XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Martedì 13 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione di Elisabetta Armiato, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre», Giorgio Mattioli, vicepresidente, e Vincenzo Spavone, referente istituzionale del Movimento.
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2  ... 2 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 2 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 2  ... 2 
Prina Francesco (PD)  ... 5 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 5 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre ... 6 
Zanin Giorgio (PD)  ... 6 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 6 
Zanin Giorgio (PD)  ... 6 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 6 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 6 
Zanin Giorgio (PD)  ... 6 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 7 
Zanin Giorgio (PD)  ... 7 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 7 
Zanin Giorgio (PD)  ... 7 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 7 
Zanin Giorgio (PD)  ... 7 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 7 
Prina Francesco (PD)  ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 8 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 9 
Spavone Vincenzo , referente istituzionale a Roma del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 9 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 10 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 10 
Spavone Vincenzo , referente istituzionale a Roma del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 10 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 10 
Zanin Giorgio (PD)  ... 10 
Mattioli Giorgio , vicepresidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 10 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 11 
Mattioli Giorgio  ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 11 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 11 
Armiato Elisabetta , presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre» ... 12 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 12 
Prina Francesco (PD)  ... 12 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 12 

ALLEGATO 1: Relazione integrale della presidente Elisabetta Armiato ... 13 

ALLEGATO 2: La dislessia – Alla ricerca del principio alfabetico ... 23 

ALLEGATO 3: Le prove dell'esistenza dell'ADHD? ... 46

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 14.15

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Elisabetta Armiato, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre», Giorgio Mattioli, vicepresidente, e Vincenzo Spavone, referente istituzionale del Movimento.

  PRESIDENTE. Comunico che la vicepresidente Sandra Zampa è stata invitata a partecipare a Monza al convegno organizzato dal Consorzio Comunità Brianza, che avrà a oggetto «Ragazzi in viaggio, protezione e inclusione sociale dei minori migranti soli».

  (La commissione prende atto).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di Elisabetta Armiato, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre», che è accompagnata da Giorgio Mattioli e Vincenzo Spavone, rispettivamente vicepresidente e referente istituzionale a Roma del movimento culturale.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Elisabetta Armiato.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Buongiorno, vi portiamo uno spot di 30 secondi, con un messaggio molto intuitivo e diretto che «Pensare Oltre» vuole trasmettere, che è appena passato su Mediaset.

  PRESIDENTE. Dal momento che è arrivata la vicepresidente Zampa, riprendiamo dall'inizio, visto che stavamo appena iniziando questa audizione con la presentazione di un documento filmato.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Introduce l'argomento la breve presentazione che abbiamo fatto al Senato della Repubblica nel 2016 per il lancio del nostro manuale, presente anche la senatrice Blundo, a cura del dottor Cestari, medico e studioso delle tematiche da più di trent'anni e membro del comitato scientifico-culturale di «Pensare Oltre». Questo lo riassumerà in termini molto più efficaci per voi.

  [proiezione di un breve filmato]

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Sono presidente di «Pensare Oltre», un'associazione no profit, apartitica e non confessionale, che da dieci anni funge da osservatorio del fenomeno della moda dei disturbi.
  La nostra mission è informare per dissipare la moda dei disturbi e affermare, nella scuola e nella famiglia, i valori educativi, valida didattica, arte, sport e una relazione con la natura per favorire un nuovo rinascimento dell'infanzia. Qualcuno Pag. 3 dice «ma che bello!», «ma che utopia!», «ma che bravi!».
  La migliore risposta è raccontarvi chi sono io e perché ho scelto, dopo 35 anni come étoile del Teatro alla Scala, di dare l'addio alla danza e di fare in modo che i bambini di oggi avessero l'opportunità che è stata data a me e a voi.
  Io ero una bambina vivacissima. A scuola avevo delle fortissime difficoltà a far di conto. Passavo il tempo dietro la lavagna e a fare le ripetizioni per imparare le tabelline. Siccome, però, non c'era la moda dei disturbi diversi anni fa, ero una bambina con l'argento vivo addosso, evidentemente non portata per le tecniche o le materie scientifiche. Allora, i miei genitori mi mandarono alla Scala perché saltavo sui banchi e dietro la lavagna.
  Dopo 35 anni sui palcoscenici di tutto il mondo, di energia e vitalità ne ho incanalata certamente moltissima, cosa che è stata ed è il segreto del mio successo.
  Per contro, la matematica l'ho imparata contando i passi della danza, perché mi sono accorta che i numeri non erano un'astrazione simbolica, come mi era stato insegnato a scuola più o meno male, ma erano una scomposizione di tempi, con i quali dividevo i passi.
  Se fossi nata oggi, avrei due diagnosi, non una, discalculica e iperattiva. Per l'iperattività, probabilmente, avrei avuto anche uno psicofarmaco, così avreste davanti a voi uno zombie al posto di un’étoile.
  Questo è il motivo per cui mi sono chiesta cosa hanno di sbagliato i bambini e cosa non è stato dato o non viene dato loro come opportunità, che, invece, abbiamo avuto noi.
  Noi raccogliamo una crescente preoccupazione dall'impresa, dalla cultura e dalle istituzioni che spesso ci chiamano proprio per questo ruolo di osservatorio, per quest'attribuzione di incapacità di insegnare ai nostri bambini.
  Vengono diagnosticati moltissimi bambini. I disturbi specifici dell'apprendimento sembrano rendere la scuola incapace di insegnare. Abbiamo i dislessici, i disgrafici, i disortografici, i discalculici; non parliamo degli iperattivi e del deficit di attenzione.
  Il dato comune è che le cause di queste difficoltà sono, di fatto, nebulose e sicuramente molto incerte. Abbiamo ricavato dei dati che mostrano che la rilevazione di questi disturbi è altrettanto incerta. Nelle scienze sociali si chiama il «numero nero».
  Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che ha svolto un'indagine di approfondimento sugli alunni con disturbi dell'apprendimento, nel 2014-2015, denuncia che negli istituti statali e privati sono circa 186.000, ovvero il 2,1 per cento, rispetto allo 0,7 per cento dell'indagine MIUR 2010-2011.
  Abbiamo un incremento esponenziale, che nei prossimi progetti stimano attorno alle 25.000 unità a trimestre. È un esercito di disturbati.
  Secondo l'ipotesi, gli scarsi risultati dei bambini sarebbero dovuti a questi difetti o differenze congenite – le chiamano «neurodiversità» – del sistema nervoso centrale. Sarebbero difetti di funzionamento, quindi di una sola funzione, che impedirebbero l'associazione di un suono a una lettera, oppure la scrittura in bella calligrafia, oppure la corretta ortografia, oppure il calcolo matematico.
  L'ipotesi che viene avanzata è quella di una circoscritta disabilità delle funzioni elencate, dovute a una menomazione limitatissima, ma allo stesso tempo molto invalidante, perché impedisce le prestazioni intellettuali più elevate: saper leggere, scrivere e far di conto, ovvero l'accesso al sapere.
  Si tratta di una menomazione congenita, permanente e irreversibile, dovuta a un qualche sconosciuto processo morboso, di eziologia ignota. Questo significa che le cause non si sanno, in assenza di qualsiasi altro segno di lesione che si presenta in bambini, del resto, completamente sani.
  Questa è una tesi molto enigmatica e misteriosa perché fuoriesce da una comune esperienza di conoscenza scientifica e medica oggettiva, ovvero da tutte le esperienze mediche di riscontro di alterazioni patologiche del sistema nervoso centrale.
  Infatti, esistono certamente dei bambini con grossissime difficoltà di apprendimento, ma hanno moltissime lesioni estese Pag. 4e manifestazioni patologiche che sono riscontrate con la TAC, con l'ecografia o con la risonanza magnetica. Si tratta di insufficienze mentali, paralisi cerebrali, deficit sensoriali, epilessia. Ecco, su questo non si discute.
  Invece, è molto improbabile, se non impossibile, che una qualsiasi nota patogena agisca in modo così selettivo e danneggi un'unica limitatissima e circoscritta funzione, lasciando intatto, dal punto di vista anatomo-funzionale, tutto il resto del sistema nervoso centrale. Difatti, i bambini sono completamente sani dal punto di vista medico. Questa probabilità di evento è così infinitesimale da dover essere scartata anche solo come ipotesi.
  Invece, ci sono moltissime spiegazioni più plausibili del diffuso peggioramento dell'apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo nei bambini che non sono state prese in considerazione e non lo sono a tutt'oggi.
  La principale consiste nel cambiamento del metodo di insegnamento di lettura e scrittura che è utilizzato nelle scuole elementari.
  Tradizionalmente, nel nostro Paese si è insegnato – credo che lo ricordiate – con il metodo alfabetico-fonetico. Noi facevamo pagine e pagine di «A», per poi passare alla «B». Dopo ventun lettere passavamo alle sillabe e da lì alla costruzione della parola, fino alla grammatica e alla sintassi.
  Fino a che non era raggiunta una tappa nell'apprendimento del codice alfabetico – come il codice Morse o il codice delle note – non si faceva andare avanti il bambino, ma si faceva ulteriore esercizio.
  Dagli anni Settanta, il metodo alfabetico fonetico è stato abbandonato e sostituito con il metodo globale o visivo, derivato dagli Stati Uniti, che non è più basato sull'apprendimento sistematico e sostanziale delle lettere, bensì su una strategia di lettura, quali il riconoscimento visivo della parola globale (la casetta con il disegno «casa»; l'alberello «albero»).
  Quindi, i bambini, che hanno una memoria fotografica eccezionale, memorizzano 100-200 parole come ideogrammi, con una facilità di lettura apparentemente importante. Dopo duecento parole, cominciano a confondere «cimena» e «cinema» perché nessuno gli ha dato un codice delle lettere.
  Tutte queste strategie, che poi sono state mescolate (il metodo globale con quello alfabetico, la strategia a intuizione, la sostituzione di «albero» con «pino» perché sono significati simili, fino a costruzioni del significato della frase per intuizione). Sono metodi che abbiamo ereditato.
  Negli Stati Uniti – noi collaboriamo con intellettuali americani che da trent'anni sono su questa tematica – vi è stata una grande diffusione della dislessia. Vi sono 55 milioni di bambini americani che non possono leggere un articolo intero di giornale perché non riescono a leggere le parole nuove. Non hanno le lettere. Quelle che sanno sono il loro vocabolario.
  Ebbene, si è dimostrato che questo è stato causato dall'introduzione avvenuta a quell'epoca – cinquant'anni prima che in Italia – del metodo globale («Whole World») e visivo («Look and Say»), per insegnare a leggere e a scrivere ai bambini. Infatti, adesso la chiamano «dislessia educativa», dovuta a problemi di insegnamento. Li chiamano «disturbi di insegnamento», non «disturbi di apprendimento».
  Anche i numerosi errori di ortografia hanno delle spiegazioni nelle metodologie didattiche che si sono progressivamente alterate, perché la scuola elementare non esegue più, come in passato, i famosi dettati, e comincia, anche per la calligrafia, dallo stampatello.
  Ora, se ci fate caso, nello stampatello la «B» e la «D» sono due lettere speculari; la «E» ha tre gambine, la «F» ne ha due. Invece, in corsivo la «B» è fatta in un modo e la «D» è completamente diversa.
  I bambini hanno una reale confusione. Parlavo con un insegnante di quarta elementare, che mi diceva che adesso i bambini cominciano subito con tutte le quattro forme di scrittura (stampatello minuscolo, stampatello maiuscolo, corsivo minuscolo e corsivo maiuscolo).
  Ho chiesto come va e ha risposto che è un disastro. I bambini scrivono una «A» così e una «A» staccata. Quando ho chiesto Pag. 5 perché, ha detto che devono stimolare il sistema cognitivo intuitivo, il cervello destro e quello sinistro, perché così leggeranno lo stampatello dei libri e scriveranno la firma in corsivo.
  Ci sorge, allora, il dubbio che si è fatta un po’ di confusione. I metodi moderni hanno profondamente modificato la scuola. Anche la didattica della matematica non è più costruita sistematicamente e progressivamente.
  Non occorre, quindi, per noi, ricorrere a immaginari e non dimostrati deficit funzionali congeniti del sistema nervoso centrale per diagnosticare difficoltà di apprendimento nei bambini.
  Ciò nonostante, come avete visto, ai bambini diagnosticati per il disturbo di apprendimento o DSA viene prescritto l'uso di strumenti compensativi, il che vuol dire l'audiolibro, il correttore ortografico, la calcolatrice e misure dispensative, ovvero argomenti ridotti di studio e minore valutazione degli errori.
  Insomma, è come se fossero dei veri disabili, perché non ce la possono fare con il sistema didattico attuale. Si aggrava, così, la situazione non solo delle scarse abilità didattiche, che necessiterebbero, al contrario, di molto più esercizio di metodi validi, ma, sottratti al normale percorso di apprendimento di quello che per noi è l'accesso al sapere e allo studio, vedono compromesse irrimediabilmente le possibilità della formazione, la crescita culturale e soprattutto il futuro professionale, cioè il lavoro che potranno fare.
  Per noi, dunque, è un marchio a vita. Peggio, viene loro impedito di imparare, di accedere alla conoscenza.
  «Pensare Oltre» afferma con forza il ruolo fondamentale della scuola come l'agente educativo più importante, unitamente alla famiglia. Deve, pertanto, essere garantito il diritto costituzionale all'istruzione, che comincia con il poter leggere quello che si deve studiare. Questa e un'istruzione che è dovuta ai piccoli, come ai grandi.
  Inoltre, dovremmo avere un personale docente formato alla delicatissima professione dell'insegnamento, che richiede le competenze non solo disciplinari. Ci vogliono competenze comunicative e relazionali e solo una formazione pedagogica pura può preparare gli insegnanti a questo.
  Fino a dieci anni fa, eravamo forse l'esempio di eccellenza della scuola primaria. Abbiamo avuto moltissime riforme. Oggi i risultati della scuola, che non riesce a insegnare, dovrebbero perlomeno far riflettere, a cominciare dagli insegnanti.
  Pensiamo che la scuola sia preziosa. Non vogliamo trasformarla né in una clinica, né in un'azienda che mercifica la conoscenza e i saperi per il profitto e le logiche di mercato.
  Tenete conto che quando parliamo di «logiche di mercato» citiamo il «Kid empowerment», il marketing rivolto ai bambini, che si accompagna a tutte queste nuove forme di disagio, per cui il bambino vive dentro un oggetto digitale e il soggetto è quasi identificato con l'oggetto.
  Queste stanno soppiantando i metodi tradizionali. Siamo arrivati al famoso edutainment, all'istruire divertendo, mediante gli ausili digitali didattici. Quindi, le aziende non si limitano a trasformare l'istruzione in merchandising, ma trasformano il merchandising in istruzione.
  È ormai un'evidenza che i bambini e gli adolescenti nella scuola sono oggetto di un pesante processo di medicalizzazione e patologizzazione dell'apprendimento e del comportamento.
  Secondo la legge n. 170 del 2010, seguita, nel 2013, dalle linee guida per le attività dell'individuazione precoce dei casi sospetti di DSA, dall'ultimo anno della scuola primaria si possono individuare precocemente i disturbi dell'apprendimento, per cui i docenti, se formatisi (così dice), possono sottoporre i bambini a test. Stiamo parlando di bambini di 5 anni.

  FRANCESCO PRINA. Presidente, siccome sono le 14.50 e alle 15 abbiamo Aula...

  PRESIDENTE. Sì, la invito a concludere, in modo che anche i commissari possano fare delle domande e ci sia un dibattito adeguato.

Pag. 6

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Benissimo. Concludo con le richieste che «Pensare Oltre» sottopone alla gentilissima Commissione.
  Siccome ci sembra che le figure sanitarie abbiamo sostituito quelle pedagogiche e di docenza, noi vorremmo che la scuola riacquisisse il ruolo tradizionale, la capacità e l'autorevolezza di insegnare e soprattutto che fossero monitorati i metodi didattici che gli insegnanti stanno usando.
  Noi continuiamo con l'informazione a livello nazionale, con un osservatorio e una ricerca scientifico-culturale sul tema e vi chiediamo, come punto A, che vengano fornite le prove scientifiche dell'esistenza reale di questi disturbi.
  Inoltre – punto B – fino a che non vengono fornite prove scientifiche inequivocabili, chiediamo di interrompere la pratica di diagnosticare qualcosa di cui non è dimostrata ancora l'esistenza con certezza e che – punto C – vengano quantificati e divulgati i finanziamenti pubblici investiti per sostenere le spese di tali diagnosi e di tutti i percorsi alternativi individualizzati per i bambini con DSA e i relativi danni erariali.
  Chiediamo anche – punto D – che sia verificata, in ciascun bambino, l'irreversibilità del deficit di attenzione, sottoponendolo a corretti metodi di insegnamento prima di diagnosticarlo effetto dal disturbo e che – E – vengano approfonditi i gravi danni personali provocati da diagnosi erronee di disturbi dell'apprendimento e previsto un equo risarcimento per i danni a questi bambini.
  Infine, desideriamo – punto F – che siano fatti dei confronti sulla presenza di disturbi dell'apprendimento tra scuole di insegnamento con metodi differenti, alcune con il metodo alfabetico puro, altre con il metodo globale, ovvero un confronto della proporzione di diagnosi o di problematiche di apprendimento, che, appunto, abbiamo riscontrato molto diversa in funzione delle metodologie didattico-pedagogico nelle scuole.
  Vi lascio una copia integrale di questa relazione. Vi ringrazio di avermi ascoltato. Abbiamo allegato anche una trattazione di 20 pagine di ricerca sulla dislessia, di cui abbiamo fatto una sintesi. Sono 6 anni di ricerche dall'America. C'è, poi, tutta la trattazione sul Disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD).
  Insomma, abbiamo tutta una documentazione. In caso vogliate molte più ricerche, vi possiamo fornire delle specifiche da parte dai membri del comitato scientifico.

  GIORGIO ZANIN. Ho capito il punto A, ma non quello B.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Glielo ripeto, chiediamo che, fino a quando non vengano fornite delle prove scientifiche inequivocabili – c'è un'elencazione di come dovrebbe essere fatto – si interrompa la pratica di diagnosi di disturbi dell'apprendimento ai bambini. Quindi, chiediamo l'interruzione finché, appunto, non abbiamo una certezza di alterazione comprovata.

  GIORGIO ZANIN. Finché non si dimostri la scientificità...

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Finché non si riscontri un'alterazione, penso che il medico lo possa...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa ai colleghi. Innanzitutto, ringrazierei la presidente Elisabetta Armiato dell'associazione culturale «Pensare Oltre», che ci ha illustrato tutto quello che questa associazione ha studiato e verificato negli anni. Diamo, ora, spazio agli interventi dei colleghi che desiderano intervenire.

  GIORGIO ZANIN. Innanzitutto, la ringrazio della comunicazione. Evidentemente, però, non c'è un tema di concausa in questa trattazione, relativamente alla coerenza di questa audizione con il nostro percorso. Pertanto, presidente Blundo, vorrei che fosse messo agli atti che non registro una coerenza, dentro il percorso dell'indagine conoscitiva, con questi dati. Pag. 7
  Tuttavia, è ovvio che l'interesse delle cose...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega, ma stiamo parlando dell'indagine conoscitiva sulla salute mentale dei minori. Quindi, credo che questo sia assolutamente inerente allo stato della salute. Se ha da fare delle domande per avere delle precisazioni, va benissimo.

  GIORGIO ZANIN. Sono, appunto, a chiedere che venga messo a verbale il fatto che trovo con fatica, dentro il percorso che abbiamo fatto sin qui, un'area di coincidenza con questo. Tuttavia, è ovvio che la riflessione...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega, se intervengo nuovamente. Noi abbiamo diviso per settori e siamo all'interno di quello che non è più riguardante la salute fisica...

  GIORGIO ZANIN. Non le ho chiesto di discutere nel merito. Chiedo soltanto di prendere atto che io manifesto questo mio...

  PRESIDENTE. Ne prendiamo atto perché viene registrato tutto e lei si assume la responsabilità di ciò...

  GIORGIO ZANIN. Questo è evidente. Invece, mi pare molto interessante interagire con il merito, perché è ovvio che si tratta di uno stimolo di grande importanza, che mi trova assolutamente attento. Credo che sia molto interessante cogliere il merito, approfondendo anche con gli atti che gentilmente ci avete lasciato. Anche il libro in consultazione sarà oggetto, da parte mia in particolare, di attenzione.
  Tuttavia, il presupposto su cui chiederei un approfondimento è la tesi da cui tutto dipende, anche i quattro punti finali, cioè il disconoscimento della legittimità degli interventi di tutti i servizi di neuropsichiatria infantile di questo Paese. Intuisco questo.
  Nella parte finale c'è una frase che mi ha colpito: «le figure mediche sostituiscono quelle pedagogiche e didattiche». Ecco, peraltro, ho trovato questo in corto circuito rispetto all'affermazione precedente, che attribuiva al modello didattico la «responsabilità» della incoerenza che porta alla diagnosi.
  Evidenzio questi due elementi, al di là del merito. Sono senz'altro d'accordo che tutte le persone portano con sé un talento. Vivo e sperimento da sempre l'educazione non emarginante dentro i contesti educativi più vari, per cui sono totalmente d'accordo con la tesi iniziale che ci sia, dentro la parola «disturbo», un elemento di problematicità a 360 gradi, di cui le figure educative si debbano far carico, a prescindere dai mandati.
  Tuttavia, credo che vadano messi a fuoco questi due elementi cardine. Mi riferisco, in particolare, al disconoscimento della funzione base di chi invia per una diagnosi perché deviato da una didattica deformata o non congrua, con la possibilità di intercettare il 100 per cento dei casi. Questo è un fatto di natura, infatti qualsiasi figura educativa non è mai recettiva al 100 per cento. Non lo sono i genitori, che spesso sbagliano le loro diagnosi educative nei confronti dei propri figli, immaginiamo se un insegnante possa azzeccarle tutte.
  Dall'altra parte, vi è poi il ruolo della neuropsichiatria. Ecco, penso che questo sia l'atto d'accusa più importante, che dentro questa audizione si è configurato come un elemento che imporrebbe, quantomeno, un'interlocuzione e un confronto dialettico, ovviamente in un'ulteriore audizione, con i servizi preposti in questa stessa direzione.

  VITTORIA D'INCECCO. Vi ringrazio di questa audizione e della possibilità di che ci avete dato di poter interloquire con voi. Sarò brevissima perché, in realtà, volevo dire le stesse cose del collega che mi ha preceduto.
  Infatti, da quello che abbiamo sentito, viene messo in discussione non solo il modello didattico, ma anche quello sanitario perché si configura, appunto, l'ipotesi di errate diagnosi. Allora, la mia domanda è su quali basi ci potete attestare quello che avete fin qui esposto.
  Io non ho il libro, quindi non so se già lì siano stati fatti degli esempi che vi hanno portato a redarguire quello che, appunto, ci avete raccontato. Tuttavia, effettivamente si Pag. 8apre un mondo che mette in discussione il modo di concepire sia la didattica sia la sanità. Vorrei, quindi, delle spiegazioni da voi su come siete arrivati a questo punto.

  FRANCESCO PRINA. Non ho niente da aggiungere, se non la storia da dove arriviamo. Sono stato sindaco nei primi anni Novanta, quando affrontai i progressi della neuropsichiatria infantile sul territorio, nel mio distretto, in modo da scoprire quanto la scienza, attraverso l'interazione con le strutture territoriali, poteva – in quel momento storico, quindi nei primi anni Novanta – portare delle innovazioni che mi lasciavano molto meravigliato circa la capacità delle istituzioni di affrontare dei disturbi (non so come chiamarli) che fino ad allora non erano stati identificati né dalla medicina, né dagli studi sanitari o pedagogici.
  Ecco, ero meravigliato in senso positivo da quei passi che si stavano facendo. Affrontando quei temi in Consiglio regionale, come ho detto prima, sono stato relatore della legge sulla dislessia, andando avanti sempre in questo modo.
  Ora, invece, mi trovo una relazione, rispetto alla quale sono curioso di capire come i miei colleghi possano prendere in considerazione questa storia in modo scientifico. Infatti, i metodi pedagogici o della diagnosi non arrivano dal nulla, ma dopo vagli e sperimentazioni da parte della scienza medica.
  Noi abbiamo delle istituzioni statali – il MIUR e il Ministero della salute – che sono estremamente vigili da questo punto di vista. Allora, oggi ci portate una riflessione estremamente importante, da prendere in considerazione e per questo vi ringraziamo. Tuttavia, auspico che la vostra interazione con gli istituti preposti all'educazione e alla sanità dello Stato diventi sempre più che frequente e interattiva, anche in modo pressante, perché le cose che abbiamo sentito oggi ci devono davvero far riflettere.
  Dico questo senza voler essere partigiano. Se, però, per la prima volta veniamo a conoscenza di queste teorie, bisogna che esse abbiano davvero un confronto scientifico con i soggetti preposti a determinare se le sperimentazioni sui territori debbano essere attuate o meno.
  Mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Informo i colleghi che la seduta alla Camera ancora non c'è, quindi se avete piacere a restare, non credo ci siano impegni.
  A questo punto, pongo la mia domanda, dopodiché passo subito la parola agli auditi e alla presidente che ha illustrato la relazione.
  Innanzitutto, vi ringrazio personalmente di essere venuti – come diceva anche il collega – a farci presente una realtà che ci pone delle domande o che, quanto meno, ci spinge a indagare a fondo. Credo che un aspetto fondamentale della vostra relazione e di quello che oggi abbiamo ascoltato sia l'attenzione ai numeri dei bambini che sono sottoposti a diagnosi. Infatti, penso che l'elevato numero delle diagnosi, in assoluto aumento, ci debba far porre delle domande e condurre a delle riflessioni necessarie.
  Tra l'altro, credo che questa indagine conoscitiva sulla salute psicofisica dei minori sia più aderente al tipo di attenzione che una Commissione di vigilanza sull'infanzia e adolescenza non può eludere. Siamo, pertanto, ben felici di aver avuto oggi in audizione questa realtà, che è una associazione culturale. Peraltro, immagino ve ne siano diverse altre in Italia che stiano attenzionando il problema.
  Nel tornare a ringraziare la presidente Elisabetta Armiato, vorrei chiedere se ci sono dei casi diagnosticati in precedenza – a parte la sua personale esperienza – che abbiano ottenuto risultati con diverse modalità di approccio. Vorrei anche sapere se siete a conoscenza – io mi interesso anche della situazione dei minori fuori famiglia – di interazioni o di presenza di queste diagnosi in maniera particolare nei bambini che sono istituzionalizzati e che, a vario livello, sono distanti dalla propria famiglia di origine.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». La prima domanda riassume le tre. Infatti, nel Pag. 9capitolo scienza e in quello medicina ci sono 50 pagine di decodificazione circa cosa si dovrebbe fare non come ipotesi – quindi senza dare una certezza – ma come sperimentazione per una inequivocabilità di risultato positivo. Infatti, basta un risultato negativo per avere il dubbio che la teoria non sia corretta scientificamente.
  Questa è la prima risposta. Non sono qui per fare una trattazione medica. Potrebbe farla il dottor Mattioli, ma non mi sembra il caso, proprio perché è un argomento di approfondimento anche scientifico.
  La cosa è semplice. Noi utilizziamo la dicitura «disturbo», che ci è stata fornita dall’establishment psichiatrico, usiamo questa parola definita come una significativa variazione del comportamento rispetto alla media degli individui di quell'età e cultura. Quindi, siamo partiti da una disamina di una proposizione. Noi abbiamo chiesto più volte un interlocutorio con le associazioni di parte (ADHD, dislessia e così via), ma siamo stati considerati negazionisti.
  Il tavolo di dibattito che noi auspichiamo sarebbe, dunque, assolutamente necessario. Il comitato scientifico di medici, studiosi, pediatri, statistici, sociologi, letterati, matematici e così via sarebbe contentissimo. Questo è il primo punto.
  Quello che «Pensare Oltre» desidererebbe ottenere è proprio quella collaborazione fondamentale che lei auspica, ovvero che la scuola faccia scuola e la sanità faccia sanità.

  VITTORIA D'INCECCO. Noi abbiamo fatto delle domande precise. Abbiamo capito quello che chiedete, ma vorremmo sapere da che cosa deriva questa diffidenza.
  Abbiamo pochissimo tempo, dobbiamo andare in Aula.

  VINCENZO SPAVONE, referente istituzionale a Roma del Movimento culturale «Pensare Oltre». Le do una risposta più politica che scientifica, perché, dal punto di vista medico, il video del dottor Cestari ha risposto alla primissima domanda.
  Perché contestiamo questa visione dei metodi cosiddetti «scientifici» dei disturbi? Abbiamo detto che, laddove non è malattia, possiamo arrampicarci come vogliamo, ma temiamo il business che è entrato nella scuola.
  Contestiamo come lavora il sistema sanitario nazionale? La risposta è sì. Questo, però, è un dibattito che in Italia esiste almeno da vent'anni. È la classe politica che ci sta arrivando tardi. Noi abbiamo avuto in passato più tavoli istituzionali, anche all'interno del MIUR e dei dipartimenti che si occupano disabilità portando questo tipo di problematica.
  Peraltro, sapete che al MIUR gli insegnanti di sostegno sono passati da 40-50.000 a 150-160.000, quindi c'è qualcosa che è andato in corto circuito.
  Vi ringraziamo per il fatto che ci avete permesso di esprimere il nostro parere, ma questo non significa che dobbiamo essere d'accordo. Questo vuol dire semplicemente confrontarci, perché c'è un mondo, genitoriale in primis, che contesta come vanno le cose a livello politico.
  Questo non significa – ripeto – che non ci si possa mettere intorno a un tavolo e ragionarci. Dopodiché insieme diciamo cosa può andar bene e cosa no.
  Questa è l'essenza principale, perché i numeri ci stanno preoccupando.
  Passo alla risposta alla seconda domanda che poneva il vicepresidente sui bambini cosiddetti «istituzionalizzati». Io mi occupo del mondo separativo da almeno venti anni. I bambini etichettati figli di genitori separati, sono i primi a essere colpiti, in un certo contesto familiare disastroso, dove le istituzioni intervengono per far lavorare altri sul disagio familiare, ma non per aiutare l'infanzia.
  La battaglia, che è stata fatta anche da noi per la «Buona scuola», si sta traducendo nella pratica di far lavorare qualcun altro, facendo entrare di più la sanità nella scuola, mentre dovrebbe starne fuori.
  È vero che la legge n. 170 del 2010 è a costo zero, ma sta aggravando il peso economico della spesa sanitaria a livello nazionale per quanto riguarda le ASL, perché tutti i bambini vengono dirottati a fare diagnosi. Allora, l'insegnante deve fare l'insegnante Pag. 10 o deve imparare a fare il medico, che è un'altra cosa?
  Questa è una preoccupazione che viene dal mondo genitoriale. «Pensare Oltre» è un movimento culturale che ha un insieme di entità culturali al suo interno, non soltanto il genitore musicista o l'intellettuale. Siamo preoccupati di come sta arrivando questo tipo di deriva.
  Allora, se c'è la volontà di confrontarci, mettendo insieme le idee, noi siamo pronti e disponibili. È ovvio che in audizione abbiamo dato tutto quello che potevamo dare e dire, ovviamente da posizioni diverse.

  VITTORIA D'INCECCO. Quindi è solo una preoccupazione, non ci potere dare dei dati?

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Possiamo dare anche i dati...

  VINCENZO SPAVONE, referente istituzionale a Roma del Movimento culturale «Pensare Oltre». In parte vi abbiamo portato dei dati, anche come documentazione scientifica. Li abbiamo messi agli atti. Forse si è persa un passaggio. Li abbiamo messi agli atti, fermo restando che siamo disponibilissimi...

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». (fuori microfono) Ci sono due trattazioni scientifiche depositate, una di 20 pagine e una di 18, su ADHD, quindi iperattività, e dislessia. Ci sono tutte le ricerche su disgrafia...
  Quindi, non arriva certamente come un fulmine a ciel sereno per fare notizia. Qui c'è la confusione tra «malattia» e «disturbo». Come lei dice, c'è l'evoluzione della scienza. È vero che la medicina non sa tutto, ma è dovere della scienza enunciare qualcosa che è comprovato non come ipotesi, ma come evidenza oggettiva.

  GIORGIO ZANIN. Quello che voglio dire, anche per esperienza diretta, è che quando le famiglie hanno saputo che i loro figli non erano ammalati, cioè non hanno una malattia, ma un disturbo, all'inizio è stata una liberazione. Il figlio, infatti, è uguale agli altri; non è ammalato; non è diverso. Ha solo un disturbo. Oggi ho capito, dalla sua relazione, che tutto ciò può essere considerato estremamente negativo. Ha inteso cosa ho capito io oggi?

  GIORGIO MATTIOLI, vicepresidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». È esattamente il contrario: il disturbo viene confuso con una malattia e quindi il bambino viene medicalizzato. La causa non è qualcosa che risiede nel corpo, perché questo non è mai stato dimostrato, ma è l'effetto di un insegnamento o di mal comprensioni.
  Se sono un telegrafista, ma non conosco bene l'alfabeto Morse, è evidente che non posso tradurre bene il messaggio, che mi trovo a disagio e che mi prendo dell'imbecille, anche se ho due lauree, perché, appunto, non riesco a tradurre il messaggio. Per questo, posso essere considerato anche malato di testa.
  Allora, è esattamente il contrario. Il disturbo non è assolutamente una malattia e non va curato dai medici, che devono interessarsi delle malattie descritte nel testo di anatomia patologica, che è l'esame più grosso che affrontiamo in medicina, dove anche il pelo incarnito e qualsiasi altra malattia sono documentate scientificamente.
  Sulla dislessia, questo non esiste, né per ADHD, né per nessun altro disturbo. Nella misura in cui ci saranno delle prove, compariranno nel libro di anatomia patologica e allora i medici dovranno intervenire, ma non prima. Che poi questi bambini abbiano bisogno d'aiuto, siamo perfettamente d'accordo, ma non è la medicina che si deve interessare di questo.
  Se un bambino non riesce a saltare o a cantare perché è stonato, non lo posso medicalizzare. Anche queste sono materie di insegnamento. Vale anche per la ginnastica e il salto; gli farò fare i suoi passettini per imparare, dopodiché lui imparerà a saltare, ma non lo posso mandare lo psichiatra perché non riesce a saltare un metro. Pag. 11
  Forse sono stato banale, ma il concetto è questo.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Presidente, lei mi ha chiesto se abbiamo casi di riabilitazione perché ci è sorto un dubbio latente che ha aperto una ricerca di sette anni sulle metodologie di lettura e scrittura. Infatti, se non riescono a imparare a leggere, la prima cosa che dobbiamo fare è parlare di istruzione.
  Ora, questo è costantemente provato. Abbiamo diverse didattiche, quindi siamo andati a parlare con i montessoriani, gli steineriani, andremo dai salesiani. Riceviamo un testo dagli evangelisti americani, che hanno ristampato i libri dell'Ottocento per l'insegnamento dell'alfabeto, dopo che per settant'anni l'America, con il metodo globale, ha rimosso tutto. Se ne sono accorti tardi, ma stanno riabilitando quello che, dai codici dei Sumeri, abbiamo usato per imparare la lettura.
  Noi abbiamo, pertanto, bambini e insegnanti...

  GIORGIO ZANIN. Sì, ma il raffronto epidemiologico con l'Ottocento non c'è, quindi stiamo facendo un'ipotesi. Lei non può dare per accreditato il fatto che con l'altro sistema avremmo dei risultati, come se tutto derivi da questo metodo.
  La base scientifica presuppone equidistanza. Il metodo alfabetico, per capirsi, non ha base epidemiologica. Siccome lei ha citato dei dati rispetto alla crescita esponenziale dei disturbi in questo ultimo decennio, dobbiamo dire che è chiaro che questo è figlio anche di una capacità di analisi dal punto di vista sanitario che nell'Ottocento non c'era.

  GIORGIO MATTIOLI, vicepresidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Non c'erano nemmeno i dislessici. Non c'è documentazione.

  GIORGIO ZANIN. Sono d'accordo. Sto, appunto, dicendo che, non esistendo base di raffronto, non si può accreditare un sistema come funzionale rispetto all'altro.

  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». (fuori microfono). Ho la risposta perché quando nel 2010 questa cosa è stata evidenziata, c'è stato uno screening progressivo nel riconoscere quelli che prima non si sapeva fossero i dislessici e adesso si sa. Sono passati sette anni, quindi non è più così. Si può dire che c'è un'evidenza che non può essere rapportata alla metodologia, bensì alla diagnostica di una cosa nuova, appena scoperta. Questo, però, vale dopo tre anni, ma poi finisce. Dopodiché, negli ultimi cinque anni cos'è successo?
  Li stiamo scoprendo dopo? I bambini sono aumentati perché c'è una deriva genetica congenita, per cui questa popolazione, in dieci anni, è cambiata e ha una funzione alterata? Allora, questi sono i dati dei genetisti, a cui chiediamo se è possibile una derivazione, per cui c'è una alterazione funzionale congenita in un ventennio.
  Ebbene, questo non è possibile. Queste sono, appunto, le domande che hanno dato modo a noi di vedere che cosa è accaduto e perché è in continua esponenzialità. Anche questo aspetto è stato preso in analisi dai nostri statistici.
  Adesso che abbiamo individuato che hanno difficoltà a leggere e a scrivere non per il metodo, ma perché sono nati con la «disparlite», ne scopriamo ogni giorno in esponenzialità.
  Al contrario, abbiamo preso più di un bambino che è arrivato con il suo certificatino di dislessia e abbiamo provato a togliere una confusione, quindi a rimetterlo con esercizio a decodificare l'alfabeto, e il bambino in 6-8 mesi è tornato a leggere.
  Questa sarebbe, allora, la richiesta dell'osservatorio, quella di un progetto pilota congiunto nel quale possiamo reinserire didattiche e pedagogie che hanno dato risultati in molte metodologie, prima della diagnosi. Penso che sia lecito da chiedere.
  Se un bambino può risolvere il problema con l'insegnamento, prima della diagnosi, tenterei un approccio didattico-pedagogico corretto, che forse la scuola ha abbandonato, generando tanta confusione.

  GIORGIO ZANIN. Sta confermando la diagnosi che ho fatto fin dall'inizio.

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  ELISABETTA ARMIATO, presidente del Movimento culturale «Pensare Oltre». Le sto spiegando il fatto che adesso che li sanno riconoscere; dopo il 2011, stanno crescendo, nel senso che ci sono molto più dislessici, secondo l'indagine e i parametri. Peraltro, teniamo anche conto che la valutazione è che con più di 25 errori è dislessico, mentre con meno di 25 errori non lo è.
  Allora, cominciamo a vedere come viene fatto il test di valutazione dell'apprendimento. Infatti, se non arriviamo alla base della scoperta, diciamo che sono iperattiva perché mi muovo troppo spesso, secondo il test dell'iperattività a casa e a scuola. Tuttavia, «troppo spesso» non è un termine scientifico.

  PRESIDENTE. Direi che possiamo concludere perché siamo andati oltre.

  FRANCESCO PRINA. Mi permetta, presidente. Vogliamo ringraziare gli auditi perché ci hanno portato delle novità non di poco conto su cui riflettere molto, in modo appropriato, approfondito e scientifico per vedere come si evolvono le cose. Insomma, non stiamo prendendo sottogamba la questione, quindi vi ringraziamo tantissimo per questa riflessione.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio anche da parte mia e di tutti noi i colleghi. Inoltre, credo che sia da fare una riflessione anche sulla legge n. 170 e sul modo di fare le certificazioni. Da quello che è stato detto proprio adesso, come ultima affermazione, forse c'è un problema anche nel rilevare questi disturbi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.

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ALLEGATO 1

Relazione integrale della Presidente Elisabetta Armiato

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ALLEGATO 2

La dislessia – Alla ricerca del principio alfabetico

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ALLEGATO 3

Le prove dell'esistenza dell'ADHD?

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