ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00356

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 183 del 05/03/2014
Firmatari
Primo firmatario: MIGLIORE GENNARO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 05/03/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI SALVO TITTI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/03/2014
PILOZZI NAZZARENO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/03/2014
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 05/03/2014


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00356
presentato da
MIGLIORE Gennaro
testo di
Mercoledì 5 marzo 2014, seduta n. 183

   La Camera,
   premesso che:
    la competitività economica di un Paese può essere fortemente contrastata dall'opacità e dall'incertezza del suo sistema giuridico che a loro volta possono essere determinate da una molteplicità di fattori, primo fra tutti una produzione normativa che contiene continui rimandi a fonti di attuazione la cui adozione è differita nel tempo, rendendo la legislazione frammentaria e di difficile applicazione;
    l'ultimo decreto-legge di «Proroga termini», il n. 150 del 2013, recentemente convertito in legge dal Parlamento reca alcune norme i cui effetti finali appaiono destinati a prodursi in un momento significativamente distanziato nel tempo rispetto alla loro entrata in vigore, in quanto prorogano i termini entro i quali il Governo avrebbe dovuto emanare provvedimenti attuativi;
    sempre sul piano dell'efficacia temporale lo stesso provvedimento contiene disposizioni che provvedono a prorogare il termine per l'adozione di provvedimenti applicativi di norme preesistenti, reiterando così l'inapplicabilità della relativa disciplina e determinando il caos interpretativo, una perdurante condizione d'incertezza e perfino il rischio di difformità nell'attuazione di una riforma;
    in verità i cosiddetti «decreti milleproroghe» non sono esempi di corretta ed ordinata produzione legislativa; ed infatti nel caso del decreto-legge n. 225 del 2010 (milleproroghe 2011) il Governo pro tempore e la sua maggioranza si sono distinti per caoticità, episodicità e frammentarietà del provvedimento, perché per la prima volta, è stata conferita la facoltà di modificare, con una fonte di rango secondario come il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il termine di vigenza di normative contenute in fonti di rango primario, in palese difformità con quanto stabilito per i regolamenti di delegificazione dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che prevede invece l'adozione di un decreto del Presidente della Repubblica. Dunque la novità più significativa ed indicativa di una progressiva delegificazione dei contenuti della maxi norma di proroga di quell'anno è stato il ricorso ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per stabilire i confini di ben 65 provvedimenti su varie materie anche di rilevante importanza;
    il ricorso alla delega legislativa, o, come nel suddetto caso, alla delegificazione, pur se contemplato agli articoli 76 e 77 della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17 della legge n. 400 del 1988, recante «Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri», costituisce da tempo uno dei tanti aspetti problematici dell'evoluzione del sistema delle fonti normative, che assume oggi un rilievo peculiare data l'ormai affermata tendenza del Governo al suo impiego come strumento privilegiato per l'attuazione del programma politico;
    l'inserimento all'interno di un disegno di legge ad iter abbreviato, quale è quello di conversione di un decreto-legge, della proroga di un termine entro il quale esercitare una delega o emanare un regolamento attuativo ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non fa che attribuire al Governo la piena gestione di una delle modalità di esercizio della delegificazione che dovrebbe, piuttosto, rivestire carattere giuridicamente eccezionale o limitato, o peggio, l'arbitrio di ritardare o impedire l'effettiva entrata in vigore di una disposizione o di una legge, andando contro la volontà del legislatore e, in definitiva, contro il principio di separazione dei poteri legislativo e esecutivo;
    la legge-delega, per definizione, ha un impianto flessibile che consente al Governo di intervenire nuovamente con ulteriori decreti legislativi e con decreti correttivi, prestandosi ad essere «riplasmata» e riadattata nella sua implementazione normativa, condizione questa che contribuisce a determinare il suddetto regime di incertezza normativa;
    infatti, dopo l'approvazione di una legge delega si avvia un lungo processo di implementazione normativa grazie al quale essa viene gradualmente resa operativa attraverso l'emanazione, dei decreti legislativi, eventualmente con il coinvolgimento di organi ed enti locali. Si tratta di un percorso lento e tortuoso nel corso del quale i decreti attuativi adottati non provvedono ad introdurre a loro volta una disciplina di dettaglio, e questo perché a volte le disposizioni di delega si caratterizzano per l'indeterminatezza dell'oggetto o dei principi e criteri direttivi, lasciando così ampi margini di modifica della disciplina contenuta nei decreti legislativi principali;
    completano il suddetto quadro di indeterminatezza ed opacità anche altre figure di incerta definizione come i «decreti ministeriali non regolamentari», previsti semplicemente allo scopo di evitare le lungaggini dell’iter di approvazione dei regolamenti;
    la successiva attività di attuazione di cui necessitano alcune previsioni legislative viene svolta o in autonomia dai singoli Ministeri o attraverso procedure di concerto interministeriale, molto spesso prevedendo l'acquisizione di pareri del Parlamento, di autorità, di rappresentanze del mondo delle autonomie locali e regionali, di organi giurisdizionali, di organi di controllo, che dilatano oltre misura la concreta entrata a regime di importanti riforme. Altre volte le lungaggini sono legate alle difficoltà di ricomporre un conflitto in sede politica – con la conseguenza che la sua più precisa ricomposizione viene affidata all'amministrazione –, o alla complessità tecnica della materia, che necessariamente richiede l'intervento di più livelli istituzionali o amministrazioni competenti;
    in alcune leggi-delega attualmente in vigore, il mancato rispetto da parte del Governo dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi viene sanzionato attraverso la decadenza dall'esercizio della stessa, come ad esempio nel caso della legge n. 308 del 2004, in materia di riordino ed integrazione della normativa ambientale, mentre in altre deleghe, soprattutto leggi comunitarie, al contrario si è consolidata una prassi finalizzata alla «flessibilizzazione del termine» di esercizio della delega, consentendo al Governo di recepire con decreti legislativi atti comunitari integrativi o attuativi di direttive così da trasferirgli il potere pressoché assoluto di decidere se e quando ricorrere alla proroga temporale per l'esercizio della delega: una vera e propria «zona franca» di intervento a favore dell'Esecutivo e delle burocrazie ministeriali;
    inoltre, i suddetti processi d'implementazione normativa esprimono il divenire di un'attività amministrativa dai confini incerti e di un determinato percorso che necessita di pareri vincolanti da parte di una molteplicità di soggetti istituzionali. Sarebbe pertanto buona prassi monitorarne l'evoluzione del procedimento, producendo informazioni sullo stato del suo iter, costringendo le singole amministrazioni a spiegare le ragioni dei ritardi, spingendole o inducendole a rimuovere gli ostacoli, spesso di natura burocratica, che si frappongono alla completa adozione dei provvedimenti necessari. Così come sarebbe utile ridurre i concerti fra i Ministeri, snellire i passaggi velocizzando l’iter dei pareri, seppur essenziali, come quelli di Parlamento, Consiglio di Stato e Corte dei conti, ed emanare norme auto applicative;
    ogni Governo in carica deve dare attuazione soprattutto nei primissimi mesi di attività anche alla normativa non ancora applicabile lasciata in eredità dai precedenti Governi secondo un evidente principio di continuità nella vita amministrativa del Paese. Il Governo Monti ha considerato tra le proprie priorità anche quella di dare seguito ed efficacia alle politiche adottate e nell'ambito di un puntuale monitoraggio dei processi d'implementazione normativa previsti dalle singole leggi effettuato dall'allora Ministro Giarda risulta che sulle Gazzette Ufficiali del solo anno 2012 sono stati pubblicati 254 provvedimenti attuativi la cui provenienza legislativa era risalente a leggi approvate in vigenza di Governi di precedenti legislature, tra i quali ad esempio 2 attuativi di leggi approvate in vigenza del Governo Prodi-I nel 1996-1998; 1 del Governo D'Alema nel 1999-2000; 3 del Governo Amato-II nel 2000-2001; circa 180 dei precedenti Governi Berlusconi. Da un medesimo monitoraggio effettuato dalla cabina di regia per l'attuazione del programma dell'ultimo Governo Letta risulta che al termine dell'esperienza governativa sono circa 852 i regolamenti di mancata attuazione che tengono sospese in un limbo le riforme varate fino ad oggi, dei quali solo 131 derivanti dalla recente legge di stabilità per il 2014;
    solo per dare un'idea di quanto questo travagliato percorso possa rappresentare un freno condizionando la competitività e lo sviluppo dell'intero sistema-Paese, basterebbe citare il caso eclatante della mancata operatività dell'Agenda digitale italiana, che avrebbe dovuto rappresentare una delle principali leve per la modernizzazione dell'Italia, consentendole di recuperare il gap che da anni la separa dalle nazioni più virtuose in materia di utilizzo delle ICT: dei 51 provvedimenti monitorati, soltanto 5 sono stati adottati, mentre ben 22 non sono stati emanati nonostante sia scaduto il termine per la loro adozione addirittura nel dicembre 2012. Ma emblematici sono anche i casi della «riforma Fornero», la cui operatività a regime richiederebbe l'emanazione di 37 decreti attuativi in materia di ammortizzatori sociali, contratti e democrazia d'impresa, nuove norme su paternità e voucher maternità, o della riforma degli atenei, posto che dei 38 decreti di stretta competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a tutt'oggi soltanto 4 sono stati emanati, mentre molti altri stazionano alla Corte dei conti per la copertura finanziaria; si registra inoltre la mancata applicazione della gran parte dei decreti attuativi del federalismo fiscale, che ha impedito di introdurre i medesimi livelli essenziali di assistenza sul territorio nazionale sulla base di fabbisogni standard. Così come ancora in via di definizione sono altre misure per i progetti per ricerca ed innovazione, il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, il fondo garanzia prima casa, l'anagrafe per la spesa sanitaria, la cessione degli immobili pubblici, il piano delle zone a burocrazia zero e altro;
    storicamente, tra le cause principali dell'estenuante lentezza con la quale il Governo esercita il suddetto potere regolamentare, si annovera quel potere pervasivo ed autoreferenziale esercitato dall'alta burocrazia ministeriale lungo le corsie di gestione ed esecuzione dei provvedimenti varati da Governo e Parlamento: una sorta di anomalia che ha finito con assumere risvolti sempre più inibenti e dilatori e, di fatto, paralizzare il varo di numerose riforme;
    dunque i massimi dirigenti della pubblica amministrazione a capo di attività complementari ai processi legislativi, sono giunti così a detenere, in quanto titolari di un determinato dipartimento, consistenti poteri discrezionali, da quelli di esegesi delle diverse normative a quelli di accelerazione o interdizione dei tempi di loro attuazione, senza che si sia mai giunti a ridimensionare questa implicita potestà di opporre rituali formalistici, cavilli procedurali o quesiti superflui, arrivando perfino ad imbrigliare provvedimenti di assoluta emergenza o di notevole rilievo economico e sociale,

impegna il Governo:

   a presentare al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di attuazione del complesso dei decreti attuativi ancora in fieri;
   a promuovere un'azione di sblocco delle procedure d'implementazione normativa in ritardo, attraverso un monitoraggio sistematico e trasparente realizzato con una metodologia condivisa, strutturata e standardizzata, effettuato per amministrazione di competenza e per ogni singola disposizione, anche al fine di individuare il timing dei singoli adempimenti e, conseguentemente, di rilevare gli eventuali ritardi e le difficoltà che ostacolano il completamento del percorso di attuazione normativa e di imprimere una effettiva accelerazione alla fase attuativa;
   a diramare, attraverso il sito della Presidenza del Consiglio, la completa pubblicità on-line dell’iter di adozione dei decreti legislativi e dei provvedimenti normativi secondari, di natura regolamentare e non, predisponendo, per ogni delega ricevuta una scheda che contenga l'indicazione dei soggetti istituzionali coinvolti e dei passaggi conclusi, al fine di esercitare il controllo diffuso su ogni amministrazione incaricata che dovrà rendere note le ragioni che rallentano o impediscono l'adozione degli atti nei termini stabiliti;
   ad assumere iniziative per prevedere un sistema trasparente premiale e sanzionatorio, che, previa individuazione per ogni singolo dicastero di un referente, sulla base di un principio di responsabilità e degli obiettivi concretamente raggiunti, valuti l'operato dei dirigenti.
(1-00356) «Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Kronbichler».

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

DL 2010 0225

EUROVOC :

applicazione della legge

decreto

formalita' amministrativa

ministero