ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08097

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 588 del 11/03/2016
Firmatari
Primo firmatario: COLONNESE VEGA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 11/03/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016
DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 11/03/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELLA SALUTE 11/03/2016
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 25/03/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 14/03/2016

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 25/03/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08097
presentato da
COLONNESE Vega
testo presentato
Venerdì 11 marzo 2016
modificato
Lunedì 14 marzo 2016, seduta n. 589

   COLONNESE, GRILLO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, BARONI, LOREFICE e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   l'interruzione volontaria di gravidanza (ivg), è la scelta di non portare a termine la gravidanza. Con la legge n. 194 del 1978 l'interruzione volontaria di gravidanza viene riconosciuta come una pratica legale, consentita entro 90 giorni dall'ultima mestruazione, mentre tra il quarto e il quinto mese è permessa solo in caso di gravi malformazioni e pericolo di vita per la donna. Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell'aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell'ambito delle politiche di tutela della salute delle donne;
   secondo la risposta del Ministro all'interrogazione n. 5-06471 del 24 settembre 2015 presentata dalla prima firmataria del presente atto; con riferimento ai dati riportati nella relazione sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, trasmessa al Parlamento il 28 ottobre 2015, contenente i dati preliminari del 2014 e quelli definitivi del 2013, non emergerebbero criticità nell'applicazione della legge n. 194 del 1978: i tempi di attesa delle donne continuerebbero a diminuire, e il 90,8 per cento delle IVG verrebbe effettuata nella regione di residenza, di cui l'87,1 per cento nella provincia di residenza;
   la reale applicazione della legge n. 194 incontra invece ancora oggi numerosi ostacoli e per molte donne, soprattutto al Sud, oltre alle ovvie conseguenze emotive e psicologiche di tale scelta, si sovrappongono problemi dovuti ai disservizi sanitari in materia: ultimo l'episodio della giovane donna diciannovenne morta nel gennaio 2016 per un'interruzione di gravidanza programmata al Cardarelli di Napoli e sul quale il Ministro interrogato ha inviato una task-force;
   a distanza di trent'anni, la legge n. 194, che dovrebbe disciplinare l'interruzione volontaria di gravidanza soprattutto al Sud continua a registrare un percorso accidentato. La criticità si ripercuote non solo sugli operatori ma in maniera pesante sulle donne, costrette talvolta anche a migrazioni intra-regionali perché, spesso, in alcuni centri e in alcuni periodi dell'anno non riescono a ottenere quanto previsto per legge: i centri ivg, oltre a essere a corto di organico, non sempre riescono a garantire un buon accesso alle prenotazioni e inoltre spesso le donne subiscono un trattamento mortificante, con estenuanti e lunghe attese che iniziano all'alba per assicurarsi il primo accesso al centro, non avendo così riconosciuto il proprio diritto alla privacy;
   i dati relativi all'obiezione di coscienza non sono inseriti nei modelli D12 Istat (che si riferiscono alle donne che effettuano le IVG), ma vengono richiesti annualmente dal sistema di sorveglianza alle regioni. La richiesta si riferisce a tutto il personale operante negli istituti di cura con reparto di ostetricia e ginecologia o solo ginecologia, anche se le Regioni non sempre forniscono il dato in questa forma. Nel 2013 si evincono valori elevati di obiezione di coscienza a livello nazionale, specie tra i ginecologi: 70 per cento cioè più di due su tre. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi sono presenti in 8 regioni, principalmente al sud: 93,3 per cento in Molise, 92,9 per cento nella provincia autonoma di Bolzano, 90,2 per cento in Basilicata, 87,6 per cento in Sicilia, 86,1 per cento in Puglia, 81,8 per cento in Campania, 80,7 per cento nel Lazio e in Abruzzo. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud (con un massimo di 79,2 per cento in Sicilia, 77,2 per cento in Calabria, 76,7 per cento in Molise e 71,6 per cento nel Lazio). Per il personale non medico i valori sono più bassi e presentano una maggiore variabilità, con un massimo di 89,9 per cento in Molise e 85,2 per cento in Sicilia. In Campania l'81,8 per cento (unico dato del 2012 della relazione sopra menzionata) dei ginecologi è obiettore di coscienza;
   secondo organi di stampa ci sarebbe il rischio concreto che l'Asl Napoli 1 resti senza alcun centro a cui rivolgersi per avere un aborto nel pieno rispetto della legge e delle norme sanitarie: il primario anestesista dell'ospedale San Paolo, l'unica struttura dell'Asl Napoli 1 dove si praticano aborti, ha comunicato che non potrà garantire la presenza degli anestesisti. Il centro che ha sei posti letto e che, per oltre un ventennio, è stato l'unico punto di riferimento di tutta l'asl Napoli sarebbe quindi a rischio di chiusura. Nel presidio di via Terracina in chirurgia non si opera da novembre 2015: tutto fermo perché mancano gli anestesisti. I sindacati denunciano una struttura in dismissione nonostante serva un'area cittadina molto vasta e aprendo la strada a un ulteriore aumento di interventi clandestini dove si mette a rischio la salute e la vita delle donne che scelgono di interrompere la gravidanza;
   nel decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016 approvato dal Consiglio dei ministri, cosiddetto decreto delle depenalizzazioni, sono previste disposizioni anche per l'aborto clandestino; chi ricorre a questa pratica verrà punito con una sanzione amministrativa compresa tra i 5 mila e i 10 mila euro, mentre il reato per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza viene cancellato;
   in precedenza, secondo quanto stabilito dall'articolo 19 della legge n. 194, la multa nei confronti delle donne che praticavano l'interruzione di gravidanza in clandestinità era stata fissata a 51 euro. Una cifra simbolica che aveva lo scopo di consentire al sesso femminile di andare in ospedale in caso di complicanze e di denunciare coloro che praticavano gli aborti fuori dalle strutture pubbliche;
   la conseguenza pratica di questa «depenalizzazione» sarà che le donne non andranno più a curarsi, rinunciando alla propria salute, né a denunciare chi compie atti illeciti, violando la legge;
   anziché contrastare l'aborto clandestino, il Governo a giudizio degli interroganti, con le sanzioni salatissime previste per le donne che ricorrono all'illegalità o alla clandestinità e questo perché spesso non hanno altra scelta, di fatto trasforma queste da vittime in autrici di illeciti;
   da quanto esposto si evinca un quadro normativo per cui l'obiezione di coscienza è un diritto consolidato, mentre non lo è l'aborto, in quanto le sanzioni previste dalla legge sulle depenalizzazioni anziché affrontare il problema, puniscono in maniera ancora più aspra quelle donne che si trovano ad affrontare una delle difficoltà più grandi della loro vita –:
   quali iniziative intenda attuare per garantire l'esercizio del diritto alla interruzione volontaria di gravidanza in generale, oltre che nel caso citato dell'Ospedale San Paolo di Napoli, anche in virtù del fatto che le interruzioni volontarie di gravidanza rientrano nei livelli essenziali di assistenza e non possono, come pure è successo, venire sospese;
   come intenda intervenire il Ministro della salute, per quanto di competenza, onde superare i disservizi sanitari che ostacolano la corretta applicazione della legge e quali iniziative di competenza intenda assumere, per il tramite del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania, per evitare la chiusura del centro in cui si opera l'interruzione volontaria di gravidanza presso l'ospedale San Paolo di Napoli, così garantendo i livelli essenziali di assistenza;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere al ribasso l'importo delle sanzioni previste nel decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016 che riguardano anche le donne che ricorrono giocoforza all'aborto clandestino, onde permettere loro di poter più agevolmente denunciare chi pratica tali aborti, nel malaugurato caso in cui, presentandosi complicanze in gravidanza, esse necessitino di cure presso presidi sanitari pubblici nei quali devono riferire del loro ricorso a tale pratica clandestina;
   quali siano le conclusioni a cui è giunta la task-force istituita dal Ministro ed inviata nell'ospedale Cardarelli di Napoli dove si è verificato il decesso di Gabriella Cipolletta in seguito all'intervento di interruzione volontaria di gravidanza il 12 gennaio 2016. (5-08097)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

aborto

politica sanitaria

aborto illegale