XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Martedì 21 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione del professor Giovanni Cioni, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa, e del professor Carlo Hanau, membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA).
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Cioni Giovanni , ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa ... 3 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 ,
Cioni Giovanni , ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa ... 7 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8 ,
Cioni Giovanni , ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa ... 8 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 ,
Valdinosi Mara  ... 9 ,
Cioni Giovanni , ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa ... 9 ,
Zanin Giorgio (PD)  ... 10 ,
Cioni Giovanni , ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 ,
Hanau Carlo , membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA) ... 11 ,
Zanin Giorgio (PD)  ... 12 ,
Hanau Carlo , membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA) ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 18 

ALLEGATO: Documentazione presentata dal professor Giovanni Cioni ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 13.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del professor Giovanni Cioni, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa, e del professor Carlo Hanau, membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione del professor Giovanni Cioni, ordinario di neuropsichiatria infantile e direttore della Scuola di specializzazione di Neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa, e del professor Carlo Hanau, che è stato docente di programmazione e organizzazione dei servizi sociali sanitari presso l'Università di Modena e Reggio Emilia e presso l'Università degli studi di Bologna, nonché direttore e ora referente del Master sull'autismo dell'università di Modena e Reggio Emilia.
  Abbiamo, quindi, due temi diversi. Do subito la parola al professor Cioni per la sua relazione, dopodiché ci saranno delle domande da parte dei commissari.

  GIOVANNI CIONI, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa. Grazie, presidente, senatori, onorevoli. Aggiungo alla descrizione della presidente un paio di compiti, più che titoli, che ricopro. Oltre alla didattica presso l'Università di Pisa, sono direttore scientifico di un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, che è l'unico Istituto di ricovero e cura a carattere sperimentale (IRCCS) dedicato alla neuropsichiatria dell'età evolutiva.
  Gli IRCCS, come sapete, sono degli ospedali di ricerca. Qui avete il «Bambin Gesù» e l'Istituto dei tumori. La «Stella Maris» è l'unico istituto di ricovero e cura dedicato ai disturbi neurologici e psichiatrici dell'infanzia e dell'adolescenza, quindi ci occupiamo di attività di ricerca e didattica attraverso varie unità operative che coprono tutti i disturbi, sia quelli più neurologici sia quelli più psichiatrici del bambino.
  Inoltre, sono anche presidente di una società europea che si occupa di queste cose, la European Academy of Childhood Disability. Per questo ero un po’ incerto se toccare delle tematiche di tipo più europeo, come l'impatto tremendo che la crisi economica ha avuto a livello di alcuni Paesi europei, anche peggio che da noi, perché è un aspetto di cui ci occupiamo, appunto, a livello di organizzazione europea.
  Il tema che ho deciso di toccare, su richiesta della Commissione, riguarda problematiche più nazionali, quindi ha a che fare anche con il mio ruolo di vicepresidente della Società di neuropsichiatria infantile, che qualche mese fa ha fatto un Pag. 4documento che troverete tra quelli disponibili. Si chiama Appello sui disturbi neuropsichici dell'età evolutiva, di cui vi lascio una copia, perché tocca diversi temi a cui accennerò anche nel corso di questa mia breve presentazione.
  Innanzitutto, i disturbi della neuropsichiatria infantile riguardano il neurosviluppo e comprendono delle tematiche che in parte avete già affrontato, quelle motorie, ma anche i disturbi specifici dell'apprendimento, il DHD, cioè il disturbo dell'attenzione, quelli dello spettro autistico di cui vi parlerà principalmente il professor Hanau, quelli della comunicazione e la disabilità intellettiva.
  Come vedete, sono tematiche molto ampie. Questa è la scaletta degli argomenti che affronterò nel corso dell'audizione, che riprende alcuni dei punti principali toccati dalla società di neuropsichiatria infantile.
  Il primo è un punto estremamente importante e riguarda le cifre. Si rilevano dei numeri che a volte si fa fatica a comprendere quanto siano grandi. Quando si parla di un disturbo neuropsichico che colpisce un bambino su cinque – sono numeri sostanzialmente analoghi nei vari Paesi – ci troviamo davanti a una problematica medico-sociale enorme.
  Comunque, vi lascio anche le slide a disposizione per eventuali approfondimenti. In realtà, ne ho soltanto due su questo. La prima è un lavoro sul mondo anglosassone, di Annette Karmiloff-Smith di Londra, in cui è riportata una lista di disturbi che riguardano il sistema nervoso. La cosa che interessa è che si parte da disturbi estremamente rari fino a disturbi come gli speech sound disorder che sono, invece, estremamente comuni.
  Il punto essenziale è che questa lista non è esaustiva. Si dice sempre che noi ci occupiamo molto di malattie rare. L'insieme di queste malattie rare ci dà le cifre riportate dai dati ISTAT di cui credo anche il professor Hanau ci dirà qualcosa.
  Il rapporto ISTAT – voi eravate interessati proprio alla tematica della disabilità – parla di un milione di ragazzi e relative famiglie nel nostro Paese, includendo anche disturbi lievi. Limitandoci solo ai disturbi gravissimi, parliamo comunque di 50.000 utenti e famiglie. Se li prendiamo nella loro totalità, si rileva una problematica riguardante un bambino su cinque.
  L'altro punto che mi pare abbiate già giustamente sottolineato nelle premesse della Commissione è che la loro prevalenza è in continua crescita. È stato pubblicato un lavoro sulla rivista Pediatrics poco tempo fa che mostra come, negli Stati Uniti, nell'arco di una dozzina d'anni ci sia stato un incremento totale delle disabilità dell'età evolutiva dal 12 al 15 per cento, in un sistema di organizzazione sanitaria apparentemente avanzato.
  Veniamo nella nostra Europa, con numeri abbastanza impressionanti. Esistono una serie di disturbi del neurosviluppo come l'autismo, il deficit di attenzione e di iperattività, il disturbo ossessivo compulsivo, la sindrome di Tourette, che sono prevalentemente psichiatrici.
  In tre Paesi, ovvero Svezia, Finlandia e Danimarca – lo studio è stato replicato anche in altri Paesi come l'Australia – tra i bambini nati nel 1990 e i bambini nati nel 2000 tutti questi disturbi sono aumentati. Questo è un fenomeno estremamente importante per voi che siete sensibili a una situazione anche prospettica delle problematiche dell'infanzia.
  Perché questi disturbi aumentano? Questa è una domanda che ci poniamo tante volte, soprattutto sull'autismo. Ci sono fattori ambientali – l'incremento dell'età dei genitori, l'aumento della percentuale delle nascite premature, una maggior consapevolezza, criteri diagnostici che sono diventati più precisi, la maggior capacità di noi medici di individuare questi disordini anche attraverso dei programmi precoci di screening, che sarà uno degli argomenti che tratterò di seguito – che ben spiegano questo incremento così importante.
  L'altra cosa che vorrei sottolineare, oltre a lasciarvi questi numeri, è come questa problematica così frequente incida sulla salute collettiva della nostra popolazione.
  L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dice che il peso delle malattie di tipo psichiatrico o neurologico è attualmente intorno al 15 per cento. Tuttavia, ogni anno Pag. 5l'OMS rifà queste indagini a livello mondiale e scopre che il peso dei disturbi neuropsichici è sempre maggiore nell'ambito dei problemi di salute, superando ampiamente le malattie cardiovascolari.
  C'è un altro discorso che voglio affrontare per farmi capire meglio. Un dato importante è che tra i disturbi principali del neurosviluppo ci sono quelli dello spettro autistico (ricorderete il film Rain Man), ovvero i disturbi ad alto funzionamento; i bambini dentro le gabbie di vetro che condividono le problematiche dei disturbi di comunicazione, di socializzazione, gli interessi ristretti e così via. Oggi sappiamo che questi hanno una prevalenza di meno di uno su 100.
  Uno studio epidemiologico americano parla di un bambino su 67 affetto da un disturbo dello spettro autistico, dovuto a cause genetiche e ambientali insieme con gradi diversi di gravità.
  Purtroppo questi numeri non li abbiamo per l'Italia. Questa è una statistica inglese a cui si fa sempre riferimento. Credo che anche il professor Hanau la citerà, come mi diceva prima.
  Si riferisce il costo life time, cioè per tutta la vita, di una persona con disturbi dello spettro autistico. Più di 4 milioni di sterline è il costo diretto o indiretto per un disturbo autistico a basso funzionamento, in cui c'è anche una problematica di ritardo mentale. Invece, quasi 3 milioni di sterline costa un disturbo ad alto funzionamento.
  Prendiamo un altro disturbo di cui credo abbiate sentito parlare anche in altre audizioni o che forse conoscete per l'estrema frequenza. Mi riferisco alla paralisi cerebrale infantile, che ha più di 17 milioni di persone affette nel mondo e più di 90.000 affette in Italia. Nascono ogni anno 1.000 bambini con questa problematica.

  (proiezione di un breve filmato)

  Non serve essere un neuropsichiatra infantile per vedere la differenza di ricchezza di variabilità negli schemi motori, la stereotipia, la monotonia e la lentezza con cui un bambino ripete degli schemi sempre uguali. Ha 12 mesi ed è un bambino con disturbi dello spettro autistico.
  Un'altra cosa apparentemente banale è che, quando la mamma lo chiama, il bambino con uno sviluppo tipico continua a giocare, ma si gira immediatamente e cerca la mamma. Invece, il bambino con disturbi dello spettro autistico continua in maniera ripetitiva e monotona gli stessi schemi con l'oggetto. Purtroppo, non è un problema di sordità. Magari lo fosse.
  Queste non sono osservazioni naturalistiche, ma sono quelle con cui spesso le mamme andavano dal pediatra o dal neuropsichiatra infantile per chiedere come mai il bambino facesse così. Si rispondeva «non ha voglia» oppure «ma tanto si muove». Ebbene, le mamme hanno veramente sempre ragione quando evidenziano un sospetto, quindi è doveroso da parte del medico seguirle.
  Oggi questi segni apparentemente banali si sono trasformati in test clinici standardizzati, utilizzati in maniera estremamente efficace anche in alcuni luoghi del nostro Paese dove si fanno, appunto, screening sistematici per cui si può fare una diagnosi precocissima del disturbo dello spettro autistico.
  È una diagnosi per sapere – cosa importante perché i genitori hanno il diritto-dovere di sapere quale tipo di problematica c'è – ma anche per iniziare un trattamento precoce e per valutarne i risultati.
  Dagli esami neonatali si può cogliere la differenza un bambino con un disturbo genetico, ovvero una mutazione di un gene che ha determinato una disabilità intellettiva, rispetto ad un neonato in cui vi sono zone, nella sostanza bianca, intorno ai ventricoli cerebrali, che presentano delle piccole lesioni cistiche. Questo è un bambino che, con questa tipologia di lesioni, molto probabilmente, anzi quasi sicuramente, avrà una paralisi cerebrale infantile di tipo spastico.
  Oggi si usa moltissimo dire una cosa in cui crediamo profondamente, ovvero che un'anomalia genetica come questa o un disturbo congenito cerebrale non sono il destino di un bambino perché, come dicono le neuroscienze, abbiamo l'epigenetica, Pag. 6 ovvero l'ambiente che determina l'espressione positiva o negativa dei geni.
  L'epigenesi è alla base di ogni capacità di compensazione. Come dicevamo prima con la presidente, l'epigenetica ha una potenza direttamente proporzionale alla precocità del cervello. Questa plasticità epigenetica genera una plasticità adattiva prevalentemente, anzi quasi esclusivamente, nei primi anni di vita.
  Questo discorso è alla base sia della diagnosi precoce sia dell'intervento precoce. Bisogna sfruttare i «periodi critici», ovvero i periodi di maggior sviluppo di una funzione, che sono diversi. La motricità è molto più precoce. Per questo si diceva che l'intervento motorio è estremamente efficace se viene fatto nelle primissime settimane di vita, al massimo entro il primo anno e mezzo. In questa fase c'è il massimo di efficacia dell'intervento. Invece, la plasticità del sistema cognitivo dura molto più a lungo, ma anche in questo caso è molto più ampia nei primi anni di vita.
  Per questo ci si deve affidare alla medicina basata sull'evidenza. C'è una quantità enorme di lavori in letteratura, che dimostrano, per esempio, che un intervento precoce nella paralisi cerebrale infantile può cambiare anche drammaticamente la storia di un bambino. È difficile che possa non avere nessun disturbo motorio, ma quando parlo con una mamma a cui abbiamo fatto una diagnosi di lesione e di disfunzione, ovvero di paralisi cerebrale infantile, non mi chiede se avrà una paralisi cerebrale infantile, ma se camminerà. Insomma, è importante la prognosi funzionale ed è su questa che l'intervento precoce può avere un effetto straordinario, come dimostra la letteratura.
  Lo stesso vale anche per il disturbo autistico. Ieri guardavo tre articoli recenti, che sono tre revisioni sistematiche sull'intervento precoce del disturbo autistico. Con «intervento precoce» intendo veramente i primi anni di vita. Io sono un po’ fissato sui mille giorni perché i primi mille giorni del cervello sono un'avventura straordinaria e terribilmente importante, che comprendono sia quelli prenatali del feto sia i primi tre anni. Lì si può giocare moltissimo.
  Questo è solo per dire che i colleghi biologi che lavorano sugli animali ci hanno detto delle cose straordinarie. Perché un intervento riabilitativo precoce fa migliorare il cervello e la funzione? Sappiamo anche quali sono i mediatori chimici, ovvero i famosi fattori neurotrofici per cui Rita Levi Montalcini, già vostra collega, ha vinto il premio Nobel.
  Dopo di lei se ne sono scoperti moltissimi. I fattori neurotrofici sono quelli che vengono prodotti dal cervello se il topino o il bambino – in questo uomini e animali sono estremamente simili – vengono stimolati. Un buon ambiente, una stimolazione ambientale fa generare questi fattori neurotrofici, che sono quelli riparatori. In questo senso, le neuroscienze di base hanno dato degli argomenti formidabili a noi clinici.
  La produzione di questi fattori è inversamente proporzionale all'età dell'animale. Abbiamo dei modelli delle patologie che determinano disabilità: sindrome di Down, sindrome dell'X fragile, sindrome di Rett, epilessia. Topini, altri ratti o anche pesci sono modelli per queste malattie. Questi topolini, per esempio, vivono in gabbie che sono dei resort, con una ricchezza di stimoli come quella che noi vorremmo dare ai nostri bambini, non per bombardarli, ma per farli giocare. Infatti, ciò che induce la produzione di questi fattori è fare qualcosa con piacere, non passivamente. Il piacere è una cosa straordinaria perché mette insieme tanti elementi. Non è buonismo. Il piacere nel fare le cose genera fattori riparativi per il cervello.
  Oggi si dice che un buon ambiente è il farmaco migliore e più sicuro per il cervello. Speriamo, un giorno, di avere anche qualche farmaco che possa potenziare questa azione. A questo riguardo, avevo molte diapositive su diversi studi sperimentali. Il problema è la tossicità dei farmaci, mentre un buon ambiente non è tossico. In questo senso, il termine «buon ambiente» è il fattore migliore e più sicuro per il cervello, soprattutto nel periodo precoce.
  Insomma, sono fondamentali la diagnosi precoce e l'intervento. Abbiamo fatto un convegno un anno e mezzo fa, in Emilia Pag. 7– ci sono colleghi emiliani e romagnoli in sala – dedicato ai call messages e ai primi mille giorni di vita determinanti della salute mentale o neuropsichica.
  Ora, il problema è come tradurre queste cose – su questo abbiamo veramente bisogno di voi – in un modo di fare assistenza e di far politica, con un matrimonio virtuoso tra tecnici e politici.
  C'è una grandissima evidenza che trattamenti tempestivi e appropriati possono cambiare la storia naturale di questi disturbi così importanti e costosi per la collettività. C'è, però, una storica insufficienza di investimenti, ma c'è anche un loro uso non basato su evidenze scientifiche. Mi permetto di dire che spendere nel bambino piccolissimo è veramente un grossissimo investimento per il bambino, per la famiglia e per la società.
  Ovviamente, un problema a cui accendevamo prima con la presidente è che c'è una differenza sostanziale quando si tratta di introdurre queste cose a livello dei sistemi organizzativi. Devo dire che la regionalizzazione, per certi versi, è stata molto complessa perché un bambino di una certa regione ha un sistema sanitario, quindi anche un'organizzazione della neuropsichiatria infantile, diverso da quello di un'altra, anche in relazione alla qualità del servizio.
  Nella documentazione che vi lascio c'è anche un appello della Società di neuropsichiatria infantile. Tra l'altro, nominiamo anche la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, ma non è una captatio benevolentiae, perché lo abbiamo fatto in ottobre, quando non avrei assolutamente pensato che sarei stato convocato da voi.
  Se condividete quello che abbiano cercato di presentare, il Ministero della salute e le regioni devono garantire una presenza omogenea di servizi integrati in tutto il nostro Paese, non con lo spezzettamento e con le diversità che attualmente ci sono. Intendo omogeneo per professionalità, come modalità, in sinergia con tutte le altre figure professionali.
  Insomma, occorrerebbe un lavoro di concerto tra Ministero della salute e regioni. Ditelo all'onorevole Lorenzin, visto che presto sarà da voi. Credo che dirà di condividere questo obiettivo, che però va perseguito e monitorato, anche grazie a quello che potete fare voi come Commissione parlamentare. Comprendendo e condividendo l'importanza di questo fattore, il Ministero della salute, le Commissioni salute, l'Istituto superiore di sanità e i servizi di neuropsichiatria infantile devono costruire un sistema di monitoraggio della salute neuropsichica.
  Mi permetto di dire una cosa che ho ritrovato anche nel programma di questa indagine conoscitiva. Bisogna monitorare per verificare se le iniziative di miglioramento, che ho citato e che la Società di neuropsichiatria infantile chiede, vadano a compimento in modo da raggiungere questo obiettivo, che è sicuramente un dovere del personale sanitario, ma anche un dovere umano, sociale ed economico. Occorre identificare le risorse e selezionare gli obiettivi. Il succo di questo mio intervento era di identificare ciò che si fa nei primissimi anni di vita come cruciale anche nella nostra vita adulta. Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Mi viene subito da rivolgerle una domanda, collegandomi a uno degli ultimi passaggi della sua relazione. Sulle sostanze sperimentali, sulle quali non c'è ancora una certezza dal punto di vista tossicologico, o cellule staminali, vicarie di questa funzione riparatrice, come lei ci ha spiegato, vorrei sapere qual è lo stato dell'arte oggi. Può rispondere prima a questa domanda, dopodiché passeremo la parola ai colleghi che intendano intervenire.

  GIOVANNI CIONI, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa. Per quello che riguarda l'utilizzo eventuale di cellule staminali o di sostanze farmacologiche c'è una grande speranza. La domanda dell'onorevole è quella che ci fanno tutti i giorni i genitori che navigano in internet e vanno a cercare una risposta proprio sulle cellule Pag. 8staminali. Sanno meno dei fattori neurotrofici della Levi Montalcini perché questo è un argomento ancora molto specialistico. Poi, con Stamina, le cellule staminali sono diventate un patrimonio pubblico.
  Ebbene, la strada è lunga sia per le cellule staminali sia per i fattori trofici per lo sviluppo. Lo stato dell'arte, attualmente, è che ci sono dei modelli animali che sembrano funzionare bene con entrambe le strade, che non sono alternative perché le cellule staminali per svilupparsi hanno bisogno dei fattori neurotrofici.
  Insomma, non sono due strade diverse. Vengono studiate spesso da gruppi diversi, che dovrebbero fare un merge maggiore. Tuttavia, il ragionamento fondamentale, a livello pratico e operativo, è che al momento ci sono alcuni studi in fase 2, cioè umana, con cellule staminali e con fattori neurotrofici.
  Forse sulle cellule staminali sapete già parecchie cose, ma sui fattori neurotrofici ci sono degli studi sperimentali sulla sindrome di Rett, che è un disturbo similautistico dovuto a quattro geni possibili che mutano e danno microcefalia e disturbi devastanti, sia motori sia cognitivi, nelle bambine, perché colpisce soltanto il sesso femminile.
  Hanno fatto – ripeto – anche qualche studio di tipo 2, cioè provando nell'uomo, in questo caso nei bambini, soprattutto per avere un'idea sulla sicurezza, cioè per assicurarsi che non faccia male: primum non nocere. Questa, peraltro, è la ragione per cui la vicenda Stamina è stata devastante. Infatti, c'era un controllo zero del primum non nocere.
  A ogni modo, sono spot. La strada è estremamente lunga. È importante, però, capire quello che abbiamo a disposizione oggi – ovvero che il miglior farmaco per il cervello è l'ambiente – non è una strada alternativa rispetto a queste che prevedano l'uso di potenziatori della plasticità.
  Le cellule staminali e i fattori neurotrofici sono potenziatori della plasticità. Nell'animale su cui queste cose si possono fare e si stanno facendo vediamo che funzionano bene se, assieme alle cellule staminali, diamo anche un ambiente arricchito.
  Tutto quello che possiamo fare ora è una cosa che si affermerà nel tempo, purtroppo non nel mio futuro professionale perché ho ancora sei o sette anni di lavoro, quindi non vedrò applicata questa mia previsione.

  PRESIDENTE. In Cina fanno esperimenti in tal senso.

  GIOVANNI CIONI, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa. Mi permetto di interromperla, presidente. Questa è una cosa terribile, ma purtroppo non succede solo in Cina, ma anche in Thailandia o in Germania alla Xcell-Center.
  Vannoni – io ce l'ho un po’ con lui, non umanamente, ma per il suo modo di procedere – è andato ad aprire un centro in Georgia.
  Vi ho parlato dell'organizzazione europea di cui sono presidente. Ebbene, abbiamo fatto una spedizione dai colleghi georgiani e siamo riusciti, tramite loro, ad agire sul governo georgiano per farli chiudere. Venivano pazienti anche dall'Italia.
  Ecco, questa è veramente una cosa terribile per la sicurezza. I soldi non sono un aspetto rilevante e certamente non sono forniti dallo Stato. Forse dico una cosa banale, ma siete qui e ci avete chiamato in audizione. Certamente non possono essere soldi dello Stato, ma tutti i trattamenti complementari e alternativi devono essere basati sul principio primum non nocere. Questo non è sicuramente il caso di cellule staminali date in maniera selvaggia.
  Poi c'è anche la Svizzera. Insomma, c'è veramente di tutto, anche con medici dietro.
  Allora, la strada è lunga – mi scusi se la risposta è stata un po’ più ampia del previsto – ma non è alternativa a tutto quello che vi ho detto. Vanno, ovviamente, garantiti degli aspetti di sicurezza. C'è un sito del Governo americano dove tutti gli studi seri devono essere registrati. Se c'è uno studio sperimentale, con cellule staminali o altre cose, che non è registrato lì, bisogna strettamente scoraggiare il genitore perché vuol Pag. 9dire che gli aspetti di sicurezza non sono verificati.
  Ci sono delle strade anche dirette per sapere, perché c'è sempre l'idea che il medico sia geloso degli altri. Purtroppo, anche questa è una cosa vera. Ormai sono vecchio del mestiere e so che i medici sono umani; facciamo tanti errori; abbiamo le nostre gelosie. Bisogna, quindi, basarsi sull'evidenza.
  Ci sono dei siti per questo. Internet è una risorsa, anche se è terribile perché arrivano dei genitori con dei pacchi enormi: trovano e stampano di tutto, quindi io mi obbligo a conoscere questa roba perché, se non gli rispondo e dimostro che non la conosco, ho compromesso il rapporto. Insomma, devo dimostrare di aver visto anche le cose più assurde. Ci sono, però, anche cose importanti.

  PRESIDENTE. Senatrice Valdinosi, prego.

  MARA VALDINOSI. Ringrazio molto il professor Cioni anche per questo chiarimento che ci ha fatto in relazione all'uso e all'abuso delle cellule staminali. Io vorrei sottolineare che condivido l'obiettivo a cui lui ci richiamava, cioè quello di avere nel nostro Paese un sistema integrato di servizi sia territoriali sia specialistici. Quindi, voglio solo sottolineare il mio essere d'accordo con questo obiettivo. Credo che, come Commissione infanzia e adolescenza, dovremo lavorare insieme in questo senso.
  Vorrei chiederle due cose nello specifico. Lei ci ha fatto vedere delle slide molto interessanti, in inglese, che fanno riferimento a dati di altri Paesi. Mi chiedo se, appunto, non sia necessario mettere in piedi anche nel nostro Paese un sistema più strutturato di raccolta e di monitoraggio dei dati, perché senza questo riferimento credo ci sia il rischio di lavorare a vuoto. Questa è la prima domanda. Che cosa possiamo fare per avere anche nel nostro Paese un sistema efficace di raccolta e di continuo monitoraggio dei dati?
  Vengo alla seconda domanda. Mi sto occupando, anche in raccordo con delle associazioni di genitori, di disturbi legati all'alimentazione, ovvero bulimia e anoressia. Le vorrei chiedere se in relazione alla crescita dei disturbi del neurosviluppo vi sia anche una correlazione diretta con questa tipologia di specifici disturbi alimentari.

  GIOVANNI CIONI, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa. Rispetto alla prima domanda sono in pieno accordo con quello che lei dice. Mi dispiace molto far vedere le diapositive in inglese. Vorrei tanto farvi vedere dei registri di malattia italiani, ma non posso perché abbiamo solo poche realtà regionali – forse ne parlerà dopo il collega – e solo per alcuni disturbi. In sostanza, non c'è un sistema, come in Australia, in Inghilterra, in parte in Francia e benissimo in Svezia, per cui ci sono dei chiari registri di malattia.
  Questo, però, è quello di cui abbiamo bisogno perché senza registi di malattia non possiamo fare inferenze. Per esempio, sull'incidenza dei disturbi dello spettro autistico ci sono degli studi worldwide, cioè fatti in tutto il mondo, che dimostrano che è molto simile in tutti i Paesi. Lo stesso vale per l'ADHD.
  In Italia sembrano molti meno semplicemente perché non si fa la diagnosi. Torniamo, quindi, al problema di prima. Se avrete la bontà di leggere questo documento della nostra Società che vi ho lasciato, vedrete che noi chiediamo che la conferenza Stato-regioni stimoli la creazione di registri. In alcune regioni sono più attivi, ma in altre non c'è assolutamente niente.
  Dal punto di vista degli IRCCS, abbiamo appena creato una struttura a rete per mettere insieme i registi di alcune malattie più frequenti tra tutti gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. È difficile che ci sia un bambino con un disturbo grave del neurosviluppo che non frequenti un IRCCS per le diagnosi più specifiche. Per esempio, ogni anno vediamo 500 nuovi casi di autismo soltanto nel nostro IRCCS. I registi malattia hospital based e di territorio sono, quindi, una realtà estremamente importante.
  L'altra domanda riguardava i disturbi delle condotte alimentari. Questa è un'altra Pag. 10patologia in aumento. Come sapete, come tanti disturbi psichici, l'eziologia è binaria, cioè c'è una predisposizione genetica complessa. In sostanza, non c'è il gene della bulimia, ma una serie di geni con varianze isomorfe, relativamente benigne, che però si sommano tra loro e insieme al problema della famiglia e della società determinano l'insorgenza di un disturbo della condotta alimentare.
  Questa è una di quelle cause ambientali di cui vi dicevo prima che determinano l'aumento della malattia. I geni di predisposizione, però, rimangono gli stessi. Purtroppo, bisogna dire che anche i disturbi delle condotte alimentari fanno parte di quelli in incremento nel nostro Paese, come in tutti gli altri.

  GIORGIO ZANIN. Nei giorni scorsi sono andato a visitare, a Palazzo delle esposizioni, qui a Roma, la bellissima mostra sul DNA che si conclude con aspetti che sfociano in un percorso carico di molti interrogativi rispetto al futuro. In particolare, parliamo della genomica e con tutta evidenza sappiamo che si aprono delle questioni che coinvolgono, appunto, interrogativi etici di carattere eugenetico. Dall'altra parte, però, questo mi pare del tutto coerente con il profilo che lei stesso ha definito dentro questo percorso, cioè la diagnosi precoce e l'elemento correttivo che possa intervenire.
  Allora, a che punto siamo per questa tipologia di disturbi e quali scenari si aprono dentro un percorso che arrivi a prevenirli in maniera totale o quasi totale?
  Lei prima ha parlato di lunghezza dei tempi della ricerca rispetto ai percorsi di cura con l'utilizzo di strumenti riparatori. Qui siamo, invece, a percorsi che potrebbero prevenire.
  Insomma, gli aspetti decisivi paiono essere superati perché qui il problema riguarda semplicemente gli strumenti tecnici per mettere a punto ulteriormente, con rapidità e con costi relativamente bassi, percorsi che ci portino ad avere, insieme alla nostra carta d'identità, anche tutto quello che ci aiuta a prevenire.
  Questi sono aspetti rivoluzionari per la salute e sono uno dei due o tre aspetti che riguarderanno il nostro percorso futuro. Non so se su questo ci può essere d'aiuto con la sua competenza.

  GIOVANNI CIONI, ordinario di neuropsichiatria infantile e Direttore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa. Le rispondo facendo un esempio. L'autismo è un disturbo genetico. Non c'è alcun dubbio. Lo abbiamo scoperto e abbiamo pubblicato, venti anni fa, i primi articoli. Quarant'anni fa sembrava che la genetica non c'entrasse con l'autismo. Vent'anni fa, invece, abbiamo fatto autocritica e detto che l'autismo è un disturbo genetico.
  Tuttavia, l'autismo non è determinato in senso mendeliano, cioè come un disturbo che coinvolge piccolissimi numeri, bensì in parte da una genetica molto complessa.
  Nella stragrande maggioranza dei casi di autismo la genetica c'entra come in tutti i disturbi psichiatrici, dalla schizofrenia al disturbo ossessivo compulsivo, all'ADHD. La genetica c'entra sempre come in ogni aspetto della nostra vita, però, nei disturbi psichiatrici o nei disturbi neurologici, è una genetica complessa, il che vuol dire che comunque si tratta di una genetica di predisposizione. La predisposizione nasce da co-varianze di pool genetici molto complicati.
  Il nostro istituto ha acquisito un'attrezzatura per fare l'analisi dell'esoma. Nel nostro istituto, come in altri istituti d'avanguardia, noi possiamo farlo, cioè, se c'è un bambino per il quale c'è l'indicazione, con un costo relativamente basso, che credo sia di 1.300 euro, e con un esame non molto diverso da altri, come l'array-CGH, che già si fa, possiamo analizzare l'esoma, per cui nella tesserina sanitaria abbiamo anche questo.
  Tra quest'analisi e la possibilità di dire come il gran numero di centinaia di migliaia di geni e le loro varianze relativamente benigne possano interferire nel percorso di un disturbo autistico o di un disturbo ossessivo compulsivo o di un disturbo della condotta alimentare ci vorrà molto tempo, perché ci vorrà una disciplina che ancora quasi non esiste, che è la bioinformatica. Le persone specializzate Pag. 11sono pochissime, infatti non riusciamo a trovare un bioinformatico per il nostro istituto, anzi, se qualcuno ne conosce uno, lo prendiamo volentieri.
  Ci vorrà molto tempo, perché si tratta di una disciplina con una computazione complicatissima. Sicuramente su questa cosa ci muoveremo, ma non basterà e ne sono profondamente convinto, perché i geni cambiano.
  Ora vi dico un'ultima cosa, scusandomi, ma parlo troppo, perché mi appassiona questa cosa e ne sono contento perché, dopo più di trent'anni, ancora mi piace il mio mestiere.
  Oggi, per esempio, si sta scoprendo che, nel cervello di qualche bambino autistico (e solo nel cervello non nel sangue), ci sono dei geni che sono mutati, quindi io posso anche fare l’array-CGH più complicato del sangue o l'esame del genoma, però i geni non sono più quelli, perché si tratta di geni mutati solo in una parte del tessuto cerebrale.
  Per questo motivo dico che, tutte le volte – questo è il percorso delle scienze – che si pensa di aver raggiunto il top, si vede un'altra montagna da scalare, ma quest'aspetto è anche bello, perché, se vogliamo andare su argomenti più generali, è non deterministico; insomma i nostri successori lavoreranno a lungo per muoversi in questo modo.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Do la parola al suo collega, il professor Carlo Hanau, che, come abbiamo detto, è membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici, nonché docente di programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari all'Università di Modena e Reggio Emilia e a quella di Bologna. Chiediamo, anche a lei, professore, di fare la sua relazione.

  CARLO HANAU, membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA). Vorrei specificare che fui docente, in quanto sono in pensione per età.
  La prima cosa che devo dire è che sono stato invitato qui e che io, molto volentieri, son venuto e vi ringrazio, però ho telefonato prima all'Istat, con cui collaboro molto spesso, perché il mio mestiere non è fare il medico, ma è la programmazione dei servizi sanitari, anzi non solo sanitari ma anche sociali e scolastici; su quest'ultimo aspetto chiuderò la mia relazione.
  Vi ho consegnato il frontespizio di un report dell'Istat, che costituisce l'ultimo documento prodotto nel 2016 (a dicembre) e che titola «Integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado», per dare l'idea di come la rilevazione che manca è quella del registro, che c'è, per esempio, per l'autismo e per altre patologie, ma soltanto per il Piemonte e per l'Emilia-Romagna. Tale rilevazione era iniziata, ma – sappiamo anche il perché – poi si è chiusa come esperienza, in Lombardia, dove era stato fatto un osservatorio. Forse ci si è spaventati, vedendo quello che succedeva e guardando questi numeri e queste cifre.
  Lo dico perché, se si guarda anche soltanto l'andamento del grafico, che c'è in fondo a questo frontespizio, si vede come, nelle scuole d'Italia – dove si inseriscono praticamente tutti, perché non ci sono istituti a latere e la quasi totalità dei bambini viene rilevata, anche quelli con una disabilità grave – nel giro di quindici anni, c'è stato un aumento clamoroso della disabilità sia nella primaria, che è la scuola elementare, sia nella secondaria di primo grado, che è la scuola media inferiore e che noi eravamo abituati a chiamare «le medie».
  I numeri fanno veramente paura, perché la percentuale nella scuola primaria sale di un punto, passando da due a tre, e nella scuola secondaria sale ancora di più, perché da 2,6 arriva a 3,9-4. In pratica, il 4 per cento dei bambini nella scuola media inferiore hanno una disabilità a norma della legge 104 del 1992. Si noti bene che stiamo parlando della legge n. 104, quindi non stiamo parlando delle altre disabilità, che pure sono state nominate e che vengono esaminate anche nella ricerca fatta successivamente dall'Istat su 12.000 casi di bambini con problemi, come, per esempio, i disturbi specifici dell'apprendimento, che Pag. 12non sono considerati handicap nella nomenclatura attuale. I numeri, quindi, fanno veramente impressione.
  Perché questi numeri sono così differenti tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado? Lo sono per un motivo molto semplice: la maggior parte delle patologie – e lo vedremo dopo – sono di tipo mentale, per cui queste sindromi si possono constatare soltanto successivamente. Il bambino appena nato viene visitato e si rilevano su di lui alcune (non tutte ovviamente) delle malformazioni presenti e possibili da rilevarsi alla nascita. Ecco, la sindrome di Down può essere rilevata alla nascita, data la caratteristica degli occhi e di altri componenti del nostro corpo, che nelle persone con sindrome di Down è patologica. Tuttavia, questa è una delle pochissime sindromi che possono essere rilevate alla nascita, perché tutte le altre sindromi si rilevano quando per il bambino, che cresce insieme agli altri di pari età, si vede la differenza che aumenta via via con l'età.
  In un bambino, la sindrome di Asperger non può essere rilevata quando è ancora piccolo, ma può essere rilevata soltanto quando c'è la finezza del comportamento, come nei bambini che io chiamo «normotipici» e che vengono definiti da un mio amico «i gravemente normodotati», come noi qui presenti, per cui la differenza si vede quando si va avanti. Per esempio, la sindrome di Asperger è al confine, quindi borderline, rispetto alla normalità. Ci sono cose che a un bambino si concedono come normali, perché per un bambino di otto anni – mi ricordo di un vecchio proverbio che mi diceva mia nonna a riguardo – l'incapacità di dire le parole giuste al momento giusto, anzi la capacità quasi diabolica di dire le parole sbagliate nel momento culminante è tipica. Tuttavia, i bambini, quando diventano più grandi, quindi a otto, nove, dieci o undici anni, cominciano a capire che certe cose non si dicono dappertutto, mentre quelli con la sindrome di Asperger continuano a dirle esattamente come facevano prima di compiere questa età. C'è un andamento nella certificazione che è in classico aumento via via che sale l'età.
  Per esempio, osserviamo il dato ricordato prima dal professor Cioni sull'autismo negli Stati Uniti e ottenuto da una ricerca che viene fatta dal 2000, mentre l'ultima ricerca di cui abbiamo il risultato è del 2012. Quel dato rileva che, nel 2000, la quantità di bambini con autismo rilevati con la stessa modalità e, da notare bene, in 11 Stati diversi degli Stati Uniti era di 7,5 su 1.000, mentre nel 2010, quindi a distanza di dieci anni, è raddoppiata, diventando dell'1,5 per cento, cioè di 15 su 1.000. Nell'anno successivo, per fortuna, sperando che vada avanti così anche per il 2012, visto che la ricerca si fa con cadenza biennale, i numeri sono rimasti fermi, cioè a 15 su 1.000, il che vuol dire che stiamo parlando – non so se ci siamo spiegati – di un bambino su 68, all'età di otto anni.

  GIORGIO ZANIN. Questo innalzamento da cosa dipende?

  CARLO HANAU, membro del Comitato scientifico dell'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA). Questo innalzamento dipende – se ne parlava ieri con il professor Cioni – da due fattori, di cui uno è l'attenzione maggiore a queste patologie, che, però, non spiega tutto. Per l'altro fattore, uno studio dei danesi, che sono quelli più esperti di epidemiologia in tutta Europa perché il Center for Disease Control and Prevention (CDC) europeo si trova in Danimarca, ci dice che il 60 per cento si spiega con le modalità di rilevazione diverse, ma non il 40 per cento.
  È ben vero che, nel momento in cui si fanno diagnosi più fini, si trovano casi meno pesanti. Faccio un esempio: quando, come quasi sempre avviene, se non all'inizio, almeno via via che passa il tempo e si arriva agli otto anni d'età, l'autismo è accompagnato da disabilità intellettive, quindi, per intenderci, da un quoziente di intelligenza basso, si vede che sono sempre di più i casi rilevati che non hanno l'insufficienza mentale. Questo vuol dire che, raffinando la diagnosi, si vedono anche quei casi dove non c'è una grave coesistenza dell'autismo e dell'insufficienza mentale. Pag. 13
  Prendiamo, per esempio, il caso delle donne, a parte quelle con sindrome di Rett, di cui uno si chiede il perché ci sono solo donne. Il motivo è molto semplice: in quel caso, essendo più debole geneticamente, il maschio muore prima di nascere. Le persone con sindrome di Rett sono solo bambine, tranne in rarissimi casi, perché i maschietti muoiono in utero.
  In merito a quanto dicevo, abbiamo la possibilità di vedere che, via via che aumenta il numero dei bambini diagnosticati, sale anche il numero delle bambine che sono in genere meno gravi. Qui, comunque la situazione è drammatica perché, da noi, la sindrome di Asperger non viene diagnosticata. Da noi, come ha scritto in molti libri e detto attraverso molti media lo scrittore Gianluca Nicoletti, a diciott'anni, il ragazzo perde la qualifica di autistico, perché, essendo il suo classificato come autismo infantile precoce, a diciott'anni non è più infantile, quindi perde la diagnosi, dimenticandoci che questa sindrome è molto differente dalle altre disabilità o patologie mentali, per cui avrebbe bisogno comunque di mantenere questa etichetta, cui sono associati diversi aspetti.
  La farmacologia psichiatrica è relativamente avanzata in Italia, come nel resto del mondo. Per esempio, se voi osservate la linea guida dell'Istituto superiore di sanità del 2011, che, grosso modo, rimarrà la stessa anche adesso, per quel che riguarda la farmacologia si vede tranquillamente che ci sono solo due farmaci, il risperidone e il metilfenidato, per l'autismo, mentre per la psichiatria ci sono tante possibilità. Inoltre, il risperidone, un farmaco che non è stato inventato per l'autismo, viene utilizzato per tale patologia, sperando che dia gli stessi risultati ottenuti per altro tipo di patologia psichiatrica, cioè ridurre auto ed etero-aggressività.
  Tuttavia, non si tratta di un farmaco inventato per l'autismo. Tant'è vero che i risultati, anche in termini di medicina basata sull'evidenza, sono molto scarsi. Le ricerche fatte sui bambini nell'ambito della psicofarmacologica sono pochissime, in quanto le industrie farmaceutiche hanno paura a fare ricerca in questo settore, non solo perché i risultati sarebbero premiati con ricompense modeste, ma anche perché le industrie farmaceutiche hanno paura di perderci la faccia: nel fare una sperimentazione di psicofarmaci su bambini, se va male, c'è da perdere veramente tutto.
  Questo è un dramma che vale in particolare per le persone che hanno la sfortuna di partire con la loro carriera «psichiatrica» fin da bambini. Per gli altri, la situazione è diversa, perché lo stesso risperidone, utilizzato su persone che hanno avuto problemi dopo l'adolescenza, quindi da adulti, ha dato risultati, che sono stati e controllati convalidati nel corso di tantissime esperienze in Italia e nel mondo. Poi, salta fuori che dove non fanno questi farmaci continuativamente, ma li fanno solo in momenti di crisi per motivi economici, la situazione dei malati psichiatrici è migliore che non nei Paesi ricchi, come da noi, dove si fanno farmaci continuativamente, ma questa è un'altra cosa che io non voglio dire perché qui si parla soprattutto di minori.
  Quanto vi ho relazionato rende l'idea della gravità del numero e dell'aumento continuo e progressivo. Il CDC «danese» dice che il 60 per cento è provocato dalla maggiore attenzione e dal miglioramento nella diagnosi, ma non il 40 per cento.
  Posso dire subito che altri colleghi, che fanno epidemiologia come me, hanno scoperto, facendo l'analisi su donne infermiere in gravidanza che vivono a piano terra e su quelle in gravidanza che vivono al quinto piano, di un edificio su una strada fortemente trafficata. La differenza è che le donne infermiere che hanno fatto la gravidanza a piano terra hanno una probabilità e mezzo in più di avere un bambino con autismo rispetto a quelle che abitano al quinto piano, quindi esiste il discorso dell'epigenetica per cui l'ambiente è fatto anche di inquinanti.
  Ci sono studi, per esempio, sugli insetticidi e su altri fattori ambientali e organici, che possono effettivamente avere un'influenza negativa, aumentando il rischio, ma anche nel caso della natalità precoce c'è tale rischio. Sappiamo benissimo che, nel momento in cui facciamo medicina perinatale Pag. 14 e salviamo tanti bimbi, che altrimenti sarebbero morti, una parte ben maggiore di quella che non sarebbe la generalità dei bambini nati senza questi interventi ha un tipo di disabilità. D'altra parte, questo è lo scotto che si deve pagare, se vogliamo salvare un bambino.
  Sempre con la medicina perinatale molto sviluppata oggi, riusciamo a ridurre il numero di bambini che sarebbero diventati disabili in una certa fascia, perché questi bambini, invece, nascono e diventano bambini senza disabilità, ma una parte di questi che sarebbero morti, per una quota consistente, nasce con disabilità. Ora, non so se mi sono spiegato, ma voglio dire che dobbiamo prendere il buono e cattivo di questo tipo di intervento.
  La cosa importante da dire è che in Italia c'è una stagnazione tra il 2007 e il 2009, che risale a prima che, nel 2010, il Parlamento approvasse la legge sui disturbi specifici dell'apprendimento. Noi tutti pensavamo che si sarebbe ridotto il numero delle persone con disabilità, mettendo gli altri fuori dal gruppo, invece si vede che questo continua ad aumentare. Questo è ancora più grave perché sappiamo che i disturbi specifici dell'apprendimento sono aumentati moltissimo, quindi il gruppo esterno non rappresenta una piccola percentuale. Evidentemente, non era perché nell'ambito della legge 104 era stato inserito quello che teoricamente non si doveva mettere, ma effettivamente era la realtà dei fatti che ha portato ad un aumento.
  In Emilia-Romagna, sui bambini con disabilità abbiamo constatato un aumento del 4 per cento l'anno circa, ma l'Emilia-Romagna non è più sfortunata di altre regioni.
  Certo, dobbiamo anche vedere cosa succede poi all'interno, dove accadono cose strane.
  Vi ho dato il frontespizio dell'analisi statistica dell'Istat perché si tratta di uno spaccato molto bello, fatto a dicembre 2016, quindi da poco, su dati recentissimi, perché sono i dati dell'anno scolastico 2015-2016, quindi meglio di così non si può fare.
  Devo far presente che la gravità di questi casi si misura, all'interno, con un'indagine specifica su 13.000-14.000 casi. Il 7-8 per cento di questi casi con disabilità sono non autonomi in tre abilità: mangiare da soli, spostarsi da soli e andare in bagno da soli. Ecco, quelli che cumulano queste tre disabilità, quindi i disabili «gravi», sono solo il 7-8 per cento nella primaria e il 5-8 per cento nella secondaria di primo grado.
  Che cosa diamo loro? Diamo un insegnante di sostegno ogni due persone certificate. Dobbiamo pensare che abbiamo avuto un esercito di 82.000 insegnanti di sostegno nell'anno scolastico passato, quindi una quota enorme, e che questi insegnanti non sono soli, perché a loro si aggiungono, come vedremo nell'indagine del Censis, l'educatore e l'assistente alla comunicazione. In questa situazione, voglio rimarcare che siamo il Paese che dà più risorse umane a questi alunni con disabilità e lo facciamo più di tutti nel mondo, perché diamo il doppio delle risorse degli Stati Uniti d'America, che sono i secondi nella graduatoria. Tra l'altro, li paghiamo anche poco, quindi tutto sommato va bene così.
  Inoltre, dobbiamo pensare, per esempio, che di questi i ciechi sono lo 0,7 per cento, mentre gli ipovedenti sono il 3-4 per cento di tutti i 160.000 bambini certificati, quindi parliamo veramente di percentuali piccole. I sordi sono l'1,8 per cento e molti dei questi vengono, per fortuna, protesizzati. Quelli con ipoacusia, che non sono del tutto sordi, sono il 3,1 per cento. Ecco, sommando tutte queste cose insieme, salta fuori che si tratta di un numero limitato di casi, per fortuna. Quelli con disabilità motoria, di cui ho notato tanti hanno parlato, sono l'11,4 per cento di tutti i disabili. Tutti gli altri hanno difficoltà che sono problemi mentali. Cerchiamo di capire bene cos'è che possiamo fare perché abbiamo davanti una platea composta soprattutto da minori con problemi mentali.
  I disturbi dello sviluppo, all'interno di questo gruppone dei problemi mentali, sono il 24,9 per cento nella primaria e il 21,4 per cento nella secondaria. Che cosa sono i disturbi dello sviluppo? Si tratta di disturbi generalizzati o pervasivi dello sviluppo, che teoricamente dovrebbero essere chiamati «disturbi evolutivi globali dello sviluppo Pag. 15psicologico» e che in America chiamano «lo spettro autistico».
  Sono stato chiamato qui anche per parlare del problema dell'autismo e, dopo aver fatto una carrellata generale, sono qui a farlo.
  A pagina 101 di questo libretto del Censis, che vi è stato distribuito, c'è una indagine fatta dalla Fondazione Cesare Serono insieme con le associazioni «di categoria» per quattro sindromi, che sono quelle che normalmente si prendono a riferimento come le «peggiori». Tra queste quattro sindromi, salta fuori che la peggiore di tutte, che ha la palma in mano, è la sindrome autistica.
  Badate bene, com'è stato detto prima, che l'autismo non è una patologia specifica. La sindrome di Rett, per esempio, è all'interno dei disturbi classificati come F84 dall'ICD-10 dell'Organizzazione mondiale della sanità, la nostra classificazione ufficiale. All'interno dell'F84, ci sono sindromi autistiche e comportamenti autistici che hanno già trovato la loro origine, come appunto la sindrome di Rett. Dopo lo studio del MECP2 sul topo, si sta già utilizzando il farmaco, prima usato per il topo, sulle bambine, quindi, a distanza di vent'anni, che sembrano molti, ma devono passare, sono riusciti arrivare al farmaco sull'uomo. Per il CDKL5, il secondo di questi geni trovato nelle bambine che non avevano il MECP2, siamo ancora fermi allo studio sul topo e occorreranno altri sette o otto anni almeno. Tutto questo vuol dire che più si lavora e più mezzi si hanno e prima si fa a trovare quello che può far bene, non solo al topo, ma anche alle bambine. Effettivamente, ci aspettiamo una spinta nella ricerca.
  L'IMI2 nel programma Horizon 2020 stanzia 340 milioni di euro per le ricerche in questo settore. Parliamo di quattro sindromi, in cui c'è il dolore in mezzo, ma c'è anche l'autismo, perché ci sono state due associazioni americane, la Simons e l'Autism Speak, che hanno dato fior di milioni di dollari, che sono diventati euro. Questi non sono solo soldi messi lì, ma sono soldi investiti per migliorare le conoscenze e soprattutto migliorare gli interventi che occorrono. Purtroppo, oggi, come dicevo, dal punto di vista farmacologico siamo praticamente a zero e per quanto riguarda quello che può servire a questi bambini c'è l'educazione.
  In merito, lascio, semmai, al competente dell'Istat la possibilità di illustrare le altre sindromi e gli altri problemi, mentre io cerco di focalizzare l'attenzione sull'autismo e, come ho detto prima, sulla dimostrazione di questa ricerca del Censis, alla quale io stesso ho collaborato a nome dell'ANGSA, che insieme alla Fondazione Serono ha fatto condurre questa ricerca al Censis.
  Da questa ricerca salta fuori che l'autismo è la sindrome peggiore, come conseguenza, anche economica, come è stato detto prima, anche in Italia, dove la famiglia si assume moltissimi dei costi che all'estero assunti dallo Stato. Ricordiamoci che, in Italia, abbiamo ancora la famiglia che è la più grande azienda sanitaria esistente, perché la più grande ASL d'Italia è la famiglia. Calcoliamo che si spenda per una vita intera di un soggetto con autismo grave sui 3 milioni di euro, quindi siamo distanti dai 4 e mezzo o 5 milioni, soltanto perché la famiglia italiana è quella che ci lavora più dietro, mentre all'estero, molto spesso, la famiglia molla il figlio con disabilità nell'istituto.
  Purtroppo, questa situazione è comune nell'Europa centrale, nell'Europa del nord e nell'Europa orientale e sono pochi i Paesi dove la famiglia ancora tiene: l'Italia, la Grecia e il Portogallo. Questo vuol dire un risparmio enorme per il servizio sanitario, ma non certo un risparmio di dolore, perché, in questi casi, il dolore aumenta e non diminuisce.
  Questa ricerca del Censis evidenzia tutti i problemi che queste famiglie hanno dovuto risolvere. Mi riferisco alla madre che smette di andare a lavorare, perché, altrimenti, nessuno può badare al bambino e al padre che riduce le sue potenzialità lavorative, perché anche lui deve far qualcosa. Qui trovate la resistenza detta prima dei pediatri ad ammettere che la mamma ha ragione, quando si preoccupa per un bambino, e trovate i tempi che trascorrono Pag. 16prima di arrivare a una diagnosi, dal momento in cui i genitori hanno segnalato il primo sintomo. Parliamo di tre anni, quindi di un tempo enorme.
  Trovate anche la check list autism toddlers (CHAT), cui ha fatto riferimento il professor Cioni prima. Si tratta di una banalità e si fa in venti minuti o mezz'ora, perché, col bambino e il genitore vicino, il pediatra deve semplicemente verificare una serie di item semplici. Io stesso ho insegnato a farla in molte ASL ai pediatri, però accade che questi non lo fanno. Qualcuno informato mi ha detto che i pediatri non lo fanno perché non hanno ancora avuto l'incremento atteso nel loro contratto. Queste sono cose pesanti da dire, ma le riferisco in quanto vere, perché non mi sono state dette da gente per strada.
  La nostra Ministra si era impegnata in questo senso, cioè a mettere nella nuova convenzione dei pediatri l'obbligo a fare questa CHAT. Sembra assurdo: è come se l'autismo fosse meno che una bronchite, perché il pediatra depista una bronchite senza chiedere nulla, però, per depistare l'autismo, vuole qualcosa in più. Anch'io sono da sempre un dipendente e so bene che da molti anni non aumentano gli stipendi, quindi li capisco, però dal punto di vista pratico si tratta di una cosa fa male, a dir poco.
  Nello stesso volumetto trovate tutta una serie di elementi, che dicono come questa sindrome sia drammaticamente pesante per tutti, perché è tale per lo Stato, per le famiglie e, ovviamente, per loro stessi. In molti di questi casi, anche quando manca il quoziente d'intelligenza nella normalità, loro capiscono bene che sono diversi dagli altri. Non dobbiamo dimenticare che questi ragazzi e questi bambini hanno la percezione della loro differenza rispetto agli altri, quindi c'è anche dal loro punto di vista un dolore pesante.
  Vorrei concludere la seconda parte di questa relazione con delle argomentazioni di tipo organizzativo.
  È stato fatto molto per l'autismo nel nostro Paese negli ultimi dieci anni, anche perché c'è stato qualcuno che ha avuto la fortuna di avere l'udienza dei vostri colleghi senatori e deputati.
  Questa è un po’ la storia di ciò che è successo di recente. Purtroppo, in Italia siamo ancora fermi, nonostante avessimo già fatto nel 2005 le linee guida della SINPIA, nel 2011 la linea guida dell'Istituto superiore di sanità e, nel 2012, le linee di indirizzo sull'autismo, cui io stesso ho collaborato con il Ministero e le regioni, quindi parliamo di cose avvenute già parecchi anni fa. Ora, nonostante questo, si continuano a utilizzare per l'autismo in Italia modalità di intervento che non hanno la valutazione scientifica della medicina basata sull'evidenza.
  Mi riferisco alla medicina, ma anche alla pedagogia, perché, abbiamo visto che le medicine fanno poco e non si sa neanche che risultati avranno a lungo termine.
  In effetti, quando comincio a dare ad un bambino di sette anni il risperidone, temo che non vada a finire molto bene, perché conosco l'esperienza di altri che hanno cominciato a diciott'anni a prendere il risperidone e si ritrovano a quarant'anni come nel film Elle s'appelle Sabine, in cui la regista fa vedere come si è ridotta sua sorella prendendo questi farmaci per un periodo lungo vent'anni. Oramai, quei farmaci non riescono neanche più a eliminare l'aggressività, perché hanno tolto tutto ciò che c'era di buono ed è rimasta solo l'aggressività.
  Oggi come oggi, si continuano a fare cose che non devono essere fatte. C'è una specie di prassi per questi bambini, che prevede un'ora di psicomotricità e un'ora di logopedia alla settimana e che non è assolutamente giustificata alle linee guida. Ora, facciano le cose che devono essere fatte una logopedista o una psicomotricista non mi interessa, perché quello che si dice nelle linee guida è che occorre un'educazione speciale di questi bambini fin da piccolissimi, cioè prendendoli appunto più piccoli che si può, in modo tale che imparino quello che da soli non riuscirebbero a fare.
  Riguardo al sistema scolastico, anche se qualcuno si straccerà le vesti, vi dico a ragion veduta che, per i bambini con un Pag. 17ritardo mentale lieve o medio, è stato constatato dal mio collega professor Vianello che il nostro funziona meglio degli altri sistemi, dove i bambini si classificano in medio, super, sotto, che vanno nelle rispettive classi, e in bambini con disabilità che vanno nella classe speciale. In questo caso, non c'è più la scuola speciale, però c'è la classe speciale dentro una scuola normale. Questo sistema funziona bene per i bambini con disabilità mentale lieve e medio-lieve, invece, per i bambini con disabilità grave, nessuno ha mai dimostrato che questa cosa funzioni.
  Quello che manca in particolare ai bambini con autismo è la capacità di mettersi in relazione con gli altri, quindi di imitare gli altri. Questo è il motivo per cui è mettere un bambino con autismo, senza prima prepararlo, in una classe della prima elementare fa del danno al bambino e fa del danno agli altri.
  Sto combattendo per un bambino a Trieste che è stato buttato fuori da sei scuole diverse e che, oggi, ha quasi undici anni. Lo dico per dare l'idea di come in Italia le cose, se le osservi bene, non funzionano tanto.
  Possiamo pensare che, prima di immettere il bambino nelle classi normali, se riusciamo a fare una diagnosi precoce, abbiamo tre o quattro anni di tempo per prepararlo alla classe normale. Certo, anche preparandolo per tre o quattro anni di fila, non è mica detto che questo bambino diventi come gli altri, perché, a parte alcuni casi che sconfinano nel miracolo, per cui non si sa bene quale santo ringraziare, quelli che raccontano che riescono a guarire i bambini con autismo sono dei ciarlatani. Mi riferisco sia ai progetti Tartaruga, come quello di Roma, che dicono di guarirne il 25 per cento, sia all'omotossicologia per rimediare ai danni del vaccino. Poi, ci sono quelli che fanno la chelazione per i metalli pesanti, senza prima verificare che ci siano veramente i metalli pesanti in eccesso.
  La mia prima ricerca è stata fatta nel 1968 sul comprensorio di Modena e Reggio nell'Emilia, dove c'era realmente l'avvelenamento da piombo, ma quelli che fanno la chelazione ai bambini, che non hanno la quota di piombo o di mercurio e di tutti i metalli pesanti superiore ai limiti della norma a livello internazionale, fanno delle cose non solo inutili, ma dannose, oltre che costose, perché fanno pagare 100 euro senza IVA per ogni fleboclisi, che moltiplicate per dieci fanno 1.000 euro; questo, purtroppo, avviene oggi.
  Da un lato, ci sono ancora quelli che credono che sia la «mamma frigorifero» a determinare l'autismo del bambino. In realtà, basta guardare il 30 per cento di ragazzini con autismo che hanno l'epilessia, per capire che quella mamma dovrebbe essere veramente molto fredda, quindi non un frigorifero, ma freezer per determinare questi problemi che addirittura riguardano l'epilessia.
  Lo dico per darvi l'idea della follia dell'ultima caccia alle streghe del ventesimo secolo. Non dimentichiamo che, ancora oggi, c'è chi lo fa. Purtroppo, il passato non si dimentica.
  Per esempio, se voi leggete Il manifesto di cinque giorni fa, trovate un articolo in cui è detta chiara e tonda questa cosa. Ancora adesso si dice della «madre frigorifero» e ancora adesso si ha il coraggio di dire che il bambino con autismo non deve essere regolato, anche se chiaramente l'educazione speciale regola il bambino, perché è fatta apposta. Si dice che il bambino autistico non deve essere regolato perché si viola la sua personalità. Vi ho riferito di quest'articolo perché è uscito la settimana scorsa e perché non si tratta di un caso isolato, ma c'è dietro tutta una serie di persone, che essendo state formate dalla vecchia scuola, continuano a pensarla così, anche se magari non lo scrivono, perché hanno capito che è pericoloso. Questo giornalista che viene dalla Grecia, invece, lo ha pure scritto.
  In questa situazione, quale sia l'enorme quantità di risorse che si usano per questi bambini è visibile dalla relazione del Censis. Questi bambini hanno mediamente 25 ore, tra insegnante di sostegno, educatore e assistente alla comunicazione, in rapporto 1 a 1, senza contare il fatto che la classe con un bambino con disabilità, da 25 alunni, Pag. 18si riduce a 20, quindi c'è un enorme dispendio di mezzi che noi facciamo. Purtroppo, l'unica terapia oggi possibile, cioè l'educazione speciale, non è fatta dal medico, ma dall'insegnante di sostegno e dall'educatore, che noi mobilitiamo, anche se, purtroppo, non hanno i mezzi culturali per sapere che cosa devono fare.
  Ho fatto il master sull'autismo iniziato nel 2010. Il Ministero ha ripreso quest'idea e l'ha estesa a tutta Italia: ha fatto fare dei master sull'autismo, sulla cecità, sulla sordità e sulla mobilità mancante. Sembrava che questa fosse la chiave per risolvere il problema, ma adesso questo è stato messo in discussione.
  Il Ministero ha istituito gli sportelli per l'autismo, dopo un'esperienza fatta abbondantemente, ma adesso si torna indietro. Abbiamo notizie che il Ministero ha i fondi, ma non li usa più per fare questa formula, che è specifica per insegnare come si fa, perché, in merito, occorre formazione. Pensate che, nel 2002, la regione Marche ha investito 5 miliardi di lire per fare la formazione ed è così che si deve andare avanti, perché è inutile continuare a mettere tante persone che non sanno che cosa fare. Questa è anche una responsabilità del Parlamento. Adesso, abbiamo in mano i decreti applicativi della legge n. 107 del 2015, ma dobbiamo stare attenti perché si sta facendo veramente marcia indietro. Era stato immesso nella legge tutto il contenuto del disegno di legge AC 2444, fatto insieme alla FISH (Federazione italiana superamento handicap) e alla FAND (Federazione associazioni nazionali disabili), le due grandi federazioni per le persone con disabilità, ma adesso si sta tornando indietro.
  Credo veramente che da parte vostra ci possa essere un impegno in questo senso, per mantenere quella che erano state e che sono attualmente le conquiste, capendo bene che la politica può dare una direzione diversa, come ha fatto nella regione Marche nel 2002. Non sto inventando nulla, ma sto semplicemente dicendo che c'è una resistenza da parte di alcuni insegnanti che rende le cose decisamente difficili.
  Ci sono tante altre belle cose che si potrebbero dire, ma chiaramente non posso abusare del vostro tempo, quindi, semmai avete qualcosa da chiedere, rimango a disposizione.

  PRESIDENTE. Oltre a ringraziarvi a nome di tutti i commissari, vorrei farvi due precisazioni. Intanto, vorrei dirvi che i commissari non presenti oggi riceveranno il vostro materiale e gli atti delle vostre audizioni, quindi, anche se impegnati in altre Commissioni in questo momento, è come se fossero presenti. In secondo luogo, vorrei precisare che noi presenteremo i risultati di questa indagine conoscitiva con un evento che vogliamo organizzare e che sarà importante.
  Riteniamo, come abbiamo appreso dalle audizioni già tenute, che si parli forse troppo poco di alcuni aspetti di questo tema, per cui vogliamo essere il vostro altoparlante per la denuncia, che lei e il professor Cioni avete fatto oggi, ma anche i vostri colleghi prima di voi. Insomma, vorremmo realizzare questo evento, al quale vi chiederemo di partecipare e ovviamente di essere anche relatori, quindi vi anticipo di quest'evento anche a nome dei colleghi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

Pag. 19

ALLEGATO

Documentazione presentata dal professor Giovanni Cioni.

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30