ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/01447

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 117 del 13/11/2013
Firmatari
Primo firmatario: PELLEGRINO SERENA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 13/11/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ZAN ALESSANDRO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/11/2013
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 13/11/2013


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 13/11/2013
Stato iter:
14/11/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 14/11/2013
Resoconto PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
RISPOSTA GOVERNO 14/11/2013
Resoconto CIRILLO MARCO FLAVIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
REPLICA 14/11/2013
Resoconto PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 14/11/2013

SVOLTO IL 14/11/2013

CONCLUSO IL 14/11/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-01447
presentato da
PELLEGRINO Serena
testo di
Mercoledì 13 novembre 2013, seduta n. 117

   PELLEGRINO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
   nello scorso mese di giugno in alcuni comuni della provincia di Pordenone è stato seminato del mais utilizzando sementi geneticamente modificate del tipo MON810, in assenza del provvedimento autorizzativo prescritto dall'articolo 1 del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212;
   i promotori delle semine suddette hanno ritenuto di avvalersi della pronuncia della Corte di giustizia europea dell'8 maggio 2013 (causa C-542/12) per aggirare l'obbligo di ottenere preventivamente l'assenso dell'autorità nazionale competente;
   in data 12 luglio 2013 il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto un decreto che vieta in via cautelativa, sull'intero territorio nazionale, la coltivazione del mais geneticamente modificato MON810, provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003 che consente agli Stati membri di adottare misure d'emergenza qualora sia manifesto che prodotti geneticamente modificati possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente;
   nonostante il citato decreto interministeriale del 12 luglio 2013 abbia stabilito il divieto di coltivazione e nonostante il rischio di danno ambientale e contaminazione delle colture agricole prefigurato nelle ricerche condotte da enti pubblici citate a supporto del decreto stesso, le coltivazioni di mais MON810 in provincia di Pordenone non sono state soggette, nel periodo intercorso dalla semina al 23 settembre 2013, ad alcun provvedimento restrittivo o cautelativo da parte delle autorità regionali e locali;
   relativamente a quanto suesposto, i responsabili del Corpo forestale della regione hanno pubblicamente affermato che: «dai sopralluoghi e dalle analisi effettuate riteniamo che vi sia in atto una contaminazione nelle aree circostanti e la tracciabilità non è stata rispettata»;
   il 6 novembre scorso, nel corso di un'audizione sul tema che si è tenuta alla Camera, il capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, ha confermato che in provincia di Pordenone è in corso un grave episodio di contaminazione delle produzioni agricole a seguito delle semine non autorizzate di mais transgenico MON810. Nel documento consegnato da Cesare Patrone si afferma, fra l'altro, che l'inquinamento genetico dei campioni di mais convenzionale raccolti in aree limitrofe «arriva anche al 10 per cento»;
   se una sola semina transgenica ha prodotto tale livello di contaminazione è evidente che ci troviamo di fronte ad un grave rischio di inquinamento ambientale e per la filiera alimentare –:
   se, ravvisandosi inadempienze da parte della regione, non si ritenga indispensabile intervenire con sollecitudine, nell'ambito delle proprie competenze, per mettere in sicurezza l'area, e per procedere ai sensi del 152 del 2006, all'accertamento del danno ambientale e al conseguente assoggettamento dei responsabili alle conseguenze di legge. (5-01447)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 14 novembre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente)
5-01447

  In merito all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Pellegrino ed altri vertente sulla semina di mais geneticamente modificato del tipo MON 810 in alcuni comuni della provincia di Pordenone, si riferisce quanto segue.
  Il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, recante: «Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli», all'articolo 1, comma 2, dispone che la messa a coltura di prodotti sementieri geneticamente modificati è soggetta ad autorizzazione con provvedimento del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con quelli dell'ambiente e della salute, previo parere della Commissione per i prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate.
  Avverso tale provvedimento autorizzativo si è pronunciata la Corte di giustizia europea con sentenza pregiudiziale del 6 settembre 2012 (causa C36/11), resa nell'ambito di una controversia tra la Pioneer Hi Bred Italia Srl e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ha stabilito che le autorità italiane non possono subordinare ad un'autorizzazione nazionale, quale quella prevista dall'articolo 1 del decreto-legge n. 212 del 2001, la coltivazione di sementi geneticamente modificate (GM), già autorizzate ai sensi del Regolamento (CE) n. 1829/2003 e iscritte nel catalogo comune ai sensi della direttiva 2002/53/CE, invocando considerazioni di carattere ambientale o sanitario già considerate nell'istruttoria del processo autorizzativo a livello europeo.
  La Corte ha inoltre precisato che la facoltà concessa dall'Unione agli Stati membri di introdurre misure di coesistenza tra colture transgeniche e coltivazioni tradizionali o biologiche, dando applicazione all'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE, non consente di opporsi in via generale alla messa a coltura di tali sementi GM già autorizzate a livello europeo, nelle more dell'introduzione di tali misure. D'altronde, secondo gli orientamenti per l'elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza fornite dalla Commissione europea con la Raccomandazione 2010/C200/01 del 13 luglio 2010, in presenza di determinate condizioni economiche e naturali, gli Stati membri possono vagliare la possibilità di escludere la coltivazione di OGM da vaste zone del loro territorio, onde evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche: per attuare tale esclusione gli Stati membri devono dimostrare che in tali zone non è possibile raggiungere un livello sufficiente di purezza con altri mezzi.
  La Corte di Giustizia europea nella medesima sentenza chiarisce inoltre che, oltre che attraverso le misure di coesistenza di cui all'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE, gli Stati membri possono imporre un divieto o una limitazione alla coltivazione di varietà sementiere geneticamente modificate nei casi espressamente previsti dall'Unione europea attraverso:
   le misure di emergenza previste dall'articolo 34 del Regolamento (CE) n. 1829/2003, qualora sia manifesto che un prodotto, autorizzato ai sensi di detto Regolamento o conformemente ad esso, possa comportare un grave rischio per la salute umana o per l'ambiente o qualora, alla luce di un parere formulato dall'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare sorga la necessità di sospenderne o modificarne l'autorizzazione;
   le misure previste dagli articoli 16, comma 2, e 18 della direttiva 2002/53/CE qualora sia accertato che la coltivazione di una varietà geneticamente modificata, iscritta nel catalogo comune delle varietà possa nuocere dal punto di vista fitosanitario alla coltivazione di altre varietà o specie o presentare un rischio per l'ambiente o per la salute umana.

  Il Ministero della Salute, con nota del 29 marzo 2013 ha trasmesso alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 34 del Regolamento (CE) n. 1829/2003, il dossier predisposto dal Consiglio per la Ricerca e sperimentazione in Agricoltura (CRA) e trasmessogli dal Ministero per le Politiche Agricole, rappresentando la necessità di effettuare una nuova valutazione completa del MON 810 e richiedendo che vengano definite adeguate misure di gestione obbligatorie per detto OGM, fino a sospenderne la coltivazione nell'Unione europea.
  Nonostante ciò, nel mese di giugno 2013, un agricoltore friulano ha seminato nella sua azienda agricola mais geneticamente modificato MON810.
  L'urgenza e la rilevanza della situazione veriticatasi rispetto alla coltivazione di tale organismo geneticamente modificato, è stata ribadita dal Ministro dell'Ambiente a quelli della Salute e delle Politiche Agricole, con nota del 5 agosto 2013, dove è stata sottolineata la necessità di un'azione congiunta per coinvolgere le Regioni nella definizione di un calendario certo per apportare i necessari emendamenti alla legislazione in materia di coesistenza e evitando, così, l'apertura della procedura d'infrazione: infatti la Commissione europea ha rigettato le risposte fornite dalle Amministrazioni interessate (Ministero dell'ambiente, Ministero delle Politiche Agricole e Regione Friuli Venezia Giulia) alla richiesta di informazioni in merito alle leggi italiane sulla coltivazione di sementi geneticamente modificate (Progetto EU Pilot 3972/12/SNC0), avendo rilevato la mancanza di una tempistica definita per le necessarie modifiche alla legislazione nazionale e regionale in materia.
  Il 10 agosto 2013 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale 12 luglio 2013 che vieta per un periodo di diciotto mesi la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato MON810 sul territorio nazionale, fino all'adozione delle misure di cui all'articolo 54, comma 3, del Regolamento (CE) n. 178/2002 del 28 gennaio 2002.
  Detto provvedimento, che si configura come un provvedimento di sostanziale sospensione dell'autorizzazione comunitaria del MON 810, di cui alla decisione 98/294/CE della Commissione del 22 aprile 1998, ha avuto la sua motivazione come misura di cautela in considerazione del tatto che:
   a. il mais MON 810 è stato autorizzato nel 1998, ai sensi della direttiva 90/220/CE, in base alla quale i requisiti in materia di valutazione dei rischi sono molto inferiori a quelli stabiliti dalla direttiva 2001/18/CE che abroga e sostituisce la previgente direttiva;
   b. nessuna misura di gestione è attualmente imposta dalla decisione di autorizzazione della Commissione europea per il mais MON 810 destinata a limitare i rischi per l'ambiente dando seguito alle raccomandazioni dell'Agenzia europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

  L'articolo 34 del Regolamento (CE) n. 1829/2003 stabilisce intatti che, qualora sia manifesto che prodotti autorizzati dello stesso regolamento o conformemente ad esso, come è il caso dei mais geneticamente modificato MON810, possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente, ove sorga la necessità di sospendere o modificare urgentemente un'autorizzazione, vengano adottate misure conformemente agli articoli 53 e 54 del Regolamento (CE) n. 178/2002.
  Conseguentemente, l'articolo 54 del Regolamento predetto stabilisce che qualora uno Stato membro informi ufficialmente la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti e qualora la Commissione non abbia agito in conformità alle disposizioni dell'articolo 53, lo Stato membro può adottare le misure cautelari provvisorie, informandone immediatamente gli Stati membri e la Commissione.
  Il termine massimo di efficacia del decreto anti MON810 è stato fissato in diciotto mesi anche allo scopo di costruire le condizioni per l'adozione di misure regionali atte ad evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti, previste dall'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE come modificata e integrata dal Regolamento (CE) 1829/2003, garantendo al contempo l'allineamento delle disposizioni nazionali in tema di coltivazioni geneticamente modificate alla normativa dell'Unione europea e la massima tutela dell'agrobiodiversità e dell'ambiente.
  Con nota dell'8 ottobre 2013 indirizzata al Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, il Ministro dell'Ambiente ha chiesto di conoscere le iniziative messe in atto dalla Regione per assicurare la piena attuazione del divieto di coltivazione del mais MON 810 imposto dal decreto 12 luglio 2013, stante l'eventualità di dover dar seguito all'applicazione alle sanzioni previste dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224/2003 e alla bonifica, al ripristino ambientale e al risarcimento ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006, qualora sia accertato un effettivo danno ambientale conseguente alla coltivazione del mais MON 810 e, con ulteriore missiva dell'11 novembre 2013 nel prendere atto che la Regione Friuli Venezia Giulia aveva provveduto, alla luce della pronunce della Corte di giustizia europea del settembre 2012 e della successiva ordinanza del maggio 2013, a modificare la legge regionale n. 5/2011, chiedeva le informazioni sull'esatta localizzazione delle coltivazioni di MON 810, prodromiche alla previsione di azioni di monitoraggio degli eventuali effetti di OGM sull'ambiente o sulla salute pubblica, per valutare, se del caso, l'applicabilità delle sanzioni citate. In tale ultima occasione, il Ministro ha altresì ribadito che la normativa nazionale in materia di OGM è garantita da un apparato sanzionatorio previsto, con riferimento a fattispecie diverse nei presupposti, dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 e dal decreto legislativo n. 70 del 2005. Nel caso di specie potrebbero applicarsi le sanzioni di cui al decreto legislativo n. 70 del 2005, con particolare riferimento ai casi in cui l'autorizzazione venga rifiutata, revocata o sospesa. Il decreto interministeriale 12 luglio 2013, peraltro temporaneo, potrebbe assumersi come un provvedimento di sostanziale sospensione dell'autorizzazione comunitaria.
  È stata riproposta l'attivazione in tempi rapidi di un coordinamento tra i Dicasteri competenti, allo scopo di determinare e avviare iniziative concrete per la definizione da parte delle Regioni, delle misure di coesistenza, in considerazione del breve periodo di vigenza del Decreto Interministeriale sospensivo dell'autorizzazione comunitaria del MON 810.
  Nel contempo, tutti i Ministri dell'agricoltura a livello UE concordavano di rimettere all'esame la proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE, con riferimento, tra l'altro, agli sviluppi a livello comunitario della questione MON 810, successivamente alla pubblicazione del parere dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (avvenuto il 25 settembre scorso), sulla richiesta di adozione delle misure di emergenza previste dall'articolo 34 del Regolamento (CE) n. 1829/2003 avanzata dall'Italia.
  Occorre precisare che con la legge regionale n. 6 del 2013, il Friuli Venezia Giulia ha apportato modifiche:
   1) all'articolo 2 della legge n. 5/2011 che prevede l'approvazione, attraverso un regolamento regionale, di misure per evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture tradizionali e biologiche, facendo riferimento alla raccomandazione della Commissione europea del 13 luglio 2010, recante orientamenti per l'elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza tra le colture transgeniche convenzionali e biologiche. L'articolo 2, al comma 7, sancisce inoltre l'osservanza delle misure adottate dagli organi dello Stato, nell'ambito delle proprie competenze in materia di tutela della salute umana, animale e dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 23 (Clausola di salvaguardia) della direttiva 2001/18/CE o ai sensi dell'articolo 34 (Misure d'emergenza) del Regolamento (CE) n. 1829/2003;
   2) all'articolo 8 della legge n. 5/2011 con un articolo che prevede, fatta salva l'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 35, comma 10, del decreto legislativo n. 224/2003, l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per chi violi le disposizioni del regolamento regionale recante le misure di coesistenza, ed ha introdotto l'articolo 11-bis che, nelle more dell'adozione del regolamento che stabilisce le misure di coesistenza, affida al Servizio competente del Corpo Forestale Regionale il compito di ordinare al conduttore che abbia seminato OGM l'adozione dei possibili accorgimenti necessari a evitare la presenza involontaria di OGM, secondo modalità tecniche stabilite dall'Agenzia regionale per lo Sviluppo Rurale (ERSA).

  Riguardo a quanto dichiarato dal Capo del Corpo Forestale dello Stato (CFS) alla Camera in occasione di una sua audizione, nel premettere che il Corpo forestale oltre alle funzioni di polizia giudiziaria assicura uno specifico e titolato supporto al Ministero dell'Ambiente in tema di danno ambientale, anche sul piano della rilevazione della sussistenza e della quantificazione del medesimo, ad oggi, nessuna relazione in tal senso è pervenuta a questa Amministrazione, né, in virtù delle elementi acquisiti, all'Amministrazione regionale del Friuli-Venezia Giulia. Naturalmente, il Ministero è pronto a valutare tempestivamente ogni segnalazione, tanto più se proveniente da soggetti istituzionalmente titolati (Regione, CFS, Prefettura, ecc. ecc.), in merito all'effettiva sussistenza di fattispecie concrete di danno ambientale nei luoghi in argomento. Va ricordato altresì che il Ministro ha richiesto nuovamente ai Ministri dell'Agricoltura e della Salute, anche alla luce della dichiarazione del Capo del Corpo Forestale, di intraprendere azioni congiunte e appropriate per verificare l'attuazione del Decreto del 12 luglio.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare unitamente ai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, proseguono congiuntamente per una iniziativa volta all'introduzione di una modifica legislativa, da applicarsi nel pieno rispetto della cornice comunitaria, che consenta alle Regioni di affrontare la problematica dei rischi di contaminazioni delle colture tradizionali anche mediante l'adozione di strumenti amministrativi.

Classificazione EUROVOC:
GEO-POLITICO:

PORDENONE,PORDENONE - Prov,FRIULI-VENEZIA GIULIA

EUROVOC :

cerealicoltura

produzione vegetale

inquinamento

politica agricola

sementi

sanita' animale