ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08422

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 609 del 19/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: DI VITA GIULIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
COLONNESE VEGA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 19/04/2016


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19/04/2016
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 19/04/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 09/05/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 19/04/2016

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 09/05/2016

SOLLECITO IL 26/09/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08422
presentato da
DI VITA Giulia
testo di
Martedì 19 aprile 2016, seduta n. 609

   DI VITA, SPADONI, GRILLO, LOREFICE, BARONI, COLONNESE, SILVIA GIORDANO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'indennizzo delle vittime di reato, mira a facilitare l'accesso ad un indennizzo per i cittadini dell'Unione che, vittime di un reato intenzionale e violento in uno Stato membro diverso da quello di residenza, non siano riusciti ad ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi non possiede le risorse necessarie oppure non può essere identificato o perseguito. La richiesta d'indennizzo può essere presentata dalla vittima alle autorità del proprio Stato di residenza, le quali procedono a trasmetterla alle competenti autorità dello Stato in cui il reato è stato commesso, che a sua volta provvede all'erogazione dell'indennizzo;
   la direttiva citata prevede dei sistemi di indennizzo interni di ciascuno Stato membro, come del resto appare chiaramente alla lettura dell'unico articolo (il 12) di cui è composto il secondo capo della direttiva stessa, intitolato appunto «sistemi di indennizzo nazionali»;
   il primo paragrafo di tale articolo prevede che «[l]e disposizioni della [...] direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori». Viene perciò confermato che il sistema di cooperazione stabilito dalla direttiva deve andare ad innestarsi sui singoli e differenti sistemi nazionali di indennizzo, così come regolati da ciascuna legislazione interna, senza alcuna armonizzazione degli stessi;
   è tuttavia evidente che un'eccessiva disomogeneità di tali meccanismi nazionali rischierebbe di compromettere gravemente l'efficacia del sistema di cooperazione basato su di essi, soprattutto in considerazione del fatto che alcuni ordinamenti nazionali non prevedono alcuna normativa in materia di indennizzo delle vittime di reato;
   il secondo paragrafo dell'articolo 12 stabilisce dunque che «[t]utti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime»;
   in altri termini la direttiva impone agli Stati l'adozione di un sistema d'indennizzo nazionale, pena la completa inoperabilità dei meccanismi di cooperazione che su tale sistema avrebbe dovuto fondarsi. Ed a riprova della necessità di creare — laddove già non esistenti — siffatti sistemi di indennizzo, la direttiva ha altresì fissato un termine per la trasposizione delle disposizioni di cui all'articolo 12, paragrafo 2 (1o luglio 2005) anticipato rispetto a quello previsto per le altre disposizioni della stessa (1o gennaio 2006);
   nel novembre 2007, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha accertato la mancata adozione, da parte dello Stato italiano, di qualsivoglia misura di attuazione della direttiva entro i termini dalla stessa previsti (sentenza 29 novembre 2007, causa C-112/07, Commissione c. Italia);
   tutt'oggi, a distanza di diversi anni da quella prima sentenza, l'inadempimento dell'Italia ai propri obblighi ai sensi della suddetta direttiva continua ad essere oggetto di controversie dinnanzi alla Corte di giustizia e ai tribunali nazionali;
   da una parte, infatti, la tardiva adozione del decreto legislativo n. 204 dei 6 novembre 2007 ha rappresentato una trasposizione solamente parziale della direttiva 2004/80/CE, inducendo la Commissione europea ad adire nuovamente la Corte di giustizia europea (si veda la causa C-601/14), nel dicembre 2014, al fine di ottenere una seconda pronuncia di accertamento della violazione da parte dello Stato italiano. D'altra parte, i tribunali nazionali continuano ad adottare soluzioni divergenti circa la possibilità per le vittime di reati di intentare azioni di risarcimento nei confronti del Governo italiano in ragione dalla non completa trasposizione della direttiva 2004/80;
   la Repubblica italiana, come detto, ha provveduto a trasporre la direttiva 2004/80 in maniera tardiva e parziale. Allo scadere del termine per la trasposizione, fissato dalla direttiva (con il limite di cui sopra in relazione all'articolo 12, paragrafo 2) al 1o gennaio 2006, il legislatore italiano non aveva infatti ancora adottato alcuna misura in tal senso. La Commissione europea ebbe dunque gioco facile ad ottenere una prima decisione della Corte di giustizia europea che constatasse l'inadempimento della Repubblica italiana (si veda la citata sentenza del 29 novembre 2007, nella causa C-112/07), all'esito di una procedura d'infrazione nel corso della qual lo stesso Governo italiano aveva ammesso la mancanza di qualsivoglia trasposizione;
   su impulso di tale procedura d'infrazione, l'Italia ha parzialmente adempiuto ai propri obblighi mediante l'adozione del citato decreto legislativo n. 204 del 2007. Il decreto legislativo traspone infatti in maniera corretta la direttiva nella parte concernente l'istituzione del sistema di cooperazione per l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, individuando le competenti autorità di assistenza e di decisione, creando un punto centrale di contatto presso il Ministero della giustizia e disciplinando il regime linguistico applicabile. Tuttavia, né il decreto legislativo, né alcuna norma di legge precedente o successiva, istituiscono un comprensivo sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati. Alcune risalenti leggi, che trovano applicazione anche in ipotesi transnazionali e sono a tal fine richiamate dal decreto legislativo, prevedono in effetti l'indennizzo delle vittime di alcuni specifici reati (quali quelli di stampo mafioso o terroristico), ma trattasi soltanto di una piccola frazione dei «reati intenzionali violenti» rispetto ai quali i meccanismi di indennizzo e di cooperazione previsti dalla direttiva 2004/80 dovrebbero operare;
   in sostanza, se da una parte lo Stato italiano ha approntato un meccanismo di cooperazione che permette ai cittadini dell'Unione europea residenti in uno Stato membro diverso dall'Italia di accedere al sistema nazionale d'indennizzo, dall'altra, ha omesso di rendere applicabile tale sistema al di fuori di alcune isolate fattispecie di reato. L'esperienza italiana rappresenta dunque una dimostrazione di come il meccanismo di cooperazione instaurato dalla direttiva sia pressoché, se non completamente, inutile a giudizio degli interroganti in mancanza di una per quanto minima armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia, volta in particolare a garantire per lo meno l'effettiva adozione di un sistema d'indennizzo in ciascuno Stato membro;
   per tali motivi la Commissione europea è infatti tornata a interessarsi della questione, avviando una nuova procedura d'infrazione nei confronti dello Stato italiano e chiedendo l'estensione del sistema nazionale d'indennizzo a qualunque fattispecie di reato qualificabile, ai sensi dell'ordinamento interno, come intenzionale e violento. Non essendosi l'Italia uniformata a parere motivato della Commissione, il 22 dicembre 2014, quest'ultima ha provveduto a depositare un ricorso presso la Corte di giustizia europea la citata causa C 601/14, Commissione c. Italia) al fine di ottenere — come accennato — una seconda censura del nostro Stato, seppur in merito, in questo caso, alla non corretta trasposizione non dell'intera direttiva, bensì del solo articolo 12, paragrafo 2;
   nelle more della completa trasposizione della direttiva 2004/80/CE alcune vittime di reati commessi in Italia hanno agito in giudizio contro lo Stato al fine di vederlo condannare al risarcimento del danno arrecato loro a causa dell'inadempienza agli obblighi comunitari, e in particolare della mancata istituzione di un efficace sistema d'indennizzo;
   a tal proposito è tristemente nota alle cronache la vicenda di Chiara Insidioso Monda, una ragazza che massacrata di botte a Roma dal fidanzato, Maurizio Falcioni, e uscita dal coma dopo molti mesi e che oggi versa in uno stato di minima coscienza, ridotta su una sedia a rotelle, e bisognosa di continue cure e assistenza. Secondo i parenti della vittima, promotori di una petizione in merito sulla piattaforma change.org, è una vergogna che l'Italia sia l'unico Paese in Europa a non aver ancora recepito integralmente la citata direttiva;
   limitare l'applicazione dell'articolo 12 della suddetta direttiva alle situazioni transfrontaliere porterebbe a risultati del tutto inaccettabili, in quanto permetterebbe a ciascuno Stato membro di limitarsi a garantire un indennizzo ai cittadini dell'Unione europea residenti all'estero, disinteressandosi della protezione dei cittadini residenti sul proprio territorio;
   senza dubbio, una tale interpretazione limiterebbe radicalmente il numero dei casi in cui l'indennizzo è dovuto, minimizzando l'impatto della direttiva sulle casse dello Stato. Tuttavia, ciò rappresenterebbe altresì per gli interroganti un caso di discriminazione sostanziale a danno dei cittadini dell'Unione residenti in Italia, in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
   una simile discriminazione è inoltre vietata, con specifico riferimento ai cittadini italiani residenti in Italia, dall'articolo 53 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, ai sensi del quale «[n]ei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento garantiti nell'ordinamento italiano ai cittadini dell'Unione europea» –:
   se e quali iniziative urgenti di carattere normative il Governo intenda intraprendere al fine di dare completa attuazione alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004 e per istituire il fondo a garanzie delle italiane vittime di violenza, evitando così il rischio di incorrere in ulteriori condanne da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito. (5-08422)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

residenza

indennizzo

Corte di giustizia CE