ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00938

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 411 del 17/04/2015
Firmatari
Primo firmatario: SORIAL GIRGIS GIORGIO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 17/04/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 17/04/2015
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 17/04/2015
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 17/04/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17/04/2015
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17/04/2015
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 28/04/2015
Stato iter:
12/05/2015
Fasi iter:

RITIRATO IL 12/05/2015

CONCLUSO IL 12/05/2015

Atto Camera

Interpellanza 2-00938
presentato da
SORIAL Girgis Giorgio
testo di
Venerdì 17 aprile 2015, seduta n. 411

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sembra si stia prospettando l'ipotesi di costituire una bad bank di sistema, una società che, usando denaro pubblico, si faccia carico di aiutare gli istituti di credito a sgravarsi dalle sofferenze, assumendosi la gestione dei loro crediti anomali cioè i prestiti difficili o impossibili da recuperare, che attualmente sembrerebbero ingolfare i bilanci delle banche italiane;
   il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, in un'intervista a Repubblica, ha confermato che il Governo sta «esaminando varie opzioni, anche tenendo conto delle implicazioni sulle regole europee sugli aiuti di Stato» e riflettendo in che modo «introdurre degli strumenti che vanno sotto il nome generico d bad bank»;
   Padoan avrebbe già ricevuto dalla Commissione europea il via libera all'ipotesi di una bad bank di sistema: l'esecutivo Unione europea «sia pure con qualche perplessità», non avrebbe opposto pregiudiziali;
   secondo fonti di stampa, prima della crisi economica i crediti in sofferenza all'interno dei bilanci delle banche italiane ammontavano a circa 42 miliardi di euro, mentre oggi si conta un'ammontare di 183 miliardi; se si considera anche che molti debitori non sono ancora tecnicamente insolventi ma rischiano di diventarlo in tempi più o meno stretti, l'insieme delle sofferenze diventa una frana capace di seppellire il sistema bancario: il totale di tutti i prestiti cosiddetti «deteriorati» arriva infatti a 315 miliardi, ovvero il 16,6 per cento dei crediti concessi complessivamente dagli istituti;
   in un recentissimo paper del Fondo monetario riportato da «Il Sole – 24 Ore», si mostra che solo Irlanda, Cipro e Grecia hanno rapporti fra sofferenze e prestiti maggiori del nostro; sempre il Fondo monetario calcola che, dato il modesto ritmo di uscita dei crediti deteriorati dal bilancio delle banche italiane (nel 2013 solo il 7 per cento) il peso delle sofferenze sul portafoglio prestiti continuerà a crescere fino al 2019, frenando inevitabilmente la propensione a concedere nuovi prestiti;
   se questa operazione della bad bank andrà in porto, anche se si verificherà l'ipotesi, che già circola, appoggiata da Padoan, che il tesoro abbia una quota di minoranza, mentre della maggioranza si dovrebbero fare carico le banche interessate, un costo da pagare ci sarà comunque: se il valore dei crediti trasferiti nella bad bank è più basso dei soldi che verranno effettivamente recuperati in futuro, la perdita iniziale potrebbe ricadere anche sullo Stato; e tutto questo anche se la montagna di crediti in sofferenza è stata creata anche per scelte sbagliate delle banche che, con poche cautele, hanno prestato soldi alle loro cerchie clientelari; invece, per quanto riguarda il risultato sperato, ovvero che le banche finalmente ricomincino ad erogare credito all'economia reale, è d'obbligo sempre e comunque il condizionale, infatti anche se le banche venissero risanate completamente, la fine del credit crunch non sarebbe affatto certa;
   durante la sua audizione del 26 marzo scorso presso le commissioni finanze, bilancio e politiche Unione europea della Camera riunite, il presidente della banca centrale europea, Mario Draghi, ha detto che la Bce «guarda con molto favore a iniziative per ridurre il peso delle partite deteriorate nei bilanci delle banche in modo da liberare risorse» a beneficio delle imprese, riferendosi alla possibile nascita di una bad bank di sistema per liberare dalle sofferenze gli istituti di credito;
   sempre durante l'audizione alla Camera, il numero uno della Bce e promotore del quantitative easing, ha anche affermato che nel 2014 è stata portata a termine un'operazione di scrutinio è pulizia dei bilanci delle banche che erano «malate» per via del peso dei crediti deteriorati;
   nonostante ciò, le banche non hanno ricominciato a erogare prestiti all'economia reale, anzi, quando è stata la volta della prima operazione TLTRO, non avendo vincoli in tal senso, hanno utilizzato tutte le risorse messe a disposizione per speculazioni finanziarie, come ricordato dallo stesso Draghi;
   secondo l'economista Marco Onado «Negli Stati Uniti, il premio Nobel Joseph Stiglitz denuncia che con una distribuzione del reddito così squilibrata come quella attuale, ci vorranno almeno 13 anni per tornare al pieno impiego: figurarsi in Europa dove la ripresa è ancora più stentata. Ma nell'agenda politica questi temi non entrano, se non sotto forma di mere dichiarazioni di principio: basta guardare alle campagne presidenziali di Stati Uniti e Francia, per capire che tutti si muovono allineati e coperti dietro una strategia basata solo sull'arma monetaria e che ha come unico corollario certo il salvataggio delle banche. Il resto è solo speranza. E i banchieri centrali sono i veri signori della crisi»;
   mentre il credit crunch colpisce soprattutto le piccole imprese, una recente analisi del Centro studi Unimpresa su dati della Banca d'Italia ha mostrato che il peso delle sofferenze bancarie è legato soprattutto ai grandi prestiti che difficilmente vengono rimborsati: su tre rate non onorate, due sono relative a crediti di alto importo: il 66,1 per cento del totale dei crediti difficili da riscuotere (107 miliardi) si riferisce a finanziamenti superiori a 500 mila euro, mentre il 33,9 per cento (54,9 miliardi) fa capo a crediti compresi tra i 250 mila e i 500 mila euro. In una platea di oltre 1,2 milioni di clienti in ritardo sui pagamenti, su appena. 457 soggetti pesano sofferenze per 20,3 miliardi. Detto in altri termini, oltre il 66 per cento dei crediti dubbi si riferiscono a una piccolissima percentuale di debitori: il 3,9 per cento, del totale;
   Diego Valiante, responsabile della ricerca su mercati finanziari, Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles, ha scritto su Il fatto quotidiano che la bad bank. «È un intervento con cui si separano gli attivi che hanno poche probabilità di recupero da quelli che hanno ancora un valore di mercato. La banca con gli asset tossici, la bad bank appunto, è mantenuta in vita di solito tramite garanzie statali, in attesa che questi attivi recuperino un valore di mercato. È la principale alternativa alla nazionalizzazione diretta delle banche durante una grave crisi finanziaria, come nell'autunno del 2008... La proposta di una bad bank in questo contesto macroeconomico ha il sapore di una minestra riscaldata, con la quale si pospone un intervento risolutivo nel breve e si salvano elegantemente un po’ tutti quelli che quell'ignoto meccanismo di autoconservazione nel nostro Paese lo conoscono molto bene. Si salvano pertanto i principali azionisti delle banche italiane, che si contano oramai sulle dita di una mano, da una pesante svalutazione di capitale scaricata in gran parte sui cittadini tramite le garanzie statali sul capitale della bad bank. Si salva il management, che ricicla se stesso mettendo in curriculum la capacità (più politica che manageriale) di aver protetto gli azionisti dalla diluizione del capitale e i creditori più importanti da perdite eccessive nella ristrutturazione della banca. Si salva il governo, che diventa paladino dell'italianità del sistema bancario limitando nell'arco della sua breve legislatura l'impatto di una ristrutturazione del sistema bancario sul costo del debito pubblico. La patata bollente passerà intanto al prossimo esecutivo. Si salva una parte della classe politica, che sulle commistioni con la governance delle banche ha costruito la sua intoccabilità»;
   il beneficio più evidente dell'operazione bad bank, su cui preme Banca d'Italia, sarebbe quello strettamente legato al credit crunch, ovvero la stretta creditizia verso famiglie e imprese: eliminare dai bilanci delle banche i crediti in sofferenza potrebbe significare ridare ossigeno alle banche e quindi liberare risorse che potrebbero andare a finanziare famiglie e imprese, soltanto che non ci sono garanzie che questo poi avverrà;
   secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente alla Sda della Bocconi, una bad bank a partecipazione pubblica, in Italia, sarebbe «una cattiva idea. Anzi, pessima, in queste condizioni di contesto: non è affare dello Stato costituire banche o enti affini», perché se il Governo vuole davvero aiutare le banche a smobilizzare i crediti deteriorati, «la cosa più efficace che può fare è agire sui processi della giustizia civile, riducendo drasticamente tempi e complessità dei contenziosi» e intervenendo «sulle condizioni tecnologiche e normative che migliora, la trasparenza e l’accountability dei bilanci aziendali»; per di più, sempre secondo il professor Carnevale Maffè, «aiutare banche fragili, senza serie prospettive di competitività sostenibile a medio-lungo termine, rischia di essere accanimento terapeutico e di avere l'indesiderabile effetto di prolungare la crisi del credito all'economia reale» mentre gli istituti più grandi e solidi «sanno provvedere meglio da soli, utilizzando soluzioni di mercato e in competizione tra loro», come sta già facendo Unicredit;
   le associazioni dei consumatori sono del tutto contrarie all'ipotesi della bad-bank: il Codacons annuncia battaglia e ricorsi in sede europea parlando di «ennesimo regalo alle banche, verso cui lo Stato corre ogni volta in soccorso scaricando come al solito i costi finali sui cittadini contribuenti», «una follia», perché «l'efficiente funzionamento del sistema bancario dovrebbe essere garantito prima di tutto dalle autorità di Vigilanza cui spetta il compito di controllare le banche e il loro corretto operato»;
   secondo Adusbef e Federconsumatori «se il Governo ed il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan non dovessero pretendere una equa retribuzione sulla garanzia statale prestata alla bad bank per cartolarizzare prestiti allegri spesso erogati ad amici e compari ai quali le banche hanno affidato prestiti incauti, lasciando scoperte proprio quelle sofferenze causate dalla crisi sistemica prodotta dai banchieri, sarebbe un vero e proprio regalo di Stato, che cercheremo di contrastare in tutte le sedi». «Sarebbe inaccettabile», prosegue la nota, «premiare gratis istituti di credito e banchieri che hanno sbagliato, in buona parte, a concedere fidi con criteri privi dei requisiti prudenziali nella corretta gestione del credito e del risparmio» –:
   se il Governo abbia valutato i problemi relativi all'operazione di costituzione della bad bank e in che modo abbia intenzione di adoperarsi per far si che, nel caso questa operazione venisse-messa in atto, la perdita finanziaria iniziale non ricada anche sullo Stato e dunque sulle tasche dei cittadini;
   se il Governo non abbia intenzione, nel caso in cui si ponesse in atto con o senza bad bank un'operazione di risanamento delle banche dai crediti «malati» da parte dello Stato, di selezionare gli istituti di credito meritori di questo intervento, in modo da premiare i comportamenti virtuosi e allo stesso tempo evitare di spendere risorse per realtà bancarie che hanno messo in atto scelte sbagliate, con poche cautele;
   in che modo il Governo voglia attivarsi per garantire, visto il precedente comportamento delle banche in tal senso, che, qualora avvenisse il risanamento degli istituti di credito per opera dello Stato, questo comporti davvero come diretta conseguenza la fine del credit crunch e dunque il ritorno al finanziamento dell'economia reale;
   se il Governo non consideri altresì importante promuovere processi di ristrutturazione finanziaria e di rafforzamento patrimoniale, necessari per una parte ampia del nostro sistema imprenditoriale, rilanciando finalmente gli investimenti produttivi.
(2-00938) «Sorial, Pesco, Villarosa, Alberti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

banca

erogazione di prestito

spese bancarie