ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00532

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 226 del 12/05/2014
Firmatari
Primo firmatario: AIRAUDO GIORGIO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 12/05/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LACQUANITI LUIGI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
LAVAGNO FABIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 12/05/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12/05/2014
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12/05/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 20/05/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-00532
presentato da
AIRAUDO Giorgio
testo di
Lunedì 12 maggio 2014, seduta n. 226

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   in data 7 maggio 2014, davanti ad una folta platea di investitori e addetti ai lavori, l'amministratore delegato di Fiat Chrysler Group Automobiles, Sergio Marchionne, ha presentato l'ennesimo piano industriale per i prossimi cinque anni, promettendo di investire circa 55 miliardi di euro entro il 2018, con una media annua di 9,5 miliardi ed un picco di 11 miliardi nel 2016;
   detto piano ha, come al solito, sorpreso numerosi operatori economici. Sergio Marchionne ha, infatti, rassicurato i dipendenti italiani del gruppo sottolineando che «non verrà mandato a casa nessuno», che «sarà utilizzata tutta la manodopera» e, soprattutto, che «quando arriverà l'industrializzazione dei prodotti finirà tutto il periodo di cassa integrazione». Dalla componentistica, in particolare, il gruppo intende registrare ricavi al 2018 di circa 12 miliardi di euro, in aumento dagli 8 miliardi del 2013, con un tasso di crescita annuale di circa il 9 per cento;
   la reazione dei mercati a tali esternazioni è stata, tuttavia, decisamente negativa. Il titolo Fiat-Chrysler ha, infatti, proseguito, in forte ribasso per tutta la giornata, con volumi elevati, perché l'annuncio del nuovo piano industriale da parte di Marchionne è stato giudicato generalmente troppo ambizioso da parte degli analisti sia in termini di volumi, sia in termini di riduzione del debito. In particolare, secondo uno studio di Exane Bnp Paribas, i target al 2018 diffusi nella giornata del 7 maggio 2014 sono sembrati «eccessivamente ottimisti su volumi, margini e soprattutto sulla riduzione del debito, perché i risultati dell'ultimo trimestre sono stati del 24 per cento inferiori alle stime e rappresentano un segnale dei rischi al ribasso associati al piano»;
   in effetti, dall'ultima relazione finanziaria annuale di FIAT datata 31 dicembre 2013 emerge chiaramente che il complesso dei debiti finanziari di FIAT corrisponde a 29.902 milioni di euro, in crescita peraltro rispetto all'anno precedente, a fronte di liquidità complessiva disponibile pari a 22.729 milioni di euro;
   il problema è che su tale liquidità la citata relazione finanziaria annuale di FIAT dice poco o nulla: in particolare, detta liquidità, oltre a non essere destinata ai fini dell'abbattimento del debito del gruppo, non si comprende ove risulti collocata, dove sia, in buona sostanza, in quale Paese, a quanto ammonti e in quali strumenti sia considerata;
   si deve pure segnalare che tale liquidità nel tempo è costantemente cresciuta e oggi risulterebbe altissima. Ciò, tuttavia, corrisponde al risultato di continui accumuli di liquidità in parallelo ad una continua espansione del debito finanziario ed è proprio tale dinamica di accumulo che, sotto il profilo dell'analisi finanziaria, preoccupa in particolar modo;
   nel corso dell'ultimo decennio, l'amministratore delegato di Fiat Chrysler Group Automobiles, Sergio Marchionne, ha presentato ben otto piani industriali per il rilancio della Fiat e del gruppo che, di fatto, non si sono mai conclusi, sono sempre stati sempre rinviati nei tempi e negli effetti, con contestuale riduzione degli investimenti, allungando in tutti i casi i tempi per il rientro operativo dei lavoratori (per Mirafiori era stato previsto un termine entro il 2014 che ora slitta al 2018), facendo leva sul sistema della cassa integrazione: sistema che lo stesso amministratore delegato ha sempre criticato, eppure non abbandona;
   sotto tale ultimo profilo si segnala come in un articolo apparso il 15 giugno 2013 sul Sole24Ore a firma Andrea Malan dal titolo «Fiat, dalla Cig risparmi per 1,7 miliardi. I minori oneri salariali hanno raggiunto con la crisi i 200 milioni annui per l'auto» si evidenzi chiaramente che uno dei fattori più importanti che rendono economicamente razionale la decisione di non chiudere gli stabilimenti in Italia è la presenza, nel nostro Paese, di un meccanismo come la cassa integrazione. In tale articolo si legge, in particolare, «Nei giorni di cassa integrazione (quella ordinaria, CIG, e la straordinaria, CIGS) l'azienda non paga stipendi e oneri sociali ma anticipa ai dipendenti una indennità che le viene poi rimborsata dall'Inps; in quei periodi, dunque, il costo del lavoro scende (quasi) a zero. Per una fabbrica come quella di Melfi o Mirafiori (oltre 5.000 dipendenti) il risparmio per ogni giorno di CIG si può stimare in 600-700.000 euro “Automotive News Europe” ha stimato l'anno scorso che un giorno di CIG ai cosiddetti enti centrali di Mirafiori (circa 500 impiegati) fa risparmiare a Fiat “circa 1 milione di euro”»;
   in realtà, ad avviso dell'interpellante, quello che si sta compiendo corrisponde ad un modo di operare che la dirigenza della FIAT attua da tempo e che nessun altro Paese europeo avrebbe mai consentito, anche alla luce dei generosissimi finanziamenti pubblici di cui il gruppo ha sempre goduto sia in termini di ammortizzatori sociali, sia in termini di sostegno alla produttività: finanziamenti a fronte a dei quali lo Stato italiano, come contropartita, non ha ottenuto nulla, se non addirittura un danno per l'erario, il progressivo annichilimento dello sviluppo industriale del comparto automobilistico di tutto l'indotto e la componentistica ad esso collegati, per finire con il dramma economico ed esistenziale di migliaia di famiglie e migliaia di famiglie: prima via le produzioni, poi il know-how tecnologico, poi gli investimenti, poi il cambio di sede, poi il mercato azionario, poi la tassazione più favorevole. Il 29 gennaio 2014 il consiglio di amministrazione di Fiat spa ha deliberato il definitivo abbandono dell'Italia da parte del gruppo attraverso la fusione con Chrysler Group nella società Fiat Chrysler Automobiles N.V. (FCA), stabilendone, contestualmente, sede legale in Olanda e residenza fiscale in Gran Bretagna, ma di questa cosa non ne parla più nessuno e a poco valgono le rassicurazioni fornite al riguardo dal Governo italiano e dall'Agenzia delle entrate per vigilare sul pieno rispetto, da parte della nuova società, della normativa fiscale italiana: il risultato finale di questa operazione appare chiaro all'interrogante, e sembra proprio quello di non pagare più un euro di tasse allo Stato italiano;
   del resto, anche l'attivismo frenetico che Sergio Marchionne dimostra nel presentare, anche a pochissimi mesi di distanza nell'arco di un anno, un nuovo piano industriale, sempre diverso dal precedente, finisce per distogliere l'attenzione da ciò che, realmente, ha fatto e continua a fare mentre si cancella inesorabilmente il tessuto industriale del nostro Paese;
   nel primo piano industriale (agosto 2004) dal titolo «The New Fiat Group: A Commitment to Execution», l'amministratore delegato di FIAT aveva promesso il lancio di dieci modelli in tre anni. Dopo neanche un anno, Sergio Marchionne presenta il secondo piano industriale ove si prevede il lancio di 17 modelli nei successivi quattro anni, ma alla presentazione del terzo piano industriale (novembre del 2006) i modelli prima annunciati scendono a 15 a fronte, stranamente, di una mole di investimenti superiore a quella degli anni precedenti. Il quarto piano industriale (2009) riguarda soprattutto le attività americane della Chrysler; Sergio Marchionne presenta il «Piano per l'Italia» ove si prevedono addirittura trenta nuovi modelli in due anni mesi e 8 miliardi di euro di investimenti nell'auto. Passano quattro mesi e si arriva al quinto piano industriale, ovverosia, «Fabbrica Italia»: un piano a giudizio degli interpellanti al limite dell'inverosimile che prevede 20 miliardi di euro di investimenti per triplicare la produzione italiana di auto per poi vendere, insieme a Chrysler, 6 milioni di vetture in tutto il mondo con 47 novità da lanciare sul mercato. Passa poco più di un anno ma il piano «Fabbrica Italia» viene ritirato, la dirigenza di FIAT ripiega sul suo settimo piano industriale, molto più modesto di quello precedente, e si arriva così all'ottavo piano (ottobre 2012), quando si scende da 6 milioni di auto stimate in termini di target di vendita a 4,6 milioni di autovetture, i modelli promossi sul mercato caleranno a trenta e sugli investimenti non si dirà praticamente nulla;
   al netto dell'attività di Marchionne volta a presentare i suoi piani, ivi compreso l'ultimo (il nono) del 7 maggio 2014, non si può non osservare come la recente deliberazione del consiglio di amministrazione di FIAT del 29 gennaio 2014 che ha, come si è detto, sancito il definitivo abbandono dell'Italia da parte del gruppo attraverso la fusione con Chrysler Group nella società Fiat Chrysler Automobiles N.V. (FCA), altro non rappresenti che l'epilogo finale di un disegno di conclusivo allontanamento del baricentro produttivo dall'Italia, già iniziato con la formalizzazione da parte di Fiat dell'accordo con il Governo americano e canadese per la scalata in Chrysler (Cfr. Amended and restated limited liability company operating agreement of Chrysler group LLC. Dated as of June 10, 2009 THE);
   il contenuto di tale documento è stato portato all'attenzione del pubblico, grazie ad un articolo apparso sul Corriere della sera del 7 gennaio 2011, a firma Massimo Mucchetti, «Ecco gli accordi di Torino per scalare Chrysler. Le clausole per salire del 16 per cento e raggiungere il controllo, le condizioni e il rimborso del prestito». L'importanza del testo di tale documento, nonostante fosse stato pubblicato sul sito del Governo americano (http://www.treasury.gov) è stata, purtroppo, generalmente ignorata, nonostante vi fossero stabilite le regole della «scalata» alla allora moribonda società americana Chrysler per mezzo del concambio del travaso del know how tecnologico di Fiat in Chrysler (motore a basso consumo e altro) e dello sviluppo produttivo di Chrysler e dei posti di lavoro americani;
   attraverso la lettura di quell'accordo è, infatti, possibile decifrare la strategia seguita da Fiat in questi anni e le conseguenze che si sono prodotte e che, ad avviso dell'interpellante, potrebbero continuare a prodursi sugli stabilimenti, l'indotto e il lavoro in Italia, visto che il disegno esterofilo che ne discende poneva già, da tempo e di fatto, le condizioni di base per la disintermediazione dei siti produttivi italiani ed il conseguente trasferimento della ricerca e dei risultati della ricerca italiana a favore di quelli esteri;
   non appare più accettabile continuare a rimanere inermi di fronte alla strategia che la dirigenza di del gruppo FCA ha adottato sino ad oggi, fatta solo di annunci di investimenti, progetti ed iniziative da intraprendere in Italia e per l'Italia, ma mai realizzati in concreto;
   il timore è che si tratti di una mera strategia di imbonimento, riempimento fumoso di notizie e di rimando, realizzata all'unico scopo di concretizzare quello che agli interpellanti appare il vero affare perseguito dalla dirigenza, ovverosia la «scalata» e la quotazione di Chrysler –:
   se il Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, non intenda porre in essere ogni iniziativa competenza finalizzata a convocare urgentemente la dirigenza di FCA per verificare il nuovo piano industriale annunciato in data 7 maggio 2014, al fine di confermarne la credibilità, la sostenibilità finanziaria e la certezza dell'impegno, nonché a chiarire talune rilevanti opacità degli ultimi dati di bilancio del gruppo FIAT in relazione all'ammontare complessivo dell'esposizione debitoria cui corrisponde una liquidità in cassa stranamente alta;
   se il Governo non intenda porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad acquisire elementi in ordine alla precisa finalizzazione di tale liquidità, dei motivi per cui non risulti destinata ai fini dell'abbattimento del debito del gruppo, dove risulti collocata, in quale Paese, a quanto ammonti in concreto e in quali strumenti sia considerata, al fine di scongiurare il rischio del possibile trasferimento all'estero di ulteriori risorse «buone» di FIAT e la trasformazione della FIAT storica in una sorta di «bad company»;
   se il Governo non intenda verificare la portata di tutti i piani industriali presentati dall'amministratore delegato Sergio Marchionne dal 2004 ad oggi e appurare, altresì, se la formalizzazione del citato accordo con il Governo americano e canadese per la «scalata» in Chrysler non corrisponda anche ad una strategia che porti ad un fortissimo ridimensionamento – sino ad un possibile definitivo smantellamento – degli stabilimenti FIAT in Italia a danno dell'erario, della dignità dei cittadini lavoratori e dello sviluppo industriale del Paese;
   se il Governo non intenda fornire una relazione dettagliata che descriva il totale dell'ammontare delle risorse e delle agevolazioni patrimoniali pubbliche, dirette o indirette, delle quali ha beneficiato il gruppo FIAT dal 2004 ad oggi.
(2-00532) «Airaudo, Lacquaniti, Marcon, Duranti, Fratoianni, Di Salvo, Melilla, Franco Bordo, Pannarale, Paglia, Lavagno, Ferrara, Palazzotto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

politica industriale

cassa integrazione

industria automobilistica

alleggerimento del debito

fiscalita'

investimento

cessazione d'attivita'

commercializzazione