ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01064

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 524 del 18/11/2015
Firmatari
Primo firmatario: RAMPELLI FABIO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Data firma: 18/11/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
LA RUSSA IGNAZIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
MAIETTA PASQUALE FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
NASTRI GAETANO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
TAGLIALATELA MARCELLO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015
TOTARO ACHILLE FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 18/11/2015


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-01064
presentato da
RAMPELLI Fabio
testo di
Mercoledì 18 novembre 2015, seduta n. 524

   La Camera,
   premesso che:
    i testimoni di giustizia sono persone che hanno assistito a eventi criminosi o addirittura ne sono state vittime, e che scelgono di denunciarli e di sostenere le autorità nelle indagini fornendo testimonianze che spesso risultano decisive ai fini dell'individuazione dei colpevoli e la loro successiva condanna;
    la figura del testimone di giustizia è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge 13 febbraio 2001, n. 45, che è intervenuta per stabilire una formale e netta distinzione tra testimoni e collaboratori e individuare i requisiti per il conseguimento di tale status;
    ai sensi di legge, lo status di testimone di giustizia è riconosciuto a «coloro che assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata dei fatti o di testimone, purché nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575»;

al fine di permettere ai testimoni di vivere in sicurezza nel tempo di durata dei procedimenti penali ad essi si applicano le speciali misure di protezione già previste in favore dei collaboratori di giustizia dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, ma sin, dall'inizio queste – più che sostenere i testimoni nel proprio impegno in favore della giustizia – hanno alimentato in loro una condizione di profondo disagio;
    a causa delle misure di protezione, infatti, i testimoni si trovano costretti ad abbandonare le città nelle quali vivevano, le proprie professioni e abitudini, ritrovandosi isolati rispetto al loro contesto sociale e in parte familiare, e fanno grande fatica a rifarsi una vita nelle nuove condizioni;
    nel corso della XV legislatura la Commissione parlamentare antimafia ha condotto un programma di attività conoscitive teso a verificare le modalità di gestione dei testimoni di giustizia in applicazione della normativa vigente;
    la relazione sulla situazione dei testimoni di giustizia stilata nel 2008, in esito a tale attività conoscitiva, aveva già rilevato che ad oggi permangono quelle condizioni che «dopo un momento di assistenza iniziale, il teste viene “abbandonato” in balia di se stesso e delle sue esigenze familiari, lavorative e sociali che non solo non vengono prese in esame e soddisfatte, ma incontrano ostacoli per lo più di natura burocratica e amministrativa frapposti proprio da chi è, per legge, preposto a superarli e risolverli»;
    dalla medesima inchiesta erano emerse molteplici interventi necessari per migliorare la condizione dei testimoni, tra i quali: la modifica del modello organizzativo del servizio centrale di protezione, attraverso l'integrazione e il potenziamento del suo organico; la necessità di intervenire sulla variazione dei criteri nella redazione delle perizie e delle stime degli immobili di proprietà dei testimoni; una maggiore attenzione ai dispositivi di sicurezza e alla tutela dei testimoni che scegliessero di rimanere nella località di origine; la modifica della disciplina per il cambio delle generalità; il riconoscimento del danno biologico e del danno esistenziale subito dal testimone in relazione ai danni e sofferenze patite dallo stesso e dai suoi familiari nel programma di protezione;
    nonostante le criticità messe in luce dalla relazione del 2008, poco o nulla è stato fatto, in questi anni, per migliorare le condizioni in cui vengono a trovarsi i testimoni di giustizia in seguito all'inserimento nel programma di protezione;
    alla data del 30 giugno 2014 le persone a cui era riconosciuto lo status di testimone di giustizia erano 86, alle quali vanno aggiunti oltre 260 familiari;
    la relazione semestrale al Parlamento sui programmi di protezione del Ministero dell'interno, depositata nel settembre 2014, ha ribadito che il contatto diretto con la popolazione protetta ha consentito di evidenziare che «il periodo iniziale, riferibile all'applicazione delle misure di tutela ex articolo 17 legge n. 82 del 1991 e successive modifiche, risulta incidere negativamente sullo stato emozionale dei soggetti tutelati in quanto legato a condizioni di vita particolari, caratterizzate da incertezza e provvisorietà sia della collocazione che delle prospettive future»;
    allo stesso modo anche la seconda relazione redatta dalla Commissione antimafia sui testimoni di giustizia, depositata il 21 ottobre 2014 e approvata dal Parlamento nella primavera del 2015, ha evidenziato come «il sistema di protezione, giusto o sbagliato che fosse, è comunque inesorabilmente invecchiato. Ma soprattutto, il malcontento dei testimoni di giustizia, lungi dal placarsi con le migliorie, ha continuato ad accrescersi parimenti al tempo che scorre. Per molti di loro, altri anni si sono aggiunti alla già lunga durata del programma speciale di protezione. Altri anni durante i quali è diventato più difficile cogliere le ragioni di un recinto asociale che ostacola il passo e dell'immutabilità di un pericolo che rimane grave nonostante i decenni trascorsi»;
    la medesima relazione ha evidenziato altresì come l'inchiesta parlamentare si sia svolta «in un momento in cui la crisi della struttura di protezione ha assunto l'aspetto di un fenomeno sismico» e come sia diventato oltremodo necessario individuare le cause recondite del fallimento di un sistema che deve ritrovare la sua strada;
    dalla relazione sono emerse le medesime criticità già rilevate nel 2008; si è concentrata l'attenzione sul deficit informativo che i testimoni soffrono circa i diritti e doveri connessi con l'assunzione del nuovo status, sull'inadeguatezza delle sistemazioni logistiche e quella delle misure di protezione, sulla condizione di isolamento e su quella correlata dell'insufficienza delle misure atte a garantire il reinserimento socio-lavorativo dei testimoni, sull'eccessiva burocratizzazione delle procedure di rilascio dei diversi documenti;
    la commissione centrale, organo istituzionalmente demandato all'esame ed alle determinazioni in merito alle proposte di adozione ed all'applicazione delle misure di protezione, ha espresso l'auspicio di «un incremento complessivo delle risorse finanziarie, al fine di assicurare il buon funzionamento e l'equilibrio del sistema di protezione e, con esso, le favorevoli ricadute in termini di incoraggiamento alla disponibilità alla collaborazione con l'Autorità giudiziaria», considerato che, con riferimento alle misure assistenziali «data la criticità indotta dalla mancanza di disponibilità di congrui stanziamenti che si protrae fin dall'esercizio finanziario 2009, la linea gestionale seguita dal Servizio Centrale di protezione è stata impostata nell'ottica di un graduale contenimento delle spese»;
    per consentire un'efficace lotta alle mafie occorre superare la logica dei «confini nazionali», lavorando piuttosto nella direzione di un'armonizzazione delle normative europee ed internazionali per il loro contrasto;
    a partire dagli anni novanta, in ambito europeo si sono registrati molteplici interventi in materia di protezione dei testimoni, tra i quali la risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del novembre 1995, il piano di azione contro la criminalità organizzata, e nel 2005 la raccomandazione concernente la protezione dei testimoni, mentre in ambito ONU benché non esista una normativa che tratti unicamente la protezione dei testimoni, tale argomento è stato comunque affrontato nella convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale del 2001 e nella convenzione contro la corruzione del 2003;
    inoltre, nel 2000 è stata creata una rete europea di collegamento, coordinata da Europol, che riunisce su base volontaria i capi delle unità specializzate nella protezione dei testimoni, che negli anni è diventata una struttura professionale di dimensione mondiale, attiva in tutti i continenti, e che svolge un ruolo importante nello scambio di informazioni e per la messa a punto di strumenti, ma non contemplano attività operative;
    dalle discussioni in seno alla rete Europol sono scaturiti due documenti: quello relativo ai «principi fondamentali della cooperazione di polizia dell'Unione europea nel settore della protezione dei testimoni», che riguardano principalmente il trasferimento internazionale dei testimoni, e quello sui «criteri comuni per inserire un testimone in un programma di protezione», ossia l'insieme dei criteri applicabili affinché un testimone possa beneficiare di un programma di protezione;
    nel novembre 2007 la Commissione europea, al termine della sua attività volta a valutare l'impatto di un'eventuale proposta legislativa europea in materia di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, ha redatto un «Documento di lavoro sulla fattibilità di una normativa dell'Unione europea in materia di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia», evidenziando come l'analisi svolta avesse dimostrato che malgrado alcuni risultati conseguiti principalmente negli ultimi anni le strutture legislative e amministrative degli Stati membri fossero ancora molto diverse, rendendo di fatto ancora prematura l'adozione di una normativa comune;
    i testimoni di giustizia sono i piccoli «mattoni» delle fondamenta della lotta alle mafie, sono persone che rendono un importante servizio alla comunità, promuovendo la sicurezza della società e dei singoli, e se saranno vittime e non eroi nel confronto con la malavita organizzata, questa risulterà sempre vincitrice;
    la relazione della Commissione antimafia del 2014 ha rilevato che «il testimone di giustizia, essendo colui che adempie a un dovere civico, non può essere retribuito per le sue dichiarazioni ma, al contrario, deve essere posto nella condizione di renderle in sicurezza e senza che la difesa statale possa per lui risolversi in un danno economico, lavorativo o sociale. Pertanto, un rapporto tra Stato e testimone che non si fonda, né può fondarsi, sulla premialità o sull'assistenzialismo, bensì sul riconoscimento e la garanzia dei diritti pregressi»;
    negli ultimi anni i testimoni di giustizia hanno a più riprese manifestato il proprio disagio, al fine di evidenziare all'opinione pubblica la condizione di disagio in cui spesso si trovano a vivere;
    gli interventi in materia di testimoni di giustizia promo si in ambito sovranazionale, pur avendo ormai acquisito la connotazione di un vero e proprio corpus etico (soft law) non costituiscono norme giuridicamente vincolanti, ed è pertanto necessario tradurre quest'insieme di buone pratiche in norme europee comuni, pena il rischio di disincentivare la collaborazione dei cittadini e minare la fiducia nelle istituzioni, mentre la criminalità organizzata persevera,

impegna il Governo:

   ad adottare, anche seguendo le indicazioni della citata relazione della Commissione antimafia, ogni iniziativa utile a migliorare le condizioni di vita dei testimoni di giustizia, in particolare attraverso: la corretta e completa informazione circa i diritti e doveri connessi allo status di testimone di giustizia; l'elaborazione di idonee forme di accompagnamento del testimone di giustizia sia al momento dell'ingresso nel sistema tutorio, sia durante il periodo di sottoposizione alle misure di protezione, sia all'atto della cessazione delle stesse; un maggior coinvolgimento diretto del testimone di giustizia nella scelta del sistema tutorio e delle sue modalità; adeguate misure di sostegno in favore dei testimoni che scelgono di rimanere nella propria località di origine; una riduzione della durata dei programmi speciali di protezione; una maggiore attività di sostegno psicologico in favore dei testimoni;
   a valutare l'istituzione di un tavolo di lavoro permanente per il miglioramento del sistema di tutela e di assistenza dei testimoni di giustizia, che possa elaborare le soluzioni normative e amministrative più idonee a garantire il miglioramento delle condizioni di vita dei testimoni di giustizia e la semplificazione procedurale;
   ad elaborare un sistema di analisi e monitoraggio sull'adeguatezza delle misure di assistenza economica ai testimoni di giustizia, con particolare riguardo al mantenimento della sua posizione reddituale, alle misure di tutela delle attività imprenditoriali eventualmente svolte, e alla valutazione dei progetti di reinserimento socio-lavorativo;
   ad attivarsi in sede europea al fine di giungere alla redazione di una normativa comune sul regime di tutela e protezione dei testimoni di giustizia, al fine di potenziare le tutele in favore di queste persone e di contrastare con maggiore efficacia le organizzazioni criminali.
(1-01064) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lotta contro la criminalita'

cooperazione di polizia UE

risoluzione del Consiglio dell'Unione europea