ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13595

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 641 del 24/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: BERNINI PAOLO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/06/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE 24/06/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 24/06/2016
Stato iter:
06/12/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/12/2016
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/12/2016

CONCLUSO IL 06/12/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13595
presentato da
BERNINI Paolo
testo di
Venerdì 24 giugno 2016, seduta n. 641

   PAOLO BERNINI e SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   negli anni ’70 la sottospecie italica – Canis lupus italicus – era giunta sull'orlo dell'estinzione; un censimento effettuato nel 1976 stimò in soli 100 esemplari il numero di lupi presenti sul territorio nazionale. La consistenza numerica nel 2004, dopo oltre trent'anni di protezione legale e nonostante il persistente bracconaggio, era stimabile in circa 1500/1900 esemplari, distribuiti stabilmente dalla Val d'Aosta alla Calabria (fonte professor Carlo Consiglio http://www.abolizionecaccia.it);
   attualmente la Commissione europea nel documento « Carnivore key actions for large populations in Europe» (sezione III, parte I, paragrafo 1.1) del gennaio 2015, stima in circa 800 esemplari la popolazione di lupi presente nel territorio in Italia ed include la specie nella categoria VU (vulnerabile);
   a parere degli interroganti, il precedente piano di gestione e tutela dei lupi non è stato rispettato e non si è dato seguito, soprattutto, ad un sistema armonico e coordinato di ricerca ed indagine su tutto il territorio italiano teso a rilevare l'effettiva consistenza della popolazione della specie con l'utilizzo di metodi efficaci, affidabili e standardizzati di ricerca e monitoraggio della specie;
   la presenza del lupo è favorita dalla scarsa presenza antropica, dalle reintroduzioni degli ungulati e altre specie selvatiche per la caccia che hanno portato all'incremento della presenza del lupo, in particolar modo alcuni distretti della Toscana;
   a partire dalla metà degli anni 2000 in alcuni areali della Toscana c’è stato un incremento dei danni da predatore a carico del bestiame domestico. Come refertato dai medici veterinari forensi, i rilievi necroscopici hanno evidenziato che sono da attribuirsi a cani vaganti, sia padronali che ferali, e a lupi; (fonte: dottor Duccio Berzi «Tecniche, strategie e strumenti per la prevenzione dei danni da predatori al patrimonio zootecnico» Centro per lo studio e la documentazione sul lupo; dottor Rosario Fico medico veterinario forense, Istituto zooprofilattico Lazio e Toscana);
   ciò ha causato inevitabili conflitti, soprattutto in ambito zootecnico e in zone come quelle della Maremma dove è consuetudine non utilizzare sistemi idonei di deterrenza e si predilige l'allevamento ovino libero e brado, senza la presenza di un pastore né di cani da guardiania ed in prossimità di aree boschive;
   laddove sono state messe in pratica una serie di azioni «con l'uso di appropriati strumenti di prevenzione si riesce a minimizzare il conflitto tra predatori e zootecnia. L'amministrazione provinciale di Firenze è impegnata fin dal 2005 in un progetto di prevenzione che ha portato alla riduzione della predazione del 90 per cento» (fonte dottor Duccio Berzi «Tecniche, strategie e strumenti per la prevenzione dei danni da predatori al patrimonio-zootecnico», Centro per lo studio e la documentazione sul lupo);
   secondo i dati raccolti nel progetto «LIFE Medwolf» (LIFE11 NAT/IT/069), realizzato in Toscana, tra le aziende che hanno denunciato danni da predazione da canidi nel 2014, il 98 per cento di queste possiede allevamenti e pascoli non vigilati da pastori, il 57 per cento non ha cani da pastore-guardiania e solo il 41 per cento ha due cani ogni 500 pecore, l'85 per cento per cento non ha recinzioni per prevenire l'attacco da parte di predatori;
   il medesimo progetto sopracitato, sulla base del registro ufficiale delle predazioni, riporta che solo lo 0,3 per cento è la reale percentuale del patrimonio zootecnico ovino colpito dalle predazioni nel 2014, nell'ambito territoriale preso in considerazione dall'indagine scientifica;
   negli ultimi cinque anni si è assistito ad una inaccettabile recrudescenza degli abbattimenti dei lupi. Si rammenta che il lupo è patrimonio indisponibile dello stato (secondo la ratio della legge n. 968 del 27 dicembre 1977 che ha elevato la fauna selvatica da «res nullius» a «res communitatis», cioè «patrimonio indisponibile dello Stato») e si tratta quindi di una specie particolarmente protetta da numerose normative nazionali ed internazionali quali:
    la Convenzione di Berna (firmata nel 1979 e ratificata dall'Italia con la legge n. 503 del 5 agosto 1981) inserisce il lupo nell'Allegato II che include le specie particolarmente protette e pertanto ne vieta la cattura, l'uccisione, la detenzione ed il commercio;
    la direttiva Habitat (92/43/CEE, recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 8 settembre 1997) inserisce il lupo nell'allegato D IV (protezione rigorosa) e ne proibisce il disturbo, la cattura, l'uccisione, la detenzione ed il commercio. La direttiva protegge il lupo a due livelli: a) gli Stati membri hanno l'obbligo di identificare siti di importanza comunitaria (SIC) nell'ambito della rete Natura 2000 per la protezione delle popolazioni di grandi carnivori di specie incluse nell'Allegato II. Inoltre, b) l'articolo 12 della direttiva obbliga gli Stati membri ad attivare sistemi di protezione per tutte le specie incluse nell'Allegato IV, sia all'interno che al di fuori dei siti di Natura 2000;
    la convenzione di Washington (1973) sul commercio delle specie animali e vegetali minacciate di estinzione (CITES; recepita dal nostro Paese con la legge n. 874 del 19 dicembre 1975) include la popolazione italiana di lupo nell'appendice II (specie potenzialmente minacciate). Il Consiglio d'Europa ha lanciato nel 1995 la Large Carnivore Initiative for Europe (LCIE) allo scopo di «conservare, in coesistenza con l'uomo, popolazioni vitali di grandi carnivori». La LCIE ha prodotto documenti ed un piano d'azione europeo sul lupo (2000) che è stato adottato dal comitato permanente della Convenzione di Berna (raccomandazione n. 72 del 2 dicembre 1999). Più recentemente la LCIE ha prodotto le linee guida per i piani di gestione delle popolazioni di grandi carnivori (2008);
    l'Unione mondiale per la conservazione della natura (IUCN), attraverso l'inserimento nelle liste rosse, le ultime risalgono a dicembre 2008, (www.iucnredlist.org), classifica il lupo in Italia come specie criticamente in pericolo o vulnerabile come l'orso, la lince, la lontra, il camoscio d'Abruzzo;
   Lo status giuridico del lupo prevede che:
    il lupo sia specie protetta dal 23 luglio 1971 con decreto ministeriale che ne proibì la caccia;
    la legge n. 157 del 1992 inserì il lupo tra le specie particolarmente protette (articolo 2, comma 1);
    la «direttiva Habitat» recepita con il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997 inserì il lupo nell'allegato D, tra le specie di interesse comunitario che richiedono una rigorosa protezione;
    quindi è vietato catturare, cacciare, disturbare, possedere, trasportare, scambiare, commercializzare il lupo per il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1992, articolo 8 commi 1-2;
    si prevede richiesta di autorizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito l'ISPRA per ogni intervento di immissione in natura (decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1992 articolo 12);
    si prevede la creazione di un fondo regionale per la prevenzione e il risarcimento danni per la legge n. 157 del 1992 articolo 26;
    si prescrive il risarcimento dei danni nelle aree protette a carico dell'ente parco per la legge n. 394 del 1999 e successive modifiche;
    il lupo appartiene quindi al patrimonio indisponibile dello Stato, ed è considerata una specie particolarmente protetta in virtù della legge n. 157 del 1992;
    si prevede il monitoraggio delle popolazioni di lupi da parte delle regioni sulla base di linee guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Ispra e del Mipaf, decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, articolo 7 comma 2;
   riguardo agli «ibridi» il regolamento (UE) 338/97 cosiddetto CITES stabilisce che fino alla quarta generazione (F4) ancorché ibridati con domestici, gli animali quali i Lupi (e le altre specie incluse nella lista) sono da considerarsi protetti e quindi: non catturabili, non detenibili in cattività, cacciabili e altro. Pertanto, i lupi, quanto gli esemplari che esitano dall'accoppiamento di cani e lupi (i quali appartengono alla stessa specie) definiti ibridi, sono tutelati dalla predetta normativa;
   inoltre, a tale riguardo, è chiara anche la pronuncia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, con nota del 18 ottobre 2012, ha evidenziato che esemplari di ibrido lupo-cane sono «assoggettabili alla disciplina relativa alle specie selvatiche: la categoria dell'ibrido cane-lupo che è nato e vive in stato di libertà naturale»;
   è quindi evidente che tali esemplari, a tutti gli effetti, rientrino nella categoria di fauna selvatica tutelata come previsto dalla legge n. 157 del 1992 che al 1o comma dell'articolo 1 dispone che «la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale»;
   la tutela di ogni specie animale la cui uccisione e maltrattamento sono considerati delitti ai sensi del codice penale dagli articoli: 544-bis e ter nonché l'abbandono secondo il 727 del codice penale, è atto dovuto;
   la presenza di cani vaganti e ferali, ritenuti responsabili del presunto problema della «ibridazione» è chiaramente dovuta non solo alla negligenza dei proprietari, ma soprattutto a quella istituzionale nel mancato rispetto dei doveri previsti dalla normativa vigente che tutela gli animali d'affezione (quindi i cani randagi, i cani vaganti di proprietà e quelli ferali) e interviene per la prevenzione del randagismo a partire dalla legge n. 281 del 1991 «Tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo». La legge n. 281 del 1991 sancisce: «lo Stato promuove la disciplina della tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, favorendo la corretta convivenza tra uomo e animale, tutelando la salute pubblica». Come tutte le leggi quadro prevedono, ogni regione, nell'ambito dei principi cardine della stessa, ha emanato leggi interne;
   le responsabilità ben precise del Ministero della salute, dei sindaci e dei comuni, delle asl e dei proprietari sono descritte e riassunte in un opuscolo del Ministero (http://www.salute.gov.it);
   le norme principali che stabiliscono ruoli e competenze in tale ambito sono:
    legge 14 agosto 1991, n. 281, «Legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo»;
    accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in materia di «benessere degli animali da compagnia e pet therapy» recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2003;
    ordinanza 6 agosto 2008 (reiterata negli anni): «Ordinanza contingibile ed urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina»;
    ordinanza 18 dicembre 2008 e successive modifiche: «Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati»;
    ordinanza 3 marzo 2009 (reiterata negli anni): «Ordinanza contingibile e urgente concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani»;
    il cane vagante padronale, è un animale di proprietà secondo le normative vigenti (n. 281 del 1991 e successive modifiche) che invece dovrebbe essere correttamente gestito, avere il microchip, essere inserito in anagrafe canina e altro e invece è anche lasciato libero di vagare e soprattutto nelle ore notturne;
    il cane randagio è il cane abbandonato o presente sul territorio per la mancata applicazione della legge n. 281 del 1991 «Tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo». Le responsabilità di tale condizione, non più giustificabile a distanza di ben 25 anni dalla sua emanazione e spesso della sua mancata o scorretta applicazione, sono molteplici: da chi abbandona in primis a quella del sindaco che è il responsabile civile e penale dei cani vaganti sul territorio nonché la massima autorità sanitaria, a quella della asl che ha il compito di cura, sterilizzazione, apposizione del microchip, iscrizione all'anagrafe canina e altro. La persistenza del fenomeno del randagismo esita quindi da una infinita serie di vere e proprie omissioni di atti di ufficio poiché la normativa vigente e i suoi chiari precetti non sono applicati;
    il cane ferale (o inselvatichito) esita dalla scorretta, perpetrata e negligente gestione umana, è frutto dell'abbandono e della mancata applicazione della legge n. 281 del 1991. I cani ferali sono animali che si mantengono in modo autonomo dall'uomo, interagiscono tra loro socialmente e manifestano comportamenti ancestrali;
    in virtù del mancato rispetto delle normative vigenti sopracitate, l'accoppiamento tra cane e lupo è un fenomeno osservato da sempre in tutte le aree di presenza di quest'ultimo. Trattandosi della stessa specie (il cane e il lupo), l'accoppiamento dà esito a prole fertile, pertanto anche definirli «ibridi», sottende a scorrette quanto errate interpretazioni;
    va altresì rammentato che importanti ricercatori ed esperti sostengono che: «dai dati attualmente disponibili sembra che la presenza di “ibridi” nel contesto toscano ed Italiano, sia un fenomeno molto limitato» (fonte Duccio Berzi). «I risultati hanno mostrato che i cani e lupi italiani sono geneticamente ben differenziati, suggerendo che l'introgressione dei geni dei domestici non ha inciso sul patrimonio genetico del lupo» e che «gli ibridi» possono essere non identificabili in base a criteri di osservazione, e la loro rimozione da una popolazione selvatica è un obiettivo probabilmente impossibile. Suggeriamo che la gestione e sforzi di conservazione devono essere concentrati sulle popolazioni di cani randagi, che sono la fonte primaria di ibridazione per il lupo». (fonte: «Wolf—dog crossbreeding: «Smelling a hybrid may not be easy» Rita Lorenzini, Rita Fanelli, Goffredo Grifoni, Francesco Scholl, Rosario Fico);
    nonostante le pubblicazioni e i pareri scientifici sopracitati si è promossa la psicosi «ibrido», causata anche da progetti sostenuti da fondi europei. Ad esempio, il progetto Ibriwolf (Life 10 NAT/IT/000265 IBRIWOLF) tra i suoi obiettivi annovera: «identificare e rimuovere tutti gli ibridi delle due aree pilota del progetto; attrezzare delle aree in cui gli ibridi catturati possano essere tenuti in cattività ed essere visti dal pubblico». Come appare evidente, tale progetto, ignora l'esistenza del sopracitato regolamento (CE) n. 338/97 e dei suoi chiari precetti normativi sopra elencati;
   non solo, il progetto prevede anche di diminuire la presenza di cani vaganti attraverso la loro rimozione ove possibile, sterilizzando e custodendo tutti gli individui catturati. A tal proposito, è d'obbligo rammentare che ancora una volta, tale compito è previsto dalla legge n. 281 del 1991 e dalle relative leggi regionali. Pertanto, la presenza di cani vaganti denuncia una condizione di pregresso e gravissimo inadempimento da parte delle asl e dei sindaci, a fronte di chiari strumenti normativi ed economici poiché si tratta di norma finanziata annualmente. Il compito di diminuire (posto che diminuendo non si risolverebbe il problema di base) la presenza di cani vaganti è preciso compito della asl e dei comuni. Inoltre, come riportato dai media, il predetto progetto non ha portato soluzioni al fenomeno della predazione e ha fomentato conflitti tra le categorie. L'esacerbarsi delle conflittualità ha raggiunto il massimo della sua manifestazione con l'uccisione, sia di lupi che di altri canidi, in particolar modo nella provincia di Grosseto e di Siena esattamente nei distretti in cui era in opera il progetto Ibriwolf, come i media in più occasioni riportano;
   anche in altri distretti territoriali la guerra al lupo non accenna a fermarsi. Si rileva anche nelle zone delle Alpi orientali in cui sono stati ritrovati bocconi avvelenati (fonte – http://www.lifewolfalps.eu) e altri lupi morti; tra la strada provinciale 43 che collega Cagnano Varano al comune di San Giovanni Rotondo è stato rinvenuto un lupo privo di vita appeso a testa in giù al chilometro 5 in località Coste di Manfredonia. Un animale particolarmente protetto che è stato oltraggiato e barbaramente vilipeso. (fonte – http://www.statoquotidiano.it);
   gli interroganti segnalano inoltre che numerosi canidi (lupi, ibridi, cani) sono stati catturati in modo, discutibile e con metodi certamente pericolosi tramite l'uso dei lacci come riportato da diverse fonti di stampa;
   gli interroganti evidenziano che cucciolate di canidi sono stati rimossi e allontanati dalla madre anzitempo (ben prima dei 60 giorni di età) e quindi costretti in cattività, come ad esempio nel caso dei sei cuccioli di ibrido affidati poi al Crase di Semproniano;
   tra le varie fondamentali criticità vi è inoltre da evidenziare che l'accertamento di un caso di predazione sul bestiame domestico è, di fatto, una perizia medico-legale che deve essere effettuata da medico veterinario con comprovata esperienza nel settore. Mentre, di prassi, ciò non avviene e pertanto le segnalazioni sulle predazioni non rappresentano dato scientifico inequivocabile e significativo. Si tratta quindi di dati empirici e che non sono in alcun modo significativi per poter agire sulla prevenzione. Sono dati usati in modo strumentale e spesso impreciso. Spesso la «predazione» stessa non viene descritta per come si dovrebbe, al fine di raccogliere dati collezionabili. Infatti, viene sommariamente descritta senza evidenziare i fondamentali riferimenti qui di seguito elencati:
    predazione: il predatore ha ucciso un capo di bestiame sano;
    pseudo-predazione: il predatore ha ucciso un capo di bestiame il cui precario stato di salute ha facilitato il successo dell'attacco;
    altre cause di morte;
   è altresì possibile, con la perizia medico legale del medico veterinario forense, stabilire quale animale ha effettuato la predazione poiché:
    il lupo quando morde esercita una forza pari a 106,2 Kg per centimetro quadrato. È quindi in grado di troncare un femore;
    il cane (tarata sul pastore tedesco) quando morde esercita una forza di 53 Kg per centimetro quadrato;
    il morso del lupo è molto stretto: distanza massima tra i canini superiori 4,2-4,5 cm, canini inferiori 3-3.5 cm;
    il morso del cane pastore tedesco: misura 5.5 cm;
   nell'attacco del lupo sugli ovi-caprini si registra il numero limitato di morsi, di cui un morso inferto nella regione retro-mandibolare con forza e precisione e che esercita una pressione improvvisa sull'arteria carotidea dove sono presenti i recettori (baro-recettori) che, compressi dal morso, attivano una reazione nervosa che porta a morte quasi immediata dell'animale per collasso cardio-circolatorio;
   il lupo preda nell'85 per cento di notte o nelle primissime ore dopo l'alba (fonte dottor Duccio Berzi);
   nella predazione è necessario distinguere due fasi:
    1) attacco con uccisione;
    2) consumo dell'animale;
   «Non è detto che il responsabile dell'attacco sia poi il responsabile del consumo e non è detto che l'animale consumato dai predatori selvatici o meno, sia effettivamente stato ucciso da questi o non sia magari morto per malattia o altre cause e poi successivamente consumato» (fonte dottor Duccio Berzi);
   oltre alla classificazione ed identificazione della predazione è di fondamentale importanza la modalità di risarcimento del danno causato da predazione. Relativamente al danno economico per esempio la regione Toscana tramite la legge regionale 4 febbraio 2005, n. 26, «Tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione», concede contributi per la stipula di polizze assicurative contro i danni da predatori selvatici. Ma al momento non sono sufficienti i risarcimenti proposti anche in ragione del fatto che il danno subito non può estinguersi considerando solo il risarcimento del capo;
   il danno economico può essere così suddiviso:
    1) diretto – per la perdita diretta animali;
    2) indiretto – fenomeni di stress sul gregge riduzione/perdita produzione latte, aborti, ferite;
    3) gestionale – aumento di spese per le cure, alimentazione in ovile se gli animali impauriti si rifiutano di recarsi al pascolo e conseguente aumento di infezioni/parassitosi;
   in caso di attacco di predatore il danno economico può essere molto superiore rispetto al semplice risarcimento del valore degli animali predati:
    qui di seguito un esempio: danno stimato: 137,00 euro a capo; danno diretto + indiretto + gestionale: 2,587 euro a capo;
    per la prevenzione dei danni dai predatori, in considerazione del fatto che nel 2013 a Grosseto e provincia ci sono stati circa 600 ovini predati, la regione Toscana con la legge n. 26 del 2005 prevede i contributi per la realizzazione di opere di prevenzione. I contributi sono gestiti dalle amministrazioni provinciali o dalle comunità montane. Molte sarebbero però le soluzioni da pianificare e su cui investire: dissuasori faunistici, elettrificazione delle recinzioni, recinzioni tradizionali miste. Tali interventi, come dimostrato, sono gli unici in grado di garantire efficacia e risultati;
   per prevenire si intende: intervenire prima degli episodi di predazione. Metodo più economico ed efficace. Ad esempio, in più del 95 per cento dei casi documentati, la predazione è avvenuta di notte o in condizioni di tempo perturbato. In circa l'80 per cento dei casi di predazione, a seguito di una prima aggressione se ne verifica una seconda entro le due settimane;
   per protezione si intende: intervento successivo al primo attacco. Azioni dissuasive e di disturbo attivi anche per evitare la cronicizzazione degli attacchi;
   per garantire l'efficacia è necessario agire con azioni sinergiche sul territorio e sugli allevamenti, in grado di mitigare il danno. È imprescindibile studiare ed applicare soluzioni tecnico-gestionali che assicurino il miglior rapporto tra costi-gestione-risultati: determinazione del medico veterinario della tipologia di predazione; analisi delle caratteristiche da tecnici + veterinari; valutazione azienda per azienda; condivisione; sostenibilità; interventi gestionali; indennizzi vincolati alla prevenzione; logo dei prodotti «predator friendly»;
   «nell'ambito di uno studio effettuato con la collaborazione dell'Università degli Studi di Firenze sono stati analizzati i dati relativi all'efficacia di 11 recinzioni elettrificate realizzate nel territorio della provincia di Firenze tra il 2005/2009 per un periodo totale di circa 5000 giorni di funzionamento. La presenza del lupo nelle aree vicine agli impianti studiati è rimasta costante così come le predazioni negli allevamenti non protetti. I risultati indicano che con le recinzioni elettrificate le predazioni si sono ridotte drasticamente, passando da una media di circa 3 capi predati su 100 ad anno a 0.06, con una efficacia superiore al 97 per cento. I casi di violazione delle recinzioni sono da attribuire a casi di errato montaggio dei cavi o ad una progettazione discutibile» (fonte: dottor Duccio Berzi «Tecniche, strategie e strumenti per la prevenzione dei danni da predatori al patrimonio zootecnico», Centro per lo studio e la documentazione sul lupo);
   esistono altri sistemi per ridurre il conflitto tra i predatori ed attività zootecniche e sono:
    evitare l'incremento delle popolazioni di prede naturali con reintroduzioni: ungulati a fini venatori;
    controllo del randagismo canino, corretta applicazione delle norme vigenti da parte degli enti istituzionalmente preposti come previsto dalla legge n. 281 del 1991;
    finanziamenti agli allevatori per l'adozione di misure volte a prevenire gli attacchi o la concessione gratuita di tali strumenti di prevenzione come già praticato in Toscana, nelle zone appenniniche;
    miglioramento delle misure di prevenzione in un piano sinergico territoriale;
    sensibilizzazione dell'opinione pubblica ed allevatori sul tema della conservazione dei grandi carnivori: la tutela della biodiversità è patrimonio del territorio;
    riconsiderazione dei sistemi di indennizzo, previa valutazione medico veterinaria forense della predazione;
   va rammentato che la presenza del lupo è un inequivocabile segnale positivo per tutto l'ecosistema e per la biodiversità, è quindi un indicatore biologico, in qualità di « top predator», di un ambiente ecologicamente sostenibile;
   anche in considerazione della diffusa sensibilità internazionale, nazionale e quindi dei turisti, come confermano recenti indagini di mercato e indagini scientifiche, un animale selvatico vale più da morto che da vivo poiché è da traino per il turismo stesso, in virtù dei sopracitati valori ambientali che incarna; (fonte: www.ncbi.nlm.nih.gov; http://wilderness-society.org);
   è infatti noto che, a fronte degli inaccettabili e vergognosi episodi di uccisione dei lupi, vi sia stato il giusto coinvolgimento e sollevamento delle associazioni a tutela degli animali quanto dell'ambiente e che queste abbiano richiamato l'esigenza di boicottare il turismo e il prodotto nelle zone in cui si sono realizzati questi crimini contro la natura (fonte: http://www.grossetonotizie.com);
   a fronte di discutibili dichiarazioni pubbliche di politici e responsabili istituzionali che rivestono importanti ruoli, è esecrabile secondo gli interroganti, la scarsa professionalità dimostrata, come nel caso del dirigente della asl di Grosseto dottor Madrucci e del presidente della provincia di Grosseto Marras, i quali richiedono di poter intervenire con modalità di dubbia legittimità su cani, lupi e altro e accusano i cani stessi della loro condizione di randagismo. Facendo ciò ad avviso degli interroganti non accusano, invece, altro che loro stessi in virtù degli obblighi normativi che avrebbero dovuto rispettare e di cui sono responsabili nell'esercizio della loro professione;
   il «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia», da quanto è dato sapere, è stato realizzato a titolo oneroso e senza alcun bando ma con affido diretto all'Unione zoologica italiana (e che per altro per suo statuto è una onlus http://www.uzionlus.it/) su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questo dovrebbe essere lo strumento che dovrebbe rappresentare il fondamento per il prossimo quinquennio sulla base del quale applicare la strategia di gestione e conservazione del lupo. Si evidenzia, in primis, l'affido ad una onlus della realizzazione di un progetto a titolo oneroso e che, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997, dovrebbe essere realizzato dall'ISPRA anche in ragione del ruolo e della mission dell'ente che rappresenta il braccio tecnico scientifico ed operativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in merito all'Ispra gli interroganti evidenziano che il dottor G., funzionario dell'ente del servizio faunistica, che ricopre il ruolo di responsabile di questi procedimenti e pareri fondamentali, è stato impegnato in attività di eradicazione dello scoiattolo grigio che sono state ritenute illegittime da una sentenza della Corte di cassazione, benché tuttavia lo stesso sia stato assolto; (Fonte: http://www.ambientediritto.it); Corte di cassazione, penale sez. III – 31 gennaio 2003 (ud. 11 dicembre 2002) n. 4694;
   «... Sul ricorso proposto da Spagnesi e altro... omissis, avverso la sentenza in data 4.7.2000 della Corte di Appello di Torino, con la quale, in riforma di quella del Tribunale di Saluzzo in data 26 novembre 1999, vennero assolti dai reati: a) di cui all'articolo 30 lettera d) della legge n. 157-92; b) di cui all'articolo 30 lettera h) della legge n. 157-92, in quanto non punibili per aver agito nell'erronea supposizione della sussistenza della causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere; nonché dal reato; c) di cui all'articolo 727 c.p., perché il fatto non sussiste (...);
   Diritto: si deve affermare che l'attività posta in essere dagli imputati, diretta alla cattura e successiva eliminazione di numerosi esemplari di scoiattolo grigio, rientra nella nozione di caccia, secondo la definizione della legge n. 157-92, e risulta sanzionata penalmente, ai sensi dell'articolo 30 lettera d) ed h), per inosservanza degli specifici divieti, di cui alla contestazione, imposti dalla medesima legge. Peraltro, va conclusivamente rilevato che la natura stessa del programma di eradicazione dello scoiattolo grigio e la rilevante portata della sua attuazione esclude categoricamente che al fatto accertato possa essere attribuita la natura di attività di sperimentazione, rientrando, invece, nel concetto di controllo della fauna, che è di competenza della Regione. Del tutto inconferente è, infine, il rilievo in ordine alla natura statale dell'Ente cui appartengono gli imputati, non essendo riconducibili all'Ente stesso comportamenti che esorbitano dalle competenze ad esso attribuite dalla legge. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico dei ricorrenti l'onere del pagamento delle spese processuali»;
   il «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» tra l'altro, come si legge, è stato realizzato con dati non ancora pubblicati, pertanto ancora non ammissibili né per modalità né per metodo quindi dati privi di valore e pressoché empirici;
   lo stesso piano riporta una infinita serie di dichiarazioni a giudizio degli interroganti pressapochiste e del tutto prive di riscontro oggettivo: dalla valutazione dei predatori realmente responsabili dei danni sugli ovini (l'accertamento della predazione non è avvenuto, in modo organico e scientificamente rilevate, su tutti gli episodi di predazione considerati, da parte di medico veterinario forense con pregressa esperienza), a presunti piani di mitigazione e di intervento dissuasivo che, soprattutto negli areale della provincia di Grosseto e Siena non hanno mai avuto un coordinamento e una organica applicazione;
   nel «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» si legge:
    «Oggettive condizioni di forte tensione sociale si possono verificare soprattutto in alcune parti dell'areale del lupo dove la specie ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione. In queste condizioni, il prelievo di alcuni esemplari può costituire, presso i gruppi di interesse più colpiti, una forma di gestione che può coadiuvare le altre azioni di prevenzione e mitigazione dei danni. Inoltre, può rappresentare un importante gesto di partecipazione e una dimostrazione di flessibilità che possono aiutare a superare il clima di contrapposizione che a volte sfocia in atti di bracconaggio incontrollabile. Può quindi contribuire ad instaurare quel clima di condivisione necessario ad attuare una più complessa strategia di coesistenza;
    obiettivo primario, quindi, di eventuali deroghe è di contribuire, insieme alla messa in opera, contemporanea ed effettiva, di molte altre azioni di gestione dei conflitti (vedi capitolo 3), alla riduzione a) di eventuali danni ripetuti e massicci su scala ristretta e b) del rischio percepito e alla mitigazione dei Conflitti sociali ed economici connessi alla coesistenza tra uomini e lupo». Tali affermazioni oltre ad essere ad avviso degli interroganti gravi e irricevibili, partono dalla conclusione, anziché considerare che, non solo perché la normativa lo prevede, ma anche per banale logica che prima fossero messi in atto contestualmente e coerentemente tutti i sistemi di dissuasione e tutte le azioni tese a prevenire ogni fenomeno di predazione (inclusa la corretta applicazione della legge n. 281 del 1991 per la prevenzione del randagismo) e che tali deduzioni, così come sono rappresentate, sono da considerarsi del tutto prive di fondamento tecnico scientifico e risultano altresì funzionali e demagogiche;
   si rammenta inoltre che l'avocata deroga per quelli che sono stati definiti eufemisticamente «prelievi» – leggasi abbattimenti – prevista dall'articolo 16 della direttiva Habitat, è concedibile solo quando sia stato dimostrato di aver messo in pratica tutta una serie di azioni preventive e previste dalla direttiva stessa;
   si è inoltre alimentata la fobia del lupo anche quale rischio per le persone, mentre dal Corpo forestale dello Stato, a fronte di tanto inutili quanto infondati allarmismi, presso il tavolo in provincia di Parma la Forestale dichiara: «Mai registrato un solo caso di aggressione all'uomo» (fonte http://www.parmatoday.it/cronaca/lupi-aggressioni-polemiche.html) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della chiara posizione della Commissione europea che nell'aprile 2014, in risposta all'europarlamentare italiano Zanoni alla sua interrogazione (E-002258-14) ha espresso la sua viva preoccupazione nei confronti degli atti di bracconaggio dei lupi come: «una minaccia per la salute dell'ambiente naturale, in particolare per il conseguimento degli obiettivi della direttiva «Habitat» e del primo obiettivo della strategia dell'UE per la biodiversità»;
   se i Ministri interrogati abbiano contezza tecnico-scientifica di tutti i progetti relativi alla raccolta di dati su studi di popolazione e abbiano richiesto esaustive informazioni sui metodi utilizzati, ovvero se esista uno schema di monitoraggio nazionale e quindi un quadro univoco e condiviso della popolazione del lupo, in termini numerici e di distribuzione reale;
   se i Ministri interrogati considerino accettabili i presupposti operativi del «piano lupo» come quello realizzato, basato su dati non pubblicati, pertanto privi, al momento, di valore scientifico;
   se i Ministri interrogati abbiano acquisito i dettagli relativi a modalità, metodi di indagine, rilievi, esami necroscopici e refertazione/certificazione di medico veterinario forense e altro sui presunti danni causati dai canidi sugli ovini e su tutta l'attività che si ritiene danneggiata dalla presenza dei lupi e/o altri canidi, soprattutto nei territori in cui si sono rilevati i gravi atti di bracconaggio;
   posto che il progetto Ibriwolf (Life 10 NAT/IT/000265 IBRIWOLF) secondo gli interroganti non ha portato i risultati prefissati e ha piuttosto sollecitato l'esacerbarsi delle tensioni con evidenti effetti drammatici ed esecrabili quali gli abbattimenti illegali dei lupi nelle zone in cui il piano è operativo, come il presupposto base del progetto stesso si concili con il regolamento (CE) n. 338/97 che considera gli animali fino all'F4 (ovvero fino alla quarta generazione) come «specie» dal punto di Vista di «tutela Cites», anche in ibridazione, ancorché con domestici;
   se le catture dei canidi (siano essi lupi e ibridi) siano state realizzate con metodi legittimi (quali per esempio il laccio), e con finalità giustificabili;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati ritengano di dover assumere in relazione alle valutazioni, considerazioni e dichiarazioni espresse nei pubblici consessi sopracitati, con particolare riferimento alla dottoressa Zacchia, funzionario del Ministero della salute e al dottor Madrucci, responsabile dell'asl Grosseto, in ragione del codice deontologico dei medici veterinari e del codice di comportamento del Ministero della salute e altro;
   posto che i responsabili dei progetti e i funzionari dei Ministeri debbono in primo luogo agire quali pubblici funzionari ai fini della corretta applicazione delle normative vigenti quale obiettivo della loro attività professionale e tecnica per cui sono remunerati e che, invece, anziché agire in tale direzione, essi hanno manifestato pubblicamente la necessità di sopprimere i cani randagi e hanno richiesto poteri speciali per ricorrere all'abbattimento dei lupi, quali iniziative di competenza i Ministri intendano assumere;
   se i Ministri interrogati intendano agire e con quali modalità per la prevenzione di ulteriori e gravi atti di bracconaggio dei lupi, anche in considerazione della perdita di patrimonio indisponibile dello Stato e se, per questo, abbiano intenzione di richiedere il dovuto risarcimento e abbiano intenzione di costituirsi parte civile negli eventuali procedimenti penali derivanti;
   se i Ministri interrogati abbiano considerato il grave danno causato dall'uccisione del gran numero dei lupi (considerato che gli esemplari rinvenuti rappresentano presumibilmente una minima parte di quelli uccisi realmente) e in che modo abbiano contribuito, per quanto di competenza, ad agevolare le indagini e la ricerca, con ogni mezzo, per identificare i responsabili di tali crimini e assicurarli alla giustizia, proprio in considerazione del grave danno causato al patrimonio indisponibile dello Stato, e quindi il danno alle casse pubbliche, in ragione della protezione speciale di cui gode la specie e anche del grave danno all'immagine – nazionale e internazionale – che ne è determinato;
   se il Ministro della salute abbia intenzione di monitorare, in collaborazione con le regioni e i comuni, l'operatività e i risultati, delle attività di contrasto ai fenomeni di cui in premessa, in particolare con riferimento ad atti di predazione in cui sia stato accertato coerentemente ed in modo scientifico il coinvolgimento di cani padronali senza controllo, di cani randagi o ferali garantendo il rispetto e la corretta applicazione delle normativa vigente nonché i ruoli e le competenze previste che non sono una opzione, ma un chiaro obbligo dato che si assiste alla ridicola manifestazione di denuncia del fenomeno del randagismo proprio da chi avrebbe in carico il compito di occuparsene seguendo rigorosamente i precetti contenuti nelle norme al riguardo;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia valutato e con quale criterio, di affidare il progetto «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» redatto a titolo oneroso e con affido diretto ad una onlus, anche in considerazione di quanto prescritto nel decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 articolo 7, comma 2, che fa riferimento alla previsione di monitoraggio delle popolazioni di lupi da parte delle regioni sulla base di linee guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Ispra e del Mipaf;
   se a quali verifiche intenda operare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che dovrebbe avere il dovere di imparzialità, rigore, rispetto e applicazione delle normative vigenti, nazionali ed internazionali, nella piena attuazione di ogni precetto in esse contenuto, prima di utilizzare gli strumenti suggeriti da tali piani, i quali, per stessa ammissione di chi li ha redatti e da una attenta loro disamina, non contengono dati scientificamente validi e pubblicati, soprattutto in considerazione del fatto che si fa chiaro e specifico riferimento alla possibilità di ottenimento della deroga alla «direttiva Habitat» articolo 16 per ciò che viene definito «prelievo» (abbattimento) e che, certamente, non risponde ai princìpi cardine di tutela della specie in questione;
   se si consideri opportuno mantenere nell'incarico ricoperto il funzionario dell'Ispra sopra indicato nonostante i suoi chiari personali coinvolgimenti nella vicenda richiamata in premessa;
   se i Ministri interrogati siano in possesso dei dati relativi all'applicazione di un piano organico, coordinato e armonico di utilizzo di tutti i sistemi di dissuasione esistenti che, nei distretti territoriali in cui sono stati applicati, hanno prodotto la riduzione della predazione fino ad oltre il 90 per cento;
   se i Ministri interrogati non ritengano che sia opportuno assumere iniziative per vietare i ripopolamenti a fini venatori degli ungulati;
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per ricondurre ad un livello di ragionevolezza e decenza le informazioni, spesso scorrette e infondate, che sono diffuse sul territorio anche a mezzo stampa tenuto conto che alcune dichiarazioni pubbliche da parte di funzionari dello Stato e responsabili dei progetti Life, hanno inevitabilmente scatenato una vera e propria psicosi dei canidi tutti (cani, lupi). (4-13595)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 6 dicembre 2016
nell'allegato B della seduta n. 711
4-13595
presentata da
BERNINI Paolo

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla conservazione e gestione del lupo in Italia, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
  La conservazione e la gestione del lupo costituiscono un argomento che catalizza l'attenzione dei portatori di interesse e della società civile suscitando ampio dibattito in tutte le sedi; inoltre, polarizza le posizioni su opposti schieramenti: da un lato, le ragioni di chi vede i danni provocati da questo predatore e, dall'altro, le ragioni di chi chiede la tutela ad oltranza di una specie protetta.
  In questo contesto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da sempre attento e informato riguardo alle tematiche connesse alla conservazione e gestione del lupo (come per i casi di bracconaggio citati dagli interroganti di cui all'interrogazione E-002258-14 e le relative posizioni della Commissione europea), si è attivato per aggiornare il piano d'azione del lupo, ormai superato in quanto datato al 2002. Questo anche grazie al fatto che, a seguito di anni di impegno e di risorse investite da parte delle amministrazioni pubbliche e di privati (non esiste alcuna specie protetta in Italia per la quale siano state investite più risorse), lo stato di conservazione del lupo è oggi notevolmente migliorato (tra 1.000 e 2.000 animali contro i poco più di 100 all'inizio degli anni 70). La più recente valutazione secondo le categorie della Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) indica il lupo in Italia non più come specie «in pericolo di estinzione», ma solo «vulnerabile».
  L'aggiornamento del piano d'azione è basato sulle migliori conoscenze scientifiche, in quanto redatto da oltre 70 esperti e condiviso con l'Ispra determinando il riconoscimento da parte di tutti della solidità tecnico-scientifica della bozza di piano.
  La bozza di piano, frutto di un anno di istruttoria, prevede 22 azioni di conservazione, tra le quali vi sono azioni di prevenzione e contrasto delle attività illegali, azioni per prevenire la presenza di cani vaganti e l'ibridazione lupo-cane e azioni di informazione e sensibilizzazione, oltre a quella sulle deroghe che non si configura come un'azione in senso stretto, perché costituisce una possibilità già prevista per legge e la cui operatività è peraltro stata posposta alla realizzazione delle azioni relative a prevenzione e indennizzo dei danni. Le soglie indicate nel piano non rappresentano una quota ma solo un prudenziale tetto massimo. Le singole richieste di rimozione in deroga dovranno essere conformi alle prescrizioni nazionali e comunitarie, saranno valutate dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e, solo successivamente, potranno essere autorizzate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito del generale obiettivo di conservazione della specie.
  L’iter di predisposizione, concertazione e approvazione del piano si sta svolgendo attraverso un percorso condotto in assoluta trasparenza tramite incontri di tecnici, consultazione dei portatori di interesse (associazioni di tutela degli animali, allevatori, eccetera), lavori del comitato paritetico per la biodiversità (organismo di governance della strategia nazionale della biodiversità al quale partecipano i Ministeri interessati e le regioni), nonché discussione in sede di conferenza Stato-regioni per l'acquisizione di un accordo.
  Nell'ambito del quadro sopradescritto e in relazione alle richieste degli interroganti, si ribadisce che tutto l'operato nelle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si svolge nel totale rispetto della normativa vigente, per garantire la conservazione del lupo, il benessere degli animali e minimizzare i conflitti derivanti dalla presenza del lupo sul territorio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

protezione degli animali

specie protetta

servizio sanitario