ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00977

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 610 del 20/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: ZOLEZZI ALBERTO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 20/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016
SORIAL GIRGIS GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016
BASILIO TATIANA MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 20/04/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00977
presentato da
ZOLEZZI Alberto
testo di
Mercoledì 20 aprile 2016, seduta n. 610

   La VIII Commissione,
   premesso che:
    nella provincia di Brescia persiste da anni un'emergenza sanitaria ed ambientale dovuta ad un'elevata concentrazione di inquinanti;
    secondo l'Osservatorio epidemiologico dell'Asl di Brescia, nella provincia i tumori sono la prima causa di mortalità, pari al 34 per cento dei decessi complessivi;
    su tutti i 12 distretti sanitari (esclusa la Valcamonica), lo studio mostra come, a livello provinciale, il distretto sanitario di Monte Orfano, che comprende una buona fetta di Franciacorta (da Adro ad Erbusco e da Palazzolo a Pontoglio) registra un più 4,7 per cento, per tutti i tumori, un eccesso del 4,5 per cento anche per i distretti di Brescia Ovest (da Castegnato a Castelmella, da Rodengo Saiano ad Ospitaletto) e per quello di Brescia città;
    in provincia di Brescia si susseguono iniziative informative promosse dal tavolo di lavoro «Basta veleni» che vede l'adesione di innumerevoli associazioni, gruppi e comitati di tutta la provincia bresciana impegnati nella tutela dell'ambiente e della salute pubblica;
    come anche riportato in diversi atti depositati dai parlamentari del M5S, la provincia di Brescia risulta essere la più inquinata d'Europa, tanto da essere passata alla cronaca come la terra dei fuochi del nord;
    si rileva come questi inquinanti si collocano nei confini di una provincia in cui si trovano numerosi fattori di pregio ambientale tutelati anche dalla normativa nazionale come laghi, monti, ghiacciai e diverse zone di pregio, una tra tutte la Franciacorta;
    a solo titolo esemplificativo si riportano alcuni dati relativi al territorio in questione, tratti da un documento inviato alle istituzioni dal sopracitato tavolo basta veleni;
    in provincia di Brescia fino al 2005 si contavano tra discariche cessate (109) e discariche ancora attive (30); sono stati interrati complessivamente circa 35 milioni di metri cubi di rifiuti speciali, pericolosi e non, e «inerti» (censimento provincia di Brescia aggiornato a fine 2005);
    a questi vanno aggiunte le discariche «fantasma», quelle non censite perché gestite precedentemente alla normativa sui rifiuti speciali del 10 settembre 1982 che sulle base delle produzioni storiche del settore metallurgico e chimico, si possono stimare in almeno circa 5 milioni di metri cubi. Sono le discariche «abusive» che riemergono quando si costruisce ad esempio la BreBeMi o la Tav;
    poi vi è l'enorme quantità di terreno inquinato da PCB e diossine del sito Caffaro, di fatto rifiuto speciale ad oggi da collocare in discarica, pari a circa 7 milioni e 900 mila metri cubi. Del caso Caffaro parleremo più precisamente in seguito;
    infine, i rifiuti speciali collocati in discarica dal 2006 ad oggi, che, secondo dati dell'Ispra (aggiornati al 2013, da cui si può ricavare il trend anche per gli ultimi due anni) ammontano a circa 10 milioni e 900 mila metri cubi. Tirate le somme, ecco il cumulo immenso di rifiuti speciali che sono stati sversati sul territorio bresciano: 58.705.500 milioni di metri cubi;
    nel biennio 2012-2013 (dati Ispra), la maggior parte dei rifiuti speciali della regione Lombardia sono stati interrati nella provincia di Brescia, 1.638.298 t/a su 2.251.413 t/a lombardi nel 2012 e 1.809.068 t/a su 2.500.226 t/a lombardi nel 2013, mediamente il 72,5 per cento;
    l'indice di pressione sempre per questi ultimi due anni, in termini di rifiuti speciali mediamente interrati per km quadrati, per la provincia di Brescia è stato pari a 363 tonnellate/anno per chilometro quadrato, circa 10 volte quello del resto della regione Lombardia (34 t/a) e quello dell'intero Paese (38 t/a). Ovviamente, ciò accade perché in provincia di Brescia si importano rifiuti speciali nell'ordine di milioni di tonnellate all'anno;
    la provincia bresciana ospita i più importanti impianti e discariche;
    tutto l'amianto della Lombardia, e non solo, sta arrivando a Brescia nell'unica grande discarica lombarda attiva;
    Brescia, inoltre, è gravata da ben 4 discariche di rifiuti radioattivi, di cui una sola messa in sicurezza;
    praticamente il bresciano è il capolinea di quasi tutti i rifiuti speciali lombardi e dunque di gran parte di quelli nazionali. Possiamo dire che Brescia è la grande discarica nazionale;
    gravemente compromessa risulta in particolare la fascia dell'alta pianura che va dalla Franciacorta, passa per Brescia e giunge a Montichiari;
    va anche detto che il resto del territorio bresciano non è certamente un paradiso ed è attraversato da diverse emergenze ambientali, sia a nord (abbandono della montagna, dissesto idrogeologico, criticità dei laghi prealpini, ex Selca di Forno d'Allione, centrali a biomasse), che a sud (agricoltura intensiva e dipendente dalla chimica, stoccaggi e trivellazioni per gli idrocarburi in un sottosuolo a rischio sismico). Ciò che preme evidenziare è che in questo quadrilatero pedemontano l'indice di pressione ambientale ha superato la capacità di carico, anche perché si dovrebbe considerare il cumularsi di tanti altri fattori;
    oltre ai rifiuti di cui si è già detto, innanzitutto il groviglio di infrastrutture: autostrade A4 Milano-Venezia e A35 BreBeMi; tangenziali Brescia sud-ovest e «corda molle»; superstrade Concesio-Iseo, Brescia-Desenzano, Brescia-Salò; ferrovia Milano-Venezia, cui si sta affiancando un'inutile Tav, che determinerà consumo di suoli agricoli pregiati, l'apertura di nuove cave e di nuove discariche; aeroporto militare di Ghedi e aeroporto civile di Montichiari praticamente inutilizzato per i passeggeri;
    devastante il consumo di suolo a causa di una cementificazione che, su quest'asse ovest-est, rappresenta un importante segmento della megalopoli padana, con edificazioni senza soluzione di continuità sviluppatesi soprattutto negli ultimi decenni, prima della crisi edilizia;
    il sito inquinato di interesse nazionale «Brescia-Caffaro», con livelli di diossine e PCB nei terreni per milioni di metri quadrati senza riscontri in altre parti d'Italia, che coinvolge circa 25.000 abitanti di Brescia e che attende da 14 anni un piano generale di bonifica;
    infine, la concentrazione di numerosissime cave che rende quest'area una delle più «generose» a livello nazionale (Ispra 2015), per cui, il piano, scaduto ma prorogato, per il decennio dal 25 gennaio 2005 al 25 gennaio 2015, prevede l'escavazione di ben 70 milioni di metri cubi di ghiaia, di cui utilizzati «soli» circa 30 milioni, a causa delle crisi edilizia;
    al centro, l'area è attraversata da nord a sud da uno dei fiumi più inquinati d'Europa, il Mella, che in questo tratto di norma presenta una qualità dell'acqua classificata da Arpa «pessima» e che attende da decenni di essere risanato, dismettendo l'attuale sua funzione di grande collettore fognario degli scarichi civili e industriali della ricca Val Trompia, tutt'ora priva di un depuratore;
    sempre in zona centrale, l'Arpa ha recentemente pubblicato i dati sul pesantissimo inquinamento della falda, da cromo esavalente, solventi clorurati (tetracloruro di carbonio, tricolorometano, di-tri-tetracloroetilene...), e persino mercurio e PCB, tutte sostanze altamente tossiche e cancerogene, presenti in concentrazione anche di migliaia di volte oltre i limiti;
    l'Ispra ha certificato anche un inquinamento delle acque superficiali e di falda da pesticidi;
    infine, periodicamente si ripropone in alcune aree agricole intensive il problema di un eccesso di nitrati in falda, per cui l'acqua, per essere potabile, deve essere trattata;
    è ormai acclarato da studi internazionali, nazionali e locali che Brescia soffre di «mal d'aria», ma lo è ancora di più dalla nostra percezione, poiché l'aria è quell'elemento con cui siamo a contatto in modo costante e continuativo, respirando ogni pochi secondi. L'aria è quell'elemento che ci dà la vita oppure ce la toglie, ed il respiro rappresenta simbolicamente la vita stessa;
    Brescia è immersa in quel catino di aria sporca che è la Lombardia, dove l'aria non circola e tutto vi ristagna dentro. Il nostro territorio è armato di bocche di fuoco potentissime che sparano in aria milioni di metri cubi all'ora di sostanze nocive. Considerando solo i tre più grandi siti nel perimetro della città, le due acciaierie ed il più grande inceneritore d'Europa, si registra che dai loro camini possono uscire fino 3,5 milioni di metri cubi di fumi in un'ora;
    a questo si devono aggiungere i camini della storica fabbrica metalmeccanica e di tante altre fonderie di medie e piccole dimensioni;
    basti pensare che in tutta la provincia vi sono circa 200 autorizzazioni integrate ambientali per forni fusori, e che le 10 acciaierie attive con una media di circa 1 milione di metri cubi/h, possono immettere in aria circa 240 milioni di metri cubi al giorno, che generano continui accumuli nei terreni e risollevamenti di polveri;
    a ridosso della città (nei comuni di Rezzato e Mazzano) insiste un cementificio di grande portata ultimamente potenziato;
    nel panorama della provincia si contano grandi aziende metallurgiche da rottami a Chiari, Ospitaletto, Rodengo, Castel Mella, Maclodio, Brescia, Montirone, Lonato, Calvisano, Travagliato, Torbole Casaglia;
    il traffico veicolare con le grandi arterie autostradali e le tangenziali incrementa di molto le emissioni (51 per cento di NOx – Inemar 2012) e, nonostante ciò, ancora si vuol costruirne un'altra in Val Trompia, anziché puntare sulla ferrovia;
    com’è evidente in quest'area del Bresciano è stato già abbondantemente superato il limite di carico ambientale (come dichiarato dall'Asl bresciana in una relazione relativa alla mancata autorizzazione della discarica «Bosco Stella» di Categnato e altre), e la vera opera di cui necessiterebbe questo territorio è una profonda azione di bonifica e di recupero ambientale, non certo nuove discariche e nuove emissioni inquinanti;
    l'Asl di Brescia (ora Ats) ha relazionato quanto segue:
    in riferimento alla discarica Castella: «L'impatto complessivo determinato dalle attività in essere impone di evitare effetti negativi aggiuntivi sulla salute della popolazione residente. Quindi [...] si ritiene che l'impatto cumulativo degli impianti esistenti non consenta ulteriori aggravi, anche se modesti, di inquinamento ambientale con pregiudizio sulla salute» (Bosco Stella);
    «al contrario rappresenta una criticità che, per la diffusione che la caratterizza, abbisogna dell'assunzione di provvedimenti e di scelte di programmazione territoriale che concorrano alla riduzione degli impatti ambientali aventi ricadute immediate sulla salute umana [...]»;
    l'impatto complessivo determinato dalle attività in essere impone di evitare effetti negativi aggiuntivi sulla salute della popolazione residente. I dati di morbilità per malattie respiratorie non tumorali, non consentono un ulteriore aggravio dell'inquinamento ambientale, che deriverebbe dall'aggiunta di un ulteriore impianto a quelli esistenti, con un peggioramento dell'impatto cumulativo e pregiudizio sulla salute»;
    in riferimento alla discarica, Padana Greeen è stato affermato: «la pressione ambientale esercitata da diversi fattori che coesistono nell'area rappresenta motivo di pregiudizio per la qualità della vita degli abitanti, interferendo sul legittimo diritto di uso degli spazi aperti e condizionando lo stato di benessere psicofisico. La realizzazione del progetto comporterebbe un aggravio ulteriore della pressione ambientale, non sostenibile per la salute pubblica»;
    dunque siamo in una situazione di gravissima emergenza che richiede misure straordinarie, come e più di quanto si sta facendo nella Terra dei fuochi, dove il presidio anche militare del territorio sembra sia riuscito a bloccare ogni ulteriore sversamento di rifiuti e dove le istituzioni, sollecitate dalla rivolta popolare del novembre 2013, stanno operando, finalmente, con adeguate risorse economiche per monitorare il territorio e predisporre le necessarie opere di messa in sicurezza e di bonifica;
    il «Tavolo basta veleni» avanza pertanto le seguenti proposte: le istituzioni siano chiamate a mettere in campo strumenti adeguati ad affrontare una simile situazione che non tollera ulteriori compromissioni del territorio. Questi provvedimenti straordinari di emergenza si traducano in una generale moratoria di ogni nuova autorizzazione per l'avvio di attività di discariche e smaltimento di rifiuti e non si rilasci alcuna ulteriore autorizzazione per impianti che generino nuove emissioni (gassificatori, centraline a «biogas» o «biomasse, inceneritori...), mirando al ridimensionamento finalizzato alla chiusura delle fonti emissive troppo impattanti per il territorio in cui sono collocate;
    è necessaria una seria politica di diminuzione delle emissioni complessive a partire dal censimento di quanto autorizzato ora e dal blocco di nuove autorizzazioni e introducendo norme (indice di pressione aria) in grado di programmarne una sempre maggiore riduzione;
   si ritiene indispensabile, infatti, introdurre, oltre ai limiti delle concentrazioni di inquinanti per metri cubi, una soglia massima ai flussi di massa in uscita dai camini per un dato territorio. Tali limiti dovranno essere nel tempo soggetti a costanti riduzioni, attraverso norme stringenti e monitorati dal piano di risanamento della qualità dell'aria (Pria);
    con la deliberazione della giunta regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014, è stato approvato il programma regionale di gestione dei rifiuti, che ha introdotto e regolamentato il «fattore di pressione per le discariche» e ne ha disciplinato il relativo regime transitorio articolo 14-bis delle Norme tecniche di attuazione, con relativi richiami); il fattore di pressione delle discariche è finalizzato ad impedire la realizzazione di impianti di rifiuti nelle aree in cui questi risultano già presenti, con elevata concentrazione e che quindi determinano un rilevante impatto negativo sull'ambiente circostante; pertanto, al ricorrere di un determinato indice-stabilito transitoriamente in 160.000 mc/Kmq, ovvero non più di 160.000 metri cubi di rifiuti già collocati in discarica per ogni chilometro quadrato (paragrafo 14.6.3 dell'appendice 1 alle Norme tecniche di attuazione) – non è possibile autorizzare la realizzazione di nuovi impianti, l'aumento di quelli già esistenti e la modifica ad una tipologia di discarica di categoria superiore (paragrafo 14.6.3 dell'appendice 1 alle, Norme tecniche di attuazione);
    nella sentenza sopra richiamata n. 00108/2016 del tribunale amministrativo regionale della Lombardia, depositata in data 15 gennaio 2016, che accoglie il ricorso per motivi aggiunti con cui veniva impugnato l'atto del dirigente del settore ambiente – ufficio rifiuti della provincia di Brescia n. 6848 del 12 novembre 2014, si legge:
     «L'articolo 195, comma 1, lettera p), del citato decreto legislativo n. 152 stabilisce che «spetta allo Stato (...) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti». (...) La normativa in precedenza richiamata attribuisce esplicitamente allo Stato la potestà, esclusiva, di individuare i criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti; soltanto all'esito di una tale fase preliminare, le regioni possono definire a loro volta i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione dei predetti impianti; Siffatta conclusione, avallata dal chiaro tenore letterale della normativa statale già citata, trova il suo fondamento nella competenza statale, esclusiva, in materia di tutela dall'ambiente e, concorrente, in materia di governo del territorio, come stabilito dall'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione. Ciò trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, secondo la quale: « a) i rifiuti rientrano nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (da ultimo sentenza n. 10 del 2009; vedi, anche, sentenze nn. 277 e 62 del 2008) e, conseguentemente, non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela dell'ambiente (vedi sentenze nn. 10 del 2009, 149 del 2008 e 378 del 2007)»;
    ed inoltre è affermato che da ciò discende che soltanto lo Stato può e deve individuare gli standard di tutela in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale e nemmeno in attesa dell'intervento statale può ammettersi un potere regionale sostitutivo – seppure di tipo cedevole e finalizzato a garantire una maggiore tutela per l'ambiente – che stabilisca dei criteri che vanno a modificare quanto disposto fino a quel momento dalla normativa statale vigente. (...) Attualmente, non si rinviene nella normativa statale la presenza di un criterio che consenta alle regioni di introdurre un limite di localizzazione delle discariche, legato alla saturazione del territorio, come il Fattore di Pressione; difatti anche le previsioni contenute nel decreto legislativo n. 36 del 2003, e in particolare nell'Allegato 1, punti 1.1 e 2.1 (...) non individuano nessun criterio assimilabile, anzi, nelle stesse, si chiarisce che «nell'individuazione dei siti di ubicazione [delle discariche] sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico»;
    secondo il rapporto «Sentieri» dell'Istituto superiore di sanità e dell'Airtum (Associazione italiana registro tumori), vi sarebbe una correlazione diretta tra PCB, diossine, i veleni dell'industria chimica «Caffaro» che hanno devastato il territorio e l'aumento delle neoplasie nella città di Brescia;
    sempre, nello stesso articolo l'epidemiologo Paolo Ricci, responsabile dell'osservatorio, dopo aver firmato insieme ad altri ricercatori il terzo rapporto dello studio Sentieri ha chiesto le dimissioni dei vertici Asl di Brescia per aver negato le conseguenze sanitarie dell'inquinamento da diossine;
    l'Istituto superiore di sanità precisa che lo stabilimento «Caffaro» di Brescia, nel quale sono stati prodotti policlorobifenili (PCB) dalla fine degli anni trenta al 1984, ha riversato per decenni i rifiuti della lavorazione in un corso d'acqua comunicante con la rete delle rogge, che ha a sua volta contaminato suoli agricoli e catena alimentare: i gruppi di popolazione caratterizzati dai più elevati livelli ematici di PCB sono stati riscontrati fra gli ex lavoratori della «Caffaro» e fra i consumatori di alimenti contaminati;
    l'esposizione professionale a PCB nelle aziende metallurgiche di Brescia e della provincia contribuisce all'innalzamento dei livelli ematici di PCB, in particolare dei fonditori, degli addetti alle colate e dei manutentori;
    è recente la pubblicazione, da parte di un gruppo di lavoro della IARC-International Agency for Research on Cancer, sulla valutazione della cancerogenicità dei PCB, in base alla quale questi agenti sono allocati alla categoria «cancerogeni per l'uomo», e si individua un nesso causale con i melanomi cutanei (evidenza sufficiente), i linfomi non Hodgkin e il tumore della mammella (evidenza limitata);
    nel contesto di Brescia, come mostrato dai risultati dello studio Sentieri, sviluppato dall'Istituto superiore di sanità, si rileva che:
     a) per il melanoma, si osservano eccessi nella popolazione maschile (incidenza e ricoveri ospedalieri) e femminile (incidenza e ricoveri ospedalieri); la mortalità è compatibile con l'attesa;
     b) per il tumore della mammella, si osservano eccessi di incidenza e ricoveri ospedalieri e mortalità compatibile con l'attesa;
     c) per i linfomi non Hodgkin, si osservano eccessi di incidenza (in particolare nelle donne) e di ricoveri ospedalieri; mortalità compatibile con l'attesa;
    la coerenza di fondo tra le indicazioni fornite dai dati di incidenza e di ospedalizzazione e, in misura minore, dai dati di mortalità, corrobora l'ipotesi di un contributo dell'esposizione a PCB all'eziologia di queste patologie nella popolazione di Brescia;
    a questo proposito, una recente rassegna della letteratura scientifica ha mostrato come i livelli ematici di tossicità equivalente, relativi a diossine e altri composti diossino-simili, tra cui i PCB, riscontrati nella popolazione generale residente a Brescia, siano fra i più elevati osservati a livello internazionale;
    questi elementi giustificano sia il perseguimento di un insieme di obiettivi attinenti al risanamento ambientale, in corso di attuazione, sia il potenziamento dei programmi di sorveglianza epidemiologica e di monitoraggio, anche biologico, che vedono già impegnate le aziende sanitarie locali territorialmente competenti e il registro tumori, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità;
    questo insieme di studi appare appropriato anche in relazione alla messa a punto di un piano di comunicazione a beneficio della popolazione interessata;
    verso la fine del 2013, l'Asl pubblica una guida al cittadino sul «caso Caffaro», riportante macroscopiche lacune, denunciate dai comitati ambientalisti locali e da Medicina Democratica nazionale. La più grave è, per i firmatari del presente atto di indirizzo, la totale ignoranza dell'inquinamento dei suoli e della contaminazione umana da diossine, che si registra nel «caso Caffaro» a livelli senza riscontri nella letteratura scientifica internazionale, e che appare chiaramente più grave dell'inquinamento da PCB;
    la guida del 2015 si occupa, come la precedente, solo di PCB, anche se non può occultare ciò che risulta evidente dalle mappe dell'inquinamento pubblicate a pagina 24 per i PCB e a pagina 26 per le diossine: il superamento dei limiti per queste ultime risulta di gran lunga più importante che per i PCB. Ciononostante, non si dice nulla sulla tossicità e cancerogenicità delle diossine e non vengono riportati i dati sulla contaminazione da diossine del sangue dei bresciani;
    a Brescia, nella vasta zona della città inquinata dalla Caffaro, circa 7-9 milioni di metri quadrati, vigeva dal 2002 un'ordinanza emergenziale, rinnovata ogni sei mesi, che interdiva qualsivoglia uso di detti terreni (agricolo, ricreativo e altro). Una ordinanza del 2013, modificando sostanzialmente la precedente, introduceva una nuova classe di parchi «con livelli di inquinamento medio», inventando una classe di inquinamento non prevista da alcuna normativa per siti ad uso verde pubblico, mantenendo l'interdizione a qualsiasi uso solo per i parchi in cui gli inquinanti superassero le concentrazioni di soglia di contaminazione per i siti ad uso industriale. Questo livello di inquinamento medio (da 10 a 80 volte superiore alla concentrazioni di soglia di contaminazione) era ritenuto accettabile se i parchi «ad uso verde pubblico e privato» fossero «inerbiti»;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con lettera pervenuta al protocollo del comune di Brescia in data 27 novembre 2013, evidenziava quanto già sottolineato dal gruppo m5s in consiglio comunale e da numerosi comitati ambientalisti, in merito all'improprio utilizzo della Tabella B), allegato 5, al Titolo V del decreto legislativo n. 156 del 2006 che fa riferimento ai limiti di concentrazione di soglia di contaminazione (CSC) delle zone industriali, invece che la tabella A) del citato decreto legislativo che concerne i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale;
    la lettera citata, dopo avere evidenziato che «le limitazioni d'uso individuate nella predetta ordinanza riguardano giardini pubblici e privati» e non zone industriali, «invita» il comune «a rivalutarne i contenuti ai sensi della normativa vigente»;
    nonostante queste raccomandazioni il comune di Brescia non ha provveduto alla revisione dell'ordinanza;
    con decreto del 24 febbraio 2003, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto alla perimetrazione del sito di interesse nazionale di Brescia Caffaro, individuando le aree da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza d'emergenza, bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio, precisando che tale perimetrazione non esclude l'obbligo di bonifica rispetto ad eventuali, ulteriori aree che dovessero risultare inquinate o che attualmente, sulla base delle indicazioni degli enti locali, non sono state individuate con lo stesso decreto;
    il decreto ministeriale precisa inoltre che la perimetrazione potrà essere modificata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel caso in cui dovessero emergere altre aree con una possibile situazione di inquinamento, tale da rendete necessari ulteriori accertamenti analitici e/o interventi di bonifica;
    è notizia delle scorse settimane che, dopo un tentativo del 2014 non andato a buon fine, il comune di Brescia avrebbe chiesto alla regione Lombardia, la promozione di iniziative finalizzate a riperimetrare il SIN Caffaro, limitandolo ad un'area pari a 20 ha declassificandolo a sito di interesse regionale (SIR), nonostante gli approfondimenti scientifici condotti in questi anni abbiano a più riprese evidenziato la necessità di estendere le aree da sottoporre a bonifica in quanto le aree ormai coinvolte si estendono per almeno 700 ha;
    la legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013 n. 147), rispetto al processo di programmazione dei fondi 2014-2020, ha determinato la dotazione aggiuntiva del fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) che sarà destinato, in quota parte, al «finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali». In attuazione di detta previsione normativa, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto ad elaborare, in raccordo con le regioni interessate, un quadro programmatico puntuale degli interventi e dei relativi fabbisogni finanziari per i settori di propria competenza, tra i quali la tematica delle bonifiche in area Sin;
    per quanto attiene al Sin di «Brescia Caffaro», la regione Lombardia, nel corso dell'anno 2014, ha segnalato un fabbisogno di 50 milioni di euro, poi rideterminato nel 2015 dalla medesima in 40 milioni di euro, da destinare alla prosecuzione degli interventi, di messa in sicurezza delle rogge, peraltro in corso di realizzazione e già disciplinato nell'accordo di programma del 29 settembre 2009. Limitatamente a questo intervento, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto ai competenti uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri l'assegnazione delle risorse occorrenti per l'ultimazione della bonifica e attualmente è in corso l'istruttoria;
    come è noto, al fine di coordinare, accelerare e promuovere la progettazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica nel sito contaminato di interesse nazionale «Brescia-Caffaro», è stata prevista la nomina di apposito Commissario straordinario delegato ai sensi dell'articolo 4-ter, comma 2, del decreto-legge n. 145 del 2013 (convertito dalla legge n. 9 del 2014), e dell'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito dalla legge n. 2 del 2009);
    per il Sin di Brescia è stato nominato il 17 giugno 2016 il dottor Roberto Moreni e allo stesso sono stati attributi i poteri necessari per la cura delle fasi progettuali, la predisposizione dei bandi di gara, l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori, le procedure per la realizzazione degli interventi, la direzione dei lavori, la relativa contabilità e il collaudo, nonché la promozione delle opportune intese tra i soggetti pubblici e privati interessati;
    per il Sin Taranto e la Terra dei fuochi sono recentemente stati stanziati rispettivamente 800 e 300 milioni di euro di finanziamenti dallo Stato per la bonifica, a differenza del SIN Caffaro che ha ricevuto solo 13 milioni di euro a fronte di un disastro ambientale decisamente superiore come sopra descritto;
    ad oggi, i fondi previsti risultano secondo i firmatari del presente atto pertanto insufficienti e la figura individuata per svolgere il ruolo commissariale, inadeguata e inefficace;
    il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha modificato un unico parametro delle CSC degli inquinanti dei siti da bonificare, i PCB totali, alzandolo di ben 60 volte. Originariamente pari a 0,001 mg/kg, le CSC dei PCB sono attualmente fissate a mg/kg 0,060;
    è utile ribadire che la Iarc dell'Oms nel 2013 ha rivalutato la cancerogenicità dei PCB dalla classe 2A, «probabilmente cancerogeni per l'uomo», alla classe 1, «cancerogeni certi per l'uomo» e pertanto è necessario elevare le CSC per i PCB, riportandole al limite ante decreto legislativo n. 152 del 2006,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per istituire una moratoria per quanto riguarda l'autorizzazione di discariche e fonti emissive in acqua, suolo ed aria in particolare, in territori con un elevato fattore di pressione ambientale come quello della provincia di Brescia;
   a promuovere ogni iniziativa di competenza utile, anche d'intesa con la regione Lombardia, al fine di individuare apposite risorse finanziare da destinare alla bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale per sensibilizzare la collettività rispetto ai problemi ambientali e sanitari e, in particolare, rispetto alle problematiche connesse all'inquinamento e al consumo del suolo;
   ad assumere, nel breve termine, ogni iniziativa normativa necessaria al fine di individuare un criterio che consenta di introdurre un limite di localizzazione delle discariche e fonti emissive in acqua, suolo ed aria in particolare, legato alla saturazione del territorio, come il fattore di pressione ambientale, oltre a una soglia massima dei flussi di massa in uscita dai camini per un dato territorio, in modo da limitare gli impatti ambientali dei progetti e dei rischi cumulativi, sulle risorse agricole, ambientali, sugli ecosistemi e sulla salute dei cittadini residenti, garantendo le esigenze di protezione di tali valori;
   ad assumere iniziative per modificare ed estendere la perimetrazione del Sin Brescia Caffaro, comprendendo le altre aree per le quali sia stata riscontrata una possibile situazione di inquinamento tale da rendere necessari ulteriori accertamenti analitici e/o interventi di bonifica;
   a completare il piano generale delle bonifiche e ad assumere iniziative per stanziare il prima possibile i fondi necessari per la bonifica di tutto il Sin Brescia Caffaro;
   assumere iniziative per promuovere, in tempi brevi, la progettazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica, a tal fine riconsiderando l'opportunità della nomina di un nuovo commissario, prevedendo criteri di nomina di quest'ultimo che comportino una procedura di scelta il più possibile partecipata con la popolazione dell'area interessata dal SIN, segnatamente con associazioni, comitati o altri enti portatori di interessi alla qualità e tutela delle risorse naturali;
   ad assumere iniziative per rivedere i limiti delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) fissate dal decreto legislativo n. 152 del 2006 recante norme in materia ambientale relativamente al parametro PCB, considerando le più recenti evidenze di cancerogeneità degli stessi.
(7-00977) «Zolezzi, Alberti, Sorial, Cominardi, Basilio, De Rosa, Vignaroli».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

deposito dei rifiuti

sostanza tossica

rifiuti