ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/10698

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 750 del 28/02/2017
Firmatari
Primo firmatario: DI STEFANO MANLIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 28/02/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 28/02/2017
SCAGLIUSI EMANUELE MOVIMENTO 5 STELLE 28/02/2017
DI BATTISTA ALESSANDRO MOVIMENTO 5 STELLE 28/02/2017
GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE 28/02/2017
DEL GROSSO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 28/02/2017


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 28/02/2017
Stato iter:
06/04/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/04/2017
Resoconto DELLA VEDOVA BENEDETTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
 
REPLICA 06/04/2017
Resoconto DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 28/02/2017

DISCUSSIONE IL 06/04/2017

SVOLTO IL 06/04/2017

CONCLUSO IL 06/04/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-10698
presentato da
DI STEFANO Manlio
testo di
Martedì 28 febbraio 2017, seduta n. 750

   MANLIO DI STEFANO, SPADONI, SCAGLIUSI, DI BATTISTA, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale . — Per sapere – premesso che:
   è pendente il caso del figlio di una cittadina italiana dipendente a contratto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dal 1989 presso l'Istituto italiano di cultura in Algeri;
   dal 2014 la stessa è stata assegnata presso la sede estera del consolato generale d'Italia a Los Angeles e il figlio, maggiorenne, convivente, non auto-sufficiente, è esposto al rischio di un'imminente espulsione a causa di una recente normativa statunitense;
   la nota verbale dell’Office of Foreign Missions del dipartimento di Stato americano (DoS) del 7 dicembre 2016, infatti, prevede che, ai fini dell'ulteriore efficacia del visto A2, di cui sono in possesso la dipendente del Ministero e suo figlio, quest'ultimo debba essere notificato con passaporto di servizio al DoS decorsi 60 giorni dalla sua data di adozione, quindi dal 5 febbraio 2017;
   secondo la nuova normativa, il figlio non rientra più, per limiti d'età, nella nozione di «familiari stretti». L'unica possibilità per restare congiunto alla propria famiglia è, quindi, l'inclusione nella categoria di «altre persone», che richiede il riconoscimento da parte del Governo d'invio della condizione di familiare a carico e convivente dello straniero detentore principale del visto, mediante l'ammissione a diritti e benefici come il rilascio di un passaporto diplomatico o di servizio;
   con domanda congiunta del 12 gennaio 2017, gli interessati hanno, pertanto, chiesto il rilascio dei passaporti di servizio, ricevendo il parere favorevole del consolato generale d'Italia di Los Angeles e il benestare dell'ambasciata d'Italia a Washington;
   tuttavia, il 30 gennaio 2017 la domanda veniva rigettata dalla direzione generale per le risorse e l'innovazione – ufficio VII del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e ciò risulterebbe, a quanto consta all'interrogante, senza previa comunicazione agli interessati dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza;
   risulta, peraltro, secondo gli interroganti molto grave l'aver omesso, da parte del citato ufficio VII, di sottoporre la questione al consiglio di amministrazione del Ministero per l'ottenimento del parere preliminare, tenuto conto delle condizioni oggettive e soggettive suesposte e del legittimo affidamento che, in ragione della pregressa attività ministeriale, madre e figlio avevano maturato circa la preservazione dell'unità del nucleo familiare in territorio statunitense, almeno fino al termine dell'incarico ministeriale, motivi per i quali il Ministero aveva accordato appunto il trasferimento, garantendo anche per il futuro l'unità del nucleo familiare presso la nuova sede di Los Angeles;
   con il diniego dei passaporti di servizio il nucleo familiare è, invece, esposto all'imminente espulsione del figlio che implicherebbe le dimissioni della dipendente ministeriale (nonostante si tratti dell'unica fonte di reddito familiare), in quanto, per la condizione di non auto-sufficienza, la madre, non potrebbe che seguire il figlio –:
   se sia a conoscenza della situazione indicata in premessa, che presenta ad avviso degli interroganti caratteri di rilievo «umanitario», e quali controlli e/o iniziative abbia adottato per evitare questa espulsione al fine di garantire l'unitarietà del nucleo familiare in territorio statunitense;
   quali iniziative intenda adottare, tenuto conto della particolare restrittività della normativa statunitense sopravvenuta e delle prevedibili ulteriori limitazioni che, con il nuovo Governo, il dipartimento di Stato americano potrebbe adottare;
   se siano state adottate o se si intendano adottare iniziative per accertare eventuali responsabilità, sul piano amministrativo e disciplinare, degli uffici del Ministero per aver rifiutato il rilascio dei passaporti di servizio, trattandosi dell'unica soluzione atta a evitare l'espulsione;
   se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, al fine di avviare e procedure di rilascio dei passaporti di servizio. (5-10698)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 6 aprile 2017
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-10698

  La dipendente in questione è stata assunta nel 1989 dall'Istituto Italiano di Cultura di Algeri e nel 2014 trasferita al Consolato Generale di Los Angeles in via del tutto eccezionale. La sua richiesta di ricollocazione era infatti motivata da una grave situazione di disagio del figlio, causata dalle difficoltà a relazionarsi nella complessa situazione algerina, con gravi ripercussioni sulle sue condizioni psicologiche. L'Amministrazione è venuta incontro alle esigenze della dipendente, nonostante gli impiegati a contratto siano assunti dalle Sedi all'estero per il loro radicamento nella realtà locale.
  Fino ad oggi la signora e suo figlio hanno potuto soggiornare nel territorio degli Stati Uniti grazie al visto A2. Di recente, alcuni cambiamenti intervenuti nella normativa americana in materia di immigrazione hanno determinato alcune modifiche nelle disposizioni relative al rinnovo di questo tipo di visto. Ai fini del rilascio del visto, la normativa previgente includeva nel concetto di nucleo familiare del titolare principale tutti i figli non sposati, indipendentemente dalla loro età. Le modifiche recentemente introdotte includono invece in tale categoria solo i figli non sposati minori di 21 anni e i figli fino a 23 anni che frequentano a tempo pieno un istituto di istruzione superiore. I figli maggiorenni che non possiedono tali requisiti possono mantenere il visto a condizione che si dimostri che sono conviventi e a carico, secondo i criteri indicati dal Dipartimento di Stato.
  Di conseguenza, l'Amministrazione si è subito attivata per trovare soluzioni a tutela del nucleo familiare della dipendente. Dalle verifiche esperite dall'Ambasciata a Washington, è emerso che esiste un ventaglio di opzioni possibili.
  La soluzione più semplice è la conversione della tipologia di visto in visto per studio o per lavoro, qualora il familiare interessato possa rientrare in questa tipologia di richiedenti. Questo tuttavia non sembra essere il caso del figlio della dipendente, stando a quanto dalla stessa riferito. Laddove ci siano comprovate ragioni di salute, è possibile – come già avvenuto in casi precedenti – prolungare la situazione di familiare a carico mediante l'estensione della copertura sanitaria a favore del figlio. A tale scopo, il Ministero della Salute italiano richiede che le «comprovate ragioni di salute» vengano certificate dalle competenti autorità sanitarie italiane.
  In alternativa, è possibile, sempre secondo le nuove norme USA, dimostrare la condizione di familiare a carico attraverso la semplice iscrizione all'associazione di solidarietà e previdenza dei dipendenti del MAECI. Tale soluzione ha già avuto esito positivo nel caso di un'altra impiegata.
  Nessuna comunicazione ufficiale del Dipartimento di Stato americano individua nel possesso del passaporto di servizio l'unico mezzo idoneo a consentire la permanenza negli USA dei familiari dei dipendenti titolari di visto A2. Né è possibile, alla luce della normativa italiana vigente, rilasciare il passaporto di servizio a favore dell'impiegata a contratto del Consolato Generale a Los Angeles e di suo figlio.
  La materia relativa al rilascio dei passaporti diplomatici e di servizio è regolata dal decreto ministeriale 359-bis del 27 luglio 2016 in base al quale il passaporto di servizio, previo parere favorevole del Consiglio di amministrazione, può essere rilasciato agli impiegati a contratto di cittadinanza italiana «in servizio in Paesi nei quali le condizioni di sicurezza risultino precarie e il passaporto di servizio sia uno strumento necessario per svolgere le mansioni assegnate». Tali condizioni non ricorrono nel caso dell'impiegata a contratto del Consolato Generale d'Italia a Los Angeles, che presta servizio in un Paese non caratterizzato da condizioni di sicurezza precarie e che già svolge regolarmente le proprie mansioni pur non essendo titolare di passaporto di servizio.
  Non potendo, ai sensi della normativa vigente, rilasciare il passaporto di servizio all'impiegata a contratto, non è possibile di conseguenza concederlo al figlio convivente, dal momento che la norma presuppone la titolarità del passaporto di servizio da parte del genitore per estenderla al figlio.
  Alla dipendente sono state illustrate tanto le ragioni che hanno indotto a negare il rilascio del passaporto di servizio, quanto le possibili soluzioni alternative sopra illustrate che permetterebbero il prolungamento del visto A2 in possesso del figlio. Tuttavia, l'interessata ha finora insistito sulla richiesta di rilascio del passaporto di servizio, presentando a tal fine un ricorso al TAR, le cui motivazioni si fondano sulle condizioni di salute del figlio.
  Non appena la dipendente comunicherà quale opzione, compatibile sia con le norme statunitensi sia con quelle italiane, intenderà percorrere, potrà contare sul pieno appoggio dell'Amministrazione per raggiungere in tempi brevi una soluzione che permetta di tutelare l'integrità del nucleo familiare della signora e il benessere psicofisico del figlio.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

espulsione

automobile

consolato