ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01007

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 631 del 25/05/2016
Firmatari
Primo firmatario: CIPRINI TIZIANA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 25/05/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 25/05/2016
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 25/05/2016
CHIMIENTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 25/05/2016
LOMBARDI ROBERTA MOVIMENTO 5 STELLE 25/05/2016
TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 25/05/2016


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01007
presentato da
CIPRINI Tiziana
testo di
Mercoledì 25 maggio 2016, seduta n. 631

   L'XI Commissione,
   premesso che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 10 marzo-30 aprile 2015 ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha escluso, per gli anni 2012 e 2013, l'applicazione della perequazione automatica per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps;
    la perequazione automatica (o indicizzazione) fa riferimento all'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici del soggetto e viene attribuita sulla base della variazione del costo della vita, con cadenza annuale e con effetto dal 1o gennaio dell'amo successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relative all'anno precedente;
    le norme sulla perequazione sono state oggetto, nel corso degli anni, di numerose modifiche, spesso di natura transitoria;
    riguardo agli anni 2012 e 2013, oggetto in via diretta della norma dichiarata illegittima dalla sentenza n. 70 del 2015, per effetto di quest'ultima (e fatte salve le norme che sono state adottate successivamente in materia) il quadro giuridico di riferimento (sulle misure della perequazione) è costituito dalla disciplina a regime già posta dall'articolo 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Essa prevede: l'applicazione della perequazione nella misura del 100 per cento per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici fino a 3 volte il trattamento minimo Inps (quest'ultimo era pari, nel 2011, a 6.088.55 euro e, nel 2012, a 6.253 euro); nella misura del 90 per cento per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici compresa tra 3 e 5 volte il predetto trattamento; nella misura del 75 per cento per la fascia di importo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo trattamento minimo;
    in base alla norma oggetto della sentenza che ha sancito l'illegittimità, la perequazione è stata esclusa del tutto, per gli anni 2012 e 2013, per i trattamenti pensionistici di importo superiore a 3 volte il trattamento minimo Inps, con la conseguente mancata liquidazione sia per i 2 anni suddetti sia per gli anni successivi delle quote di incremento che sarebbero spettate (a titolo di perequazione automatica) con riferimento al 2012 ed al 2013. Un altro effetto permanente che deriva dalla norma in questione (dichiarata illegittima), effetto di rilevanza quantitativa secondaria (sia per la misura dei trattamenti sia per la finanza pubblica) rispetto all'effetto diretto sopra menzionato, è costituito dal mancato incremento (in seguito alla suddetta mancata liquidazione) della base di calcolo (cioè, dell'importo stesso della pensione) su cui applicare (a decorrere dal 2014) le successive percentuali di perequazione automatica;
    la decisione della Corte costituzionale – che censura una delle norme promosse dal Governo Monti – costituisce, in ordine di tempo, solo l'ultima delle gravi questioni che riguardano il sistema pensionistico italiano. Già la cosiddetta riforma Fornero (di cui alla legge n. 92 del 2012) ha creato l'emergenza sociale dei lavoratori «esodati» (sono già stati approvati 7 provvedimenti di salvaguardia) ha creato iniquità e disparità di trattamento, non prevedendo alcuna gradualità nella sua applicazione innalzando notevolmente l'età pensionabile in un sol colpo;
    prima ancora degli effetti sulla finanza pubblica, la Corte costituzionale ha accertato la lesione di un diritto costituzionalmente rilevante stabilendo che: «L'interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (articolo 36, primo comma, della Costituzione) e l'adeguatezza (articolo 38, secondo comma, della Costituzione). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all'articolo 2 della Costituzione e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione»;
    la sentenza della Corte costituzionale dimostra che provvedimenti finanziari emergenziali adottati, a giudizio dei firmatari del presente atto, in maniera irrazionale al solo fine di «far quadrare i conti» finiscono per produrre l'effetto di un aggravio della finanza pubblica ed insostenibili costi sociali per i cittadini;
    è evidente che in uno Stato di diritto in base al principio della separazione dei poteri vi è l'obbligo di rispettare i pronunciamenti della Corte costituzionale e di ripristinare l'ordine violato, posto che il legislatore – anche nei momenti di «emergenza finanziaria» – non può comprimere i principi e diritti di rilevanza costituzionale in maniera irragionevole e sproporzionata;
    invero, l'articolo 1 del decreto legge n. 65 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 109 del 2015, nel tentativo di dare attuazione alla sentenza della Corte, ha previsto solamente una parziale e forfettaria restituzione di quanto spetta al pensionato in base ad una determinata percentuale (variabile) dell'importo della pensione, a giudizio dei firmatari del presente atto violando così ancora una volta la norma costituzionale di cui all'articolo 38 della Costituzione esponendosi a nuovi ricorsi e a questioni di legittimità costituzionale;
    occorre invece un intervento che restituisca equità al sistema e assicuri la restituzione del dovuto agli aventi diritto, senza creare un inutile conflitto generazionale, scongiurando il timore di un aumento della pressione tributaria e/o contributiva ovvero l'applicazione delle clausole di salvaguardia previste dalla normativa vigente,

impegna il Governo:

   mediante opportune iniziative normative ed attraverso il reperimento delle necessarie risorse:
    a) dare completa attuazione a quanto disposto dalla sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale, provvedendo alla restituzione a favore dei cittadini interessati dell'intera quota di pensione non versata, in conseguenza della disposizione di cui all'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 dichiarato costituzionalmente illegittimo, superando quanto disposto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 65 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 109 del 2015;
   a sanare l'effetto secondario costituito dal mancato incremento della base di calcolo su cui applicare, a decorrere dal 2014, le successive percentuali di perequazione automatica.
(7-01007) «Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

pensionato

economia pubblica

conflitto generazionale