ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05176

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 248 del 18/06/2014
Firmatari
Primo firmatario: GRILLO GIULIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/06/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
BARONI MASSIMO ENRICO MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014
DI VITA GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/06/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE 18/06/2014
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE 18/06/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 02/09/2014
Stato iter:
16/12/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 16/12/2015
VICARI SIMONA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 16/12/2015

CONCLUSO IL 16/12/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05176
presentato da
GRILLO Giulia
testo di
Mercoledì 18 giugno 2014, seduta n. 248

   GRILLO, MANTERO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, BARONI, DALL'OSSO, CECCONI e DI VITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   ormai è da anni che mari italiani sono sottoposti a rischio inquinamento a causa delle trivellazioni, ovvero dell'attività di ricerca petrolifera in corso lungo i litorali italiani che sempre più numerose scandagliano coste e fondali;
   secondo una stima di Legambiente, di qualche mese fa, se tutte le richieste di trivellazioni offshore dovessero essere accettate, l'area coinvolta dagli scavi raggiungerebbe una superficie complessiva di circa 30 mila chilometri quadrati, superiore all'intera Sicilia;
   inoltre, la maggior parte delle domande, arriva da compagnie petrolifere estere, che sperano di approfittare delle vantaggiose condizioni di ricerca offerte dall'Italia;
   dunque si continuano a privilegiare gli interessi delle compagnie petrolifere a discapito di una maggiore tutela delle risorse del mare che possano favorire l'economia locale;
   infatti, non bisogna tralasciare che l'Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri, come previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e successive modificazioni e integrazioni, secondo cui le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti on-shore, e, per il 4 per cento su quelli estratti in mare, contro una media delle aliquote applicate negli altri Paesi del mondo che oscilla tra il 20 e l'80 per cento;
   tanto è stato maggiormente permesso con l'approvazione durante il governo tecnico Monti della SEN, Strategia energetica nazionale, con decreto-legge del 27 dicembre 2012 del Ministro dello sviluppo economico;
   senza contare che a seguito del medesimo disegno di legge, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2013, è divenuto più allarmante il pericolo di trivellazioni off-shore in un'area che costituisce parte della piattaforma continentale italiana e si estende a est nel Mare Ionio meridionale e a sud-est nel Canale di Sicilia;
   infatti il provvedimento ha disposto il più grande allargamento di una zona marina concedibile per attività petrolifera «Zona marina C – settore sud, in Sicilia» per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi in mare, prevedendo tre mesi per richiedere i permessi, e che si sovrappone addirittura ai blocchi di mare di Malta per cui si è reso necessario a novembre 2013 un incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri e il premier maltese Joseph Muscat con il fine di superare, attraverso un accordo, l’impasse sull'esplorazione nelle aree contese;
   inoltre in Sicilia, come in tutta Italia, per ogni singola concessione c’è una franchigia annua per le prime 50 mila tonnellate, per le estrazioni offshore equivalenti a 300 mila barili di petrolio, mentre sotto questa soglia produttiva, le società non sono obbligate a pagare l'esiguo 4 per cento per le estrazioni offshore. Inoltre va sottolineato che è la compagnia l'unica responsabile della corretta misurazione delle quantità prodotte comunicate mensilmente all'URIG;
   prevedendo dunque la semplificazione dell’iter autorizzativo per il rilascio alle compagnie petrolifere dei permessi per la ricerca e sfruttamento degli idrocarburi anche in prossimità di coste e zone protette, sarebbero sostanzialmente esclusi gli aspetti di carattere ambientale; senza contare che tutti i soggetti interessati possono presentare istanze di permesso di prospezione o di ricerca per idrocarburi liquidi e gassosi ai sensi delle norme vigenti; le associazioni ambientalistiche, Greenpeace, insieme a Stoppa la Piattaforma, Apnea Pantelleria e le associazioni di pescatori, Agci-Agrital Sicilia e LegaCoop Pesca Sicilia, si sono opposte con forza alle trivellazioni off-shore;
   preme rilevare, che la normativa italiana si contrappone alla risoluzione legislativa votata in prima lettura dal Parlamento europeo il 21 maggio 2013, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e produzione nel settore degli idrocarburi, con la quale si avvia a compimento il procedimento per l'adozione del nuovo regolamento che prevede sostanziali innovazioni normative in materia di autorizzazione delle attività estrattive, prevenzione degli incidenti, responsabilità per il danno ambientale e cooperazione fra gli Stati membri dell'Unione europea, secondo la quale qualsiasi attività di trivellazione deve essere sottoposta a verifiche e controlli periodici, prevedendo che per ottenere una licenza siano indispensabili una valutazione di impatto ambientale e un piano di risposta alle possibili emergenze –:
   quale esito possano produrre ovvero hanno prodotto le suddette attività e quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla prosecuzione delle attività di ricerca;
   se non ritenga, il Ministro interrogato, di dover decidere l'immediata sospensione dei lavori e di attivarsi adottando provvedimenti di immediata moratoria di ogni tipo di ricerca e trivellazione in mare;
   in che modo e con quali tempi intenda procedere alla istituzione nel canale di Sicilia di una zona di protezione ecologica come previsto dalla legge n. 61 del 8 febbraio 2006;
   se ritenga opportuno dover rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le perforazioni in mare rilasciate a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2012, che ha ampliato la zona marina «C». (4-05176)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 16 dicembre 2015
nell'allegato B della seduta n. 537
4-05176
presentata da
GRILLO Giulia

  Risposta. — In via preliminare occorre fare alcune precisazioni in merito alla premesse riportate dall'interrogante.
  La strategia energetica nazionale (Sen), approvata con decreto interministeriale dell'8 marzo 2013, è stata adottata dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente, grazie a un procedimento partecipativo che ha coinvolto tutti gli attori interessati, amministrazioni centrali e territoriali, la conferenza Stato-regioni, le commissioni parlamentari competenti, gli stakeholder, gli operatori del settore e le associazioni portatrici di interessi diffusi.
  Il documento si colloca, tra l'altro, nell'ambito di una programmazione strategica sovranazionale, descritta nel pacchetto clima-energia 20-20-20 e nella Energy Road Map 2050 dell'Unione europea e, sebbene prioritariamente orientato alla promozione del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, prevede specificamente, sia pur in misura sussidiaria, il ricorso alla produzione nazionale di fonti fossili (gas e olio), ritenuto necessario a livello internazionale per garantire la sicurezza strategica degli approvvigionamenti nel processo di transizione verso la decarbonizzazione. Il documento Sen, in particolare, contiene una parte relativa allo sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi, dove si sottolinea la previsione di importanti benefici economici e occupazionali, pur nel rispetto dei più elevati standard internazionali in termini di sicurezza e tutela ambientale.
  I provvedimenti adottati dal Ministero dello sviluppo economico, compreso il decreto ministeriale cui gli interroganti fanno riferimento (decreto ministeriale 27 dicembre 2012) si muovono, pertanto, nell'ambito delle direttive di azione previste dal citato documento Sen tenendo in alta considerazione i profili di tutela ambientale e per nulla incidendo sulla severità delle istruttorie.
  Con il decreto ministeriale 27 dicembre 2012, il Ministero dello sviluppo economico ha infatti provveduto ad individuare le aree di mare sfruttabili per la ricerca e produzione di idrocarburi, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, decreto legislativo n. 625 del 1996, anche al fine di esercitare e rimarcare la sovranità nazionale in quelle parti di mare che, in base ai trattati internazionali, sono interne alla piattaforma continentale italiana, ma che, non essendo state ancora delimitate da accordi ed offrendo importanti prospettive di interesse petrolifero, sono state aperte alla ricerca anche da parte di altri Paesi del Mediterraneo, quali appunto Malta.
  Occorre ricordare inoltre che il predetto decreto ministeriale, proprio al fine di tenere in alta considerazione i profili di tutela ambientale, ha avuto dei successivi aggiornamenti. Per tener conto delle modifiche apportate al Codice dell'ambiente, con le quali sono state vietate le attività minerarie, sia ad olio che a gas, nelle aree marine e costiere e nelle zone di mare poste entro le dodici miglia, il decreto ministeriale 27 dicembre 2012 è stato, infatti, aggiornato con il successivo pereto del Ministro dello sviluppo economico del 9 agosto 2013, che ha ridimensionato tutte le «zone marine» aperte alle attività minerarie, riducendole di circa la metà. In particolare, la superficie della zona marina «C» è stata rimodulata e ridotta del 30 per cento da chilometri quadrati 46.390 a chilometri quadrati 32.720. Ciò a testimonianza di come gli aspetti ambientali siano stati sempre presi in debita considerazione e mai esclusi nell'ambito delle politiche di sviluppo del Ministero dello sviluppo economico.
  Preme tra l'altro segnalare che il Ministero dello sviluppo economico ha avuto un ruolo particolarmente attivo anche nel recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, promuovendone insieme al Ministero dell'ambiente, la rapida trasposizione nella normativa nazionale, al fine di rafforzare ulteriormente il livello di sicurezza nelle attività offshore. L’iter di recepimento si è recentemente concluso con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo n. 145 del 18 agosto 2015. Tale decreto si inserisce in un quadro normativo già esistente in materia di sicurezza e di protezione del mare dall'inquinamento che ha finora garantito, attraverso una rigorosa applicazione e costanti controlli da parte delle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo economico, in collaborazione con gli altri enti competenti, il raggiungimento dei più alti livelli europei di sicurezza per i lavoratori e l'ambiente.
  Con la nuova normativa si è inteso comunque minimizzare ulteriormente il rischio di incidenti gravi e di limitarne le conseguenze, attraverso una gestione sistematica del rischio, nuovi sistemi di controllo continuo, l'istituzione di un comitato tecnico che vigilerà sul pieno rispetto delle nuove regole e con l'introduzione di maggiori forme di garanzia economica per coprire eventuali responsabilità.
  Da ultimo, va rilevato, in merito ai dati riportati dagli interroganti sulle royalties e sulla pressione fiscale del settore upstream in Italia e negli altri Paesi del mondo, che gli stessi non possono essere considerati in senso assoluto, ma vanno contestualizzati.
  Va premesso, innanzitutto, che le attività petrolifere coinvolgono un indotto che crea occupazione e sostentamento per una moltitudine di attività industriali e logistiche collaterali, tali da non poter essere trascurate. Il valore aggiunto complessivo, che giustifica l'interesse per un segmento industriale particolare come quello petrolifero, deve essere pertanto considerato in un contesto più ampio rispetto alle sole valutazioni delle royalties.
  L'ammontare dell'aliquota di prodotto (royalties) che il titolare della concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente allo Stato per le produzioni a mare è stata, infatti, aumentata dal 2012, al 10 per cento per il gas e al 7 per cento per l'olio. L'ammontare del 4 per cento risulta pertanto superato, sia a livello nazionale, sia nella regione Siciliana che, in qualità di regione a statuto speciale, gode di un proprio specifico regime di royalties, tra l'altro, ancora più elevato rispetto a quello nazionale.
  Si specifica, altresì, che l'aliquota di prodotto (royalties) versata dalle compagnie petrolifere italiane costituisce solo una parte limitata della tassazione globale cui sono soggette. Ad una royalty del 10 per cento sui ricavi, equivalente ad una tassa sugli utili del 22 per cento vanno infatti aggiunte le ulteriori componenti dell'attuale tassazione italiana (IRES, IRAP e relative addizionali), che complessivamente producono un prelievo fiscale totale sulle attività di estrazione e produzione di idrocarburi pari al 60 per cento (Studio Nomisma Energia: Tassazione della produzione di gas e petrolio in Italia: un confronto, 2012).
  Ciò premesso, in merito alle richieste avanzate dagli interroganti si specifica, che sull'area marina «C» non sono state rilasciate nuove autorizzazioni a seguito dell'adozione del decreto ministeriale 27 dicembre 2012 e che, dal punto di vista operativo, non sono emersi ad oggi fattori e/o condizioni che possano giustificare un intervento in moratoria delle attività di ricerca e produzione di idrocarburi, né tantomeno una revoca delle concessioni già rilasciate. I controlli puntuali delle Amministrazioni preposte non hanno infatti lasciato spazio a valutazioni di carattere negativo nei confronti dell'attività petrolifera italiana che osserva standard tecnici operativi in linea con le migliori best practice sancite a livello europeo e mondiale. Qualsiasi possibile miglioramento alle tecniche e alle metodologie operative che il progresso scientifico potrà offrire nel tempo verrà certamente adottato, in una logica di massima attenzione per i fattori di protezione ambientale, per la biodiversità, il patrimonio archeologico e storico, la convivenza con le altre attività antropiche.
  Non sembrano pertanto esistere i presupposti che possano consentire di procedere alla revoca dei titoli abilitativi già rilasciati. Un'eventuale sospensione di ogni tipo di attività upstream nell'offshore italiano comporterebbe, inoltre, gravosi contenziosi con gli operatori, con l'inevitabile conseguenza di dover sostenere costi ingenti di decommissioning per lo smantellamento e il ripristino di impianti produttivi mai entrati in esercizio, nonché di risarcimento del danno da legittimo affidamento.
La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economicoSimona Vicari.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

idrocarburo

Sicilia

trivellazione in mare

prevenzione dell'inquinamento

protezione dell'ambiente

impatto ambientale

industria petrolifera