XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Martedì 11 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SETTORE FISCALE

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli.

Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 2  ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Taricco Mino (PD)  ... 6 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 6 
Tiberi Arturo , Direttore centrale Legislazione e Procedure Accise dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti della Guardia di finanza:
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Screpanti Stefano , Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza ... 8 
Tabacci Bruno , Presidente ... 16 
Screpanti Stefano , Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza ... 17 
Tabacci Bruno , Presidente ... 18 
Screpanti Stefano , Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza ... 18 
Tabacci Bruno , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'attenzione prestata alla nostra indagine, che ha voluto onorare con la presenza del direttore, Giuseppe Peleggi, della dottoressa Teresa Alvaro, direttore centrale per le tecnologie e l'innovazione, del dottor Arturo Tiberi, direttore centrale per la legislazione e le procedure accise, e del dottor Paolo Raimondi, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne.
  Con le audizioni di oggi – sentiremo più tardi anche la Guardia di finanza – la nostra indagine giunge a una svolta. Abbiamo ascoltato fino a oggi i contribuenti (privati e imprese), i rappresentanti delle professioni, che spesso hanno il doppio ruolo di contribuenti e di intermediari, e le banche. Oggi arriviamo al cuore delle istituzioni.
  Nelle audizioni fin qui svolte, non poteva essere sciolto il nodo cruciale del nostro sistema fiscale, ma sono arrivati utili segnali e suggerimenti.
  Il nodo cruciale è evidentemente la necessità di coniugare le necessarie semplificazioni con l'esigenza di recuperare almeno parte dell'immensa cifra che sfugge al fisco, in forma di economia irregolare e malavitosa. Ho spesso condensato il problema, in queste settimane, ripetendo che il convento è povero, ma molti frati sono ricchi.
  In quasi tutte le audizioni si è invocato il rispetto dello Statuto del contribuente, che fissa principi fondamentali a tutela di cittadini e imprese, quasi sempre derogati.
  L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in questi ultimi tempi, sta portando avanti delle importanti azioni di semplificazione, che ci interessa approfondire con voi, anche in chiave prospettica.
  Do la parola al direttore Peleggi, che a sua volta chiamerà in causa la dottoressa Alvaro e il dottor Tiberi. So che è prevista anche la proiezione di un breve filmato.
  Ringrazio i rappresentanti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e invito i colleghi che lo desiderino a intervenire.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Grazie, presidente. Grazie per la convocazione che offre, all'Agenzia, l'opportunità di illustrare le semplificazioni che abbiamo introdotto negli ultimi anni.
  A corredo dell'audizione, lasciamo agli atti le copie di alcuni documenti. Un primo documento spiega e illustra quali sono le attività, le linee operative, la consistenza del patrimonio umano e l'attività di controllo e di accertamento che l'Agenzia svolge, quindi ne illustra le competenze.
  Inoltre, abbiamo portato un documento che riguarda le ultime innovazioni e un altro documento, concernente l'attività di semplificazione normativa, introdotta, da ultimo, con la legge di stabilità. Pag. 3
  Per rendere più semplice l'audizione, abbiamo anche portato un filmato, che concentra, in quattro minuti e mezzo, gli ultimi sviluppi che abbiamo messo in campo a favore degli operatori industriali e di tutti coloro che utilizzano il commercio internazionale per la loro attività, passando attraverso la linea della dogana.
  Chiedo al presidente se possiamo mandare in onda il filmato.

  (Segue proiezione filmato)

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Possiamo aggiungere altre informazioni sulle più recenti attività.
  Da maggio 2016, è entrato in vigore il nuovo codice doganale, che ha sostituito il vecchio. Possiamo dire che, per come avevamo preparato il passaggio alle nuove procedure, c'è stato un impatto positivo, nel senso che la ricaduta sul mercato è stata positiva perché abbiamo colto l'occasione per introdurre un'ulteriore semplificazione rappresentata dal fascicolo elettronico.
  Gli effetti combinati del nostro sistema con il fascicolo elettronico vengono evidenziati nel documento, nella parte in cui si parla della nuova dogana. Nelle ultime pagine, trovate i tempi di sdoganamento presso i principali porti e aeroporti.
  Come vedete, le semplificazioni introdotte ci hanno portato, nelle dogane, a una percentuale nazionale di sdoganamento che può avvenire in un tempo che va dai dodici secondi ai cinque minuti, per il 92,6 per cento delle operazioni.
  Il fascicolo elettronico è stato introdotto dal primo maggio, consentendo agli operatori di raccogliere i dati in un fascicolo da trasmettere digitalmente all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, per presentare, qualora necessario e solo in quel caso, i documenti originali allo sportello doganale. Quel fascicolo ci ha consentito di fare il salto perché la percentuale di sdoganamento della merce entro i cinque minuti era, dal primo gennaio al 30 aprile, dell'84,3 per cento, mentre, dal primo maggio al 31 dicembre, abbiamo raggiunto quasi quota 93 per cento, con punte più alte in alcuni porti e in alcune dogane, anche perché, ovviamente, si tratta del dato medio.
  Negli aeroporti, abbiamo dei risultati ancora più forti, anche perché essi hanno beneficiato dello sdoganamento in volo già dal 2008, il che ha portato anche alla crescita della parte commerciale. Pensate a Bergamo-Orio al Serio, dove sono collocati i corrieri espresso e la logistica, e dove stanno potenziando, come anche a Malpensa la FedEx, la logistica non solo italiana, proprio perché lo sdoganamento in volo consente di fare l'analisi dei rischi e stabilire quali pacchi debbano essere sottoposti a visita, prima che l'aereo arrivi in aeroporto, consentendo di organizzare le rispedizioni della merce che è scesa.
  In questo modo, i tempi sono stati accelerati di molto, rendendo più appetibile l'approdo in un aeroporto italiano. Questo spiega anche buona parte della crescita commerciale di Bergamo-Orio al Serio, un aeroporto che si è sviluppato molto negli ultimi anni.
  I porti, negli ultimi anni, hanno tenuto. In qualche modo, le semplificazioni e la digitalizzazione che abbiamo introdotto hanno offerto la possibilità di sviluppare banchine virtuali, senza costi infrastrutturali. Il fatto di rendere più efficiente l'attività portuale, quindi le varie procedure di uscita delle merci dal porto e di transito, ha sicuramente contribuito, a costo zero, ad aumentare la nostra efficienza portuale.
  La settimana scorsa, come sapete, il porto di La Spezia è stato premiato a Singapore come terminal più efficiente d'Europa. Lo sviluppo che ha avuto Trieste negli ultimi due anni è legato anche ai tempi dello sdoganamento in mare e del pre-clearing.
  Poi, c'è lo sviluppo dei corridoi doganali. Un corridoio, per esempio, è quello Genova-Ikea Piacenza, dove i commerci sono tracciati e arrivano direttamente in azienda senza alcun altro documento contabile doganale.
  Siamo sulla linea di frontiera e non esistono ancora indicazioni normative a livello comunitario, però abbiamo sviluppato i corridoi doganali con finanziamenti comunitari su specifici progetti, il che ci dà Pag. 4una garanzia di copertura anche rispetto a questo tipo di attività.
  Sicuramente la dogana italiana è sotto l'attenzione non solo delle dogane europee, ma anche di altre dogane, per via degli sviluppi che abbiamo introdotto. Questo è anche dovuto alla variazione degli indici della reputazione internazionale.
  Ci sono diversi indicatori, tra cui posso riportare il rapporto Doing business della Banca mondiale e il trading across border, l'indicatore della dogana, che nel 2014 ci collocava al cinquantaseiesimo posto, nel 2015 al trentasettesimo posto, mentre, nel 2016 e nel 2017, al primo posto.
  Nel frattempo, il ranking Italia ha acquisito venti posizioni, passando, nella media di tutti gli indicatori significativi per la Banca mondiale, dal sessantacinquesimo al quarantacinquesimo posto.
  Forse questo salto della dogana dal cinquantaseiesimo al primo posto ha contribuito ai venti punti che abbiamo colto a livello nazionale, sperando di poterlo fare ancora.
  Parallelamente, abbiamo due indicatori del World Economic Forum, di cui uno è lo Enabling Trade Index del 2016, dove, per l'indicatore tempi e costi nella movimentazione alle frontiere, siamo al primo posto, mentre, per i servizi doganali, occupiamo la terza posizione, dopo Singapore e gli Emirati Arabi Uniti (Dubai).
  Ciò contribuisce alla nostra reputazione anche a livello di promozione internazionale, perché questi indicatori possono essere consultati, ad esempio, da un imprenditore giapponese che deve decidere dove far approdare le sue merci. È evidente che userà anche altro, ma gli altri indicatori non dipendono da noi.
  Il lavoro che abbiamo svolto è, quindi, ampiamente riconosciuto e stiamo lavorando su diverse frontiere di innovazione e semplificazione. Una di queste riguarda la possibilità di tutelare l'informazione per il consumatore sui prodotti in arrivo, attraverso un nuovo sistema, che stiamo sperimentando già da un anno e mezzo, chiamato «GlifItaly»: si tratta della possibilità di apporre un QR code, con il quale il consumatore può rimbalzare sulle informazioni aziendali attraverso la certificazione del rimbalzo che possiamo fare con il sistema dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, evitando le truffe legate ai siti a specchio. Questo sistema è una garanzia per i consumatori, consultabile a livello internazionale.
  L'idea dell'indicazione della filiera produttiva sull'etichetta rappresenta la nuova frontiera di informazione per il consumatore e, in un certo senso, l'etica dell'etichetta. Credo che ci si muoverà in quella direzione, cioè del tracciamento del prodotto e della filiera produttiva, quindi della tracciabilità. Stiamo parlando del nuovo livello e della nuova frontiera: Internet delle cose.
  Stiamo ispezionando e testando l'idea di sviluppare nuovi progetti su piattaforme dove gli operatori che dialogano con noi utilizzino le blockchain.
  L'utilizzo della blockchain, almeno per quanto ci risulta ad oggi, potrebbe risultare economicamente conveniente, in quanto determina un minor costo sia per la pubblica amministrazione, quindi per noi che, in genere, forniamo la piattaforma di dialogo ai nostri interlocutori, sia per gli operatori industriali, per i quali è più semplice affidare alla blockchain le possibilità di dialogo interattivo, nell'immettere informazioni sulle piattaforme e nel leggere la propria quota di informazione.
  In questo modo, si riesce a costruire il raggio d'azione della visione dell'operatore rispetto alla trasparenza della merce inviata, per sapere dove si trova, qual è il passaggio e chi l'ha fermata, ammesso che la merce sia stata fermata, perché dobbiamo ricordarci che diversi sono gli attori che intervengono nella procedura di sdoganamento, compresa la Sanità e altri Ministeri.
  Il problema del dialogo con gli altri operatori pubblici o anche con le forze di polizia è stato affrontato con lo sviluppo dello Sportello unico doganale e dei controlli (Sudoco).
  Tale sportello è collocato all'interno della riforma portuale Delrio, quindi all'interno della riforma Madia, e rappresenta, a nostro avviso, un nuovo patto sociale con le Pag. 5imprese, che si basa sul principio seguito negli ultimi dieci anni in Agenzia, che è sempre lo stesso: ONCE. Questo vuol dire che, una sola volta, il privato, il mercato deve dare alla pubblica amministrazione l'informazione e l'amministrazione deve essere in grado di far circolare quell'informazione al proprio interno, senza più chiederla all'utente. Con ONCE si controlla, a diversi fini e per le diverse competenze che debbono essere rispettate, tutta insieme e una sola volta, la merce.
  Questo rappresenta, secondo noi, il patto sociale che ha inizio dai porti, ma potrebbe essere trasferito anche all'interno. Forse, cominciando dalla parte fiscale, penso che questo patto sociale potrebbe essere esteso anche ad altre componenti. Certo, questo sarà un percorso duro e difficile perché voi tutti sapete quanto noi pubbliche amministrazioni soffriamo di un difetto tipicamente associato al mercato, ossia la ricerca della rendita di posizione, ma è anche un difetto del non mercato e del mondo pubblico.
  In molti casi, le amministrazioni cercano la loro rendita di posizione attraverso le cosiddette «normative di contrasto», che le legittimano e danno loro più potere. In merito, il mondo della politica deve stare molto attento, nella misura in cui, una volta definito il bene meritorio, deve poi osservare, anche attraverso l'attività di queste Commissioni, com'è giusto che sia, come quel bene meritorio viene attuato attraverso le pratiche normative. Lo dico perché, altrimenti, ci troviamo nella condizione in cui le amministrazioni tenderanno a far proliferare vincoli, nuovi certificati e nuove competenze, quindi nuovi oneri a carico del mercato, per legittimare la propria esistenza.
  Questo è uno degli aspetti cui siamo stati più attenti, le nostre innovazioni digitali sono state introdotte sempre su base volontaria, partendo da buoni progetti – siamo stati anche premiati a livello comunitario – che abbiamo presentato dopo averli già testati e costruiti nel nostro ambiente di prova telematico, quindi senza problemi di click day. Ogni volta che c'è stato un cambio al nuovo codice, come quello del primo maggio, abbiamo cambiato i sistemi, ma nessuna impresa ha detto «sono rimasta impantanata ferma in porto», pur essendoci sistemi che operano in tempo reale. Ogni qual volta abbiamo introdotto procedure, abbiamo sempre scommesso sull'adesione volontaria del mercato, che è sempre avvenuta in tempi rapidissimi, come nel caso della diffusione del fascicolo elettronico dello scorso anno o anche dell'adesione al telematico.
  In tre anni, abbiamo raggiunto una grande adesione al telematico con sistema AIDA: da quando venne introdotta la dichiarazione doganale telematica, in tre anni abbiamo raggiunto il 95 per cento di adesione. Oggi, siamo ovviamente al 99,9 per cento perché ci sfugge ancora qualche pacco postale, ma si tratta di poche cose.
  Lo dico perché, ogni qual volta introduciamo una semplificazione digitale, ovviamente c'è la componente premiale, cioè, se sei in dialogo telematico, va benissimo. Adesso, per le accise è stato introdotto un sistema rete e su alcune componenti che riguardano la distillazione abbiamo contestualmente abolito i registri cartacei, che non servono più, perché il magazzino per quel tipo di merce è detenuto direttamente dall'Agenzia ed è condiviso con il produttore, con la distilleria.
  Questi vantaggi devono essere forti e, in questo senso, diventano appetibili e vengono accolti dal mercato. Questo è un altro principio che ci ha ispirati in questi anni.
  Ovviamente, si tratta di processi non semplici e, in molti casi, ci troviamo con le imprese che ci stanno dietro, nel senso che la pubblica amministrazione ha svolto anche un'attività di stimolo alla digitalizzazione.
  Siamo consapevoli – non abbiamo l'entusiasmo o un ottimismo ebete – della digitalizzazione forzata perché studiamo e capiamo cosa significa digital destruction (distruzione digitale). Non abbiamo un atteggiamento fideistico nelle nuove start-up perché non sappiamo ancora che tipo di servizi produrranno. Abbiamo constatato in questi anni che l'espansione digitale ha portato in parte anche al dissolvimento del ceto medio, nella misura in cui non ha Pag. 6sostituito manovali e muratori, ma ha sostituito bancari, il che ha un influsso.
  Ora, per sapere quali saranno i nuovi servizi del futuro, dobbiamo ripensare al futuro senza l'ottimismo incondizionato. Per quanto ci concerne, alle dogane stiamo ragionando su come la logistica debba trovare uno sviluppo non tanto nella ricerca ulteriore di velocità, come quella che abbiamo raggiunto – potremmo anche fermarci – ma di servizi aggiuntivi alla velocità. Non è sufficiente che la merce attraversi il Paese in modo rapido, ma è necessario che il Paese inventi servizi che accompagnano la merce e aiutino le imprese destinatarie o le imprese da cui la merce parte perché destinata a mercati terzi. Dobbiamo trovare e inventare questi servizi moderni digitali insieme al mondo del mercato.
  Non so se ci sono domande.

  PRESIDENTE. Noto che Giuseppe Verdi vi ha ispirati bene.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Le dogane hanno un'organizzazione mondiale e questa cosa ha fatto molto presa su altri Paesi, essendo Verdi più conosciuto delle dogane. Si è trattato di una scelta commerciale di comunicazione.

  PRESIDENTE. L'ho trovata molto efficace.

  MINO TARICCO. Leggeremo con interesse il materiale che ci avete fornito perché il vostro ci pare un approccio molto interessante.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Per un'esposizione delle ultime norme che riguardano il mondo delle accise, potremmo dare, se il presidente e la Commissione lo consentono, la parola al dottor Tiberi.
  Si è trattato di norme necessarie, perché dovevamo rimuovere alcuni ostacoli precedenti per venire incontro alle istanze che, giustamente, le lobby associative ci stavano presentando.

  ARTURO TIBERI, Direttore centrale Legislazione e Procedure Accise dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Grazie, presidente. Non voglio tediare la Commissione, soprattutto dopo il profilo altissimo che ha tenuto il Direttore nell'esporre quali sono state le modifiche intervenute. Sono intervenuto perché mi occupo di accise, ma anche di dogane quasi a tempo pieno, soprattutto in questo periodo.
  Siamo intervenuti per cercare di mettere in pratica quello che il legislatore ha voluto istituire, ossia la compliance che affianca l'attività istituzionale delle agenzie fiscali: se prima eravamo alla ricerca di maggior gettito, di evasione e soltanto di canali nuovi dove poter attingere e poter trovare maggiori diritti riscossi o maggiori diritti accertati, adesso, con la compliance, abbiamo trovato anche la sensibilità di metterci nei panni dell'utente, che sta dall'altra parte delle agenzie fiscali e deve pagare le tasse e che, fino ad ora, era stato tenuto fuori da alcuni processi formativi del procedimento, sia accertativo che giurisdizionale consecutivo. Oggi noi, invece, abbiamo ritenuto di poterlo inserire nelle pratiche più importanti e anche formative dell'accertamento tributario.
  Nel documento, ho elencato circa quindici procedimenti che ho rilevato l'altro giorno prima di venire in Commissione per quest'audizione. Magari vi lascio separatamente il cartaceo perché comincerebbe ad essere fastidioso elencarli uno per uno.
  Vi posso soltanto dire che cose eclatanti e importanti sono quelle in cui l'utente riesce oggi a intervenire nella fase preliminare della contestazione.
  Oggi, possiamo intervenire in via preliminare per cercare di individuare le criticità e i motivi di censura. Prima di redigere un processo verbale di constatazione, che non è altro che la situazione fotografica di quello che abbiamo rilevato in azienda, dove constatiamo quello che abbiamo trovato e quello che avrebbe dovuto esserci rispetto alle aspettative, facciamo già partecipare l'utente, il quale può intervenire in questa fase, dove prima non era consentito intervenire, né accedere, né contestare. Pag. 7
  Oggi, invece, l'utente può intervenire nel processo di constatazione ed esporre le ragioni e le motivazioni che lo hanno portato ad avere una posizione anziché un'altra e accedere, consecutivamente, agli altri istituti che sono stati recentemente resi operativi dal decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, ossia il ravvedimento operoso e il tentativo di mediazione, quindi la possibilità di ravvedersi e la possibilità di definire la questione, prima che la cosa vada in contenzioso e possa incancrenirsi in sistemi che vanno avanti negli anni e non portano a niente di positivo né per l'amministrazione, né per la parte.
  Ciò significa per l'amministrazione dover stancamente perseguire dei processi tributari, quand'anche non siano di natura penale, e che la parte si trova a dover, per decenni, correre dietro a un'incertezza, che costituisce sicuramente un pregiudizio per un miglior andamento dell'attività imprenditoriale.
  Abbiamo osservato le maglie delle norme doganali che sono norme sensibili perché risentono molto dell'influenza comunitaria. C'è un regolamento comunitario che condiziona il dazio, che non è altro che un tributo del quale noi siamo i brillanti accertatori e quelli che provvedono alla riscossione, ma il dazio viene poi rimesso, come risorsa propria tradizionale, direttamente al bilancio comunitario, salvo trattenere una quota, che, di anno in anno, viene stabilita e che, per l'anno 2016 è stata del 20 per cento. Il dazio va di pari passo, così come lo abbiamo accertato, al bilancio comunitario.
  Anche le accise non sono comunitarie, ma nazionali, e portano un gettito elevatissimo perché siamo intorno ai 35-38 miliardi di euro. La cifra dipende ovviamente dai consumi, dalle stagioni e dall'andamento anche del clima, perché si consuma più o meno gas a seconda di quanto riscaldamento c'è bisogno. Tuttavia, anche le accise risentono di un minimo comunitario, che è un pregiudizio al di sotto del quale non si può andare, perché, altrimenti, si rischia di incorrere in sanzioni comunitarie o infrazioni che possono essere deleterie per l'amministrazione.
  In quest'andamento particolare di norme che debbono assecondare e ascoltare le direttive comunitarie, abbiamo cercato di intervenire per portare delle semplificazioni modificative, che sono sicuramente utili.
  Vi ripeto che le semplificazioni sono tutte richiamate nel documento stilato, ma, se volete, le posso elencare una per una, spiegandole. Certo, se ritenete che ciò non sia utile, possiamo anche lasciarlo alla vostra lettura.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio, anche per aver fornito una documentazione ricca e abbondante, che penso utilizzeremo in sede di redazione del documento conclusivo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Guardia di finanza.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Come ho già avuto modo di dire introducendo la precedente audizione che ha coinvolto l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con le audizioni di oggi, la nostra indagine giunge a una svolta. Abbiamo ascoltato fino a oggi i contribuenti (privati e imprese), i rappresentanti delle professioni, che spesso hanno il doppio ruolo di contribuenti e di intermediari, e le banche. Oggi, arriviamo al cuore delle istituzioni.
  In quasi tutte le audizioni, si è invocato il rispetto dello Statuto del contribuente, che fissa principi fondamentali a tutela di cittadini e imprese, quasi sempre derogati.
  Ovviamente, non potevamo sciogliere il nodo cruciale del nostro sistema fiscale, ma sono arrivati utili segnali e suggerimenti.
  Il nodo cruciale è evidentemente la necessità di coniugare le necessarie semplificazioni con l'esigenza di recuperare almeno parte dell'immensa cifra che sfugge al fisco, in forma di economia irregolare e malavitosa. Pag. 8
  Ho spesso condensato il problema, in queste settimane, ripetendo che il convento è povero, ma molti frati sono ricchi.
  Su questo terreno, ma non solo, è fondamentale il ruolo svolto dalla Guardia di finanza, come risulta chiaramente dai dati del rapporto annuale 2016, che, non a caso, considera come primo obiettivo strategico il contrasto all'evasione, all'elusione e alle frodi fiscali.
  Sono presenti: il generale di divisione Stefano Screpanti, Capo del III Reparto-Operazioni del Comando generale, il tenente colonnello Cosmo Virgilio, capo del servizio imposte dirette e IVA (ufficio tutela entrate), e il tenente colonnello Walter Mela, capo della sezione Altri atti normativi e lavori parlamentari dell'ufficio legislazione.
  Ringrazio i nostri ospiti per la loro qualificata presenza e do la parola al generale Screpanti.

  STEFANO SCREPANTI, Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza. Signor presidente e onorevoli senatori e deputati, desidero anzitutto porgervi il saluto del Comandante generale della Guardia di finanza, il Generale di Corpo d'Armata Giorgio Toschi, e il suo personale ringraziamento per aver invitato anche il Corpo a fornire il proprio contributo a quest'indagine.
  Come prima occasione per il Corpo, almeno in tempi recenti, di presentarsi a codesto autorevole consesso, ritengo opportuno in primo luogo fornire un sintetico spaccato della missione istituzionale della Guardia di finanza, per poi entrare nei dettagli delle strategie operative che il Corpo adotta per il contrasto all'evasione e alle frodi fiscali, accennando anche ad alcune misure già adottate nella direzione di un miglioramento nel rapporto fra amministrazione finanziaria e contribuenti, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale, la legge 11 marzo 2014, n. 23, ma anche attraverso una serie di interventi di concreta semplificazione che attengono ovviamente all'attività di controllo. Concluderò, infine, con alcune considerazioni e valutazioni generali in merito alla tematica.
  Consegniamo anche un testo scritto, che illustrerò in sintesi.
  Ricordo brevemente che la Guardia di finanza è una forza di polizia a ordinamento militare che dipende direttamente dal Ministro dell'economia e delle finanze, i cui compiti di istituto, storicamente incentrati sulla funzione di controllo fiscale delle frontiere, si sono progressivamente estesi al contrasto di tutte le violazioni che danneggiano gli interessi economico-finanziari dello Stato, delle regioni, degli enti locali e dell'Unione europea.
  Il riconoscimento normativo di quest'ampia funzione di polizia economico-finanziaria è avvenuto con il decreto-legislativo 19 marzo 2001, n. 68.
  Queste funzioni si completano, secondo le previsioni del codice di procedura penale, con le funzioni di polizia giudiziaria a competenza generale, vale a dire estesi a ogni genere di reato e con il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  Polizia finanziaria vuol dire contrasto all'evasione fiscale e al sommerso, agli illeciti doganali, alle frodi nel campo della spesa pubblica, mentre le funzioni di polizia economica mirano a contrastare la contraffazione, il riciclaggio di denaro sporco, i reati societari, la corruzione e le truffe in danno dei risparmiatori.
  Il tutto concretamente si sviluppa, secondo le priorità tracciate nell'atto di indirizzo delle priorità politiche, nella direttiva generale per l'azione amministrativa della gestione che, ogni anno, il Ministro dell'economia e delle finanze dirama.
  Passo subito all'aspetto centrale di quest'audizione, ossia al contrasto all'evasione e alle frodi, che, in questo scenario, rappresenta comunque l'obiettivo prioritario della Guardia di finanza, perseguito attraverso due moduli di intervento: indagini di polizia giudiziaria, su delega della magistratura, e verifiche fiscali e controlli, svolti sulla base di un articolato complesso di poteri in via amministrativa.
  Negli atti di indirizzo del Ministro, in base alla normativa, il compito della Guardia di finanza è appunto contrastare le grandi frodi e la grande evasione, per cui lo strumento principale resta quello delle indagini di polizia giudiziaria. Pag. 9
  Nel 2016, sono state svolte dai nostri reparti più di 14.110 investigazioni rivolte a tutte le tipologie di reati fiscali su delega della magistratura, con il sequestro di patrimoni in possesso degli evasori in misura equivalente alle imposte evase per oltre 7 miliardi di euro, dalla data in cui questa misura è stata estesa al settore fiscale, cioè dal 2008. A quest'indagine, si aggiungono, sempre con riferimento al 2016, più di 94.000 interventi, fra verifiche e controlli, e oltre 525.000 attività di controllo economico del territorio.
  In questo scenario, il Corpo sta proseguendo con convinzione lungo il percorso di adeguamento delle proprie linee di azione alla riforma fiscale, anche in termini di sostegno al processo di semplificazione tributaria in atto per migliorare il rapporto fisco-contribuente.
  L'obiettivo è in primo luogo la concreta e sostanziale applicazione dell'articolo 9 della legge delega per la riforma fiscale, che ha richiesto di potenziare il contrasto all'evasione attraverso l'aumento della capacità dell'amministrazione finanziaria di svolgere controlli mirati, cioè riguardanti obiettivi ad alto rischio di consistente evasione, già delineati nei loro tratti essenziali, per evitare di pressare la generalità dei contribuenti con azioni indiscriminate.
  Per farlo, la Guardia di finanza può far leva su due elementi fondamentali: un articolato sistema di banche dati e la possibilità prevista per legge di utilizzare a fini fiscali le risultanze delle indagini di polizia giudiziaria svolte.
  Quest'ultimo aspetto è molto importante perché, nel 2016, oltre il 54 per cento dei rilievi fiscali complessivamente constatati dal Corpo in materia di imposte sui redditi e più del 46 per cento di quello in tema di IVA si sono basati su evidenze probatorie acquisite, previa autorizzazione della magistratura per l'utilizzo ai fini fiscali, nell'ambito dell'indagine di polizia giudiziaria delegata, sia in materia di reati fiscali sia nel campo degli altri crimini economico-finanziari e dei traffici illeciti. Questa tendenza è stata confermata anche nei primi mesi del 2017, tant'è che, in materia di IVA, questa percentuale si attesta al 72 per cento.
  Per quanto riguarda l'utilizzo delle banche dati, la Guardia di finanza può disporre di circa 40 di queste, sia messe a disposizione dalle altre agenzie fiscali sia elaborate autonomamente. Tuttavia, per risultare determinanti per l'avvio e lo sviluppo di efficaci attività ispettivo-investigative, gli elementi contenuti nelle banche dati, secondo l'esperienza del Corpo, vanno riscontrati e integrati con le informazioni acquisite mediante l'azione di controllo economico del territorio, che la Guardia di finanza è in condizione di assicurare grazie alla quotidiana presenza sul campo dei circa 800 reparti.
  Il controllo economico del territorio permette di acquisire un'aggiornata conoscenza e una completa padronanza dell'ambiente esterno, delle manifestazioni di ricchezza e delle movimentazioni e degli impieghi di disponibilità patrimoniali e finanziarie più consistenti nei diversi contesti geografici, nonché di cogliere i segnali di legalità che non sono tracciabili con le sole banche dati e le evidenze statistiche, soprattutto in un tessuto economico-produttivo, come quello italiano, caratterizzato dalla presenza di numerosissime piccole e medie imprese.
  Guardando i fenomeni evasivi più gravi e consistenti che assumono rilevanza penale, nel corso del 2016 sono stati denunciati più di 11.300 soggetti, di cui 99 tratti in arresto, e accertati più di 11.570 reati tributari, dei quali il 60 per cento riguarda gli illeciti più gravi: emissione di fatture per operazioni inesistenti; dichiarazione fraudolenta; occultamento di documentazione contabile; indebita compensazione.
  In tale contesto, iniziando a entrare più da vicino nella trattazione della tematica oggetto dell'odierna audizione, credo sia utile rammentare che il 2016 è stato il primo anno caratterizzato dagli effetti della riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo-tributario, introdotta dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, che, in sintesi, ha rafforzato il presidio penale per le condotte fraudolente realizzate con documenti falsi o comportamenti Pag. 10simulatori, ampliando lo spettro applicativo delle sanzioni amministrative per le ipotesi di minore gravità, come nel caso di omessa o infedele dichiarazione e mancati versamenti.
  Lo scopo perseguito dal legislatore è stato sostanzialmente quello dell'innalzamento dei livelli di semplificazione, anche nei riguardi dei contribuenti che hanno visto e vedono molto ridotto, se non quasi azzerato, il rischio di essere indagati e di incappare in procedimenti penali per evasioni di scarso spessore o di carattere interpretativo, oltre a un effetto di deflazione del sistema giudiziario.
  L'esperienza operativa del Corpo permette di rilevare che gli effetti della riforma fiscale perseguiti dal legislatore si stanno concretamente realizzando. Infatti, rispetto al 2015, nel 2016 è stata registrata una generale flessione dei reati scoperti, concentrata maggiormente su quelli meno gravi, e un incremento, dal 54 per cento del 2015 al 60 per cento del 2016, dell'incidenza sul totale degli illeciti penali segnalati, di quelli più gravi, come emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, occultamento di documentazione contabile e indebita compensazione.
  Ciò significa che, anche per effetto delle modifiche introdotte, i reparti del Corpo hanno potuto maggiormente rivolgere la propria attività investigativa verso i più gravi fenomeni di frode, tendenza ulteriormente confermata nei primi mesi del 2017.
  Grazie a questa capacità e alla possibilità di utilizzare le proprie risorse per contrastare i più grandi fenomeni, si sta facendo molto uso anche di un importante strumento di aggressione patrimoniale, storicamente utilizzato nell'ambito delle attività di contrasto alle organizzazioni criminali, previsto dal codice delle leggi antimafia del 2011.
  Mi riferisco alle misure di prevenzione (a carattere patrimoniale) oggi applicabili anche a soggetti connotati da pericolosità economico-finanziaria, intendendosi per tali coloro che, per condotte e tenore di vita, si ritiene che vivano abitualmente con proventi di attività delittuose di natura economico-finanziaria, ivi compresa quella tributaria.
  Nei primi cinque mesi del 2017, le proposte di sequestro in questo settore hanno raggiunto i 700 milioni di euro, mentre i sequestri e le confische si attestano rispettivamente su 307 e 336 milioni di euro, in aumento di molto rispetto all'anno precedente.
  Altro importante campo d'azione della Guardia di finanza è il contrasto al sommerso d'azienda, per contrastare il fenomeno dell'evasione totale, posto in essere da soggetti che, pur esercitando attività economiche e professionali, omettono del tutto la presentazione delle dichiarazioni. Nel 2016, sono stati 8.343 gli evasori totali scoperti, di cui il 35 per cento è stato denunciato all'autorità giudiziaria perché responsabile di evasione di imposte superiori a 50.000 euro.
  Accanto al contrasto al sommerso d'azienda, sempre molto intenso è il contrasto al fenomeno del lavoro in nero, irregolare. Nel 2016, sono stati scoperti 4.600 datori di lavoro che hanno impiegato in nero o in maniera irregolare più di 19.000 lavoratori.
  Altro fronte molto impegnativo per il Corpo è quello del contrasto alle frodi nel settore IVA, soprattutto di tipo carosello. Ne costituisce conferma il fatto che il 35 per cento dell'IVA complessivamente evasa e scoperta dal Corpo nel 2016 è connessa a questo genere di frode.
  Come funziona questo sistema di frode, molto noto? Essendo emblematica, cito l'operazione Round trip del Nucleo di polizia tributaria di Vicenza, che ha portato a 29 arresti nei confronti di altrettante persone, facenti parte di un'associazione per delinquere transnazionale dedita alla realizzazione di rilevanti e sistematiche frodi all'IVA nonché di reati fallimentari.
  Le indagini hanno fatto emergere un intreccio di 180 società operanti anche all'estero nella commercializzazione di prodotti tecnologici e materie prime alimentari, utilizzati per non versare all'Erario IVA per oltre 130 milioni di euro, grazie all'emissione di fatture false, per un valore di oltre un miliardo. Il meccanismo fraudolento prevedeva l'interposizione fittizia Pag. 11di società cartiere di filtro, anche appunto con sedi all'estero, per l'acquisto di merce che veniva rivenduta a impresa riconducibile all'organizzazione, a prezzi vantaggiosi, per omettere il pagamento dell'IVA fatturata.
  L'esperienza operativa dei reparti ha posto in evidenza le capacità di adattamento delle organizzazioni criminali alle novità normative introdotte dal legislatore. Mi riferisco, in particolare, al reverse charge. Tant'è che le indagini hanno dimostrato che gruppi criminali specializzati in questo settore, spesso, hanno rimodulato la propria operatività su altri beni soggetti all'applicazione dell'IVA secondo il regime ordinario.
  Il tema del contrasto alle frodi all'IVA, che si intreccia con quello del contrasto al sommerso d'azienda, è oggetto, quest'anno, di nuove linee d'azione e sinergie di carattere strategico con l'Agenzia delle entrate, che fanno riferimento alle lettere di invito alla regolarizzazione di profili di irregolarità che l'Agenzia delle entrate ha scoperto in capo ai contribuenti, le cosiddette «lettere di compliance».
  In base alle direttive del Ministro, è previsto che i nominativi di coloro che non rispondano o intendano accedere al ravvedimento operoso, secondo le lettere indicate dall'Agenzia, vengano segnalati alla Guardia di finanza, che individua i soggetti responsabili di più alte irregolarità, li sottopone a una ulteriore analisi ed effettua i controlli del caso.
  Questo è un sistema che riteniamo stia funzionando perché consente, da un lato, ai contribuenti di venire a conoscenza in maniera efficace e semplice di possibili ipotesi di violazione. Tant'è che, in materia di IVA, la percentuale di compliance rispetto a queste lettere è pari al 72 per cento. Allo stesso tempo, si permette alla Guardia di finanza di utilizzare lo stesso patrimonio informativo per stimolare la compliance, anche per orientare i propri controlli in maniera sempre più mirata.
  Nei primi cinque mesi del 2017, con la scoperta di 3.700 evasori totali, pari al 15 per cento in più rispetto a quelli dello stesso periodo del 2016, sono emersi 3 miliardi e mezzo di IVA, pari al 300 per cento in più rispetto ai primi cinque mesi del 2016. Questi dati ci inducono a ritenere che la più stretta sinergia in tal senso stia funzionando.
  Sempre molto impegnativo è il fronte del contrasto all'evasione fiscale internazionale. Nel 2016, i reparti del Corpo hanno individuato 1.663 casi, il 275 per cento in più rispetto all'anno precedente.
  Parliamo di trasferimenti di capitali in paradisi fiscali; fittizia residenza all'estero di persone fisiche e società; disciplina dei prezzi di trasferimento irregolarmente applicata; stabili organizzazioni occulte in Italia; utilizzo strumentale dei trust e altri schemi societari per finalità evasive.
  Importanti risorse operative sono state dedicate, lo scorso anno e quest'anno, al supporto del programma di volontaria emersione di capitali e patrimoni detenuti all'estero, varato con la legge 15 dicembre 2014, n. 186, la voluntary disclosure, orientando prevalentemente l'azione ispettiva verso i soggetti che, pur potendovi ricorrere, non vi hanno acceduto.
  È stato avviato, quindi, un piano interventi, a seguito dell'acquisizione di elementi investigativi nell'ambito di complesse indagini di polizia giudiziaria, concernenti diverse migliaia di soggetti, anche non residenti, che, fino al 2014, hanno effettuato ingenti movimentazioni finanziarie da e verso l'estero.
  Sono stati 4.973 gli interventi ispettivi da allora svolti, di cui 1.398 sono rilievi con proposte di recupero a tassazione per circa 346 milioni di euro, e sono stati 295 gli evasori totali scoperti e 103 i soggetti denunciati.
  In quest'ambito, la nuova sfida è la capacità di contrastare forme di pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell'economia digitale, soprattutto per le implicazioni operative derivanti dalla crisi delle nozioni tradizionali di luogo di produzione del reddito e di stabile organizzazione come luogo fisso d'affari, nonché dai relativi fenomeni di spersonalizzazione e delocalizzazione dei rapporti commerciali.
  I controlli e le imprese che operano in questo settore presentano connotazioni altamente Pag. 12 specialistiche, sia nella fase preventiva della raccolta di informazioni sia in quella esecutiva, tenuto conto dell'opacità dei rapporti economici e di controllo societario fra le entità legali che compongono i gruppi interessati nonché della localizzazione di queste ultime in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazione.
  Per superare queste difficoltà, la Guardia di finanza ha creato una figura professionale specifica, attribuendo la qualifica specializzata in computer forensics e data analysis a personale che ha seguito un apposito corso di formazione.
  Il Corpo è stato molto impegnato, soprattutto i reparti del nord Italia, in verifiche nei confronti delle cosiddette «multinazionali del web», in particolar modo attraverso un modulo di intervento basato sull'integrazione delle funzioni di polizia economico-finanziaria con quelle di polizia giudiziaria, fondate su ricorsi entro gli incisivi strumenti del codice di procedura penale.
  In tutti i casi di rilievi o verifiche nei confronti di fenomeni evasivi molto complessi, come quello internazionale, fondamentale è il coordinamento tecnico-operativo attuato con l'Agenzia delle entrate, per condividere preventivamente i percorsi ispettivi e le soluzioni interpretative adottate.
  Nel 2016, ci sono stati 21 coordinamenti svolti a livello centrale per verifica su grandi imprese, con 31 interventi conclusi e preventivamente condivisi secondo queste modalità e con la constatazione di circa 6,3 miliardi di euro di redditi non dichiarati.
  In questo scenario, il Corpo, come in parte già accennato, si sta impegnando per sostenere in maniera concreta le misure che il legislatore ha introdotto per sostenere l'adempimento spontaneo da parte dei contribuenti ai propri obblighi fiscali, così come ai connessi strumenti di semplificazione introdotti in attuazione della riforma.
  Mi riferisco – sono a pagina 25 della relazione – al ravvedimento operoso cosiddetto «allargato», ora azionabile anche dopo l'avvio di una verifica fiscale, alla collaborazione volontaria della voluntary disclosure, all'adempimento collaborativo per i grandi contribuenti e ai nuovi istituti di dialogo preventivo con le grandi imprese, anche multinazionali.
  Al riguardo, le direttive emanate dalla Guardia di finanza, anche andando oltre lo stretto senso letterale della norma ma cercando di coglierne lo spirito, prevedono che, per esempio, in presenza d'istanza di ravvedimento, il reparto proceda a un approfondito esame dell'istanza, se necessario, assumendo anche contatti con l'Agenzia delle entrate, per confrontare gli elementi nuovi che il contribuente ha spontaneamente dichiarato al fisco con la dichiarazione integrativa, con le informazioni indicative di rischio di evasione a disposizione del reparto poste a base della programmazione della verifica.
  Nel caso in cui emerga una coincidenza e sebbene l'istituto, per legge, non precluda in alcun modo l'avvio dei controlli, il reparto deve valutare se permane o meno l'opportunità di intraprendere l'attività ispettiva, ovvero di proseguirla, laddove il ravvedimento sia posto in essere durante l'attività. Analoghe indicazioni sono state fornite anche con riferimento alla procedura di emersione di capitali detenuti all'estero.
  Questi percorsi ispettivi sono finalizzati a garantire l'indispensabile unitarietà d'azione dell'amministrazione finanziaria nel suo complesso, per evitare che il contribuente possa essere controllato per profili di irregolarità che egli stesso ha già autodenunciato, conseguentemente orientando le risorse operative verso il contrasto alle condotte evasive più gravi e alle frodi che tendono a restare nel sommerso.
  Sempre in tema di semplificazione, un ruolo molto importante è rivestito dall'introduzione delle nuove forme di dialogo e di cooperazione fra fisco e contribuente, cui ho fatto cenno in precedenza, frutto di una visione senz'altro più moderna e di prossimità del rapporto tributario introdotta dalla riforma fiscale.
  Questo si sta realizzando e si è realizzato principalmente attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento di alcuni istituti, la cui principale caratteristica risiede nella premialità e nella certezza come Pag. 13conseguenza del confronto preventivo fra le parti del rapporto fiscale.
  Mi riferisco nello specifico all'adempimento collaborativo, che prevede un modello di gestione del rischio fiscale delle imprese di più rilevanti dimensioni, condiviso con l'amministrazione finanziaria. Lo schema di collaborazione si fonda sul bilanciamento fra piena trasparenza dell'attività gestionale e delle relative implicazioni fiscali da parte delle imprese, da un lato, e sui benefici, dall'altro, di un'interlocuzione preventiva con l'amministrazione finanziaria, che si traducono, di fatto, in un contenimento dell'azione di accertamento.
  Mi riferisco anche agli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale e a un'evoluzione del ruling internazionale, finalizzati a consentire al contribuente di definire preventivamente con il fisco il trattamento fiscale di alcune operazioni di carattere internazionale.
  Faccio riferimento a un importante strumento accessibile ai soggetti economici con organizzazione ultranazionale il quale prevede che, in caso di adeguamento al parere dell'amministrazione, gli organi ispettivi possano esercitare i propri poteri di controllo e verifica solo in relazione a questioni diverse da quelle oggetto del confronto.
  Infine, mi riferisco all'interpello destinato alle imprese, anche non residenti, che effettuano investimenti in Italia per importi superiori a 30 milioni di euro e con significative e durature ricadute sull'occupazione, per consentire a queste di ottenere un preliminare parere sui profili fiscali del piano di investimento che si intenda adottare.
  Ebbene, il Comando generale al riguardo ha emanato precise direttive, che hanno effetti a fattor comune per tutte le imprese che accedono a questi istituti di compliance. Tali direttive originano dal presupposto che, in linea di principio, la volontà dei contribuenti di accedere a forme privilegiate di dialogo preventivo con l'amministrazione finanziaria rappresenta una chiara evidenza di minor rischio fiscale, anche nella prospettiva della selezione dei soggetti da sottoporre ad attività ispettiva.
  È stato, quindi, previsto che i reparti del Corpo possano valutare l'opportunità di avviare attività ispettive nei confronti dei soggetti economici in questione solo in caso di ricorrenza di gravi e precisi indizi di consistente evasione fiscale o di frode e, comunque, interessando previamente il Comando generale affinché vengano assunti contatti tempestivi con le competenti articolazioni dell'Agenzia, al fine di escludere conflitti o sovrapposizione nelle rispettive attività istruttorie.
  Le direttive emanate in questi ambiti sono a pagina 30 della relazione e rappresentano la testimonianza di come la Guardia di finanza intenda assolutamente agevolare questo nuovo percorso di relazione fra fisco e contribuente.
  In questo scenario, vorrei formulare delle considerazioni su alcuni aspetti prospettici.
  In particolare in questo complesso percorso evolutivo della dialettica fra amministrazione finanziaria e contribuenti, la Guardia di finanza ritiene che un tema di portata centrale e strategica riguardi senza dubbio la necessità di mettere a punto nuove forme di analisi e monitoraggio per la platea di circa 5 milioni di imprese minori e di lavoratori autonomi che fanno parte della cosiddetta «fiscalità di massa».
  Nella piena consapevolezza e convinzione che è impossibile, ma soprattutto inutile, pensare a misure di controllo massivo, la Guardia di finanza crede molto in un sistema che possa combinare la possibilità per il contribuente di verificare di persona e migliorare spontaneamente il proprio grado di fedeltà fiscale con la capacità per gli organi di controllo di affinare le proprie analisi di rischio, in modo da circoscrivere la platea dei soggetti ispezionabili.
  Quest'idea è sostanzialmente alla base del meccanismo degli indici di affidabilità fiscale, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 la cosiddetta «manovrina», e, ancor prima, dal decreto fiscale di fine anno. Questo permetterà ai contribuenti già soggetti agli studi di settore di valutare autonomamente, attraverso stime generalizzate, il proprio livello di adesione agli obblighi tributari, prevedendo Pag. 14specifiche misure premiali, consistenti anche nell'esclusione o nella riduzione dei termini per gli accertamenti.
  Nella convinzione che quanto più questo processo sarà preciso tanto più potrà migliorare anche l'attività di selezione e controllo dell'amministrazione finanziaria, la Guardia di finanza ha intrapreso un percorso di collaborazione con la società per il sistema economico SOSE, incaricata della concreta implementazione degli indici, per fornire alcune delle informazioni di natura operativa di cui il Corpo dispone, in modo da rendere le stime maggiormente rispondenti alla reale posizione fiscale del singolo operatore interessato.
  Riteniamo, infatti, che questi nuovi indicatori possano costituire un utile strumento, sia per affinare ulteriormente i processi di selezione alla base delle attività ispettive, così da orientarle nei confronti dei contribuenti connotati da alti profili di rischio e di pericolosità tributaria, sia per favorire la compliance di coloro che decidano di non permanere nell'illegalità.
  Un altro tema è il contrasto alle frodi all'IVA. Anche in questo settore, stiamo assistendo a una combinazione di misure di semplificazione e perfezionamento degli strumenti per l'analisi di rischio e l'individuazione delle grandi frodi fiscali.
  Invero, la prospettiva ideale per incidere concretamente su queste tipologie evasive è intervenire quando il disegno criminoso è in atto, per evitare i danni in termini di sottrazione di risorse all'erario, ma anche (e soprattutto) di alterazione delle regole di libera concorrenza fra gli operatori economici.
  Per tale ragione, la Guardia di finanza guarda con molta fiducia alle nuove comunicazioni introdotte dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225 (di conversione del decreto-legge n. 193 del 2016), che ha modificato il cosiddetto «spesometro», prevedendo che i soggetti passivi IVA debbano comunicare in via telematica all'Agenzia delle entrate, per ogni trimestre, i dati delle fatture emesse, ricevute registrate e delle bollette doganali, con relativa variazione. Inoltre, è stato introdotto l'obbligo di comunicazione trimestrale dei dati delle liquidazioni periodiche dell'IVA.
  L'auspicio è che queste tipologie di comunicazione possano consentire di ridurre il lasso temporale fra la fatturazione, il versamento dell'imposta a debito, la presentazione della dichiarazione e il recupero della maggiore imposta eventualmente dovuta e non versata dal contribuente sulla base delle liquidazioni periodiche, in modo da anticipare e rendere più efficaci e concretamente più accessibili le azioni di contrasto ai fenomeni di evasione dell'IVA.
  Ovviamente, in questa stessa direzione vanno le numerose progettualità attualmente all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'estensione del sistema di fatturazione elettronica.
  Altro grande problema per cui, in questo caso, è molto difficile individuare percorsi di semplificazione, è la digital economy, rispetto alla quale, nell'ambito dell'ordinaria interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Corpo è stato coinvolto per una riflessione in ordine alla concreta portata applicativa dell'articolo 1-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, che ha introdotto il regime della cosiddetta «procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata».
  Tale disposizione è rivolta anche ai soggetti dematerializzati, che raggiungano un miliardo di ricavi globale e 50 milioni di fatturato in Italia, prevedendo una disclosure da parte del soggetto economico non residente che opera nel territorio dello Stato, con la richiesta all'amministrazione finanziaria di effettuare una valutazione in ordine alla presenza di una stabile organizzazione occulta e la definizione delle eventuali maggiori imposte con riduzione delle sanzioni amministrative e con la non punibilità dell'eventuale reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
  In merito alle prospettive future, nella convinzione che mettere gli organi ispettivi nelle condizioni di fare controlli sempre più mirati, migliorando la propria analisi, non possa che essere nell'interesse di tutti i contribuenti onesti e rispettosi delle regole, l'obiettivo della Guardia di finanza è quello ovviamente di avere sempre informazioni Pag. 15 più affinate e maggiori a propria disposizione.
  In tal senso, consideriamo molto importanti le novità introdotte dal recente decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, che ha recepito la IV Direttiva antiriciclaggio e che ha ampliato le possibilità di utilizzo fiscale delle informazioni ottenute per effetto di questa normativa.
  Sulla base della nuova versione del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, da poco modificato, è ora prevista la possibilità di utilizzare in via diretta e immediata non solo le informazioni conservate dai soggetti tenuti agli obblighi di adeguata verifica della clientela, bensì tutti i dati e le notizie acquisiti nell'ambito dei controlli e delle ispezioni antiriciclaggio, anche quelle relative all'approfondimento delle segnalazioni per operazioni sospette, nella massima tutela della riservatezza del soggetto segnalante.
  Sono evidenti le implicazioni sull'attività del Corpo, quale organo di polizia economico-finanziaria cui sono attribuiti poteri di ricerca e repressione delle violazioni in materia di normativa antiriciclaggio e anche del contrasto all'evasione fiscale.
  Pensiamo che questa possibilità consentirà un notevole risparmio di attività istruttorie poiché i dati e le notizie rilevati con i poteri di polizia valutaria sono appunto immediatamente trasferibili nei controlli e nelle verifiche fiscali, senza necessità di acquisirli nuovamente, esercitando le potestà ispettive previste da norme tributarie. Dall'altro lato, questa possibilità consente di assicurare una piena ed efficace interazione fra procedimento antiriciclaggio e quello amministrativo-tributario, come avviene sostanzialmente da tempo per l'utilizzo fiscale delle notizie acquisite in ambito penale.
  Questo processo consente alla Guardia di finanza di incrementare ulteriormente il proprio patrimonio informativo e svolgere controlli sempre più veloci e sempre più mirati, quindi diminuire sempre più una pressione generalizzata sulla platea dei contribuenti.
  Come ultima considerazione di carattere generale, osserviamo che, se la direzione del sistema nel suo complesso, per quanto riguarda le attività ispettive nel settore fiscale, è ormai univocamente e chiaramente – a pagina 38 della nostra relazione – tracciata nel senso di una più mirata selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo, potrebbe essere forse il caso di valutare la possibilità di affrancare l'amministrazione finanziaria da vincoli normativi di presenza ispettiva, correlati esclusivamente a rigidi parametri numerici e non connessi a concreti elementi espressivi di potenziale pericolosità fiscale.
  In particolare, mi riferisco all'articolo 24, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede una presenza ispettiva minimale da assicurare ogni anno, nella misura del 20 per cento, nei confronti delle imprese di media dimensione (da 5 a 100 milioni di euro di volume d'affari) nonché al sistema di tutoraggio per le imprese di più rilevanti dimensioni, sancito dall'articolo 27 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, anche in considerazione delle recenti disposizioni emanate in tema di cooperative compliance.
  Signor presidente e onorevoli senatori e deputati, queste ultime considerazioni mi permettono di avviarmi alla conclusione, confermando il massimo impegno della Guardia di finanza a proseguire nel percorso di costante modernizzazione delle tecniche di contrasto alle grandi evasioni e alle frodi nonché a ogni forma di criminalità economico-finanziaria, nel solco degli obiettivi dei programmi assegnati dal Ministro dell'economia e delle finanze, secondo le direttive in tal senso emanate dal Comandante generale.
  La priorità del Corpo è sempre stata e resta quella di incidere in maniera concreta sulle forme di illegalità più gravi e diffuse, nella consapevolezza della correttezza dell'operato della maggioranza delle imprese e dei professionisti, quindi dell'importanza di elevare i livelli di semplificazione dell'attività di controllo, mirando queste attività verso quelle posizioni a più alto rischio economico-finanziario. Pag. 16
  In questo contesto, si inseriscono anche i lavori, tuttora in corso, per l'aggiornamento delle istruzioni in tema di attività ispettive, a suo tempo emanate con la circolare n. 1/2008, disponibile sul sito internet della Guardia di finanza. In conformità alle direttive del Comandante generale, è in via di definizione il nuovo manuale operativo in materia di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali, che punta, nel complesso, a semplificare ulteriormente e a snellire le procedure operative, anche stimolando il ricorso a moduli ispettivi più flessibili e speditivi.
  Nel ringraziare per l'attenzione, sono disponibile per eventuali esigenze di approfondimento o domande.

  PRESIDENTE. Grazie, Generale Screpanti, per la sua ampia illustrazione e per la memoria che ci ha presentato e che terremo in evidenza in occasione della stesura del documento conclusivo di quest'indagine conoscitiva.
  Avete descritto con grande profondità e con particolari interessanti il contrasto alle grandi evasioni fiscali. Tuttavia, senza tirare in ballo l'economia malavitosa che qualcuno quota al 5 per cento del PIL, c'è una parte rilevante del sommerso che riguarda l'economia irregolare di massa e che fa perno sulla pratica assai diffusa del doppio prezzo, per cui si chiede «lo vuoi con la fattura o senza?».
  Questo non è un problema per cui ci si può dire «che cosa ci state raccontando?», ma è un comportamento diffuso anche nel nord del Paese. Poi, se si scende giù per l'Italia, questo comportamento si considera come la normalità. Alcuni servizi hanno un prezzo senza fattura, nel senso che c'è un'opposizione a fornire il servizio, se questo è legato all'emissione di una fattura.
  Il problema è che il cittadino che dovrebbe fare la controparte non sempre ha le motivazioni e l'interesse per mettersi a litigare o a discutere.
  Mi chiedo come mai non si pensa di introdurre un meccanismo di contrasto di interessi tra contribuenti che renda più difficile l'accordo tra i due soggetti ai danni dello Stato. Ora, se la domanda è «lo vuoi con la fattura o senza?», dovrei essere un santo cittadino o un cittadino perbene, ma la massa ha delle pulsioni di natura molto diversa e fa un calcolo preciso su qual è il costo con la fattura e qual è il costo senza fattura.
  Sono state fatte delle esperienze importanti. Mi riferisco all'emersione dei lavori in edilizia, con il 36 per cento di spese riconosciute come detraibili. Questa domanda è diventata oziosa perché, avendo chiesto un servizio, di cui usufruivano, come nel caso di lavori in edilizia, i cittadini non avevano difficoltà a rispondere «porto la fattura in detrazione, come lei sa». Questo vale anche per altre azioni che hanno riguardato, per esempio, le disposizioni in materia di innovazioni energetiche.
  Mi chiedo perché non generalizzare un'operazione di questo genere attraverso un meccanismo che potrebbe essere molto semplice. Per esempio, potremmo individuare dieci o dodici settori nei quali questo meccanismo è consolidato. Non vi faccio neanche l'elenco perché farlo a voi non sarebbe neanche serio da parte mia, visto che lo conoscete perfettamente.
  All'inizio dell'anno, potremmo indicare dieci settori, che possiamo anche alternare tra di loro, in modo che il lavoro dell'Istat non sia un lavoro inutile perché, se l'Istat certifica che il 18 per cento dell'economia è irregolare, lo devo calcolare sul PIL, ma vengono fuori dai numeri che faccio fatica perfino a evidenziare.
  Ora, questo lascia fuori l'economia informale, che sarebbe ampiamente tollerabile, anche perché in altri Paesi europei è praticata, per cui nessuno si scandalizza, ma lascia fuori anche l'economia malavitosa, per la quale il contrasto richiede un concorso delle forze dello Stato molto ampio e impegnativo.
  Tuttavia, mi riferisco ad atteggiamenti normali che capitano nella vita di ogni giorno e mi pongo il problema di come fare per ridurre questo impatto. Trovo che la cosa sarebbe molto semplice se lo Stato dicesse «in questi dieci settori, il suggerimento che diamo è che si vada verso una contrattazione che tiene conto dell'obbligatorietà dell'emissione della fattura perché colui che paga il servizio con l'emissione di Pag. 17una fattura può avere, alla fine dell'anno, la detrazione, in tutto o in parte, di quello che ha versato».
  Alla fine dell'anno, posso anche fare un sorteggio di questi settori perché è chiaro che, se io facessi una proposta del genere, mi direbbero «questa non è coperta, quindi lei mette a repentaglio l'operazione e lo Stato potrebbe trovarsi in una grande difficoltà». Tuttavia, siccome l'Italia è un Paese che ama molto le lotterie e il gioco, posso estrarre tre settori in cui restituisco l'IVA nella sua integralità a chi l'ha pagata. Mi chiedo se questa sia una cosa così complicata da studiare.
  Ne ho fatto oggetto di diverse iniziative e mi sono sempre scontrato, per cui sono arrivato alla conclusione che l'economia irregolare di massa è non solo tollerata, ma anche considerata come un elemento di vitalità. Abbiamo sentito, in passato, anche uomini di Governo inneggiare a questa come una pratica normale e diffusa. Qual è il risultato di questa cosa? L'Italia è un Paese che ha un rapporto di ricchezza rispetto al PIL – mi riferisco alla ricchezza immobiliare e finanziaria – pari a 5-6 volte, mentre la Francia e la Germania sono ferme a 4. Ecco perché dicevo: «il convento è povero e i frati sono ricchi».
  Il punto è molto semplice: nulla va disperso perché comunque da qualche parte i soldi vengono messi. Sul tema della massa, non posso dire «dovete fare le indagini», ma questo discorso non sarebbe serio perché dovreste fare le indagini allo studio del dentista o dal tappezziere. Tuttavia, se vi faccio aiutare dal cittadino e lo faccio diventare controparte, è molto difficile che i due si mettano d'accordo. Penso che questa sarebbe un'operazione ampiamente praticabile.
  Evidentemente, non sono stato molto bravo in questi anni e non sono riuscito a spiegarmi. Fra l'altro, aggiungo che queste indagini sull'economia irregolare si stanno facendo solo da dieci anni perché prima neanche si facevano e non c'era una fotografia dell'Istat sull'economia irregolare, tant'è che la si usava solo per integrare il PIL in Europa e si faceva – dipende dai punti di vista – un tanto al metro o un tanto al chilo, ma non c'era una visione scientifica.
  Da alcuni anni questo si fa, però, se non utilizziamo anche meccanismi che aiutino a ridurre questa situazione, questa dimensione non si ridurrà con le indagini, che pure sono importanti. Voi riferite i risultati ottenuti soprattutto sulle grandi evasioni fiscali e io non ho nulla da dire, anzi mi congratulo con voi e penso che voi siate una forza decisiva per lo Stato.
  Tuttavia, l'economia irregolare di massa non può essere accettata come impostazione civile perché non solo lede la concorrenza e genera una serie di conseguenze assolutamente negative, ma soprattutto non fa crescere dei buoni cittadini, i quali ritengono che sia nel loro diritto mettersi d'accordo con l'altro per fregare lo Stato.
  Del resto, questo è capitato anche a me, quindi la cosa non riguarda solo i cittadini presunti deboli, ma c'è una certa sfacciataggine nel muoversi in alcuni contesti. Avrei avuto la possibilità di dire «scusa, se la posso portare in detrazione, perché mi vuoi negare il documento contabile?», ma non posso dire «scusi, Generale, perché non si è indagato su quel signore?» perché questa è una cosa che fa ridere. Tuttavia, siccome l'economia irregolare è di massa, immagino che qualche cosa possa essere fatta per interrompere questo meccanismo e per rendere una funzione virtuosa da parte dei cittadini interessati.
  Comunque, farò quest'osservazione nelle conclusioni di quest'indagine conoscitiva perché ritengo che si tratti di un problema assolutamente centrale. Poi, il Parlamento vedrà che tipo di risposte dare, né questo è compito vostro. Tuttavia, se, da parte vostra, nel corso delle relazioni che svolgete, ci fosse anche un riferimento specifico al tema del conflitto di interessi, si eviterebbe di fare delle indagini che non portano ad alcun risultato e soprattutto di cambiare la cultura di un Paese che ritiene che l'essere furbi vale più di qualsiasi altra cosa.
  Siamo fotografati in Europa e ci conoscono bene, per cui questo è un problema.

  STEFANO SCREPANTI, Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza. Signor Presidente, Pag. 18conosciamo il problema dell'evasione fiscale di massa e lo viviamo come un grande problema, tant'è che c'è un riferimento nella mia relazione al tema della platea, in particolare sulla difficoltà e, in un certo senso, anche sull'inutilità di controllare in maniera analitica una platea di 5 milioni, fra piccole imprese e lavoratori autonomi che si relazionano direttamente con il consumatore finale.
  Qual è la strada che si sta percorrendo? Ci sono stati gli studi di settore e, storicamente, si arriva dai coefficienti presuntivi di reddito agli studi di settore. Vista la difficoltà di applicazione, si passa poi al periodo del cosiddetto «spesometro»: teoricamente, è molto semplice da prospettare la differenza fra quanto guadagno e quanto spendo e consumo, ma, in sede di accertamento, ci sono sempre delle difficoltà.
  Ora, si sta provando un'altra strada, sulla quale, al momento, stiamo lavorando con gli organi ministeriali e le autorità: l'indice di affidabilità fiscale. Che cosa si ipotizza? Viene ipotizzata la possibilità per ciascun contribuente e per ciascuna impresa di trovare – abbiamo visto una sperimentazione presso la SOSE – nel proprio cassetto fiscale alcuni documenti sull'affidabilità fiscale del settore di appartenenza, anche economica, e sullo scostamento da alcuni indici teorici di regolarità economica rispetto alla situazione attuale.
  In teoria, possiamo immaginare che ciascun contribuente sia oggetto di una gradazione da zero a dieci, sapendo che il contribuente – faccio un'ipotesi, anche perché, per carità, non è questo il sistema – da zero a quattro è fortemente inaffidabile da un punto di vista fiscale, quindi c'è un serio rischio di essere controllato. La Guardia di finanza, quindi l'Agenzia delle entrate, sa che la priorità di controllo deve essere riferita a questo contesto.
  Tuttavia, se il contribuente vede attribuirsi una valutazione molto ampia, tra nove e dieci, ha una ragionevole possibilità di ritenere che non sarà controllato.
  Dare al contribuente la possibilità di vedere come varia questa graduazione o – passatemi il termine – questa pagella può essere uno stimolo a migliorare. Dal canto nostro, avere per gli organi di controllo la possibilità di visualizzare questa pagella può aiutare a capire come mirare bene gli interventi.
  In merito, il problema è mettere insieme tutte le informazioni per costruire questa pagella per ciascun contribuente in maniera affidabile e certa. Su quest'aspetto, si sta lavorando perché crediamo che questo sistema possa aiutare a restringere una platea, altrimenti molto vasta e molto ampia, di contribuenti di minori dimensioni, che è difficile da controllare.
  Sul conflitto di interessi, signor presidente, il tema riguarda il legislatore e non l'organo di controllo, però, come studiosi e come persone abituate a confrontarsi su queste tematiche, abbiamo, anche nei vari studi e nei vari corsi che frequentiamo, letto tantissimi approfondimenti e documenti, per cui ricordiamo posizioni assolutamente favorevoli a questo sistema, ma anche posizioni un po’ più prudenti perché si dice che con un eccessivo ricorso a questo sistema del conflitto di interessi tale da ridurre l'entità dell'evasione in misura così ampia, la possibilità di detrazione per il contribuente dovrebbe essere così ampia che potrebbe essere difficile gestirla sul piano del gettito fiscale.
  Lei conosce meglio di me, signor presidente, queste osservazioni.

  PRESIDENTE. È una questione di sorteggio: se ne sorteggio due, è evidente che copro...

  STEFANO SCREPANTI, Capo del III Reparto «Operazioni» del Comando Generale della Guardia di finanza. Quella potrebbe essere una strada da percorrere che sicuramente va valutata. Il tema è dibattuto e studiato, ma è un tema delicato.
  Sicuramente, nel campo dell'edilizia questo ha funzionato e sta funzionando perché il sistema sta andando bene. Del resto, devo dire che abbiamo fatto anche alcuni progetti per la ristrutturazione edilizia sul pagamento dei bonifici e le devo dire che abbiamo trovato abbastanza frequentemente – a dire il vero negli anni addietro, quando il processo è iniziato – situazioni Pag. 19di evasione di persone e di ditte edili che ricevevano i bonifici e, nonostante ciò, facevano la fattura, ma non la dichiaravano. Anche questi sistemi non ci esentano dal controllo e dall'attenzione investigativa perché, purtroppo, anche in questi casi si trovano situazioni di ditte e imprese edili che comunque, all'occorrenza, impiegano lavoratori in nero, nonostante le stesse siano oggetto di questi monitoraggi.
  Sicuramente, tutto quello che può aiutare a contrastare l'evasione fiscale, soprattutto di massa, va bene, però, come organi di controllo e organi investigativi, stiamo attenti anche ad analizzare fenomeni di incontro di interessi fra imprenditori e consumatori per verificare che appunto il sistema funzioni. Certo, queste sono strade assolutamente da percorrere.
  Per quanto riguarda l'economia criminale e illegale, credo che sia giusto sottolinearne la diffusione, ma sia anche giusto ricordare che il nostro Paese, rispetto ad altri Paesi europei, dispone di strumenti normativi straordinari, che sono appunto le misure di prevenzione patrimoniali antimafia. Sono stati sottratti all'organizzazione mafiosa patrimoni per decine di miliardi, con tutti i problemi che abbiamo sul piano della gestione, però li abbiamo sottratti. Ora, se le organizzazioni criminali storiche in Italia hanno delle difficoltà, alcune in maniera più evidente di altre, è anche probabilmente grazie a questi strumenti.
  Oggi, come ho accennato sinteticamente nella mia audizione, addirittura abbiamo la possibilità di utilizzare questi strumenti per togliere le grosse ricchezze a chi ha accumulato patrimoni vivendo abitualmente di evasione fiscale e anche di crimini economico-finanziari.
  Credo che questo sia un punto di forza della nostra legislazione contro l'economia criminale e cerchiamo di lavorarci molto insieme alla magistratura.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto. Evidentemente quei 5 o 6 milioni di cittadini italiani, essendo anche degli elettori, fanno gola.
  Si capiva lontano un miglio che gli studi di settore non avrebbero funzionato, però, alle assemblee di categoria, si sentivano ripetere queste cose. Questo accadrà anche per gli indici di affidabilità fiscale, per cui si dirà «siamo passati dagli studi di settore agli indici di affidabilità fiscale».
  Aggiungo anche quanto sta accadendo in merito all'ISEE, che è un altro dei miei pallini perché, avendo fatto l'assessore al bilancio del comune di Milano, ho visto che addirittura il civilissimo comune di Milano aveva due ISEE, uno per i bambini e uno per gli anziani. Ovviamente, mi sono molto arrabbiato nel vedere queste cose, ma con scarsa fortuna. Dopodiché, ho propugnato a livello nazionale l'introduzione dell'ISEE.
  Ora, se lei viene in Parlamento a sentire le discussioni attorno all'ISEE, c'è tutta una gara per dire che dobbiamo esentare quel contribuente dall'ISEE. Tuttavia, l'ISEE è una fotografia e vorrei avere una fotografia esatta di quello che accade, come era una volta nei comuni con l'imposta di famiglia, per cui c'era un'attenzione particolare per coloro che avevano a carico degli invalidi o delle persone da accompagnare o degli anziani. Di questa cosa, si teneva conto nel momento in cui si dava il giudizio sulla capacità di ricchezza della famiglia. Ora, vorrei la fotografia, anche perché, se la gara è scorporare pezzi dell'ISEE, è evidente che finiamo nella storia degli indici di affidabilità fiscale.
  Non voglio sostituirmi alle vostre indagini, che è giusto ci siano, però dovete essere aiutati a orientare le indagini e renderle produttive perché, se siamo di fronte a un'economia irregolare di massa, c'è un problema italiano.
  Certo, il problema esiste anche in Grecia, però il suo PIL non è neanche la metà di quello lombardo ed è una roba modesta, quindi i greci se la possono anche permettere. Possiamo immaginare di stare sullo stesso piano dei francesi e dei tedeschi con un'economia irregolare di massa di queste proporzioni? I finlandesi, gli svedesi e i danesi si fidano poco di noi perché evidentemente fanno due più due. Tutti loro vengono in Italia, per esempio sul lago di Garda, quindi lo vedono tutti i giorni perché hanno esperienze di questa natura o magari hanno anche delle proprietà nelle Pag. 20nostre località amene, quindi sanno come ci comportiamo.
  Penso che questo sia un problema del quale dovremmo occuparci in maniera molto seria, senza scaricarlo totalmente su di voi. Secondo me, i risultati che potevate ottenere sono già straordinari e non si può pensare di entrare nella testa di tutti i cittadini italiani perché, se si pretende questo, visto il grado di civismo che c'è in giro, è chiaro che tutto è molto difficile.
  Ringraziamo la rappresentanza della Guardia di finanza e ci complimentiamo per il documento che ci avete presentato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.