ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE CONCLUSIVA DI DIBATTITO 8/00109

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: del 06/05/2015
Risoluzione conclusiva di dibattito su
Atto numero: 7/00625
Atto numero: 7/00661
Atto numero: 7/00645
Firmatari
Primo firmatario: MONGIELLO COLOMBA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 06/05/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 06/05/2015
SANI LUCA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 06/05/2015
OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
ALBANELLA LUISELLA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
AMATO MARIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
ANTEZZA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
BINI CATERINA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
BOSSA LUISA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CAPOZZOLO SABRINA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CARELLA RENZO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CARLONI ANNA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CASSANO FRANCO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CENNI SUSANNA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
COVELLO STEFANIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
CULOTTA MAGDA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
D'ARIENZO VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI) 06/05/2015
DI MAIO MARCO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
D'INCECCO VITTORIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
DONATI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
EPIFANI ETTORE GUGLIELMO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
FAMIGLIETTI LUIGI PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
FANUCCI EDOARDO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
FEDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
FOLINO VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
GALPERTI GUIDO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
GIACOBBE ANNA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
GINEFRA DARIO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
GINOBLE TOMMASO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
GRASSI GERO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
IACONO MARIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
IORI VANNA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
LODOLINI EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
MAGORNO ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
MASSA FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
MAZZOLI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
MONTRONI DANIELE PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
MOSCATT ANTONINO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 06/05/2015
PELILLO MICHELE PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
PORTA FABIO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
PREZIOSI ERNESTO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
SGAMBATO CAMILLA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
TULLO MARIO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
VENITTELLI LAURA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015
ZARDINI DIEGO PARTITO DEMOCRATICO 06/05/2015


Commissione assegnataria
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
06/05/2015
Fasi iter:

COLLEGA (RISCON) IL 06/05/2015

APPROVATO IL 06/05/2015

CONCLUSO IL 06/05/2015

Atto Camera

Risoluzione conclusiva 8-00109
presentato da
MONGIELLO Colomba
testo di
Mercoledì 6 maggio 2015 in Commissione XIII (Agricoltura)

Risoluzioni 7-00625 Mongiello, 7-00645 L'Abbate e 7-00661 Zaccagnini: Iniziative per il rilancio del piano olivicolo nazionale.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'annata 2014 per l'olio extravergine di oliva italiano è stato un «anno nero». La campagna del 2014 si ricorderà per un calo produttivo drammatico, con una riduzione del 30-40 per cento rispetto alla media nazionale degli anni precedenti. Una situazione che ha messo in crisi i produttori olivicoli e le coltivazioni di pregio del Paese, rispetto alla quale è ormai necessario adottare azioni urgenti. Seppure dovesse risultare che il calo produttivo del 2014 sia stato un fatto occasionale, rimane tuttavia fermo che sono sempre troppi e di lungo retaggio i rischi per il settore: continua perdita di competitività, mancata innovazione, abbandono della produzione ed elevata possibilità di esporre l'olio italiano a fenomeni fraudolenti;
    l'olio extravergine di oliva è l'unico olio vegetale direttamente commestibile, quindi dotato di complessi di gusto ed aroma che ne determinano i crescenti consumi mondiali. La produzione mondiale è in aumento e stabilizzata dal 2010 su oltre 3.000.000 tonnellate/anno. È una «commodity» di alto valore, che con meno del 4 per cento della produzione di oli vegetali movimenta il 20 per cento del mercato;
    l'Italia storicamente aveva una posizione di rilievo per le caratteristiche qualitative del prodotto e per la importanza quantitativa delle produzioni in un mondo che vedeva l'olivo come pianta colonizzatrice e l'olio come produzione povera, talora malfatta e maleodorante, da inviare a raffinerie italiane che lo trasformavano in oli di oliva commestibili. Oggi la realtà mette in evidenza che in tutti i Paesi olivicoli e non olivicoli le piantagioni di olivo sono diventate piantagioni da reddito, e la nuova olivicoltura mondiale, che arriva appunto a 3.000.000 di tonnellate, è ottenuta con nuove e moderne piantagioni, altamente produttive, competitive, con produzioni di qualità crescente, in grado di competere sui mercati allo stesso livello delle qualità italiane, con la differenza che l'Italia con le sue produzioni decrescenti attualmente non è in grado di imporsi in nessun tipo di mercato; nel 2013/2014 la produzione italiana, probabilmente inferiore alle 400.000 tonnellate da stime ancora da verificare, rappresenta solo il 13 per cento della produzione mondiale;
    come ben risulta dal testo e dagli allegati del piano olivicolo-oleario 2009/2013 predisposto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ad oggi ormai superato, il comparto produttivo risulta compromesso. Il Comparto olivicolo può contare solamente su circa un milione di aziende, di cui gran parte in zone collinari e deve fare i conti con coltivazioni di proprietà che gestiscono 100 o 250 piante di olivo come patrimonio aziendale, con l'età stessa delle piantagioni che, ad esempio, in alcune zone di Italia supera i 300-500 anni, con l'estrema frammentazione varietale, con un innumerevoli cultivar delle quali non si conoscono né il comportamento agronomico né le caratteristiche dell'olio. Sono queste solo le più evidenti criticità dell'olivicoltura attuale dell'Italia che danno appena un'idea delle difficoltà del comparto, ove il ricambio generazionale ha ormai fatto venir meno i tradizionali agricoltori;
    questa situazione comporta anche riflessi pesantemente negativi sulle tecniche di conduzione, approssimative e mirate al massimo risparmio fino a nessun intervento, riportando la coltivazione dell'olivo ad una coltura di sussistenza ed in certi casi senza tener conto della conservazione dell'ambiente;
    ciò d'altro canto provoca anche difficoltà insormontabili per la produzione di olio di qualità, visto che la maggior parte degli agricoltori raccoglie le drupe quando può, frange quando può e come può, mentre la mancanza di disponibilità economico-finanziarie limita anche i più essenziali interventi di fertilizzazione e di difesa;
    l'ultima campagna ha messo drammaticamente alla luce i difetti, le manchevolezze e le necessità delle strutture produttive; una previsione di produzione già nettamente inferiore alle attese, mostrava già le tendenze al decremento del comparto. Un forte attacco di mosca olearia, lasciato incontrollato per mancanza di mezzi economici per effettuare i necessari trattamenti e l'abbandono di frutti sulla pianta determinato dal loro basso valore, unitamente alla diffusione della xylella fastidiosa, hanno determinato una produzione olearia di solo circa 250.000 mila tonnellate, ossia fortemente sottodimensionata rispetto al fabbisogno nazionale che è di circa 1 milione di tonnellate di cui circa 600.000 per il consumo interno e 400.000 per l’export, in un momento in cui il valore dell'olio stava risalendo verso limiti di convenienza economica e malgrado nel Mediterraneo si annunciassero produzioni da record;
    il paradosso di questa situazione è che questo aumento del valore dell'olio andrà a favore dei principali competitori italiani;
    per valutare attentamente le possibilità e gli indirizzi di sviluppo del comparto olivicolo, occorre verificare il mercato generale, il comportamento e le produzioni dei principali Paesi olivicoli e le spinte allo sviluppo del comparto olivicolo-oleario a livello globale. Nell'orizzonte europeo, compare gigantesca la montagna produttiva spagnola che ancora una volta supera 1.500.000 tonnellate (circa il 50 per cento della produzione mondiale), con produzioni provenienti da piantagioni nuove, irrigue specializzate, integralmente meccanizzabili ed inserite in una filiera già in corso di adeguamento alle caratteristiche qualitative che il mercato richiede; gli agricoltori spagnoli hanno rinnovato le piantagioni, riorganizzato le filiere, acquistato marchi di prestigio anche italiani ed ora stanno lavorando intensamente sulla qualità intrinseca delle loro maggiori produzioni nazionali. Competere con queste realtà significa competere tecnologicamente;
    sempre nell'ambito europeo, la Grecia si presenta con una olivicoltura solo parzialmente rinnovata, ma con oli di elevata qualità ed a prezzi relativamente bassi. Nell'ambito del Mediterraneo una forte spinta al miglioramento tecnologico nello specifico settore dell'olivicoltura è in atto in Marocco, che tre anni fa ha lanciato il programma «Maroc Vert», che prevede interventi praticamente a fondo perduto per nuove piantagioni, ed in Turchia, ove l'olivo è visto come un investimento produttivo ed il potenziale di esportazione di questo Paese si sta avvicinando alle 100.000 tonnellate/anno. In sottofondo rimangono ancora Paesi come Siria e Tunisia, che insieme possono coprire 400.000 tonnellate (quantità pari all'attuale produzione italiana) di oli a basso costo;
    al di fuori dell'area mediterranea si stanno sviluppando interessanti realtà olivicole, delle quali si deve tener conto, perché, se non influenzano il mercato nazionale, sono delle minacce concrete per le esportazioni. Negli Stati Uniti, in California, sta crescendo un nucleo di olivicoltori che mirano ad impadronirsi del mercato nordamericano, che rappresenta la migliore zona di esportazione degli oli italiani. Questo avviene sia con l'immissione sul mercato di oli di buona qualità prodotti in California, con impianti moderni, ma anche attraverso organi di stampa e dossier ufficiali che evidenziano i difetti del sistema produttivo italiano, praticamente inesistente nel loro immaginario collettivo;
    nell'America del Sud, Cile ed Argentina sono impegnati nella produzione di olio attraverso nuove piantagioni, e l'Argentina ha dichiarato l'olio di oliva «alimento nacional»; attualmente è accreditata di una produzione reale di 30.000 tonnellate, con grandi ambizioni sul mercato nordamericano (Stati Uniti, Canada);
    dall'altra parte del globo, la realtà australiana, ancora modesta, ma tutta costituita da nuove piantagioni, mira ai mercati orientali che rappresentano un potenziale sbocco anche per le produzioni italiane;
    si tratta, in genere, nel resto d'Europa (Portogallo, Spagna, Francia e parzialmente Grecia) e nel resto del mondo (Marocco, Turchia, Sudamerica, Australia) di olivicolture da reddito ove l'unica finalità dell'impianto è produzione di oli di oliva ottenuti con tecnologie moderne di raccolta, trasformazione, e ben organizzate, in grado di dare tutte oli di eccellente qualità sotto il profilo di genuinità e purezza, e di caratteristiche organolettiche talora diverse, ma non necessariamente inferiori a quelle del prodotto nazionale;
    per fermare l'abbandono ed il «disamoramento» dell'olivicoltura come fatto produttivo che trascinerebbe inesorabilmente nella caduta anche alcune delle linee commerciali più rilevanti del «made in Italy» come gli oli di alta qualità, occorre prendere atto che la struttura deve essere modificata; questo non sarà fatto certamente in un arco di tempo breve, e senza un adeguato intenso lavoro di programmazione; si dovrebbe iniziare innanzitutto a ricostruire lo scheletro di una struttura produttiva efficiente attraverso nuove piantagioni che siano nel giro di pochi anni in grado di sopperire almeno ai fabbisogni nazionali e mantenere l'immagine di un mondo olivicolo dinamico e produttivo in grado di sostenere un'esportazione di qualità, e ridare al Paese un settore capace di dare occupazione e recuperare quelle forze lavoro che derivano dall'abbandono progressivo dell'olivicoltura tradizionale;
    queste nuove piantagioni dovrebbero possedere tutti i requisiti per lo sviluppo e l'applicazione di tutte le moderne tecnologie;
    in numerosi distretti rurali esistono ampie zone a vocazione olivicola-agricola, ove si potrebbe operare con queste nuove piantagioni, che assumerebbero un importate ruolo nella evoluzione del paesaggio analogamente a quanto avvenuto per i vigneti, che negli ultimi trent'anni sono stati totalmente sostituiti dalle nuove piantagioni adatte alle mutate esigenze agronomiche e tecnologiche, e con evidenti vantaggi paesaggistici ed ambientali;
    per dare un'idea dell'immensità delle operazioni e della urgenza di iniziare le attività si portano ad esempio alcuni numeri: supponendo di dover soddisfare un fabbisogno di 200.000 tonnellate/anno di olio di oliva si dovrebbero portare a regime 150.000/200.000 ettari di nuovi oliveti che con una media di 1 tonnellata/ettaro di olio potrebbero riuscire a colmare il fabbisogno;
    l'olivicoltura italiana si fonda su una decina di cultivar maggiori che coprono la maggior parte della produzione complessiva e tra le criticità maggiori che si riscontrano vi è la mancanza di trasferimento tecnologico, di assistenza tecnica, di alfabetizzazione del mondo produttivo agricolo;
    la ristrutturazione del settore appare pertanto indispensabile ed urgente e dovrebbe attuarsi attraverso un accurato lavoro di programmazione che favorisca la ricostituzione di una struttura produttiva efficiente e moderna adatta alle mutate esigenze agroeconomiche e tecnologiche con evidenti vantaggi paesaggistici e ambientali oltre che forti ricadute in termini occupazionali,
    è evidente che un processo di questa portata richiede un arco di tempo lungo ed accurate calibrazioni dei processi a monte ed a valle delle piantagioni; è tuttavia necessario sempre ricordare che l'impianto di un oliveto determinerà una produzione 3-5 anni dopo, e che occorre aspettare comunque 8-10 anni per arrivare ad una produzione stabilizzate;
    per quanto riguarda la fase di prima trasformazione, il punto di partenza di qualsiasi analisi sul settore consiste nella definizione dell'universo nazionale dei frantoi attivi dove negli ultimi anni si è registrata una forte riduzione della numerosità dei frantoi attivi e dei volumi di produzione di olio dichiarati all'AGEA. Di fondamentale importanza è analizzare e incrociare i dati degli archivi amministrativi disponibili, al fine di produrre una valutazione del processo di ristrutturazione avvenuto nel settore in questi anni e descrivere la situazione attuale della prima trasformazione delle olive. Tra gli obiettivi vi è quello poi di rendere più fruibili le informazioni e i dati relativi al sistema della prima trasformazione nell'ambito della filiera dell'olio d'oliva, attraverso la predisposizione di una banca dati dei frantoi, utile per la pianificazione regionale e nazionale;
    le criticità della fase di prima trasformazione sono inquadrabili nei seguenti punti:
     a) numero elevato di frantoi economicamente poco efficienti e con impianti di trasformazione non ottimali e che di fatto costituiscono non imprese;
     b) capacità limitata di investimento e di innovazione tecnologica di molte aziende e non garanzia di qualità;
     c) dimensioni che non permettono «massa critica» a causa dell'eccessiva frammentazione;
     d) costi elevati di produzione soprattutto per i piccoli frantoi (fino a 2,5-3 euro/chilogrammo contro 1 euro dei frantoi industriali);
     e) ritardi negli investimenti;
     f) accesso difficoltoso ai finanziamenti soprattutto per gli impianti non collegati ad aziende agricole o non frantoi;
    i punti di forza della olivicoltura nella prima trasformazione si potrebbero riassumere in:
     a) una capillare localizzazione dei frantoi nelle aree vocate, con maggiore garanzia di lavorazioni tempestive e di qualità;
     b) una elevata professionalità dei frantoiani italiani;
     c) una presenza di distretti produttivi, in minima parte, con una elevata concentrazione di prodotto;
     d) una capacità di una notevole differenziazione del prodotto sia per tipologia (DOP, IGP, «alta qualità» e altro) sia in base al gusto;
     e) una continua modernizzazione degli impianti;
     f) un elevato numero di filiere di prodotto olivicolo tracciato (circa 400) con 8000 aziende agricole;
    nel territorio italiano, in special modo nel Sud, è forte la presenza di frantoi che hanno una valenza storico-culturale notevole come, ad esempio, i frantoi ipogei del Salento o quelli storici sparpagliati all'interno delle campagne meridionali dove alcuni sono funzionanti e altri in stato di semi-abbandono. È di fondamentale importanza storica-antropologica avviare un monitoraggio e una successiva classificazione dei «frantoi di particolare interesse storico-culturale» al fine di attivare le opportune politiche di recupero strutturale ai fini didattici e finanziare con misure ad hoc quei frantoi, a tutt'oggi funzionanti con tecniche di produzione che in un certo senso hanno anticipato storicamente i disciplinari tecnici comunitari oggi in vigore, che curano il dettaglio organolettico degli oli extra-vergine proteggendolo, tra l'altro, quale patrimonio dell'umanità, essendo l'olio l'elemento essenziale della «dieta mediterranea»,
    per il rilancio del sistema di produzione e di trasformazione olivicolo oleario italiano, occorrerebbe istituire un sistema di strumenti incentivanti che da un lato sia in grado di permettere agli investimenti di poter essere gestiti agevolmente riducendo l'effetto delle numerose norme ed autorizzazioni necessarie per la costituzione di nuove piantagioni, che dovrebbero essere realizzate solo sulla base di rigorosi criteri tecnico-scientifici, e dall'altro di permettere di costituire una linea specifica di finanziamenti, se del caso tramite un fondo di incentivazione, individuando nel modo più opportuno la fonte delle risorse necessarie e che potrebbe per esempio essere previsto a livello regionale a carico degli attuali contributi di cui ai piani di sviluppo rurale o delle organizzazioni comuni di mercato, da utilizzare per la costituzione di nuove piantagioni di olivo analogamente a quanto si sta facendo nel settore della viticoltura;
    un'operazione di questo tipo non sarebbe finalizzata alla sola produzione olivicola, ma contribuirebbe a movimentare attività e quindi capitali in un indotto che va dall'attività vivaistica alle macchine agricole all'impiego di forze lavoro direttamente nelle piantagioni e indirettamente nelle attività indotte, e a creare linee produttive che già direttamente possono essere pilotate verso prodotti di alta gamma e di qualità certificate;
    va evidenziato che una situazione problematica come quella attuale che sta attraversando l'olivicoltura, l'Italia l'ha già attraversata e in parte superata, alla fine degli anni Novanta nel settore, dell'agrumicoltura; per esse è stato adottato un piano nazionale condiviso dalle autorità dell'Unione europea e poi è stato attuato dalle regioni che ha brillantemente conseguito i risultati prefissati;
    tale piano sarebbe necessario anche per il grande valore ambientale che riveste la coltivazione dell'olivo specialmente per quanto riguarda la protezione che conferisce al suolo e quindi alla riduzione del rischio idrogeologico e per la conservazione del territorio, essendo questa pianta, tra le specie arboree coltivate, quella con minori esigenze in termini fabbisogno idrico e difesa fitosanitaria;
    lo sviluppo dell'olivicoltura avrebbe una propria valenza strategica anche per gli scenari futuri: a livello globale grazie alla diffusione della dieta mediterranea sta iniziando a diffondersi anche nei Paesi non tradizionalmente consumatori una cultura legata all'olio extravergine di oliva ed alle sue proprietà; questo fenomeno relativamente nuovo è rappresentato da manifestazioni, concorsi internazionali, forum e portali dedicati, curati da giornalisti, e food blogger. Tali iniziative non solo mettono in evidenza le migliori produzioni, ma riescono anche con estrema facilità ed ascolto ad evidenziare la scarsa qualità dei prodotti commerciali (Merum, Olive Center UC Davis, truthinoliveoil, jooprize, NYT e altro). In tale prospettiva è concretamente ipotizzabile che in un prossimo futuro sarà sempre più presente questa consapevolezza e mutata sensibilità del consumatore e sarà quindi necessario cogliere tali opportunità per elevare la qualità del prodotto esportato;
    l'Italia possiede un grande patrimonio varietale ancora tutto da valorizzare ed in questo contesto teso a valorizzare la qualità e le specificità, avrebbe quindi un elevato margine competitivo e forti posizioni di vantaggio;
    non è da sottovalutare poi che nello sviluppo dei nuovi impianti della futura olivicoltura nazionale vi sarebbero forti ricadute in termini occupazionali, soprattutto nel campo agroindustriale ed agroalimentare, con l'utilizzo e l'impiego dei macchinari necessari alle conduzioni agronomiche e raccolta delle olive che ne riducano sensibilmente i costi di gestione e che oggi rappresentano l'eccellenza della industria italiana meccanica del settore, sia in Italia e sia all'estero, nonché con la maggior richiesta di impianti di estrazione e separazione in due fasi dove alcune industrie italiane sono all'avanguardia con brevetti che permettono di non utilizzare acqua e con ottimi risultati per il riutilizzo delle sanse per uso agricolo e la nutrizione animale;
    sarebbe necessario quindi approvare un apposito programma per lo sviluppo dell'olivicoltura nazionale ed in questo senso dotare l'attuale ordinamento nazionale di una norma specifica volta a rafforzare e sostenere lo sviluppo dell'olivicoltura ed avente contenuti analoghi a quelli di cui all'articolo 1, comma 1, della predetta legge n. 423 del 1998;
    tale norma dovrebbe prevedere che, per fare fronte alla grave situazione di declino della coltivazione dell'olivo ed alla crisi di produttività del comparto olivicolo nazionale, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ed acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, presenti al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per l'approvazione le linee programmatiche di indirizzo e di, intervento per l'olivicoltura italiana anche al fine di contenere i costi di produzione, di riorganizzare la commercializzazione e di migliorare la qualità dei prodotti agricoli, tenendo conto dell'esigenza di risanamento tecnico-colturale e varietale;

impegna il Governo

   ad intraprendere le opportune iniziative, possibilmente anche a carattere d'urgenza, affinché si attui un piano per il rilancio, il rafforzamento e lo sviluppo dell'olivicoltura nazionale (piano olivicolo nazionale), allo scopo seguendo un procedimento normativo, amministrativo ed operativo, analogo a quello attuato ai sensi della legge 2 dicembre 1998, n. 423, come meglio indicato in premessa, valutando in tale ambito, la possibilità di individuare ed autorizzare una notevole somma di spesa, se del caso da associare all'istituzione di un fondo di rotazione per gli investimenti, il cui importo sia considerevolmente rilevante e tale da coprire un periodo di operatività compreso tra un triennio ed un quinquennio e che consenta, in primis, la riduzione ed il progressivo azzeramento dell'eccessiva frammentazione del modello produttivo, e un vero ammodernamento degli impianti arborei delle aziende agricole olearie, prevedendo forme di fiscalità di vantaggio per coloro che adotteranno iniziative associative su base cooperativistica, consortile e di società di capitali,
   a fare sì che il piano olivicolo suddetto abbia almeno la finalità di:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e lo studio di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) tutelare l'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica, non razionalizzabile e non rinnovabile in particolare l'olivicoltura marginale delle aree collinare incentivando la creazione di organizzazioni in grado di gestire gli oliveti a rischio di abbandono o già abbandonati affinché possano essere riportati in produzione;
    c) sostenere e promuovere attività di ricerca per implementare e migliorare la coltura olivicola;
    d) stimolare il «consumo informato» evidenziando le diverse proprietà salutistiche degli oli extravergini di oliva anche con adeguata utilizzazione delle indicazioni salutistiche approvate dall'Unione europea, attraverso una capillare e sistematica crescita della cultura sull'olio extravergine di oliva e valorizzi il made in Italy mediante la promozione della qualità e della biodiversità, elemento distintivo della nostra olivicoltura;
     e) sostenere l'iniziativa dell'alta qualità per l'olio extra vergine di oliva italiano anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato domestico e soprattutto su quelli internazionali;
     f) stimolare il recupero varietale delle cultivar nazionali delle olive da mensa e di nuovi impianti arborei;
    a sostenere ed incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera olivicola, anche alla luce delle novità contenute nella nuova OCM unica di cui al regolamento (UE) n. 1308/2013 che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori olivicoli ed acquirenti industriali e commerciali ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori (OP) e degli organismi interprofessionali (OI)
    ad avviare un monitoraggio ed una successiva classificazione dei «frantoi di particolare interesse storico-culturale», al fine di attivare le opportune politiche di recupero strutturale per scopi didattici e finanziare, con misure ad hoc, quei frantoi a tutt'oggi funzionanti;
    ad adottare, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le opportune iniziative volte a costituire una banca dati presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una banca dati che censisca i frantoi industriali e i «frantoi di particolare interesse storico-culturale», per tipologia e tecniche di produzione, inclusa la loro collocazione sul territorio, con lo scopo di avviare politiche agrarie mirate di investimento con cui ammodernare quelli esistenti e recuperare e tutelare quelli storici
    ad attivare iniziative dirette alla valorizzazione dell'olio extravergine di oliva, con particolare riguardo ad azioni divulgative volte a favorire la conoscenza delle proprietà nutrizionali e salutistiche degli oli extravergini di qualità, e a combattere le contraffazioni e l’Italian sounding.
(8-00109) «Mongiello, L'Abbate, Zaccagnini, Sani, Franco Bordo, Oliverio, Albanella, Amato, Antezza, Benedetti, Massimiliano Bernini, Bini, Bossa, Capozzolo, Carella, Carloni, Cassano, Cenni, Covello, Culotta, D'Arienzo, Di Gioia, Marco Di Maio, D'Incecco, Donati, Epifani, Famiglietti, Fanucci, Fedi, Folino, Gagnarli, Gallinella, Galperti, Giacobbe, Ginefra, Ginoble, Grassi, Iacono, Iori, Lodolini, Magorno, Massa, Mazzoli, Montroni, Moscatt, Parentela, Pelillo, Porta, Preziosi, Realacci, Sgambato, Tullo, Venittelli, Villecco Calipari, Zardini».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

oleicoltura

piantagione

coltura oleaginosa