ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12811

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 606 del 12/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: NICCHI MARISA
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 12/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GREGORI MONICA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/04/2016
SCOTTO ARTURO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/04/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 12/04/2016
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12811
presentato da
NICCHI Marisa
testo di
Martedì 12 aprile 2016, seduta n. 606

   NICCHI, GREGORI e SCOTTO. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   l'11 aprile 2016 è stato reso noto l'accoglimento da parte del Consiglio d'Europa di un reclamo della Cgil, presentato nel 2013 alla Corte sulla violazione dei diritti alla salute delle donne che intendono accedere all'interruzione di gravidanza (secondo le modalità previste dalla legge) e dei medici non obiettori di coscienza;
   il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa ha quindi riconosciuto che l'Italia vìola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza, nonché i diritti degli stessi medici non obiettori di coscienza, «costretti» troppo spesso a sopperire alle carenze di organico dovuto alle elevate percentuali di medici obiettori (previsti dalla legge n. 194 del 1978), con quello che ciò comporta in termini di carico di lavoro e prospettive di carriera;
   in pratica con la decisione del Consiglio d'Europa si rimprovera ancora una volta l'Italia per la mancata corretta applicazione della legge n. 194 del 1978;
   «Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto — si legge nelle conclusioni — continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell'ottenere l'accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge»;
   il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa denuncia una situazione in cui «in alcuni casi, considerata l'urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche), in Italia o all'estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall'accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge n. 194 del 1978». Secondo il Comitato, questo tipo di situazioni possono «comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute»;
   come ricorda la stessa Cgil, il riconoscimento di queste violazioni, a distanza di ormai due anni dalla prima condanna del Comitato europeo nei confronti dell'Italia (decisione dell'8 marzo 2014 sul reclamo collettivo 87/2012), è una vittoria per le donne e per i medici, ma anche per l'Italia: essa costituisce un'importante occasione affinché si prenda finalmente coscienza dei problemi concreti di applicazione della disciplina (definita dalla Corte costituzionale quale regolamentazione irrinunciabile), finora del tutto disconosciuti dal Ministero della salute;
   il tasso di obiezione di coscienza tra il personale sanitario: nel 2013 sono risultati obiettori il 70 per cento dei ginecologi, il 49,3 per cento degli anestesisti, e il 46,5 per cento del personale non medico. Il tasso di ginecologi obiettori di coscienza, in alcune aree del Paese arriva a percentuali veramente inaccettabili: «93,3 per cento in Molise, 92,9 per cento nella PA di Bolzano, 90,2 per cento in Basilicata, 87,6 per cento in Sicilia, 86,1 per cento in Puglia, 81,8 per cento in Campania, 80,7 per cento in Lazio e in Abruzzo»;
   tutto ciò per gli interroganti è inaccettabile. In Italia esiste una legge che regolamenta le interruzioni volontarie di gravidanza è ora che venga rispettata in ogni struttura del Paese;
   se inoltre si considera il fenomeno della cosiddetta «obiezione di struttura»: circa il 35 per cento delle strutture viola il dettato dell'articolo 9 della legge n. 194 del 1978, proprio quello che regola il diritto a sollevare obiezione di coscienza, secondo cui: «Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale»;
   nonostante queste evidenti criticità nell'attuazione della legge e del suo monitoraggio, evidenziate anche nell'ultima relazione annuale sullo «Stato di attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza — legge 194/1978», la Ministra Lorenzin, ha sostenuto che «il numero di non obiettori risulta congruo, anche a livello sub-regionale, rispetto alle IVG effettuate, e non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda di IVG»;
   si ignora, dunque, a giudizio degli interroganti, che tali percentuali medie inevitabilmente «nascondono» le tante realtà di strutture sanitarie dove la legge n. 194 di fatto non viene applicata, o lo è solo parzialmente, e che quelle stesse percentuali impongono inevitabilmente un ruolo «penalizzante» ai pochi medici non obiettori, ossia quei 30 medici che si devono far carico del lavoro che gli altri 70 medici non sono disposti a fare;
   a livello nazionale, la principale conseguenza di un numero così elevato di obiettori di coscienza è quella di rendere estremamente difficoltosa la piena applicazione della legge n. 194 del 1978, con effetti negativi sia per le donne che chiedono l'interruzione volontaria di gravidanza, sia per gli operatori;
   negli ultimi tempi stanno emergendo sempre più denunce di un possibile ritorno degli aborti clandestini, che potrebbe vanificare molti dei dati riportati dalla relazione;
   il suddetto accoglimento da parte del Consiglio d'Europa del reclamo della Cgil, sulla violazione dei diritti alla salute delle donne che intendono accedere all'interruzione di gravidanza, è solo l'ennesima denuncia sulla mancata applicazione della legge sull'Ivg;
   dopo la pronuncia dell'organismo europeo, Lorenzin ha dichiarato che «non c’è alcuna violazione del diritto alla salute», e di essere molto stupita «perché dalle prime cose che ho letto mi sembra si rifacciano a dati vecchi che risalgono al 2013». È stupefacente per gli interroganti che si continui a negare la realtà e a non prendere piena consapevolezza delle gravi annose e perduranti criticità nell'applicazione della legge e nel mancato rispetto dei diritti delle donne, da troppo tempo denunciate e ora confermate anche dal Consiglio d'Europa;
   al riguardo, va rammentato che esistono già delle proposte di legge depositate in Parlamento, delle quali una a firma del primo firmatario del presente atto, finalizzate proprio a favorire la piena attuazione su tutto il territorio nazionale della legge n. 194 del 1978;
   peraltro, giova rammentare, ancora una volta, come dal 2009 è in commercio la Ru486, per l'interruzione volontaria della gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dall'articolo 15 della legge n. 194 del 1978;
   a quattro anni di distanza, tuttavia, nel 2013, solo il 9,7 per cento delle donne ha potuto interrompere la gravidanza con il metodo farmacologico, con l'elemento assurdo delle Marche dove tale metodica non sarebbe stata applicata in nessuna struttura della regione;
   questa sottoutilizzazione, che comporta la reale impossibilità delle donne di esercitare il diritto di scelta in relazione alle metodiche, è di fatto legata alle difficoltà organizzative dovute all'imposizione del ricovero ordinario nella stragrande maggioranza delle regioni, in luogo della procedura ambulatoriale;
   gli interroganti ritengono che sia dannoso e controproducente continuare ostinatamente a sottovalutare la perdurante inaccettabile impossibilità del nostro servizio sanitario a garantire in tutte le strutture sanitarie del Paese, il pieno diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza riconosciuto dalla legge n. 194 del 1978 –:
   quali iniziative urgenti si intendano mettere in atto al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 191 del 1978, nel rispetto del principio di libertà delle donne in materia di maternità responsabile e del riconoscimento della libera scelta e del diritto alla salute delle donne, assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, finalizzate anche all'assunzione di personale non obiettore al fine di garantire il servizio di Ivg;
   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, si intendano avviare al più presto, al fine di assicurare, come prevede la legge n. 194 del 1978, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica;
   se non si reputi indispensabile assumere iniziative di competenza per obbligare fin da subito ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio) a garantire la piena applicazione della legge, e fare in modo che solo in relazione al rispetto di questo impegno possa essere concesso/revocato l'accreditamento;
   se intenda assumere quanto prima tutte le iniziative di competenza utili affinché sia realmente implementato e facilitato su tutto il territorio nazionale l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico in regime di day hospital e, dove possibile, nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall'articolo 8 della legge n. 194 del 1978. (4-12811)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritti della donna

aborto

prestazione di servizi