ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00048

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 1 del 15/03/2013
Firmatari
Primo firmatario: PILI MAURO
Gruppo: IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 15/03/2013


Commissione assegnataria
Commissione: V COMMISSIONE (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 15/03/2013
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 28/03/2013
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 15/03/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-00048
presentato da
PILI Mauro
testo di
Venerdì 15 marzo 2013, seduta n. 1

   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 aprile 2012 è stato approvato con proprie risoluzioni dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica in data 26 aprile 2012 il documento di economia e finanza (def) 2012;
   il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201 reca «disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2011;
   il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, cosiddetto decreto liberalizzazioni, coordinato con la legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, reca «disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale di sabato (g.u. n. 71 del 24 marzo 2012 - supplemento ordinario n. 53);
   il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, reca disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Gazzetta Ufficiale n. 143 del 22 giugno 2011);
   con l'approvazione da parte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica delle relative risoluzioni è stato approvato e reso esecutivo l'atto finale del Documento economia e finanza 2012 approvato il 26 aprile 2012;
   tale documento risulta essere, nel combinato disposto, la pianificazione attuativa di leggi e decreti legislativi che avevano il precipuo obiettivo della coesione territoriale e sociale attraverso la definizione di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42;
   nel Documento di economia e finanza, relativamente e in particolar modo alle infrastrutture strategiche del sistema Paese, è enunciato, declinato e adottato un disegno pianificatorio che ad avviso dell'interrogante non solo non tiene conto degli obiettivi legislativi contenuti nella legge delega del 5 maggio 2009, n. 9, comunemente detta legge sul federalismo fiscale, ma disattende, violandoli, precisi disposti costituzionali relativi al diritto all'equità, alla coesione e all'unitarietà della nazione;
   in particolar modo si enunciano quattro fondamentali decisioni strategiche che si richiamano sinteticamente:
    nel capitolo del DEF 2012 concernente i finanziamenti e l'attrazione del capitale privato si afferma quanto segue: «A fronte della scarsità di risorse pubbliche, e partendo dall'assunto che “per crescere serve esportare, e per esportare serve trasportare”, il Governo intende concentrare i finanziamenti pubblici, nel rispetto di una valutazione costi-benefici e della reale validità strategica, da reperire anche attraverso il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti, della BEI e dei privati entro schemi di PPP, su quelle infrastrutture di trasporto (porti, interporti, aeroporti, strade e ferrovie) maggiormente capaci di effetti di produttività e competitività, ossia su quelle infrastrutture capaci di ridurre il costo del trasporto e della logistica per l'economia italiana, e, in particolare, per il complesso produttivo settoriale/territoriale dedicato alle esportazioni. Si tratta di una norma assolutamente nuova che consente di dotarsi di un moderno strumento di finanziamento, all'avanguardia in Europa e nel resto del mondo, in linea con lo schema proposto dalla Commissione europea attraverso l'iniziativa “Prestiti obbligazionari Europa 2020” per il finanziamento di progetti. La disposizione è importante non solo per la novità dello norma in sé, ma anche perché è stata emanata nel contesto di un corpus di disposizioni mirate a dare finalmente le certezze necessarie all'operatore privato. Tra queste regole rientrano l'allungamento fino a cinquant'anni della durata delle concessioni, una progettazione più chiara attraverso anche asseverazioni sulla bancabilità dell'opera, un migliore rapporto tra le risorse pubbliche e private. Con la nuova disciplina in materia di emissione delle obbligazioni da parte delle società di progetto si introduce uno strumento, di natura privatistica, atto ad alimentare flussi di finanziamento per la costruzione di infrastrutture e a garantire la copertura dei rischi di costruzione; a differenza degli attuali strumenti di finanziamento dei partenariati pubblico-privati, dove le obbligazioni vengono ripagate dagli introiti (pedaggi, canoni, e altro) delle opere infrastrutturali già interamente realizzate;
   nell'ambito delle priorità di intervento e secondo questo presupposto il DEF individua in modo dettagliato le aree e i nodi che dovranno essere oggetto di finanziamento e afferma quanto segue: «In questa prospettiva, le priorità d'intervento nazionali coincidono con il sottoinsieme delle infrastrutture strategiche comprese nella rete essenziale transeuropea di trasporto TEN-T, con il duplice vantaggio di abbinare un valore aggiunto di crescita europea al valore aggiunto di crescita italiana e di utilizzare al meglio i cofinanziamenti europei per le stesse infrastrutture. L'obiettivo è di realizzare, progressivamente, le tratte italiane dei quattro corridoi “Adriatico-Baltico”, “Mediterraneo”, “Helsinki - La Valletta” e “Genova - Rotterdam”, partendo dai principali colli di bottiglia, costituiti dai nodi urbani (Roma, Bologna, Genova, Milano, Napoli, Torino, Venezia e Palermo), portuali marittimi (Ancona, Bari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia) e fluvio-marittimi (Cremona, Mantova, Ravenna, Trieste e Venezia), aeroportuali (Roma Fiumicino, Milano Linate e Malpensa, Venezia Tessera, Bergamo Orio al Serio, Bologna Borgo Panigale, Genova Sestri, Napoli Capodichino, Palermo Punta Raisi e Torino Caselle) interportuali (Ancona, Bari, Bologna, Cervignano, Firenze, Genova, Livorno, Milano, Napoli, Novara, Orbassano, Padova, Pomezia e Verona) e di valico alpino (Fréjus, Domodossola, Chiasso, Brennero, Tarvisio, Trieste) e dagli archi congestionati della rete transeuropea di trasporto essenziale (Ten-T core network) concordati in sede di revisione delle reti TEN-T e del “meccanismo per collegare l'Europa” (Connecting Europe Facility)»;
   nel medesimo documento di Economia e Finanza si definiscono le tipologie degli interventi ammessi: «Per ridurre il “tempo verso la crescita” (time to growth) e sempre con riferimento ad opere ed interventi relativi alle tratte italiane dei quattro corridoi europei sopra menzionati, il Governo intende seguire la seguente priorità logica e cronologica: interventi, prevalentemente di tecnologia di informazione e comunicazione, che consentano di ottenere migliori servizi dagli archi e dai nodi infrastrutturali esistenti: l'esempio più rappresentativo è costituito dall'istallazione dei sistemi di segnalamento controllo ferroviario ERTMS (European Rail Traffic Management System) sulle reti anche convenzionali, che sono prevalentemente dedicate al traffico merci, allo scopo di aumentare l'offerta ferroviaria a partire dalle infrastrutture esistenti; interventi di collegamento dei nodi strategici, porti e aeroporti, alla rete esistente in modo da esaltare lo sfruttamento della intermodalità oggi possibile; ovviare il completamento degli orchi e dei nodi mancanti, a partire dai nodi portuali e aeroportuali dove maggiori sono i guadagni di efficienza prevedibili a minor costo possibile»;
   nel DEF sono quindi enunciate le esigenze finanziarie così argomentate: «Si è, pertanto, ritenuto opportuno articolare le varie finalità strategiche nelle seguenti quattro distinte priorità funzionali limitando al massimo le esigenze legate all'annualità 2013: 1. priorità obbligate; 2. priorità legate alle decisioni assunte a scala comunitaria sul nuovo assetto delle Reti TEN-T; 3. priorità supportate da un reale coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione delle opere; 4. priorità legate a dare continuità ad impegni assunti;
   fanno parte del primo filone funzionale interventi che nel triennio richiedono risorse globali, in conto capitale, per circa 5.400 milioni di cui circa 2.700 milioni relativi alla annualità 2013. Un simile importo consente, sempre nel triennio, la realizzazione dei seguenti interventi: 1) Contratti di programma 2013 dell'ANAS e di RFI; 2) Ulteriori tranche per il completamento della messa in sicurezza della città di Venezia e della laguna (Mo.S.E); 3) Nuovo asse ferroviario Torino-Lione; 4) Nuovo valico ferroviario del Brennero (quota italiana); 5) Messa in sicurezza ponti e viadotti ANAS; 6) Interventi di completamento di opere già cantierate e bloccate; 7) Fondo mirato ad evitare l'ennesima proroga degli sfratti;
   fanno parte del secondo filone una serie di interventi che a livello strategico sono coerenti con il quadro delle priorità definito a livello comunitario in termini di core network;
   l'importo delle esigenze finanziarie del triennio è pari a circa 1.900 milioni di cui circa 1.700 milioni relativi all'annualità 2013. Trattasi, in particolare, di interventi relativi a:
    a) assi viari;
    b) nodi metropolitani;
    c) nodi logistici di particolare rilievo (porti, aeroporti, interporti);
   fanno parte del terzo filone una serie di interventi che, grazie alla norma sulla defiscalizzazione, possono consentire un forte ridimensionamento delle risorse pubbliche necessarie per la realizzazione di assi strategici fondamentali ed al tempo stesso assicurare un coinvolgimento di rilevanti capitali privati. Con una base pubblica di circa 3 miliardi di cui circa un miliardo a partire dal 2013, si rende possibile l'avvio di investimenti superiori a 15 miliardi. Trattasi, in particolare, dei seguenti interventi: a) Asse autostradale Orte Mestre; b) Asse autostradale Termoli- San Vittore; c) Asse autostradale Telesina; d) Asse autostradale Roma-Latina; e) Completamento asse autostradale Salerno-Reggio Calabria;
   fanno parte del quarto filone una serie di azioni che invocano sia impegni in conto capitale che in conto esercizio. Il valore globale di tali finalità, in conto capitale, si attesta su un valore di circa 400 milioni, di cui circa 200 milioni per l'annualità 2013, ed è essenzialmente finalizzato a completare il Piano delle «opere piccole e medie nel Mezzogiorno» e su un valore di circa 750 milioni, in conto esercizio, relativo, tra l'altro sia agli interventi a sostegno del settore dell'autotrasporto di merci per conto di terzi, sia ad agevolazioni fiscali anche per i project bond»;
   il documento di economia e finanza come premessa a queste disposizioni riporta la seguente affermazione: «Le linee guida di seguito indicate, sono elaborate nel rispetto dei decreti attuativi previsti negli articoli 16 e 22 della legge n. 42/2009 e del Programma Nazionale di Riforma»;
   nel Documento di Economia e Finanza risulta secondo l'interrogante totalmente eluso e palesemente violato l'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 con particolare riferimento alla lettera g) relativa alla misurazione e alla compensazione del divario insulare che richiama gli interventi previsti nell'ambito dell'articolo 19 della Costituzione;
   la legge n. 42 del 2009, infatti, all'articolo 22, dispone: «(Perequazione infrastrutturale):
  1. In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
    a) estensione delle superfici territoriali;
    b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;
    c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;
    d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;
    e) particolari requisiti delle zone di montagna;
    f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;
    g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione;
   2. Nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21, al fine del recupero del deficit infrastrutturale, ivi compreso quello riguardante il trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole, sono individuati, sulla base della ricognizione di cui al comma 1 del presente articolo, interventi finalizzati agli obiettivi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che tengano conto anche della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Gli interventi di cui al presente comma da effettuare nelle aree sottoutilizzate sono individuati nel programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 1-bis, della legge 21 dicembre 2001, n. 443»;
   in sede di prima applicazione della legge, il programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121, e, per gli anni successivi, l'elenco delle opere è stato integrato ed aggiornato per mezzo dì un apposito allegato al DPEF;
   l'articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti;
   il Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF;
   il successivo comma 1-bis (aggiunto dall'articolo 13, comma 4, della legge n. 166/2002 «Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti») prevede che il programma contenga le seguenti indicazioni: a) l'elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare; b) i costi stimati per ciascuno degli interventi; c) le risorse disponibili e relative fonti di finanziamento; d) lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati; e) il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi;
   sul piano infrastrutturale in Italia si rilevano tre questioni specifiche – valutate di rilevanza nazionale ed evidenziate negli ultimi DPEF – che richiedono di essere considerate all'interno del quadro generale:
    la «questione settentrionale», con una domanda di accessibilità e di mobilità – per persone e merci – debolmente soddisfatta da un'offerta infrastrutturale con rilevanti deficit qualitativi e quantitativi;
    la «questione meridionale», evidenziata da un rilevante ritardo infrastrutturale, in una situazione nazionale già di per sé precaria;
    la «questione insulare» con macroscopici evidenti e oggettivi aggravi del divario territoriale e infrastrutturale, economico e sociale legati alla condizione insulare;
    la questione insulare, con particolare riferimento alla regione autonoma della Sardegna, totalmente esclusa da qualsiasi ordine di priorità e pianificazione, è l'indifferibile oggetto della presente interrogazione;
   al fine della più compiuta valutazione della condizione attuale della regione Sardegna risulta necessario produrre analisi e dati oggettivi che rendono i provvedimenti richiamati inficiati da assenza di analisi, di legittimità costituzionale per palese violazione delle norme che dispongono il riequilibrio sociale ed economico, territoriale e infrastrutturale e di falsità di presupposti relativamente al dichiarato perseguimento delle norme dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009;
   al fine di richiamare dati oggettivi si propongono le analisi di un soggetto terzo, l'istituto Tagliacarne che rileva attraverso l'atlante delle infrastrutture elementi di comparazione assolutamente emblematici dell'assenza di coesione e unità nazionale:
    per quanto riguarda le reti energetiche: indice 100 per l'Italia; 64,54 per il Mezzogiorno; 35,22 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti stradali indice 100 per l'Italia; 87,10 per il Mezzogiorno; 45,59 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti ferroviarie: indice 100 per l'Italia; 87,81 per il Mezzogiorno; 15,06 per la Sardegna;
    per quanto riguarda l'analisi delle infrastrutture economico sociali: indice 100 per l'Italia; 84,45 per il Mezzogiorno; 56,16 per la Sardegna;
   tali dati non tengono conto del divario insulare, che risulta indefinito proprio per l'assenza strutturale di tale parametro nell'ambito di una corretta pianificazione territoriale e di coesione nazionale;
   a questi indici infrastrutturali di dotazione si aggiungono le analisi compiute da Cresme relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture contenute nel rapporto del 2 luglio del 2010 predisposto a seguito della deliberazione dell'ufficio di presidenza dell'VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici del 22 luglio 2009;
   nell'analisi che si propone, a prescindere da ulteriori articolazioni e interdipendenze, come per esempio l'effetto conseguente all'insularità, sono stati presi in esame due parametri oggettivi quali quello territoriale (spesa per chilometri quadrati) e quello demografico (spesa pro capite);
   il primo parametro preso in esame è quello della superficie territoriale dal quale emerge: il valore medio nazionale del costo dell'intero Programma risulta pari a circa un milione e 190 mila euro per chilometro quadrato. Nove sono le regioni con valori superiori a questa media nazionale: innanzitutto la Liguria, che sfiora i 4 milioni a chilometro quadrato, seguita dalla Calabria, con 3 milioni. Tra il milione e i due milioni si attestano alcune regioni più grandi, nell'ordine la Lombardia, il Veneto, la Sicilia e la Campania. Seguono tra le altre il Molise, il Friuli e il Piemonte. Leggermente al di sotto della media il Lazio. Ultime della graduatoria la Sardegna con 237.000 euro per chilometro quadrato e il Molise con 225.000 euro per chilometro quadrato;
   i dati elaborati sull'intero Programma infrastrutture strategiche, il cui valore complessivo del Programma è attualmente pari a 358 miliardi, rileva nel dettaglio il seguente rapporto regionale sulla base della superficie territoriale e dei costi dell'intero programma – monitoraggio aprile 2010 – (euro per chilometro quadrato):

Euro 
Liguria 3.884.719
Calabria 3.074.912
Lombardia 1.646.189
Veneto 1.625.508
Sicilia 1.408.644
Campania 1.379.566
Molise 1.302.502
Friuli Venezia Giulia 1.289.567
Piemonte 1.217.754
Lazio 1.125.066
Emilia Romagna 1.069.755
Umbria 868.401
Basilicata 837.065
Abruzzo 767.266
Toscana 649.124
Puglia 448.032
Trentino Alto Adige 446.560
Valle d'Aosta 290.038
Sardegna 237.463
Marche 225.478
   in relazione a questa analisi risulta evidente un gravissimo disequilibrio di pianificazione infrastrutturale tra le singole regioni;
   tale dato emerge in tutta la sua evidenza nell'elaborazione predisposta per questo atto parlamentare se si raffronta il dato regionale rispetto al dato medio nazionale di riparto di 1.188.379 euro per chilometro quadrato preso come riferimento base dell'analisi;
   i dati seguenti costituiscono la dimostrazione oggettiva dello squilibrio nazionale nell'ambito del piano infrastrutturale rispetto ad un equo riparto delle risorse per regione parametrato sullo stanziamento medio nazionale per chilometro quadrato:

Liguria +14.614.162.800
Calabria +28.450.804.173
Lombardia +10.924.720.030
Veneto +8.039.239.439
Sicilia +5.661.471.295
Campania +2.598.231.330
Molise +506.477.874
Friuli Venezia Giulia +794.932.928
Piemonte +746.125.000
Lazio -1.089.490.104
Emilia Romagna -2.624.318.752
Umbria -2.705.733.968
Basilicata -3.511.383.430
Abruzzo -4.545.914.835
Toscana -12.397.472.450
Puglia -14.337.560.002
Trentino Alto Adige -10.093.931.133
Valle d'Aosta -2.931.286.683
Sardegna -22.907.566.440
Marche -9.334.362.294
   la rappresentazione economica del divario rende il dato macroscopico tale da evidenziare una vera e propria emergenza nazionale sul piano della coesione economica ed infrastrutturale, minando i presupposti fondamentali della stessa carta costituzionale in termini di coesione nazionale, uguaglianza tra cittadini e libertà;
   tale analisi assume una valenza ancor più significativa nel dato relativo al valore pro capite dell'investimento infrastrutturale nel nostro Paese;
   dall'esame dello studio richiamato il valore pro capite del costo dell'intero Programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari a circa 6.000 euro ad abitante se si considera l'intero costo, quindi compresa la quota non ripartibile a livello regionale (14.143 milioni di euro);
   il dato pro capite fa registrare la Calabria con circa 23.000 euro, il Molise (oltre 18.000 euro ad abitante), la Basilicata (14.000 euro), la Liguria (13.000 euro), il Friuli e l'Umbria (oltre 8.000 euro). Tra le regioni più grandi, al di sopra della media regionale si collocano la Sicilia con oltre 7.000 euro; il Piemonte, con un importo leggermente inferiore (6.978 euro); il Veneto (oltre 6.000 euro). L'Emilia Romagna supera i 5.000 euro, la Lombardia registra un valore intorno ai 4.000 euro, come la Toscana, mentre Lazio e Campania si attestano su 3.000 euro. La Sardegna si attesta sui 3.423 euro pro capite;
   il divario tra regioni rispetto alla media nazionale è rappresenta dai seguenti dati (euro per persona):

Piemonte 6.978
Valle d'Aosta 7.449
Lombardia 4.032
Liguria 13.037
Trentino-Alto Adige 5.965
Veneto 6.119
Friuli Venezia Giulia 8.231
Emilia Romagna 5.456
Toscana 4.025
Umbria 8.212
Marche 1.393
Lazio 3.441
Abruzzo 6.206
Molise 18.018
Campania 3.225
Puglia 2.127
Basilicata 14.165
Calabria 23.085
Sicilia 7.187
Sardegna 3.423
   il rilevante squilibrio nel riparto regionale, relativamente alla quota pro capite, è ancora più evidente nei dati seguenti che rappresentano il divario tra le regioni:

Piemonte +4.494.626.994
Valle d'Aosta +188.691.525
Lombardia -18.822.850.032
Liguria +11.423.347.672
Trentino-Alto Adige +1.018.657
Veneto +757.259.940
Friuli Venezia Giulia +2.790.531.912
Emilia Romagna -2.203.693.332
Toscana -7.189.459.102
Umbria +2.010.211.056
Marche -7.174.541.038
Lazio -14.196.189.330
Abruzzo +322.991.350
Molise +3.866.862.930
Campania -22.304.335.194
Puglia -15.653.816.574
Basilicata +4.843.518.801
Calabria +10.111.679.721
Sicilia +6.161.228.177
Sardegna -4.246.013,541
   dallo studio predisposto si rileva che la media nazionale del valore pro capite della spesa ad oggi prevista per le opere con delibera CIPE è di 2.180 euro;
   superano la media l'Umbria, con quasi 7.500 euro ad abitante, la Calabria, con oltre 6.000 euro, il Trentino e la Liguria, con più di 5.000, Veneto e Sicilia, con oltre 3.000 e la Lombardia (2.456 euro). In fondo alla classifica Sardegna (836 euro), Molise (611 euro), Marche (473 euro), Abruzzo (437 euro) e Puglia (216 euro);
   il combinato disposto dei provvedimenti richiamati e per tutti l'atto finale del Documento di economia e finanza 2012 approvato dal Consiglio dei ministri n. 25 in data 18 aprile e sul quale il 26 aprile 2012 si sono espressi attraverso apposite risoluzioni il Senato della Repubblica e della Camera dei deputati prevede in sintesi:
    a) l'inserimento tra le opere strategiche e finanziabili con risorse pubbliche e private esclusivamente quelle contenute nell'ambito dei 4 corridoi europei;
    b) le opere sono declinate in modo puntuale sia nell'ambito territoriale che logistico nel DEF 2012 ed escludono totalmente la regione Sardegna;
    c) il finanziamento prioritario ed esclusivo, sia pubblico che privato, di quelle opere che risultino in termini di economicità produttive e redditive, escludendo di fatto quegli interventi tesi al riequilibrio e alla coesione nazionale;
    d) il finanziamento privato come elemento imprescindibile dell'infrastrutturazione del Paese non valutando che tale vincolo costituisce un ulteriore limite al recupero del divario insulare considerato che la Sardegna non può in alcun modo sopportare oltre all'onere del divario stesso anche quello di pedaggi e tariffazioni logistico infrastrutturali che renderebbero doppiamente penalizzata la regione;
   tale documento di economia e finanza costituisce a tutti gli effetti un atto che lede gravemente e in modo esplicito la coesione nazionale e nel contempo lede diritti e principi sanciti a livello costituzionale;
   si rileva la totale violazione per mancata applicazione della legge n. 42 articolo 22 del 2009;
   l'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 dispone: g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione;
   è evidente che tale norma che richiama il comma quinto dell'articolo 119 della Costituzione risulti totalmente violato in quanto la regione Sardegna in base alla pianificazione contenuta nel Documento di economia e finanza risulta totalmente esclusa da qualsiasi tipo di infrastrutturazione sia strategica che funzionale all'eliminazione degli effetti economici legati appunto al divario geografico;
   è fin troppo evidente che, alla già di per sé grave mancata predisposizione di un apposito decreto attuativo relativo alla questione insulare, così come avrebbe suggerito la stessa disposizione normativa, si deve registrare una previsione pianificatoria che non solo non restringe la forbice del divario insulare ma che in prospettiva la rende ancora più ampia con effetti devastanti sull'economia della regione Sardegna;
   si rileva la violazione della Costituzione relativamente agli articoli 2-3-4-5;
   appare palesemente violato il disposto dell'articolo 2 della Costituzione che affida alla «Repubblica» il compito di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Il DEF 2012 ignora tale disposto sia sul piano del diritto ad un'equa ripartizione di interventi e risorse tese al riequilibrio territoriale e infrastrutturale che su quello dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale;
   è sostanzialmente violato l'articolo 3 della Costituzione che ha riconosciuto a «tutti i cittadini pari dignità sociale» considerato che con tale pianificazione prevista dal DEF 2012 si amplia il divario economico e sociale tra la Sardegna e il resto del Paese con un evidente venir meno di quelle condizioni di pari dignità auspicate e prescritte dal dettato costituzionale;
   lo stesso articolo 4 del dettato costituzionale laddove «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» risulta palesemente violato perché appare evidente che l'ampliamento del divario economico e sociale legato a quello infrastrutturale farà venir meno per i cittadini sardi quel diritto fondamentale al lavoro. In tal senso viene precluso lo stesso comma 2 dell'articolo 4 laddove è disposto che «ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»;
   risulta, con il combinato disposto del Documento di economia e finanza, violato lo stesso articolo 5 della Costituzione laddove si afferma la Repubblica è «una e indivisibile». In tal senso, l'aver sostanzialmente e strategicamente escluso dalla pianificazione del Paese una regione insulare come la Sardegna rappresenta un vulnus costituzionale di gravità inaudita proprio per la coesione nazionale e istituzionale alla quale si richiama la Costituzione;
   risulta violato il diritto alla mobilità di cui all'articolo 16 della costituzione;
   l'articolo 16 della Costituzione recita: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche;
   l'articolo 3, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e – rettifiche – GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34), così dispone:
    «La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell'articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo»;
   risulta evidente che l'esclusione della Sardegna da qualsiasi piano infrastrutturale strategico costituisce, proprio per la sua aggravante condizione insulare, costituisca un grave impedimento alla mobilità e che pertanto per il pieno esercizio del predetto diritto risulta indispensabile un piano adeguato di infrastrutturazione teso proprio all'eliminazione sia sul piano infrastrutturale che economico di quel divario;
   il Documento di economia e finanza 2012 risulta illegittimo proprio perché non tiene conto delle disposizione normative, oltre a quelle costituzionali, relative al riconoscimento alla Sardegna di un ruolo strategico nell'area del Mediterraneo considerato che la risoluzione sul Def 2011, approvata lo scorso anno, aveva richiamato la legge obiettivo del 2001 che individuava l'isola come piastra logistica EuroMediterranea;
   risulta illogico prevedere anche per le regioni insulari e nella fattispecie la Sardegna una previsione di capitali privati a cui far seguire l'imposizione di pedaggi e tariffe che finirebbero per aggravare ulteriormente il già rilevante costo della mobilità a cui la Sardegna è costretta a sottostare proprio per via della sua condizione insulare;
   risulta un chiaro ed evidente eccesso di potere introdurre surrettiziamente in una regione a statuto speciale una tariffazione infrastrutturale che violerebbe le stesse disposizioni dello statuto autonomo della Sardegna e delle norme di attuazione;
   dall'esecuzione dei provvedimenti citati si rileva come i danni non attengono solo ad una dimensione propriamente economica, già di per sé rilevantissima, considerato che si aggiunge alla mancata attuazione del disposto dell'articolo 8 dello statuto autonomo della Sardegna quanto anche alla sfera della indispensabile tutela dei diritti fondamentali dei cittadini sardi e della stessa regione autonoma –:
   se non ritengano di dover valutare se sussistano i presupposti per ricorrere agli strumenti previsti dall'ordinamento per intervenire sulla definizione degli obiettivi indicati dal documento di economia e finanza alla luce di quanto indicato in premessa;
   se non ritengano di dover attuare un piano di riequilibrio sostanziale nei confronti delle regioni insulari, sia per quanto riguarda la parte infrastrutturale interna sia per quanto riguarda il divario insulare in attuazione anche delle norme vigenti in materia e nella fattispecie all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009;
   se non ritengano di dover proporre e sostenere nell'ambito europeo una rimodulazione dei corridoi europei al fine di predisporre strategie funzionali all'inserimento anche delle regioni insulari all'interno di siffatti corridoi di trasporto e mobilità;
   se non ritengano nell'ambito delle risorse da pianificare e quelle già pianificate e non utilizzate un'equa ripartizione delle stesse con parametri oggettivi eliminando quelle evidenti e assolutamente inique ripartizioni che danneggiano in modo irreversibile la regione Sardegna;
   se non ritengano necessario predisporre un decreto attuativo relativamente alla questione insulare in relazione alla lettera g) dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 al fine di prevedere un piano di misurazione e riequilibrio del divario insulare. (5-00048)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

rete di trasporti

regione insulare

Sardegna

mobilita' geografica

sistema di finanziamento

diritto del lavoro