ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01041

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 647 del 05/07/2016
Abbinamenti
Atto 7/01017 abbinato in data 06/07/2016
Atto 7/01023 abbinato in data 06/07/2016
Firmatari
Primo firmatario: PAGLIA GIOVANNI
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 05/07/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FASSINA STEFANO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/07/2016
MELILLA GIANNI SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/07/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Stato iter:
12/07/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 06/07/2016
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
PARERE GOVERNO 12/07/2016
ZANETTI ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 06/07/2016

DISCUSSIONE IL 06/07/2016

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 06/07/2016

ACCOLTO IL 12/07/2016

PARERE GOVERNO IL 12/07/2016

APPROVATO IL 12/07/2016

CONCLUSO IL 12/07/2016

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01041
presentato da
PAGLIA Giovanni
testo di
Martedì 5 luglio 2016, seduta n. 647

   La VI Commissione,
   premesso che:
    la Corte di Cassazione, con sentenza 24 febbraio 2016, n. 3618, ha ritenuto che le piattaforme petrolifere siano soggette ad accatastamento e quindi assoggettabili ad ICI, e conseguentemente, anche ad Imu e tasi;
    il suddetto pronunciamento è molto importante perché pone fine ad una diatriba in corso da anni in materia di applicazione dei tributi immobiliari, che ha visto i comuni contrapporsi, da una parte, con le società petrolifere e, dall'altra, con l'Agenzia delle entrate che nei fatti ha sempre ritenuto che le piattaforme petrolifere non fossero da iscrivere in catasto, con ciò alimentando ancora di più il contenzioso tributario;
    l'importanza della questione è evidenziata anche dalla presentazione in parlamento di diverse interrogazioni parlamentari con le quali si lamenta l'incapacità della giurisprudenza di merito di pervenire ad una soluzione uniforme e si dà conto degli elevati importi coinvolti nel contenzioso;
    la suddetta pronuncia della Corte va oltre il caso specifico oggetto del giudizio, enunciando principi di diritto molto importanti, come l'obbligatorietà dell'assoggettamento all'imposta dei fabbricati non iscritti in catasto, indipendentemente dalle eventuali problematiche collegate alla determinazione del loro valore imponibile;
    con riferimento all'accatastabilità delle piattaforme petrolifere, la Corte ha affrontato preliminarmente il problema della natura delle piattaforme petrolifere, ritenendo che queste ultime debbano essere considerate come «immobili», ai sensi dell'articolo 812 c.c., essendo «saldamente infisse nel sottosuolo marino»;
    si tratta di beni immobili che insistono sul territorio dello Stato, visto che il fondo marino appartiene al demanio dello Stato ed il diritto al suo sfruttamento minerario soggetto a concessione. Essi soddisfano quindi il presupposto dell'ICI, così come definito dall'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che si realizza con il possesso di fabbricati «siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali (...)»;
    l'obbligo di accatastamento delle piattaforme petrolifere deriva direttamente dall'articolo 4, del regio decreto-legge n. 652 del 1939 che qualifica come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili «di qualunque materiale costituite» ed include tra questi anche «gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo»;
    dalle norme richiamate, secondo la Corte di Cassazione, consegue che le piattaforme stabilmente assicurate al suolo demaniale marino debbono essere accatastate;
    nelle medesima sentenza la Corte affronta anche il problema della categoria catastale da attribuire, visto che il giudice di secondo grado aveva ritenuto che le piattaforme potessero essere annoverate tra gli immobili con destinazione E/9 e quindi comunque essere ritenute esenti dalle imposte patrimoniali immobiliari perché riconosciute di pubblica utilità;
    secondo la Corte, invece, «le piattaforme petrolifere, così come le centrali cui sono annesse, sono classificabili nella categoria catastale D/7, svolgendosi operazioni qualificabili quali attività industriale»;
    per quanto attiene al soggetto attivo d'imposta, la commissione tributaria regionale aveva escluso la potestà impositiva del comune sulle acque territoriali e quindi l'assoggettabilità ad Ici delle piattaforme in ragione della loro allocazione a mare;
    la Corte, dopo aver rilevato che «non può concepirsi un luogo del territorio nazionale che non “appartenga” ad un Comune» ha ritenuto che esiste una naturale potestà degli enti locali nell'ambito del mare territoriale, paragonabile a quella esercitata sul proprio territorio, fino ad una distanza di 12 miglia marine, «con estensione della sovranità dello Stato e, per esso, dei relativi Comuni, sul mare territoriale, pur con i limiti derivanti dalle convenzioni internazionali»;
    dopo aver individuato la competenza territoriale comunale, la Corte di Cassazione ha affrontato il problema dell'inquadramento del caso di specie tra le ipotesi di soggettività passiva, individuandola nel «possesso a titolo di concessione». Secondo la Corte, «anche se il mare non è ricompreso tra i beni del demanio marittimo, che concernono solo il lido, la spiaggia e le terre emerse, tuttavia i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili a quelli del demanio marittimo». Conseguentemente, le strutture stabilmente infisse nel fondo del mare territoriale sono soggette al potere impositivo comunale, in quanto possedute in base ad una concessione demaniale, ai sensi dell'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992;
    per quanto attiene alla determinazione del valore imponibile, ad avviso della parte intimata (ENI spa), il comune sarebbe carente del potere di «determinare il valore delle piattaforme ai fini ICI, essendo la base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale», con conseguente competenza dell'Agenzia delle entrate. Su tale punto la Corte enuncia principi molto importanti, che vanno al di là del caso concreto analizzato, in quanto, come noto, a seguito della incomprensibile abrogazione del quarto comma dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che autorizzava l'uso della rendita presunta, parte della giurisprudenza di merito sembra ritenere che al comune sia preclusa l'attività di accertamento con riferimento a fabbricati non iscritti in catasto o iscritti con rendita non più adeguata, pur nei casi di inerzia sia dell'intestatario catastale sia dell'Agenzia delle entrate, la quale anche in caso di attivazione della procedura ex articolo 1, comma 336, della legge finanziaria 2005, in molti casi non opera con la necessaria tempestività;
    quanto esposto dimostra che si è configurata una situazione che stride con la logica e con la piena applicazione dei principi che regolano l'imposizione fiscale, perché la debenza del tributo, pur in presenza di fabbricato che ne soddisfa il presupposto, dipenderebbe dalla volontà del contribuente di procedere all'aggiornamento catastale, ovvero dalla tempestività dell'intervento in surroga dell'Agenzia delle entrate, senza che tali fattori aleatori deroghino espressamente al termine decadenziale entro il quale il comune può notificare atti di accertamento per recuperare gli importi dovuti;
    in merito a quest'ultima questione la sentenza in commento effettua una significativa precisazione, laddove afferma che «tutti i fabbricati siti nel territorio dello Stato sono imponibili, soggiacciono all'imposta ICI e non può considerarsi “condicio sine qua non” ai fini impositivi, la iscrizione catastale in mancanza di una correlazione normativa tra “imponibilità” e “accatastabilità”, essendo soggetti ad ICI tutti gli immobili, ancorché non accatastati e potendo essere determinata l'imposta in base ai criteri residuali». L'affermazione appare perfettamente aderente al dettato normativo, laddove è previsto che soddisfa il presupposto d'imposta il possesso di fabbricati iscritti o che devono essere iscritti in catasto;
    per quanto riguarda le modalità di determinazione del valore, va anche considerato che le fattispecie in questione ricadono tra i fabbricati riconducibili al gruppo catastale D e interamente posseduti da imprese, fin quando la rendita catastale non sia attribuita. In mancanza di rendita, la determinazione della base imponibile deve essere, come è noto, effettuata utilizzando i valori di bilancio, così come previsto dall'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992;
    individuato il criterio di determinazione della base imponibile, la Corte si preoccupa anche di quali sono gli impianti da valorizzare nella base imponibile;
    dopo aver chiarito che le piattaforme costituiscono un cespite economico indipendente e distinto rispetto alla centrale di terra, e quindi soggetto ad accatastamento autonomo e non quale pertinenza della centrale di terra, la Corte rigetta la tesi della non valorizzazione delle condotte petrolifere, in quanto poste nei fondali marini, così come previsto dalla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6 del 2012. Sul punto la Corte ritiene che non possa considerarsi quale ius superveniens la disposizione di cui all'articolo 1, comma 244 della legge n. 190 del 2014, la quale prevede che nelle more dell'attuazione della revisione del catasto si applicano le istruzioni impartite con la circolare n. 6 del 2012, della soppressa Agenzia del territorio;
    secondo la Corte, «premessa l'anomalia e gli evidenti profili di incostituzionalità di una legge che si limita a rinviare, ai fini della applicazione di una normativa, senza altra specificazione, alle istruzioni di una circolare ministeriale, emanata da una delle parti del giudizio, tuttavia tale circolare, “normativizzata”, a prescindere dalla sua eventuale efficacia retroattiva, anche nel caso di valenza di interpretazione autentica della normativa indicata, non trova applicazione per le piattaforme petrolifere, non menzionate nella citata circolare». Ed in particolare non trova applicazione il paragrafo 3 della suddetta circolare (paragrafo, peraltro, poi «abrogato» dall'Agenzia delle entrate con circolare n. 2 del 1o febbraio 2016) che ha in generale previsto la valorizzazione nella rendita catastale delle condotte petrolifere, ma solo se ubicate nel territorio dello Stato, con esclusione di quelle poste nei fondali marini. Ad avviso della Corte la circolare «normativizzata» non fa riferimento alle piattaforme petrolifere, ma solo alle «condotte petrolifere» che sono ontologicamente diverse dalle prime;
    i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione autorizzano i comuni che finora non abbiano provveduto ad accertare le piattaforme petrolifere a condurre tale attività con riferimento sia all'Ici che all'Imu-tasi. L'attività non necessita dell'intervento preventivo dell'Agenzia delle entrate, in quanto la base imponibile può essere valorizzata sulla base delle scritture contabili della società proprietaria, ed in caso di mancata collaborazione, sulla base dei dati di bilancio pubblicati dalla camera di commercio;
    per quanto riguarda l'Ici, trattandosi di omessa denuncia, nel corso del 2016 sono accertabili le annualità 2010 e 2011. Purtuttavia, in controtendenza a quanto stabilito dalla Corte costituzionale, recentissimamente il dipartimento delle finanze con la risoluzione n. 3/DF ha rilevato che ai fini dell'applicabilità dell'imposta municipale propria Imu alle piattaforme petrolifere serve uno specifico intervento normativo atto a consentire non solo il censimento delle costruzioni (dotate di autonomia funzionale e reddituale) site nel mare territoriale, anche con riferimento alla relativa delimitazione, georeferenziazione e riferibilità ad uno specifico comune censuario, ma anche l'ampliamento del presupposto impositivo dell'Imu e della Tasi;
    con la suddetta risoluzione n. 3/DF del 1o giugno 2016, infatti il dipartimento delle finanze ha risposto al quesito di un'associazione in merito all'applicabilità dell'IMU alle piattaforme petrolifere a seguito dell'entrata in vigore della legge di stabilità 2016, che ha introdotto nuovi criteri per l'individuazione della rendita catastale dei fabbricati iscrivibili nei gruppi catastali D ed E;
    le motivazioni da cui trae origine il quesito scaturiscono proprio dalla citata sentenza n. 3618 del 24 febbraio 2016, con cui la Corte di Cassazione ha ritenuto le piattaforme petrolifere assoggettabili all'Ici, nonostante la loro allocazione nel mare territoriale;
    sulla questione concernente l'assoggettamento all'Imu delle piattaforme petrolifere, inoltre, il Governo aveva risposto all'interrogazione n. 5-08070 del 2016 in cui veniva chiesto se, alla luce della sentenza e della normativa vigente, «le piattaforme petrolifere italiane sono soggette o meno all'imposta» precisando che per quanto attiene l'assoggettabilità a IMU e ICI delle stesse, considerato anche che la sentenza n. 3618/2016 è di recente emanazione, sarà compito degli uffici tecnici dell'amministrazione finanziaria approfondire la problematica per proporre al Governo un'eventuale soluzione normativa;
    nella risoluzione n. 3/DF, il dipartimento delle finanze ricorda che le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale e particolare che le farebbero rientrare, quali impianti, in una delle categorie catastali dei gruppi D ed E per le quali, a partire dal 2016, sono stati dettati nuovi criteri per la determinazione della rendita di cui all'articolo 1, comma 21, della legge di stabilità 2016, che esclude dalla stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo e dove si legge: «A decorrere dal 1o gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo». Tuttavia, sottolinea il dipartimento delle finanze, secondo le vigenti disposizioni normative che regolano il sistema catastale, tali cespiti non sono oggetto di inventariazione negli atti del catasto, poiché è «l'Istituto idrografico della Marina» – e non «l'Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali» – l'Organo Cartografico dello Stato designato al rilievo sistematico dei mari italiani;
    l'Imu ha per presupposto il possesso di immobili e a tali fini vengono espressamente richiamate «le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504» il quale stabilisce che: « a) per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano». Facendo, quindi, la norma riferimento esplicito al catasto edilizio urbano, la risoluzione n. 3/DF del 2016 conclude che per applicare i criteri di calcolo del valore contabile di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992 occorre uno specifico intervento normativo atto a consentire non solo il censimento delle costruzioni (dotate di autonomia funzionale e reddituale) site nel mare territoriale, anche con riferimento alla relativa delimitazione, georeferenziazione e riferibilità ad uno specifico comune censuario, ma anche l'ampliamento del presupposto impositivo dell'Imu e della Tasi,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per apportare puntuali modifiche normative alla legge di stabilità 2016 ed al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, al fine di stabilire il pieno assoggettamento delle piattaforme petrolifere ad accatastamento e ad Ici, e conseguentemente, anche ad Imu e tasi, stabilendo che a decorrere dal 1o gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo, delle costruzioni e, a differenza da quanto previsto attualmente dalla legge di stabilità 2016, delle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento, escludendo dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, ma che tale ultima esclusione non operi in riferimento alle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale;
    ad assumere iniziative per modificare la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nel senso di prevedere che per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza, nonché le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale;
    ad assumere iniziative per prevedere che le piattaforme petrolifere, come inventariate dall'Istituto cartografico della Marina, siano classificabili nella categoria catastale D/7 e che, in mancanza di definizione della rendita catastale, la base imponibile delle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale, classificabili nella categoria D/7 sia costituita dal valore di bilancio, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell'articolo 6, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 33.
(7-01041) «Paglia, Fassina, Melilla».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

acque territoriali

impianto a mare

risoluzione