ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/12956

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 901 del 20/12/2017
Firmatari
Primo firmatario: CHIARELLI GIANFRANCO GIOVANNI
Gruppo: MISTO-DIREZIONE ITALIA
Data firma: 19/12/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GALGANO ADRIANA MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA 19/12/2017


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 19/12/2017
Stato iter:
20/12/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RINUNCIA ILLUSTRAZIONE 20/12/2017
Resoconto GALGANO ADRIANA MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA
 
RISPOSTA GOVERNO 20/12/2017
Resoconto FERRI COSIMO MARIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
REPLICA 20/12/2017
Resoconto GALGANO ADRIANA MISTO-CIVICI E INNOVATORI-ENERGIE PER L'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 20/12/2017

SVOLTO IL 20/12/2017

CONCLUSO IL 20/12/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-12956
presentato da
CHIARELLI Gianfranco Giovanni
testo di
Mercoledì 20 dicembre 2017, seduta n. 901

   CHIARELLI e GALGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nell'indagine condotta dall'Istat in collaborazione con il Ministero della giustizia, si legge che negli ultimi 5 anni si registrano 774 casi di donne uccise, con una media di circa 150 all'anno;

   secondo le stime del 2016 in Italia sono più di 1.600 i figli rimasti orfani di madre a causa di un femminicidio. Questi ragazzi, sono delle vere e proprie «vittime secondarie», subiscono molteplici danni, legati al trauma per avere in alcuni casi assistito direttamente all'omicidio;

   purtroppo, non esiste ancora una legge specifica che li tuteli o li sostenga, anche economicamente, a differenza di altre categorie; il 3 ottobre 2007 a Palagonia, in provincia di Catania, Marianna Manduca (che aveva denunciato molteplici volte le minacce e le violenze subite) fu uccisa con sei coltellate al petto dal marito, Saverio Nolfo. L'uomo è attualmente in carcere dove sta scontando la condanna a 20 anni per l'omicidio commesso; è evidente che nonostante le molteplici denunce della vittima per le violenze subite da parte del coniuge, i pubblici ministeri non furono in grado di fermare i maltrattamenti;

   i tre bambini rimasti orfani sono stati affidati a Carmelo Cali, il cugino della madre assassinata, che ne è diventato tutore a tutti gli effetti. Sulla base della legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, costui aveva fatto ricorso alla Corte di cassazione, affinché agli stessi venissero riconosciuti i danni subiti a causa della negligenza dei giudici;

   il 13 giugno 2017 la corte d'appello di Messina ha emesso la sentenza che ha stabilito il dolo e la colpa grave dei magistrati che, nonostante le dodici denunce della donna, non fecero quanto era in loro potere per evitare il tragico epilogo. Il tribunale ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento di 300 mila euro di danni ai tre orfani;

   gli avvocati Alfredo Galasso e Licia D'Amico, legali dei figli di Marianna Manduca, hanno reso noto sulla stampa che Palazzo Chigi ha deciso di presentare istanza di ricorso alla sentenza della corte d'appello di Messina;

   un fenomeno sociale come l'omicidio di genere necessita di responsabilità da parte dello Stato –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rinunciare all'impugnazione della sentenza della corte d'appello di Messina, che non punisce la magistratura nel suo complesso, ma riconosce la responsabilità di singoli giudici.
(5-12956)
(Presentata il 19 dicembre 2017)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 20 dicembre 2017
nell'allegato al bollettino in Commissione II (Giustizia)
5-12956

  Con l'atto di sindacato ispettivo in discussione, gli Onorevoli interroganti, nel richiamare la tragica vicenda relativa all'omicidio di Marianna Manduca, chiedono se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rinunciare alla impugnazione della sentenza del Tribunale di Messina, che ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento del danno patrimoniale in favore dei familiari della vittima, affermando la responsabilità dei magistrati della Procura della Repubblica di Caltagirone.
  Occorre anzitutto rilevare, in via generale, che le azioni giudiziarie per responsabilità civile dei magistrati, ai sensi della legge n. 117 del 1988, sono proposte nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri e che il Ministero della giustizia, privo di legittimazione passiva, svolge solo una attività istruttoria, in raccordo con gli Uffici giudiziari, al fine di fornire all'Avvocatura dello Stato elementi utili per la difesa in giudizio della Presidenza del Consiglio.
  Nel caso specifico, dunque, per quanto di competenza del Ministero della giustizia, la Direzione generale degli Affari Giuridici e Legali ha provveduto a fornire alla Presidenza del Consiglio ed alla Avvocatura Distrettuale dello Stato di Messina le valutazioni richieste sulla base degli atti in possesso dell'ufficio.
  Con l'atto di impugnazione è stato contestato come il Tribunale, pur dando atto di tutte le iniziative intraprese e gli atti di indagine compiuti dalla Procura, abbia fondato la responsabilità dei magistrati sulla circostanza – non dedotta in ricorso – del mancato compimento di una perquisizione che, secondo una valutazione probabilistica, avrebbe condotto al rinvenimento del coltello denunciato dalla Manduca (l'accertata arma del delitto) e al suo conseguente sequestro.
  Dall'esame degli atti acquisiti presso la Procura della Repubblica di Caltagirone è invece emerso che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, era stato aperto un procedimento penale a seguito delle ultime due denunce del giugno 2007 ed erano stati compiuti atti di indagine tra i quali, in data 9 giugno 2007, proprio il sequestro del coltello indicato dalla Manduca.
  Il Tribunale di Messina, nell'affermare la responsabilità civile dei magistrati, non avrebbe inoltre specificato quali – ad eccezione del mancato sequestro del coltello – sarebbero stati gli atti di indagine omessi, che, ove posti in essere, avrebbero consentito di evitare il compimento dell'omicidio.
  Infine, con l'atto di appello è stata contestata l'omessa notifica del ricorso ai magistrati interessati, in violazione dell'articolo 6 della legge n. 17 del 1988, con conseguente pregiudizio del loro diritto di difesa.
  Dalle informazioni acquisite presso la Corte d'appello di Messina si è appreso che l'udienza di trattazione del giudizio di appello è fissata per il prossimo 21 dicembre.
  Così riassunti i motivi dell'impugnazione, nel merito di quanto richiesto dagli Onorevoli interroganti, la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di coltivare il giudizio di appello per sottoporre ad un ulteriore vaglio giurisdizionale la sentenza di primo grado.
  Ad ogni buon conto, in considerazione dei delicati interessi coinvolti, essendo la sentenza di prime cure provvisoriamente esecutiva, lo scorso 2 novembre ha provveduto all'accreditamento in favore del tutore dei minori, figli della vittima, delle somme loro spettanti, per un importo complessivo pari ad euro 376.637,15.
  Da ultimo, preme sottolineare come il tema della tutela delle cosiddette vittime secondarie sia oggetto di una proposta di legge recante «Modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici», già approvata alla Camera ed attualmente all'esame del Senato, che mira ad assicurare, in via generale e a prescindere dall'esito delle inchieste giudiziarie per crimini domestici, una risposta concreta ai bisogni dei figli delle vittime di femminicidio.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

procedura penale

delitto contro la persona

omicidio