salvi i diritti particolari in capo alle altre potenze firmatarie, vincitrici della Prima guerra mondiale, riunite nel Consiglio della Società delle Nazioni, tra cui gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia. In base al Trattato del 1920, l'Italia, come altri Paesi, ha diritto per i propri cittadini di stabilimento alle isole Svalbard e di libertà di esercizio di attività economica in condizioni di assoluta parità con i cittadini norvegesi.
  Su queste basi giuridiche e anche in forza all'accordo dello Spazio economico europeo anche i cittadini italiani hanno piena libertà di accesso, di stabilimento e di attività economica in Norvegia e, segnatamente, nell'Artico norvegese. L'Ambasciatore Novello ha, quindi, riferito dell'operato di ENI, attiva in Norvegia da circa quarant'anni, con specifico riferimento all'impianto di Goliat, l'impianto di produzione petrolifera più settentrionale al mondo, che riveste un triplice significato; in primo luogo, sotto l'aspetto dimensionale, perché in certi periodi il nuovo impianto petrolifero gestito dalla nostra società è stato addirittura il terzo giacimento di tutta la Norvegia, in termini di produzione quotidiana di greggio; in secondo luogo, in funzione di apripista, infatti si tratta del primo giacimento petrolifero e del secondo giacimento energetico in assoluto dell'area; in terzo luogo, per gli effetti economici e sociali nell'indotto e nei rapporti con le popolazioni locali. Ha riferito anche del ruolo di Fincantieri che, dopo aver acquisito il controllo di una società norvegese, è diventato il quarto gruppo mondiale nella cantieristica e il primo gruppo mondiale non sud coreano nella regione, cui si deve la progettazione di navi all'avanguardia nella ricerca polare, commissionate dal Governo norvegese. Tra le aziende presenti Pag. 55nella regione ha citato anche la Leonardo Helicopters nella produzione di elicotteri per operazioni di soccorso in mare, la Cimberio, specializzata in sistema di trasmissione energetica attraverso elettrodotti, la Costa Crociere ed Edison. Dall'impegno delle imprese italiane è derivato l'inclusione del nostro Paese nella maggiore dimensione di cooperazione regionale economica, lo Arctic Business Council. Nel campo scientifico ha segnalato l'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino, che nell'ambito del progetto METEOMET ha realizzato in collaborazione con il CNR un laboratorio metrologico nelle isole Svalbard presso la stazione italiana Dirigibile Italia.
  L'Ambasciatore Novello ha integrato la visione geopolitica indicata dal Sottosegretario Della Vedova segnalando la convergenza degli interessi italiani e norvegesi in Artico, in quanto spazio deputato per eccellenza alla collaborazione internazionale, alla luce della linea inclusiva da parte della Norvegia nei confronti dei Paesi non artici. L'Ambasciata d'Italia a Oslo è impegnata nel valorizzare l'apporto italiano nella regione e si è di recente profusa in una pluralità di iniziative che hanno incluso programmi di formazione dei giovani e di gemellaggi con le regioni del Mezzogiorno.
  La Norvegia è, pertanto, un Paese artico per eccellenza e porta in dote alla comunità internazionale una sensibilità e una conoscenza del tutto particolari. L'Italia è presente in Artico da tempo e praticamente in tutti i settori, dall'alta tecnologia alla ricerca, dal turismo all'alimentare, dall'energia all'educazione. Le sinergie tra Italia e Norvegia sono possibili e sono potenzialmente molto utili in un'ampia gamma di settori, nei quali condividiamo valori, approcci e interessi.
  Gli stimoli emersi nell'audizione hanno provocato un dibattito incentrato sull'emergere delle questioni sulla sicurezza come tematica da portare in cima all'agenda della cooperazione artica. L'onorevole Paolo Alli, presidente dell'Assemblea parlamentare presso la NATO, ha prospettato il rischio di militarizzazione dell'Artico in considerazione delle nuove tensioni tra Occidente e Federazione Russa, e l'importanza dei buoni rapporti tra Norvegia e Russia sulla base di interessi condivisi in settori quali la sicurezza nucleare, il controllo dell'ambiente, la fondamentale gestione degli stock di pesce, che economicamente pesano moltissimo a livello internazionale. È emersa in questa seduta la tematica del ruolo della Cina, presente con una propria ambasciata in Islanda, con cui ha siglato un accordo di libero scambio e cui è legata da interessi nel campo della geotermia. L'onorevole Manciulli ha contribuito osservando che si tratta di aree in cui le questioni di sicurezza sono così strettamente collegate da rendere necessario un livello di analisi globale in aggiunta a quello relativo ai singoli rapporti tra Stati. Però, per le sue caratteristiche climatiche e ambientali, l'Artico è una zona di alto nord, ma bassa tensione (high north low tension), nonostante in passato vi siano stati episodi militari. Grazie all'intervento dell'onorevole Nicoletti, oltre all'esigenza di consolidare il già ottimo livello di cooperazione scientifica, sono emerse le nuove similitudini tra Artico e Mediterraneo, in termini di navigazione, risorse energetiche, turismo, sviluppo sostenibile, tensioni geopolitiche, presenza nello stesso mare di Stati appartenenti a regimi internazionali diversi, fori globali di collaborazione che, attraverso la soft law, cercano di sviluppare una coesistenza serena, dispute territoriali per quanto riguarda l'attribuzione della piattaforma continentale, ruolo della giurisdizione internazionale nella forma di interventi della Corte internazionale di giustizia.
  Essenziale per l'inquadramento della materia, anche sul piano storico e della presenza istituzionale dell'Italia nel contesto artico, è stata l'audizione di Franco Frattini, presidente della Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI), svolta il 15 marzo 2017. Si deve a lui, in qualità di Ministro degli affari esteri, l'adesione dell'Italia al Consiglio Artico sulla base di una candidatura a osservatore permanente avanzata nel 2009 alla luce del grande legame storico con l'Artico, Pag. 56segnato dalla missione di Umberto Nobile con il dirigibile Norge e testimoniato dalla stazione permanente del CNR nelle Svalbard, dal Museo dell'Artico e dell'Italia nell'Artico a Longyearbyen presso le Isole Svalbard.
  Il presidente Frattini ha evidenziato che il Consiglio Artico è l'unico consesso di riflessione politica e geostrategica in cui tutti i grandi attori globali del mondo (a partire da USA, Russia e Cina) siedono ai massimi livelli, qualunque cosa succeda rispetto alle crisi in altre parti del pianeta, avendo compreso che è interesse comune preservare e governare la tematica artica qualunque cosa succeda. In tale consesso è stato pertanto possibile sviluppare la consapevolezza su interessi comuni cui tutti sono impegnati. Occorre pertanto che il nostro Paese si impegni per mantenere questo livello di cooperazione e di capacità di compensazione di tematiche divisive, al fine di scongiurare ogni nuova corsa agli armamenti e alla militarizzazione. In tal senso sarebbe auspicabile operare per un Trattato per l'Artico, in analogia con l'Antartico, per creare una regione weapon free.
  Sui temi della cooperazione economica ha evidenziato tre implicazioni: il trasporto transartico, che riduce sensibilmente i collegamenti ma pone il tema del passaggio delle grandi navi che rappresentano un moltiplicatore di fattori di rischio, su cui l'Italia si esprime in Consiglio Artico con moderazione; l'esplorazione offshore che impone da parte dei soggetti economici (le italiane ENI e Saipem sono un modello in tal senso) la trattazione sistematica del rischio di disastro ambientale; l'esplorazione mineraria, soprattutto in Groenlandia, che mette a rischio il permafrost polare e su cui, analogamente, sarebbe opportuno che anche il Parlamento italiano si schierasse a favore di warning internazionale.
  Si è evidenziato in generale il tema della perdita di risorse derivante dall'assenza di una fonte di diritto internazionale ad hoc, come avviene nel campo della pesca in Artico, che ad oggi è incontrollata. Ha quindi richiamato l'impegno sulla questione da parte del Parlamento sami, che lavora anche sui temi della qualità della vita delle popolazioni indigene, anche per scongiurare il rischio di emigrazione. Su tutte queste tematiche è impegnata la SIOI che ha inaugurato un master sulla geopolitica delle risorse e studi artici ed ha indetto quest'anno un'iniziativa di studio internazionale dedicata all'Artico, denominata « One Artic».
  Nel corso del dibattitto si è posto il tema della efficacia delle decisioni assunte nella sede del Consiglio Artico, con il contributo dell'onorevole Quartapelle Procopio, e della necessità di elaborare una strategia comune alle grandi potenze, accomunate certamente dal tema della salvaguardia dei popoli dell'Artico per evitare il rischio di esodo. Di fondamentale rilievo in tal senso è la partecipazione stabile dei popoli artici in qualità di interlocutori riconosciuti e di regola invitati alle sessioni dei fora sull'Artico in quanto organizzati nel «Consiglio dei Popoli», cui aderiscono i sami, gli inuit, i groenlandesi. Il loro coinvolgimento strutturato negli strumenti di cooperazione regionale rappresenta il passo avanti più importante nella governance della regione. È emerso nuovamente, per intervento dell'onorevole Alli, il quesito sull'interesse specifico della Cina in Artico, registrato l'incremento di spesa militare navale e l'impegno della Cina a cogliere le nuove opportunità derivanti dalla prospettiva di concessioni per l'estrazione mineraria. Inoltre ci si chiede se basterà il Consiglio Artico per limitare la tendenza della Federazione Russa ad avere avamposti militari in quell'area o servirà qualche intervento più energico da parte delle Nazioni Unite. Anche alla luce degli errori commessi nella crisi russo-ucraina, è essenziale tenere alta l'attenzione, non cedere alla tentazione di caduta di interesse e tenere sotto stretto monitoraggio uno scenario comunque segnato da crescente diffidenza.
  Il dibattito ha potuto contare sull'intervento di Gianni Farina e Fabio Porta, entrambi eletti nella Circoscrizione estero e interessati ai temi del fondamento giuridico delle rivendicazioni territoriali russe Pag. 57in Artico, dei vantaggi economici e strategici dello sviluppo di nuovi rompighiaccio per il trasporto transartico e del possibile esodo delle popolazioni artiche, che preoccupa tutti i Paesi rivieraschi e che interessa da 600.000 a 800.000 inuit dell'Alaska e del Canada e popoli sami della Scandinavia.
  A conclusione del ciclo di audizioni, il 13 dicembre 2017, la Commissione ha audito il Ministro Plenipotenziario Carmine Robustelli, Capo della delegazione italiana al Consiglio Artico e Senior Arctic Official per l'Italia nel Consiglio Artico. L'audizione ha avuto un taglio ricognitivo del lavoro svolto e ha consentito di cogliere alcune proposte di lavoro per il futuro.
  Alla luce del dibattito sulle posizioni dei maggiori leader mondiali sugli Accordi di Parigi, l'Artico costituisce una realtà significativa ed emblematica in termini anche di governance: l'Artico è un po’ anche un piccolo modello di come possiamo governare il pianeta e tale interesse deriva anche dal suo essere al riparo «dalle luci della ribalta». Robustelli ha, inoltre, segnalato che di recente ha fatto ingresso nell’Arctic Economic Council, il primo membro non artico nell'associazione degli armatori coreani, a conferma dell'interesse asiatico per l'Artico.
  La crescente centralità economica e geopolitica dell'Artico deriva dalla sua maledizione, cioè dallo scioglimento dei ghiacci, per i trasporti e per lo sfruttamento delle risorse. Questo è il punto di criticità che tutti dobbiamo affrontare.
  Se è vero che nel Consiglio Artico attori come Russia e Stati Uniti dialogano meglio che altrove ciò accade proprio perché la mediaticità influisce anche sul buon andamento delle relazioni internazionali. In un contesto come il Consiglio Artico si possono affrontare tematiche anche a livello più tecnico, ma con una valenza politica importante, e si può mantenere aperto un filo del dialogo che dovrebbe servire anche su scenari più ampi.
  L'Artico è interessante per motivi economico-imprenditoriali, settore in espansione, e per motivi strategici di sicurezza, che restano però al di fuori dell'ambito di lavoro del Consiglio Artico in quanto soprattutto i grandi attori non hanno interesse affinché uno strumento di soft law di quel tipo possa affrontare tali temi. Quindi la questione «Artico» va trattata anche al di là del Consiglio Artico per le evidenti connessioni tra ambiente, economia e sicurezza. Non a caso nelle più recenti riunioni del Consiglio si registra una tensione tra approccio sovranista di alcuni Stati e i grandi temi globali. E non a caso si è assistito al proliferare di iniziative nazionali sull'Artico, modellate sulle visioni dei singoli Stati della regione e più svincolate dai protocolli del Consiglio Artico.
  Quanto al ruolo dell'Italia, il nostro Paese è molto apprezzato e ascoltato nel contesto di una governance del Consiglio Artico sempre più inclusiva. La presidenza finlandese è decisa ad andare avanti in tal senso, raccogliendo l'eredità della precedente presidenza statunitense, che aveva molto spinto in tale direzione, anche con l'obiettivo di condizionare la linea della Amministrazione statunitense attuale.
  L'Italia si è caratterizzata per un percorso strutturato e flessibile allo stesso tempo, delineato nella Strategia italiana del 2015 e in evoluzione grazie allo strumento del Tavolo artico, istituto presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale come momento assai efficace di networking e di coordinamento informale tra mondo scientifico, imprese, amministrazioni coinvolte e in fase di ampliamento.
  Robustelli ha riferito del generale apprezzamento proveniente dagli attori italiani che operano in Artico rispetto all'iniziativa parlamentare di indagine conoscitiva da cui si attende uno stimolo ulteriore, soprattutto nella misura in cui la posta diventa sempre più alta e gli altri attori regionali investono in risorse e in presenza attiva.
  Robustelli ha, nello specifico, valorizzato la qualità di presenza scientifica italiana in Artico, segnalando anche il lavoro del Ministero dell'ambiente e dell'Istituto Idrografico della Marina.Pag. 58
  All'Italia, come a tutti i Paesi osservatori permanenti in Artico, si richiede, oltre al riconoscimento della sovranità degli otto Stati membri sull'Artico, anche il contributo attivo sul piano della partecipazione alle ricerche scientifiche e, anche finanziariamente, sul piano dei lavori e delle attività del Consiglio Artico. Sarebbe pertanto assai auspicabile pervenire ad uno strumento finanziario ad hoc per l'Artico che possa interagire in meccanismi di cofinanziamento europeo.
  Sul piano scientifico Robustelli ha citato l'iniziativa dell'Istituto idrografico della Marina militare che, dal 9 al 29 luglio 2017, ha svolto una campagna oceanografica nelle acque a sud delle isole Svalbard ospitando sulla nave Alliance 6 laboratori e 25 ricercatori provenienti da CNR, ENEA e OGS. Si è trattato di un'attività organizzata anche in collaborazione con il Centre for Maritime Research and Experimentation della NATO per lo studio dei fondali marini, delle correnti, della radiazione solare. I risultati della ricerca sono stati presentati all’Arctic Circle, in Islanda, e anche in molti gruppi di lavoro del Consiglio Artico. La Marina ha deciso di riproporre l'iniziativa nel 2018 e nel 2019.
  Robustelli si è quindi soffermato sulla vitalità dell’Arctic Economic Council, sorta di camera di commercio che sponsorizza realmente gli interessi delle imprese che vi partecipano. Si tratta di un'istanza che in futuro sarà chiamata sempre di più a collaborare con il Consiglio Artico, mediando tra istituzioni e mondo imprenditoriale. In tale dinamica l'Italia dovrà dare il proprio contributo e il Tavolo artico si pone come utile piattaforma di coordinamento.
  Ultimo argomento trattato da Robustelli è stato quello della cooperazione accademica, riferendo dell'iniziativa UArctic, una rete di università connesse all'Artico cui aderiscono anche 15 università asiatiche, di cui 11 cinesi. Anche su questo terreno l'Italia è chiamata ad interagire e in tale direzione è positivo il ruolo giocato dalla Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI).

  5.2. Le audizioni degli ambasciatori dei Paesi artici europei.

  Il ciclo di audizioni di ambasciatori dei Paesi artici europei ha avuto inizio il 12 aprile 2017, con l'audizione di Erik Vilstrup Lorenzen, Ambasciatore del Regno di Danimarca in Italia che ha descritto la strategia del suo Paese in Artico, anche in riferimento al territorio della Groenlandia, nella condivisione che il maggiore obiettivo e sfida è il mantenimento di un basso livello di tensione ed un alto livello di cooperazione. Le ulteriori priorità sono i cambiamenti climatici in quanto fattore anche politico, che influenza la geografia e offre opportunità per nuove rotte marittime e per l'estrazione di nuove materie prime e dunque per realizzare obiettivi di sviluppo economico sostenibile. Alla base della politica danese nell'Artico vi è la strategia per l'Artico 2011-2020, per un Artico pacifico, sicuro, solido, una crescita e uno sviluppo sostenibili, con il rispetto del fragile clima dell'Artico, in stretta cooperazione con i partner internazionali e con meccanismi revisionali di medio termine. La Danimarca basa la sua politica artica sulla Dichiarazione di Ilulissat, sottoscritta nel 2008 tra i Paesi dell'Artico 5 (Danimarca, Russia, Norvegia, Canada e Stati Uniti) e che stabilisce che le relazioni in Artico debbano avere natura pacifica cui tutti contribuiscono, inclusa la Russia proprio perché la navigazione sicura e l'estrazione delle risorse rappresentano interessi economici molto importanti e condivisi. Nello stesso gruppo dei Paesi dell'Artico 5 si discute della prospettiva di disciplinare giuridicamente il settore della pesca in Artico, visto il convergere di interessi anche da parte cinese, sudcoreana o di Singapore. Due anni fa è stato siglato un accordo e si è aperto ad altri Stati, inclusa l'Unione europea, per discutere insieme di come collaborare una volta che si registrerà una maggiore quantità di risorse ittiche nel Mare Artico.
  Quanto alle popolazioni della Groenlandia, l'Ambasciatore ha insistito sulla necessità che esse accedano a strumenti di Pag. 59crescita economica in equilibrio con l'ambiente. A questo fine il Consiglio Artico rappresenta uno strumento unico, che assicura legittimità reciproca nella gestione delle questioni sociali e ambientali, legate ai cambiamenti climatici. Ha quindi evidenziato le attività della task force del Consiglio Artico nel campo delle infrastrutture e delle telecomunicazioni nell'Artico, un settore di grande interesse anche per la collaborazione con l'Italia. C’è invece un carente accesso alla digitalizzazione e ai satelliti nella regione artica, a causa delle grandi distanze. Occorre una maggiore copertura satellitare per coprire distanze tanto grandi. Su questo ha rivolto un appello alle aziende italiane del settore.
  In sede di dibattito, interagendo con i deputati Zampa, Garavini e Colletti, l'Ambasciatore Lorenzen ha precisato che mancano meccanismi di coordinamento tra Consiglio Artico e Nazioni Unite pur trattando materie connesse e anche alla luce di rilevanti accordi in tema di prevenzione di sversamenti in mare. Ha inoltre sottolineato che per la Danimarca la cooperazione pacifica con la Russia è essenziale e che non intacca l'apparato di decisioni assunte in sede europea rispetto ad altri scenari. Certamente per la Danimarca e per la Groenlandia è importante potere contare su autodeterminazione e sviluppo economico in una regione pacifica e stabile.
  L'audizione di Bjoern Trygve Grydeland, Ambasciatore del Regno di Norvegia in Italia, svolta il 2 maggio 2017, ha comportato una decisa valorizzazione del rapporto italo-norvegese a partire dalla stagione delle esplorazioni ad inizio Novecento, per proseguire con l'attuale cooperazione privilegiata con aziende come ENI, presente sulla piattaforma continentale norvegese, e con il CNR, presente nella stazione di ricerca di Ny Ålesund, a Svalbard, dove gestisce la torre Amundsen-Nobile sul cambiamento climatico.
  Per la Norvegia l'Artico è intuibilmente in cima alle priorità di politica estera. L'obiettivo del Governo norvegese è affrontare le opportunità che vengono fornite dalla natura in modo sostenibile e responsabile e garantire che l'Artico rimanga una regione pacifica, contraddistinta da collaborazione internazionale. Ha ribadito alcune questioni già segnalate dal suo omologo italiano, sulla differenziazione intra- artica in termini di clima, di economia e di condizioni di vita. In particolare, la parte norvegese dell'Artico differisce dalla parte della Groenlandia e da quella dell'Alaska per via della corrente del Golfo, che mitiga il clima e che ha permesso alla Norvegia di accumulare molte risorse a livello di sviluppo commerciale ed economico. Per i norvegesi l'Artico è una regione di opportunità, atteso che circa l'80 per cento delle zone marine norvegesi è al nord del Circolo artico, che quasi il 70 per cento degli introiti derivanti dalle esportazioni viene da attività che si collegano al mare e che l'80 per cento del traffico marittimo nell'Artico si svolge in acque territoriali norvegesi. Per tali motivi la Norvegia ha anche un forte interesse nel garantire una gestione sostenibile dell'oceano in questa regione.
  La nuova strategia norvegese per l'Artico si basa su cinque settori prioritari: collaborazione internazionale, sviluppo economico e commerciale, sviluppo delle conoscenze, infrastrutture e protezione ambientale e preparazione a possibili emergenze. Per raggiungere questi obiettivi si utilizzano le leve dei permessi per petrolio e gas; si provvede alla istituzione di un centro nelle Isole Lofoten e Vesterålen per la reazione a incidenti con il petrolio in mare e per affrontare il problema dei detriti plastici in mare; si provvede alla istituzione di un centro specializzato sui temi dell'Oceano e dell'Artico a Tromsø; si promuove un programma di sviluppo di forniture e di filiere competitive nel nord della Norvegia, la collaborazione tra aziende e istituzioni di ricerca e, soprattutto, si investono circa 40 miliardi di corone norvegesi nelle infrastrutture al nord della Norvegia e in migliori comunicazioni e nella copertura a banda larga nel nord della Norvegia e nella rete di fibre ottiche tra nord della Norvegia e altri Paesi.
  Quanto al Consiglio Artico, il ritiro dei ghiacci dà valore alla conoscenza della regione da parte delle popolazioni locali e Pag. 60comunque determina un interessamento inedito alla regione da parte di attori anche assai lontani. La Norvegia ha accolto con favore l'ingresso di nuovi osservatori dall'Asia e dall'Europa e sostiene la collaborazione nel Grande Nord, non la concorrenza o gli scontri. Ritiene che ci sia abbastanza Artico per tutti, purché tutti rispettino il diritto internazionale e le leggi degli Stati regionali.
  Il riferimento normativo principale è dato dalla Dichiarazione di Ilulissat, che ha reso il contesto giuridico dell'oceano prevedibile, affidabile e ancorato al diritto internazionale. Nel 2012 la Norvegia e la Russia hanno firmato un fondamentale accordo sulla demarcazione marittima e sulla collaborazione nel Mare di Barents e nell'Oceano Glaciale Artico con cui si è risolta una disputa durata quattro decenni, si sono ridotte le tensioni e migliorata la collaborazione, conferito maggiore stabilità giuridica alla cooperazione in omaggio ai princìpi concordati a Ilulissat.
  Quanto al ritiro dei ghiacciai, è un processo oramai inarrestabile: la tundra si scongela, gli stock ittici stanno migrando e, secondo alcune stime, la calotta glaciale estiva artica scomparirà completamente entro l'anno 2050. Questo comporterà dei cambiamenti enormi e delle sfide, non soltanto per gli Stati artici, ma per tutto il mondo. Dobbiamo promuovere una collaborazione internazionale per rispondere a questo fenomeno. Con il ritiro dei ghiacci i Paesi artici non saranno più divisi dai ghiacci, ma saranno collegati dal mare. Si verificherà un aumento degli scambi commerciali marittimi. Il mare diventerà una strada, non una barriera e aprirà nuove opportunità, soprattutto in termini di investimenti basati sulla conoscenza. Vi sono, inoltre, risorse di gas e di petrolio non ancora scoperte nell'estremo Nord che, nell'ambito della strategia norvegese per l'Artico, Oslo offrirà in concessione per le attività estrattive, come avviene già con ENI. Per assicurare la leadership nella conoscenza del Nord, la Norvegia continuerà ad investire in ricerca e formazione sui temi artici.
  Quanto alla cooperazione con l'Italia, ha preannunciato nuove commesse oltre a quelle già affidate a Fincantieri e a Leonardo Finmeccanica per la ricerca polare e per le operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Vi sono poi ambiti di cooperazione in sedi meno conosciute come la Conferenza sulle frontiere artiche, che si celebra a Tromsø, o la Conferenza per il dialogo nell'estremo Nord a Bodø, a cui parteciperanno studenti della SIOI.
  I maggiori obiettivi strategici norvegesi in Artico sono: garantire un regime di gestione integrato, basato sugli ecosistemi, la salvaguardia di pace e la stabilità attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale, soprattutto in ambito scientifico, e degli strumenti di diritto internazionale.
  Ai quesiti posti dagli onorevoli Censore e Scagliusi sulla fondatezza scientifica delle previsioni sullo scioglimento dei ghiacci e sull'impatto dei rapporti tra Unione europea e Russia sul dossier relativo all'ingresso dell'Unione europea come osservatore all'interno del Consiglio Artico, l'Ambasciatore Grydeland ha confermato i dati prospettando una situazione geografica del tutto nuova e sottolineando quanto l'Italia collabori al massimo livello negli studi sul fenomeno. Il tema delle sanzioni nei confronti della Russia rappresenta oggi il motivo politicamente più rilevante per il no, espresso proprio dalla Russia, all'ingresso dell'UE nel Consiglio Artico. La Norvegia, coesa con gli altri Paesi dell'UE, ha anche cercato di sviluppare una cooperazione tra popoli attraverso la frontiera con la Russia, che condivide da più di mille anni senza avere mai avuto conflitti. In quanto membro della NATO, la Norvegia ospita esercitazioni nel proprio territorio e lungo i confini, anche in prossimità della Russia. Allo stesso tempo, cerca di cooperare, ad esempio riguardo alla gestione delle scorte ittiche e delle attività di soccorso.
  L'ulteriore audizione di uno Stato artico ed europeo ha coinvolto Janne Taalas, Ambasciatore della Repubblica di Finlandia in Italia, audito il 15 novembre 2017 Pag. 61anche in ragione della presidenza di turno del Consiglio Artico, che durerà fino a maggio 2019.
  La questione artica è stata anche oggetto degli incontri tra Capi di Stato avvenuti nel settembre del 2017 a testimonianza del fatto che l'Artico non è più questione marginale e sconosciuta: il cambiamento globale, sia ambientale sia climatico, nonché la galoppante globalizzazione rappresentano i principali elementi determinanti di questo mutamento. Per l'Italia l'Artico non rappresenta una novità, come noto. L'Ambasciatore Taalas ha ricordato anche la partecipazione del Tenente Giacomo Bove nel 1878 alla spedizione del finlandese Adolf Erik Nordenskiöld, che fu il primo a percorrere per intero il passaggio a nord-est.
  Quanto alla Finlandia, si tratta di un Paese interamente artico: un terzo del territorio nazionale, nonché 200.000 dei suoi 5,4 milioni di abitanti si trovano al di sopra del Circolo Polare Artico. Helsinki è situata al 60o parallelo nord e, in generale, quasi il 30 per cento della popolazione artica mondiale che vive al di sopra di questo parallelo è composta da finlandesi. Inoltre, i sami, che vivono sia nel territorio finlandese sia in quello di altri Paesi limitrofi, sono l'unica popolazione indigena dell'Europa occidentale. La geografia settentrionale incide sulla cultura e sul modo di vivere dei finlandesi, che si sono sempre adattati alle condizioni artiche sviluppando soluzioni adeguate. Ad esempio, per garantire le condizioni giuste per avere scambi commerciali, i finlandesi hanno sviluppato la tecnologia dei rompighiaccio: sono stati i rompighiaccio che hanno tenuto i porti finlandesi liberi dal ghiaccio tutto l'anno già a partire dagli anni Sessanta e, ad oggi, il 60 per cento dei rompighiaccio del mondo sono stati costruiti in Finlandia.
  In vista della presidenza del Consiglio Artico, la Finlandia ha svolto consultazioni con tutti i Paesi membri, osservatori e partner del Consiglio Artico per elaborare un programma il cui obiettivo fondamentale è mantenere l'Artico una regione di pace e cooperazione, libero dall'influsso di altri conflitti internazionali, nel segno del motto « Exploring Common Solutions».
  Per il momento, i conflitti internazionali degli ultimi anni e la destabilizzazione della situazione politica e di sicurezza – molto ben visibile, per esempio, nel Mar Baltico – non hanno avuto ripercussioni sulla regione e sul Consiglio Artico. Al Consiglio Artico gli Stati Uniti, i Paesi dell'Unione europea e la Russia hanno proseguito nel dialogo costruttivo e tutti hanno convenuto che la cooperazione artica deve puntare a produrre delle soluzioni di lunga durata nel segno degli Accordi di Parigi sul clima e dell'Agenda di sviluppo sostenibile. Per la Finlandia il Consiglio dovrà lavorare ad ulteriori quattro obiettivi focali: tutela dell'ambiente, collegamenti e comunicazione, cooperazione meteorologica e istruzione.
  In campo ambientale occorre proteggere la biodiversità; rallentare l'acidificazione degli oceani; diminuire le emissioni da black carbon e da metano; ridurre l'inquinamento dei mari e rafforzare le comunità artiche. Il lavoro portato avanti per la diminuzione delle emissioni da black carbon è un argomento che il Presidente della Repubblica finlandese ha affrontato quest'anno nei suoi incontri con tutti i più importanti leader mondiali, incluso il Presidente degli Stati Uniti Trump, il Presidente russo Putin e il Presidente cinese Xi.
  Il miglioramento delle comunicazioni è una questione cruciale per tutti gli abitanti della regione artica. Dopo la felice esperienza di interazione con l'Italia, la cooperazione meteorologica è stata posta come tema nuovo in seno al Consiglio Artico ed è fondamentale per la comprensione dei cambiamenti climatici. Su questo terreno si cerca l'interazione con le istituzioni nazionali e con l'Organizzazione Meteorologica Mondiale.
  In materia di istruzione, l'obiettivo della presidenza finlandese è garantire un'istruzione basilare di qualità a tutti i bambini della regione artica, sviluppare Pag. 62soluzioni digitali, con il prezioso apporto dell'Università Artica Transnazionale, partner del Consiglio Artico.
  Rispetto a tutti questi ambiti, il contributo dei Paesi osservatori è fondamentale e l'attivismo dell'Italia è stato fino ad oggi esemplare.
  Durante la presidenza finlandese sarà elaborata una strategia a lungo termine, che punta alla continuità, coordinando il lavoro attentamente con gli Stati Uniti, che hanno preceduto la Finlandia nella presidenza, e proseguendo nel modello statunitense di valorizzazione degli osservatori anche a livello di Senior Arctic Officials. Per rafforzare la cooperazione artica e garantire il sostegno politico, la Finlandia è pronta a ospitare anche un vertice artico.
  La Finlandia sostiene l'Unione europea e crede molto nell'attuazione della recente comunicazione della Commissione europea sull'Artico, in quanto valido strumento strategico sostenuto dall'Alto Rappresentante Mogherini. Certamente la Finlandia sostiene anche la posizione di osservatore dell'Unione europea presso il Consiglio Artico, benché per motivi politici, in questo momento, la posizione formale sia congelata. Ciò nonostante l'Unione partecipa pienamente a tutti i lavori del Consiglio.
  Nell'interazione con l'onorevole Cassano, l'Ambasciatore Taalas ha affrontato il tema dei rapporti con la Russia, enfatizzando il legame con la politica comune attuata dall'Unione europea nei confronti della Russia e il ruolo dell'Unione europea come attore di primo piano. Dato il lungo confine, la cooperazione tra la Finlandia e la Russia è necessariamente assai intensa.
  Ha quindi valorizzato il legame tra nord e sud dell'Europa, essenziale per la gestione dei temi globali, e ha quindi espresso profondo apprezzamento per il lavoro svolto dall'Italia nel Mediterraneo, che rappresenta il confine comune europeo. Tra l'altro la Finlandia contribuisce con mezzi navali e aerei alla missione EUNAVFOR MED – Operazione Sophia ed è stato il primo Paese europeo ad avere accolto profughi ricollocati.

5.3. Il contributo e il ruolo dell'Unione europea.

  La Commissione ha audito in videoconferenza il 26 luglio 2017 Terkel Petersen, Consigliere del Servizio Europeo per l'Azione Esterna per le questioni dell'Artico, che ha illustrato l'evolvere delle prese di posizione strategica da parte dell'Unione europea rispetto alla regione artica, a partire dalla Comunicazione del 2008 intitolata «L'Unione europea e la regione artica» (COM(2008)763) nella quale per la prima volta è stata delineata una strategia organica dell'UE nei confronti della regione artica, imperniata su tre obiettivi strategici principali: tutelare e preservare l'Artico di concerto con la sua popolazione; promuovere l'uso sostenibile delle risorse; contribuire a una migliore governance multilaterale nell'Artico.
  Conseguentemente, alla fine del 2008, la Commissione europea presentò domanda per ottenere lo status di osservatore nel Consiglio Artico. Nello stesso tempo l'Unione chiuse il mercato ai prodotti derivanti dalla foca determinando la reazione negativa di Paesi membri come il Canada, ispirato dalle popolazioni indigene, nel momento in cui il Consiglio Artico prese in esame la richiesta. Già nel corso del 2008 e del 2009 l'Unione europea aveva creato il «Quadro politico sulla dimensione settentrionale», che affondava le proprie radici negli anni successivi alla caduta del Muro di Berlino ed era stato ampiamente promosso dalla Finlandia, Stato membro dell'Unione europea, nel 2004. Anche in questo progetto si affrontavano questioni legate all'Artico. Inoltre, l'Unione europea era già membro del Consiglio euro-artico di Barents.
  Nel 2012, la Commissione europea e l'Alto Rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la sicurezza hanno presentato una Comunicazione congiunta intitolata «Definire una politica dell'Unione europea per la regione artica: progressi compiuti dal 2008 e prossime tappe» (JOIN(2012)19) nella quale l'UE ha ulteriormente articolato la sua strategia artica.Pag. 63
  La Comunicazione congiunta del 2012 serviva soprattutto a ridare slancio alla questione relativa allo status di osservatore nel Consiglio Artico. La vertenza sul bando sui prodotti derivanti dalla caccia alla foca ha continuato ad avere un peso fino al 2014 e il 2015, quando con il suo superamento è venuto meno il veto da parte del Canada. Tuttavia, ulteriori fattori geopolitici hanno reso il Consiglio Artico ancora riluttante rispetto alla possibilità di concedere lo status di osservatore all'Unione europea, che è comunque invitata a partecipare alle riunioni del Consiglio Artico a tutti i livelli in qualità di osservatore de facto.
  Nel 2016 è, infine, stata adottata la Comunicazione congiunta «Una politica integrata dell'Unione europea per l'Artico» (JOIN(2016)21), con la quale è stata ribadita la necessità di una politica dell'UE volta a promuovere la cooperazione internazionale in risposta agli effetti dei cambiamenti climatici sul fragile ambiente dell'Artico e a contribuire allo sviluppo sostenibile, specialmente nella parte europea dell'Artico.
  Il permanere di un interesse europeo alla full membership nel Consiglio Artico è connesso alla presenza in tale forum di due rilevanti Stati membri, Finlandia e Svezia, oltre alla Danimarca, che è Stato artico grazie alla Groenlandia. Inoltre, fanno parte del Consiglio Artico due Stati che aderiscono allo Spazio Economico Europeo, Islanda e Norvegia, che cooperano intensamente con gli altri tre Stati artici: Russia, Canada e Stati Uniti.
  L'Unione europea non ha responsabilità primaria negli sviluppi che interessano l'Artico, tuttavia, le questioni artiche sono per definizione transfrontaliere, dai cambiamenti climatici alle opportunità economiche. Vi sono, poi, elementi dinamici, come l'acquisto di prodotti dalla regione artica che impongono negoziati, politiche e soluzioni sia a livello regionale sia a livello multilaterale, nell'ambito dei quali l'Unione europea funge da veicolo e da interlocutore.
  L'approccio europeo all'Artico, ridefinito nel 2016, si fonda sulla consapevolezza circa le disomogeneità, anche politiche, tra gli Stati artici europei: Islanda e Norvegia hanno una prospettiva specifica basata sul ruolo primario svolto dal turismo, dallo sfruttamento della pesca, dalle attività petrolifere e dalla prevenzione dei disastri ambientali. Per Paesi come la Finlandia o il Canada la tematica delle popolazioni indigene assume carattere prioritario, e per tutti si pone il tema della gestione delle nuove rotte commerciali.
  L'Unione europea in questo contesto svolge un ruolo prezioso come fattore di equilibrio. Un tema volutamente non trattato dalla Comunicazione del 2016 è quello della sicurezza e dell'emergere di possibili nuove tensioni, che segna trasversalmente le politiche di tutti gli Stati artici. Oggi vi è ridotta consapevolezza sul carattere strategico di questa regione ma in futuro la percezione potrebbe cambiare radicalmente. E poi i pericoli per il futuro dell'umanità derivanti dallo scioglimento dei ghiacci sono più che reali: nell'estate del 2016, nel nord della Russia, lo scioglimento del permafrost ha provocato, il ritorno, dopo settantacinque anni, di un'infezione di antrace, veicolata dalle renne.
  Il presidente del Comitato permanente sulla politica estera dell'Unione europea, onorevole Guglielmo Picchi, ha posto il tema del contributo da parte dei Parlamenti nazionali per rafforzare la posizione dell'UE in seno al Consiglio Artico. Alla luce dell'esperienza maturata dall'UE nel consesso artico e delle questioni che hanno segnato di recente il dialogo tra UE e Federazione Russa, secondo Petersen, occorre dimostrare che l'Unione europea vuole essere un partner costruttivo per gli Stati artici e per le comunità artiche e in tal senso muove la Comunicazione del 2016. Inoltre, le crisi globali sono tali da meritare un'attenzione politica anche al di là del dato di prossimità geografica. I Paesi più distanti dall'Artico sono influenzati dall'Artico e influenzano, a loro volta, l'Artico. Occorre una sensibilizzazione delle opinioni pubbliche per far comprendere che il tema dell'Artico è connesso al tema delle desertificazioni e quindi dei Pag. 64fenomeni epocali come le migrazioni o l'instabilità politica. Il Consiglio Artico non si è mai confrontato con l'Unione Africana ma qualora si installassero in Africa reti elettriche a basso o ad alto contenuto di carbonio ci sarebbero enormi ripercussioni sui ghiacci polari.
  Ha, inoltre, spiegato Petersen, la politica artica non è basata su un trattato ma è supportata e integrata da politiche settoriali. Occorre rafforzarla attraverso lo stanziamento di ulteriori risorse e occorre cambiare la percezione dell'urgenza delle questioni. Sul piano politico è chiaro che Paesi come il Giappone, la Cina, la Corea guardano alle vie di navigazione a nord della Russia e del Canada in modo diverso rispetto ad altri Paesi, perché per loro sarebbero di grande attrattività. Le attività legate al petrolio e al gas non hanno implicazioni solo in termini di rischio ambientale e possibili incidenti, ma anche in materia di interessi strategici legati alla sicurezza della fornitura energetica e all'indipendenza. La questione è molto complessa e occorre prestare maggiore attenzione e considerare attuali questioni che oggi sembrano remote.
  L'approccio europeo consente di gestire con equilibrio l'utilizzo delle risorse e la protezione dell'Artico e la politica artica dell'Unione europea assicura comunque un foro di dialogo aperto anche a Paesi per nulla coinvolti nelle strutture politico-istituzionali dell'Artico e in generale per assicurare l'interazione tra Artico e sud del mondo.

5.4. Le audizioni degli ambasciatori dei Paesi artici extraeuropei.

  Passando agli Stati extraeuropei, Paul Gibbard, Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada, audito il 21 novembre 2017, ha inquadrato il tema a partire dal dato secondo cui il 40 per cento del territorio canadese è nell'area artica, che è un'area teatro di sperimentazione politica, economica e sociale avanzatissima e innovativa. L'Artico canadese rappresenta il 25 per cento dell'Artico globale, il 40 per cento della massa di terra, ma meno dell'1 per cento della popolazione canadese, della quale più della metà è costituita da indigeni. Inoltre più del 50 per cento degli abitanti dell'Artico canadese è composto da popoli indigeni, circostanza che condiziona la visione e le politiche canadesi per l'Artico che guardano alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile. Sul versante di politica estera, nel 2010 le priorità sono state aggiornate anche alla luce dell'incontro nel 2016 tra il Presidente Obama e il Primo Ministro Trudeau: biodiversità, conoscenza delle scienze indigene tradizionali, economia sostenibile sono tutti concetti che hanno acquisito maggiore importanza, nell'impegno per la tutela di almeno il 10 per cento della massa continentale e il 17 per cento delle acque dell'Artico. In quest'ottica Stati Uniti e Canada hanno concordato che fino al 2021 non saranno concesse nuove licenze per la ricerca petrolifera o per il gas nelle acque canadesi del Mar Glaciale Artico. Inoltre è stata istituita una commissione consultiva per elaborare la politica dell'Artico canadese nel contesto del Consiglio Artico, istanza unica al mondo per la membership mista tra Stati e i sei popoli indigeni rappresentati di cui tre canadesi: il Consiglio Circumpolare Inuit, il Consiglio Artico Athabaskan e il Consiglio Internazionale Gwich'in. Il Canada ha negoziato con i popoli indigeni in modo molto proficuo, assicurando riconoscimento alle rivendicazioni territoriali e alla volontà di autogoverno. Il risultato è che oggi gli Inuit sono proprietari di territori ricchissimi di risorse (diamanti o minerali di ferro) e impegnati come imprenditori delle attività estrattive. In quanto titolari e non soggetti passivi del cambiamento, hanno sviluppato un'attitudine favorevole allo sviluppo delle loro regioni.
  Quanto ai temi dello sfruttamento economico, delicato oggetto di negoziati nell'ambito del Consiglio economico dell'Artico, nell'Artico canadese l'aspetto tecnologico è veramente complesso, occorre preservare i diritti delle popolazioni indigene e si selezionano le iniziative economicamente valide, in un contesto ambientale delicatissimo per cui il Canada Pag. 65ha imposto una moratoria sul rilascio di nuove licenze di prospezione per petrolio e gas. Occorre una visione lungimirante che guardi allo sviluppo insieme alla prevenzione dei rischi ambientali. Vi è poi l'esigenza di evitare che le società petrolifere vadano a lavorare nei Paesi il cui quadro normativo è meno rigido, prevedendo standard internazionali uniformi e controlli severi nella regione. Gli stessi parametri valgono per il turismo artico, in particolare per il passaggio delle navi.
  Quanto alle prospettive di nuove rotte commerciali nell'Artico, per il Canada il mutamento climatico sta rendendo la situazione per la navigazione più pericolosa e più imprevedibile che in passato a causa delle correnti oceaniche nel passaggio a nord-ovest e ciò, ovviamente, si ripercuote sullo sviluppo economico nell'Artico canadese.
  Il Canada si è dedicato allo studio della «conoscenza tradizionale» dei popoli indigeni, per i quali il ghiaccio non è mai stato una barriera ma una via di comunicazione sicura, alternativa al mare. L'adattamento ai cambiamenti climatici è un tema enorme sul piano antropologico, che pone questioni serie anche in termini di benessere psicologico delle popolazioni.
  Vi è poi il filone della cooperazione scientifica, su cui è stato siglato un Memorandum d'intesa nel 2014 con l'Italia, importante Paese osservatore. Ha preannunciato per il 2018 l'inaugurazione di una stazione di ricerca canadese nell'Alto Artico, chiamata CHARS, cui gli altri Paesi sono incoraggiati a contribuire sul piano tecnologico sui temi dello smaltimento delle scorie o della produzione di energia eolica.
  Il Canada è assai attivo al momento sul piano negoziale, anche oltre il contesto del Consiglio Artico per la pesca in alto mare nel Mar Glaciale Artico Centrale, interagendo tra gli altri con l'Islanda, l'Unione europea, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud.
  È noto che il Canada, un tempo contrario all'ingresso dell'Unione europea nel Consiglio Artico, ha cambiato posizione ed è lieto della partecipazione costruttiva dell'Unione europea nel Consiglio Artico.
  Passando ai temi della sicurezza, il rappresentante diplomatico canadese ha riferito che non sono allo stato percepite minacce militari dirette nell'Artico. Richiamando anche il clima registrato in ambiti NATO, è condiviso che in quest'area del mondo, anche nei momenti in cui c'erano difficoltà nel rapporto tra il Canada e la Russia, c’è sempre stata grande cautela. Questa è un'area del mondo in cui si cerca effettivamente di cooperare a ogni costo. È stato istituto il Forum della Guardia costiera dell'Artico, che riunisce le diverse Guardie costiere dei Paesi dell'Artico, proprio per poter rafforzare le possibilità di cooperazione nell'ambito della sicurezza della regione. Allo stesso tempo, il Canada mantiene quattro o sei navi da pattugliamento per l'Artico.
  La situazione canadese ha stimolato i parlamentari presenti sul terreno dell'utilizzo di energie alternative nella regione e sui possibili benefici per le popolazioni indigene dell'Artico derivanti dallo sfruttamento energetico delle zone artiche (Colletti). Su questo terreno, se oggi gran parte dell'energia è ancora legata a sostanze come i combustibili diesel, lo scioglimento dei ghiacci apre nuove possibilità per l'energia oceanica. Atteso che uno degli elementi di forza delle popolazioni locali è l'essere protette dalla questione ambientale, l'onorevole Cassano ha posto il tema di possibili tensioni tra «saperi tradizionali» da preservare e possibili rivendicazioni. L'onorevole Zampa ha dato risalto al modello di interazione canadese con le popolazioni e con i territori laddove i governi debbano affrontare questioni epocali e cambiamenti nelle tradizioni ed abitudini. Appare importante assicurare potere decisionale e coinvolgimento nei processi di governo nei grandi cambiamenti.
  La Commissione ha anche audito, il 17 ottobre 2017, il Presidente e Direttore Generale della Société du Plan Nord del Québec, Robert Sauvé. Nel 2011 il Plan Nord è stato lanciato dal governo del Québec come una struttura di concertazione Pag. 66tra tutte le popolazioni del territorio e i partner governativi, industriali e ambientali. La Société du Plan Nord è una società statale responsabile dell'attuazione del piano nel suo complesso con i partner interessati, istituita da una legge ad hoc del governo del Québec con il mandato di coordinare l'azione governativa sul territorio e la realizzazione delle infrastrutture sul territorio e di accompagnare le comunità locali e autoctone e gli altri partner nell'attuazione dei loro progetti economici, sociali e ambientali. Il suo obiettivo è anche quello di contribuire a ottimizzare le ricadute economiche delle attività presenti sul territorio attraverso la creazione di posti di lavoro e l'accesso a diversi contratti per le aziende del territorio.
  Il territorio interessato dal Plan Nord è rappresentato dal settentrione del Québec, pari a 1,2 milioni di chilometri quadrati, popolati da circa 120.000 persone, appartenenti per un terzo ai popoli autoctoni. La regione si caratterizza per un ambiente assai fragile, soprattutto a causa del cambiamento climatico e della fusione del permafrost, che interessa il terzo più a nord del territorio. Il degrado del permafrost e il cambiamento del regime idrologico dei suoli sta colpendo le comunità locali costrette ad abbandonare i propri insediamenti ormai insicuri.
  Il potenziale economico è, però, assai rilevante in ambito minerario, energetico, forestale e turistico. Con il Plan Nord, aggiornato ad una visione che spazia fino all'orizzonte del 2035, è stato adottato un modello inedito di pianificazione di sviluppo territoriale in rigorosa modalità sostenibile in cui sono integrate la dimensione sociale, quella economica e quella politica. Sul piano della tutela ambientale e della biodiversità, il Plan Nord prevede che il 50 per cento del territorio sia destinato a fini diversi da quelli industriali. Una delle particolarità del Plan Nord è che tutte le comunità sono partecipi di tutti i profitti generati dallo sfruttamento minerario ed energetico sul territorio attraverso un fondo gestito dal governo del Québec. Questo fondo è ridistribuito tra tutte le comunità, a prescindere dalla presenza o meno di attività minerarie nei pressi di quel dato villaggio o di quella comunità.
  La strategia del Plan Nord si impernia sui tre aspetti dello sviluppo sostenibile: economico, sociale e ambientale. Per ciascuno di questi tre capitoli principali sono fissati obiettivi a lungo termine all'orizzonte di vent'anni e un primo piano d'azione su cinque anni, con novanta priorità ripartite nei tre settori di intervento. È previsto che il governo del Québec investa circa un miliardo di euro nei prossimi cinque anni per realizzare queste priorità. All'orizzonte del 2035 si valuta che gli investimenti sul territorio da parte del Plan Nord ammonteranno a circa 35 miliardi di euro, in particolare grazie agli investimenti nel settore minerario, in campo energetico e nella realizzazione di infrastrutture stradali, ferroviarie e portuali. Sul piano dell'approvvigionamento energetico il Piano prevede una fornitura di gas liquido alle comunità locali, considerato che il territorio è troppo vasto per essere servito attraverso tubazioni. Un altro grande aspetto riguarda il miglioramento delle infrastrutture di telecomunicazioni, con l'obiettivo di collegare, nell'arco di cinque anni, ognuna delle 63 comunità attraverso fibre ottiche, per poter fare telemedicina, telegiustizia, teleistruzione.
  Nel modello del Québec appare assai interessante la struttura di governance rappresentata dalla Société du Plan Nord, basata sul partenariato, in cui il consiglio d'amministrazione è in maggioranza costituito da persone che vivono in territorio artico. Nell'assemblea dei partner sono rappresentati tutti gli attori coinvolti per dare pareri alla società e al ministro responsabile del Plan Nord in seno al governo del Québec. Forte di questa struttura organizzativa e operativa, ad oggi la Società è riuscita a creare oltre 7.350 posti di lavoro, cioè il 50 per cento in più rispetto al 2015 quando gli occupati erano circa 5.000, con 16 miliardi di dollari di investimenti previsti o impegnati nei primi due anni di attuazione del Plan Nord, dal 2015 al 2017.Pag. 67
  Vi sono anche interessanti prospettive di cooperazione scientifica per le rilevazioni minerarie, nel campo delle rinnovabili o dell'agroalimentare che trovano un riferimento nell'Istituto nordico del Québec, il quale guarda con grande interesse alla expertise maturata dagli studiosi italiani operanti nell'ambito del CNR. È emerso anche un filone di lavoro in collaborazione con la FAO per lo sviluppo di un'agricoltura nordica.
  Nell'audizione si è distinto il contributo in sede di dibattito dell'onorevole Alli che ha posto i temi delle modalità di coinvolgimento dei privati nel Plan Nord, della questione delle aree protette ma soprattutto dell'attivismo della Cina che in Groenlandia ha acquistato concessioni minerarie tali da promuovere il percorso di autonomia dalla Danimarca. L'onorevole Alli ha anche segnalato in questa sede che rispetto al passaggio a nord-est si sta constatando una presenza molto forte della Federazione Russa attraverso le basi di search and rescue, indispensabili nella regione ma che di fatto sono trasformate in basi militari, nella direzione di una militarizzazione dell'Artico rispetto al passaggio a nord-est. Sulla presenza cinese nella regione, Sauvé ha ribadito che la Société partecipa allo sfruttamento delle risorse minerarie, perché le popolazioni del Québec non vogliono che i minerali vadano a esclusivo vantaggio degli investitori stranieri, acquistando quote di partecipazione che arrivano a un massimo del 20 per cento, proprio affinché gli investimenti generino un ritorno a favore delle popolazioni locali. Quanto alle aree protette il 20 per cento di territorio interessato dal Plan Nord sarà destinato ad aree protette. L'altro 30 per cento non sarà oggetto di attività industriali ma sarà destinato ad altre attività, come turismo e tre ing. Al momento, il territorio occupato da tutte le attività industriali, comprese le centrali idroelettriche, le miniere, le infrastrutture industriali sul territorio, le comunità e i villaggi, è pari al 6 per cento del territorio totale.
  Quanto alla aggressività cinese nella regione, essa si spiega con il fatto che il passaggio a nord-ovest comporta una riduzione dei costi di trasporto tra l'Europa e la Cina di circa il 40 per cento, oltre ad una riduzione di quattro giorni di navigazione. La pressione cinese deve trovare argine nelle dimensioni di cooperazione multilaterale nella regione, ha sottolineato Sauvé, proprio per ridurre l'impatto di politiche aggressive ed eccessivamente sbilanciate sul versante economico. Quanto al passaggio a nord-ovest vi sono attualmente tre possibili itinerari: due sono in territorio canadese e uno in settore russo. I russi stanno già istituendo diritti di passaggio privilegiati sul passaggio più a nord, mentre il Canada si concentra di più sulle altre due alternative. In tale contesto si cerca di avere una gestione comune della sicurezza, una gestione comune della navigazione e anche un gruppo di ricerca internazionale che possa farsi carico della vigilanza ambientale legata a questi sviluppi sul territorio. C’è un elemento che favorisce nettamente la Russia ed è la sua poderosa flotta di rompighiaccio. In Québec ci sono già diversi gruppi che si stanno interessando a spingere il Governo canadese a costruire nuovi rompighiaccio. Questo offrirebbe un elemento essenziale per garantire uno sviluppo del Nord in sicurezza e anche per garantire che ci sia una gestione internazionale e non solo affidata al maggiore degli attori regionali, con palesi rischi di atteggiamenti monopolistici.
  Il 5 dicembre 2017 la Commissione ha quindi audito la Consigliera per l'Ambiente, la Scienza e la Tecnologia dell'Ambasciata degli Stati Uniti in Italia, Caron De Mars, che ha espresso fin dall'inizio apprezzamento per il modo in cui l'Italia esercita il ruolo di osservatore soprattutto in ambito scientifico, ricordando la cooperazione italo-statunitense nelle esplorazioni congiunte all'inizio del Novecento, insieme alla conferma sulla continuità tra l'Amministrazione Obama e l'Amministrazione Trump nella politica statunitense nell'Artico.
  Ha quindi riferito sulla presidenza di turno degli Stati Uniti del Consiglio Artico, con un focus sui temi ambientali nella Pag. 68consapevolezza dell'attenzione specifica da parte italiana allo scioglimento dei ghiacci e della banchisa provocato dai cambiamenti climatici. Ha manifestato la preoccupazione del suo Governo per gli effetti derivanti dalla ridotta riflettività della banchisa, dall'aumento dell'erosione costiera e del livello dei mari e dall'acidificazione del Mar Glaciale Artico. D'altra parte vi sono evidenti prospettive economiche derivanti dalla navigazione, dallo sviluppo nella ricerca di idrocarburi, dalla pesca e dal turismo.
  Un passaggio assai rilevante è stato quello concernente la concessione data dall'Amministrazione Trump al ramo americano di ENI di un permesso di esplorazioni petrolifere a partire da un'isola artificiale nel Mare di Beaufort. L'ENI è, quindi, la prima società ad ottenere un'autorizzazione ad esplorare per cercare petrolio nelle acque federali al largo dell'Alaska.
  Quindi De Mars si è soffermata ad analizzare i caratteri del Consiglio, organizzazione non formale nata da un accordo non vincolante, dunque non da un trattato. Si tratta di un forum ad alto livello e con ampio mandato che si è assai evoluto dalla sua istituzione.
  Gli Stati Uniti, in Alaska, sono presenti nella regione anche attraverso un importante nucleo di popolazioni indigene che prende parte ai lavori del Consiglio Artico con lo status di partecipanti permanenti. Il Governo statunitense tiene molto ai lavori del gruppo di lavoro sui contaminanti artici, nell'importante obiettivo di ridurre l'inquinamento alla fonte, con un'importanza primaria assegnata alle cosiddette «zone di crisi» della Russia nord-occidentale. Ha sottolineato che la Russia in questo contesto è sempre stata molto costruttiva. Un altro programma, cui Washington tiene molto, è quello per il monitoraggio e la valutazione per l'Artico, che si ripropone di valutare lo status dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento, e che lavora a stretto contatto con il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico in base al documento chiave dell'attività, rappresentato dal Rapporto SWIPA, pubblicato durante la COP di Bonn.
  De Mars ha anche citato il versante di lavoro del Consiglio Artico sui temi della prevenzione delle emergenze, richiamando l'incidente del 2005 che vide protagonista la società petrolifera Shell e apprezzando lo sforzo compiuto da ENI in materia.
  Sul terreno della cooperazione scientifica, ha valorizzato il maggior risultato della ministeriale di Fairbanks, conclusiva della presidenza USA di turno, con l'accordo per il rafforzamento della cooperazione scientifica internazionale in materia di Artico, terzo accordo vincolante, conseguito dopo nove tornate negoziali e che istituisce una task force per facilitare l'accesso degli scienziati degli otto Stati alle aree dell'Artico. Gli scienziati di Stati non artici come l'Italia possono avvalersi dei benefici concessi da questo accordo qualora stabiliscano un partenariato con uno Stato artico.
  Gli Stati Uniti apprezzano la cooperazione tra scienziati statunitensi e italiani in ogni settore, dalle esplorazioni spaziali all'Artico, quindi incoraggiano la prosecuzione di studi sull'Artico fatta in collaborazione da ricercatori statunitensi e italiani, al fine di promuovere istruzione, sviluppi di carriera, opportunità di formazione, per promuovere nuove generazioni di ricercatori sull'Artico.
  Ha segnalato la costituzione di un gruppo di esperti sul black carbon e sul metano, per promuovere una riduzione delle emissioni di almeno il 25-33 per cento al di sotto dei livelli del 2013 entro il 2025, sia per gli Stati artici sia per gli Stati non artici.
  La Consigliera De Mars ha fatto accenno all'iniziativa al di fuori del Consiglio Artico, volta a prevenire la pesca d'altura non regolamentata nel Mar Glaciale Artico centrale. Sono in corso lavori per siglare un accordo in grado di fermare qualunque forma di pesca commerciale nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico fino a quando non ci saranno migliori informazioni scientifiche sugli stock ittici commerciali e un'organizzazione migliore della Pag. 69gestione della pesca. Si tratta di un punto molto importante per gli Stati Uniti per le attività di pesca nel Mare di Bering. Ha richiamato la questione emersa a metà degli anni Ottanta con la attività incontrollata di pesca del merluzzo nero, condotta da pescherecci di Cina, Giappone, Corea del Sud e Polonia. Da allora, malgrado gli sforzi degli Stati Uniti e dell'allora Unione Sovietica volti ad un accordo internazionale, lo stock del merluzzo nero crollato nel 1992 non si è mai più ripreso. È pertanto assai importante la sigla di un accordo sulla pesca illegale, avvenuta il 13 novembre 2017 anche sulla base di una lettera aperta da parte di nove Paesi della regione e dell'Unione europea, e per disciplinare la pesca d'altura nel Mar Glaciale Artico centrale. Dall'entrata in vigore, avvenuta il 30 novembre, tale accordo impedisce la pesca non regolamentata nel Mar Glaciale Artico centrale, un'area grande come il Mar Mediterraneo, in cui finora non si è avuta alcuna forma di attività di pesca commerciale. I negoziati per l'accordo hanno visto la partecipazione di Cina, Canada, Danimarca in rappresentanza anche di Groenlandia e Isole Fær Øer, Unione europea, Islanda, Giappone, Repubblica di Corea, Regno di Norvegia, Federazione Russa e Stati Uniti.
  In sede di dibattito, su stimolo dell'onorevole Cassano, la Consigliera De Mars ha ribadito la continuità nella politica statunitense sui temi dell'Artico, senza dubbi sull'impatto del cambiamento climatico. Ha precisato che se l'Amministrazione Trump ha avviato il ritiro dall'Accordo di Parigi, ciò è solo in ragione degli interessi dei contribuenti statunitensi, ma non per dubbi sugli effetti nefasti a livello globale derivanti dallo scioglimento dei ghiacci. Vi sono anche dei vantaggi, soprattutto per i Paesi rivieraschi o per i privati, ma inferiori rispetto alle ricadute negative del fenomeno. A maggior ragione, è apprezzabile il lavoro di ENI nelle sue attività di prospezione, svolte con rigore scientifico, nel rispetto degli impegni e con l'utilizzo di attrezzature e tecnologie d'avanguardia.
  Infine, la Commissione ha acquisito agli atti dell'indagine il documento «La visione russa del futuro dell'Artico», trasmesso l'8 novembre 2017 dall'Ambasciatore della Federazione Russa in Italia in sostituzione di un'audizione non più svolta per intervenuti impedimenti d'agenda. Si tratta di un testo coerente con lo statement reso dal Ministro degli esteri russo Lavrov in occasione della ministeriale di Fairbank del maggio del 2017 in cui si dà conto che il futuro e la prosperità della Federazione Russa sono strettamente legati all'Artico, che genera il 10 per cento del PIL russo e il 20 per cento del totale delle esportazioni, con previsione di crescita futura. Il documento elenca gli obiettivi strategici della Russia in Artico, approvati dal Presidente Putin:
   1. utilizzare le risorse della zona artica della Federazione Russa a vantaggio dello sviluppo sostenibile della Russia;
   2. garantire la pace e la cooperazione nell'Artico;
   3. preservare gli ecosistemi unici dell'Artico;
   4. sviluppare la Rotta marittima del nord.

  Nell'agosto 2017 il Governo russo ha adottato il Programma di Stato per lo sviluppo socioeconomico della zona artica della Federazione Russa. Più di 3 miliardi di dollari USA sono stati stanziati a favore di tale programma che si prefigge tre obiettivi principali: creare «aree perno» per lo sviluppo dell'Artico; sviluppare la Rotta marittima del nord; creare equipaggiamenti e tecnologie per l'industria degli idrocarburi e per l'industria meccanica, necessari per l'esplorazione delle risorse naturali dell'Artico.
  La Russia è molto attiva nell'Artico e ha circa 150 progetti in corso di realizzazione o in fase di valutazione finale. Il valore totale di questi progetti è pari a circa 80 miliardi di dollari e il grosso degli investimenti proviene dal settore privato. L'iniziativa portabandiera della cooperazione internazionale nell'Artico è il progetto Pag. 70Yamal LNG (gas naturale liquefatto), dotato di un aeroporto in grado di ricevere grandi aerei cargo, di un terminale marittimo in costruzione per metaniere con capacità sino a 172.000 metri cubi, e di un impianto di lavorazione del gas dalla capacità produttiva di 16,5 milioni di tonnellate di LNG, che entrerà in funzione alla fine del 2017.
  Il progetto Yamal LNG è un esempio degli sviluppi oggi in atto nell'Artico russo. La popolazione locale è cresciuta e il totale degli investimenti nel progetto ammonta a circa 26 miliardi di dollari, con una quota statale che non supera i due miliardi e mezzo di dollari.
  Secondo il documento, la Russia è pronta a intensificare una cooperazione reciprocamente vantaggiosa nella regione, ma si aspetta anche un atteggiamento imparziale nei confronti delle sue aziende interessate a progetti in altri Paesi della regione artica.
  Le merci prodotte nell'Artico russo saranno trasportate attraverso la Rotta marittima del nord. L'anno scorso ne sono stati consegnati 7,4 milioni di tonnellate, volume che triplicherà nel giro di tre anni e che nel 2025 potrebbe raggiungere i 35 milioni di tonnellate. Per questo occorrono enormi investimenti in infrastrutture portuali, connettività, servizi avanzati alla navigazione e costruzione di rompighiaccio (secondo le previsioni, nel 2021 tre nuovi rompighiaccio nucleari entreranno in funzione lungo la Rotta marittima del nord). Nel prossimo futuro, gran parte delle merci trasportate attraverso la Rotta marittima del nord saranno di origine russa o avranno la Russia come destinazione finale. Ma vi è anche un enorme potenziale come via di transito più breve fra l'Asia e l'Europa. Nel 2017 sei navi hanno percorso questa rotta dalla Cina all'Europa.
  La Russia è impegnata nei confronti dell'Accordo di Parigi sul clima e si sta preparando a ratificarlo. È importante ridurre al minimo l'impatto dell'aumento delle attività economiche nell'Artico sull'ambiente e sul modo di vita tradizionale dei popoli indigeni. Le grandi società russe del gas e del petrolio hanno annunciato che utilizzeranno al cento per cento il gas associato ed escluderanno totalmente la combustione a torcia del gas (gas flaring). Da qui al 2023, il gigante minerario russo Nornikel investirà circa quattro miliardi di dollari USA in progetti ambientali nell'Artico. Le emissioni saranno ridotte drasticamente. L'anno scorso, ad esempio, le emissioni di anidride solforosa nella penisola di Kola sono state ridotte del 22 per cento.
  Ultimamente la più grande società di navigazione russa, la Sovcomflot, ha annunciato che convertirà le sue navi cisterna di classe Aframax dalla propulsione a gasolio a quella a LNG. La Sovcomflot è la prima società di navigazione del mondo ad aver preso questa decisione.
  La Russia considera l'Artico un territorio di dialogo e cooperazione. Non esistono dispute aperte o eventuali nell'Artico sulle frontiere marittime e nemmeno sull'accesso alle risorse minerarie o biologiche. Il diritto internazionale in generale e la Convenzione ONU sul diritto del mare in particolare sono in grado di garantire nell'Artico i diritti degli Stati rivieraschi e degli altri Stati. Nella Dichiarazione di Ilulissat del 2008, gli Stati rivieraschi hanno confermato la loro adesione al diritto internazionale e all'ordinata risoluzione delle rivendicazioni concorrenti sulla piattaforma continentale estesa nell'Oceano Artico. Il decennale della Dichiarazione nel 2018 costituirà una buona occasione per confermare collettivamente che le disposizioni di tale documento politico restano valide.
  La Russia ripone fiducia nei meccanismi collettivi. Le attività del Consiglio Artico hanno contribuito immensamente a prevenire qualsiasi conflitto nella regione. In occasione della riunione del Consiglio Artico a Fairbanks nel maggio scorso, gli Stati artici hanno confermato una volta di più il loro impegno a favore della pace, della stabilità e della cooperazione. La Russia crede che sarà il partenariato a dar forma al futuro dell'Artico.

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5.5. Gli attori della cooperazione scientifica in Artico.

  La Commissione ha svolto il 17 maggio 2017 l'audizione di Enrico Brugnoli, allora Direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l'Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e di Stefano Ventura, ricercatore presso l'Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, in qualità di Rappresentanti del CNR, protagonista assoluto della cooperazione scientifica internazionale in Artico.
  L'audizione ha attrezzato la Commissione di elementi di carattere scientifico utili ad un più corretto inquadramento della tematica anche ai fini del suo impatto sul piano delle relazioni internazionali.
  L'energia proveniente dal sole è il motore del sistema terra. L'energia però non è distribuita sul pianeta in maniera uniforme: è maggiore all'equatore e minore nelle aree polari ma attraverso la circolazione atmosferica e oceanica viene ridistribuita dalle basse alle alte latitudini. Ma se in conseguenza del riscaldamento globale la temperatura media globale del pianeta è di circa 1oC , in Artico la temperatura media si innalza fino a 2o C con punte in alcune aree di 3-5oC. L'aumento della temperatura determina una più rapida fusione del ghiaccio marino, ed espone il mare ad un maggiore assorbimento di radiazione solare rispetto al passato determinando un maggiore riscaldamento delle acque quindi un più rapido scioglimento del ghiaccio marino. Questo meccanismo amplificatore spiega il fatto che in Artico la temperatura aumenti molto più che nel resto del pianeta.
  Tutte le grandi civiltà sono nate e si sono sviluppate negli ultimi 10.000 anni. In questo periodo, denominato Olocene, il clima è rimasto sostanzialmente stabile con variazioni della temperatura media globale entro ±1oC. Ma a partire dal 1800, con la rivoluzione industriale l'uomo, da qui la convenzione di indicare questa data come inizio dell'Antropocene, ha iniziato a contribuire significativamente al cambiamento del clima del nostro pianeta. Infatti a causa dell'azione dell'uomo la temperatura media globale sta rapidamente crescendo con sbalzi anche superiori di 1-1,5oC che potrebbero avere un drammatico impatto sugli ecosistemi e il loro equilibrio, mettere a rischio molte specie viventi, la biodiversità e il livello di risorse disponibili, per attività umane.
  Un passaggio assai rilevante dell'audizione è stato volto a fornire elementi a sostegno del nesso causale tra inquinamento, produzione di gas ad effetto serra, surriscaldamento globale e fusione dei ghiacci. Gli scienziati in Artico valutano attraverso lo studio degli archivi storici rappresentati dai carotaggi delle calotte glaciali e i sedimenti marini l'andamento dei gas serra e del conseguente andamento della temperatura media globale nel passato. Da tali rilevazioni è emerso che, rispetto alla ciclicità naturale nella variazione della temperatura globale, il ciclo di surriscaldamento si è accorciato ed intensificato in modo significativo proprio in corrispondenza all'intensificarsi dell'attività antropica responsabile delle emissioni di gas serra. Certamente tra i fattori di cambiamento del clima si devono menzionare fattori naturali come le modificazioni dell'inclinazione dell'asse terrestre e l'attività del Sole. Si tratta comunque di fattori le cui variazioni sono estremamente lente. Anche le eruzioni vulcaniche contribuiscono in qualche misura, anche se gli eventi seppur intensi si verificano con minor frequenza. La peculiarità di quello che noi oggi osserviamo è la rapidità della variazione non compatibile con i processi naturali. È pertanto incontrovertibile che il cambiamento climatico in atto sia dovuto per larga parte alle attività dell'uomo ,e all'utilizzo ancora in larga misura di combustibili fossili. I negazionisti del cambiamento climatico dicono che è una fortuna che stiamo riscaldando il pianeta, perché altrimenti andremmo incontro a una glaciazione. Tuttavia, tale asserzione resta ad oggi senza prove.
  L'impatto in Artico del cambiamento climatico si manifesta anche attraverso le profonde modificazioni nello stato del permafrost Pag. 72la cui destabilizzazione può determinare il maggior rilascio in atmosfera di gas metano (CH4) il cui effetto come gas serra è trenta volte superiore all'anidride carbonica (CO2) . Inoltre può esserci un rilascio di microrganismi congelati con possibili conseguenze sul piano della salute non solo per l'uomo ma anche per piante e animali.
  È stata quindi illustrata la base italiana del CNR alle Svalbard, denominata «Dirigibile Italia» che assolve anche alla funzione di hub per tutti i ricercatori italiani provenienti da Università e da altri enti di ricerca . L'approccio perseguito è di tipo olistico, volto ad acquisire una visione di tutti i domini del sistema climatico (atmosfera, idrosfera, criosfera, biosfera, litosfera), dei processi che vi si svolgono e delle loro interazioni sviluppando la ricerca con il minor impatto possibile per l'ambiente.
  Vi sono inoltre applicazioni in campo satellitare, che si avvalgono delle infrastrutture dell'ASI (Agenzia spaziale italiana), come Cosmo SkyMed.
  L'audizione ha rappresentato l'occasione per approfondire i caratteri del progetto europeo INTERACT rivolto anche a Stati terzi e cui concorrono 46 stazioni di ricerca artiche. Il progetto, cui anche l'Italia partecipa, ha importanti ricadute, oltre che scientifiche, anche sociali e geopolitiche, legate all'attività dei ricercatori, italiani e non solo, coinvolti nella ricerca. Nell'ambito di INTERACT vi è il progetto SecNet, rete di stazioni sul cambiamento ambientale in Siberia, dove i cambiamenti climatici stanno avendo ripercussioni importanti, ad esempio sulla rete di trasporti.
  In sede di dibattito è stato osservato (Cassano) che il deterioramento del clima è la perdita di un bene collettivo ma che rispetto a questa situazione ci possono essere interessi differenziati da Paese a Paese. È in tal senso determinante il ruolo di moral suasion che può derivare dai maggiori attori globali coinvolti dal dilemma tra tutela dell'ambiente e sfruttamento. È stato posto l'accento sulla specificità dell'Italia nella ricerca in Artico (Valentini) e sulla possibilità di una riconversione della tendenza accertata circa i mutamenti del clima (Quartapelle Procopio).
  Su tali temi è emerso che anche il nostro Paese è chiamato a gestire il dilemma dell'Artico, avendo interessi strategici nella regione, ad esempio in campo energetico. A maggior ragione è essenziale il contributo che può derivare da attori come Stati Uniti o Russia.
  Per innescare un'inversione di tenenza occorrerebbe una conversione massiccia di tutti i Paesi firmatari della COP 21 verso le energie rinnovabili e, quindi, una decarbonizzazione totale con abbandono quasi immediato del carbone con la sostituzione di tutti i fossili. Sono stati citati interventi di geoingegneria che studiano il ricorso alla piantagione di foreste che assorbono CO2 e il ricorso a metodi artificiali di potenziamento della rifrazione solare con la colorazione dei tetti delle case (Progetto Albedo).

5.6. Il settore privato in Artico.

  Il maggiore attore privato in Artico è rappresentato da ENI, per la quale la Commissione ha audito il 20 luglio 2017 l'ingegnere Luca Bertelli, capo del settore esplorazioni, che ha descritto le caratteristiche del territorio artico da un punto di vista estrattivo, tenuto conto che tutti gli organismi internazionali che studiano l'Artico ritengono che nella regione sia contenuto circa il 30 per cento delle riserve di idrocarburi ancora non scoperte nel mondo.
  Bertelli ha chiarito che occorre distinguere tra terre emerse e aree off-shore, le prime appartenenti ai cinque Stati che insistono sulla zona artica (Stati Uniti, Russia, Danimarca, con la Groenlandia, Canada e Norvegia), le seconde distribuite tra acque internazionali e acque di competenza economica dei singoli Paesi (entro le 200 miglia nautiche dalla costa).
  Quanto alle attività di esplorazione e di produzione di ENI in Artico, esse sono rivolte solo a zone prive per tutto l'anno di copertura di ghiacci, sia di ghiacci fermi (fast ice), connessi alla superficie terrestre, sia di ghiacci mobili (drift ice).Pag. 73
  Le attività di ENI avvengono soprattutto in acque afferenti piattaforme continentali, come le attività nel Mare di Barents norvegese e le attività nel Mare di Barents russo, oppure on-shore o in acque estremamente basse, come le attività in Alaska.
  ENI è, in particolare, presente in quattro dei cinque Paesi artici: in Norvegia, con l'attività di esplorazione e di produzione nel Mare di Barents norvegese (presso il campo di Goliat), in partnership con Statoil e, molto spesso, anche con Petoro, la compagnia di Stato norvegese; in Russia esclusivamente con attività di esplorazione, nelle acque russe del Mare di Barents, in partnership con Rosneft; negli Stati Uniti, in Alaska, con insediamenti on-shore e in acque estremamente basse (due campi di produzione: il campo di Nikaitchuk, operato da ENI al cento per cento, e il campo di Oguruk, in cui ENI è presente, ma viene gestito da un altro operatore); in Groenlandia, sulla costa orientale, con attività di studio.
  Inoltre, le attività estrattive possono essere rivolte ad un «Artico operabile», ice free e in cui le soluzioni operative sono basate su tecnologie già disponibili all'industria, o ad un «Artico sfidante», in cui l'attività di perforazione e di produzione richiede miglioramenti alle tecnologie esistenti e degli investimenti perseguibili nel medio termine (da cinque a dieci anni). Sotto questo profilo le attività di studio che ENI sta effettuando nella Groenlandia orientale non prevedono assolutamente impegni di perforazione. Vi è poi un «Artico estremo», che impone investimenti ingenti per un arco di tempo che va da dieci a vent'anni.
  Quanto all'approccio di ENI alla regione artica, nella consapevolezza sull'importanza del dibattito sui cambiamenti climatici, ENI ha aderito alle conclusioni della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21), finalizzando una policy interna che guida le proprie attività sull'Artico e il cui principio base è che non ci sono e non ci saranno operazioni di ENI, intese in termini di esplorazione e produzione, ossia di perforazione di pozzi e di produzione di idrocarburi, in aree in cui non esistono tecnologie che assicurino una completa gestione del rischio ambientale e fisico degli asset.
  In Artico non si possono scaricare in mare né i detriti di perforazione, che vengono caricati da speciali battelli, portati a terra e lì trattati, né qualsiasi altro materiale. Anche tutto il sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti della piattaforma prevede che non sia scaricato alcun materiale in mare. Inoltre, il gas estratto con l'olio non può subire il processo di flaring, se non in caso di emergenze.
  Sul terreno della gestione del rischio ambientale il campo di Nikaitchuk in Alaska operato on-shore, tutte le attività di produzione e perforazione vengono condotte dalla terraferma. In tali casi i rischi dovuti a eventuali incidenti per il contenimento degli idrocarburi sono minimi.
  Bertelli ha dato conto del fatto che ENI è stata la prima compagnia a ottenere permessi dall'Amministrazione Trump per la perforazione nell'Artico, relativamente a quattro nuovi pozzi esplorativi, laddove la precedente Amministrazione aveva previsto una moratoria sulle acque del Mare di Beaufort. Ha rassicurato che l'attività di ENI in Alaska sarà un'attività di esplorazione svolta con l'osservanza di tutti gli standard già utilizzati nel campo di Nikaitchuk, senza alcuna attività off-shore.
  Bertelli ha spiegato che, in generale, in Artico qualsiasi progetto è minuziosamente scandagliato sotto l'aspetto ambientale e sociale e valutato con la massima accuratezza, perché deve essere minimizzato qualsiasi impatto negativo. Per poter partecipare a progetti in tale area bisogna anche investire in ricerca e partecipare a tutta una serie di iniziative riguardanti la sicurezza, la qualità e, soprattutto, la salvaguardia della biodiversità e anche delle specificità delle comunità locali. Qualsiasi iniziativa artica richiede anni di studi mirati a valutare sia tutte le caratteristiche del contesto artico ambientale e sociale in cui si opera, sia l'impatto sulle comunità locali.Pag. 74
  Quanto al campo di Goliat in Norvegia, si tratta dell'unico campo in produzione off-shore a olio nell'Artico ed è anche il campo a olio posizionato alla latitudine più a nord del mondo.
  La licenza relativa a Goliat risale al 1987 e la scoperta del primo pozzo al 1990. Si tratta della prima scoperta consistente nel Mare di Barents norvegese artico e per il Governo norvegese ciò ha rappresentato un problema nuovo, perché, nonostante in precedenza l'Artico fosse già stato esplorato, si erano sempre scoperti solo giacimenti di gas. Dopo aver effettuato e confermato la scoperta, il Governo norvegese ha sospeso la licenza del progetto per tre anni al fine di far riunire tutte le comunità che erano interessate dall'eventuale progetto di sviluppo. Il periodo di sospensione della licenza si è concluso solo a seguito dell'esito positivo del processo di consultazione e di verifica. Il progetto è stato avviato solo nel 2010 e la produzione di Goliat è iniziata nel 2016.
  È un progetto che ha richiesto un tempo notevole dal punto di vista realizzativo e che vede molte «prime» nell'industria: infatti, date le condizioni artiche, sono state realizzate soluzioni tecnologiche e ingegneristiche, utilizzate per la prima volta come standard dell'industria. La piattaforma si trova a circa 80 chilometri dalla costa di Hammerfest ed è elettrificata da terra. Secondo la policy zero discharge, non viene generata energia a bordo della piattaforma, bruciando e utilizzando gas, ma l'energia viene trasmessa direttamente dal network norvegese a terra. Goliat è dunque un progetto zero discharge e zero flaring, cioè il gas estratto insieme all'olio non subisce un processo di combustione che non sarebbe consentito nel Mare di Barents, ma viene reiniettato nel giacimento. Analogamente, anche l'acqua che viene prodotta dal giacimento viene reiniettata nel sottosuolo. La produzione proviene da pozzi sottomarini a 300-350 metri di profondità e il processo di off loading dell'olio avviene attraverso un sistema speciale progettato per Goliat, che può operare anche d'inverno in condizioni di buio assoluto e a temperature estremamente basse. L'olio viene trasportato, poi, con delle petroliere. La piattaforma ha capacità di produrre circa 100.000 barili di olio al giorno e ha una capacità pari a un milione di barili. La produzione della piattaforma è iniziata nell'aprile 2016 e attualmente ha una produzione regolare.
  La situazione è diversa per progetti come Nikaitchuk, dove le attività vengono condotte dalla terraferma. Anche in quel caso, però, sono necessari iter autorizzativi e un rapporto molto intenso con gli stakeholder, soprattutto con le comunità che vivono sul territorio.
  Sul piano delle tecnologie, ENI impiega le soluzioni tecnologiche più all'avanguardia disponibili ed è impegnata nella ricerca di tecnologie sempre più avanzate, soprattutto per la prevenzione dei rischi e per la mitigazione delle emergenze. Con riguardo alle unità di perforazione dei pozzi esplorativi o dei pozzi di produzione, il design dei pozzi viene sempre studiato per ridurre al minimo i diametri di perforazione, al fine di prevenire eventuali problemi di grandi volumi di olio nel caso di fuoriuscite di idrocarburi. Oltretutto, questi impianti soddisfano specifiche tecniche che garantiscono l'operabilità continua nell'oscurità e che, soprattutto, assicurano l'operabilità esterna anche in condizioni estremamente rigide. Relativamente alla prevenzione e al monitoraggio degli sversamenti si usano sistemi ad infrarosso, montati su navi da rifornimento stazionarie intorno alla piattaforma, sistemi radar, monitoraggio satellitare e sottomarino tramite sistemi robotici. L'ENI ha investito molto su quest'ultimo sistema denominato Clean Sea, un robot sottomarino indipendente che può operare 24 ore al giorno in oscurità.
  Nel caso di fuoriuscita di idrocarburi, l'ENI si è attrezzata con sistemi di contenimento sottomarini che possano tenere sotto controllo l'eventuale fuoriuscita di petrolio. In particolar modo, ENI ha sviluppato una sua tecnologia e un suo sistema di contenimento, che si chiama CUBE, il quale è presente in tutti i suoi pozzi sottomarini. Oltre a questo, ci sono Pag. 75sistemi di contenimento in superficie, che sono effettuati attraverso speciali galleggianti e speciali agenti dispersanti degli idrocarburi. Questi progetti sono gestiti in collaborazione con il territorio: il sistema di contenimento di Goliat coopera, ad esempio, con la flotta peschereccia di Hammerfest, debitamente addestrata e attrezzata.
  In conclusione, tutte le future attività di ENI e tutte le operazioni saranno proporzionate alla disponibilità degli sviluppi tecnologici che permetteranno di assicurare sviluppi sostenibili, anche dal punto di vista economico ovviamente, minimizzando gli aspetti ambientali e sociali. Anche i progetti artici devono avere un'economicità; poiché sono progetti più costosi e tecnologicamente più complessi.
  Sui temi della sostenibilità e redditività dell'investimento petrolifero in Artico (Quartapelle Procopio), Bertelli ha precisato che la prima sostenibilità è comunque la sostenibilità ambientale; la seconda è la sostenibilità sociale e la terza è la sostenibilità economica. Sul piano economico, il progetto Goliat è stato approvato in tempi di elevato prezzo del petrolio al barile, laddove il progetto è sostenibile fino ad un costo di 50 dollari al barile. Lo sviluppo di Nikaitchuk ha invece un'economicità intorno ai 20 dollari, perché è un progetto da terra e non ha la complessità e i costi tecnologici del progetto Goliat.
  In tempi di basso prezzo del petrolio i progetti artici sono certamente meno attraenti e, infatti, tutti gli operatori, ENI compresa, hanno rallentato o fermato le attività di nuove iniziative in Artico. Tuttavia, i progetti artici, pur se più costosi, consentono di sviluppare e utilizzare tecnologie che servono non solo per l'Artico, ma anche per altri contesti operativi.
  In quanto attori strategici per il settore privato sono stati auditi il 21 giugno 2017 Enrico Russo, Responsabile della Direzione Coordinamento tecnico-scientifico dell'ASI, e Alessandro Coletta, Responsabile dell'Unità Infrastrutture Satellitari Radar dell'Agenzia Spaziale Italiana e Capo della Missione COSMO-Skymed, in qualità di rappresentanti dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e Massimo Claudio Comparini, in rappresentanza di Telespazio/e-GEOS.
  Il campo dell'osservazione della Terra è un settore di grande importanza, presidiato dall'Agenzia Spaziale Italiana in tutti i suoi aspetti: l'aspetto della ricerca scientifica e quello della ricerca tecnologica e degli sviluppi tecnologici che hanno portato alla possibilità per l'Italia di dotarsi di un'infrastruttura di osservazione della Terra unica al mondo. Già dal 2007 è stata messa a punto un'infrastruttura che consta oggi di quattro satelliti operanti con radar in banda X. Il ruolo dell'Agenzia si completa non solo nella realizzazione dell'infrastruttura, ma anche nella gestione, nell'orientamento e nella realizzazione dei database e nella scelta degli obiettivi da monitorare.
  Dal 2008 l'ASI ha monitorato costantemente i ghiacci dell'Artico e ha messo a punto un database unico, che offre agli scienziati la possibilità di trovare una stabilità statistica importantissima. Il ruolo di eccellenza raggiunto nel settore tecnico ha permesso di realizzare la cosiddetta space diplomacy, ossia ha permesso all'Italia di collegarsi a gruppi importanti di ricerca e anche di entrare in collaborazione con altri enti di ricerca e agenzie spaziali. Ad esempio, vi è un progetto con l'Argentina, che dal prossimo anno lancerà un satellite realizzato in collaborazione con l'Italia, basato su tecnologia radar resa disponibile dalla collaborazione con l'Agenzia Spaziale Italiana.
  Quanto a COSMO-SkyMed, si tratta di una costellazione unica al mondo, dotata di quattro satelliti, utili per la rivisitazione delle zone artiche a distanza anche di pochi minuti. Ci sono circa 200 progetti istituzionali attivi in COSMO-SkyMed, di cui il 10 per cento è focalizzato sulla regione artica. Sono applicazioni assai rilevanti nella prospettiva di un nuovo impiego di aree come il passaggio a nordovest, per il monitoraggio del fenomeno dei distacchi dei ghiacciai, degli sversamenti di idrocarburi nel mare e dell'andamento delle correnti. La possibilità di osservare con qualsiasi tempo e in qualsiasi condizione Pag. 76di illuminazione garantisce anche altri campi di applicazione molto importanti, come la navigazione e la sicurezza. Si tratta di una struttura che non risente di condizioni meteorologiche avverse e rappresenta una tipologia unica al mondo che testimonia come l'Italia possieda un asset nazionale assolutamente fondamentale nel campo dell'osservazione della Terra e delle imprese spaziali a livello mondiale. È emerso che COSMO-SkyMed ha ottenuto il maggior risultato nella gestione delle emergenze, proprio nei servizi di aiuto rispetto ad eventi sia naturali, sia generati dall'operato umano.
  L'ASI, insieme al settore industriale, al provider commerciale e-GEOS, sta creando archivi di missione da utilizzare per il monitoraggio della regione. Collabora con l'Organizzazione Meteorologica Mondiale, nell'ambito del cosiddetto Polar Space Task Group, istituito nel 2011 nell'ambito della Organizzazione Mondiale Meteorologica, con il mandato di favorire il coordinamento tra le diverse agenzie spaziali. Per quanto riguarda la space diplomacy essa rientra nel Documento di visione strategica dell'Agenzia Spaziale Italiana, in cui si identificano e si enfatizzano molto le collaborazioni con le altre agenzie spaziali. Questo aspetto è importante, perché cooperare con altre agenzie significa poi gestire in sinergia sensori di frequenze che permettono di dare una caratterizzazione migliore di ciò che si sta osservando. L'ASI è attiva anche nell'ambito dell'Agenzia Spaziale Europea, che porta avanti iniziative che riguardano sia lo spazio dell'Artico, sia le telecomunicazioni, la navigazione e l'osservazione della Terra.
  Inoltre ha avviato la Climate Change Initiative nel 2008, oggi prolungata per il periodo 2017-2024. Rispetto a questa iniziativa l'Italia ha stanziato 7 milioni di euro, per un valore di circa l'8 per cento del totale, per la messa in comune degli enormi archivi dei dati dell'ESA e degli Stati membri.
  Quanto alla Società e-GEOS, si tratta di una joint venture tra il gruppo Telespazio e l'Agenzia Spaziale Italiana che opera a partire dalla capacità di gestire il dato telerilevato, ossia il dato osservato dal satellite, nella creazione, attraverso un processamento, di prodotti a valore aggiunto per erogare informazioni per una pluralità di settori, che vanno dal settore dell'agricoltura al monitoraggio dello sfruttamento delle risorse naturali, al monitoraggio di fenomeni relativi all'Artico, fino al settore della difesa e dell’intelligence. Nella regione artica e-GEOS fornisce prodotti a valore aggiunto relativamente al monitoraggio del traffico marittimo, al monitoraggio dello sfruttamento delle risorse, al monitoraggio di eventuali sversamenti di petrolio, al monitoraggio dei siti estrattivi, al monitoraggio delle attività delle imbarcazioni e, infine, al monitoraggio degli aspetti di intelligence commerciale. Tra i servizi resi rientrano l'elaborazione di carte dei ghiacci, ossia mappature dell'estensione dei ghiacci, e di mappe dello spessore del ghiaccio.
  Attraverso un accordo specifico con l'Agenzia Spaziale Italiana, opera i diritti di commercializzazione a livello mondiale dei dati della costellazione COSMO-SkyMed. La già citata costellazione di quattro satelliti rappresenta un unicum a livello mondiale sia dal punto di vista dello sfruttamento scientifico, per poter fornire alla comunità scientifica una quantità importante di dati, sia dal punto di vista delle eventuali possibili ricadute economiche e industriali.
  Accanto alla componente scientifica, e-GEOS sta analizzando quali possibilità di sviluppo e di accompagnamento di uno sviluppo sostenibile delle attività nella regione siano possibili. Questo riguarda la connettività globale, la possibilità di osservare la Terra e, naturalmente, la possibilità di combinare tutte queste informazioni con il posizionamento e la navigazione satellitare. Ci sono attività legate alla componente dei trasporti e alla componente di sfruttamento sostenibile della pesca. A titolo di esempio è stato ricordato come attraverso la costellazione COSMo-SkyMed, tracciando il tragitto dell'iceberg Petermann, è stato possibile provvedere Pag. 77alla messa in sicurezza della navigazione e valutare una ricaduta economica e industriale.
  E-GEOS è molto attiva nelle collaborazioni della regione artica, in primo luogo con la collaborazione con il Finnish Meteorological Institute. Vi è poi una collaborazione con un'impresa privata alle isole Svalbard attraverso un accordo con il gruppo Kongsberg.
  Da un punto di vista industriale, lo sfruttamento di queste tecnologie è particolarmente rilevante e sta mettendo l'Italia in condizioni importanti e, in alcuni casi, in condizione di leadership a livello mondiale. Naturalmente, gli aspetti di collaborazione e di innovazione sono particolarmente interessanti. E-GEOS opera anche nell'ambito del Programma Horizon 2020, in cui si stanno definendo le priorità specifiche sullo studio dell'Artico.
  Nel corso del dibattito, cui ha preso parte l'onorevole Maria Chiara Carrozza, è emerso l'auspicio affinché vi sia una messa a disposizione dei dati rilevati con questi strumenti per facilitare le indagini nell'ambito del cambiamento climatico.

5.7. L'inquadramento giuridico dell'Artico.

  Per i profili di carattere giuridico, concernenti lo status dell'Artico, la Commissione ha deciso di audire, il 28 giugno 2017, la professoressa Elena Sciso, ordinario di diritto internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche della LUISS «Guido Carli» di Roma, anche alla luce dei riferimenti emersi nel corso del lavoro di indagine al diritto internazionale del mare, ma anche al Trattato delle isole Svalbard, siglato dall'Italia nel 1920, al cosiddetto «Accordo di Barents» tra Norvegia e Russia, siglato nel 2010, e all'opportunità che la comunità internazionale si attivi per uno specifico strumento giuridico sull'Artico, in analogia con quanto è avvenuto per l'Antartide. L'inquadramento giuridico è stato ritenuto dalla Commissione fin da subito come dirimente al fine di comprendere la portata delle rivendicazioni territoriali in Artico, da cui potrebbe derivare l'insorgere di nuove tensioni con lo scioglimento dei ghiacci. Peraltro, si segnala che nel corso della missione in Norvegia ed Isole Svalbard, (cfr. infra) gli interlocutori norvegesi hanno ritenuto la questione non prioritaria alla luce degli equilibri oggi raggiunti e ritenuti consolidati tra Norvegia e Russia.
  L'audizione ha consentito di definire le caratteristiche specifiche dell'Artico, rispetto all'Antartide, in quanto porzione di mare circondata da terra ferma e su cui si affacciano cinque Stati costieri sovrani, cioè la Federazione Russa, gli Stati Uniti, il Canada, la Danimarca, attraverso la Groenlandia, e la Norvegia. Da questa situazione così diversa scaturiscono regimi giuridici diversi.
  Se in Antartide, con il Trattato di Washington del 1959 fu possibile congelare ogni pretesa di sovranità, ammettere la sola cooperazione scientifica, estesa nel tempo all'uso delle risorse, e dichiarare il continente zona smilitarizzata e denuclearizzata, in Artico non si è pervenuti alla stesura di uno strumento di diritto internazionale dedicato. L'Artico è costituito essenzialmente da acque circondate da terra ferma, sulla quale insistono le sovranità di cinque Stati, i c.d. Stati artici: la Russia, gli Stati Uniti, il Canada, la Danimarca (attraverso la Groenlandia) e la Norvegia. In conformità con il diritto internazionale del mare codificato dalla Convenzione di Montego Bay del 1982, questi Stati esercitano la loro giurisdizione nelle acque dell'Artico e sulle relative risorse, riproducibili e non riproducibili, nell'ambito delle rispettive zone costiere. Nell'Oceano artico si trova l'arcipelago delle Svalbard che, in base al Trattato del 1920, è sotto sovranità norvegese con il riconoscimento, però, di alcuni significativi diritti economici e di stabilimento in favore dei cittadini degli altri Stati parti dell'accordo, tra cui l'Italia. Da questa diversa configurazione fisica, conseguono regimi giuridici diversi applicabili alle due aree.
  In Artico si applicano, innanzitutto, gli accordi di cui gli Stati artici sono parte, con riferimento precipuo alla Convenzione di Montego Bay del 1982, che codifica il Pag. 78diritto consuetudinario del mare e che non è stata siglata dai soli Stati Uniti. Nel tracciare la strategia per l'Artico nel 2016, l'Amministrazione Obama aveva posto come obiettivi prioritari: la ratifica della Convenzione e la misurazione della piattaforma continentale artica statunitense sulla base delle disposizioni dell'accordo di Montego Bay. La ratifica statunitense non è ad oggi intervenuta e secondo la professoressa Sciso è poco verosimile che l'attuale Amministrazione voglia perseguire tale obiettivo.
  La Convenzione di Montego Bay è lo strumento giuridico fondamentale per la governance dell'Artico ed è significativo che il riconoscimento del quadro giuridico applicabile all'area, tra cui specificamente la Convenzione sul diritto del mare, figuri tra le condizioni fissate dal Consiglio Artico per l'attribuzione del ruolo di osservatore. La Convenzione disciplina le diverse zone costiere di pertinenza degli Stati artici, fissa l'ampiezza massima di queste zone, definisce i diritti e gli obblighi degli Stati costieri e, dall'altra parte, le libertà o i diritti degli Stati terzi, relativi alla navigazione o anche, eventualmente, all'uso delle risorse.
  In Artico si applicano anche altri accordi ancillari alla Convenzione sul diritto del mare, come quello sulla conservazione delle specie ittiche migratorie. Alla navigazione nelle acque artiche, come in quelle dell'Antartide, si applicano regole specifiche, concernenti la sicurezza e la prevenzione dell'inquinamento, elaborate dall’International Maritime Organization (IMO), il cosiddetto Polar Code, entrato in vigore nel gennaio 2017. Il Codice polare integra per questo aspetto la Convenzione per la prevenzione ed il contenimento dell'inquinamento da navi (MARPOL), di cui sono parti tutti gli Stati artici.
  In materia ambientale, nell'area si applica la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, del 1992, di cui sono parti gli Stati artici, e l'Accordo di Parigi del dicembre 2015, che è stato ratificato da tutti gli Stati artici, tranne la Russia che ad oggi lo ha solo firmato. È vero che il Presidente statunitense Trump ha recentemente dichiarato la volontà di ritirarsi dall'Accordo; tuttavia, considerato che la denuncia può intervenire soltanto tre anni dopo l'entrata in vigore del trattato e che l'eventuale recesso diventa operativo un anno dopo l'avvenuta comunicazione, gli Stati Uniti devono essere ritenuti tuttora parte dell'Accordo di Parigi e tenuti, quindi, a rispettarne i pochi obblighi previsti.
  In Artico si applicano altresì alcuni accordi sulla messa al bando delle armi di distruzione di massa, come la Convenzione del 1972 sul divieto di armi batteriologiche e la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche del 1993 ed un importante Trattato del 1971, concernente il divieto della installazione di ordigni nucleari e di altre armi di distruzione di massa sul sottosuolo e sui fondali marini. Nell'area, è poi applicabile il Trattato di non proliferazione nucleare del 1968; in proposito, vale la pena di ricordare che due Stati costieri artici (la Federazione Russa e gli Stati Uniti d'America) sono, ai sensi del Trattato, potenze nucleari.
  Relativamente all'ipotesi di istituire in Artico, sulla base di un trattato, una zona smilitarizzata e denuclearizzata sul modello di quanto realizzato in Antartide dal Trattato di Washington del 1959, la professoressa Sciso ha sottolineato che in Artico già oggi non è possibile effettuare esperimenti nucleari o installare ordigni nucleari, in virtù degli accordi menzionati e che vincolano tutti gli Stati attivi nell'area. Quanto poi ad una eventuale smilitarizzazione dell'Artico, si tratta di un'ipotesi poco realistica, per lo meno nel breve e medio periodo, tenuto conto dell'importanza strategica dell'area e della presenza tra gli Stati artici di grandi potenze, anche nucleari, come la Russia e gli Stati Uniti.
  La governance dell'Artico è affidata ad una particolare forma di cooperazione internazionale che, a differenza di quella per l'Antartide, non ha alla base un trattato internazionale e si sviluppa nell'ambito del Consiglio Artico. Il Consiglio nasce sulla base di uno strumento di soft law: la Dichiarazione di Ottawa del 1996. La Pag. 79membership del Consiglio artico è costituita da: a) 8 Stati membri (i cinque Stati costieri artici e gli altri tre Stati – Finlandia, Islanda e Svezia – storicamente attivi nella regione); b) 6 Permanent Partners (che non sono formalmente membri), che rappresentano le organizzazioni dei popoli indigeni; c) gli osservatori, che possono essere Stati, organizzazioni intergovernative o interparlamentari o anche ONG. Il Consiglio Artico è un club esclusivo, al quale non possono essere ammessi nuovi membri oltre gli 8 originari; può invece essere allargato il numero degli osservatori, sia Stati che organizzazioni internazionali ed anche il numero dei PPs (Permanent Partners).
  Gli Stati osservatori sono attualmente 12: 7 Stati membri dell'UE (Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda e Polonia) e 5 Stati non UE (Cina, India, Corea del Sud, Singapore e Svizzera). L'Italia ha acquisito lo status di osservatore nel 2013. Quanto all'Unione europea, che ha presentato una richiesta in tal senso nel 2013 nel corso della riunione di Kiruna, fino alla più recente riunione di Fairbanks, nel maggio 2017, il Consiglio Artico non ha assunto alcuna formale decisione al riguardo, malgrado nel 2013 avesse considerato positivamente la richiesta europea, subordinando ogni decisione alla soluzione della controversia che allora opponeva il Canada all'Unione per la pesca delle foche. Questa controversia è stata superata da qualche anno; tuttavia, la tensione creatasi tra l'UE e la Russia per i fatti ucraini ed il rinnovo delle sanzioni non sono elementi che facciano ben sperare in uno sbocco positivo a breve della richiesta dell'Unione europea. L'Unione gode, però, dello status di osservatore ad hoc dal 2013.
  Gli osservatori non partecipano al processo decisionale, che rimane esclusivamente nelle mani degli 8 Stati membri; possono proporre progetti di limitato impatto finanziario, solo tramite un membro del Consiglio o un Partner Permanente. Anche i Partner Permanenti sono esclusi dal processo decisionale, ma hanno il diritto di essere consultati rispetto a questioni che riguardino la tutela dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile. Le decisioni vengono assunte dagli Stati membri mediante consensus. Il Consiglio si riunisce ogni due anni e la continuità del sistema di cooperazione è assicurata da 6 gruppi di lavoro permanenti.
  Nel 2013, nell'ambito del Consiglio Artico, sono stati conclusi due accordi: l'uno per la cooperazione in materia di salvataggio marino e l'altro relativo alla cooperazione per la prevenzione ed il contenimento dell'inquinamento marino da petrolio. Anche questi accordi sono aperti esclusivamente alla partecipazione degli 8 Stati membri del Consiglio.
  Nel 2015, i cinque Stati costieri artici hanno poi adottato una Dichiarazione riguardante la pesca irregolare nelle zone di alto mare dell'Artico, cioè nelle acque non ricomprese nelle loro giurisdizioni esclusive che, peraltro, sono quasi interamente coperte dai ghiacci. Tale Dichiarazione richiama esplicitamente i principi e le regole in materia della Convenzione di Montego Bay.
  Per ciò che riguarda la cooperazione in tema di sicurezza, aspetto di cui il Consiglio Artico esplicitamente non si occupa, la professoressa Sciso ha ricordato che degli 8 Stati membri soltanto tre non fanno parte della NATO: la Russia, la Svezia e la Finlandia. Tuttavia, la Svezia e la Finlandia sono membri dell'Unione europea. L'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea, che prevede la possibilità di sviluppare a date condizioni una politica europea di sicurezza e di difesa comune, afferma testualmente che questa politica, ove sviluppata, dovrà mantenersi conforme con gli impegni che alcuni Stati membri hanno assunto nel quadro NATO. Quindi, sul piano non strettamente giuridico, si può dire che sotto questo profilo la Russia sia in Artico un po’ «isolata». Inoltre, per quanto la NATO non abbia basi in Artico, alcuni Paesi membri, come la Norvegia e l'Islanda, consentono all'Alleanza di usare le loro basi per esercitazioni militari. Alla luce di questa situazione, è ulteriormente inverosimile pensare Pag. 80che la Russia possa arretrare di un millimetro rispetto alle sue pretese in Artico.
  Quanto alla Convenzione di Montego Bay, essa costituisce il quadro di riferimento giuridico per la gestione dell'Artico e ciò anche sotto il profilo della soluzione delle eventuali controversie che possano nascere fra gli Stati artici. In effetti, le controversie in atto nell'area sono più d'una. Le più note sono naturalmente quelle che interessano i due passaggi a nord-ovest e a nord-est, passaggi speculari.
  Rispetto al passaggio di nord-est, la controversia oppone gli Stati Uniti alla Russia, anche se, da qualche anno, l'Unione europea appoggia la posizione degli Stati Uniti. Secondo questi ultimi, il passaggio a nord-est, che si sviluppa attraverso le acque territoriali, le acque interne e la zona economica esclusiva della Russia, sarebbe uno stretto internazionale nel quale, in base al diritto del mare, dovrebbe essere garantita a tutti gli Stati la libertà di passaggio «in transito», non sospendibile sulla base di una eventuale misura o decisione unilaterale dello Stato costiero. A sostegno di questa tesi, gli Stati Uniti affermano che la Russia abbia utilizzato in modo non congruo il metodo delle linee rette per misurare la linea di base del suo mare territoriale artico, estendendo così indebitamente tanto le acque territoriali quanto quelle interne.
  Di fatto, la Russia impone alle navi che vogliano servirsi di questa via di comunicazione la richiesta di un idoneo permesso e il pagamento della relativa autorizzazione, chiedendo alle navi in transito di rispettare talune condizioni specificate in una serie di regolamenti adottati da un organismo federale ad hoc: la Northern Sea Route Administration. Per giustificare questa pretesa, la Russia invoca una disposizione della Convenzione di Montego Bay: l'articolo 234, relativo alle aree marine coperte dai ghiacci. Tale disposizione consente allo Stato costiero di adottare, entro la sua zona economica esclusiva – costituita dalle acque che si estendono per 200 miglia al largo, a partire dalla costa – disposizioni tese a prevenire l'inquinamento marino da navi e a preservare la sicurezza della navigazione. Le navi che intendono transitare attraverso queste acque devono, quindi, conformarsi ai regolamenti dello Stato costiero, i quali, a loro volta, devono essere non discriminatori e basati su idonea documentazione scientifica.
  Relativamente al passaggio a nord-ovest, quello che recentemente si è liberato in parte dai ghiacci consentendo di abbreviare significativamente la strada di comunicazione verso l'Asia, il contenzioso oppone invece gli Stati Uniti al Canada. Il Canada sostiene che il passaggio sia interamente ricompreso nelle sue acque interne. Gli Stati Uniti ritengono invece, anche in questo caso, che si tratti di uno stretto internazionale. Per la Convenzione di Montego Bay, gli stretti internazionali sono quelli che mettono in comunicazione due zone di alto mare o due zone economiche esclusive: in questi stretti, tutti gli Stati hanno un diritto di «passaggio in transito». A differenza di quanto può avvenire per il passaggio c.d. «inoffensivo» nelle acque territoriali di uno Stato o attraverso stretti non internazionali, il passaggio in transito negli stretti internazionali non può mai essere sospeso discrezionalmente dallo Stato costiero.
  Il Canada, a sua volta, ritiene come si è detto che il passaggio a nord-ovest si snodi attraverso le sue acque interne. Dal punto di vista giuridico, c’è una significativa differenza tra acque interne e acque territoriali per quanto riguarda il diritto di passaggio degli Stati terzi. Nelle acque territoriali di uno Stato, quelle che si estendono al di là della linea di base per un'ampiezza non superiore alle 12 miglia dalla costa, gli Stati terzi hanno un diritto di «passaggio inoffensivo», cioè un passaggio continuo e che non rechi danno alla comunità territoriale o alla sicurezza dello Stato. Le acque interne, comprese tra la costa e il margine interno della linea di base, sono invece soggette alla piena sovranità dello Stato costiero, la stessa sovranità che viene esercitata sulla terraferma: in queste acque non c’è, quindi, alcun diritto di passaggio per le navi degli Pag. 81Stati terzi. Il Canada, fino ad oggi, si è astenuto dall'invocare l'articolo 234 della Convenzione di Montego Bay che, come già detto, si applica alle aree marine coperte dai ghiacci; nondimeno, il documento di politica estera artica del Paese ha fissato anche recentemente come obiettivo prioritario quello di mantenere la sovranità canadese nell'Artico del Nord, incluso il passaggio a nord-ovest. Il contenzioso tra gli Stati Uniti e il Canada riguarda anche l'ampiezza delle rispettive zone costiere nel Mare di Beaufort.
  Una controversia relativa alla delimitazione delle rispettive piattaforme continentali lungo la dorsale di Lomonosov coinvolge la Danimarca, la Russia e il Canada. La piattaforma continentale costituisce, in senso geologico, la prosecuzione sottomarina della terraferma ed è una zona su cui lo Stato costiero esercita diritti sovrani limitatamente allo sfruttamento delle risorse. Le risorse economiche della piattaforma continentale sono essenzialmente minerarie; per quel che riguarda l'Artico, si tratta di riserve di gas naturale e di petrolio. L'accesso, a fini di sfruttamento, alla piattaforma continentale e alle relative risorse è un diritto esclusivo dello Stato costiero. La delimitazione della piattaforma continentale tra Stati contigui o che si fronteggiano avviene sulla base delle regole fissate dalla Convenzione di Montego Bay, che ha istituito al riguardo un organismo di controllo: la Commissione per il margine esterno delle piattaforme continentali. Negli anni scorsi, la Russia e la Danimarca hanno provveduto a trasmettere le loro misurazioni alla Commissione e sono in attesa di conoscerne le decisioni. Il Canada non ha proceduto, fino ad oggi, ad effettuare e trasmettere alcuna misurazione.
  In sede di dibattito la questione è stata risollevata dal deputato Andrea Colletti che ha chiesto i tempi di una soluzione per la disputa sulla dorsale di Lomonosov. Sulla questione la professoressa Sciso ha previsto tempi non lunghi, riferendo che la Russia ha proposto la sua misurazione nel 2011, che non è stata accettata dalla Commissione, per difetto di documentazione scientifica. La documentazione scientifica è stata integrata nel 2014. La stessa cosa vale per la Danimarca: la Commissione ha chiesto ulteriori documenti scientifici.
  Infine, una controversia è in atto tra la Danimarca e il Canada per la sovranità su una piccola isola prospiciente le coste della Groenlandia, l'isola di Hans. Si tratta di un'isola davvero piccola, poco più di uno scoglio, la cui rilevanza deriva dal fatto che, secondo la Convenzione di Montego Bay, anche le isole hanno una piattaforma continentale: la sovranità sull'isola di Hans consentirebbe dunque agli Stati coinvolti di estendere la loro piattaforma continentale artica.
  Quanto alla controversia tra la Russia e la Norvegia per la delimitazione delle rispettive zone costiere nel mare di Barents, tale controversia è stata positivamente risolta nel 2010, mediante accordo tra i due Stati, in conformità con le regole della Convenzione.
  Lo status dell'arcipelago delle Svalbard è del tutto particolare e presenta un interesse specifico per l'Italia, parte del Trattato del 1920 che ne definisce la condizione giuridica. Le Svalbard sono state a lungo oggetto di una controversia di sovranità tra la Russia dell'epoca e la Norvegia; tale controversia è stata risolta nel 1920 sulla base di un Trattato che attribuisce alla Norvegia la sovranità sull'arcipelago. Contestualmente, però, il Trattato attribuisce ai cittadini di tutti gli Stati parte, originariamente 9 e oggi 43, su un piano di perfetta parità, il diritto di svolgere attività di pesca e di caccia sulla terraferma e nelle acque prospicienti, nonché di sviluppare senza impedimenti o ostacoli attività industriali, commerciali e minerarie sulla terraferma e nelle acque off shore dell'arcipelago.
  Il Trattato prevede la smilitarizzazione delle Svalbard: l'articolo 9 impegna la Norvegia a non costruire basi militari o fortificazioni che possano essere utilizzate a scopi militari.
  La legislazione norvegese, che disciplina le attività nell'arcipelago, rispetta i termini del Trattato. In particolare, le attività di Pag. 82sfruttamento minerario sono regolate da un idoneo Codice elaborato nel 1925 e mai modificato fino ad oggi. Il diritto internazionale del mare, però, si è evoluto significativamente dal 1925 ad oggi.
  Il Codice del 1925 attribuisce agli Stati parte del Trattato e alle persone fisiche e giuridiche che ne hanno la nazionalità il diritto di condurre attività di prospezione, estrazione e sfruttamento di carbone, petrolio e altri minerali, sulla terraferma o nelle acque off shore; nel 1967, il Ministero dell'industria norvegese ha precisato che tali disposizioni si applicano anche alle acque territoriali delle Svalbard.
  Per il principio evolutivo che accompagna l'interpretazione dei trattati in conformità con l'articolo 31 della Convenzione di Vienna del 1969, per il quale un Trattato deve essere interpretato tenendo conto altresì di «qualunque regola pertinente di diritto internazionale applicabile tra le Parti», è sostenibile che attività di prospezione e sfruttamento minerario possano essere condotte oggi dai cittadini degli Stati parti del Trattato del 1920 anche sulla piattaforma continentale delle Svalbard. Questa situazione costituisce per le aziende italiane interessate una significativa opportunità.
  Ci si è chiesto se esista la possibilità di estendere il regime delle Svalbard, che attualmente costituisce un unicum, ad altre zone dell'Artico, in particolare per quello che riguarda l'accesso alle risorse dell'area e il loro sfruttamento. Per la professoressa Sciso non si tratta di un'ipotesi realistica considerato che, come più volte sottolineato, in Artico si affacciano Stati sovrani i quali, in base al diritto internazionale, esercitano a vario titolo diritti di giurisdizione esclusiva sulle acque artiche e sulle risorse riproducibili e non riproducibili delle rispettive zone costiere. È vero che i russi, forse per primi, hanno piantato nel 2007 la bandiera nazionale a 4.200 metri di profondità in Artico per sottolineare le rivendicazioni russe di una parte del territorio artico. È altresì vero, però, che trivellazioni sulla piattaforma continentale artica vengono regolarmente effettuate anche da imprese norvegesi e che gli Stati Uniti hanno rilasciato negli anni scorsi permessi per la trivellazione della piattaforma continentale nel Mare di Beaufort, davanti alle coste dell'Alaska. Peraltro, il divieto di effettuare trivellazioni nella piattaforma continentale artica statunitense, introdotto dall'Amministrazione Obama nel dicembre 2016 per considerazioni di tipo ambientalistico, è stato formalmente rimosso dal Presidente Trump nell'aprile del 2017. Anche il Canada, che è notoriamente un Paese ambientalista, ha recentemente introdotto alcuni divieti di prospezione mineraria per aree limitate della sua piattaforma continentale artica, mantenendo però le concessioni a suo tempo rilasciate.
  Quanto sin qui detto non esclude che Stati diversi dai 5 Stati costieri artici abbiano un diritto di accesso alle risorse, tanto riproducibili quanto non riproducibili, di quelle aree dell'Artico non ricomprese nelle giurisdizioni nazionali degli Stati costieri, con riferimento alla pesca nelle acque di alto mare, alle acque collocate al di là delle zone economiche esclusive degli Stati costieri e alla possibilità di sfruttamento delle risorse minerarie dei fondali marini artici (in verità, assai esigui) non ricompresi nelle piattaforme continentali degli Stati costieri e riconducibili, secondo la Convenzione di Montego Bay, al principio del patrimonio comune dell'umanità.
  In sede di dibattito la professoressa Sciso ha valorizzato la cooperazione in Artico che ha più volte dato buona prova di sé anche nei periodi di maggiore tensione. Il fatto che il Consiglio Artico sia una forma di cooperazione di soft law paradossalmente favorisce l'accordo, in quanto questa cooperazione si basa esclusivamente sulla volontà degli Stati di cooperare.
  Sull'opportunità di un nuovo strumento giuridico di carattere internazionale per determinare la governance dell'Artico – questione posta dall'onorevole Erasmo Palazzotto vicepresidente della Commissione – la professoressa Sciso ha argomentato che un trattato sull'Artico dovrebbe superare lo scoglio della posizione degli Stati Pag. 83che hanno sovranità nell'area. Questi Stati, a partire dal 2008, hanno sempre affermato di non vedere la necessità di concludere un trattato sull'Artico, tanto meno un trattato aperto alla partecipazione di altri Stati. La partecipazione di altri Stati dovrebbe, fra l'altro, comportare una partecipazione alla pari con i membri del Consiglio Artico. L'Artico, nella prospettiva di uno scioglimento progressivo dei ghiacci, diventa molto importante non soltanto ai fini dello sfruttamento delle risorse, ma diventa molto importante per le rotte di comunicazione e commerciali. Del resto, non è casuale che nel 2013 la Cina abbia concluso con l'Islanda un Free Trade Agreement. L'Islanda è un Paese molto piccolo; ha una superficie inferiore alla metà dell'Italia, forse è un terzo dell'Italia; ha 330.000 abitanti. La Cina ha concluso questo Trattato in quanto questo stabilisce la libertà degli scambi non solo in materia commerciale, ma anche per quel che riguarda la prestazione dei servizi. Nella previsione della prestazione dei servizi aperti in Islanda alla Cina e, corrispondentemente, aperti in Cina all'Islanda rientrano anche i servizi ingegneristici. Ciò, letto in un altro modo, significa che vi rientrano i servizi per le infrastrutture energetiche nelle aree di offshore e anche i servizi in materia di trasporti.

6. Missione in Norvegia-Isole Svalbard (14-18 giugno 2017).

  Una delegazione della III Commissione, guidata dal presidente Cicchitto e formata dai deputati Lia Quartapelle Procopio e Gianluca Pini, rispettivamente in rappresentanza di maggioranza e di opposizione, si è recata in missione in Norvegia dal 14 al 18 giugno 2017, con tappe ad Oslo e alle isole Svalbard, finalizzata al rafforzamento delle relazioni bilaterali e all'approfondimento di alcune tematiche emerse nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Strategia italiana per l'Artico.
  La delegazione ha interagito con le dimensioni di cooperazione parlamentare regionale con riferimento alla Commissione Permanente dell'Assemblea dei Parlamentari artici, cui aderiscono parlamentari dei Paesi dell'area. In tale occasione è stata registrata la netta contrarietà degli interlocutori norvegesi alla sigla di un trattato specifico sull'Artico. L'Assemblea dei Parlamentari artici opera per lo sviluppo e il mantenimento della cultura e del modo di vivere delle popolazioni autoctone ed è quindi concentrata sulla questione dei cambiamenti climatici, destinati ad incidere in prima battuta sui popoli degli Stati insulari del Pacifico o dell'Artico. Gli effetti del riscaldamento globale, che in Artico è percepito in modo amplificato, sono già avvertiti nell'ecosistema locale, con riferimento ad esempio alla sopravvivenza delle renne, alle mareggiate che stanno travolgendo interi villaggi in Alaska, alle prevedibili difficoltà alimentari per gli Inuit. Dai colloqui con i parlamentari artici emerge che occorre trovare una soluzione di adattamento ad un fenomeno che oggi appare inarrestabile, tenendo conto che l'Artico è una regione disomogenea, quanto a tasso di sviluppo, più elevato in Norvegia rispetto alle aree canadesi o russe e contrariamente allo slogan della presidenza statunitense del Consiglio Artico, facente riferimento ad un unico Artico.
  La visita ha consentito anche di affrontare il tema del ruolo della Russia, al fine di comprendere se vi siano tendenze egemoniche nella regione artica o se non si sia invece instaurato un equilibrio regionale specifico. Anche il tema delle migrazioni ha rappresentato una questione affrontata. È stato condiviso che in questa fase Paesi come l'Italia o la Norvegia devono operare per rafforzare le alleanze nelle sedi multilaterali, in cui credono e lavorano, facendo leva sugli strumenti di governance internazionali. Data la comune esposizione alle sfide globali connesse al rapporto tra ambiente e migrazioni, le iniziative italo-norvegesi nelle sedi internazionali possono trovare terreno fertile. Occorre, quindi, lavorare sul dialogo e sull'iniziativa politica.
  Nel corso degli incontri a Oslo è stata registrata una valutazione più che positiva sull'impegno italiano in Artico, a partire Pag. 84dalla sigla del Trattato delle Svalbard per giungere, in tempi moderni, alla apertura della stazione del CNR negli anni Novanta e allo stabilimento Goliat dell'ENI, oltre agli storici legami connessi al commercio dello stoccafisso e alla vicenda di Pietro Querini, navigatore e mercante veneziano che lo importò in Italia aprendo un filone nuovo di tradizione alimentare mediterranea. I cambiamenti climatici potrebbero, peraltro, incidere anche sulle abitudini della fauna ittica, con impatti significativi anche su voci importanti del bilancio norvegese.
  Sui temi geopolitici, da parte norvegese è stata espressa delusione per le recenti scelte degli USA in campo ambientale, auspicando che altri attori internazionali subentrino nel ruolo di leadership su tale terreno. Nell'esigenza fondamentale della Norvegia affinché si trovi comunque un ordine internazionale di riferimento, è stato sottolineato che Russia e Norvegia collaborano proficuamente nell'interesse della pace e della stabilità regionali, come emerso nelle ministeriali sull'Artico, svolte nel 2015 e nel 2017. Occorre soprattutto evitare di importare in Artico conflitti o mentalità conflittuali proprie di altri contesti. Quanto alla militarizzazione della Russia in Artico, essa è considerato interesse strategico legittimo di Mosca, cui Oslo risponde attrezzandosi a sua volta sul piano militare ma nell'esercizio di una tutela di propri interessi legittimi. La Norvegia ha storicamente gestito la contrapposizione con l'allora Unione Sovietica evitando ogni conflitto ed ha consapevolezza che la Russia detiene il 40 per cento della propria linea costiera in Artico. In generale, non è possibile parlare di Strategia per l'Artico senza la Russia.
  Le stesse tematiche sono state oggetto di interazione con la Commissione Esteri e Difesa del Parlamento norvegese e con il Ministro degli esteri dove è stato nuovamente ribadito che la Norvegia condivide con la Russia una delicata frontiera e collabora con Mosca al mantenimento dello status quo in Artico, nonché alla stabilità e al maggior disarmo possibile nella regione. Inoltre, in linea con l'omonimo trattato, è stato dato risalto al fatto che presso le Svalbard non ci sono basi militari. Peraltro, l'arcipelago ha accolto alcuni cittadini russi colpiti da sanzioni individuali internazionali. Allo stato la collaborazione con Mosca è fruttuosa sul terreno del salvataggio in mare, della tutela ambientale, della pesca, anche se è evidente il ruolo crescente della Russia su tutti i temi. Quanto allo scioglimento dei ghiacci, l'impatto già percepito è in termini di maggiore disponibilità di mare per l'attività di pesca ma anche la presenza di specie nuove, anche mediterranee (quali lo sgombro), che rischiano di minare l'ecosistema marino locale. Vi sono, poi, sviluppi positivi in termini di rapporti commerciali e di trasporti, per cui occorre una gestione lungimirante ed equilibrata che abbia a cuore innanzitutto il patrimonio naturale.
  In generale i deputati norvegesi hanno enfatizzato che per la Norvegia l'Artico non è un «parco naturale» e che il cambiamento climatico non comporta solo svantaggi. Certamente occorre un approccio sostenibile, cui l'ENI Norge ad esempio contribuisce insieme agli altri attori internazionali pubblici e privati, ed è necessario sviluppare un sistema di prevenzione degli incidenti in mare che richiede la garanzia di uno standard di prontezza assai alto.
  Durante la visita ad Oslo la delegazione italiana ha sottolineato quanto la Norvegia rappresenti per l'Italia un Paese garante per gli interessi dell'Artico, rispetto al quale Oslo ha il diritto-dovere di formulare delle linee guida per tutta la comunità internazionale. La presenza del CNR o di aziende come ENI rafforza l'interesse e l'attenzione italiana per l'Artico e anche la necessità di una maggiore conoscenza circa la linea tenuta da Mosca nella regione.
  Sulla delicata questione delle popolazioni sami, è stato dato risalto al ruolo consultivo assolto dall'Assemblea parlamentare dell'Artico e della partecipazione dei rappresentanti della minoranza alle riunioni del Consiglio Artico, oltre ad un forum di cooperazione dedicata tra contee Pag. 85del nord e governo centrale norvegesi. La Norvegia ha peraltro siglato le Convenzioni internazionali a tutela dei popoli indigeni. Infine, sui rapporti con i grandi Paesi asiatici, è stata segnalata la ripresa del dialogo con Pechino dopo alcuni anni di interruzione e che la Cina ha fin qui dimostrato grande interesse all'Artico, ai profili di ricerca scientifica e di tutela dell'ambiente, in controtendenza con quanto avveniva in passato. Indubbiamente, tenuto conto della rilevanza degli interessi economici riferiti all'Artico, occorre collaborare tutti alla definizione di standard di tutela severi.
  Nel corso della missione la delegazione ha deposto una corona di fiori, con i colori nazionali di Italia e Norvegia, al memoriale a Umberto Nobile collocato sul punto di approdo del dirigibile progettato, costruito e pilotato da Nobile, che giunse ad Oslo il 14 aprile 2016. Il memoriale è stato restaurato nel 2016 dalla Ambasciata d'Italia.
  Successivamente la delegazione si è recata nell'arcipelago artico delle Svalbard, arcipelago al di là del Circolo Polare Artico, in cui ha soprattutto sede la stazione del CNR Dirigibile Italia oltre a talune infrastrutture di carattere industriale ad esempio nel settore estrattivo.
  In tale ambito la delegazione della Commissione ha incontrato scienziati italiani rappresentativi dei tre Istituti operanti nell'ambito del CNR, ISMAR, IAMC e ISSIA (dottori Maurizio Azzaro, Tommaso Tesi e Gabriele Bruzzone), dialogando in videoconferenza prima con il Presidente del CNR, Massimo Inguscio, e poi con il nuovo Direttore del Dipartimento Scienze del sistema terra e tecnologie per l'ambiente (DTA) Fabio Trincardi, nonché con la ricercatrice Chiara Musotto e con la Dottoressa Petroselli, responsabile della base di Ny Aalesund.
  Con la componente scientifica la delegazione ha approfondito la politica scientifica italiana nell'Artico e in Antartide, in un contesto di difficoltà economiche ma anche di forte motivazione a mantenere l'elevato profilo ormai acquisito, con un approfondimento delle singole ricerche, in particolare nel settore climatologico e con eccellenze assolute nella robotica o nella metrologia.
  In particolare, il presidente Cicchitto ha rivendicato con orgoglio l'attenzione della politica nei confronti dell'Artico per ragioni di autentica preoccupazione per l'ambiente e anche per i preoccupanti profili di carattere geopolitico, connessi allo scioglimento dei ghiacci, alle prospettive di riarmo e di crescita di tensioni tra i colossi internazionali già presenti nella regione. Il Direttore Trincardi da Roma ha riferito dell'accelerazione dei cambiamenti climatici in Artico: se sulle cause si discute non si può dubitare che essi siano in atto e siano accelerati rispetto alle serie storiche.
  Quanto all'Artico, manca un quadro giuridico paragonabile a quello esistente per l'Antartide, regione circondata da una specifica consapevolezza sulla delicatezza degli equilibri ambientali. I cambiamenti si registrano nella circolazione atmosferica, nell'andamento dei ghiacci (il cui costante processo riduttivo è misurato dal 1979), nel venir meno del permafrost e nella conseguente liberazione di metalli e di importanti quantitativi di metano in atmosfera, oltre che di anidride carbonica. Dagli scienziati presenti in loco sono state svolte presentazioni di carattere scientifico, depositate agli atti della Commissione, e sono stati descritti i progetti internazionali cui collabora l'Italia. Il collegamento con la base di Ny Aalesund, in cui operano dieci connazionali, ha consentito di apprendere che essa contribuisce a ricerche finanziate da tutti i Paesi che sono presenti e partecipano alla ricerca nell'Artico.
  L'onorevole Quartapelle Procopio ha riconosciuto il contributo di avanguardia assicurato dagli scienziati e ricercatori italiani in Artico, che la visita istituzionale contribuisce a valorizzare. L'onorevole Pini ha valutato essenziale, in qualità di rappresentante delle istituzioni e di attore politico, potere prendere conoscenza diretta del lavoro svolto dal CNR in Artico, nell'auspicio che la politica possa in futuro Pag. 86contribuire maggiormente al finanziamento della ricerca nel nostro Paese.
  Nel centro di Longyearbyen la delegazione ha svolto quindi una visita presso UNIS The University Centre in Svalbard, servizio gestito congiuntamente da un consorzio di università norvegesi e che ospita attualmente circa duecento tra docenti universitari, staff amministrativo e dottorandi. Infine, la delegazione ha incontrato la Governatrice delle Svalbard che ha illustrato la specifica situazione amministrativa dell'arcipelago, guidato da un rappresentante direttamente nominato dal Governo centrale e non incorporato in nessun comune o regione, incaricato anche della gestione del patrimonio culturale e naturale dell'arcipelago. È stato illustrato il contenuto del trattato delle Svalbard del 1920 che ha assegnato la sovranità dell'arcipelago alla Norvegia riservando specifici diritti in capo alle parti contraenti tra cui l'Italia; il tutto con particolare attenzione alle norme sulla tutela dell'ambiente e anche ai rapporti con la città russa di Barentsburg, in cui risiede un Console Generale. Oggi le Svalbard godono di un regime giuridico di tutela dell'ambiente tra i più severi al mondo.
  Ha avuto luogo anche una visita al centro satellitare Svalsat, gestito per scopi commerciali dalla società pubblica norvegese Kongsberg e che rappresenta oggi probabilmente la più ampia stazione terrestre di ricevimento ed elaborazione di dati da satellite. Svalsat, che collabora anche con l'Agenzia Spaziale Europea, usufruisce di una posizione geografica straordinaria che le consente (caso unico assieme alla base statunitense MacMurdoch in Antartide) di ricevere dati da tutti i satelliti in transito nei quattordici corridoi dedicati attorno al nostro pianeta. L'enorme quantità di dati raccolti, attinenti in particolare a meteorologia e localizzazione natanti viene oggi trasmessa via fibra ottica alla Norvegia continentale, consentendo una utilizzazione in tempo praticamente reale.
  La delegazione ha anche visitato il Museo Nobile e la sede del Global Seed Vault, il Deposito globale di sementi che ha la funzione di fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica accidentale del «patrimonio genetico tradizionale» delle sementi.

7. Dibattiti connessi ed eventi di rilievo parlamentare:

    Esame del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, per le parti di competenza, e relativa Nota di variazioni» (C. 4768/I Governo, approvato dal Senato).

  Si segnala che nell'ambito dell'esame in sede consultiva disegno di legge C. 4768 Governo, approvato dal Senato, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», per le parti di competenza, e relativa Nota di variazioni (C. 4768/I Governo, approvato dal Senato), la III Commissione, nella seduta del 6 dicembre 2017, ha approvato all'unanimità un emendamento finalizzato ad istituire per il triennio 2018-2020 il Programma di ricerche in Artico (PRA), per il sostegno dell'Italia come Paese osservatore del Consiglio Artico. Secondo la proposta emendativa, le linee strategiche e di indirizzo attuativo del PRA sono elaborate e proposte dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nell'ambito di un Comitato scientifico per l'Artico (CSA). Il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto tra loro, approvano il PRA e i programmi annuali di ricerca e vigilano sulla sua attuazione.
  La proposta, con cui la Commissione ha inteso dare seguito concreto alle istanze e alle sollecitazioni recepite durante i lavori di indagine, è stata concepita nell'ottica di rafforzare e meglio strutturare gli attori della ricerca scientifica in Artico, dotando il comparto di uno strumento finanziario ad hoc mediante l'istituzione di un Fondo presso il MIUR.

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    Conferenza Stampa «Il ruolo del CNR nel contesto dell'Artico».

  Martedì 25 luglio 2017 si è tenuta presso l'aula della Commissione esteri della Camera, una conferenza stampa del presidente Cicchitto con una delegazione del CNR, guidata dal presidente Massimo Inguscio e composta da Fabio Trincardi (direttore Dipartimento Scienze Sistema Terra e Tecnologie per l'ambiente – DTA), Angelo Pietro Viola (1o ricercatore ISAC- CNR), Gabriele Bruzzone (ricercatore ISSIA – CNR), Maurizio Azzaro (ricercatore IAMC – CNR), Simona Longo (tecnologa DTA – CNR) e Gaetano Massimo Macrì (Ufficio Stampa CNR). La conferenza è stata finalizzata a fare emergere il ruolo innovativo svolto dal CNR nel contesto dell'Artico e a segnalare l'opportunità, anche in politica estera, di incrementare gli investimenti nella ricerca scientifica.

8. Conclusioni e proposte di lavoro.

  La partecipazione dell'Italia alle dimensioni di cooperazione politica in Artico rappresenta una priorità strategica alla luce dei mutamenti in atto nella regione, causati dai cambiamenti climatici e dall'interazione stretta che in Artico si registra tra i maggiori attori di politica internazionale.
  In Artico la sfida di fondo è rappresentata dalla capacità collettiva di mantenere l'attuale basso livello di tensione geopolitica e l'alto livello di cooperazione. Occorre preservare l'ottimo livello di cooperazione multilaterale fin qui conseguito nel consesso del Consiglio Artico, reso possibile anche dalla ridotta mediaticità dei temi artici.
  D'altra parte, è necessario promuovere maggiore conoscenza sui grandi temi globali, stimolando un approccio lungimirante che sappia cogliere nessi e interazioni al di là del dato sulla prossimità geografica: i Paesi più distanti dall'Artico sono influenzati dall'Artico e influenzano, a loro volta, l'Artico. Per questo occorre sensibilizzare le opinioni pubbliche ed evidenziare l'impatto delle dinamiche artiche su fenomeni epocali come le desertificazioni, i flussi migratori o gli scenari politici segnati da crescente instabilità politica.
  Occorre anche riconoscere la differenziazione delle tematiche e degli interessi che contraddistinguono i Paesi che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, nonché individuare formule e soluzioni di adattamento diversificate, in parziale difformità rispetto allo slogan della presidenza di turno statunitense del Consiglio Artico, che faceva riferimento ad un unico Artico.
  Nello specifico, nella valutazione dei fattori che possono deteriorare la condizione del Mar Glaciale Artico, occorre tenere conto delle differenti prospettive tra Paesi osservatori nel Consiglio artico e Stati artici: se per i primi lo scioglimento dei ghiacci rappresenta un dato tutto negativo, per i secondi i profili di svantaggio sul piano ambientale trovano compensazione, ad esempio, in termini di navigabilità e di complessivo ritorno economico. Tali prospettive più articolate riguardano certamente i Paesi artici rivieraschi, come la Russia e il Canada, ma anche la Cina. Occorre, dunque, monitorare la situazione con attenzione ed avere sensibilità per la differenziazione di interessi.
  L'Italia è chiamata ad esercitare maggiore assertività nel Consiglio Artico rispetto ai temi ambientali e agli accresciuti fattori di rischio, ad esempio in riferimento all'impatto derivante dal passaggio delle grandi navi e valorizzando la propria expertise nella riduzione del rischio ambientale. Con il ritiro dei ghiacci i Paesi artici saranno, infatti, collegati dal mare ed è inesorabile l'aumento degli scambi commerciali marittimi. Il Mar Glaciale Artico aprirà nuove opportunità, soprattutto in termini di investimenti basati sulla conoscenza.
  Il Consiglio Artico rappresenta in sé un interessantissimo modello di governance regionale, anche al di là delle tematiche artiche. In particolare, il coinvolgimento strutturato delle popolazioni locali nelle dinamiche della cooperazione regionale, anche in fase decisionale, ha rappresentato un cruciale fattore di successo di tale Pag. 88modello, eventualmente da emulare anche in altri scenari sensibili sui temi dello sviluppo sostenibile.
  La Cina rappresenta un interlocutore assai attivo nella regione, impegnato a cogliere le opportunità derivanti da una proiezione avanzata in un Artico ormai del tutto navigabile, da cui deriva un significativo abbattimento dei costi e dei tempi di trasporto nei flussi commerciali tra Cina ed Europa. La pressione cinese deve, pertanto, trovare argine nelle dimensioni di cooperazione multilaterale regionale proprio per ridurre l'impatto di politiche aggressive ed eccessivamente sbilanciate sul versante economico. D'altra parte, la Cina di oggi ha dimostrato grande interesse all'Artico, ai profili di ricerca scientifica e di tutela dell'ambiente, in controtendenza con quanto avveniva in passato. Indubbiamente, tenuto conto della rilevanza degli interessi economici riferiti all'Artico, occorre collaborare tutti alla definizione di standard di tutela severi.
  La Russia appare decisa a guadagnare un ruolo di leadership regionale, sicuramente rispetto ai temi delle nuove rotte commerciali, ed è indubbia una sua specifica attivazione in Artico anche in campo militare. D'altra parte la Russia ripone fiducia nello strumento multilaterale in Artico, condividendo l'interesse di tutti ad un Artico conflict free, come conferma la sigla della Dichiarazione di Fairbanks del maggio 2017, con cui gli Stati artici hanno confermato una volta di più il loro impegno a favore della pace, della stabilità e della cooperazione. I Paesi artici hanno una lezione da impartire nella gestione di un rapporto pacifico con la Russia e hanno a loro volta appreso che, considerato che la Russia detiene il 40 per cento della propria linea costiera in Artico, non è possibile parlare di Strategia per l'Artico senza la Russia.
  Considerata l'analisi sull'atteggiamento di Cina e Russia e anche in risposta al clima di crescente tensione geopolitica globale, il Consiglio Artico costituisce una dimensione da irrobustire e valorizzare per promuovere il più possibile un approccio multilaterale ai temi dell'Artico, in bilanciamento alle pulsioni sovraniste degli Stati costieri e dei maggiori attori globali che aderiscono ai fora artici. In particolare nell'Artico occorre mirare ad una gestione condivisa della sicurezza.
  Rispetto a tale obiettivo una stretta cooperazione tra Italia e Norvegia appare una leva efficace per rafforzare gli strumenti di governance internazionali, in cui i due Paesi credono con particolare convinzione. Data la comune esposizione alle sfide globali, le iniziative di dialogo politico italo-norvegesi nelle sedi internazionali possono trovare terreno fertile.
  Occorre soprattutto evitare di importare in Artico conflitti o mentalità conflittuali proprie di altri contesti. Sui temi della militarizzazione dell'Artico, è apparso realistico l'approccio norvegese che riconosce l'interesse strategico legittimo di Mosca e la conseguente necessità che la Norvegia, anche in quanto Paese della NATO, si attrezzi nei limiti dell'esercizio di una tutela di propri interessi.
  La tutela dell'ecosistema artico è strettamente connessa alle tematiche migratorie, sia in riferimento alle interazioni climatiche globali, per cui lo scioglimento dei ghiacci incrementa il rischio di desertificazione e di conseguenti nuove instabilità, sia in riferimento al possibile esodo dei quattro milioni di abitanti insediati nelle regioni artiche.
  Bisogna sapere guardare anche al di là del Consiglio Artico. I grandi temi economici e le problematiche di sicurezza sono trattate al di fuori di tale consesso, strumento di soft law in cui i grandi attori globali non tematizzano i propri interessi strategici profondi.
  Nel 2018 si celebrerà il decimo anniversario della Dichiarazione di Ilulissat del 2008, che sancisce la adesione di tutti gli Stati rivieraschi al diritto internazionale e all'ordinata risoluzione delle rivendicazioni concorrenti sulla piattaforma continentale estesa nell'Oceano artico e in cui la Russia si riconosce in modo specifico. In tale occasione sarà importante confermare collettivamente la pregnanza delle disposizioni contenute in tale documento, Pag. 89attesa la non attualità della prospettiva di un nuovo trattato internazionale, dedicato all'Artico.
  L'Italia si è caratterizzata per un percorso strutturato e flessibile allo stesso tempo, delineato nella Strategia italiana del 2015 e in costante evoluzione grazie allo strumento del Tavolo Artico, istituto presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale come veicolo di networking e di coordinamento informale tra mondo scientifico, imprese e amministrazioni. È opportuno che tale sede informale si specializzi sulle dinamiche in atto nell’Arctic Economic Council, distinto dal Consiglio Artico e cui aderiscono rilevanti protagonisti del settore privato mondiale, in risposta all'apprezzamento da parte degli interlocutori artici per l'azione responsabile esercitata dall'Italia e anche in un'ottica di Sistema Paese.
  L'Italia può rendersi parte attiva nello stimolare interazioni più stringenti tra dimensione artica e Nazioni Unite, anche alla luce dell'impegno italiano in ambito ONU sui temi della sicurezza alimentare, della biodiversità e dello sviluppo sostenibile, come dimostra la presenza in Italia di organizzazioni come la FAO, Bioversity International o la Base ONU di Brindisi.
  Analoghe riflessioni valgono per il dialogo tra dimensione artica e Unione Africana.
  La presenza di ENI appare strategica nella regione non solo per i tradizionali profili connessi alle attività estrattive in un'area particolarmente ricca di giacimenti quanto perché gli investimenti e i progetti artici, pur se più costosi e di più lungo termine, consentono di sviluppare tecnologie d'avanguardia, remunerative per l'impiego anche in altri contesti operativi.
  L'Italia possiede un asset nazionale assolutamente fondamentale nel campo satellitare, dell'osservazione della Terra e delle imprese spaziali a livello mondiale. Grazie all'impegno del mondo della ricerca e di un settore privato caratterizzato da elevata qualificazione e specializzazione scientifica l'Italia ha conseguito un ruolo di eccellenza tecnica nel contesto della cosiddetta space diplomacy, da cui possono derivare virtuose interazioni con i maggiori gruppi di ricerca internazionali e agenzie spaziali di altri Paesi, in linea con la visione strategica dell'Agenzia Spaziale Italiana. D'altra parte è essenziale che i dati raccolti anche dai soggetti privati presenti in Artico nel campo della rilevazione satellitare siano resi fruibili per la ricerca accademica sul cambiamento climatico.
  Nell'impegno per il rafforzamento delle risorse destinate alla ricerca, appare urgente che il nostro Paese riconosca la specificità della ricerca in Artico individuando strumenti istituzionali e finanziari dedicati, necessari per irrobustire i canali di cooperazione scientifica internazionale e valorizzare l'eccellenza italiana nel settore. La politica scientifica dell'Italia nell'Artico, in un contesto di difficoltà economiche ma anche di forte motivazione, deve essere mirata a mantenere l'elevato profilo ormai acquisito, in particolare nel settore climatologico e con eccellenze assolute nella robotica o nella metrologia.
  L'approccio moderato da parte dell'Unione europea ai temi dell'Artico consente di gestire con equilibrio l'utilizzo delle risorse e la protezione dell'Artico e la politica artica dell'Unione europea assicura comunque un foro di dialogo aperto anche a Paesi non coinvolti nelle strutture politico-istituzionali dell'Artico, in particolare ai Paesi del sud. L'Italia, grazie al prestigio maturato nel contesto artico e in quanto Paese seriamente impegnato sui temi dello sviluppo sostenibile, può costituire una risorsa preziosa rispetto al dossier relativo alla membership europea.
  Il Parlamento deve contribuire a questa azione con le leve della diplomazia parlamentare, mantenendo relazioni qualificate con i Paesi artici, valorizzando il più possibile i fora interparlamentari artici già istituiti e contribuendo alla advocacy sui temi artici soprattutto nelle sedi della cooperazione interparlamentare europea.