ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/00152

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 7 del 03/04/2013
Firmatari
Primo firmatario: LIUZZI MIRELLA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 03/04/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013
TOFALO ANGELO MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 03/04/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 03/04/2013
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 09/04/2013
Stato iter:
15/11/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 15/11/2013
CIRILLO MARCO FLAVIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 15/11/2013

CONCLUSO IL 15/11/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-00152
presentato da
LIUZZI Mirella
testo di
Mercoledì 3 aprile 2013, seduta n. 7

   LIUZZI, DE ROSA, TOFALO, TERZONI, MANNINO, ZOLEZZI e BUSTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti industriali;
   l'inceneritore Fenice di Melfi è stato posto al centro di indagini giudiziarie da parte della procura della Repubblica di Potenza, che ipotizza il reato di disastro ambientale, per il quale risultano essere stati indagati responsabili di dipartimento regionale, responsabili aziendali e dell'ex-direttore generale dell'ARPAB, nonché del suo responsabile per la provincia di Potenza, Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, nei confronti dei quali, l'11 ottobre 2011, sono state emesse ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari;
   il CTU, il professor Francesco Fracassi del dipartimento di chimica dell'università degli studi di Bari, nominato dalla procura di Melfi, nella sua relazione del 24 maggio 2010 evidenziava un inquinamento, conosciuto dai proprietari dell'impianto Fenice già dal 29 giugno 2000 (o dal maggio 2002) e dall'ARPA Basilicata (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata) dal 10 gennaio 2002;
   dalla relazione del professor Fracassi, è emersa quindi la condotta omissiva dell'impianto Fenice srl – EDF e dell'ARPA Basilicata i quali erano già a conoscenza di un disastro ambientale a partire dalle date prima citate. Tuttavia dagli atti risulta che l'ARPA Basilicata non ha inviato alcuna comunicazione alla procura di Melfi (ai sensi dell'articolo 244 del Testo unico ambientale) se non prima del 3 marzo 2009;
   solo dal 2009, è in atto la procedura di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E) dell'impianto Fenice, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 153 del 2006;
   a distanza di quattro anni dal provvedimento di messa in sicurezza di emergenza, dai monitoraggi bimestrali dell'ARPA Basilicata sulle falde acquifere, l'emergenza non risulta essere rientrata, ma sono certificati (sempre dall'ARPAB) la prosecuzione e l'aggravamento dell'inquinamento della falda acquifera e di conseguenza del territorio. Nello specifico risultano essere presenti ferro, nickel, manganese, composti organici Volatili (VOC) e fluoruri ben oltre la soglia dei parametri consentiti;
   l'ARPA Basilicata, nella sua nota – Al 2 – n. 0008981 class.ne 26/03/2001 del 14 ottobre 2011 inviata a vari enti, ha sostenuto che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (peraltro non ancora completati a 4 anni dall'inizio dei primi) avessero sensibilmente ridotto i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di bonifica, questi ultimi non ancora concordati operativamente;
   il dottor geol. Giampiero D'Ecclesiis, dopo un'ampia relazione redatta su iniziativa del Comitato di «Diritto alla Salute» di Lavello, ebbe a dichiarare nel penultimo capoverso della predetta relazione, citando testualmente «Appare quindi necessario richiedere gli indispensabili approfondimenti numerici e, laddove non fossero stati eseguiti, gli accertamenti in situ necessari per determinare tutte le principali grandezze idrogeologiche indispensabili per procedere ad una modellizzazione del fenomeno esaminato tale da validare l'ipotesi di genesi, propagazione e diffusione dell'inquinamento e sulla base del quale procedere ad un mirato piano di bonifica dell'area» (Giampiero D'Eclessiis, 26 aprile 2012);
   si ipotizza che l'inquinamento dell'inceneritore potrebbe far si che si rilevino anche molti altri valori ben oltre la soglia consentita, quali ad esempio diossine, furani e PCB dei camini;
   l'impianto continua ad operare in base ad autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla provincia di Potenza nelle more del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Basilicata da tempo scaduta; fatto che ha contribuito a far condannare l'Italia dalla Corte europea per violazione della direttiva 200/1/CE (sentenza del 31 marzo 2011 causa C-50/10);
   la Commissione d'inchiesta istituita dalla regione Basilicata sull'impianto Fenice di Melfi, istituita dal consiglio regionale il 4 ottobre 2011, ha concluso il 20 marzo 2012 i propri lavori denunciando gravi responsabilità sottolineati da una corposa relazione finale con inadempienze, omissioni, ritardi con cui gli organi di controllo regionali hanno adempiuto ed adempiono ai loro compiti istituzionali, al di là dei precisi profili di responsabilità giuridica dei singoli responsabili, la definizione dei quali è compito della magistratura approfondire. Tale situazione evidenzia inoltre responsabilità degli uffici regionali e provinciali che avrebbero dovuto esercitare i controlli, oltre che dei vertici passati ed attuali dell'Agenzia di protezione ambientale della Basilicata;
   con ordinanza sindacale a seguito della conferenza di servizi di giugno 2012, alla quale la società non si è presentata si intima a Fenice Ambiente srl entro 15 giorni di presentare il progetto della barriera idraulica realizzata e nel contempo essa dovrà fornire anche una relazione tecnica giustificativa del persistente superamento dei contaminanti nei pozzi di monitoraggio. L'ordinanza prescrive inderogabilmente l'obbligo di presentare una relazione descrittiva dei metodi proposti per l'introduzione dei fluidi traccianti al fine di verificare l'integrità dell'impianto sul quale si nutrono preoccupazioni circa il suo corretto funzionamento. Le attività di monitoraggio delle acque sotterranee dovranno essere svolte per un trimestre, con cadenza mensile, all'esito delle quali saranno adottate conseguenti ulteriori prescrizioni. A Fenice è stato prescritto anche di fornire una relazione specialistica contenente tutti i chiarimenti, gli approfondimenti tecnici, la raccolta sistematica dei dati acquisiti ed ogni altra integrazione, utile a risolvere tutte le criticità e le osservazioni rilevate dal documento ISPRA, dal parere espresso dalla Conferenza di servizi nella seduta del giugno 2012 e dalle integrazioni richieste dalla delibera del Commissario straordinario nel 2011. In caso di inottemperanza del soggetto obbligato si procederà a termini di legge denunciando quanto dovuto all'Autorità Giudiziaria ed assumendo tutti gli opportuni provvedimenti a tutela della salute e della pubblica incolumità;
   l'ordinanza succitata ha prolungato i tempi di intervento non garantendo la salvaguardia ambientale tant’è vero che le istituzioni territoriali e strumentali della Basilicata regione, provincia di Potenza, comune di Melfi, ARPA Basilicata, azienda sanitaria del potentino, non sono sembrate capaci di individuare le cause dell'inquinamento oltre a far ricondurre i valori al di sotto della concentrazione della soglia di contaminazione (C.S.C);
   nonostante quanto affermato nella nota ARPA Basilicata del 14 ottobre 2011, dai controlli della stessa istituzione strumentale, è emerso il 25 settembre 2012 che al camino del forno rotante i valori di emissione del mercurio immesso in atmosfera sono risultati essere oltre tre volte la soglia massima consentita: 0,177 mg/Nm3 rispetto allo 0.05 tollerato;
   nelle falde acquifere continua a verificarsi il superamento dei valori limite di concentrazione di sostanze inquinanti; il soggetto attualmente gestore «Fenice Ambiente srl» che ha rilevato l'impianto da EDF Fenice spa, a quanto consta agli interroganti, non ottempera ai piani di bonifica ed alle prescrizioni del comune di Melfi circa il piano di bonifica che comprenda anche le aree a valle delle barriere idrauliche a ridosso dell'impianto, nella piana di San Nicola di Melfi. Detta società a responsabilità limitata non sembra a giudizio degli interroganti offrire garanzie non solo economiche ma anche tecniche per assolvere alla bonifica, ricorrendo alla giustizia amministrativa contro i provvedimenti e le ordinanze sindacali del comune di Melfi;
   è in atto un ricorso al TAR della Basilicata da parte della società che gestisce l'impianto, la quale considera insostenibile il sequestro dell'impianto di sua proprietà e la nomina di custodi giudiziari atti a garantire l'eliminazione del sequestro in atto;
   le istituzioni locali si sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, inadeguate e poco trasparenti nella gestione virtuosa della riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti prodotti dai residenti della Basilicata;
   dalle diverse interrogazioni parlamentari rivolte negli ultimi anni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su queste problematiche, sulla base anche delle audizioni svoltesi in Commissione ambiente è sempre emersa, oltre alle problematiche legate all'inquinamento pluriennale delle falde idriche, anche l'assenza di un monitoraggio della matrice ambientale aria, fatto salvo uno studio dell'Istituto superiore di sanità autonomamente realizzato;
   il Governo Monti ed i Ministri interrogati, hanno approvato l'8 marzo 2013 una strategia energetica nazionale (SeN) in cui si ipotizza la prosecuzione del pagamento dei CIP6 e il recupero energetico dai rifiuti;
   si è consapevoli che quanto enunciato nella strategia energetica nazionale è dissonante con l'indirizzo della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 nel quale si determina che si mira alla realizzazione di «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse». Tale risoluzione, pur non essendo una direttiva, costituisce un documento preparatorio da un lato per il settimo programma europeo d'azione per l'ambiente e dall'altra per la nuova direttiva quadro sui rifiuti prevista per il 2014;
   il trattato di Maastricht, recepito dalla normativa italiana nel «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006), all'articolo 301, recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...»;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ottemperanza dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, può esercitare interventi sostitutivi «per mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza» del decreto legislativo n. 152 del 2006, diffidando la regione Basilicata a provvedere ad attuare le azioni di bonifica entro il termine massimo di centottanta giorni, ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale e, in caso di persistente inadempienza da parte della società Fenice Ambiente srl;
   nell'esercizio dei poteri sostitutivi, di cui al comma 1 dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario ad acta per la gestione delle aree contaminate che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico della regione, anche al fine dell'organizzazione di un efficace sistema dei controlli –:
   quali iniziative i Ministri interroganti intendano assumere, per quanto di propria responsabilità, nel rispetto dei profili di competenza della magistratura;
   quali iniziative per quanto di competenza, intendano porre in essere per verificare in modo estensivo ed esaustivo l'entità dei possibili danni all'ambiente prodottisi nel tempo e per monitorare e tutelare la salute della popolazione locale dagli effetti delle emissioni inquinanti;
   se non si ritenga doveroso un intervento tempestivo e diretto ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in particolare con la nomina di un commissario ad acta, affinché, sulla base di un piano di caratterizzazione dell'intera area sottesa all'inceneritore Fenice, venga attuata la bonifica dell'area con oneri a carico dell'ente inadempiente;
   se intendano assumere iniziative, alla luce di quanto esposto ed in relazione a circostanze analoghe registrate in altre parti del territorio nazionale, per rafforzare con urgenza e con decisione i parametri di tutela ambientale e le conseguenti azioni in caso di superamento dei valori limite, con particolare riferimento alle emissioni di diossina. (4-00152)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 15 novembre 2013
nell'allegato B della seduta n. 119
4-00152
presentata da
LIUZZI Mirella

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame relativa all'inquinamento prodotto dall'inceneritore La Fenice di Melfi, si rappresenta quanto segue.
  Le problematiche ambientali che investono l'impianto termovalorizzatore La Fenice di Melfi, nel territorio della provincia di Potenza, sono da tempo all'attenzione degli enti territoriali competenti, degli organi tecnici e di questo Ministero.
  La Fenice spa, nel marzo 2009, rese noto agli enti territoriali la presenza di una contaminazione nelle acque di falda presso l'impianto citato, e nel successivo mese di aprile fu trasmesso il piano di caratterizzazione dei suoli e delle acque.
  Tale piano è stato discusso in una conferenza dei servizi, a seguito della quale è stata disposta la sospensione del procedimento amministrativo relativo alla sua approvazione, il proseguimento delle attività di messa in sicurezza (MIS), la trasmissione di rapporti settimanali, nonché la rielaborazione del piano di caratterizzazione entro il 15 maggio 2009.
  Il suddetto piano è stato approvato, con prescrizioni, nel giugno 2009 e i risultati delle indagini sulle matrici suolo-sottosuolo e acque di falda sotterranea, iniziate nel luglio, sono stati presentati nell'ottobre dello stesso anno.
  Nel febbraio 2010 la conferenza di servizi ha espresso parere favorevole per i risultati, anche a seguito della documentazione integrativa presentata, richiedendo la predisposizione dell'analisi di rischio, poi approvata nel marzo 2011.
  Nel 2011 è stato presentato il progetto operativo di bonifica in merito al quale il tavolo tecnico ha chiesto anche il parere dell'ISPRA, già formulato in forma di bozza alla regione nell'aprile 2012.
  Il progetto prevedeva le tecnologie: Air Sparging e Soil Vapor Extraction per i composti organici volatili (VOC), barriera idraulica e pozzi Hot Spot per metalli e fluoruri, correzione del pH con iniezioni basificanti per ridurre la solubilità dei metalli (saranno eseguite prove di laboratorio, in situ e full scale), pozzi di ricarica di acqua dolce per contenere la diffusione della contaminazione.
  Relativamente agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza (MISE), si evidenzia che nel periodo tra il 2009 e il 2011 sono stati realizzati interventi mirati alla rimozione delle potenziali sorgenti di contaminazione ed alla limitazione della propagazione delle acque sotterranee contaminate al di fuori del sito.
  Tali interventi hanno visto la realizzazione di una barriera idraulica costituita da 28 pozzi, che hanno emunto, dal gennaio 2010 al settembre 2011, circa 30.000 metri cubi d'acque di falda, indirizzate all'impianto di depurazione presso la SATA Spa e da qui all'impianto consortile ASI.
  Nelle aree a maggiore contaminazione, invece, sono stati installati 14 pozzi d'emungimento delle acque di falda trattate in un impianto appositamente realizzato.
  Nell'area a maggiore presenza di solventi contaminati è stato installato un impianto bonifica in sito dell'acqua di falda basato sulle tecniche di «air sparging – soil vapor extraction».
  Sono stati, inoltre, realizzati alcuni interventi impiantistici quali:
   1) l'impermeabilizzazione di tutti i bacini di contenimento delle vasche raccolta rifiuti in ingresso al forno rotante e delle sezioni di depurazione fumi della linea forno a griglia e forno rotante;
   2) la verifica e il rifacimento degli elementi di impianto quali collettori e sub collettori della rete tecnologica, canali di raccolta stillicidi e vasche in calcestruzzo,
   3) la verifica di tutte le reti fognarie tecnologiche e nere mediante videoispezione e prove di tenuta, risanamento dei tratti non a tenuta mediante ricostruzione interna con guaine, rifacimento integrale di tratti di rete fognaria e revisione degli innesti di tutti i punti di immissione nei collettori fognari.
  Relativamente alla contaminazione delle acque sotterranee, l'ARPAB ha effettuato periodicamente monitoraggi sui piezometri installati a valle idrogeologica della barriera (P1-P9).
  Il monitoraggio con requisiti di maggior completezza, in termini d'estensione sia del set analitico sia dei punti esaminati, è quello dell'aprile 2011, quando la società Fenice ha campionato e analizzato tutti i piezometri ed i pozzi esistenti nel sito.
  Le principali criticità, in termini d'estensione (numero di piezometri contaminati) o di concentrazioni riguardano:
   composti clorurati e alogenati: Triclorometano, Tetracloroetilene e Tricloroetilene, 1,2 Dicloropropano, Dibromoclorometano, Bromodiclorometano e Tribromometano;
   composti inorganici e metalli: Floruri, Manganese Nichel e Mercurio.
  Al fine di monitorare le problematiche relative all'impianto termovalorizzatore del comune di Melfi, la direzione generale competente, con nota prot. n. 7251 del 14 marzo 2012, ha richiesto agli enti territoriali competenti nonché all'ARPAB ed alla prefettura di Potenza aggiornamenti sulle attività e sulle misure poste in essere per il ripristino ambientale dei luoghi.
  Il 22 marzo 2012, l'ufficio territoriale di Governo della prefettura di Potenza ha informato sulla conferenza di servizi, riunitasi presso il comune in data 28 novembre 2011 per la riesamina del progetto di bonifica e per la valutazione delle analisi di rischio presentato dalla società Fenice ambiente s.r.l.
  Nel corso della suddetta conferenza è stato dato parere favorevole alla realizzazione degli impianti pilota previsti nel progetto ed è stata suggerita al comune di Melfi, in qualità di autorità procedente, la sospensione dei termini per l'approvazione del progetto di bonifica, alla luce delle integrazioni richieste, per un periodo di centocinquanta giorni, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 242, comma 7, del decreto legislativo 152 del 2006.
  Successivamente, in data 2 dicembre 2011, la Fenice Ambiente s.r.l., ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 241 del 1990, ha richiesto il riesame delle decisioni assunte e la convocazione di una nuova riunione della conferenza di servizi, per l'esame del precedente progetto di bonifica del 18 ottobre 2011.
  La regione Basilicata, con nota del 12 dicembre 2011, ha contestato tutti i rilievi sollevati dalla società nella memoria, confermando il parere espresso nella conferenza di servizi del 28 novembre 2011.
  Con delibera n. 59 del 15 dicembre 2011 della giunta municipale, il comune di Melfi ha approvato il verbale della conferenza di servizi, chiedendo al soggetto obbligato la formulazione, nei termini di quindici giorni, di una proposta di cronoprogramma di adeguamento del progetto di bonifica secondo le prescrizioni della conferenza di servizi.
  Prodotto il documento richiesto, il sindaco del comune, con ordinanza n. 2 del 23 gennaio 2012, ha approvato la proposta presentata dalla società, la quale prevedeva «attività preliminari» – suddivise in interventi immediatamente eseguibili (prima fase) ed interventi immediatamente eseguibili (seconda fase) – ed «interventi di bonifica», ma al tempo stesso ha rilevato delle attività difformi dalle prescrizioni impartite, ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e pertanto ordinato al gestore dell'impianto di porre in essere una serie di attività preliminari.
  In particolare:
   una valutazione aggiornata con il parametro 1,2 dicloropropano;
   la comunicazione dei dati aggiuntivi di caratterizzazione del sito, finalizzati a definire le caratteristiche geometriche, litologiche ed idrogeologiche nelle aree di intervento, mediante sondaggi di verifica da ubicarsi in contraddittorio con ARPAB;
   il calcolo della massa di ciascun contaminante presente allo stato attuale nei vari strati fisici;
   l'adeguamento del sistema di monitoraggio della barriera idraulica serie 100, secondo il protocollo ISPRA (protocollo di valutazione dei risultati del monitoraggio di una barriera idraulica – sito di interesse nazionale di Crotone, novembre 2010), per il controllo da remoto da parte degli enti di controllo (azienda sanitaria provinciale, ARPAB e provincia di Potenza);
  Con il suddetto provvedimento, inoltre, il comune ha precisato che l'eventuale inottemperanza delle prescrizioni previste avrebbe comportato l'azione in danno di Fenice Ambiente s.r.l., ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni.
  Considerato che i monitoraggi effettuati precedentemente dall'ARPAB, nel mese di gennaio 2012, hanno riscontrato il superamento di nuovi contaminanti, quali il parametro cromo esavalente, la Fenice Ambiente s.r.l. in data 25 febbraio 2012, ai sensi dell'articolo 242 e articolo 304 del decreto legislativo 152 del 2006, ha comunicato alla prefettura di Potenza il suddetto superamento, specificando «l'estraneità o il nesso causale con l'attuale stato di contaminazione e con le attività di bonifica».
  Al fine di ottemperare alle prescrizioni previste dalla richiamata ordinanza, la società ha dapprima trasmesso in data 17 febbraio 2012 i risultati della «Sperimentazione in laboratorio, sulla simulazione di ricarica della falda con acqua demineralizzata additivata con carbonato di sodio».
  Dal documento si evince che si è proceduto all'esecuzione delle prove di laboratorio per verificare eventuali variazioni di solubilità di alcuni metalli nell'acqua di falda e nel terreno, a seguito dell'utilizzo di acqua demineralizzata con aggiustamento del pH ottenuto mediante utilizzo di una soluzione di carbonato di sodio.
  Dalla sperimentazione in laboratorio, per l'intervallo di pH considerato (pH tal quale e pH 8), non sono risultate evidenze di effetti negativi legati all'utilizzo di acqua demineralizzata addizionata con carbonato di sodio.
  In particolare, le concentrazioni sono rimaste sostanzialmente inalterate, o talora (ad esempio per nichel e manganese) vi è stata una certa tendenza alla diminuzione delle concentrazioni all'aumentare del pH. I dati rilevati hanno consentito, pertanto, di concludere che non si sono riscontrati motivi ostativi all'esecuzione delle prove di ricarica in situ, così come riportato nel documento «Proposta di verifica degli effetti di una barriera di pozzi di ricarica nel settore nord del sito».
  Successivamente, in data 21 febbraio 2012, la Società EDF Fenice Ambiente s.r.l. ha presentato al comune di Melfi il documento relativo all’«Analisi comparativa delle tecniche di Intervento» nel quale viene rappresentato che, nell'ambito della progettazione degli interventi previsti nel progetto operativo di bonifica, relativi all'aggiustamento del pH delle acque sotterranee, la società ha proceduto all'esecuzione delle prove di laboratorio per verificare la solubrità di alcuni metalli nell'acqua di falda e nel terreno ove è sito l'impianto. Il progetto prevedeva un piano di prove in situ, comprendente l'ubicazione e la struttura del campo prove, i quantitativi di acqua e di reagenti da utilizzare, i tempi di esecuzione delle prove, il programma di monitoraggio e di analisi da attuare nel corso delle prove in situ.
  Le conclusioni sulla sperimentazione in laboratorio hanno evidenziato una certa tendenza alla diminuzione delle concentrazioni all'aumentare del pH, modesta per alcuni parametri, quali boro e ferro, e maggiormente evidente per altri, ossia mercurio, manganese, nichel e floro. Non sono state altresì riscontrate variazioni significative nelle concentrazioni dei composti organici (solventi clorurati e bromurati), ove presenti.
  Non sono risultate, inoltre, evidenze di effetti negativi legati all'utilizzo di carbonato di sodio Na2CO3, con formazione di sottoprodotti a maggiore pericolosità.
  I dati rilevati, pertanto, a parere della Ecogeo s.r.l., società incaricata agli studi di carattere ambientale, consentono di procedere con la fase di sperimentazione in situ, su campo prove appositamente predisposto, così come indicato nel documento «Progetto Operativo di Bonifica».
  In seguito, in data 21 febbraio 2012, la Fenice Ambiente s.r.l. ha trasmesso al comune di Melfi, nonché agli enti territoriali interessati, il documento relativo alle «Analisi comparative delle tecniche di bonifica».
  Secondo quanto riscontrato nel corso delle indagini di caratterizzazione, è stata rilevata la presenza di contaminazione nella zona insatura, suolo profondo, per il parametro vanadio e zona satura, falda idrica, per i metalli pesanti e solventi clorurati.
  Con riferimento alla matrice del sottosuolo, il superamento delle CSC per il parametro vanadio, in corrispondenza del sondaggio Pz16, alla profondità di 8-9 metri, ha rilevato una concentrazione di 346 mg./Kg., a fronte di una CSC di legge pari a 250 mg/Kg. Tale valore, così come sottolineato dallo Studio Ecogeo, non supera le concentrazioni soglia di rischio CSR calcolate nell'analisi di rischio e pertanto non sono stati previsti interventi di bonifica nei terreni.
  A differenza, invece, dei contaminanti organici ed inorganici, riscontrati nelle matrici acque sotterranee, per i quali sono stati previsti interventi di bonifica.
  In data 2 marzo 2012, la società Fenice Ambiente s.r.l. ha presentato il documento relativo ad «Aggiornamento Analisi di Rischio sanitario».
  Per definire la concentrazione di riferimento degli inquinanti nelle acque sotterranee sono stati utilizzati i dati delle analisi eseguite sui pozzi e sui piezometri del sito durante la campagna di monitoraggio dell'aprile 2011, del settembre 2011 e del gennaio 2012 (esclusivamente per il parametro Cromo VI).
  In conclusione, dal documento per le acque sotterranee, è emerso che, per le sostanze cancerogene, i valori di rischio cancerogeno per la salute umana può essere considerato «accettabile»; lo stesso può dirsi per il rischio calcolato per le sostanze non cancerogene.
  Le attività immediatamente eseguibili, così come indicate nel cronoprogramma, sono state concluse il 20 aprile 2012, così come comunicato dalla stessa Fenice ambiente s.r.l. in data 11 maggio 2012.
  La società ha programmato dal 23 al 25 maggio 2012, a seguito dell'ultimazione dei sondaggi aggiuntivi, i campionamenti delle acque sotterranee, in corrispondenza delle nuove indagini realizzate e le attività previste invece nella seconda fase avranno inizio a seguito a validazione delle stesse da parte delle autorità competenti.
  In data 2 agosto 2012, la prefettura di Potenza ha nuovamente aggiornato lo stato dell'arte sulla problematica in oggetto, comunicando che in data 12 giugno 2012 presso il comune di Melfi si è svolta conferenza di servizi, al fine di valutare lo stato di attuazione della fase preliminare di bonifica.
  Acquisito il parere della regione Basilicata, correlato dalle osservazioni dell'ISPRA, si è ritenuto di sospendere provvisoriamente il cronoprogramma già approvato per 9 giorni, rinviando la conferenza al 21 giugno 2012. La Fenice si è riservata di proporre osservazioni e memorie con riferimento a tale parere.
  A seguito delle determinazioni assunte dal suddetto organismo in data 21 giugno 2012 – secondo le quali non sussistevano le condizioni per l'approvazione del progetto di bonifica del 18 ottobre 2011, in quanto non erano state rispettate le condizioni stabilite nella delibera commissario straordinario comune di Melfi n. 58 del 6 aprile 2011 e nell'ordinanza del sindaco di Melfi n. 2 del 23 gennaio 2012 in cui è stato espresso parere negativo circa il Piano di bonifica predisposto dalla EDF Fenice s.r.l. – il comune ha definitivamente bocciato il piano stesso, avviandosi così la fase dell'intervento sostitutivo.
  Pertanto, con delibera n. 91 del 26 luglio 2012, il comune di Melfi approvava il verbale della conferenza di servizi del 21 giugno 2012 ed, ai sensi dell'articolo 250 decreto legislativo n. 152 del 2006, decideva di «procedere in via sostituiva per l'esecuzione delle indagini a valle idrogeologica in continuità con la proprietà Fenice, necessarie per la formulazione di un corretto ed esaustivo progetto di bonifica», riservandosi all'esito di tali indagini, «la validazione della base progettuale di riferimento per l'elaborazione di un progetto di bonifica esteso a tutte le aree oggetto di superamento delle CSC imputabili alla responsabilità della società Fenice ai sensi dell'articolo 239, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006».
  Contro tali provvedimenti, la società Fenice Ambiente s.r.l. ha presentato ricorso al TAR Basilicata, per l'annullamento anche in particolare della delibera n. 59 del 15 dicembre 2011 con la quale il comune di Melfi ha approvato il verbale della conferenza di servizi del 28 dicembre 2011.
  Pertanto, a seguito della sentenza n. 252 del 2013 del TAR Basilicata che ha censurato l'obbligo posto dalla conferenza di servizi a carico di Fenice Ambiente s.r.l. di eseguire indagini a valle idrogeologica del sito in assenza di specifici accertamenti da parte della pubblica amministrazione, la regione Basilicata in sede di conferenza di servizi del 20 giugno 2013 ha evidenziato come fosse prioritario ed urgente, fatte salve le eventuali evidenze derivanti dalle indagini a valle idrogeologica del sito Fenice in corso di esecuzione, procedere alla bonifica delle aree interne.
  In tale sede, è stato proposto a tutti i componenti di condividere e perseguire l'obiettivo della presentazione del progetto di bonifica, integrato entro il termine massimo di 210 giorni, confermando tutte le richieste di integrazioni formulate dalla conferenza di servizi, non censurate dal TAR con la suddetta sentenza n. 252/2013.
  Il comune di Melfi ha evidenziato che, entro tale lasso di tempo, dovranno svolgersi le attività istruttorie della conferenza di servizi, nonché da parte di Fenice, le attività di cui al cronoprogramma presentato in data 29 dicembre 2011 e all'ordinanza sindacale n. 2 del 13 gennaio 2012, (della durata complessiva di 170 giorni) eventualmente modificato ed integrato per effetto delle suddette attività istruttorie.
  La regione ha proposto alla conferenza di servizi di chiedere all'ARPAB un parere tecnico motivato in merito alla documentazione trasmessa dalla Fenice Ambiente s.r.l. con precedente nota del 4 aprile 2013, sulla base delle evidenze finora acquisite nell'ambito dei procedimenti di caratterizzazione e bonifica dello stesso sito, nonché dei risultati del progetto per la realizzazione della cartografia geochimica delle aree industriali di cui alla deliberazione della giunta regionale n. 722 del 2005 invocati dalla Società nella suddetta documentazione quali ulteriori elementi conoscitivi».
  La regione ha inoltre evidenziato come la documentazione trasmessa dalla Fenice Ambiente s.r.l. deve essere valutata come integrazione e ricognizione del quadro conoscitivo del sito entro i limiti delle decisioni assunte dal TAR Basilicata con sentenza n. 252 del 2013, avendo essa riconosciuti «fondati il primo motivo del primo atto di motivi aggiunti ed il sesto del secondo atto di motivi aggiunti» rispettivamente relativi all'esecuzione di indagini a valle idrogeologica della proprietà Fenice e alle attività di monitoraggio delle acque sotterranee.
  La regione – per consentire all'autorità procedente di assumere decisioni, in attesa di conoscere il parere dell'ARPAB, quale organo tecnico, nonché del comune e della provincia, quali enti costituenti la conferenza di servizi – ha espresso nella seduta istruttoria della conferenza di servizi, il proprio parere in merito alla documentazione trasmessa dalla Fenice Ambiente con nota del 4 aprile 2013 in osservazione della ordinanza sindacale n. 4 del 19 marzo 2013 ed al progetto di bonifica presentato dal soggetto obbligato in data 18 ottobre 2011.
  Con specifico riferimento alla documentazione trasmessa della Società Fenice, la regione ha ritenuto che la stessa non consente di dirimere le questioni finora poste dagli enti in merito agli interventi di messa in sicurezza (MIS), al loro monitoraggio e controllo finalizzati a validarne l'efficacia da parte della conferenza di servizi.
  A parere della regione, infatti, la maggior parte delle perplessità rilevate può risolversi con la collaborazione della Fenice Ambiente s.r.l. nel fornire i dati ed i parametri utilizzati nelle applicazioni modellistiche finora sviluppate. In mancanza di tali elementi è possibile svolgere controlli solo di tipo qualitativo che non soddisfano le esigenze di monitoraggio e controllo degli interventi di messa in sicurezza.
  In merito alla progettazione della barriera idraulica, tale ente ha evidenziato come la società deve fornire informazioni sull'attuale configurazione, dando esplicitamente atto di aver adeguato nel tempo la barriera in funzione dei parametri via via disponibili. Tutte le argomentazioni sulla progettazione della barriera e sulla modellistica di flusso sono riferite esclusivamente allo stato attuale comprendente gli ultimi pozzi realizzati. L'aggiunta di ben 24 pozzi, di cui 6 nel 2011 e 18 nel periodo luglio-settembre 2012, non esclude – a parere della regione – che la stessa Fenice Ambiente s.r.l. maturi il convincimento di realizzarne ancora degli altri.
  In riferimento all'ubicazione ed alla funzione svolta dai pozzi di emungimento hot-spot serie 20 la regione ha evidenziato che il loro effetto non può essere tale da captare le acque anche dal lato valle in modo da garantire il prosciugamento della prima falda ed escludere che una certa aliquota defluisca naturalmente verso valle. L'eventuale aliquota che svolge verso valle potrebbe infatti non essere intercettata dalla barriera dei pozzi serie 100 e compromettere l'efficienza della messa in sicurezza.
  La regione ha considerato la mancanza di queste informazioni come elementi di incertezza sulle modalità di circolazione delle acque sotterranee a livello dello sbarramento idraulico.
  A questi motivi si aggiunge la complessità idrogeologica del sito che complessivamente rende necessario validare le ipotesi formulate anche attraverso l'esecuzione di test traccianti per valutare l'effettiva capacità di sbarramento della barriera idraulica, capace, secondo la tesi della Fenice Ambiente s.r.l., di richiamare le acque sotterranee perfino dalle aree poste a valle idrogeologica.
  Relativamente ai superamenti di manganese e nichel, a livello dei pozzi di monitoraggio P1-P9, la società ha giustificato i dati rilevati con lo stato anossico instauratosi in questi piezometri per effetto della scarsa circolazione idrica indotta dalla barriera. A sostegno di questa tesi la società ha eseguito nuovi piezometri (serie PM) in prossimità dei P1 e P9 ed ha fornito i risultati delle analisi eseguite sulla matrice acque sotterranee.
  I risultati forniti indicano che i piezometri serie PM comunque riscontrano superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) del nichel in quattro dei nove pozzi realizzati, del ferro in sette pozzi dei nove, dei manganese in sei pozzi dei nove (dati febbraio 2013).
  Per questi motivi la tesi della società non è stata sufficientemente avvalorata dai suddetti risultati.
  La mancanza delle quote e delle coordinate dei punti ancora una volta non consente di eseguire confronti ed avere la certezza che la serie PM sia idrogeologicamente equivalente alla serie P1-P9; allo stato attuale il confronto stratigrafico delle due serie non è rigorosamente eseguibile.
  La regione Basilicata ha sottolineato come «il tentativo della Società di escludere proprie responsabilità in merito al superamento nelle acque sotterranee delle CSC relative ai metalli ed in particolare al MN è stato ritenuto inaccettabile, in quanto l'associazione di questi elementi con gli impianti di incenerimento rifiuti è inequivocabilmente stabilita nell'allegato 1 del decreto legislativo 133 del 2005. Il richiamo all'allegato 1 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 in merito all'ammissibilità dei valori maggiori rispetto alle CSC relative ai metalli nelle acque sotterranee per effetto «del fondo naturale» e «dell'inquinamento diffuso» non è condivisibile, in quanto all'interno del sito i superamenti delle CSC riscontrati sono prevalentemente associati a contestuale superamento di composti organo-alogenati (27 postazioni su 37).
  Tale evidenza, come indicato nelle linee guida APAT-ISPRA protocollo per la definizione dei valori di fondo), dimostra all'interno del sito una pressione antropica che può avere alterato lo stato geochimico del sito.
  Allo stato attuale non è possibile escludere che le condizioni ossidoriduttive, ipotizzate dalla società come la causa dell'inquinamento delle acque sotterranee da metalli, siano determinate dagli altri inquinanti massicciamente dispersi in epoca pregressa. Le analoghe ipotesi sui floruri sono risultate in contrasto con i risultati degli accertamenti svolti da ARPAB sulle acque di processo.
  Anche la provincia si è uniformata al parere della regione, condividendone valutazioni, proposte e relative richieste.
  L'ARPAB ha confermato la necessità di interventi di bonifica, che deve essere svolta dall'azienda Fenice, previa acquisizione di apposita progettazione.
  Da ultimo, si segnala che in relazione alle indagini giudiziarie sull'inquinamento originato dal malfunzionamento del termovalorizzatore, il procuratore della Repubblica di Potenza – a seguito delle indagine del NOE di Potenza – ha riferito che per la vicenda è stato iscritto il procedimento penale n. 414 del 2009 (al quale è stato riunito il procedimento penale n. 527 del 2009) già pendente presso la procura della Repubblica di Melfi, trasmesso all'ufficio requirente di Potenza, per competenza territoriale.
  Nel corso delle indagini è stata formulata richiesta di applicazione di misure personali restrittive ed interdittive in relazione al reato di disastro ambientale.
  Con ordinanza dell'11 ottobre 2011, tale richiesta veniva accolta dal GIP nei confronti di quattro persone.
  Con richiesta di rinvio a giudizio del 17 febbraio 2012, veniva esercitata l'azione penale nei confronti degli indagati ritenuti responsabili del reato suindicato ed attualmente il procedimento pende nella fase dell'udienza preliminare, celebratasi il 21 giugno 2013.
  Sarà cura, pertanto, della direzione competente acquisire gli atti relativi al suddetto procedimento penale e attivare le necessarie iniziative per il risarcimento del danno ambientale, ove all'esito di opportuno accertamento e valutazione tecnica di ISPRA, ne sussistano i presupposti di legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mareMarco Flavio Cirillo.

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

DL 2006 0152

GEO-POLITICO:

CALABRIA

EUROVOC :

protezione dell'ambiente

gestione dei rifiuti

trattato sull'Unione europea

sanita' pubblica

inchiesta giudiziaria