XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 29 gennaio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROSTITUZIONE MINORILE

Audizione di rappresentanti dell'ECPAT-Italia Onlus «End Child Prostitution, Pornography and Trafficking».
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Nestola Fabio , consigliere, nonché coordinatore del centro studi ECPAT-Italia Onlus ... 3 
Scarpati Marco , vicepresidente dell'Ecpat-Italia Onlus ... 7 
Abo Loha Yasmin , segretario generale dell'Ecpat-Italia Onlus ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 
Zampa Sandra (PD)  ... 11 
Iori Vanna (PD)  ... 12 
Battista Lorenzo  ... 13 
Abo Loha Yasmin , segretario generale dell'Ecpat-Italia Onlus ... 13 
Scarpati Marco , vicepresidente dell'Ecpat-Italia Onlus ... 14 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'ECPAT-Italia Onlus «End Child Prostitution, Pornography and Trafficking».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, l'audizione di rappresentanti dell'ECPAT-Italia Onlus «End Child Prostitution, Pornography and Trafficking».
  Sono presenti all'odierna audizione il dottor Marco Scarpati, vicepresidente, il dottor Fabio Nestola, consigliere nonché coordinatore del centro studi, la dottoressa Yasmin Abo Loha, segretario generale.
  L'ECPAT, un'associazione nata come movimento e successivamente diventata Onlus, è sorta nel Sud-Est asiatico per contrastare il fenomeno del turismo sessuale. Oggi è presente in oltre settanta Paesi. L'impegno e la competenza hanno portato al riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, l'ECOSOC, attraverso il conferimento del ruolo di osservatore in materia di sfruttamento sessuale dei minori.
  Sappiamo che il fenomeno del turismo sessuale, di cui poi ci parlerete, è un fenomeno molto odioso, di cui ancora in Italia si parla poco, poiché è considerato un argomento tabù.
  Partendo, però, dal principio che discutere delle questioni è il primo passo per arrivare a risolverle, è importante, a mio giudizio, che si faccia il più possibile comunicazione su quello che viene definito, con un termine che a me non piace affatto, «turismo sessuale». Sono stata Ministro del turismo e in quella veste ho voluto darvi un sostegno con una campagna di spot sulle reti RAI che denunciasse questo fenomeno per farlo venire alla luce e renderlo noto alla gran parte dei cittadini.
  Mi auguro che talune iniziative possano essere riprese e che l'attuale Governo – noi lo faremo presente e sicuramente lo farò io in prima persona – possa sostenere il vostro lavoro, perché sono tanti milioni i bambini coinvolti da questo fenomeno. Do subito la parola ai nostri ospiti per la relazione, cui seguiranno le domande dei colleghi.

  FABIO NESTOLA, consigliere, nonché coordinatore del centro studi ECPAT-Italia Onlus. Nell'introduzione è già stato detto che il focus principale dell'attività di ECPAT è il turismo sessuale, con lo scopo di sanzionare l'attività anche degli italiani che commettono questo genere di reato all'estero. Per forza di cose, avendo rilevato il fenomeno anche in Italia, abbiamo analizzato anche il fenomeno del minore prostituito in Italia.Pag. 4
  Usiamo il termine «prostituito» e non «prostituto» perché il ruolo del minore è sempre e comunque passivo nella prostituzione. Per analizzare il fenomeno in Italia dobbiamo fare alcuni distinguo. In parte il fenomeno è sovrapponibile, in parte non lo è assolutamente con quello che accade nel Sud-Est asiatico, nell'America latina, nei luoghi conosciuti come destinazione del turismo sessuale.
  Vediamo quali sono le differenze. La prima differenza macroscopica è che in Italia si prostituiscono tanto minori immigrati quanto minori italiani, minori stranieri e minori italiani, minori stranieri non accompagnati e minori italiani. Si prostituiscono tanto minori di genere maschile quanto minori di genere femminile. La differenza maggiore con quanto accade all'estero è il terreno fertile nel quale prende vita e si sviluppa questo fenomeno.
  Se parliamo dei Paesi del sud del mondo dobbiamo per forza di cose parlare di un contesto di disperazione, di miseria estrema, di bisogno. Quindi, lì tutto gioca sulla forte asimmetria che esiste fra il turista che va all'estero (nordamericano, europeo), per il quale, in fondo, il costo di una prestazione sessuale ammonta a pochi denari, e le condizioni del minore, per il quale (spesso anche per la sua famiglia) si tratta di una somma rilevante.
  Questo non accade in Italia. In Italia non si può parlare di disperazione, non c’è questo scivolamento sotto la soglia di povertà. Come abbiamo visto, anche recentemente, gli episodi arrivati alla cronaca parlano non dico di classi privilegiate di reddito, ma comunque di redditi abbastanza dignitosi. Non c’è il bisogno di doversi sfamare, ma c’è spesso il bisogno dell'acquisto di generi voluttuari, o perlomeno la necessità di aumentare il tenore di vita di una famiglia già di per sé in condizione dignitosa. Quindi, non c’è questa dipendenza economica così forte, che è una delle caratteristiche peculiari del turismo sessuale all'estero.
  Inoltre, sarebbe importantissimo fare l'analisi della reazione delle vittime. Sempre di vittime si tratta, però per i minori vittime di prostituzione organizzata c’è – e come se c’è – il minore che chiede di essere salvato, che spera in un aiuto per poter uscire da questo giro.
  Va rilevato, però, che esiste anche la tipologia opposta, cioè il minore che non ha alcuna necessità di uscire da questo giro, il minore – se possiamo usare questo termine – imprenditore di sé stesso. Questa è la differenza maggiore che emerge con l'analisi del fenomeno all'estero.
  Anche – ma non solo – attraverso l'uso delle nuove tecnologie, quello che sarebbe necessario – sicuramente utile e io credo anche indispensabile – per tracciare i reali contorni del fenomeno è un'indagine approfondita per quello che riguarda i criteri di ingresso nel mondo della prostituzione. Esiste anche l'inizio per gioco, se lo possiamo definire così, per curiosità, per provare, laddove ha grande rilevanza il rapporto fra pari ? Quello che venti o trent'anni fa poteva essere considerato disdicevole, oggi non lo è più: «noi lo facciamo tranquillamente, perché non lo fai anche tu ?». Quindi, l'abbattimento di controllo sociale e di freni inibitori, soprattutto nel rapporto fra pari, porta a tentare questa esibizione di sé stesso.
  Parlavo prima delle nuove tecnologie, che sono fondamentali per questa distinzione. All'inizio, infatti, c’è anche la garanzia di impunità: si mostrano particolari del proprio corpo a sconosciuti, occludendo il viso, quindi c’è la garanzia dell'anonimato, la garanzia di non essere riconosciuti, per poi entrare in questo gioco, magari ottenendo in cambio delle ricariche telefoniche.
  Faccio una precisazione fondamentale: il focus di ECPAT è lo sfruttamento sessuale commerciale di minori. L'elemento commerciale deve essere presente nelle nostre sfere di competenza. Che poi si tratti di avere in cambio denaro, beni o servizi, con una gamma della merce di scambio ristretta, deve comunque esserci questo elemento: la ricarica telefonica o il paio di scarpe firmate. Questo è l'elemento che configura il reato della prostituzione o della pornografia minorile.
  Con la garanzia di impunità è facile l’escalation, perché si può passare dal far Pag. 5vedere particolari del proprio corpo, fino a rendersi riconoscibili e, all'ultimo step, alla richiesta di incontro. Anche qui, le variabili sono infinite e credo sia riduttivo parlarne oggi. Le variabili sono infinite perché l'interlocutore dall'altra parte, il signor «X», può essere un coetaneo della vittima, ovvero può essere una persona molto più adulta ma che si finge coetanea della vittima (sappiamo perfettamente che la costruzione di false identità è quanto di più facile possa esistere oggi con i social network) e rivelare solo in seguito la reale età; oppure, egli può fin da subito rivelare la vera età e mercificare questo scambio di immagini.
  Tornando ai fatti di cronaca recenti, va detto con estrema onestà che sono il 5 per cento di quello che accade realmente. Solo raramente il fenomeno arriva agli «onori» della cronaca – chiamiamoli così – e poi in tribunale. È il famoso discorso della punta dell’iceberg.
  Trattandosi di un fenomeno per sua natura illecito, è normale che il sommerso sia enormemente superiore a quanto riesce ad emergere e ad arrivare nelle aule di tribunale.
  Nell'episodio delle baby prostitute dei Parioli, per parlare di uno dei casi che hanno avuto maggiore eco mediatica ultimamente, era chiara la delusione delle vittime – che sono e rimangono tali – perché si era rotto il giocattolo, quindi la possibilità di accedere con facilità a soldi – appunto facili – alla fine era venuta meno.
  Una delle concause, quindi, è la percezione scarsa, o in alcuni casi nulla, di attivare un traffico illecito; una percezione che troviamo anche – questo è un dato interessante da analizzare – nelle dichiarazioni (scarse, perché il materiale sul quale si può lavorare è scarso) del reo.
  Anche per quanto riguarda i reati commessi all'estero, tra le giustificazioni che il reo tenta di dare, nei rari casi in cui è colto in flagrante e processato, vi sono affermazioni del tipo: «non l'ho picchiata, non l'ho costretta, non l'ho drogata, non l'ho stordita con l'alcol, era consenziente».
  Sappiamo che, in caso di rapporti sessuali fra un adulto e un minore, non può esistere il consenso, quindi si tratta solo di un alibi. Ma non è l'unico, ce ne sono anche di più crudi, ad esempio, laddove si dice: «non sono stato io ad adescarla, è stata lei che mi ha adescato». Anche questo è un principio giuridicamente insostenibile, ma, soprattutto nel sud del mondo – sebbene si stia sviluppando anche qui in Italia – dà il metro di valutazione di come si possa sviluppare, anche tra queste ragazze, una competizione per acquistare il cliente. È crudo dirlo, ma è così: la differenza fra avere un compagno per la notte o non averlo significa la differenza tra poter mangiare o non poter mangiare. Qui da noi la cosa non assume i contorni così drammatici ed estremi di questa necessità, di questa disperazione, ma – sempre in base ai dati di cronaca – è legata al desiderio di acquistare dei beni che sarebbe quanto meno difficile acquistare con la paghetta mensile.
  Si potrebbe aprire un altro fronte, quello delle famiglie che, vedendo i propri figli e le proprie figlie che hanno dei beni che il giorno prima non avevano, dovrebbero porsi delle domande. Tuttavia, questo è un altro fronte.
  L'ultimo tra gli alibi proposti dal reo è: «per me, in fondo, sono pochi soldi ma per quella famiglia sono importanti». Questo è l'alibi più grave – noi lo connotiamo così – perché l'obiettivo non è solo quello di sminuire la gravità del reato commesso, ma addirittura di sentirsi benefattore nei confronti della famiglia che ha usufruito di questi fondi.
  Abbiamo portato un suggerimento circa quello che potrebbe essere utile per connotare il fenomeno. Si tratta di alcuni punti da sviluppare, anche insieme. Nell'analisi delle dinamiche di ingresso nel mondo della prostituzione, il rapporto fra pari è importante perché quello che era disdicevole, o perlomeno da nascondere, fino ad alcune generazioni fa, oggi non solo non è più disdicevole, ma è anche addirittura da esibire nei confronti dei propri pari, come uno status, come un miglioramento raggiunto.Pag. 6
  Circa l'analisi delle cause palesi e latenti, qui ritorna lo sdoppiamento al quale facevamo accenno qualche minuto fa. Deve esserci una differenza tra i minori inseriti in un circuito, indotti dalla criminalità organizzata, in alcuni casi, ma purtroppo anche dalle proprie famiglie, in altri casi. Anche questo è emerso nei recenti fatti di cronaca.
  Oltre il caso dei Parioli, cito anche quello sviluppatosi tra Parma e Reggio Emilia, laddove, tanto per citare un caso, vi è un memoriale di una ragazza, con tutte le cautele dovute a un'istruttoria ancora in corso (qui accanto a me c’è l'avvocato della bambina).
  Vi sono, poi, i minori che decidono di intraprendere questa attività entrando nella prostituzione immediatamente, ovvero attraverso diversi step successivi: prima il messaggino, la ricarica telefonica, poi la conoscenza diretta e l'apertura di un giro. Il grosso spartiacque è il primo rapporto, ma una volta varcata quella soglia si perdono freni inibitori ed è più semplice ripetere quello che è stato tentato per la prima volta.
  Vi sono alcuni punti ai quali abbiamo già accennato, come la scarsa o nulla percezione del reato. Circa l'analisi dell’offender, bisogna sfatare alcuni luoghi comuni. È un dato di fatto, derivante dalle nostre analisi sia all'estero, sia nel nostro Paese: noi dobbiamo scollarci dall'idea del maniaco molto avanti negli anni e molto abbiente. Non è vero, purtroppo, perché si sta abbassando di molto l'età del sex offender che si rivolge a minori e non è necessario disporre di somme particolari. Le tariffe per le quali si arriva a vendersi sono, purtroppo, accessibili a qualsiasi fascia di reddito.
  Credo che alcuni dati siano abbastanza scontati, ma sarebbe importante fare delle proiezioni, in questo caso, per quanto riguarda, oltre la fascia di reddito, anche lo stato civile. Molto spesso le persone che usufruiscono di sesso con minori hanno una propria famiglia, hanno spesso dei figli della stessa età delle persone delle quali abusano, oppure addirittura ancora più piccoli. A questo si aggiunge l'ulteriore elemento delle fasce di età più basse, del ventenne, del venticinquenne. Doverosa è la quantificazione del fenomeno, cioè le stime di prostituzione minorile. È indispensabile parlare di stime poiché, essendo un fenomeno per sua natura sommerso, non si possono avere dati certi. Credo, però, che sia anche doveroso stimare il fenomeno per tracciare dei contorni reali, per non parlare del caso solo in occasione del fatto di cronaca particolarmente eclatante, per cui poi si fa il giro dei vari salotti televisivi, pomeridiani o notturni, e il giorno dopo, finita l'eco mediatica, non se ne parla più.
  Credo che si debba quantificare e che queste che abbiamo accennato debbano essere le divisioni, cioè per fasce d'età: la fascia d'età 0-12, la fascia d'età 12-17, con l'ulteriore divisione maschile e femminile.
  Per quanto riguarda la fascia d'età 0-12, potrebbe essere difficile credere che al di sotto di quell'età si arrivi alla prostituzione, al contatto; ma esiste un'altra vasta gamma di reati che riguardano minori, anche molto al di sotto dei dodici anni di età, ossia il commercio delle immagini pedopornografiche e dei filmati pedopornografici. Il pedofilo, come accezione stretta del termine, è colui che prova pulsioni sessuali nei confronti di un soggetto in età prepuberale. Pertanto, quando noi leggiamo la notizia che è stata sgominata una banda di pedofili, che faceva prostituire ragazze e bambine di 14-15 anni, in termini tecnici la notizia non è esatta. Per la brevità del titolo sul giornale si percepisce subito cosa si intende, ma il pedofilo, per essere definito tale, deve provare pulsioni per un soggetto in età prepuberale, che non deve essere entrato nell'età dello sviluppo.
  Quindi, cercare rapporti concreti o immagini o filmati di soggetti di 14-15-16-17 anni è un reato gravissimo, ignobile, ma non si può parlare di pedofilia in senso stretto.
  Quanto all'età 12-17, si cercano rapporti con soggetti in quella fascia d'età, ma bambine e bambini al di sotto dei dodici Pag. 7anni non sono immuni dal fenomeno, perché ci sono altri canali di diffusione delle loro immagini.

  MARCO SCARPATI, vicepresidente dell'Ecpat-Italia Onlus. Buongiorno. ECPAT è un'associazione che nasce in maniera molto strana: nasce come movimento e si oppone al turismo sessuale, ma immediatamente si modifica diventando un'organizzazione mondiale che si occupa di prostituzione minorile.
  Per intenderci, le tre conferenze mondiali organizzate sul tema della lotta contro la prostituzione minorile sono state co-organizzate da ECPAT International, che è presente quasi ovunque in Europa e adesso in tutti i continenti, con nuclei più importanti nelle zone dove la prostituzione minorile è più forte e l'esercizio più pesante.
  In Italia siamo nati parallelamente all'organizzazione mondiale e ci siamo subito occupati di fare da consulenti circa la legge prodotta nel 1998. Abbiamo collaborato col Parlamento allora e quando è stata fatta la riforma, dal 2003 al 2005, allorché ci fu la discussione sulla modifica di alcuni aspetti. Da quel punto di vista, noi stessi suggerimmo alcune modifiche al testo di legge precedente perché, in effetti, l'impatto con i tribunali aveva di fatto modificato l'applicazione della normativa e ancora adesso ci troviamo di fronte ad alcuni problemi della stessa.
  La normativa italiana è molto buona, onestamente. È una normativa anche all'avanguardia rispetto alle normative esistenti al mondo in materia di lotta contro la prostituzione minorile. Per intenderci, buona parte delle normative europee è stata fatta seguendo la falsariga della normativa italiana. Grazie al Ministero degli esteri la normativa italiana è stata poi trasformata in normative nazionali in Africa, nel Sud-Est asiatico e nell'America latina. In realtà, quindi, abbiamo avuto un buon influsso iniziale sulla trasformazione normativa.
  Ci sono, però, alcuni aspetti su cui la normativa italiana comincia a sentire il passo dell'anzianità. Lo sfruttamento sessuale dei minori dagli anni Novanta ai giorni nostri si è completamente modificato. Basti pensare che la normativa è nata dal 1996 al 1997, quando è stata elaborata, mentre Internet era ancora una realtà primordiale, laddove scaricare un'immagine da Internet significava stare un'ora ad aspettare che la foto dell'amico finalmente arrivasse ed era una follia ricevere anche dei brevi filmati, che in università ci spedivamo fra noi.
  Adesso, invece, inviare filmati, interi film o immagini pedopornografiche è di una facilità spaventosa, tant’è che la produzione che viene raccolta normalmente quando viene arrestato un fruitore di questi servizi è mastodontica. Raramente nel computer di un indagato o di un arrestato per questi reati si trovano meno di 10 mila immagini e centinaia di filmati: immagini che, fra l'altro, essendo noi consulenti di Interpol, per alcuni bambini ci raccontano della loro storia dalla tenerissima età fino all'uscita dall'interesse dei fruitori di questo materiale; filmati e immagini dai quali si vede fino a quanto tempo tali soggetti sono cresciuti e rimasti nelle mani degli sfruttatori.
  La normativa ha bisogno di continue modifiche perché di continuo viene modificato l'impatto dello sfruttamento sessuale. Inoltre, anche le logiche del cliente e della vittima si sono modificate. Il cliente di questi anni è un cliente diverso. Quando abbiamo iniziato la prima ricerca e abbiamo tirato fuori i primi dati, noi stessi non credevamo ai risultati. Dalla prima ricerca emergeva che stava diminuendo, in maniera molto pesante, l'età dei clienti. Quando ho studiato criminologia, ci hanno insegnato che i pedofili erano persone anziane, brutte, cattive, mostruose, ma in realtà io non ne ho mai visto uno con queste caratteristiche, nel senso che questi soggetti sono residuali rispetto a un nucleo molto più forte rappresentato, purtroppo, dai soggetti di 20-30 anni. Questo è allucinante.
  Nel caso cui si accennava prima, recentemente scoppiato a Reggio Emilia, di una bambina di quattordici anni e mezzo indotta a prostituirsi dalla mamma, tra i Pag. 8clienti interrogati c'erano clienti ventenni. Di fronte ai carabinieri molto perplessi che chiedevano loro come avessero potuto far ciò, trattandosi di una ragazzina palesemente giovane e visto che erano anche andati a mangiare un gelato insieme (quindi, non potevano non avere capito che si trattava di una bambina), un ragazzo di ventitré anni ha risposto che a ventitré anni non poteva certo andare con le vecchie, dimostrando così di non comprendere che ci sono dei limiti.
  Ebbene, non si comprende che c’è un limite molto semplicemente perché è in vendita e, in fin dei conti, è quasi lecito, poiché si ritiene che il pagare rende lecita la propria azione. Vengo alla questione del «pago». La legge italiana intendeva punire in maniera particolare coloro che inducevano il minore alla prostituzione e per indurre un minore alla prostituzione vi erano diversi modi. C'era lo sfruttatore tipico, quello che sfrutta il minore bellamente: io guadagno dalla tua compravendita, per cui una parte del reddito prodotto viene a me come sfruttatore.
  Esistevano però – erano stati creati in giurisprudenza, peraltro in casi che avevamo elaborato anche noi in giurisprudenza – gli induttori di primo grado, cioè coloro che inducevano per sé stessi. Mi spiego meglio. Se io sono un signore di cinquantacinque anni, il ragazzino o la ragazzina di quattordici anni con me non verrebbe, perché mi considererebbe vecchio, però io so di poter utilizzare un mezzo per diminuire la sua ritrosia. Il mezzo è quello di offrire una cifra tale per cui il minore modifica il proprio atteggiamento.
  I ragazzi hanno bisogno di soldi e le famiglie non sempre possono corrispondere la cifra di cui loro hanno bisogno, anzi fortunatamente, spesso decidono di non corrisponderla per educarli alla gestione dell'economia di una famiglia. Ebbene, è chiaro che se io offro molto, diminuisco la ritrosia del bambino o della bambina. Ovviamente, se offro un iPad o 400-500 euro, un ragazzino o una ragazzina di quattordici anni d'un colpo si ritrovano una cifra che è l'equivalente per noi di molti stipendi mensili: 500 euro equivalgono a 5-6 mesi di paghette. Dunque, la ritrosia che normalmente poteva essere molto più forte diventa così molto più flebile. Finora questo induttore, cioè il soggetto che pagava e pagando induceva una persona non in vendita, non altrimenti posta in vendita, a prostituirsi, era punito con la pena massima, cioè la pena dello sfruttatore, dell'induttore. Da ottobre, quando è stata pubblicata la relativa sentenza, le Sezioni unite di Cassazione hanno modificato completamente l'approccio della legge italiana, decidendo che per l'articolo 600-bis la parte che riguarda lo sfruttamento e l'induzione riguarda solo il terzo che sfrutta o il terzo che induce.
  In altre parole, se io pongo in vendita un bambino, io rispondo di sfruttamento; ma se io pago e induco un bambino che non era altrimenti in vendita a vendersi a me, non rispondo di sfruttamento ma del secondo comma, cioè del comma che riguarda solo il cliente.
  Il pregiudizio è sempre uguale, teoricamente, cioè è sempre un reato. In realtà, è un reato di levatura completamente diversa. La legge italiana scelse di punire il cliente con una pena molto bassa, che va da uno a quattro anni, quindi patteggiabile e riducibile per il cliente. Badate, io non ho mai visto un processo di un cliente, poiché di norma il cliente patteggia quando capisce che non c’è altra possibilità, ed è facile che non ci sia altra possibilità: c’è il suo numero che ha telefonato al telefonino della ragazzina o del ragazzino; ci sono le testimonianze della ragazzina; ci sono, a volte, anche immagini o magari il soggetto è stato seguito dai carabinieri. Insomma, il cliente viene beccato normalmente con una quantità abnorme di prove, quindi patteggia e con una sanzione meramente economica (di solito circa 4-5 mila euro) esce dal processo. Peraltro, se il soggetto ha pagato la sanzione, dal punto di vista penalistico, in caso di reato futuro, potrà fruire ancora di tutte le garanzie previste per non andare in prigione.
  Cito ora un esempio per farvi capire ancora meglio la sproporzione. Nel caso Pag. 9reggiano abbiamo il cliente numero uno, un signore a cui la madre della ragazzina chiede in prestito dei soldi, ma lui glieli nega, quindi le ricorda che ha una figlia di quattordici anni e che lui sarebbe disposto a darle tutti i soldi di cui ha bisogno ottenendo in cambio di andare a letto con la figlia. E così questo signore paga i suoi 400-500 euro a prestazione. La madre convince la ragazzina, la quale, convinta appunto dalla madre, si prostituisce con questo uomo.
  Ebbene, lui se la caverà con 4-5 mila euro di sanzione, lei prenderà 18 anni di prigione, che è la sanzione prevista. La sproporzione fra le due pene è mastodontica. Ora, non nego che una mamma che mette in prostituzione la propria figlia debba rispondere con sanzioni molto gravi; del resto, ha creato grave allarme sociale l'ipotesi che una mamma venda la propria figlia in prostituzione, ed è giusto che questa fattispecie sia sanzionata con una pena anche severa. Tuttavia, ictu oculi, è palese che la sproporzione enorme di sanzione penale tra la madre e questa persona che convince la madre a far prostituire la figlia e che per indurre la madre a convincere la figlia a prostituirsi paga cifre alte rispetto a quella che potrebbe essere la cifra di mercato di una bambina, renda non corretta l'interpretazione normativa.
  A mio parere, magari attraverso un'interpretazione autentica, che potrebbe arrivare con un decreto del Presidente della Repubblica o con una vostra normativa, che comunque diventa urgente, occorre correggere questo atteggiamento. È necessario far capire una cosa importante, che ci ricordava prima il dottor Nestola quando parlava del fatto che è scemata la capacità del minore di resistere alla dazione di denaro. Il rapporto sinallagmatico – ti do dei soldi-ti prostituisci – non è più così spaventoso come poteva esserlo venti o trenta anni fa. Adesso il ragazzino (la ragazzina) è molto interessato alla monetizzazione di qualcosa.
  Se noi non interveniamo per cercare di sanzionare maggiormente la condotta del cliente che conduce a sé il minore nella prostituzione alzando il prezzo della vendita, ovvero creandolo, a questo punto noi rimaniamo senza alcuno scudo nei confronti di questi minori. Se tutti noi avvertiamo che il cliente che va con una ragazzina o un ragazzino di quattordici anni è una persona la cui condotta è spaventosa, in realtà, dal punto di vista processuale non è tale, perché viene punito con una sanzione amministrativa inesistente, blanda.
  Fra l'altro, ciò va contro le logiche della stessa normativa, che prevedeva che occorresse ricordarsi perfettamente, quando si applicavano le sanzioni penali, di quello che dicono le convenzioni internazionali, ma va anche contro la logica degli altri Paesi europei e degli altri Paesi che, per stranezza, applicano la normativa che noi avevamo creato all'inizio.
  Dunque, succede che questi casi vengono puniti all'estero maggiormente che in Italia, dove la normativa è nata. Si tratta dell'articolo 600-bis del codice penale e della legge del 1998 che ha istituito questi reati. L'articolo 2 della legge in questione era stato molto previdente, ricordando che nell'applicazione delle normative, nelle interpretazioni, si sarebbe sempre dovuto tenere in considerazione ciò che dicono le convenzioni internazionali. Peccato che quell'articolo non è mai entrato nel corpus iuris dei codici, ma è rimasto nella legge. Pertanto, quando applicano l'articolo del codice, i giudici non sanno ciò che era previsto dalla normativa precedente, dunque sfugge loro l'obbligo di applicare le convenzioni internazionali.
  Finisco con un ultimo aspetto che riguarda – questo sì – il turismo sessuale, ricordando quanto sia fondamentale, in questi reati, la cooperazione giuridica internazionale. Si tratta di reati di crimine organizzato. I reati internazionali di crimine organizzato – ce l'ha insegnato il dottor Falcone – sono reati compiuti in parte all'estero e in parte in Italia, quindi occorre una forte cooperazione fra le varie forme di polizia e le varie magistrature per punire questi reati.
  Se non c’è cooperazione, se non c’è un dialogo comune, non si riesce a punire Pag. 10questi reati se non frammentandoli, però il reato frammentato diventa molto minore ed è molto diverso da ciò che è realisticamente. Una maggiore cooperazione ci aiuta a comprendere con più precisione qual è la tipologia di reati. Mi spiego citando un reato, quello dell'italiano che va all'estero e decide – cosa che in Italia non farebbe mai – di comperare bambine e bambini.
  Nelle ricerche che abbiamo fatto all'estero, gli altri ECPAT hanno verificato che i nostri compaesani non sono migliori né peggiori di altri, ma sono proprio come tutti gli altri: di norma, il maschio che va all'estero e che vuole entrare nel mercato della prostituzione minorile sta via due settimane e in quel periodo ha non meno di una dozzina di differenti bambini, quindi sa perfettamente come divertirsi e tanto. Ora, quando questa persona viene presa all'estero, quindi il reato è stato interamente compiuto all'estero ma, attraverso un po’ di corruzione o un po’ di furbizia si riesce a scappare e a tornare in Italia. La nostra normativa ha previsto la punibilità in Italia di questi reati compiuti all'estero, ma il problema è che il reato è compito all'estero, quindi le indagini e tutto il materiale vengono prodotti all'estero.
  Ora, vi è la necessità che tutte le garanzie processuali siano sempre garantite – ci mancherebbe altro, io faccio l'avvocato – e soprattutto a chi commette reati spaventosi; gli innocenti, essendo tali, non hanno bisogno delle garanzie, ma ne hanno bisogno i rei. Tutte le garanzie, quindi, dovranno essere concesse a chi commette il reato, ma che cosa vuol dire avere la testimonianza di un bambino che sta in Kenya o in Cambogia, se il reato è stato compiuto in quel Paese, e quindi la sua testimonianza non può essere facilmente portata in Italia, così come la cross examination della sua prova ?
  Ne deriva che buona parte di questi reati va in prescrizione in Italia, perché non si riesce a portare a compimento il percorso nel nostro Paese. Se vogliamo effettivamente punire questi reati, occorre aumentare la capacità della nostra magistratura di creare cooperazione e aumentare la capacità della nostra polizia di creare contatti con le polizie locali, soprattutto con le polizie di quei Paesi dove gli italiani si danno molto da fare, come la Thailandia e il Kenya. In Kenya siamo i primi clienti della prostituzione minorile maschile e femminile; in Thailandia siamo fra il secondo e il terzo posto; in Cambogia siamo ai primi posti e così in Vietnam; in Brasile e a Santo Domingo siamo ai primissimi posti.
  Cercare di realizzare una vera forma di cooperazione fra la nostra polizia e le polizie di queste nazioni può significare effettivamente reprimere questi reati e creare un minimo di timore in chi questi reati compie.

  YASMIN ABO LOHA, segretario generale dell'Ecpat-Italia Onlus. Sarò brevissima, visti i tempi, limitandomi ad aggiungere qualche elemento e a tirare le somme rispetto agli argomenti che sono stati portati.
  Trattandosi di un fenomeno sommerso, necessariamente deve essere analizzato con mezzi e strumenti che consentano, se non altro, di tracciare dei profili dal punto di vista sia della vittima, sia di chi commette questo genere di reato. Solo attraverso questo dato noi potremmo effettivamente mettere in moto anche dei meccanismi di prevenzione più che adeguati.
  Quello che emerge sin da ora, rispetto a questo spaccato che, in un modo o nell'altro, con i nostri limitati mezzi, siamo riusciti a far venire a galla, è sicuramente che la prima forma di prevenzione si deve mettere in atto necessariamente all'interno delle scuole. Questo resta l'unico punto di contatto che possiamo avere e l'unica modalità per poter contattare direttamente i ragazzi che, autonomamente o attraverso l'induzione da parte di un adulto, che appartenga o meno alla rete familiare, entrano in questi circuiti.
  L'altro elemento che sicuramente emerge è che spesso questi segnali non sono avvertiti dalle famiglie, che magari possono rendersi conto che i propri figli Pag. 11rientrano a casa con oggetti di un certo livello. Spesso e volentieri alcuni campanelli d'allarme vengono segnalati dalle scuole stesse. Il discorso della prevenzione deve necessariamente passare dalla formazione. Noi parliamo di sensibilizzare i ragazzi, educarli ed eventualmente rieducarli, ma sicuramente la formazione va fatta a chi entra in contatto con i ragazzi, primi fra tutti gli insegnanti.
  Noi abbiamo comunque un contatto diretto con alcune scuole – le poche con le quali riusciamo a collaborare – e spesso abbiamo notizie dai ragazzi che segnalano agli insegnanti, con gli insegnanti stessi che dicono loro di non dire nulla ai genitori e che ci penseranno loro. Quindi, c’è uno scollamento rispetto al sistema all'interno del quale si trovano i ragazzi.
  Rispetto a tutto quello che emerge, quindi, vi è la necessità di avere degli elementi che riescano a tracciare i contorni del fenomeno; diversamente, non è possibile fare un'azione efficace di prevenzione o perlomeno una prevenzione che passi attraverso una comunicazione condivisa per tutti.
  L'altro aspetto che va immediatamente, più di tutti, riattivato – qui ci troviamo di fronte a un'emergenza forse maggiore – è la trattazione di questi temi attraverso i media. Da una parte, sicuramente il problema è stato portato all'attenzione, ma al tempo stesso c’è una strumentalizzazione tesa all'innalzamento dello share, senza tenere conto di una serie di caratteristiche.
  Noi, più volte, siamo stati contattati, specialmente in occasione del caso delle ragazze dei Parioli. Spesso e volentieri ci veniva richiesto di portare in trasmissione (televisiva o radiofonica) delle testimonianze delle ex vittime. Questo non si può assolutamente fare. Le persone che hanno lavorato a contatto con le vittime sanno quanto possa essere doloroso riaprire questi spaccati. In questo discorso, che comprende formazione, prevenzione e sensibilizzazione, necessariamente va presa in mano una carta o, sebbene noi ci crediamo poco, una dichiarazione di intenti al fine di regolamentare ancora di più il rapporto dei media rispetto a queste problematiche. Se ci sono domande, siamo disponibili a rispondere.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SANDRA ZAMPA. Innanzitutto, vi chiediamo scusa per il ritardo, ma potete rendervi conto che è una giornata intensa. L'Assemblea dei grandi elettori è arrivata inaspettatamente rispetto al momento in cui è stato deciso di convocare questo incontro, quindi ci scusiamo per il ritardo (parlo anche a nome della collega Iori, che era insieme a me), benché il nostro interesse e anche la nostra preoccupazione nei confronti della questione all'ordine del giorno siano altissimi.
  Confidiamo sul fatto che ci lascerete del materiale, ma comunque avremo disponibile il resoconto di seduta. Eventualmente potremo approfondire la tematica – non so chi sarà il relatore del documento finale – anche sentendovi ulteriormente. Mi interessa molto questo aspetto che lei ha sollevato nel suo intervento, perché ho anche l'impressione che stia maturando un problema culturale molto grave, cioè che nel Paese questa stia diventando una cosa in fondo non così riprovevole.
  Naturalmente, il problema è reso molto più acuto da questo aspetto della inefficacia – per non dire di peggio – della giustizia, cioè di quanto non con sufficiente durezza sia censurato e punito un reato così abominevole. Sono molto colpita dalla morbosa curiosità con la quale i media approcciano questo tema e dal fatto che questo avvenga anche sulla televisione pubblica. Credo che questo, per noi che facciamo questo lavoro – e fino a quando lo facciamo abbiamo questo compito – debba essere un punto importante e debba essere sollevato in sede di rinnovo del contratto di servizio. Non credo davvero che si possa tollerare che la RAI mandi un messaggio enormemente semplicistico. Tuttavia, colpisce anche l'assenza di una reazione dell'opinione pubblica. Nell'episodio gravissimo delle baby prostitute dei Pag. 12Parioli, ha colpito molto il fatto che nel dibattito ci sia stato chi apertamente ha sostenuto che, in fondo, si trattava di ragazzine «grandine», che sembravano anche più grandi di quello che sono e che, in fondo, se a loro piaceva, non si capisce cosa ci fosse di male. Mi ha colpito che non ci sia stata la benché minima reazione rispetto a tali affermazioni. Così, secondo me, non c’è stata neppure una sufficiente reazione di fronte alle sentenze.
  Allora, è certamente vero che occorre rimettere mano alla legge e, a tal fine, già da un po’ sto lavorando. Magari possiamo anche approfondire e sentire i vostri consigli su questo. Tuttavia, occorre pensare a una cosa più importante, poiché ho l'impressione che per proteggere questi ragazzi, forse bisognerebbe cominciare a lavorare su di loro, per trasmettere un messaggio secondo cui non c’è nessuna cifra sufficiente per ripagare ciò che verrebbe loro tolto, né esiste nulla che possa convincere a cedere il proprio corpo. Si deve cominciare a lavorare sul concetto di cosa è il corpo, di che cosa rappresenta per un essere umano il proprio corpo, la dignità e il rispetto di sé stessi.
  Occorrerebbe forse – qui chiedo una vostra opinione – investire molto sulle scuole. Quando si arriva al punto in cui anche le madri cominciano a pensare «in fondo che cosa c’è di male», allora...
  In questa sede abbiamo ascoltato una magistrata, la dottoressa Melita Cavallo, la quale, tra le altre cose, ci ha spiegato – confermando ciò che anche lei ci diceva – che i genitori spesso non se ne accorgono, non si rendono conto. Vorrei capire se, da questo punto di vista, vi siete fatti un'opinione. Le famiglie sono disattente ? Non sono più in grado di capire che cosa sta succedendo ai loro figli ? Che cosa si è rotto ?
  A me ha stupito molto il racconto della magistrata Cavallo, laddove, in audizione, ci ha parlato di abiti firmati e costosissimi nell'armadio di una di queste ragazze, mentre la madre sembrava non essersi resa conto di nulla. Vorrei capire cosa pensate di questo aspetto.
  Lavorare sulla legge, se alla fine le famiglie sono ridotte al punto che non si rendono conto di cosa sta succedendo ai propri figli, forse presuppone la necessità di un altro intervento. Vi chiedo anche se abbiate nozione della quantità dei casi.

  VANNA IORI. Condivido pienamente quanto ha appena detto la collega Zampa, poiché anche io avevo pensato di riprendere l'audizione della dottoressa Cavallo, la quale ha messo in evidenza come queste ragazze, le baby squillo dei Parioli, se pure arrestate, non riuscissero a rendersi conto di che cosa venivano accusate. Anche questo, secondo me, è un aspetto molto importante per la prevenzione e la formazione. Non c’è solo il discorso del cliente, il quale ritiene che pagando abbia diritto al prodotto per cui ha pagato, ma c’è anche l'inconsapevolezza di queste adolescenti, le quali non si rendono conto della «sacralità» – lo dico laicamente – del loro corpo, che viene messo in vendita come un oggetto qualunque, o usato per comperare altri oggetti. Nel caso citato, queste ragazze usavano il loro corpo, come diceva prima la collega Zampa, per acquistare abiti firmati, borse firmate eccetera, che le madri non vedevano o fingevano di non vedere cosa ci fosse nell'armadio, credendo che si trattasse di uno «scambio» di vestiti e di borse con le amiche, così come le ragazze raccontavano loro.
  Secondo me, c’è un problema di prevenzione, formazione e sensibilizzazione che va oltre il colloquio sullo specifico oggetto. Sono due piani che devono andare avanti in parallelo: da un lato, una formazione specifica sul tema della prostituzione minorile, dall'altro una formazione di più lungo respiro, che riguarda appunto l'educazione, che nella scuola viene trascurata. Intendo dire che negli ultimi vent'anni abbiamo visto dare sempre più privilegio all'istruzione, quindi alla trasmissione di saperi e competenze, ma sempre meno all'educazione.
  Questo è, secondo me, il punto debole, il punto su cui faremo fatica a lavorare, anche disponendo di una legge perfetta, la migliore che possiamo concepire, se non Pag. 13prevediamo invece degli interventi di formazione, a partire sicuramente dalle scuole ma in particolare sulla genitorialità.
  Oggi i genitori vengono formati nei corsi pre-parto, laddove sembra che tutto si riduca alla fisiologia del parto. Fino a quel punto c’è l'accompagnamento genitoriale, ma quando il genitore va a casa con il suo bambino o la sua bambina si deve arrangiare, poiché nessuno più si occupa di lui e di che cosa significhi diventare genitori.
  Su questo mi piacerebbe sapere se voi avete delle esperienze positive da segnalare sul versante genitoriale o sul versante dei ragazzi, quindi sul versante educativo minorile.

  LORENZO BATTISTA. Grazie della vostra relazione e degli spunti che ci avete dato. Come emerge anche dalla vostra relazione, vorrei sottolineare alcune differenze. Parlare di prostituzione minorile è un conto, parlare di gente che si reca in questi Paesi per avere rapporti con minori è una fattispecie totalmente diversa.
  Non credo, come invece ha riferito la collega, che le ragazze non sapessero esattamente quello che andavano a fare, oppure che le madri ignorassero la presenza nell'armadio di vestiti firmati. Fingevano, magari. Ieri abbiamo visto il video di una persona che arrivava ai controlli con 28 chili di droga e sosteneva che qualcuno gli avesse messo questa roba nella biancheria. Il colpevole, ovviamente, si dichiara sempre innocente.
  Sono d'accordissimo quando viene sottolineata la necessità di affrontare questo argomento partendo dall'educazione. Anche pensando all'educazione sessuale nelle scuole, in alcuni Paesi viene portata avanti, mentre da noi è un tabù.
  Tuttavia, dobbiamo anche ammettere che la nostra società è totalmente cambiata negli ultimi anni. Penso, ad esempio, all'uso del cellulare. Io ho vissuto tranquillamente, non ne ho sentito la necessità, nemmeno nei primi anni della sua introduzione, mentre adesso, già a dieci anni, la madre stessa sente il bisogno di dare un cellulare al ragazzo, altrimenti non riesce a essere in contatto con il figlio.
  Penso, poi, a come si vestono oggi i giovani. Io sono relativamente giovane – ho 42 anni – ma, ricordando come vestivano i ragazzi e le ragazze alla mia età e vedendo come vestono adesso, non posso non notare che qualcosa è cambiato nella nostra società. Non voglio giustificare questi comportamenti, tutt'altro, però rispetto al discorso dell'educazione anche la società dovrebbe cambiare, non so se facendo un po’ di marcia indietro. Se lo stereotipo dei ragazzi è quello che vedono alla tv, con tematiche particolari che vengono affrontate anche in orari in cui la tv è facilmente accessibile a tutti, mi stupisco, ma fino a un certo punto.
  Poi vi è il discorso degli errori che vengono fatti in sede di formazione delle leggi, laddove come legislatori si dà la possibilità di interpretazioni diverse. Stando alla vostra segnalazione, il magistrato farebbe riferimento a un comma nel quale, invece, manca il richiamo alle convenzioni internazionali. Sicuramente è compito di noi legislatori correggere questi errori e penso che, anche grazie al vostro intervento, sicuramente ci sarà qualche iniziativa legislativa in questa direzione.

  YASMIN ABO LOHA, segretario generale dell'Ecpat-Italia Onlus. Rispondo più che altro alla domanda precedente in merito alla prevenzione. Seppur siano poche – per colpa di questo tabù a livello culturale – abbiamo tuttavia bellissime esperienze in termini di prevenzione. Aggiungo, però, che si tratta di eventi spot e che in realtà non riusciamo mai a fare un follow up.
  Parlo di belle esperienze perché noi siamo stati forse gli unici ad avere l'opportunità di formare, anni fa, circa ottanta ostetriche attraverso un corso di introduzione almeno ai quattro princìpi fondamentali della Convenzione sui diritti dell'infanzia. Inoltre, nel corso trattavamo, in termini più circostanziati, il tema della sessualità e dello sfruttamento sessuale, perché l'emergenza di allora era la presenza di coppie miste, con madri soprattutto straniere, quindi si poneva la problematica Pag. 14dell'eventuale traffico, dell'adultizzazione precoce, dei matrimoni precoci eccetera.
  Purtroppo, però, in una sorta di tentativo di follow up, allorché abbiamo ricontattato qualcuno dei partecipanti, è emerso come in realtà, nei corsi pre-parto o nei corsi che avviano alla prima genitorialità (cambiare il pannolino a un bambino, medicare il cordone ombelicale e così via), l'interesse termina una volta completati gli stessi. La preoccupazione da parte delle madri è di recuperare il peso che si aveva nove mesi prima, mentre, da parte del padre, di riuscire a prendere i permessi previsti. Questo è stato il risultato ottenuto in quell'ambito.
  Pur avendolo sollecitato, non è stato mai possibile fare percorsi con i genitori all'interno delle scuole nelle quali entriamo. Abbiamo, tuttavia, delle esperienze in termini di responsabilità sociale d'impresa, laddove, individuate delle aziende che decidono di introdurre questa politica – la tutela del minore in particolare da questo crimine – organizziamo degli incontri nei quali reindirizziamo i genitori, se non altro per limitare il danno rispetto all'utilizzo delle tecnologie contemporanee, invitando a porre attenzione rispetto a una serie di comportamenti che potrebbero essere segnali aspecifici relativamente a questi problemi. Comunque, anche in quel caso otteniamo dei risultati, perché i genitori ci ricontattano per avere del materiale e per provare a proporlo nelle scuole frequentate dai propri figli o, in altri casi, per passarlo ad altri genitori. Anche lì, però, il nostro intervento poi si interrompe.
  Per quanto riguarda gli interventi specifici nelle scuole, abbiamo contatti per la gran parte con i ragazzi che frequentano la scuola media (non le prime medie perché i ragazzi sono troppo piccoli, sebbene paradossalmente noi entriamo nelle quinte elementari). Nella scuola media si scopre un mondo piuttosto particolare. Quello che emerge, se volessimo tracciare un quadro della famiglia di oggi, al di là che possa essere monoparentale o famiglia allargata eccetera, è che è scomparso questo ruolo di guida, di controllo e di responsabilità, sostituito da quello di amico.
  Da questo deriva la difficoltà di rendersi conto che qualcosa che entra nell'armadio non è stato autorizzato, oppure è normale che entri. Diciamo questo affidandoci più o meno alla sensazione, perché i numeri sono molto scarsi. Abbiamo fatto un'indagine lo scorso anno e abbiamo i risultati dei questionari che sottoponiamo ai ragazzi, però, in realtà il campione è molto scarso perché la nostra difficoltà è entrare per parlare di queste cose. Educare ai diritti, a prevenire queste situazioni e fare un minimo di educazione alla sessualità sono argomenti tabù, quindi, difficilmente se ne parla.

  MARCO SCARPATI, vicepresidente dell'Ecpat-Italia Onlus. Risponderò molto velocemente perché c’è un problema di tempi. Purtroppo, i dati allarmanti riferiscono che i ragazzi con cui lavoriamo sono quelli che vivono questa realtà sociale. Avere in mano un computer, attraverso il telefono, che mette immediatamente in contatto con tutto il mondo, con un mondo che sessualizza molto la vita di ogni ragazzo e di ogni ragazza, aumenta la loro capacità di non comprendere con precisione quali sono i reali valori. Il corpo è un elemento di buona compravendita, di buono scambio.
  Vi è stata, in questi anni, una banalizzazione della sessualità e questo, ovviamente, ha modificato l'atteggiamento precedente, cioè la ritrosia di cui si parlava rispetto a questo tema.
  È anche vero che le famiglie sono molto distratte: se una figlia di quattordici anni dice al genitore che gli abiti che ci sono in casa glieli ha prestati una sua amica, questo ci può stare: che ne sa il genitore ? Se ogni tanto dorme da queste amiche, può essere che ne porti a casa gli abiti !
  Il problema è che tutto sfugge molto di più al controllo perché la realtà sociale sfugge al controllo. Capisco l'onorevole Iori, che avendo dedicato la vita alla realtà pedagogica, considera un problema corposo l'idea che la scuola si trasformi in mera istruzione e non in educazione.Pag. 15
  Credo anche, però, che occorra utilizzare gli strumenti che i ragazzi utilizzano molto, cioè Internet e la televisione. Anche quelli sono mezzi importanti. Io appartengo a quella generazione che si è molto formata attraverso la televisione; molti dei miei gusti e delle mie realtà politiche e mentali (difendere gli animali eccetera) sono nati perché vedevo in televisione che esisteva una realtà. Ci sono strumenti pedagogici molto importanti che noi non stiamo utilizzando, quindi se il pomeriggio si parla di prostituzione minorile, utilizzando immagini e toni che sono assolutamente strampalati, non parlando di bambine prostituite ma di baby prostitute, parlando di questo fenomeno come di un lolitismo strano, ponendo il focus sulla parte più scabrosa e non sulla parte penalistica (cioè è un reato), è ovvio che la comprensione della condotta come condotta di reato non entra nel ragazzo. Il ragazzo non ce l'ha il concetto specifico di reato o non reato. Il concetto di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato smette verso gli 11-12 anni e dopo va riformato.
  Probabilmente, proprio su questo occorre lavorare, convincendosi che questo è uno degli aspetti fondamentali. Un altro aspetto mi ricorda quello che mi insegnava mia mamma quando ero bambino: «se non riesco a convincerti che non devi mangiare la Nutella, la sposterò più in alto».
  Se non riesco a convincere i ragazzi che quella è una condotta da evitare, ebbene, rendo la punizione molto più severa. Io sono tutt'altro che un forcaiolo e odio l'ipotesi di pene severe e quant'altro; credo però che occorra creare un limite penale specifico, cioè far capire ai clienti che non è tutto lecito e che non basta pagare. Diversamente, perdiamo il concetto fondamentale di ciò che è illecito.
  Dentro tutti noi, dentro la testa di qualsiasi genitore, l'idea che uno paghi una ragazzina o un ragazzino di quattordici anni, se lo possa tenere e poi ne risponda solo con una sanzione, è qualcosa di rimarchevole, di impossibile. Ebbene, io credo che già solo si dovrebbe rendere punibile un po’ più severamente una condotta del genere, cioè fare in modo che uno tremi un po’ di più.
  Sapete cosa succede ? Lo dico da avvocato: vengo perseguito, pago, ma mia moglie non sa neanche che ho un processo, perché prima di andare al processo pago la sanzione e tutto viene silenziato. Ecco, forse creare un po’ più di allarme sociale sul cliente, cioè fare in modo che il cliente si spaventi dell'ipotesi che il suo nome possa uscire e che lui debba spiegare, per esempio a sua moglie o alla sua fidanzata, cosa ha fatto potrebbe servirci.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. È possibile che vi disturberemo una seconda volta, poiché gli argomenti sono tanti e il vostro parere è estremamente qualificato e qualificante. Grazie e complimenti per la vostra attività a nome di tutti i commissari. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.