ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/04036

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 331 del 13/11/2014
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/06830
Firmatari
Primo firmatario: ROMANO FRANCESCO SAVERIO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 13/11/2014


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 13/11/2014
Stato iter:
27/11/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 27/11/2014
Resoconto COSTA ENRICO VICE MINISTRO - (GIUSTIZIA)
 
REPLICA 27/11/2014
Resoconto ROMANO FRANCESCO SAVERIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 13/11/2014

DISCUSSIONE IL 27/11/2014

SVOLTO IL 27/11/2014

CONCLUSO IL 27/11/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-04036
presentato da
ROMANO Francesco Saverio
testo di
Giovedì 13 novembre 2014, seduta n. 331

   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117 ha introdotto misure relative alla situazione carceraria. In particolare, sono stati previsti rimedi di tipo risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a condizioni di detenzione inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU);
   con la sentenza-pilota Torreggiani del gennaio 2013, la CEDU ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'articolo 3 della Convenzione a causa della cronica situazione di sovraffollamento delle carceri, in cui i ricorrenti si sono trovati. La Corte ha quindi ordinato alle autorità italiane di predisporre, nel termine di un anno, le misure preventive e compensative necessarie e quelle in grado di garantire una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia;
   in particolare, l'articolo 1 del decreto-legge inserisce nell'ordinamento penitenziario l'articolo 35-ter attraverso il quale si attivano a favore di detenuti rimedi risarcitori per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione EDU. Alle competenze del magistrato di sorveglianza si aggiunge la possibilità di adottare provvedimenti di natura risarcitoria e si stabilisce che – quando l'attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti del detenuto consista in condizioni di detenzione inumane e degradanti – il magistrato di sorveglianza, su istanza del detenuto (o del difensore munito di procura speciale), deve «compensare» il detenuto con l'abbuono di un giorno di pena residua per ogni 10 giorni durante i quali vi è stata la violazione;
   il magistrato di sorveglianza liquida il richiedente con una somma di 8 euro per ogni giorno trascorso in carcere in «condizioni inumane e degradanti» quando il residuo di pena da espiare non permette l'attuazione integrale della citata detrazione percentuale o qualora il periodo detentivo trascorso in violazione dell'articolo 3 CEDU sia stato inferiore a 15 giorni. Analogo risarcimento è previsto in favore di chi abbia subito detto pregiudizio in regime di custodia cautelare non computabile nella determinazione della pena ovvero abbia ormai espiato la pena della detenzione;
   l'azione relativa va proposta entro 6 mesi dalla cessazione della custodia o della detenzione, davanti al tribunale del distretto di residenza, che decide in composizione monocratica in camera di consiglio con decreto non reclamabile;
   il provvedimento detta delle disposizioni transitorie riguardanti coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano già espiato la pena detentiva o che non si trovino più in custodia cautelare in carcere. In tali casi, entro sei mesi da tale data, va proposta l'azione per il risarcimento davanti al tribunale del distretto di residenza. I detenuti che abbiano già avanzato ricorso alla Corte europea per violazione dell'articolo 3 CEDU, entro sei mesi a far data dal 28 giugno 2014, se non è intervenuta decisione sulla ricevibilità del ricorso, possono fare domanda di risarcimento ai sensi del nuovo articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario;
   con tale provvedimento il Governo italiano ha ottenuto dal Consiglio dei ministri europeo un rinvio di una sentenza definitiva, anche se, visti i deludenti risultati di questi primi mesi di applicazione della norma, una condanna – con annesse salatissime multe – pare solamente ritardata;
   la scelta compiuta dal Governo di stabilire la somma risarcitoria in 8 euro per giorno, oltre ad apparire più volta a non gravare eccessivamente sulle finanze dello Stato, è apparsa fin da subito assai discutibile, in quanto non viene prevista alcuna possibilità di graduare il risarcimento in ragione della gravità del pregiudizio eventualmente accertato. Ciò potrebbe esporre la norma stessa a problemi sia di compatibilità costituzionale, sia di rispetto dei vincoli comunitari sotto il profilo dell'effettività della tutela;
   occorre evidenziare come oggi la Magistratura di sorveglianza risulti inadeguata persino a rispondere alle istanze di ordinaria amministrazione avanzate dalla popolazione detenuta e che questo provvedimento, seppur mosso da buone intenzioni, rischia di paralizzarne definitivamente l'attività. I tempi delle decisioni si preannunciano pertanto lunghissimi, ben lontani dall'esigenza di provvedere con immediatezza a risolvere una situazione di imminente problematicità;
   secondo quanto a conoscenza dell'interrogante si evidenzia una difformità nell'applicazione della nuova normativa da parte della magistratura di sorveglianza. In particolare, vengono segnalati molteplici casi di rigetto delle istanze, per una ritenuta inammissibilità, sia con riferimento a detenzioni pregresse, sia a quelle che si protraggono in diversi istituti, motivate da un'interpretazione della norma che, di fatto, limiterebbe la competenza del magistrato di sorveglianza nell'applicazione del rimedio risarcitorio voluto dal legislatore, «in quanto la lesione accertata, per fondare una pronuncia di addebito a carico dell'amministrazione penitenziaria suscettibile di risarcimento, deve consistere in un pregiudizio «attuale e grave» della posizione soggettiva del soggetto detenuto o internato»;
   tale interpretazione rischia di inficiare l'intera ratio della norma lasciando il detenuto privo di qualsiasi tutela effettiva e, contestualmente, non consentirebbe di ottemperare a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;
   parallelamente, la magistratura di sorveglianza lamenta la complessità dell'istruttoria per ogni singolo caso: dalla raccolta dei dati relativi alla metratura della cella per ogni periodo di detenzione, al numero effettivo dei detenuti presenti nella cella stessa, dalle condizioni igieniche alle attività di lavoro svolte. Tali difficoltà risultano ancora maggiori nei casi in cui sia necessario ricostruire le condizioni di precedenti carcerazioni –:
   quali iniziative di carattere normativo intenda intraprendere il Governo al fine di chiarire in modo univoco le competenze della magistratura di sorveglianza in merito all'applicazione del nuovo articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario sia per la detenzione in essere al momento della presentazione dell'istanza, sia per i periodi di detenzione pregressi;
   quali iniziative il Ministero intenda adottare, in stretta coordinazione con il, dipartimento amministrazione penitenziaria, al fine di dare la massima informazione sulle nuove possibilità offerte dalla nuova normativa fra la popolazione detenuta al fine di facilitare la presentazione delle domande;
   quali iniziative si intendano mettere in essere, per quanto di competenza, per potenziare gli uffici della magistratura di sorveglianza onde evitarne la definitiva paralisi dell'attività. (5-04036)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 27 novembre 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione II (Giustizia)
5-04036

  Mediante l'interrogazione in oggetto, l'onorevole Francesco Saverio Romano ha evidenziato criticità rilevate nella applicazione del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117, con specifico riferimento alla concessione dei rimedi di tipo compensativo e risarcitorio riconosciuti in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a condizioni di detenzione inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).
  Il predetto provvedimento normativo è stato adottato secondo le prescrizioni della sentenza-pilota Torreggiani del gennaio 2013 ed è finalizzato, in coordinamento con la previsione della procedura giurisdizionalizzata per il reclamo (articolo 35-bis) introdotta con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 10, a predisporre un sistema di misure preventive e compensative in grado di evitare il perpetuarsi di condizioni di violazione della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia e di garantire una riparazione per coloro che abbiano già subito tali condizioni.
  Nella delineata prospettiva, l'articolo 1 del decreto-legge n. 92 del 2014, in particolare, ha inserito nell'ordinamento penitenziario l'articolo 35-ter attraverso il quale sono previsti rimedi risarcitori in favore di detenuti, per la cui adozione è competente il Magistrato di Sorveglianza. Il nuovo strumento di tutela prevede che il Giudice, su istanza dell'interessato o del difensore munito di procura speciale, debba «compensare» – con detrazione di pena espianda – la persona ristretta quando le sue condizioni di detenzione siano definibili inumane e degradanti secondo i parametri della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, costituendo così grave pregiudizio all'esercizio dei suoi diritti.
  La tutela delle condizioni carcerarie in senso convenzionalmente orientato ha costituito uno degli obiettivi primari dell'azione di Governo e la tempestiva adozione del predetto provvedimento normativo – nel più ampio quadro dei rimedi adottati in ottemperanza alla sentenza Torreggiani – ha determinato l'apprezzamento del Consiglio d'Europa per la rispondenza a quanto richiesto nella sentenza, pur riservandosi di valutare in un secondo momento – maggio 2015 – gli effetti concreti della misure adottate. La Corte ha conseguentemente ritenuto che l'Italia possieda ormai un sistema di diritto interno in grado di porre rimedio – preventivamente o, se del caso, compensativamente – alle situazioni di questo tipo che possano presentarsi e ha, pertanto, rinviato al nostro giudice nazionale tutti i casi giacenti a Strasburgo.
  Nel rigettare i ricorsi, la C.E.D.U. ha, pertanto, ritenuto come il nuovo articolato dei ricorsi interni sia adeguato alla riparazione della violazione di cui all'articolo 3 della Convenzione, con onere per gli interessati di esperire i rimedi previsti dal decreto-legge n. 92 del 2014, approvato con la legge n. 117 del 2014.
  Il prevedibile impatto che la concreta applicazione delle nuove misure di adeguamento avrebbe avuto sulla organizzazione ed efficienza dei competenti Tribunali di Sorveglianza è stato oggetto di preventiva e puntuale valutazione da parte delle articolazioni del Ministero della Giustizia.
  Dalle informazioni richieste alle competenti articolazioni ministeriali consta come – sin dal novembre 2013 – sia stato predisposto un complesso piano organizzativo, che ha portato all'adozione di provvedimenti, quali l'aumento di 5 unità della pianta organica dei magistrati di sorveglianza, al fine di adeguare la dotazione alla mutata competenza degli uffici più direttamente coinvolti dalla riforma.
  Ulteriori misure hanno inciso sul potenziamento degli Uffici in relazione al personale amministrativo, per il quale si è limitata la possibilità di applicazione endo-distrettuale e si è proceduto alla pubblicazione di un interpello straordinario a copertura delle vacanze; a quello giudiziario, di cui si è disciplinato il turn over presso gli uffici calibrandone la presa di possesso in entrata ed in uscita; all'incremento delle dotazioni materiali e strumentali.
  Al fine di procedere ad ulteriore adeguamento degli organici della magistratura di sorveglianza, direttamente correlato alle necessità di allineamento in materia di misure alternative segnalato nella sentenza Torreggiani, il Ministro ha disposto di procedere ad un approfondimento dei carichi di lavoro degli uffici per verificare la possibilità di variazione della dotazione organica dei magistrati di sorveglianza.
  Si sono poi affiancate iniziative legislative specificatamente orientate al potenziamento degli uffici.
  L'articolo 73 del decreto-legge del 21 giugno 2013 n. 69 – convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98 – ha previsto lo svolgimento di stages di formazione teorico pratica da parte di giovani laureati in giurisprudenza, per la durata di 18 mesi, anche presso i Tribunali e gli uffici di Sorveglianza; iniziativa che ha avuto positive ricadute sulla funzionalità dei predetti uffici in virtù degli strumenti di incentivazioni introdotti con la novella di cui al decreto-legge n. 90 del 2014 – convertito nella legge n. 114 del 2014, entrata in vigore in data 19 agosto 2014 – che ha previsto l'attribuzione di una borsa di studio agli stagisti.
  Nella stessa direzione di potenziamento degli uffici muove anche l'articolo 5-bis del decreto-legge n. 92 del 2014 che, in sede di conversione, ha previsto – in espressa deroga all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 160 del 2006 – che ai magistrati ordinari nominati con decreto ministeriale 20 febbraio 2014 possano essere conferite le funzioni di magistrato di sorveglianza anche antecedentemente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.
  La particolare attenzione riservata dal Ministro della giustizia alla formazione della Magistratura di Sorveglianza in seguito alla introduzione dei nuovi procedimenti si è espressa anche attraverso la indicazione alla Scuola Superiore della Magistratura – nell'ambito della elaborazione delle linee programmatiche di competenza del Ministro – di prioritari approfondimenti relativi alla applicazione dei nuovi procedimenti introdotti dal decreto-legge 26 luglio 2014, n. 2. Un primo momento formativo, seminariale e residenziale, è previsto dalla Scuola per il prossimo gennaio 2015.
  L'attenzione alla complessa attività della Magistratura di Sorveglianza ha altresì condotto alla apertura, in data 17 novembre 2014, di un tavolo tecnico di valutazione delle ricadute della chiusura degli OPG – prevista per il prossimo 31 marzo 2015 – al quale hanno partecipato i Presidenti dei tribunali di Sorveglianza che si occupano di Ospedali psichiatrici giudiziari, i Provveditori regionali ed i vertici del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. In tale sede, il Ministro ha ribadito la volontà di giungere alla chiusura definitiva degli Istituti, invitando i tribunali di sorveglianza a concentrare gli sforzi sugli esami delle posizioni degli internati che, secondo le strutture sanitarie, possono essere immediatamente dimessi dagli ospedali psichiatrici giudiziari. I Capi degli uffici hanno convenuto sul rispetto del termine della legge e assicurato disponibilità al rapido esame di quelle posizioni.
  Il ministro Orlando ha, altresì, assicurato la più ampia disponibilità ad accogliere le richieste di potenziamento dei servizi amministrativi e tecnologici dei Tribunali di Sorveglianza, necessari per sostenere lo sforzo comune di tempestiva comunicazione nel passaggio alle competenze regionali.
  A ciò aggiungasi come anche l'Amministrazione Penitenziaria si sia impegnata a prorogare il distacco delle unità di polizia penitenziaria presso gli uffici di Sorveglianza fino al 31 dicembre 2014 e, se necessario, fino al giugno 2015.
  Alla stregua di tutto quanto sin qui rassegnato, si evidenzia come la problematica proposta dall'interrogante risulti essere stata oggetto di tempestiva, attenta ed ampia valutazione da parte delle competenti articolazioni di questo Ministero.
  Quanto, invece, ai contrasti ermeneutici registrati nell'apprezzamento dei presupposti di ammissibilità dei benefici riparatori, devesi premettere come l'articolo 1 del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 – convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 117, abbia introdotto – nell'ordinamento penitenziario approvato con legge del 26 luglio 1975, n. 354 – l'articolo 35-ter, regolante lo specifico rimedio risarcitorio azionabile da parte dei detenuti e dagli internati che abbiano subito un trattamento contrario rispetto a quanto previsto dall'articolo 3 della CEDU relativamente alle condizioni di detenzione inumane o degradanti.
  Sul punto si è registrato, in sede applicativa, un contrasto giurisprudenziale nella magistratura di sorveglianza tra quanti hanno ritenuto necessario il requisito della gravità e dell'attualità del pregiudizio quale condizione della specifica azione disciplinata dall'articolo 35-ter, e tra quanti – invece – hanno valutato quale presupposto di ammissibilità la sola allegazione di un pregiudizio subito per violazione dell'articolo 3 della CEDU, non necessariamente in atto al momento della presentazione della domanda.
  La questione inerente la sussistenza dei presupposti normativi per la concessione del rimedio pone, in tutta evidenza, una problematica di tipo prettamente ermeneutico, in ordine alla quale alcuna competenza è riservata al Ministro della giustizia.
  Anche la questione sollevata relativamente ai criteri di accertamento della violazione effettiva dei principi desumibili dall'articolo 3 della C.E.D.U. investe questioni ermeneutiche di una normativa che assume, peraltro, caratteristiche di singolarità sistematica laddove attribuisce una specifica competenza in materia risarcitoria in capo al giudice di sorveglianza, di fronte al quale il procedimento si svolge nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale.
  Trattasi quindi – lo si ribadisce – di materia di stretta interpretazione, sottratta al sindacato del Ministro della giustizia.
  Al fine di assicurare una corretta condivisione dei criteri di interpretazione derivanti dall'applicazione delle nuove norme, tuttavia, si fa presente all'onorevole interrogante come il Dipartimento della amministrazione penitenziaria abbia promosso – in data 10 novembre 2014 – un tavolo di confronto tra Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza, Provveditori regionali ed un rappresentante dell'Avvocatura Generale dello Stato al fine di individuare prassi condivise, le quali verosimilmente agevoleranno il diffondersi di interpretazioni unitarie.
  In caso di permanenza di contrasti giurisprudenziali, sarà valutata attentamente l'esigenza di adozione di un intervento legislativo volto a chiarire le questioni controverse.
  Si segnala, in ultimo, come al fine di agevolare l'attività istruttoria richiesta l'Amministrazione penitenziaria abbia già posto a disposizione della Magistratura di Sorveglianza un programma informatico che consente il monitoraggio continuo – ed in tempo reale – degli spazi detentivi e delle condizioni in cui si trova ciascun detenuto, con informazioni in ordine al profilo, giuridico e residenziale, di ciascuno. L'applicativo evidenzia, tra l'altro, il numero di giorni in cui ciascun detenuto è stato ristretto «in sofferenza», rapportando il numero degli occupanti alla superficie della cella. In tal modo, il programma consentirà alla Magistratura di Sorveglianza di ricostruire le condizioni detentive degli istanti presso l'istituto penitenziario di restrizione.
  L'Amministrazione, inoltre, sta adottando un protocollo finalizzato a fornire agli istituti penitenziari linee guida – assistite dalla predisposizione di apposita modulistica – concernenti le informazioni da fornire al Magistrato di Sorveglianza in merito alle caratteristiche strutturali dell'istituto ed ai cambiamenti intervenuti nel tempo; informazioni che dovranno essere integrate con quelle utili all'istruttoria e alla decisione delle singole istanze.
  Non vi è dubbio, pertanto, che gli strumenti normativi di recente introduzione – unitamente alle misure organizzative adottate – si pongano nella prospettiva di potenziamento della Magistratura di sorveglianza auspicato dall'interrogante.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

detenuto

diritto penitenziario