ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01636

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 797 del 16/05/2017
Abbinamenti
Atto 1/01525 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01545 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01546 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01548 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01550 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01555 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01632 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01633 abbinato in data 16/05/2017
Atto 1/01637 abbinato in data 16/05/2017
Firmatari
Primo firmatario: GIORGETTI ALBERTO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 16/05/2017
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OCCHIUTO ROBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 16/05/2017


Stato iter:
16/05/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 16/05/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
INTERVENTO GOVERNO 16/05/2017
Resoconto MORANDO ENRICO ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/05/2017
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO MISTO-UDC
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto SBERNA MARIO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto CATALANO IVAN CIVICI E INNOVATORI
Resoconto FASSINA STEFANO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - POSSIBILE
Resoconto ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto TANCREDI PAOLO ALTERNATIVA POPOLARE-CENTRISTI PER L'EUROPA-NCD
Resoconto BORDO FRANCO ARTICOLO 1-MOVIMENTO DEMOCRATICO E PROGRESSISTA
Resoconto GIORGETTI ALBERTO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto VALLASCAS ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/05/2017

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 16/05/2017

ACCOLTO IL 16/05/2017

PARERE GOVERNO IL 16/05/2017

DISCUSSIONE IL 16/05/2017

APPROVATO IL 16/05/2017

CONCLUSO IL 16/05/2017

Atto Camera

Mozione 1-01636
presentato da
GIORGETTI Alberto
testo di
Martedì 16 maggio 2017, seduta n. 797

   La Camera,
   premesso che:
    con lo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, nel 2012 il legislatore è intervenuto ridisciplinando organicamente (con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21) la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo in tale settore, anche al fine di aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea;
    per «poteri speciali» si intendono, tra gli altri, la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea ha adottato un'apposita comunicazione, con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economica. Nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o con riguardo ai movimenti di capitali, le deroghe ammesse non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali. In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito;
    nel dettaglio, il citato decreto-legge reca anzitutto la nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale. La principale differenza con la normativa precedente si rinviene nell'ambito operativo della nuova disciplina, che consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica;
    le esigenze di tutela che si esprimono negli speciali poteri riconosciuti dall'ordinamento per l'intervento nei settori considerati strategici, alla luce del quadro normativo vigente, rispondono a finalità di salvaguardia di fondamentali interessi collettivi che richiedono una attenta opera di interpretazione e, se del caso, adeguamento in funzione del contesto storico attuale;
    infatti, accanto a esigenze di tutela degli interessi pubblici derivanti dalle possibili conseguenze derivanti dalla acquisizione da parte di operatori stranieri di partecipazioni significative e di controllo in aziende operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, già da tempo sono emerse come irrinunciabili istanze di salvaguardia di quegli operatori che, presenti anche in altri settori sensibili per il mantenimento di condizioni di convivenza democratica e di sviluppo economico ordinato, possono estendersi anzitutto al campo delle infrastrutture, delle comunicazioni, dell'energia;
    in questi casi, l'esigenza che emerge non è tanto quella di salvaguardare un aprioristico pregiudizio nazionale: infatti, così ragionando, si rischierebbe di privare il Paese della possibilità di giovarsi di significativi investimenti provenienti dall'estero, e quindi di arricchire il perimetro delle attività medesime proprio per effetto dell'allargamento della partecipazione rinvenibile, attraendo risorse vitali soprattutto in contingenze di scarsa crescita, come quella attuale, capaci anche di fare da traino per la ripresa di processi di investimento in tutta la filiera interessata, con evidenti ricadute positive in termini di crescita economica ed occupazionale complessiva, valorizzazione degli asset interessati, arricchimento del complessivo tessuto economico-produttivo;
    piuttosto, nelle evenienze in esame si tratta di non confondere questa esigenza di vitale capacità di attrazione di investimenti provenienti dall'estero (che anzi andrebbe potenziata e coordinata in maniera organica con l'affidamento chiaro e trasparente della programmazione e regia degli interventi di interesse pubblico ad un centro decisionale in grado di coniugare visione strategica, capacità di attrazione di investimenti esteri in obiettivi mirati, trasparenza di tutto il processo istruttorio, decisionale e di verifica, controllo costante sugli esiti delle azioni intraprese anche per i necessari interventi correttivi), con improponibili svendite di veri e propri patrimoni dell'industria nazionale, di cui nel passato sono state scritte pagine non brillanti attraverso processi di dismissione del patrimonio pubblico in favore di operatori stranieri sovente non corrispondenti ai reali valori in gioco;
    ma accanto a questa esigenza di «attrazione vigile e selettiva» degli apporti che possono venire dall'estero – e che in questa prospettiva ci si augura siano sempre crescenti – si tratta di non abbandonare interi segmenti del tessuto produttivo del Paese, anche ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente considerati come settori strategici, come sopra indicati, ove mai emerga non un semplice cambio della proprietà, con l'ingresso nell'assetto di proprietà in ruoli di controllo di soci di provenienza straniera, ma allorché tale processo si accompagni con rischi di impoverimento conseguenti per il sistema-Paese. Come nel caso in cui al cambio di controllo si accompagni il trasferimento all'estero dei centri di programmazione e monitoraggio delle attività di ricerca o a più elevato valore innovativo, la delocalizzazione delle strutture produttive a più intenso assorbimento di lavoro, o di asset che possano rivelarsi significativi per il mantenimento dell'equilibrio socio-economico nella attuale congiuntura economico-produttiva. Il tutto, ovviamente, pur nella salvaguardia dei principi comunitari di non discriminazione e di tutela della libertà di circolazione di merci, servizi, persone e capitali;
    in questo senso, emblematico è il caso del settore finanziario. Se è vero che sussiste – soprattutto in una stagione che si annuncia densa di novità per effetto delle conseguenze della «Brexit» per i mercati finanziari, con interrogativi di non poco conto sulla conservazione del ruolo di Londra come capitale continentale delle attività connesse alla gestione dei servizi finanziari e dei capitali – la naturale capacità degli investimenti soprattutto in questo settore di seguire il contesto in cui le condizioni regolatorie, sociali e di tutela giudiziaria consentono di massimizzare le occasioni di valorizzazione, non può essere taciuto che un ordinamento attento al mantenimento di fondamentali condizioni di stabilità economico-produttive – in quanto pre-requisito della sicurezza sociale ed economica – ha il dovere di vigilare su eventuali rischi derivanti dalla trasformazione di quelle occasioni di investimento in processi di vera e propria destabilizzazione;
    questo in particolare può verificarsi ove mai si assista, per la qualità o il livello dei target presi di mira, il volume delle risorse interessate, le ricadute sulla ricchezza nazionale, pubblica e privata, non solo a fenomeni di spostamento all'estero dei centri decisionali nevralgici, ma di vero e proprio reindirizzamento verso altre opportunità di asset allocation e investimento, per l'appunto estere, della massa di ricchezza riconducibile agli operatori finanziari interessati. E, particolarmente nei casi in cui esponenti di vertice di tale settore possano risultare altresì tra i principali detentori di titoli del debito pubblico italiano – sì denominato in euro, ma pur sempre emesso dalla Repubblica italiana – si assisterebbe alla consegna di fette consistenti di risorse essenziali per l'ordinata gestione sui mercati finanziari di quello che rimane uno dei debiti sovrani di maggiori dimensioni al mondo. Con conseguente rischio di condizionamento o destabilizzazione ove mai taluno di tali operatori esteri possa decidere inopinatamente di cambiare le strategie di investimento medesime, con ricadute sistemiche coerenti con la qualità, le dimensioni o il posizionamento di mercato dei protagonisti o dei valori interessati (come la storia del repentino disinvestimento Deutsche Bank del 2011 dovrebbe rammentare, con tutte le pesanti conseguenze che ne sono poi derivate per il Paese e i singoli investitori);
    analogamente nelle ipotesi in cui, anche in questo caso imposte dalla cronaca, grosse operazioni coinvolgenti settori tradizionalmente avvertiti nel nostro Paese come estranei a quelli meritevoli della stessa attenzione e salvaguardia propria dei più tradizionali settori strategici (ma solo nel nostro ordinamento, non anche in quelli di primari competitor dell'Unione europea, curiosamente corrispondenti agli ordinamenti dai quali provenivano proprio i più attivi raider in tal senso attivi), si siano rivelate ben presto dettati non da (inesistenti) finalità industriali, ma da mere mire predatorie sulla liquidità o sugli asset di maggiore valore immediato nella disponibilità del bersaglio nazionale avuto di mira, magari nel frattempo gravato persino degli oneri finanziari imposti dall'operazione stessa di acquisizione;
    anche in questo caso, la mancanza o il ritardo di una risposta mirata e tempestiva da parte delle istituzioni nazionali deriva dalla assenza di consapevolezza sul significato reale della presenza in economia di operatori qualificati, e sulle ricadute – queste sì strategiche – per l'intero sistema-Paese di un loro eventuale cambio di controllo che si accompagni al trasferimento dei centri decisionali e di indirizzo in altro contesto, del tutto indifferente alle esigenze di mantenimento dell'equilibrio necessario ai mercati;
    questo dimostra che, a dispetto del settore in cui direttamente grandi realtà industriali o finanziarie operano, il carattere strategico rilevante dell'operatore interessato non deve essere mai dissociato da un'attenta valutazione sulle possibili ricadute sull'intero sistema produttivo ed occupazionale del Paese, con riferimento sia agli aspetti coinvolgenti la ricchezza pubblica che quella privata, in una dimensione non limitata alla mera considerazione del contingente, ma attenta alle prospettive che si delineano in un processo di ordinata evoluzione delle premesse poste;
    da questo punto di vista, pertanto, il complesso degli strumenti presenti nell'ordinamento per il conseguimento di tali esigenze rischia di rivelarsi fragile o non completo, in quanto la eventuale inadeguatezza puntualmente emerge solo quando è troppo tardi, e cioè allorché, individuata una falla nei sistemi di difesa degli interessi strategici nazionali come sopra rappresentati, siano state già poste in essere iniziative di mercato che poi diviene problematico e controverso dovere «inseguire», invocando tardivi quanto inappropriati interventi normativi che difettano dei requisiti quanto meno della sistematicità e oggettività, in quanto non discriminatori;
    per tali ragioni, si rende necessario aggiornare il complesso degli strumenti esistenti, in un quadro non di improbabile proposizione di barriere nazionali – improponibile nell'attuale contesto e, a ben vedere, non funzionale alla migliore valorizzazione dei campioni nazionali esistenti per una economia votata allo scambio e alla presenza sui mercati esteri – ma di predisposizione di tutti gli strumenti ai quali in ogni eventualità possa farsi ricorso, solo che emerga la necessità;
    in questo senso, allora, si impone anzitutto la revisione della disciplina esistente, con la valorizzazione di misure improntate a criteri di reciprocità con gli ordinamenti dai quali provengono – secondo valutazioni complessive e sostanziali e non solo formali o apparenti – gli operatori interessati, in maniera da disincentivare eventuali arbitraggi normativi o regolamentari in grado di alimentare processi di «spoliazione» del patrimonio di ricchezza nazionale nei termini descritti;
    in secondo luogo, appare imprescindibile promuovere una considerazione dinamica e allargata dei settori strategici oggetto di tutela tale per cui, pur nel rispetto di fondamentali istanze di carattere europeo di armonizzazione e non discriminazione, possa consentirsi o richiedersi l'intervento di autorità pubbliche (nelle forme e con le misure volta a volta reputate opportune) in tutti quei casi in cui, indipendentemente dal settore merceologico di immediato rilievo, comunque l'operazione di cambio del controllo sia suscettibile di assumere ripercussioni significative sul mantenimento dell'equilibrio economico produttivo del sistema Paese, o sullo stesso contesto sociale nazionale, coinvolgendo aspetti essenziali per la tutela di interessi fondamentali dei cittadini, come nel caso di interventi con rilevanza sistemica nei settori delle infrastrutture, dell'energia, delle comunicazioni, ma anche in quello finanziario, bancario, assicurativo e previdenziale privato, della sanità e dell'assistenza alla persona, l'approvvigionamento alimentare e di beni di prima necessità, e così via;
    la prontezza ed efficacia di questi interventi si misura innanzi tutto in funzione della capacità di fare emergere le strategie sottese alle operazioni predette: se, come detto e ribadito, nessun elemento di allarme si rinviene, in sé, nella nazionalità della proprietà o del controllo di qualsiasi significativa realtà industriale o produttiva, ben diverso può essere l'eventualità in cui questo processo nasconda in realtà la finalità di sottrarre i centri di indirizzo, gestione e controllo, gli asset finanziari e la ricchezza reale delle realtà interessate, il know how indispensabile per competere in uno scenario globale e le punte in termini di ricerca e innovazione al contesto regolatorio esistente, verso porti più consoni a finalità estranee rispetto alle esigenze di salvaguardia del patrimonio industriale del Paese e dei diritti fondamentali dei cittadini. La risposta più adeguata allora diviene quella della amplificazione di adeguate e mai eccessive misure di trasparenza nella rappresentazione degli scenari perseguiti, in maniera da consentire di cogliere tempestivamente la differenza tra legittime operazioni di mercato, e più pericolosi raid speculativi niente affatto sensibili alle possibili conseguenze sulla stabilità e la tutela dell'intera comunità nazionale;
    né, in tale dimensione, deve compiersi l'errore di ritenere emergente una malintesa prospettiva di tutela del mercato e dei consumatori preponderante su qualsiasi altra considerazione. Al contrario, proprio le più genuine istanze di tutela del mercato e dei consumatori impongono di non abbandonare il confronto concorrenziale ad un contesto privo di regole (oggettive, equilibrate, effettive, non discriminatorie e anteriormente poste) in grado di orientare il doveroso sviluppo dell'iniziativa economica verso la concorrente massimizzazione delle esigenze di tutela reale dei consumatori. Infatti, proprio una prospettiva in grado di privilegiare un approccio a più ampio spettro, nei termini segnalati, consente di promuovere costantemente una valutazione attenta alle reali istanze del mercato e dei consumatori in una prospettiva non limitata al breve o brevissimo momento, ma attenta a tutte le ricadute prospettabili. Al punto che si impone l'intervento dell'ordinamento non per limitare la libertà di azione dei singoli – di qualunque provenienza o nazionalità – ma per evitare che tale ampia autonomia possa tradursi in corrispondenti destabilizzazioni di fondamentali condizioni di equilibrio del mercato, che finirebbe per coinvolgere le stesse istanze dei consumatori e la stabilità del sistema economico complessivo,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta alla revisione della disciplina esistente in materia di poteri speciali, anche attraverso interventi di competenza nelle sedi europee e internazionali, con il fine di valorizzare misure improntate a criteri di reciprocità con gli ordinamenti degli Stati dai quali provengono gli operatori interessati, in maniera da disincentivare eventuali arbitraggi normativi o regolamentari in grado di alimentare processi di «spoliazione» del patrimonio di ricchezza nazionale;
2) ad assumere iniziative per introdurre una regolamentazione che preveda specifici obblighi di trasparenza, e, in particolare, obblighi di comunicazione preventiva da parte dei potenziali acquirenti di partecipazioni in società ritenute strategiche, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse;
3) ad adottare opportune iniziative volte ad estendere la disciplina dei poteri speciali anche ad altri settori rispetto a quelli tradizionali di difesa e sicurezza, secondo valutazioni di rilievo dell'interesse nazionale volta per volta emergente.
(1-01636) «Alberto Giorgetti, Occhiuto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sicurezza pubblica

trasparenza del processo decisionale

parita' di trattamento