ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01763

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 73 del 09/09/2013
Firmatari
Primo firmatario: PLACIDO ANTONIO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 09/09/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI 09/09/2013
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE delegato in data 06/11/2013
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

SOLLECITO IL 27/11/2013

SOLLECITO IL 30/01/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01763
presentato da
PLACIDO Antonio
testo di
Lunedì 9 settembre 2013, seduta n. 73

   PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 della legge n. 68 del 1999, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, al secondo comma prevede: «In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all'articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all'articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione»;
   successivamente alla approvazione della legge n. 68 del 1999, veniva emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 (Regolamento di esecuzione per l'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68), il quale all'articolo 9, commi 3 e 4, espressamente recita: «3. Ai fini della definizione da parte delle regioni, dell'attribuzione dei punteggi di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione delle graduatorie, le regioni medesime, a norma di quanto previsto dall'articolo 8, comma 4, della legge n. 68 del 1999, tengono conto, prioritariamente, dei seguenti criteri generali:
    a) anzianità di iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio;
    b) condizione economica;
    c) carico familiare;
    d) difficoltà di locomozione nel territorio.
   4. Le regioni, in base alle singole esigenze locali, possono individuare ulteriori criteri rispetto a quelli di cui al comma 1»;
   sempre per un corretto inquadramento della normativa relativa all'argomento della presente interrogazione, deve essere ulteriormente richiamato l'articolo 3, comma 123, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) che ha stabilito l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro alle vittime del terrorismo. Tale articolo prevede, per l'appunto, l'equiparazione della categoria degli orfani o, in alternativa, del coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro, a quella delle vittime del terrorismo di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, prevedendo ai fini del collocamento obbligatorio, un diritto di precedenza con preferenza a parità di titoli, per i soggetti indicati rispetto ad ogni altra categoria, introducendo riserve di posti per l'assunzione ad ogni livello e qualifica anche a favore di coloro che svolgono già un'attività lavorativa;
   in Italia, quindi, dopo un costante processo evolutivo della normativa sul lavoro, attualmente le vedove e gli orfani dei caduti sul lavoro sono tutelati principalmente dall'articolo 18 della legge n. 68 del 1999 e successivamente sono stati equiparati, nel 2007, quanto alla loro tutela, alle vittime del terrorismo;
   si è passati, così, dalle prime forme di tutela e di solidarietà offerte dalle società operaie di mutuo soccorso e dalle prime forme di tutela sindacale ad una codificazione legislativa di una (per certi versi) impropria (proprio perché lasciata al volontarismo) primitiva o originaria forma di assistenza. Attualmente, pertanto, è lo Stato che si prende carico, attraverso un meccanismo che dovrebbe garantirne la priorità nella collocazione lavorativa, dei familiari delle vittime dei caduti sul lavoro, equiparati alle vittime del terrorismo;
   la frammentarietà e l'assenza di una disciplina organica che garantisca una applicazione omogenea che non determini disparità e disuguaglianze tra regione e regione, territorio e territorio, produce effetti paradossali e assai discriminatori dei diritti dei cittadini che versano nelle condizioni previste dalla legge;
   così se è vero che, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000, «le regioni, in base alle singole esigenze locali, possono individuare ulteriori criteri rispetto a quelli di cui al comma 1», i quali restano i criteri generali, è altrettanto vero che non potrebbe in alcun modo essere possibile (proprio ai sensi del dettato normativo testé riportato) che gli «ulteriori» criteri nella realtà nullifichino e vanifichino il precetto legislativo in questione;
   a questo proposito sarebbe accaduto, e sembra continui ad accadere, che, per gli avvisi pubblici per l'avviamento a selezione per l'assunzione presso gli enti locali o enti sub regionali della Basilicata con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di lavoratori appartenenti alle categorie protette di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, si faccia riferimento, a quanto consta all'interrogante, quanto all'anzianità, non già ai criteri generali di cui all'articolo 9, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 bensì al decreto legislativo n. 181 del 2000. Ciò determina come conseguenza immediata che le graduatorie previste e stilate dai centri per l'impiego (CPI) provinciali ai sensi della legge n. 68 del 1999, vengano formulate con un criterio peraltro nemmeno espressamente contenuto nel dettato del decreto legislativo n. 181 del 2000 appena richiamato. Questa interpretazione della legge e questa conseguente ed incomprensibile discrasia è dovuta alla applicazione, solamente ai fini degli avvisi pubblici a cui si è innanzi fatto cenno, di un diverso periodo di anzianità di iscrizione che viene ricalcolato in funzione di ogni nuovo e diverso avviso pubblico;
   in realtà, la ratio ispiratrice di detto decreto è quella di fissare criteri di indirizzo in materia di lavoro anche per adeguare il sistema di incontro tra domanda e offerta agli indirizzi comunitari intesi a promuovere strategie preventive della disoccupazione giovanile e della disoccupazione di lunga durata. Sulla base di detta finalità ispiratrice, le regioni avrebbero potuto in via generale dotarsi di strumenti più particolari tesi a favorire l'incontro di domanda e offerta di lavoro;
   questa applicazione del dettato normativo che l'interrogante giudica impropria determina che le graduatorie regionali della regione in questione (redatte per gli avvisi pubblici di avviamento a selezione di lavoratori ex articolo 18, legge n. 68 del 1999), che dovrebbero essere la mera risultante delle due graduatorie provinciali (Potenza e Matera), vedono comparire soggetti che non erano presenti in nessuna delle due graduatorie provinciali nell'anno precedente e che invece vi rientrano con una anzianità rilevante;
   questa applicazione già di per sé determina sostanzialmente una mancanza di trasparenza perché i soggetti iscritti nelle graduatorie ex lege n. 68 del 1999, i quali hanno una legittima aspirazione a vedersi collocati una volta che le graduatorie medesime vedranno scorrere «verso l'alto» la propria posizione, in realtà, ad ogni avviso pubblico per la selezione di lavoratori ex articolo 18, comma 2, legge n. 68 del 1999, si possono vedere sopravanzare da lavoratori mai iscritti prima nelle graduatorie previste ex lege (ma che risultano con una anzianità di diversi anni) o che addirittura siano presenti soggetti che, nelle graduatorie ai sensi della legge n. 68 del 1999, hanno una certa anzianità e così si trovino «indietro», mentre nella specifica ed apposita graduatoria di cui all'avviso pubblico, se ne ritrovino all'improvviso un'altra, «avanti» di posizione;
   in verità, questa situazione è evidente, per lo meno, con riferimento agli avvisi pubblici nei quali ictu oculi si determina una situazione sicuramente diversa da quello che risultava precedentemente dalle graduatorie provinciali. Tuttavia, ciò è possibile evincerlo unicamente in relazione a situazioni più «antiche». Infatti, ciò che preoccupa ulteriormente è che, in virtù di quella che si ritiene una impropria applicazione, sia pure a livello della regione in questione, del dettato legislativo nazionale, un soggetto rientrante nelle categorie di cui all'articolo 18 della legge n. 68 del 1999 (ma in realtà questa applicazione impropria della legge vale per tutti i lavoratori), anche nel momento in cui si iscrive nelle relative graduatorie presso il CPI di riferimento invece che maturare quale dies a quo della propria anzianità il giorno di iscrizione (ai sensi della laconica formulazione «anzianità ex lege n. 181 del 2000») potrebbe nella sostanza autocertificare una anzianità più risalente nel tempo rispetto a quella prevista ex lege (legge n. 68 del 1999 e decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000) e così frustrarne il relativo dettato normativo. In pratica, soprattutto per le iscrizioni più recenti potrebbe accadere che sin nel momento della iscrizione nel CPI si autocertifichi l'anzianità sopravanzando coloro i quali sono in attesa, perché iscritti, da più tempo. Quindi, nonostante una iscrizione assai recente che continua – o sarebbe più giusto dire «dovrebbe continuare» – ad essere l'unico criterio su cui fondare un diverso punteggio ai fini della possibilità del collocamento rispetto a coloro che conservano una anzianità di iscrizione maggiore, che in questo senso dovrebbero risultarne avvantaggiati, si possa ottenere d'emblée un punteggio di disoccupazione ben maggiore perché, autocertificando la propria anzianità, chi si iscrive oggi, ai sensi di questa discutibile applicazione del decreto legislativo n. 181 del 2000, possa risultare iscritto anche da 10 anni, ad esempio. Il tutto senza che gli altri soggetti iscritti possano avvedersene;
   per esemplificare ulteriormente, così procedendo, accade che una persona a cui muore il proprio genitore, sul lavoro, nel 2013, e da oggi si metta in cerca di occupazione chiedendo la propria iscrizione nel centro per l'impiego, potrebbe autocertificare una anzianità di vent'anni così scavalcando persone che attendono nelle liste da ben più tempo. Questo modo di procedere appare all'interrogante, ove confermato, assurdo, illogico, iniquo, diseguale, dal momento che chi si viene a trovare solo oggi in una situazione come quella che la legge vuole tutelare non può precedere, grazie ad una «applicazione impropria» della legge, coloro i quali sono in cerca di occupazione da ben più tempo;
   quanto sino ad ora evidenziato (nei punti che precedono) rappresenta, in un certo senso, una interpretazione possibile di ciò che accade mentre il dato incontrovertibile rimane che, da un anno all'altro risulta che sarebbero ricompresi nell'ambito delle graduatorie provinciali (e con una anzianità, alcune volte, risalente nel tempo) soggetti che nella graduatoria dell'anno precedente non risultavano presenti;
   sempre in relazione a ciò che accade nell'ambito delle categorie in argomento, va precisato che, ai fini del riconoscimento dello status di orfani e di coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro [...], tanto alcuni siti ministeriali che circolari esplicative richiedono che sia l'INAIL ad attestare l'avvenuta corresponsione della rendita in virtù del conclamato riconoscimento dell'evento che li riguarda in relazione all'attività lavorativa prestata dal proprio congiunto. Non è possibile, in pratica, che questa condizione, o status, possa essere autocertificata né che vi siano altre forme «equipollenti» di attestazione, come ad esempio verbale dei carabinieri, atto notorio, attestazioni aziendali, certificazioni INAIL in cui l'evento morte non viene messo in relazione di causalità come nesso eziologico con l'infortunio precedentemente occorso e in cui non si fa cenno alla corresponsione di una rendita, cosa che purtroppo a quanto consta all'interrogante potrebbe accadere in relazione a soggetti presenti nelle graduatorie provinciali o negli avvisi pubblici di avviamento a selezione. In questo modo non vi sarebbe la certezza che alcuni soggetti abbiano titolo di preferenza nell'iscrizione nelle graduatorie di cui si tratta né ad accedere agli avvisi pubblici a selezione con priorità rispetto agli altri;
   la precisazione svolta al punto che precede assume assoluta rilevanza con riferimento ai congiunti di vittime del lavoro. Infatti, l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro con le vittime del terrorismo ha determinato, quale forma di ristoro per gli stretti congiunti dei caduti sul lavoro (alla stessa stregua dei congiunti dei caduti per mano terroristica), una serie di «privilegi» per tali soggetti anteponendoli a qualsivoglia altra categoria in caso di assunzione. Essi, ad esempio, mantengono il diritto ad un titolo di preferenza nei concorsi pubblici a parità di punteggio a prescindere dallo stato di disoccupazione ed a prescindere dalla stessa iscrizione nelle liste (purché comprovino tale status) oppure, sempre per rimanere ad una ipotesi esemplificativa, nel comparto Ministeri, hanno il diritto alla chiamata nominativa diretta anche in relazione alle categorie B3, C1 e C2 (per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo) e fino al 10 per cento delle carenze in organico (vale a dire ben oltre le aliquote di riserva delle categorie protette). Orbene, da tale equiparazione, deriva che nell'ambito della categoria «non disabili», grazie e proprio in virtù della suddetta richiamata equiparazione, gli orfani abbiano diritto a una precedenza assoluta rispetto agli altri soggetti che pure hanno diritto alla iscrizione nella stessa categoria e alla quota di riserva dell'1 per cento. Tuttavia la mancata verifica dello status in questione (verifica della sussistenza certificazione INAIL che solo parzialmente avviene unicamente per la provincia di Potenza), in uno alla mancata evidenziazione di una distinzione all'interno della graduatoria («non disabili») tra gli orfani e gli altri soggetti, rende non agevole verificare chi effettivamente e legittimamente sopravanza altri. Questo modo di procedere non rappresenta secondo l'interrogante assolutamente un elemento di trasparenza;
   l'articolo 21 della legge 12 marzo 1999 n. 68 prevede: «1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro stesso». La relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge in questione è scritta sulla scorta dei dati che annualmente le regioni sono tenute ad inviare; la norma non prevede una sanzione in caso del mancato invio delle informazioni da parte delle regioni. Con riferimento alla Basilicata, tuttavia, dalle relazioni presentate, emergono una serie di dati che non appaiono collimanti con quanto emerge dalle graduatorie provinciali relative agli stessi anni di riferimento, soprattutto per ciò che attiene ai «non disabili» ci sono inoltre una serie di dati discutibili. Infatti, a fronte di un numero complessivo di iscritti al 31 dicembre di ogni anno che progressivamente decresce dai 756 del 2003 ai circa 603 del 2010, vi è un numero di iscritti durante l'anno che inizialmente passa dai 79 del 2003 ai 27 del 2006 salvo poi avere una brusca impennata dal 2007, in cui raggiunge le 109 unità, rimaste poi pressoché costanti negli anni successivi;
   va precisato che esistono nella sostanza due tipi di iscrizioni: a) quella degli iscritti al «31 dicembre», che è la graduatoria stilata per coloro i quali sono in cerca di occupazione; b) quella degli iscritti «durante l'anno», che non rientrano ancora a far parte della graduatoria effettiva ma vi rientreranno l'anno successivo;
   i nuovi iscritti «durante l'anno» contemplano anche le morti o gli infortuni sul lavoro che producano una invalidità che la legge richiede per tale iscrizione e che siano state (come status) riconosciute dall'INAIL;
   orbene, basta porre mente ai dati INAIL, per rendersi conto che l'incidenza delle morti e di simili infortuni, per ciò che attiene alla gestione regionale, può dirsi molto contenuta e il numero di coloro i quali possono maturare un diritto alla iscrizione può tranquillamente considerarsi limitato in pochissime unità, in media una decina;
   il numero di persone complessivamente avviate al lavoro annualmente nel periodo di riferimento – 2003/2010 – è variato da un minimo di 13 unità ad un massimo di 41;
   nelle relazioni biennali inviate dal Ministero al Parlamento emerge che il numero degli iscritti «durante l'anno» per l'intera regione Basilicata, vale a dire di nuovi soggetti che versino nelle condizioni richieste dalla legge, risulta indicato (nelle relazioni ministeriale) in 79 unità nel 2003 40 nel 2005, 27 nel 2006, 109 nel 2007, 101 nel 2008, 96 nel 2009 e 100 nel 2010 (mancano nelle relazioni i dati del 2004 e del 2011 perché non comunicati dalla regione). È perlomeno singolare verificare come per i dati ufficiali INAIL le morti sul lavoro dal 2007 al 2010 siano state in media pari a 12,8 unità all'anno. Immaginando una media che rimane pressoché costante (salvo piccole variazioni) non si comprende un numero di persone così elevato ed anomalo, e che rimane costante nel tempo, di persone che ogni anno si iscrivono ex novo;
   proprio partendo dai dati INAIL a cui si è innanzi fatto riferimento non è facilmente spiegabile l'impennata di iscrizione che si registra nel 2007, quando si è passati dalle 27 unità dell'anno precedente a 109. Complessivamente, infatti, dal 2003 al 2010 – secondo i dati della relazione ministeriale – si registrano complessivamente 21 risoluzioni, elemento che contribuisce a rendere poco credibile l'aumento in questione che dal 2007 in poi fa mantenere una media costante di 100 nuove iscrizioni l'anno. Tale dato desta ancor più preoccupazioni se raffrontato con quello, più contenuto, di altre regioni ben più numerose;
   anche qualora l'interpretazione dei dati di cui al punto che precede fornita da chi scrive non fosse corretta e si volessero ricomprendere nelle iscrizioni degli iscritti «durante l'anno» anche coloro i quali rinnovino la iscrizione dell'anno precedente (e non solo gli iscritti «ex novo»), dovrebbe derivarne che nella successiva graduatoria al «31 dicembre» debbano essere ricompresi unicamente gli iscritti durante l'anno (al 31 dicembre 2007, per rimanere all'esempio, dovrebbero risultare unicamente 109 iscritti in graduatoria). Cosa che invece non sembra avvenire;
   la relazione ministeriale inviata al Parlamento per ciò che attiene al 2010 (manca come detto qualsiasi dato per il 2011) riferisce che gli iscritti nella categoria «non disabili» (ex articolo 18) al 31 dicembre dello stesso anno siano pari a 603 unità. Nello stesso anno dalle graduatorie provinciali (di Potenza e Matera) risultano complessivamente 347 iscritti al 31 dicembre (105 nella graduatoria di Potenza e 242 in quella di Matera; peraltro un ulteriore elemento «singolare» è il fatto che nella provincia di Matera, che ha abitanti pari a circa la metà di quella di Potenza, vi sia una così rilevante incidenza statistica di morti od infortuni);
   le stesse incongruenze si registrano anche negli anni precedenti;
   sarebbe interessante inoltre comprendere nel dettaglio a quale guerra si riferiscano le vedove e gli orfani di guerra iscritti in numero di 22 nella graduatoria al 31 dicembre 2010 della Provincia di Matera e soprattutto quanti anni abbiano;
   quanto alla pubblicità delle graduatorie, l'esigenza di contemperare la stessa con la tutela dei dati personali degli iscritti in relazione ai dati sensibili deve trovare un giusto punto di equilibrio e deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale; così, se è vero che gli interessati abbiano diritto a non vedere resa pubblica la loro malattia, non è altrettanto vero che gli altri beneficiari iscritti nelle liste in maniera comparativa non abbiano diritto a conoscere status, punteggio di anzianità, carichi di famiglia, reddito di coloro i quali li precedono nella graduatoria. Non è possibile, a parere di chi scrive, avere delle graduatorie on line che recano dei codici numerici attraverso i quali ogni beneficiario può verificare soltanto la propria posizione e non quella degli altri. Il diritto alla riservatezza attiene alla malattia ma non anche ad altri elementi che, nel momento in cui ci si iscrive in una graduatoria pubblica che prevede requisiti ben definiti, devono poter essere conosciuti da tutti. Sarebbe il caso che anche in relazione a questo aspetto si abbia una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale;
   in relazione agli appartenenti alla categoria degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro, la legge n. 407 del 1998 stabilisce anche per le pubbliche amministrazioni l'obbligo delle assunzioni degli appartenenti alla categoria delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata o loro congiunti, con precedenza assoluta rispetto alle altre categorie protette, anche nell'ipotesi in cui già svolgano un'attività lavorativa e, quindi, in alternativa a quest'ultima. Al riguardo, nella circolare 14 novembre 2003, n. 2 «Vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Assunzioni obbligatorie presso amministrazioni pubbliche» (Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 2003, n. 283, Serie Generale) del dipartimento della funzione pubblica si prevede quanto segue: «I soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 407 del 1998, hanno diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza assoluta rispetto ad ogni altra categoria protetta. [...] In ogni caso dette assunzioni possono essere effettuate tramite chiamata diretta, a seguito di domanda che gli interessati possono presentare alle amministrazioni pubbliche. Nell'eventualità in cui non risultino presentate domande, l'amministrazione dovrà rivolgersi ai competenti uffici di collocamento per attingere alle relative liste». Tra l'altro, l'articolo 35, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che: «Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa». Ai sensi della sopra citata circolare del dipartimento della funzione pubblica, «ogni amministrazione, ai fini dell'assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette, deve attenersi alle seguenti fasi procedurali: 1) determinare, nell'ambito della programmazione del fabbisogno di personale, la consistenza numerica dei soggetti da assumere, appartenenti alle categorie protette; 2) determinare preventivi, oggettivi e pubblici criteri per lo svolgimento delle prove di idoneità previste dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487. Tali prove, che non comportano valutazioni comparative, sono finalizzate all'accertamento di specifiche capacità e conoscenze correlate sia alla tipologia di lavoro da svolgere sia al livello di titolo di studio per esso richiesto; 3) determinare preventivi, oggettivi e pubblici criteri anche con riferimento all'ordine di convocazione degli interessati ai fini dell'espletamento delle prove di idoneità». Come precisato innanzi, l'articolo 3 comma 123 della legge n. 244 del 2007 (la finanziaria 2008) ha stabilito l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro con le vittime del terrorismo;
   tutta la normativa in questione si presenta non sistematica e contraddittoria in ragione del fatto che l'assunzione per chiamata nominativa dei soggetti rientranti nella categoria dei caduti sul lavoro, in quanto equiparati, sembrerebbe essere una facoltà per le pubbliche amministrazioni e allo stesso tempo un dovere, a tale conclusione pervenendosi per l'uso dell'indicativo dell'articolo 35, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   non è possibile che ad oggi vi siano soggetti, orfani di caduti sul lavoro, in Basilicata che da alcuni decenni siano in attesa di una collocazione e che si trovino costantemente superati da nuovi iscritti –:
   quali iniziative, anche di natura conoscitiva, normativa o di controllo, per quanto di competenza nazionale, il Governo intenda assumere per contrastare la situazione denunciata in premessa e per assicurare una corretta ed uniforme applicazione delle norme sull'intero territorio nazionale. (4-01763)

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 1999 0068

EUROVOC :

assunzione

Basilicata

disabile

regione

ufficio del lavoro

diritto del lavoro

disoccupazione a lungo termine

orfano