ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/00582

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 247 del 17/06/2014
Firmatari
Primo firmatario: PILI MAURO
Gruppo: MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO
Data firma: 17/06/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PISICCHIO PINO MISTO-CENTRO DEMOCRATICO 17/06/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
  • MINISTERO DELLA DIFESA
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 17/06/2014
Stato iter:
19/06/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 19/06/2014
Resoconto PILI MAURO MISTO
 
RISPOSTA GOVERNO 19/06/2014
Resoconto VELO SILVIA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
REPLICA 19/06/2014
Resoconto PILI MAURO MISTO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 19/06/2014

SVOLTO IL 19/06/2014

CONCLUSO IL 19/06/2014

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-00582
presentato da
PILI Mauro
testo presentato
Martedì 17 giugno 2014
modificato
Giovedì 19 giugno 2014, seduta n. 249

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro della difesa, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nel compendio naturalistico ambientale denominato «Isola Rossa – Capo Teulada», circoscritto nell'ambito del sito di interesse comunitario (codice ITB040024), protetto da convenzioni internazionali, da leggi dello Stato italiano e della regione Sardegna, caratterizzato da rilevanti emergenze archeologiche, nuragiche e puniche, si svolgono attività vietate e in contrasto totale con le norme e disposizioni nazionali e comunitarie;
   si tratta di attività che hanno generato e generano «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», con la «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
   tali attività sono svolte, in concorso tra loro, dalla Nato e dall'Esercito italiano, su disposizioni del Ministero della difesa e con l'omissione di tutela e controllo da parte dei ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Commissione europea. La gravità della distruzione in atto costituisce, secondo gli interpellanti, presupposto per richiedere il sequestro preventivo dell'area oggetto del disastro, l'accertamento del danno, l'individuazione dei responsabili e il risarcimento del danno materiale, economico e morale compreso il ripristino dei luoghi;
   a parere degli interpellanti risultano manifesti i seguenti reati:
    a) articolo 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto): «chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro»;
    b) articolo 733 del codice penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale): «chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda non inferiore a euro 2.065. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata»;
    c) articolo 734 del codice penale (distruzione o deturpamento di bellezze naturali): «chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità, è punito con l'ammenda da euro 1.032 a euro 6.197»;
   relativamente ai reati di cui: articolo 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto) e articolo 734 del codice penale (distruzione o deturpamento di bellezze naturali) si richiama l'attenzione sul fatto che tale compendio è a tutti gli effetti «habitat all'interno di un sito protetto», ovvero pienamente coincidente nella fattispecie definita dall'articolo 733-bis del codice penale;
   il sito di importanza comunitaria denominato «Isola Rossa-Capo Teulada», oggetto della «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione o deturpamento di bellezze naturali», «danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale», costituisce parte integrante del decreto 3 luglio 2008 – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE (Gazzetta Ufficiale, serie generale 7 agosto 2008, n. 184);
   tale decreto dispone l'attuazione e il recepimento della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2, terzo comma;
   il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ha disposto il regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;
   la Commissione europea ha ritenuto necessario l'aggiornamento dell'elenco iniziale di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea sia per includervi i siti proposti dagli Stati membri a partire dal marzo 2006 come siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 92/43/CEE, sia per tener conto di eventuali modifiche nelle informazioni relative ai siti trasmesse dagli Stati membri a seguito dell'adozione dell'elenco comunitario; in tal senso, il primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea costituisce una versione consolidata dell'elenco iniziale dei siti per la regione biogeografica mediterranea;
   ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43/CEE, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna e Regno Unito hanno trasmesso alla Commissione europea gli elenchi di siti proposti quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea tra gennaio 2003 e settembre 2006;
   gli elenchi dei siti proposti sono stati corredati di informazioni su ciascun sito, fornite nel formato fissato dalla decisione 97/266/CE della Commissione europea, del 18 dicembre 1996, concernente un formulario informativo sui siti proposti per l'inserimento nella rete «Natura 2000»;
   sulla base dell'elenco proposto, redatto dalla Commissione europea con l'accordo di ciascuno degli Stati membri interessati, che identifica anche i siti che ospitano tipi di habitat naturale prioritari o specie prioritarie, è stato adottato un primo elenco aggiornato di siti selezionati quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea;
   la decisione della Commissione europea n. C(2008) 1148 def. del 28 marzo 2008 stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea e abroga la decisione 2006/613/CE;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, ha stabilito che i siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea in Italia sono individuati ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE e sono elencati nell'allegato A che costituisce parte integrante del decreto stesso;
   con il codice di riferimento ITB040024 è parte integrante di tale elenco il compendio denominato sito di importanza comunitaria «Isola Rossa e Capo Teulada» di superficie complessiva di 3713 ettari e individuato dalle coordinate E 839 N 3854;
   il sito di importanza comunitaria «Isola Rossa e Capo Teulada» è un compendio naturalistico di primaria importanza, considerato che tutte le prescrizioni ambientali regionali, nazionali ed europee hanno circoscritto quel territorio con la massima tutela ambientale e naturalistica;
   il responsabile del sito risulta il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione conservazione della natura, Via Capitan Bavastro 174, 00147 Roma;
   l'area è così descritta nell'atto di individuazione del sito di importanza comunitaria: promontorio calcareo collegato all'isola da uno strettissimo istmo sabbioso che forma ad ovest «Cala Piombo» e ad est Porto Zafferano, la quale, attualmente sotto il demanio militare, ha una lunghezza massima di 88 metri e una superficie complessiva di 375 ettari. Le sue dune, con quote non superiori a 13 metri sul livello del mare, non presentano tracce di disturbo antropico e delimitano una stretta spiaggia con un gradino a mare a tratti anche di 2 metri;
   nella spiaggia di Porto Zafferano, l'erosione marina e gli scarsi apporti sabbiosi limitano la formazione dell’Agropyretum mediterraneum, mentre l’Ammophiletum arundinaceae è ben rappresentato anche se discontinuo. Il Crucianelletum maritimae è presente nelle interdune in via di stabilizzazione, mentre il Pistacio – Juniperetum macrocarpae, con esemplari di Quercus calliprinos, occupa le dune stabilizzate e le retrostanti depressioni più riparate. Nel sito si rinviene, inoltre, un'altra specie arbustiva di alto significato fitogeografico: il Rhamnus oleoides a gravitazione occidentale localizzato esclusivamente in questo biotopo. Tra le specie perenni suffruticose viene segnalato il Polygonum robertii segnalato di recente, e rappresenta la seconda località per la Sardegna. Si segnalano, inoltre, la presenza delle endemiche: Silene corsica DC., Genista morisii Colla, Genista corsica (Loisel.) DC, Mercurialis corsica Cosson, Euphorbia cupanii Guss. ex Bertol., Stachys glutinosa L, Bellium bellidioides L, Bellium crassifolium Moris, Hyoseris taurina Martinoli, Ornithogalum excapum Ten. ssp. sandalioticum Tornadore et Garbari, Pancratium illyricum L, Crocus minimus DC., Romulea requienii Pari., Arum pictum L, Limonium tigulianum Arrigoni et Diana, Limonium sulcitanum Arrigoni. Dal punto di vista floristico questo sito risulta molto ricco di specie ad alto interesse fitogeografico e tra i più ricchi di endemiche. In tutta la fascia costiera poi si ritrovano le formazioni a Juniperus turbinata ssp. turbinata, che in località Monte Lapanu evidenziano la loro capacità colonizzatrice nella riconquista delle aree abbandonate;
   il sito ha, inoltre, importanza per la presenza in esso di 22 habitat di interesse comunitario, di cui 5 prioritari (codici 1120, 2250, 6220, 2270, 3170); di 3 specie di uccelli prioritari, due dei quali in esso riproducentesi (codici: A181, A392) e 35 specie floristiche di importanza conservazionistica;
   nel capitolo dell'atto di individuazione del sito relativo alla vulnerabilità è scritto: danni da esercitazioni ambientali;
   in tal senso è evidente la persistente azione di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «distruzione o deturpamento di bellezze naturali» compiuta dalle persistenti esercitazioni militari che si svolgono all'interno del sito protetto con danni gravissimi sia sul piano ambientale, paesaggistico e naturalistico;
   dalla documentazione fotografica in possesso degli interpellanti si evince una devastazione ambientale e naturalistica senza precedenti che colpisce e ha colpito in modo permanente e spregiudicato il patrimonio ambientale e naturalistico della Sardegna e nella fattispecie un sito protetto da convenzioni internazionali, norme nazionali e regionali;
   le esercitazioni militari e il conseguente rilascio di ordigni bellici hanno causato e causano gravissimi danni sia sull'ambiente marino che su quello dunale e retrodunale (inquinamento, frammentazione degli habitat, erosione del suolo, eccessivo calpestio, devastazione paesaggistica e naturalistica);
   recentemente un'imponente esercitazione da mare verso terra ha provocato incendi di dimensioni rilevanti che si documentano con foto scattate da mare a dimostrazione di una devastazione ambientale persistente in un'area protetta;
   nella stessa area, a causa delle numerose esercitazioni militari e della presenza di rifiuti combustibili nell'area, gli incendi sono persistenti e reiterati;
   il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato rappresenta, nella sua attività, il più evidente e persistente disastro ambientale e naturalistico dell'intero articolato normativo di tutela ambientale europeo, nazionale e regionale;
   si tratta del secondo poligono d'Italia per estensione, 7.200 ettari di terreno, cui si sommano i 75.000 ettari delle «zone di restrizione dello spazio aereo e le zone interdette alla navigazione» normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare;
   una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza;
   relativamente ai reati di cui all'articolo 733 codice penale (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale):
    a) la fondazione di Teulada si perde nella notte dei tempi, probabilmente agli inizi dell'epoca nuragica, come sembrano testimoniare i molti nuraghi sparsi un po’ in tutto il territorio comunale, ed i resti di una fortificazione sull'isola Rossa;
    b) i fenici e i punici più tardi si stabilirono sulla costa come testimoniato dai resti del tophet punico a Malfatano, nell'isolotto davanti a Tuerredda e il porto di Melqart (ora sommerso), sempre a Malfatano;
    c) la prima ubicazione dell'abitato va ipotizzata alle spalle dell'antico kersonesus (Chersonesum Promontorium), ovvero l'istmo dell'odierno Capo Teulada, dove sembra sia esistito un insediamento militare romano a presidio delle due baie di Cala Piombo e Porto Zafferano. È probabile che tale ubicazione sia resistita fino all'epoca romana, quando il paese prende il nome di Tegula, che probabilmente documenta la produzione di terracotta in epoca romana. Poi, secoli dopo, probabilmente a causa delle incursioni dal mare, il paese è raccolto attorno alla chiesa di Sant'Isidoro, nella piana di Tuerra, in una zona più interna;
   in quel contesto va inquadrata anche una presenza che riguarda il prenuragico;
   la mancanza di altri dati sulle culture prenuragiche nel territorio di Teulada – del resto variamente e riccamente distribuite in tutta l'isola – va attribuita alle lacune della ricerca scientifica, tanto più gravi quando si pensa all'azione molto più spedita e sicuramente dannosa dei «cercatori di tesori»;
   che l’habitat teuladino fosse congeniale all'insediamento umano preistorico è dimostrato dalla congrua presenza di numerosi nuraghi nel territorio. Un calcolo sulla densità dà una cifra compresa tra 0.1 e 0.35 per chilometro quadrato. È una cifra che, per quanto approssimativa, può dare alcune utili informazioni;
   la disposizione delle torri nuragiche – essendo queste torri di difesa – segue la morfologia dei territorio ed è chiaramente volta a proteggere le vie naturali di penetrazione verso l'interno;
   sembra di vedere una catena difensiva che corre poco più a ovest dell'attuale confine orientale del comune, volta a difendere la vallata che dal valico di Nuraxi de Mesu porta all'attuale paese. Simile è il sistema difensivo occidentale a difesa delle vie di penetrazione dal Sulcis;
   è altrettanto interessante la disposizione dei nuraghi che stanno a nord del Porto di Teulada e che proteggono la via che, seguendo il corso del Rio Launaxiu, porta verso l'interno. Tra questi, doveva avere una funzione di avamposto il nuraghe S. Isidoro, ormai quasi completamente distrutto: un nuraghe complesso costruito con tecnica veramente «ciclopica»;
   nella regione di Malfatano – già identificato dal Lamarmora come il «Portus Herculis» degli antichi – sono state trovate le tracce di un centro abitato suddiviso nelle sue due parti essenziali: una zona commerciale con il porto (da identificare con l'insenatura occidentale) e i ruderi di un tempio; una zona sacra (il «tophet») che, ripetendo la stessa situazione verificata per Bithia nell'isola di Su Cardulinu, fu costruito nella prospiciente isola di Tuerredda;
   più a ovest sono state ritrovate, in località Piscinnì, delle cave puniche per l'estrazione di materiale da costruzione;
   altre rovine sono state localizzate a S. Isidoro pertinenti ad un abitato fenicio-punico. In questa località, ricca di testimonianze che vanno dal periodo nuragico fino a quello pisano, alcuni vi hanno voluto riconoscere il sito dell'antica Tegulae;
   le tracce della civiltà punica proseguono ancora nel Capo Teulada (antico «Chersonesus») e nella regione di Zafferano;
   nei pressi della torre di Porto Scudo sono appena evidenti i resti di una fortezza punica costruita con grossi blocchi, in posizione dominante rispetto al porto ed alla piana di Zafferano. Per questa fortezza è stata proposta una datazione intorno al VI secolo a.C.;
   dall'utilizzo di strumenti satellitari, visto il divieto di accesso, emerge che lo Stato italiano, con la complicità della Nato e delle Forze armate di eserciti stranieri bombardano, sparano e devastano un'area nuragica di straordinaria rilevanza, sia per il numero dei nuraghi individuati sia per la dislocazione degli stessi nello scenario costiero;
   da notizie assunte risulterebbe che alcuni di questi compendi sarebbero stati addirittura cancellati con l'utilizzo di mezzi pesanti e altri coperti;
   in quest'area, dunque, si assiste senza alcun tipo di controllo e di tutela alla distruzione di un compendio archeologico paesaggistico esclusivo in totale dispregio e violazione delle norme richiamate;
   nella sola delimitazione del poligono di Teulada, secondo gli atti e i documenti che si allegano e riscontrabili nel sito nurnet si è dinanzi ad un vero e proprio attentato alla civiltà nuragica con la distruzione di luoghi e compendi archeologici che avrebbero necessitato di protezione e recupero;
   in particolar modo risultano inglobati nella base militare i seguenti nuraghi catalogati da carte militari e topografiche, da rilievi aerofotogrammetrici e satellitari e censiti dalla rete Nurnet:
    a) Nuraghe Maxinas I – Comune Teulada località lat: 38.92193200458267, lon: 8.66831210120662;
    b) Nuraghe Maxinas II – Comune Teulada località lat: 38.916644004582324, lon: 8.664962001206213;
    c) Nuraghe de Carrogu – Comune Teulada – località Nuraghe de Carrogu lat 38.916925004582495, lon: 8.66106000120563;
    d) Nuraghe Brallisteris – Comune Teulada – località lat: 38.9175330045825, lon: 8.661448401205645;
    e) Nuraghe s'Uracheddu Piudu – Comune Teulada – località lat: 8.90471200458135, lon: 8.641161001202907;
    f) Nuraghe Don Antiogu – Comune Teulada località lat: 38.90735400458154, lon: 8.650137501204105;
    g) Nuraghe Turritta – Comune Teulada – località lat: 38.90684900458174, lon: 8.610368301198532;
    h) Nuraghe Mannu – Comune Teulada – località lat: 38.973001004586486, lon: 8.647734201203802;
    i) Nuraghe de Crabili – Comune Teulada – località Nuraghe de Crabili lat; 38.973399004586305, lon: 8.648087001203834;
    l) Nuraghe Di Monte Arbus – Comune Teulada località lat: 38.97321600458627, lon: 8.694009001210237;
    m) Nuraghe Campu Santeddu – Comune Teulada – località lat: 38.94840700458489, lon: 8.712561801212825;
    n) Nuraghe Merareddu – Comune Teulada – località Merareddu lat; 38.94799600458443, lon: 8.70878500121228;
    o) Nuraghe Monte Idu Comune Teulada – località lat: 38.946134004584195, lon: 8.715556501213165;
    p) Nuraghe Maledetta – Comune Teulada – località lat: 38.990119004587484, lon; 8.665096201206193;
    q) Nuraghe Barussa – Comune Teulada – località lat: 38.995854004587976, lon: 8.641093101202852;
    r) Nuraghe – Comune Teulada località lat: 38.972919004586316, lon: 8.650665001204146;
   tali compendi nuragici sono inaccessibili;
   dalla sovrapposizione dei tracciati del transito dei carri armati cingolati con le coordinate dei siti nuragici si evince che gli stessi risultano coincidenti in numerosi casi e in altri decisamente contigui;
   appare evidente che si tratta di una violazione grave di tutte le norme internazionali, nazionali e regionali di tutela non solo ambientali e naturalistiche ma anche e soprattutto di quelle riguardanti beni archeologici di una civiltà di oltre 3.500 anni fa;
   il patrimonio archeologico della Sardegna è talmente rilevante e unico nel suo genere che non solo non è accettabile la devastazione di cui è fatto oggetto, ma necessiterebbe di un sistema di tutela sia nei confronti delle scoperte e del ritrovamenti fino ad oggi rilevati, sia dei siti archeologici nuragici dei quali si ha la presunzione di una presenza in determinati compendi areali come nel caso del sito del poligono di Teulada;
   l'urgenza dell'intervento che si richiede si inquadra nella fattispecie penale di nuova introduzione, relativa alla «distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
   per «habitat all'interno di un sito protetto» si deve intendere qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE, o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE;
   è stato recentemente introdotto un reato contravvenzionale per reprimere penalmente, qualora sia illecita e posta in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, «qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» (articolo 3, lettera h)), direttiva 2008/99/CE). L'illecito penale frutto dell'operazione di trasposizione della direttiva ricalca, pressoché integralmente, la previsione contenuta nell'atto comunitario. Il legislatore delegato ha inteso, in particolare, tradurre la formula «provocare il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto» nelle due condotte descritte dall'illecito penale: a) la distruzione dell'habitat; b) il deterioramento dell'habitat, che ne comprometta lo stato di conservazione;
   la collocazione sistematica della nuova fattispecie fra «le contravvenzioni concernenti l'attività sociale della P.A.» tutela l'interesse dello Stato al mantenimento dello stato di conservazione di un habitat, ossia quello, di rilevanza costituzionale, relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche sul territorio italiano, che trova il parametro costituzionale di riferimento sia nell'articolo 9 della Costituzione, che nell'articolo 117 della Costituzione, il quale obbliga l'Italia ad esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (...)» ed, in particolare, dalle direttive comunitarie che contribuiscono a definire l'habitat oggetto di protezione penale;
   il termine habitat è inteso nell'accezione di condizioni ambientali ideali per la vita di una determinata pianta o animale. In ecologia, la definizione di habitat può avere un'accezione più ampia nel biotopo, un habitat condiviso cioè da più specie. Un bioma è, invece, l'insieme della flora e fauna che vivono in un habitat ed occupano una certa geografia;
   sotto il profilo giuridico, il legislatore delegato, al comma 3 della norma citata, rinvia alle definizioni contenute nelle direttive richiamate, viene anzitutto in ausilio dell'interprete la direttiva «habitat» (direttiva 92/43/CE) che, all'articolo 1, dopo aver definito come «conservazione» il complesso delle misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente (lettera a)), definisce come «stato di conservazione di un habitat naturale» (articolo 1, lettera e)), l'effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato;
   il legislatore delegato, rendendo ancora più chiaro l'ambito di applicazione, richiama (comma 3) una definizione ampia di «habitat», precisando che per habitat all'interno di un sito protetto si intende, da un lato, «qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CE» e, dall'altro, «qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/437/CE»;
   la normativa che si richiama alla direttiva «habitat» individua tre concetti di habitat: a) habitat naturali; b) habitat naturali di interesse comunitario; c) tipi di habitat naturali prioritari;
   quanto alla definizione sub a), sono da considerarsi «habitat naturali» le zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali; sono, invece, da considerarsi come «habitat naturali di interesse comunitario» gli habitat che, nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato: 1) rischiano di scomparire nella loro area di ripartizione naturale; 2) hanno un'area di ripartizione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è intrinsecamente ristretta; 3) costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle nove regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, del Mar Nero, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea, pannonica e steppica; c) infine, sono definiti «tipi di habitat naturali prioritari», i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato e per la cui conservazione l'Unione europea ha una responsabilità particolare a causa dell'importanza della parte della loro area di distribuzione naturale compresa nel territorio di cui sopra;
   l'individuazione di tali tipologie di habitat è contenuta nell'allegato I alla direttiva 92/43/CE. Richiamando l'articolo 733-bis, oltre l’habitat naturale, anche l’habitat di specie, è dunque necessario riferirsi alla definizione di «habitat di una specie», contenuta all'articolo 1, lettera f) della citata direttiva «habitat» che definisce come tale l'ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico;
   la relativa definizione è contenuta all'articolo 1, lettera l), della direttiva 92/43/CE, che individua come tale «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato». Ciò impone, a sua volta, di individuare cosa debba intendersi per «stato di conservazione “soddisfacente”» di un habitat naturale;
   la direttiva 92/43/CEE, che definisce come «soddisfacente» (articolo 1, lettera e), quando: a) la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione; b) la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile; c) lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente ai sensi della lettera i), lettera il cui contenuto è già stato analizzato a proposito della determinazione dell'oggetto materiale dell'altra fattispecie di cui all'articolo 727-bis codice penale;
   l'ambito applicativo della fattispecie di reato che si intende denunciare richiama la disciplina in tema di danno ambientale (articolo 299 e seguenti del testo unico in materia ambientale), in particolare ove si prevede (articolo 300, comma 2) che «ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione»;
   ai fini della configurabilità del reato in esame, dunque, può essere utile parametro normativo di riferimento, oltre il citato articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche la previsione contenuta nell'articolo 301 del testo unico in materia ambientale, secondo cui «Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando: a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento; b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1», che, come già visto in precedenza, riproduce pedissequamente l'articolo 1, lettera i) della direttiva 92/43/CE;
   ove, infatti, la condotta abbia determinato l'alterazione dello «stato di conservazione dell'habitat naturale», potrà ritenersi che vi sia stato un deterioramento che ne abbia compromesso lo stato di conservazione, tale da integrare la fattispecie penale dell'articolo 733-bis del codice penale. Ne consegue, quindi, che ove sia provata la «distruzione» o il «deterioramento che si denuncia e abbia compromesso lo stato di conservazione» dell'habitat così inteso, si avrà: a) l'applicazione della sanzione penale (congiunta) a carico del contravventore persona fisica; b) l'eventuale applicazione della sanzione pecuniaria a carico dell'ente cui è imputabile la responsabilità ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001;
   qualora le attività descritte in premessa possono essere responsabili a ipotesi di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico» sarebbe indispensabile che le autorità competenti dispongano l'obbligo dell'effettivo ripristino, a spese del contravventore, della precedente situazione e, in mancanza, quello di adottare le misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE (articolo 311, comma 2, del testo unico in materia ambientale);
   il predetto articolo 311 prevede che l'obbligazione risarcitoria è posta a carico di «chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte». I presupposti della responsabilità risarcitoria sono dunque assai simili a quelli che determinano la responsabilità penale per la violazione dell'articolo 733-bis –:
   se risultino avviate indagini in ordine ai fatti di cui in premessa;
   se non intendano verificare la sussistenza di responsabilità in relazione ad ipotesi di omissione di atti di controllo a tutela dei patrimoni di pertinenza e competenza dei rispettivi Ministeri in quanto informati dei fatti;
   se non intendano comunicare i fatti enunciati in questa interpellanza al Presidente della Commissione europea in relazione al mancato controllo e a eventuali violazioni di disposizioni comunitarie;
   se ritengano di confermare le affermazioni del Capo di stato maggiore della difesa rese in audizione in Commissione giustizia alla Camera dei deputati, secondo le quali è intervenuto il sequestro preventivo da parte dell'autorità giudiziaria per la presenza di torio in alcune aree del Poligono di Teulada.
(2-00582) «Pili, Pisicchio».

Classificazione EUROVOC:
GEO-POLITICO:

TEULADA,CAGLIARI - Prov,SARDEGNA

EUROVOC :

riserva naturale

zona protetta

protezione dell'ambiente

specie protetta