XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 4 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROSTITUZIONE MINORILE

Audizione del presidente del Tribunale dei minorenni di Roma, Melita Cavallo.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Cavallo Melita , presidente del Tribunale dei minorenni di Roma ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 
Zampa Sandra (PD)  ... 9 
Cavallo Melita , presidente del Tribunale dei minorenni di Roma ... 10 
Zampa Sandra (PD)  ... 10 
Cavallo Melita , presidente del Tribunale dei minorenni di Roma ... 11 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 
Iori Vanna (PD)  ... 12 
Lupo Loredana (M5S)  ... 13 
Cavallo Melita , presidente del Tribunale dei minorenni di Roma ... 14 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15 
Cavallo Melita , presidente del Tribunale dei minorenni di Roma ... 15 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14,45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Tribunale dei minorenni di Roma, Melita Cavallo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, l'audizione del presidente del Tribunale dei minorenni di Roma, dottoressa Melita Cavallo.
  Da quando stiamo lavorando a questa indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, non c’è settimana nella quale, purtroppo, la cronaca non metta questo tema all'ordine del giorno (ricordo gli episodi della scorsa settimana a Ventimiglia e Genova). Ho informato la dottoressa Cavallo anche dell'attenzione che abbiamo rivolto ad altri temi, di cui certamente lei è autorevole esperta, dal cyberbullismo alle adozioni (lei è stata presidente della Commissione adozioni internazionali), dall'affido alle case famiglia.
  Infatti, pur vertendo l'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, penso che in occasione della sua presenza, potremo allargare la discussione anche ad altri argomenti. Se per lei va bene, quindi, potremmo cominciare con una sua riflessione sul tema della prostituzione minorile, in particolare, sulle dimensioni del fenomeno nel Lazio e sulle sue cause, individuando possibili soluzioni e modalità di intervento che sarebbe opportuno mettere in atto (potremmo, su tale versante, intervenire utilmente su taluni aspetti normativi). Seguiranno, poi, le domande da parte dei colleghi.
  Do quindi la parola alla dottoressa Melita Cavallo, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma.

  MELITA CAVALLO, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma. Grazie, presidente. Questo fenomeno esiste da sempre. Ho cominciato a lavorare nel 1971 a Milano e ricordo, già allora, fatti simili, quindi, si tratta di un fenomeno che è sempre esistito, ma che oggi è sicuramente più diffuso, emergendo in tutta la sua portata come molti altri fenomeni legati ai soggetti minori.
  Esso emerge di più perché vi è forse una maggiore attenzione, perché c’è il cliente che oggi sporge denuncia quando si trova di fronte ad una ragazzina evidentemente minorenne; perché c’è qualcuno tra i gregari, che in genere sono anche ragazzi che devono controllare l'appartamento e seguire i clienti, il quale, a un certo punto, non ce la fa più. Ho avuto un caso in cui uno di questi ragazzi maggiorenni si era innamorato di questa ragazzina e a un certo punto ha denunciato la situazione. C’è sempre qualcuno che segnala o che denuncia, altrimenti questi fenomeni rimarrebbero sommersi.
  Oggi le ragazzine indulgono maggiormente a prostituirsi con soggetti non solo maggiorenni, ma addirittura molto anziani. Pag. 4Lunedì scorso ho sentito una ragazzina che parlava con estrema disinvoltura del sesso orale che praticava: ogni volta, in dieci minuti, costei guadagnava 50 o 100 euro, a una seconda di come valutava l'età del cliente. Costei parlava con una disinvoltura al di là di ogni limite di tolleranza umana per chi abbia un minimo di sensibilità come persona, come donna, come madre. C’è una vera assuefazione, perché ormai il sesso non viene più visto come una volta, come l'espressione forte di un sentimento, di un'affettività, di un trasporto, ma viene slegato da tutto questo, quindi è su questo che bisogna puntare per cercare di modificare, tamponare, ridurre e risolvere il problema, perché l'affettività non si connette più al sesso: queste ragazze riescono a parlare in questo modo così slegato da ogni contatto umano anche con me.
  Le cause sono da ravvisarsi non tanto nella famiglia, perché la famiglia ha un'importanza capitale nell'educazione, ma queste ragazzine sfuggono ed è sufficiente che una compagna dica a un'altra di avere guadagnato abbastanza per comprare il giacchino corto visto in vetrina, convincendo l'amica che anche lei potrebbe comprarselo tranquillamente facendo sesso due volte in un pomeriggio, perché quella cominci a incassare 100, 200 o 300 euro, fino a decidere di andarci ancora (tanto la madre non si accorge di nulla e la crede andata dall'amica a studiare).
  In genere, queste ragazze non sono mai da sole: c’è sempre qualcuno che sfrutta o che, anche senza prendere una tangente, incassa una commissione che lo qualifica come sfruttatore. C’è insomma qualcuno che organizza il giro all'inizio senza prendere soldi e poi comincia a prenderli.
  In tribunale abbiamo deciso casi esclusivamente di ragazzine minorenni rumene, sfruttate da ragazzini minorenni rumeni, però che facevano capo a rumeni adulti che organizzavano il grosso traffico. Negli ultimi sei anni abbiamo avuto una decina di casi, sempre di soggetti rumeni. Purtroppo, l'ingresso della Romania in Europa ha determinato una serie di situazioni difficili che noi attenzioniamo in tribunale: un grande numero di casi in carico al Tribunale per i minorenni riguarda soggetti provenienti da famiglie rumene.
  Esistono tante famiglie rumene ottime, però, gran parte dell'utenza del Tribunale per i minorenni di Roma è costituita da famiglie a categoria mista: italiano-rumena, rumeno-italiana o solo rumena. Purtroppo sono famiglie che hanno grossi problemi la cui risoluzione non è facile.
  Tornando alle ragazzine minorenni, credo che l'immagine che la società promuove di donna esile, ben vestita, ben truccata, sia qualcosa che tutte le ragazzine, dagli undici anni in su, vogliano emulare. Per questa ragione, quindi, abbiamo fenomeni come l'anoressia da una parte e la depressione dall'altra (si segnalano ragazzine depresse nelle scuole medie e anche nelle scuole elementari). Succede, quindi, che per raggiungere quell'abbigliamento, qualcuno ti dia un «là», al quale, se rispondi, ti ritrovi poi immersa in quel fenomeno.
  Nella letteratura contemporanea ci sono libri di ragazze che propongono il modello di piccola prostituta. Se opere come «Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire» capitano nelle mani di una ragazzina, possono essere un modello, perché non c’è alcun messaggio che avverta circa il fatto che c’è qualcosa di sbagliato: è la descrizione di una ragazzina che si concede per soldi, così come nel film francese Giovane e bella, che è la storia di una piccola prostituta. Anche prima ci sono stati dei film su questo tema, però essi davano un messaggio pseudo-educativo o educativo, mentre adesso viene offerto solo uno spaccato che ci mostra il fenomeno così com’è.
  Le ragazzine, a quella età, sentono il bisogno di emulare, vogliono un modello, quindi, se sono in una situazione di ristrettezze economiche, di abbandono educativo da parte dei genitori, di abbandono anche della scuola, perché non scegliere quel modello ? Anche la scuola, infatti, dovrebbe accorgersi che una ragazzina comincia a vestire in un certo modo piuttosto Pag. 5che in un altro, ad essere distratta, assonnata o ad avvertire mal di stomaco. Tuttavia, io non colpevolizzo molto né la famiglia né la scuola, posto che se queste situazioni potrebbero essere imputabili anche a loro, ma non sempre è così.
  Lo scorso anno, ad esempio, ho conosciuto una famiglia che tutti hanno sempre considerato positivamente, che ce la metteva tutta nell'educazione dei figli. La ragazzina ha cominciato dapprima con un comportamento trasgressivo, restando fuori casa di notte e poi si è ritrovata incinta. A quel punto si è accertato che questa ragazzina aveva rapporti, più o meno continui, con un gruppo di ragazzi nelle vicinanze della stazione, in un piccolo appartamento.
  Madre e padre sono venuti da noi a chiedere cosa fare, a chiederci sostegno e di parlare alla figlia: non era una famiglia dimissionaria dal proprio ruolo, bensì una famiglia che ce la metteva tutta, eppure è accaduto. La famiglia, quindi, può essere responsabile ma non è sicuramente la sola responsabile.
  Anche la scuola può dare messaggi, però, se le scuole italiane sono piene di classi di 28/ 30 alunni, vi dico – sono nata insegnante e ho cominciato a insegnare prima di fare il giudice minorile perché mi piaceva tantissimo il rapporto con i ragazzi – che non si può insegnare a 30 alunni e capire, di ciascuno, il percorso di vita, la condizione familiare, la personalità: non ci si riesce in poche ore e con tanti ragazzi !
  Se si volesse davvero arrivare a comprendere i problemi di un ragazzo, quindi, le classi non dovrebbero assolutamente superare i 20 alunni. Questa è la mia idea e credo di averla detta anche trent'anni fa in sedi come questa, perché la formazione avviene proprio nelle scuole elementari e medie, dove non ci sono i tanti insegnanti del liceo e, se un insegnante ha un numero ridotto di alunni, forse riesce a capire la storia di questo ragazzino, ad accorgersi quando costui comincia a cambiare e perché è cambiato.
  Dodici o tredici anni fa ci fu un caso che interessò i media: un bambino venne ucciso e il cadavere venne fatto sparire da un abusante. La maestra dichiarò di aver visto che questo ragazzino cominciava ad avere soldi in tasca – 50 o 100 euro – offrendo spesso ai compagni, ma allora mi chiesi perché proprio l'insegnante non avesse fatto qualcosa.
  Il ragazzino fu ucciso dal suo abusante – un vicino di casa – e il corpo fu nascosto. Il caso avvenne nella provincia di Napoli – non ricordo bene se a Casoria – ma suscitò molto interesse e spinse ad interrogarsi.
  La scuola può anche avere le sue responsabilità, ma non si può pretendere che sia la scuola a educare 28/30 ragazzi, con insegnanti che si alternano: non si può chiedere questo alla scuola. Piuttosto, si potrebbe chiedere che nella scuola ci sia un’équipe di psicologi, di psichiatri, di pediatri, con un suo staff presente nelle classi, che non abbia solo la sua stanza dove qualcuno va ogni tanto – perché il ragazzo che ha dei problemi non lo vuole mostrare – ma che sia comunque presente per educare al mezzo informatico: il cyberbullismo nasce anche da qui.
  I nativi digitali sono nati nell'epoca digitale, quindi sanno utilizzare il mezzo meglio di noi adulti, perché anche a 6/7 anni sanno utilizzare tutti i tasti e arrivare dovunque. Sono ragazzi che apprendono informazioni da Internet, seguono, rispondono, chattano, vanno nel mondo, hanno profili diversi e rispondono a persone senza scrupolo.
  Questa, quindi, è una realtà e non possiamo impedire che il ragazzino vada su Internet o dire ai genitori di non mettergli il computer nella stanza, perché egli utilizzerà il computer del compagno, pagherà per utilizzarlo negli Internet point. Bisogna, invece, educare i ragazzini, sin da piccoli, al fatto che Internet è un mezzo potente, da utilizzare in un certo modo, che è una grande opportunità per tutti noi ma che dobbiamo saperla usare perché, se cadiamo in alcune reti, entriamo in una situazione di rischio estremo, dalla quale potremmo non uscire.
  Deve essere mostrato in tempo utile ai ragazzi il rischio in cui si può cadere e Pag. 6cosa può accadere, così come nel caso della droga. Alcuni anni fa ho visto come si modifica il cervello di una persona che comincia ad assumere droga. Penso che se quell'immagine fosse diffusa in tutte le classi, il ragazzino a cui in discoteca viene offerta una pillola per resistere fino alle due del mattino non la prenderebbe, perché ricorderebbe quell'immagine che colpisce fortemente.
  Nelle scuole deve esserci, a mio parere, un’équipe che entri in classe in determinati momenti e spieghi determinate cose, un équipe a cui un ragazzino possa rivolgersi per capire meglio e non perché ha qualche problema.
  Per me che vedo centinaia di persone in un mese, madri e figli, questi ragazzini cadono nel cyberbullismo per una sola motivazione: oggi, nell'educazione impartita dalla migliore famiglia possibile, dai migliori genitori possibili, non c’è un limite, cioè il limite diventa sempre contrattabile, sin da quando il bambino è piccolo.
  Quindi, se un ragazzino è cresciuto senza avere un limite definito (qui non si entra, non si toccano i fascicoli di mamma sul tavolo, non devi entrare nello studio di papà che sta lavorando se non dopo che ha finito e via dicendo), un limite che si deve dare sin da piccoli, perché lo si deve introitare sin dall'infanzia, il risultato sarà che non ci sono più limiti. Pertanto, anche nell'attacco al ragazzo più fragile, non c’è più un limite.
  Quello che oggi chiamiamo bullismo – lo sfottere, il prendere in giro – è sempre esistito. Anche quando io ero ragazza, alla medie o al liceo, c'era sempre la persona presa un po’ in giro, ma non appena si verificava in lei un moto di sofferenza, ci si fermava tutti. In pratica, c'era sempre qualcuno che, in tali situazioni, diceva: «non te la prendere, abbiamo scherzato, andiamo a prendere un cornetto. In altre parole, il limite c'era. Oggi, invece, tale limite non c’è più. Quando si vede un ragazzo che soffre, il gruppo incita a dargli addosso in modo ancora più forte, perché lo si deve proprio annullare, annientare, distruggere. C’è colui che capeggia – il leader – e ci sono gli altri spettatori che rinforzano, e anche chi non vorrebbe fare il bullo o non fosse d'accordo, non è in grado di dire basta, perché farebbe la figura di chi non ce la fa, divenendo la vittima successiva. Anche costui, quindi, non è in grado di reggere di fronte a l'incalzare della situazione di aggressività, di trasgressione, di prevaricazione verso il ragazzo più fragile.
  Questo è ciò che emerge dai racconti dei ragazzi. Una volta una madre è venuta a chiederci chi dovesse denunciare perché al figlio chiedevano sempre soldi e lui li rubava (egli sottraeva denaro dal portafoglio suo e della nonna). A quel punto, il gruppo gli ha chiesto di denudarsi e di mostrare il suo organo genitale. Questo ragazzino ha sempre subìto e ha poi raccontato. Chiaramente, l'ho mandato presso la procura ordinaria, però, visto che la mamma me lo aveva portato, l'ho anche ascoltato per capire meglio i fenomeni di cui era stato vittima. Questo ragazzino, con un volto di sofferenza estrema, piangendo, mi ha spiegato come non sia riuscito ad opporsi alle vessazioni perché erano in tanti e nessuno lo aiutava. La sofferenza di quel ragazzo, quindi, non era imputabile ad uno solo, ma a tanti che lo vessavano.
  Tutto questo avviene perché non c’è un limite, mentre ogni genitore deve saper dare un limite a propri figli piccoli nell'educazione, così come ai più grandicelli, al preadolescente e all'adolescente: se non hai mai dato un limite, non puoi far ciò al bambino adolescente, perché non lo accetterà. Piuttosto, costui resterà fuori, fumerà le canne, prenderà la coca, metterà incinta una ragazza di 13-14 anni e non riconoscerà più l'autorità (quella che oggi chiamano responsabilità e che i genitori non hanno saputo esercitare).
  Le cause, quindi, sono tante, ma sono soprattutto nella società, nei media, nei libri che circolano, nelle immagini dei giornaletti porno, nella pornografia su Internet. Nella preadolescenza, il ragazzo tende ad imitare, trasgredire: anche noi Pag. 7siamo diventati maturi trasgredendo, ma nella possibile sfera di autonomia e libertà, cioè non violando valori.
  Oggi si dice che i valori non esistono più e che sono stati sostituiti da pseudo-valori. Le famiglie sane sono tante, però aumenta la famiglia disfunzionale, aumentano i ragazzi difficili, i ragazzi vittima di situazioni molto pregiudizievoli. Una cosa che aumenta tantissimo e che mi spaventa, perché non ci sono risposte, è il disturbo psichiatrico dei ragazzi.
  Non so come sia potuto accadere, però, rispetto al 10 per cento degli anni ’70 o al 20 per cento degli anni ’90, oggi l'80 per cento dei ragazzi che trattiamo – cioè un'utenza difficile, di svantaggio – ha disturbi psichiatrici anche gravi per cui non ci sono risposte.
  Se cerchiamo una comunità contenitiva per alcuni casi – a volte ce n’è bisogno – questa non c’è. Alcune di queste realtà sono al nord, in Toscana e in Lombardia, ma sono pochissime, con costi altissimi, perché se c’è lo psichiatra h24, il costo è di 300 euro al giorno. Naturalmente, Roma non può pagare queste cifre, quindi questi ragazzi sono tutti liberi e a rischio di commettere azioni gravi contro se stessi (suicidio) o contro gli altri (aggressività, fughe, trasgressioni terribili anche sotto il profilo sessuale).
  Mi confronto sempre con gli altri colleghi sulla loro realtà territoriale e tutti mi dicono che anche nei loro territori questo disturbo psichiatrico è presente in tantissimi ragazzi. Questo fatto ci deve preoccupare, perché se si va a leggere il vissuto di questi ragazzi che oggi mostrano disturbi bipolari o della personalità, si constata come nella loro storia pregressa ci siano i segnali di rischio e di difficoltà di cui vi parlo, ma tali segnali non sono stati riconosciuti o segnalati.
  Oggi, quindi, abbiamo tanti ragazzi sofferenti, che nelle loro famiglie sono in difficoltà. Le famiglie, d'altro canto, sono in maggiori difficoltà perché i figli aggrediscono i genitori, rubano in casa, fumano, si «fanno», bevono: in Italia è aumentato l'alcolismo, una piaga che prima non esisteva e tanti ragazzi si drogano. Insomma, vi è una situazione grave.
  È vero che non tutta l'Italia è così e che noi vediamo in particolare la sofferenza giovanile, però vi dico che questa sofferenza è in aumento, così come il numero dei ragazzi che soffre. Noi, come giudici per i minorenni, possiamo fare ben poco: a dover fare qualcosa è questa società, la quale ha prodotto questo malessere e deve quindi reagire con forza per cercare di ridurlo, evitando che bambini di 3-4 anni diventino anche loro ragazzi a rischio, solo perché magari hanno fratelli a rischio.
  La coppia italiana fa ormai pochi figli (1 o 2) e non si sposa più, però abbiamo molte famiglie straniere, in particolare rumene, che sono in Italia e sono ben radicate (vi sono poi anche famiglie di altre nazionalità che fanno molti bambini e che sono residenti). Dobbiamo quindi cercare di aiutare queste donne, che hanno già figli adolescenti problematici, a non avere poi, tra cinque, sei, sette o dieci anni, altrettanti ragazzi difficili, perché l'esempio dei fratelli maggiorenni resta molto forte.
  La società deve fare qualcosa e deve prendere atto del fatto che ci sono tanti ragazzi con problemi psichiatrici, che assumono droga, che se all'inizio è possibile intercettare e fermare, poi, dopo dieci anni, è troppo tardi. Ho verificato personalmente che non puoi recuperare qualcuno dopo quindici anni di eroina: bisogna intervenire all'inizio.
  La scuola non può non accorgersi che un certo ragazzo si «fa» di qualcosa (canne, cocaina). Tuttavia, ci sono situazioni di ragazzi che frequentano le scuole superiori dove nessuno della scuola ha mai segnalato alcunché. Adesso cominciano a segnalare molto gli ospedali, i quali prima non segnalavano. Si segnalano, per esempio, ragazzini, magari percossi perché si sono «fatti», in quanto spesso il genitore ha l'unica reazione di picchiarli. Questa, però, non è sicuramente la via giusta.
  Rispetto a dieci anni fa, quindi, gli ospedali segnalano, ma le scuole no. A volte alcune insegnanti mi hanno chiamato, Pag. 8perché magari amiche di una mia collega – ma hanno riferito che la dirigente stessa non voleva fare delle segnalazioni perché la scuola avrebbe perso credito. Potrei citare tanti esempi di scuola che non ha segnalato producendo gravi danni nei ragazzi.
  Bisognerebbe inserire nella scuola un’équipe in grado di far capire che le segnalazioni vanno fatte, che fare una segnalazione non significa nuocere alla famiglia o al ragazzo, bensì attivare un possibile percorso di aiuto: il Tribunale dei minorenni entra in gioco non come macchina giudiziaria per stritolare, ma per aiutare. Naturalmente, può esservi un allontanamento, ma ciò può essere salvifico. Possiamo anche sbagliare ma, sicuramente, di fronte a situazioni così tragiche l'errore diventa minimo.
  Bisogna stare attenti anche alle immagini trasmesse dalla televisione o ai film, perché oggi siamo in una situazione difficile e tutti devono avere una maggiore attenzione. È vero che i ragazzi stanno davanti alla televisione anche la notte, però, almeno in certe fasce orarie, bisognerebbe non trasmettere determinate cose (o, perlomeno, anche quando si trasmette una notizia non bisognerebbe indulgere più di tanto, fornendo particolari troppo scabrosi, perché questo fa male a un ragazzino).
  Ormai i ragazzini e le loro mamme vivono con la TV sempre accesa: il ragazzino può anche studiare ma poi passa davanti alla TV o magari viene allertato da qualcosa e va a sentire di che si tratta. L'età tra gli 11 e i 13 anni è un'età difficile, in cui si vuole scoprire tutto. LA crescita si è anticipata: quando ero ragazza io, questo sentimento di scoperta veniva più tardi, mentre oggi, già a 10 anni, i bambini sanno tante cose, quindi bisogna raggiungerli in tempo e non proiettare immagini estremamente scabrose.
  Un ragazzino che viene messo davanti a un film con immagini di sesso molto hard è un ragazzo esposto a situazioni di rischio: egli vuole esplorare, capire e quando troverà la ragazzina che a sua volta vorrà capire, avremo un problema, come nei casi di quelle ragazzine che a 12-13 anni sono rimaste incinta (di seguito, poi, il problema del genitore che vuole farla abortire ma magari la ragazzina ha paura dell'aborto).
  L'anno scorso, in estate, ho avuto una ragazzina che era indecisa se abortire o meno. Era una ragazza difficile, con genitori separati (lui alcolista, squilibrata la madre). Era una ragazzina con grossi problemi, incinta e incerta sul da farsi. Noi l'abbiamo sostenuta ma, quando è andata ad abortire in un importante ospedale di Roma, ha trovato una dottoressa che le ha chiesto: «vuoi che faccia a pezzetti il tuo bambino ?». Lei, inorridita, è scappata !
  In tutti questi fenomeni, conseguenza di un sesso precoce, soprattutto con le ragazze ci vuole molta competenza e molta delicatezza. Al contrario, nel caso citato, la ragazzina mi ha dichiarato che questa frase l'aveva sconvolta e che quindi non ha abortito. Personalmente, sono contraria all'aborto ma, in quel caso, questa ragazza aveva tanti problemi e forse, se lei lo avesse scelto liberamente, tale strumento poteva essere una soluzione: adesso le è accaduto di tutto e quindi comincia un'altra esistenza difficile.
  Quindi, se mi si chiede cosa fare, propongo di introdurre nella scuola una sorta di équipe che possa spiegare l'importanza del mezzo informatico e la pericolosità del suo uso per certi versi, al fine di fare quella che alcuni definiscono – io non so come chiamarla – educazione al sentimento, per far comprendere che il sesso slegato da un sentimento, da una simpatia, da un trasporto non ha senso. Un sesso di tal guisa può avere solo un certo tipo di senso, che non è quello giusto e che non porterà mai al benessere personale di una bambina, né di una ragazzina, di un'adolescente o di una donna, soprattutto per quanto riguarda i preadolescenti.
  Una lezione, una conversazione, un approccio su questo potrebbe servire, perché un incontro non trasforma i ragazzi o li fa porre diversamente, però li richiama a pensare, specialmente se ciò è fatto da Pag. 9una persona che ha esperienza, che crede in quello che fa e ci mette l'anima. Quando il messaggio viene da una persona competente, che si pone in sintonia con i ragazzi per trasmettere loro qualcosa in cui crede, i ragazzi ascoltano.
  Ho avuto più volte riprova di questo da alcuni uomini che ho incontrato e che ricordavano parole dette loro da me 20 o 25 anni fa, quando erano ragazzi. In realtà, i ragazzi in crescita, anche se hanno disprezzo degli adulti che conoscono (magari perché non hanno avuto fiducia in loro o perché li hanno traditi) sentono quando una persona è nella posizione di aiutarli e la ascoltano.
  Credo, quindi, che una persona capace possa trasmettere il messaggio secondo cui il sesso non deve essere svincolato, dovendo invece rispondere a un trasporto, che può esserci anche in giovanissima età, anche a 14 anni, ma solo in certe forme e non certo previo pagamento o perché comprato da una prostituta: quel sesso non aiuta nessuno e se fa guadagnare del danaro, non ci darà la felicità, pesandoci addosso, prima o poi, come un macigno.
  Le cause, quindi, sono tante e su queste cause è difficile oggi intervenire, perché i media sono i veri padroni di tutto: sicuramente c’è il giornalista più attento e c’è quello più spregiudicato, quello che tradisce l'intervistato e quello che gli rimane fedele, così come ci sono persone corrette e scorrette.
  Sui media è difficile intervenire: scrivere un messaggio sul giornale è inutile, perché nessuno lo legge. Oggi i giornali si leggono molto poco: tutti leggono le notizie in Internet e i giornali stanno riducendo la loro tiratura. Credo molto, invece, in una équipe presente in ogni scuola, selezionata con serietà, magari anche a poco prezzo.
  Oggi i ragazzi sono diminuiti, tanto che nella scuola elementare comunale di mio nipote, l'anno venturo, non ci saranno più le 5 o 6 classi di prima, ma solamente 2. In Italia i bambini diminuiscono, per cui mi chiedo perché non fare classi con un minore numero di alunni. Questo sarebbe molto importante perché se una buona insegnante vuole lavorare con un numero congruo di ragazzi, ciò significa dare di più, conoscere di più, mentre con tanti alunni non si riesce a seguire tutto: non è umanamente possibile.
  Adesso sembrerebbe che il nuovo Governo, finalmente, voglia dare rilievo alla scuola e all'istruzione. Pertanto, auspico che in questo programma, visto che si parla di scuola e che il Presidente Renzi è andato a Treviso presso una scuola, si dia alla scuola un équipe di sostegno per le situazioni difficili e si faccia in modo che un insegnante possa avere un numero adeguato di alunni: non più 30 ragazzi, con i quali non si fa niente !
  Oggi sono pochi i ragazzi che escono dalle scuole veramente preparati, che sanno leggere e scrivere. Anche nel mio ufficio ho persone laureate, con tanto di master, che non sanno scrivere: non è possibile che un ragazzo esca dall'università senza saper scrivere in italiano, come invece avviene.
  Poi ci sono i ragazzi che sono seguiti molto anche a casa, che parlano in italiano a casa e che leggono. Inoltre, si impara a scrivere bene anche leggendo dei buoni libri. Credo che ci siano ragazzi che leggono buoni libri, ma sono un numero sempre più ristretto. Non solo, anche i libri che vanno per la maggiore e vincono dei premi sono spesso scritti in un italiano pessimo, quindi, se si leggono quelli, si impara quel tipo di italiano ! Mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. La ringraziamo, abbiamo seguito con attenzione la sua lunga illustrazione, che è stata molto interessante. Do ora la parola alle colleghe che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  SANDRA ZAMPA. Intervengo innanzitutto per ringraziarla della grande passione dimostrata sul tema e che, ad ogni occasione, lei è capace di trasmettere anche a chi non condividesse le sue considerazioni.
  Si comprende con quanto amore lei svolga la sua professione e credo che, se tutti facessimo così, probabilmente non Pag. 10dovremmo porci quella domanda tremenda che lei ha formulato all'inizio: come abbiamo potuto ridurci così ?
  Naturalmente, è molto doloroso doverle dire che dovremmo innanzitutto porci una domanda e chiederci se davvero a questo Paese importi qualcosa dei propri giovani, posto che questo, a mio giudizio, comincia a diventare il vero problema. Le sue riflessioni sembrano confermare questo dubbio, che ogni tanto affiora in noi che siamo in questa sede, ascoltando e cercando di far sentire la nostra voce anche al di fuori di quest'aula, laddove apprendiamo e denunciamo fatti così gravi, ma trovando così poco ascolto e riscontro anche alla fatica e alla passione di ciascuno di noi: in Parlamento sono necessarie grandi fatiche anche per approntare piccoli frammenti di legislazione.
  Vorrei chiederle, innanzitutto, se il fenomeno della prostituzione minorile e anche del grande disagio minorile sia stimabile. Lei ha detto che tra le cause non si deve individuare tanto la famiglia, però, in questa sua affermazione trovo una certa contraddizione....

  MELITA CAVALLO, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma. Parlo della prostituzione !

  SANDRA ZAMPA. Lei dice, infatti, che queste ragazzine si comprano una giacca, due giacche, tre giacche, ma colpisce molto che una madre non si renda conto del fatto che una figlia torni a casa con tre giacché, spesso costose posto che queste ragazzine seguono un modello preciso, per cui la giacca deve essere costosa e firmata (poi, il motivo per cui questo modello viene loro trasmesso risiede altrove). Mi meraviglio, quindi, del fatto che una madre non si renda conto che nell'armadio della propria figlia compaiono cose che, con i soldi che essa ha a disposizione, non potrebbero esserci. Io, da piccola, non avevo neanche la paghetta, ma credo che neppure chi l'aveva potesse comprarsi una giacca firmata !
  Mi sembra, quindi, che ci sia anche un problema molto grande di genitorialità e anche di collaborazione tra famiglia e scuola, in un contesto che vede tali soggetti sottrarsi alle proprie responsabilità: da una parte l'insegnante, che magari si accorge che qualcosa non va però preferisce non dirlo perché così evita un problema (così pure la dirigente che non segnala il problema onde evitare che la scuola ne abbia a sua volta), dall'altra il genitore, che è troppo preso dai propri problemi, essendo a sua volta impreparato di fronte a tali situazioni, posto che neanche si accorge se la figlia passa i pomeriggi a prostituirsi e si compera vestiti firmati.
  Vorrei tornare sulla questione dei media perché, essendo una giornalista, penso che sin da oggi dovremmo chiedere alla presidente della RAI di venire presso la Commissione in audizione, così come pure alla Federazione nazionale della stampa e al sindacato dei radiogiornalisti televisivi, considerato il fatto che siamo di fronte ad un problema che è diventato gigantesco.
  Ritengo che non potremo mettere mano, non più di tanto, alla materia se non con i codici di autodisciplina, i quali però lasciano il tempo che trovano. Tutte le carte che sono state firmate e presentate alla stampa durano circa due mesi, ma poi, dopo l'annuncio, finiscono nel nulla. Conosco un solo giornalista che, per lo spessore e la qualità della propria professionalità, si dimise dal TG 1 perché era andata in onda una notizia e un volto di un bambino: dopo di tale caso, non si è più visto nessuno fare una cosa del genere. Si continuano a vedere, al contrario, immagini insopportabili e assolutamente improponibili per adolescenti e ragazzi minorenni.
  Condivido assolutamente quanto lei diceva riguardo alla relazione con Internet, che ormai ha quasi sostituito la televisione. Credo che qui ci sia l'altro corno del problema: la scuola, che ha cancellato l'educazione civica, dovrebbe pensare di introdurre un nuovo insegnamento per far comprendere ai giovani che esistono serie conseguenze a certi comportamenti.
  In America ciò si fa già, i ragazzi ben sapendo che tutto quello che viene lasciato in rete, può essere ritrovato o ricostruito Pag. 11quando essi faranno domanda per un posto di lavoro in aziende molto importanti. È possibile, infatti, per l'azienda ricostruire il passato di un candidato seguendo le tracce che egli ha lasciato nella rete, per cui, se a 16 anni, pensando di scherzare, egli ha scritto cose ritenute dall'azienda pericolose o comunque tali da evidenziare una personalità a rischio, non verrà assunto. Forse, è meglio che i nostri giovani siano informati di questo, così come di quella che lei ha definito educazione al sentimento, cioè la relazione con gli altri.
  Una volta, per noi questa era l'educazione civica, che si è sempre fatta male anche quando ero ragazzina io (non studiavamo neanche la Costituzione), però credo che sia venuto il momento, per tutti coloro che si occupano di infanzia, di alzare la voce. Infine, penso che anche la prossima relazione della Commissione, da presentare al Parlamento quest'anno, debba puntualizzare e denunciare la troppa disattenzione e disaffezione verso il nostro futuro, perché in fondo, i ragazzi questo sono.

  MELITA CAVALLO, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma. Le dico questo, onorevole Zampa: oggi tra le ragazzine preadolescenti e adolescenti c’è l'abitudine, molto diffusa, di scambiarsi gli abiti – una cosa per me inconcepibile – ma poi le mamme si muovono ! Ho ricevuto mamme che sono venute da me perché hanno avuto il primo segnale proprio da questo eccessivo lusso delle loro ragazzine, o perché, in seconda media, nella loro borsetta trovavano gli anticoncezionali !
  Quando, in questa situazione, tale mamma è venuta da me, le ho suggerito di rivolgersi a una psicologa, a un giudice onorario psicologo, dicendole però che come madre avrebbe già dovuto sapere cosa fare: non sarebbe dovuta venire da me, non avrebbe dovuto fare finta di non vedere. Avrebbe, invece, dovuto chiedere immediatamente a sua figlia come mai certe cose si trovavano nella sua cartella (così l'ha definita). Nel caso particolare citato, la figlia frequentava la seconda media, però aveva 13 anni perché era stata bocciata l'anno prima. Penso che già l'anno prima fosse accaduto qualcosa (magari era stata abusata ma non lo so perché il fascicolo è passato a una collega, mentre la ragazza è stata affidata per il momento a una zia) e la Procura se ne sta occupando. La madre, insomma, aveva avuto sentore di questo scambio di cose troppo eleganti per una ragazzina tredicenne e poi le aveva trovato gli anticoncezionali nella borsa. Quindi, spesso, questo è sì un segnale per le madri che riescono a capire, ma che però non si sono accorte prima di ciò che stava accadendo.
  Lo scorso anno, però, una madre e un padre sono venuti per segnalarmi qualcosa del genere e chiedere un sostegno psicologico, che avrebbero potuto chiedere tranquillamente al servizio (ma pare che il servizio avesse detto che ci voleva tempo, suggerendo di andare nel privato). Questi genitori avevano avuto timore che la loro figlia potesse essere caduta in un giro che non definirei di prostituzione, bensì di ragazze poco affidabili – così si esprimevano – finché poi si è visto che c'era qualcosa di più.
  Queste persone avevano bambini più piccoli, la mamma lavorava solo nella mattinata come impiegata ed era poi passata al part-time dopo la nascita dell'ultima bambina, quindi, a vederli, anche in base alla relazione del servizio, sembravano persone abbastanza attente: eppure è successo ! Le ragazzine, ormai, in casa ci stanno poco: vanno a scuola, fanno sport e vanno a casa dell'amica. La suggestione proveniente dall'esterno, quindi, a volte, riesce a vincere anche i princìpi presenti in casa.
  Gli adolescenti, ormai, stanno poco a casa (basta solo considerare quanto ci stavano coloro che oggi sono cinquantenni). Non dico, quindi, che la famiglia non abbia la sua responsabilità nell'individuare i segnali precoci, ma che per questo problema della prostituzione (non della devianza in genere), basta un niente, una sola volta, per cui il soggetto o avrà un rifiuto totale per le immagini che ha visto, Pag. 12oppure continuerà. Forse, qualcuno si rifiuta anche perché i genitori sono riusciti a trasmettergli qualcosa, ma quando ho chiesto ad una ragazza che aveva organizzato il giro come mai l'avesse seguita una sola coetanea, lei mi ha risposto di avere chiesto proprio costei perché sicuramente le avrebbe detto di sì: questi soggetti capiscono chi può dire di sì e chi può dire di no. La ragazzina alla quale non chiedere, perché quasi certamente dirà di no, è quella più schiva, che va meglio a scuola, che studia di più ed esce di meno. La ragazzina che propone alla compagna di unirsi a lei nell'esperienza di prostituzione è una ragazzina che sa anche fare la selezione e tale selezione avviene anche in base all'attenzione che i genitori le rivolgono. La famiglia, quindi, ha la sua rilevanza, ma non posso escludere che una famiglia che si è impegnata in tal senso, non possa ritrovarsi di fronte alla prostituzione della figlia, perché ci sono elementi che oggi possono sfuggire anche a una mamma abbastanza attenta, che capisce ma capisce quando tutto è già successo.

  PRESIDENTE. Colleghi, propongo di unire le domande delle colleghe Iori e Lupo perché alle 16.00 cominciano i lavori in Assemblea. In questo modo, la dottoressa Cavallo potrà dare una risposta unica a entrambe.

  VANNA IORI. Anch'io ringrazio la dottoressa Cavallo per questa carrellata di situazioni riguardanti centinaia di ragazze, che lei ogni mese incontra e che, sicuramente, sono uno spaccato della società in cui viviamo, fino ad arrivare nelle mani di chi deve giudicare e aiutare. Tutta questa situazione rappresenta, forse, solo la punta dell’iceberg di una situazione molto più diffusa.
  Penso che il versante giuridico e il versante legislativo siano importanti ma, sicuramente, il filo conduttore di tutte le sue riflessioni è quello educativo. Su questo versante lei faceva riferimento alle due tradizionali macro realtà educative, la famiglia e la scuola.
  Concordo con lei sul fatto che non possiamo escludere che anche nella famiglia attenta possano manifestarsi forme di devianza, però è necessario segnalare alcune cose. La prima, per quanto riguarda la famiglia, attiene al discorso delle regole. Lei parlava di limiti, ma credo che oggi i genitori abbiano paura di dare regole ai figli sin da piccoli.
  Quando il genitore dichiara di non riconoscere più il proprio figlio a 12-13 anni, ciò accade perché egli ha cominciato, ben prima, a non dare più regole, mentre avrebbe dovuto farlo fin dai primi mesi di vita. Oggi troviamo genitori che sono gli avvocati difensori dei loro figli, che vanno a chiedere conto agli insegnanti dell'insufficienza, del motivo di un rimprovero o di una nota, quasi che il genitore temesse l'insuccesso del figlio perché in ciò vede il proprio insuccesso. Questo fatto è terribile, perché il genitore identifica il suo successo genitoriale con il successo scolastico dei figli. Di qui la rincorsa, da parte di molti genitori, a riempire la vita dei figli con innumerevoli attività, che vanno dalla piscina al violino, dalla lingua straniera alla danza, pensando con ciò di posizionare i figli quanto più precocemente possibile ai livelli più elevati.
  Ciò che mi fa paura è proprio questa attenzione dei genitori sempre più per l'apparire, fornendo ai loro figli beni materiali e regali fin da piccoli, piuttosto che conversazioni, relazioni e tempo. Leggiamo e sentiamo affermare da più parti come i genitori pensino che sia importante la qualità e non la quantità del tempo, ma è una specie di alibi per molti genitori, perché la qualità è certamente importante, ma altrettanto importante è la quantità.
  Per quanto riguarda la scuola, l'altro versante che lei citava, certamente l’équipe non guasta ma, da docente di pedagogia che da una vita fa formazione su questi temi con i genitori e con gli insegnanti, le dico che se nella scuola non c’è un progetto educativo che coinvolga gli insegnanti, l’équipe rimane un corpo a sé.
  Il vero problema è ciò che è successo in questi anni nella scuola, ovvero la separazione fra il sapere, le competenze trasmesse, Pag. 13i contenuti e la dimensione educativa; la scuola e gli insegnanti si sono sempre più ritirati dalla dimensione educativa, lasciando il primato alle competenze e ai contenuti, che del resto è quello che i genitori chiedono (anzi, i genitori a volte sostengono che l'insegnante non debba occuparsi dell'educazione perché è compito della famiglia e lei ci ha ricordato in quali modi).
  La scuola, quindi, è venuta meno al suo compito educativo e si è affermato il primato dei contenuti e del sapere, primato su cui, in realtà, ci sarebbe da discutere, perché i miei laureandi scrivono ancora strafalcioni di ortografia e di sintassi. In realtà, in questi anni la scuola non è stata capace di assolvere al compito della trasmissione dei saperi.
  Sulla famiglia avrei un'altra prospettiva che mi sembra più percorribile. Il fatto che questi genitori nell'adolescenza – ma anche fin dall'infanzia – si propongano come amici dei figli, abdicando al loro compito di guida, nasce dalla solitudine in cui oggi le famiglie vivono, ognuna chiusa nel suo guscio e senza occasioni di incontro con le altre famiglie.
  Una volta esisteva la dimensione del pianerottolo, che era la pedagogia del grado zero, dove le famiglie potevano scambiarsi le loro ansie e preoccupazioni. Oggi tutto questo non c’è più, non ci sono luoghi in cui i genitori possano incontrare altri genitori. Costruire reti di famiglie e luoghi in cui le famiglie possano incontrarsi e aggregarsi potrebbe essere un modo per far decantare questa ansia da insuccesso e trovare altri genitori che, per il solo fatto di vivere le stesse ansie, possano indicare la strada, senza la presenza dell'esperto, ma solo condividendo la genitorialità.
  L'altro aspetto importante per la famiglia è proprio una formazione alla genitorialità, perché questo è il mestiere più impegnativo in assoluto ma non vi è nessuno luogo in cui venga coltivato. Si fanno corsi di preparazione al parto i quali sono solo sulla fisiologia del parto ma in tali corsi nulla viene detto di ciò che sarà nel diventare genitori, cioè dell'impegno richiesto. Un investimento sulla formazione genitoriale e sulle reti tra famiglie dovrebbe essere tra le nostre priorità.
  Per quanto riguarda la scuola, invece, l’équipe mi lascia un po’ perplessa. Tuttavia, se questa esisterà, è importante che interagisca con il corpo docente per costruire insieme un progetto educativo che sia trasversale a tutte le discipline, altrimenti andrà a finire che solo qualche docente che ha passione, con esperienza e che ci mette del suo riuscirà ad interagire con gli studenti, mentre gli altri si limiteranno ad essere meri trasmettitori di conoscenze.
  Il denominatore comune di tutte le problematiche che lei indicava (prostituzione, bullismo, violenza), come ricordava l'onorevole Zampa, è dato dall'assenza di un'educazione ai sentimenti, che si manifesta non solo nella mancata connessione tra la vita affettiva e la vita sessuale, ma anche a 360 gradi, nel corso di tutto lo sviluppo emotivo e affettivo del soggetto, che è abbandonato a se stesso.
  Nel fenomeno del bullismo ciò è chiaro – ma lo vediamo anche negli adulti – perché esistono adulti molto intelligenti e competenti i quali, però, sono degli analfabeti sul piano dei sentimenti e crescono dei ragazzi che sono degli analfabeti sentimentali. Il percorso dell'educazione ai sentimenti dovrebbe essere prioritario, sia per la famiglia sia per la scuola.

  LOREDANA LUPO. Oggi è stata fatta una disamina di ciò che ha portato a questi problemi in ambito minorile. Ho apprezzato molto ciò che lei ci ha detto, ma se siamo arrivati a questo punto è perché si è del tutto sgretolato il substrato sociale. Non è venuta a mancare solo la famiglia: a livello sociale sono venute a mancare tutte quelle azioni che servivano a sostenere la famiglia. Se una madre non riesce ad avere il tempo di vivere la famiglia, tutto inizia a distruggersi.
  Vengo da una vita normale, comune, sono una donna, sono una mamma. Come ricercatrice lavoravo otto, dieci, anche undici ore al giorno. La società di oggi impone che sia l'uomo, sia la donna lavorino Pag. 14per poter portare avanti una famiglia, ma se in tutto questo la scuola viene a mancare, perché non le si forniscono gli strumenti, le risorse o ci sono trenta alunni in una classe, alcuni dei quali disabili con docenti di sostegno che sono stati dimezzati, diventa difficile contenere questo tipo di fenomeni, perché non riusciamo neanche più a trasmettere l'esempio ai bambini: non riusciamo ad esserci. È una società che si sta sgretolando dietro questa ricerca di ricchezza e non più di valori.
  Per me è semplice perché ho vissuto anche realtà difficili, perché mi sono occupata con associazioni ecclesiastiche di tirare fuori i ragazzi dalla droga, perché ho vissuto personalmente la storia di baby-prostitute e quindi conosco perfettamente il ceto sociale in cui si verificano queste condizioni.
  L'onorevole Iori ha parlato di un progetto educativo con la scuola, di una rete familiare, di un ritorno alla comunità, che dovrebbe essere la base per questa società. Mi chiedo, quindi, cosa possiamo fare per tornare a questo, perché parlare di quello che abbiamo causato – ho 36 anni ma sono anche io parte in causa perché non sono ancora riuscita a modificarlo – ci intristisce, mentre invece dobbiamo trovare le soluzioni al problema.
  Lei, come giudice minorile, conosce questo tipo di contesti e può darci un'indicazione precisa per aiutarla nel suo lavoro, al fine di legiferare meglio, dandoci un indirizzo in questo senso. Le chiedo, quindi, se sia possibile individuare un'iniziativa di tipo parlamentare in grado di agevolare e migliorare il suo lavoro in tal senso: noi saremmo disponibili a metterla in atto.
  Per quanto riguarda le scuole, concordo con la collega Iori: un’équipe a sé diventerebbe un satellite quasi inutile, mentre un coinvolgimento unico con la scuola sarebbe fondamentale.
  Lei ha parlato di segnalazioni che potrebbero essere molto utili quando avviene qualcosa all'interno di una scuola: vorrei sapere se lei non ritenga che tali segnalazioni debbano venire solo dalle scuole o dalle case famiglia, come vorrebbe che arrivasse questa tipologia di segnalazione, come sia possibile metterla in pratica rendendola utile.

  MELITA CAVALLO, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma. Le rispondo subito. Concordo pienamente con quanto l'onorevole Iori ha detto in merito alle famiglie che pretendono che il ragazzino abbia ottimi voti, altrimenti si sentono sconfessate come famiglie.
  Parlavo di un’équipe che non piove dal cielo, ma che si inserisce in un progetto. Oggi, di progetti nelle scuole se ne fanno tantissimi e io sono partner di un progetto che alcune giovani psicologhe hanno presentato al Mamiani sull'orientamento al sessuale, perché moltissimi ragazzi sono vittime di bullismo a causa delle loro tendenze omosessuali: sono ragazzi distrutti.
  Ho avuto un caso molto doloroso di un ragazzino con due sorelline, divisi nel corso dell'adozione perché ognuno aveva delle problematiche. Abbiamo pensato che fosse troppo pesante metterli insieme, ma questo ragazzino mi è stato rifiutato prima di Natale perché a scuola lo chiamavano tutti «frocio». Egli ha sofferto tantissimo di tutto questo ed è tornato a casa dichiarando di non voler più andare in quella classe. Alla fine, i suoi collocatari lo hanno riportato per questo motivo, anche se hanno sostenuto che il ragazzino non riusciva ad inserirsi a scuola.
  Un progetto integrato nella scuola, che attenzioni il problema nel complesso, non solo l'educazione al sentimento ma anche l'educazione dei ragazzi al rispetto dell'altro, al rispetto di ogni compagno, sarebbe una cosa utile. Questi progetti si fanno: la Regione Lazio li ha finanziati e io ne ho visti molti (ma ho dato il partenariato a questo progetto, che non era solo sull'orientamento sessuale).
  Ho parlato di un’equipe per parlare di tante cose, ma è necessaria almeno una formazione dei nuovi insegnanti a tutto questo, cioè che i nuovi insegnanti comprendano la difficoltà dei ragazzi di oggi, i quali arriveranno al loro cospetto tra alcuni anni: è necessario comprendere quanto sia importante oggi la scuola, dal Pag. 15momento che esiste un degrado attuale della società.
  Condivido tutto quello che lei ha detto, perché la scuola e la famiglia sono le agenzie primarie di educazione, però le famiglie che noi vediamo non sono famiglie isolate. Esiste l'isolamento delle famiglie, però non possiamo generalizzare e dire che tutte le famiglie di oggi vivono in un isolamento.
  Oggi, è vero che le famiglie sono abbastanza slegate dalla loro rete familiare (magari un fratello abita a Londra, un altro a Milano) e non c’è più quella solidarietà familiare, perché la famiglia, sotto il profilo della localizzazione, si è distanziata. Quindi, in questo senso, c’è un maggiore isolamento, anche perché il lavoro tiene lontani i genitori per molto tempo e quando i genitori tornano a casa sono semidistrutti dal lavoro. Comincia, allora, invece, l'interazione con i figli, con cui dovrebbe esserci una relazione costruttiva. Tuttavia, se mamma e padre sono distrutti, ciò non accade e i ragazzi finiscono davanti alla tv.
  Noi, a Napoli, abbiamo fatto un investimento sulle reti familiari, perché la realtà campana è molto diversa da quella laziale. Noi facevamo affidamenti familiari a iosa, ma poi i ragazzi tornavano nelle famiglie: restavano dei riferimenti, mentre qui a Roma non si riesce. L'isolamento di cui lei parla esiste, quindi, in questa regione, ma non in Campania. Ciò dipende anche dal modo di porsi, di relazionarsi, perché nel condomino non si fa più amicizia bensì lotta condominiale.
  Esistono, quindi, delle realtà in cui ciò sarebbe utile, ma non saprei come organizzarle. Ho provato a far ciò ma non ho incontrato disponibilità a parlare dei problemi in un contesto allargato: c’è qui una chiusura maggiore della relazione. Ciò non toglie che, se l'iniziativa si dovesse organizzare a livello di contesto di quartiere, ci potrebbe essere una risposta inizialmente limitata ma poi più allargata.
  A Tor Bella Monaca, per esempio, abbiamo realizzato un incontro di famiglie in un luogo pubblico. Sono andata a parlare, le famiglie c'erano, abbiamo posto dei problemi, però poi ho aspettato invano le loro disponibilità all'affido, che non ci sono state. Quindi, è stata una bella chiacchierata, ma senza ricadute. Bisognerebbe lavorarci sodo, avere progetti che abbiano una ricaduta nel tempo, sapendo aspettare, in modo da promuovere qualcosa. Forse, bisognerebbe dare a queste famiglie un buono per il supermercato per sollecitarle !
  Mi sono resa conto, infatti, del fatto che nonostante tutto il discorso fatto, a cui sembrava che rispondessero, alla fine, solo due famiglie erano andate ai servizi. Pensare a questo è cosa buona e giusta, però bisogna cercare di promuovere l'iniziativa sollecitando a venire: sono tutti impegnati tra lavoro e secondo lavoro per guadagnare di più e non si riesce ad essere presenti a questi incontri. Bisognerebbe pensare a livello locale a un bonus.
  Ho fatto un tentativo a Tor Bella Monaca, che è una città con 600.000 abitanti, con tanti detenuti e tante situazioni di disagio, però non ho avuto riscontro: bisogna quindi organizzare qualcosa che solleciti ad andare.

  PRESIDENTE. Noi la ringraziamo molto, dottoressa: questa ora con lei è volata.

  MELITA CAVALLO, presidente del Tribunale dei minorenni di Roma. Per quanto riguarda l'istituzionalizzazione dei ragazzi, il Lazio è pieno di bambini in case famiglia che potrebbero andare fuori, quindi bisogna che la legge stabilisca che un bambino non può rimanere per più di due anni in istituto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Cavallo, che ci riserviamo di disturbare ancora in futuro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.