ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/00588

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 159 del 24/01/2014
Firmatari
Primo firmatario: VERINI WALTER
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 24/01/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GARAVINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO 24/01/2014
MATTIELLO DAVIDE PARTITO DEMOCRATICO 24/01/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL'INTERNO 24/01/2014
MINISTERO DELL'INTERNO 24/01/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 10/03/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta orale 3-00588
presentato da
VERINI Walter
testo di
Venerdì 24 gennaio 2014, seduta n. 159

   VERINI, GARAVINI e MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dalla pubblicazione delle conversazioni del «boss» di Corleone, Totò Riina, intercettate per mesi dalla Dia, emergono elementi decisamente inquietanti, e che gettano ombre sul ruolo che Riina, ormai ottantatreenne, detenuto nel carcere milanese di Opera e sottoposto al regime del 41-bis, possa ancora in qualche modo ricoprire nonostante l'ergastolo e il regime di massima sorveglianza al quale è sottoposto;
   il colloquio tra Riina e Alberto Lorusso, capomafia pugliese della Sacra Corona Unita, avvenuto lo scorso novembre durante l'ora d'aria riporta di gravissime minacce il pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo quali «Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono»;
   la conversazione tra i due prosegue «Questo pubblico ministero di questo processo che mi sta facendo uscire pazzo» «E allora organizziamo questa cosa! Facciamola grossa e dico non ne parliamo più»;
   frasi di questo tenore parrebbero raccontare di una sorta di progetto, tra Riina e Lorusso, che avrebbe ad oggetto un attentato al pubblico ministero Nino Di Matteo;
   risulta che la conversazione tra i due sia stata depositata agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia: proseguivano «Perché Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora se fosse possibile – prosegue il boss – un'esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari». Il boss intercettato fa riferimento nella conversazione all'attentato, fallito, al funzionario di polizia Rino Germanà, sfuggito a un commando di killer;
   a fronte di tali preoccupanti esternazioni gli investigatori avrebbero immediatamente consegnato il video del colloquio intercettato al Ministro dell'interno;
   con un'apposita convocazione del Comitato per l'ordine e la sicurezza le misure di sicurezza per Di Matteo sono state potenziate;
   Riina pare apprenda dai giornali dell'innalzamento dei livelli della scorta per il pubblico ministero e commenta: «Chissà quanti miliardi sui dispositivi di sicurezza», per poi passare ad un cenno alla strage di Capaci, in cui venne ucciso il giudice Giovanni Falcone. «Loro pensavano che ero un analfabeticchio – dice – così la cosa è stata dolorante, veramente fu tremenda quando non se l'immaginavano»;
   nelle lunghe conversazioni Riina si compiace per le stragi fatte, citando, ad esempio, quella in cui fu ucciso il capo dell'ufficio istruzione Rocco Chinnici, saltato in aria con un'autobomba davanti alla propria casa il 29 luglio del 1983: «Prima fanno i carrieristi a spese dei detenuti... poi saltano in aria quando gli succede quello che gli è successo», dice, e accusa i magistrati di volere fare carriera sulle spalle dei detenuti e tuona contro il carcere duro;
   il boss passa poi a sfogare la sua rabbia contro Matteo Messina Denaro, l'ultimo superboss latitante di Cosa nostra, ricordando a Lo Russo di averlo cresciuto, di avergli insegnato tutto accusandolo di «pensare solo agli affari e di disinteressarsi di Cosa nostra»;
   le conversazioni intercettate risulta siano attentamente analizzate dagli inquirenti che stanno cercando di comprendere anche quale sia il vero ruolo di Lorusso, abile nel provocare e far parlare Riina, e la sua effettiva capacità di incidere all'esterno;
   Totò Riina e Lo Russo sono entrambi sottoposti al regime del famoso «41-bis»: l'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario venne introdotto dalla legge Gozzini (legge 10 ottobre 1986, n. 663, Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) e riguardava inizialmente soltanto le situazioni di rivolta od altre gravi situazioni di emergenza interna alle carceri italiane, ma, in seguito alle strage di Capaci, dove persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta, fu introdotto dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, un secondo comma al 41-bis, che consentiva al Ministro della giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento e gli istituti dell'ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti dell'organizzazione criminale mafiosa;
   il 41-bis prevede la sospensione di alcuni diritti per i detenuti che abbiano commesso reati particolarmente gravi, come l'associazione mafiosa o il sequestro di persona: l'obiettivo conclamato era ed è quello di «spezzare il filo tra i boss e le cosche mafiose», soprattutto impedire che gli ordini o i messaggi dei detenuti arrivino all'esterno;
   ci si chiede, in questa particolare vicenda, quanto e in che termini questo filo sia stato effettivamente spezzato;
   la storia del nostro Paese ci ha insegnato che sottovalutare i segnali che la criminalità organizzata invia, anche se apparentemente confusi e contraddittori, o considerarla definitivamente sconfitta o azzoppata ci ha fatto pagare prezzi incredibilmente alti in termini di sangue, vite e di «blocco» del progresso del nostro tessuto economico e sociale –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover fare piena luce, per quanto di competenza, su questa inquietante vicenda, anche al fine di individuare quali siano stati gli ingranaggi che si sono eventualmente inceppati o che non hanno perfettamente funzionato, e che hanno comunque consentito ad un personaggio chiave nella storia criminale del nostro Paese come Totò Riina di far, in qualche modo, pervenire all'esterno del carcere gravi minacce e intimidazioni quali quelle rivolte al pubblico ministero Di Matteo. (3-00588)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

mafia

detenuto

delitto contro la persona

revisione della legge

giudice

reato

sequestro di persona