ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/03364

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 162 del 29/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 29/01/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI delegato in data 29/01/2014
Stato iter:
27/02/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 27/02/2014
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 27/02/2014

CONCLUSO IL 27/02/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-03364
presentato da
RIZZETTO Walter
testo presentato
Mercoledì 29 gennaio 2014
modificato
Mercoledì 5 febbraio 2014, seduta n. 167

   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
in data 18 gennaio 2014, si è appreso dalla stampa che due operai calabresi sono scomparsi in Libia, in località Derna della Cirenaica, centro della presenza integralista e qaedista in Libia;
si tratta di Francesco Scalise, 62 anni, e Luciano Gallo, 48 anni, residenti rispettivamente nei comuni di Pianopoli e Feroleto Antico, in provincia di Catanzaro, i quali lavoravano da alcuni mesi alla realizzazione di una strada in territorio libico per la ditta General World, presente nel Crotonese con un ufficio a Petilia Policastro;
la notizia è stata confermata all'AGI da fonti governative, che secondo una prima ricostruzione, hanno accertato che i due operai erano usciti, in data 17 gennaio 2014, con il furgone della ditta, dovendo terminare dei lavori stradali per la posa di un cavo di telecomunicazioni;
gli stessi si trovavano a Matouba, a 25 chilometri da Derna, in direzione di Tobruk, allorché, a quanto riferisce l'autista, un gruppo di uomini a volto coperto li ha fermati ripartendo con gli italiani sulle loro auto;
la scomparsa dei due operai calabresi in Libia è stata denunciata dal fratello di Francesco Scalise, operaio che si trova anch'egli in Cirenaica per lavoro, il quale si è recato all'ambasciata italiana di Tripoli per presentare denuncia, posto che i due operai non hanno fatto rientro nei tempi previsti;
sono state inutili le ricerche avviate dai colleghi e vani anche i tentativi di provare a contattarli attraverso i telefoni cellulari;
il console italiano a Bengasi, Federico Ciattaglia, ha riferito all'Agi: «stiamo facendo tutti gli accertamenti possibili per chiarire la situazione» aggiungendo che la zona della località Derna è «ad alto rischio», a riguardo, ha aggiunto: «sappiamo che in quella zona la situazione è molto difficile e lo abbiamo segnalato» e «ci rendiamo conto che molte aziende hanno fatto scelte coraggiose di operare in quella zona»;
il Ministero degli affari esteri sembra abbia riferito di avere attivato tutti i propri contatti per il recupero dei dispersi, inoltre, risulta che lo stesso abbia dichiarato che è stata una scelta irresponsabile della ditta mandare gli operai in Libia senza coordinarsi con la Farnesina;
di contro, sul punto, si ritiene che vi siano delle gravi responsabilità del Ministero degli affari esteri per quanto concerne la sicurezza degli operai italiani che lavorano in Libia, considerando che il predetto Ministero è ben consapevole che molte imprese italiane operano in tale territorio;
ed ancora, si rileva che, il Ministero degli affari esteri, oltre a non porre in essere i necessari interventi per tutelare l'incolumità fisica di coloro che lavorano in territorio libico, non ha neanche adottato i dovuti provvedimenti per la liquidazione dei crediti delle imprese italiane in Libia successivi all'embargo dell'anno 1992 nonché alla crisi dell'anno 2011;
la mancata liquidazione di tali crediti, determinando la crisi delle aziende coinvolte, ha costretto, a rischio di vita, gli imprenditori e gli operai delle stesse a continuare ad operare in Libia pur di far «sopravvivere» tali attività;
negli anni, tali fatti sono stati denunciati più volte dalle imprese, tra cui la friulana Bitumi International srl, al Ministero degli affari esteri e, da quando è in carica, allo stesso Ministro Emma Bonino, tuttavia, ad oggi, tali realtà risultano totalmente abbandonate dalle istituzioni –:
se e quali provvedimenti siano stati adottati dal Ministro interrogato per rintracciare i due operai, Francesco Scalise e Luciano Gallo, scomparsi in territorio libico;
se e quali interventi abbia posto in essere il Ministro interrogato per tutelare i lavoratori delle imprese italiane che operano in Libia, considerando la situazione a rischio sicurezza che sussiste in tale Stato;
se e quali provvedimenti abbia adottato per risolvere la ben nota situazione che vede una moltitudine di imprese italiane in attesa, da molti anni, della liquidazione di crediti in Libia, costringendo le stesse, per stato di necessità, a continuare ad operare in territorio libico al fine di far sopravvivere le proprie attività. (4-03364)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 27 febbraio 2014
nell'allegato B della seduta n. 181
4-03364
presentata da
RIZZETTO Walter

  Risposta. — È ormai noto l'esito positivo che ha avuto la vicenda dei due connazionali, Francesco Scalise e Luciano Gallo, rapiti il 17 gennaio 2014 nelle vicinanze di Derna, nella regione della Cirenaica, dove lavoravano per la società italiana General Work. Merita essere sottolineato come la loro liberazione, avvenuta lo scorso 7 febbraio, sia stata anche il frutto della collaborazione tra questo Governo ed i servizi di informazione libici, che ha sicuramente favorito la rapidità con cui le operazioni di ricerca si sono concluse.
  A seguito della segnalazione del sequestro fatta dall'Ambasciata d'Italia a Tripoli, il Ministero degli affari esteri si è immediatamente attivato in coordinamento con le altre competenti articolazioni dello Stato, procedendo alle necessarie verifiche ed attivando gli opportuni canali di ricerca. Contestualmente, come di consueto avviene in tali circostanze, è stato stabilito un canale diretto con le famiglie per aggiornarle sulla situazione. Le famiglie sono inoltre state ricevute presso l'unità di crisi di questo Ministero per un punto di situazione e con loro sono stati mantenuti costanti contatti.
  Dalle verifiche effettuate è emerso che la ditta per cui lavoravano i due connazionali non aveva segnalato la loro presenza alla nostra rappresentanza diplomatica né a questo Ministero degli affari esteri. I due lavoratori italiani non risultavano infatti iscritti in alcuna lista istituzionale (Aire e/o presenze temporanee) e non avevano proceduto a registrarsi nemmeno al sito dell'unità di crisi/Ministero degli affari esteri www.dovesiamonelmondo.it come suggerito dall'avviso sicurezza Libia presente nel portale www.viaggiaresicuri.it. e da tutti fruibile.
  A tale proposito è opportuno ricordare che il predetto avviso, alla data in cui avveniva il sequestro, conteneva specifiche raccomandazioni per i connazionali che intendevano recarsi in Libia. Il predetto sito citava infatti che «a causa della fluida situazione politica si sconsigliavano in questo momento i viaggi verso l'intero territorio libico»; in particolare si raccomandava di mantenere particolarmente elevato il livello di allerta tra la comunità straniera presente in Libia citando in particolare la situazione in Cirenaica ove «a seguito dell'attentato del 12 gennaio 2013 contro il Console generale italiano a Bengasi e alla luce del nuovo scenario di sicurezza nonché della sospensione dell'attività del Consolato generale è al momento assolutamente sconsigliata la presenza di connazionale nell'area».
  Tali raccomandazioni sono state pubblicate al fine di rendere tutti i nostri connazionali, che intendevano ed intendono recarsi in Libia, ben consapevoli del precario quadro di sicurezza in cui versa il Paese africano con particolare riferimento ai lavoratori e agli operatori economici.
  Per quanto concerne la sicurezza degli operai italiani che lavorano in Libia, preme ricordare come l'Ambasciata d'Italia a Tripoli intrattenga uno strettissimo e costante contatto con tutti i connazionali presenti e con tutte le realtà imprenditoriali che ad essa si sono regolarmente notificate, destinatarie peraltro di regolari informative sulla situazione di sicurezza recanti anche istruzioni di comportamento in relazione a specifiche situazioni di rischio.
  Tale sistema di monitoraggio ed informazione, attivo ventiquattro ore su ventiquattro per 365 giorni l'anno, è peraltro particolarmente apprezzato dalla nostra comunità di affari presente nel Paese e si è rivelato di estrema utilità in molteplici circostanze proprio a tutela dell'incolumità dei nostri connazionali. Si ricordano, a mero titolo di esempio, le istruzioni diffuse nel corso dell'attacco all'Hotel Radisson del 7 e 8 novembre scorso che hanno consentito ad alcuni connazionali presenti di gestire in sicurezza la loro permanenza a Tripoli.
  Il Governo italiano è infine perfettamente consapevole dell'importanza della questione dei crediti per le nostre aziende coinvolte e con impegni in Libia che è sempre stata posta al centro dei colloqui in tutte le occasioni di incontro con le Autorità di Tripoli. Gli imprenditori italiani (e stranieri in generale) si aspettano dal Governo di Tripoli una sollecita liquidazione dei crediti maturati dalle imprese prima della rivoluzione e del pagamento degli indennizzi per quelle aziende che hanno subito danni durante gli eventi bellici del 2011. Si tratta di una risposta concreta e finanziariamente sostenibile, che tuttavia le Autorità libiche hanno finora posticipato in ragione delle difficoltà incontrate dal Governo nell'adozione di provvedimenti di spesa dopo la caduta del regime di Gheddafi.
  Non sono mai state accolte, da parte delle Autorità di Tripoli, ipotesi di soluzione del problema dei crediti «recenti» attraverso un meccanismo di gestione collettivo degli stessi, né con riferimento alle imprese italiane, né per quelle di qualsivoglia altro Paese straniero. Al contrario, da parte libica è stata sempre sostenuta la necessità di rivedere i contratti in forma individuale e di dare luce alla loro riattivazione, con contestuale sistemazione delle relative pendenze finanziarie. La proposta più volte avanzata alle aziende straniere di riprendere l'esecuzione dei progetti a fronte del pagamento immediato del 50 per cento dei crediti maturati, cui avrebbe fatto seguito il pagamento dilazionato del restante ammontare, ha iniziato ad avere parziale attuazione dopo l'approvazione del bilancio 2013 quando gli enti pubblici a carattere economico hanno iniziato a ricevere, seppur a piccole tranche, i finanziamenti necessari a dare corso alla ripresa dei lavori secondo i termini testé ricordati. A beneficiarne sono state anche alcune aziende italiane.
  Per quanto attiene i crediti recenti delle aziende italiane, il cui ammontare complessivo si colloca intorno ai 600 milioni di euro, oltre un quarto è stato finora recuperato, in particolare nelle componenti legate al settore energetico, a maggior ragione se con controparte privata, e nei casi in cui la controparte pubblica era costituita da enti e agenzie dotate di una propria autonomia di spesa (soprattutto in settori diversi da quelli delle costruzioni). Un numero crescente di aziende italiane ha segnalato di aver ripreso l'esecuzione dei contratti interrotti dalla crisi libica e recuperato in tutto o in parte i crediti già maturati. Un'ampia parte dei crediti maturati dovrebbe rientrare nelle casse delle aziende italiane grazie alla progressiva applicazione del piano di riavvio delle opere sospese. In quest'ambito, l'azione di sensibilizzazione sulle Autorità libiche da parte italiana e di altri Paesi è stata costante, soprattutto in considerazione del fatto che molta parte dei crediti grava in ampia misura su aziende spesso non in grado di sostenere un'esposizione finanziaria consistente e protratta nel tempo, con il conseguente rischio di fallimento o comunque di interruzione dell'attività dell'azienda. Il Governo è pienamente consapevole che casi del genere, se non risolti con urgenza, rischiano di minare l'esistenza stessa delle società di piccole e medie dimensioni. Per tale ragione, l'azione di sensibilizzazione sulle Autorità di Tripoli viene condotta in modo continuativo ed ininterrotto sin dal loro insediamento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.

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