XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Giovedì 19 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ E IL DISAGIO MINORILE

Audizione di rappresentanti del progetto «Non più soli» – Associazione DarVoce.
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 2 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 2 
Brindisi Erica , consulente legale dell'associazione DarVoce ... 3 
Zanin Giorgio (PD)  ... 4 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 4 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 5 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 5 
Zanin Giorgio (PD)  ... 5 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 5 
Zanin Giorgio (PD)  ... 5 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 5 
Brindisi Erica , consulente legale dell'associazione DarVoce ... 5 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 6 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 6 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 6 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 7 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 7 
Piacentini Lucia , Direttore dell'associazione DarVoce ... 7 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 8 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Zanin Giorgio (PD)  ... 8 
Iori Vanna (PD)  ... 9 
Giordano Silvia (M5S)  ... 9 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 10 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 10 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 11 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 11 
Iori Vanna (PD)  ... 12 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 12 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 12 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 13 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 13 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 13 
Zanin Giorgio (PD)  ... 13 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 13 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 13 
Zanin Giorgio (PD)  ... 13 
Piacentini Lucia , direttore dell'associazione DarVoce ... 14 
Canapini Anna , coordinatrice del progetto «Non più soli» ... 14 
Brindisi Erica , consulente legale dell'associazione DarVoce ... 14 
Zanin Giorgio (PD)  ... 14 
Brindisi Erica , consulente legale dell'associazione DarVoce ... 15 
Zanin Giorgio (PD)  ... 15 
Scuvera Chiara (PD)  ... 15 
Brindisi Erica , consulente legale dell'associazione DarVoce ... 15 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 14,20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del progetto «Non più soli» – Associazione DarVoce.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile, l'audizione dei rappresentanti del progetto «Non più soli» dell'associazione DarVoce.
  Sono presenti con noi oggi Lucia Piacentini, direttore di DarVoce, Anna Canapini, coordinatrice del progetto «Non più soli» e l'avvocato Erica Brindisi, consulente legale di DarVoce.
  Do la parola alla dottoressa Lucia Piacentini, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Buongiorno. Grazie dell'invito e dell'attenzione che ci state riservando. Noi siamo un'associazione che gestisce il centro di servizio per il volontariato. I centri di servizio per il volontariato sono stati istituiti con la legge sul volontariato n. 266 del 1991 e aiutano le associazioni di volontariato del territorio a lavorare insieme e a fare progetti in sinergia, oltre a offrire i servizi diretti. I centri di servizio in Italia sono 71. In alcune regioni sono nel capoluogo di regione e in altre regioni invece hanno una dimensione più vicina al territorio, quindi una connotazione provinciale.
  DarVoce, quindi, è un'associazione di secondo livello, che riunisce 87 associazioni del territorio e gestisce il Fondo speciale del volontariato, che deriva da un quindicesimo delle fondazioni bancarie, così come stabilito nella suddetta legge n. 266 del 1991. È un fondo messo a disposizione dal legislatore, per mezzo delle fondazioni, e che ha subìto alcune traversie legislative, nel senso che a un certo punto è stato interpretato da una normativa dell'allora Ministro delle finanze Visco ed è andato molto in sofferenza negli ultimi anni.
  Pertanto, oggi l'associazione DarVoce, come gli altri centri di servizio, comincia anche a fare dei progetti più in autonomia rispetto a quel fondo.
  Il progetto che vi presentiamo oggi è promosso dalle associazioni per la disabilità di Reggio Emilia. Negli anni si sono costituiti degli accordi anche con gli enti locali e con il tribunale locale. È, quindi, un progetto che mette insieme volontariato, istituzioni e giustizia.
  Noi oggi vi presentiamo l'attuazione della legge n. 6 del 2004 (di cui vi parlerà la dottoressa Brindisi), che istituisce la figura dell'amministrazione di sostegno, in sostituzione dell'istituto dell'interdizione e dell'inabilitazione.Pag. 3
  Questa figura per il volontariato è stata accolta molto favorevolmente, perché mantiene la dignità e le residue capacità di intendere delle persone con svantaggio, mantenendo anche i loro diritti. Vedrete che, qualora ci siano dei genitori temporaneamente impossibilitati a farsi carico dei propri minori, è possibile applicare l'istituto dell'amministrazione di sostegno anche in via temporanea, a seconda di quello che il giudice tutelare decide.
  Erica Brindisi vi spiegherà in due minuti i contenuti principali della legge, che dà grande valore a quel volontariato di prossimità che è sempre stato presente nelle nostre comunità quando c'erano delle persone svantaggiate, con vicini di casa o familiari che si facevano carico di quelle situazioni. Oggi quel tipo di volontariato diventa più tutelato dalla legge, perché è il giudice che indica una persona che si mette a fianco di chi è in difficoltà.
  Anna Canapini invece vi racconterà (brevemente, perché vogliamo lasciare spazio alle domande) come abbiamo realizzato a Reggio Emilia l'attuazione di quella legge. Noi, in realtà, abbiamo copiato un modello, anche quello dell'apertura degli sportelli, perché applicare la legge vuole dire che le cancellerie devono essere aperte, che il tribunale deve essere disponibile ad accogliere dei cittadini che presentano delle istanze, che gli assistenti sociali devono essere formati, che devono essere formati i medici di base, le Poste e le banche, che devono cercare di capire come ci si muove rispetto a questa amministrazione di sostegno. Noi abbiamo copiato un pezzettino di progetto da Pordenone, dove il giudice Manzon è stato antesignano. Abbiamo copiato da lui l'iniziativa degli sportelli. Oltre a quelli presso il tribunale, oggi abbiamo aperto anche sportelli più legati al territorio, all'interno dei poli sociali.
  Lascio subito la parola all'avvocato Brindisi, che vi racconta lo stato della legge attuativa regionale.

  ERICA BRINDISI, consulente legale dell'associazione DarVoce. Buongiorno, la legge n. 6 è entrata in vigore il 19 marzo 2004 e ha apportato modifiche significative al Codice civile, addirittura cambiando la rubrica del Titolo XII del primo libro, che prima veniva denominata «Dell'interdizione e dell'inabilitazione dell'infermità di mente» e adesso è rubricata come «Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia».
  C’è stata, quindi, una svolta di tipo culturale, dove la persona inferma temporaneamente o parzialmente non viene più considerata come pericolosa, ma come bisognosa di cure e di supporto, da non isolare. Con l'amministrazione di sostegno, già nel primo articolo, che è la linea guida per l'interprete, si stabilisce appunto che la legge «ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.».
  In tutta la legge, si può sinteticamente affermare, si sottolinea la cura della persona, ovvero del beneficiario. Si parla di «aspirazioni del beneficiario», utilizzando termini che fino al 2004 non si erano mai visti in una legge. C’è l'attenzione alla persona, che anche temporaneamente può aver bisogno di un supporto. A differenza di quanto avviene con l'interdizione, l'amministratore di sostegno non si sostituisce al beneficiario nel compimento degli atti, ma si affianca a lui, in un progetto dove si cerca di mantenere il più possibile la qualità della vita del beneficiario e si cerca anche di preservare le autonomie che egli ancora possiede.
  Invece nell'interdizione il tutore si sostituisce completamente alla persona nel compimento degli atti, per cui alcuni atti personalissimi, come il matrimonio, l'eredità e il voto, sono completamente preclusi alla persona. Ecco perché si parla di morte civile quando c’è la sentenza di interdizione.
  Sono provvedimenti presi dal giudice tutelare per supportare la persona che ne ha bisogno, anche temporaneamente, ad esempio nel caso delle dipendenze (droga, gioco d'azzardo, eccetera). In questi casi, Pag. 4anche temporaneamente, il giudice tutelare può decidere di affiancare una persona a chi ha questo tipo particolare di dipendenze, per supportarla nel compimento di quegli atti che possono essere dannosi sia a lui sia alle persone che lo circondano, la famiglia in primis.
  In questo senso, l'apporto del volontariato avviene quando le amministrazioni di sostegno non si risolvono nell'ambito familiare, mentre nell'80 per cento dei casi l'amministratore di sostegno è un familiare. Noi entriamo in gioco quando è opportuno che venga nominato un amministratore di sostegno esterno. Questi sono principalmente i casi psichiatrici, dove a volte c’è proprio un conflitto familiare che rende opportuna la nomina di un amministratore di sostegno esterno.
  In questo caso, noi, come centro di servizio, abbiamo formato dei volontari, che poi sono stati inseriti in un albo provinciale, a cui il giudice può far riferimento nel caso in cui si debba nominare un amministratore di sostegno esterno. L'apporto del volontariato in questo caso diventa fondamentale e, come diceva Lucia Piacentini, ci si riappropria di quel volontariato di prossimità dove il cittadino è coinvolto in prima persona nella cura di una persona che si trova in difficoltà, anche temporanea.
  La legge è innovativa, perché si parla di cura, di progetto di vita e di mantenere le autonomie. Io non sto qui a raccontarvi tutte le procedure, come il ricorso al giudice tutelare, che sono procedimenti di volontaria giurisdizione. Queste sono notizie facilmente reperibili. Comunque, noi, come centro di servizio, abbiamo cercato di puntare molto sulla formazione dei volontari che possono diventare amministratori di sostegno, per cercare di ricreare quel clima di volontariato di prossimità.

  GIORGIO ZANIN. A questo proposito, volevo precisare che Manzon ha avuto il grandissimo merito di costruire l'interlocuzione con il tessuto del territorio. In realtà, il progetto nasce dal territorio.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Il mio compito è quello di raccontarvi il nostro progetto.
  Faccio una premessa di carattere storico, per farvi capire come siamo arrivati ad affrontare in maniera così dettagliata le tematiche dell'amministratore di sostegno nel contesto che raccontava l'avvocato Brindisi.
  Il centro di servizio ha iniziato a lavorare sulle tematiche dell'assistenza alle persone fragili nel lontano 2001, affrontando le tematiche del «dopo di noi», cioè della presa in carico delle problematiche di persone non in grado di provvedere a loro stesse, anche dopo la scomparsa dei familiari, in particolare dei genitori, in quanto il problema era molto inquadrato sulla disabilità. Siamo partiti da questa tematica.
  Contemporaneamente al nostro lavoro, svolto con le nostre associazioni, di informazione dei cittadini familiari sugli strumenti di tutela delle persone fragili, è stato modificato il Codice civile ed è stata introdotta la figura dell'amministratore di sostegno. Siamo stati, quindi, molto in linea con l'evoluzione legislativa.
  Abbiamo lavorato anche sulle tematiche del testamento biologico e, quindi, delle volontà di una persona che prevede nel futuro di non essere in grado di esprimere le proprie volontà.
  Siamo arrivati proprio in questi giorni alla costituzione della fondazione Dopo di Noi di Reggio Emilia, che svilupperà anche la presa in carico del progetto di vita della famiglia e della persona disabile, l'allestimento di uno sportello per la difesa civica, che è curato proprio da Erica Brindisi, in sinergia con gli enti del nostro territorio, e una collaborazione con il comune di Reggio Emilia sul tutore per i minori, anche questo sviluppato all'interno del progetto.
  Questo è il contesto molto generale. La legge l'ha già illustrata in maniera molto chiara l'avvocato Brindisi.
  Qual è il progetto attuale di DarVoce ? Siamo partiti dal principio di identificare qual era la figura della persona fragile, che poteva essere fruitrice dell'amministratore di sostegno. La persona fragile temporaneamente o definitivamente è Pag. 5stata riconosciuta quale un anziano, un portatore di handicap, una persona in recupero da tossicodipendenze o da problemi di dipendenza da gioco o da patologie invalidanti permanenti o temporanee. Il concetto di persona fragile si è, quindi, molto sviluppato.
  Il progetto si è, quindi, concentrato sul far conoscere nel nostro territorio la figura dell'amministratore di sostegno. Nella fase iniziale del progetto abbiamo lavorato a livello regionale, in sinergia con gli altri centri di servizio e con la regione Emilia-Romagna.
  Posso aggiungere che abbiamo collaborato e dato il nostro apporto anche per la formulazione della legge applicativa alla normativa nazionale. La regione Emilia-Romagna è stata la prima a definire la legge regionale, ma la legge applicativa è in arrivo.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Andrà in Conferenza Stato – Regioni la prossima settimana ed è stata approvata dalla Commissione. Voi l'avete fatta per primi. L'attuativa l'avete fatta subito.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Nel 2008, credo. Alcune regioni, come la Lombardia e il Veneto sono partite con la legge applicativa. La legge dell'Emilia-Romagna era la n. 11 del 2009.
  Abbiamo appunto creato questa sinergia e fornito il nostro contributo.
  Per rimanere invece sul nostro territorio e, quindi, nel concreto del progetto, abbiamo promosso l'istituto dell'amministratore di sostegno presso la cittadinanza e gli enti locali in tutta la provincia. Attraverso le associazioni di volontariato abbiamo intercettato tutti i familiari e i cittadini che erano interessati e li abbiamo formati, perché l'amministratore di sostegno è una forma di volontariato articolata, complessa e non di facile attuazione, quindi una persona deve sapere a cosa va incontro e deve essere preparata a quello che l'aspetta.
  Come diceva Lucia Piacentini, la fase successiva è stata quella per noi un po’ innovativa, per la quale abbiamo tratto spunto e collaborato con il tribunale di Pordenone. Abbiamo lavorato in forte sinergia con gli enti locali del nostro territorio: provincia, comune di Reggio-Emilia, le unioni dei comuni della nostra provincia, l'azienda sanitaria locale e il tribunale, che è stato l'elemento che ci ha permesso l'apertura di sportelli, gestiti da volontari, tutti formati, che offrono servizi alla cittadinanza. Non offrono servizi agli avvocati e ai professionisti che entrano in contatto con il tribunale, ma ai cittadini che si avvicinano all'istituto dell'amministrazione. La legge prevede che si possa fare in autonomia, senza patrocinio dell'avvocato e, quindi, queste persone forniscono informazioni, assistenza e accompagnamento gratuito a tutti i cittadini del nostro territorio.
  Il passo successivo è quello attuale, cioè l'apertura di sportelli anche sui territori decentrati. Abbiamo collaborato in via diretta con la provincia e coi giudici tutelari per la creazione dell'albo.

  GIORGIO ZANIN. Forse è bene specificare, per aiutare i colleghi che non hanno un'esperienza diretta, in che cosa consiste il compito fattivamente. Il tema della rendicontazione è un aspetto, ma evidentemente poi ci sono gli aiuti che vengono dati allo sportello direttamente per la soluzione o l'affrontamento delle circostanze in cui l'amministratore si trova e a cui non è preparato, come sapete meglio di me.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». I corsi di formazione per noi...

  GIORGIO ZANIN. Servono a questo.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Se vuole intervenire Erica Brindisi, può essere più precisa.

  ERICA BRINDISI, consulente legale dell'associazione DarVoce. Lo sportello dei volontari aiuta i familiari del potenziale beneficiario a redigere il ricorso, che poi Pag. 6andrà presentato alla cancelleria del giudice tutelare di riferimento. Si tratta, quindi, di una modulistica che è stata condivisa con il giudice da parte dei nostri volontari. Il volontario aiuta il familiare a compilare il ricorso, con gli eventuali documenti che vanno allegati, perché ovviamente lo stato di incapacità di provvedere ai propri interessi va documentato con certificazioni sanitarie, provenienti principalmente da sanità pubblica e non da sanità privata. Si presenta anche la documentazione patrimoniale della persona beneficiaria. Lo sportello assiste, quindi, il familiare nella compilazione del ricorso. L'unica spesa che il familiare affronta sono i 27 euro della marca da bollo da apporre.
  Ovviamente l'amministratore di sostegno ogni anno deve rendicontare la propria attività, ma non si tratta solo di un rendiconto di tipo patrimoniale. Nel rendiconto vanno specificate anche le condizioni personali del beneficiario, cioè se il beneficiario nell'anno in cui è stato seguito da me, come amministratore di sostegno, ha avuto dei miglioramenti, dei peggioramenti o è rimasto stabile. Non si tratta, come nel caso del tutore, di un rendiconto semplicemente patrimoniale.
  Un'altra differenza è che il tutore è obbligato a fare l'inventario, mentre nell'amministrazione di sostegno è sempre opportuno farlo, però a volte non è necessario.
  La procedura è molto più leggera, però, siccome abbiamo creato gruppi di tutoring per seguire gli amministratori di sostegno familiari, ci siamo resi conto che con il rendiconto facevano sempre molta fatica. Si scontravano con questo adempimento annuale, per loro molto difficile. Il nostro lavoro è stato concordare con il giudice la modulistica, perché si faceva sempre riferimento alla modulistica dell'interdizione o dell'inabilitazione.
  È chiaro che essere amministratore di sostegno di una persona non è solo prendersi cura del suo patrimonio, ma anche accompagnarla alle visite, decidere i trattamenti sanitari, se non li può decidere autonomamente. La tematica del consenso al trattamento sanitario è un'altra tematica delicatissima e attualmente abbastanza «calda».
  Nei gruppi di tutoring, dove c'erano gli amministratori di sostegno familiare, abbiamo affrontato anche queste tematiche, ovviamente senza entrare nel merito dell'etica, perché purtroppo ci si andava a scontrare con l'etica personale di ognuno, però cercando di spiegare che in alcune circostanze essere madre non bastava, ma bisognava essere anche amministratore di sostegno del proprio figlio, per poter dare il consenso al trattamento sanitario. Ci sono state tematiche che sono state affrontate anche dal punto di vista psicologico. Il nostro supporto è andato, quindi, a 360 gradi, dalla modulistica alla gestione dell'amministrazione di sostegno.
  Scusate se mi sono dilungata.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Il materiale che abbiamo portato completa quello che vi stiamo raccontando. Abbiamo portato le slide che vedete. Raccontiamo anche il centro. Il libro, in particolare, illustra il nostro progetto. È raccontato anche dai volontari, che sono o sono stati amministratori di sostegno oppure volontari allo sportello.
  Concludo fornendo alcuni dati che vi possono essere utili. Queste sono le nostre attività dirette, che trovate appunto nelle slide, e tutto ciò che abbiamo fatto come attività di promozione. Abbiamo gestito dieci corsi di formazione, un percorso specifico per volontari di sportello, dieci corsi per cittadini e trentasei ore di tutoring.
  Questi sono invece i dati degli sportelli. Quelli territoriali sono limitati, perché sono aperti da quattro mesi.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Stiamo parlando dello sportello presso il tribunale per un anno di attività.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Sono state 6.200 ore di volontariato, svolto da 18 volontari. Pag. 7Lo sportello è aperto in concomitanza degli adempimenti della volontaria giurisdizione. Ci sono stati 2.278 servizi erogati e 848 cittadini serviti gratuitamente.
  I servizi erogati riguardano: la presentazione di istanze, l'assistenza alla compilazione del rendiconto, i ricorsi, 644 richieste d'informazioni telefoniche dirette, richieste e copie, notifiche dello stato di avanzamento degli atti e divisione degli atti. Questo è il lavoro dello sportello.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Concludo, prima di lasciare spazio ad eventuali domande, raccontandovi come abbiamo sostenuto questo progetto.
  All'inizio potevamo avviare il progetto di promozione e formazione col Fondo speciale del volontariato, in particolare con la progettazione sociale, quindi con una parte di fondo dedicato alla progettazione. Poi, con la crisi di quel fondo (derivando dalle fondazioni bancarie, immaginate che tracollo può aver avuto), l'anno scorso l'avvio dello sportello l'abbiamo fatto vincendo un bando del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con una fondazione privata, la Peretti.
  Sembra che le linee attuative della regione Emilia-Romagna collochino l'attività di promozione e di attuazione dell'amministrazione di sostegno all'interno del Fondo della non autosufficienza, che è appunto quel fondo dedicato nella legge di stabilità. Dobbiamo ancora vedere la legge attuativa, però i membri della commissione regionale ci dicono che il canale di finanziamento sarà il Fondo della non autosufficienza, che è già molto in sofferenza.
  Quali sono stati i punti di criticità ? A livello nazionale, non so se in tutte le regioni sia stata adottata una legge attuativa della legge nazionale. Questo è il primo punto. Il secondo punto è che, oltre alla legge regionale, ci vogliono le linee guida attuative dei canali di finanziamento per sostenere l'attività.
  Questo progetto, come vedete, ha prodotto un beneficio diretto alle famiglie. Nonostante il consiglio del giudice Manzon di fare una causa-pilota, purtroppo a Reggio Emilia secondo la prassi in uso, la famiglia che doveva presentare un ricorso doveva rivolgersi all'avvocato. Chiaramente, con le associazioni di volontariato che hanno promosso l'azione politica, siamo riusciti a cambiare questa prassi del tribunale.
  Calcolando tutti i ricorsi, gli avvocati eccetera, abbiamo fatto risparmiare alle famiglie 350.000 euro in 16 mesi. È un progetto che a noi costa tanto, ma costa 50.000 euro per tutta la provincia, perché c’è tanto volontariato. Col volontariato, sia come amministrazioni di sostegno sia all'interno degli sportelli, si riesce a sostenere questa forma di tutela, senza dover ingaggiare sempre dei professionisti.
  È chiaro che il giudice ingaggia anche dei professionisti nelle situazioni patrimoniali più delicate o nelle situazioni familiari più conflittuali. Il giudice ha la possibilità di ingaggiare dei professionisti, ma ha anche la possibilità di accedere a un albo di amministratori di sostegno.
  Le criticità che abbiamo sperimentato a livello locale hanno riguardato il ritardo della legge, il fatto di aver dovuto operare con degli altri fondi e, quindi, andare a cercare dei finanziamenti, fare campagne di fund raising e concerti. Insomma, ci siamo dati da fare per tenerla in piedi e adesso è un'attività che va stabilizzata.
  Sicuramente, senza i volontari dentro il tribunale, le cancellerie non avrebbero potuto sopportare il peso di tutti i ricorsi dei cittadini che si avvicinavano. Prima degli sportelli, i cittadini e gli avvocati andavano in tribunale in cancelleria alle cinque di mattina, prendevano un biglietto e poi la cancelleria serviva 25 persone al giorno, di cui un cittadino e un avvocato.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Cinque avvocati e un cittadino.

  LUCIA PIACENTINI, Direttore dell'associazione DarVoce. Vi dico com'era anche l'aspetto dei diritti e dell'accesso dei cittadini alla volontaria giurisdizione.
  In questo modo i cittadini hanno il loro canale e gli avvocati hanno accesso alla Pag. 8cancelleria e sono velocizzate anche le loro attività.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Non è più contingentato, con grandi risultati.

  PRESIDENTE. Benissimo. Innanzitutto vi ringraziamo per averci presentato questo progetto virtuoso ed encomiabile, perché è importantissimo di ricreare la comunità e la disponibilità a farsi carico delle difficoltà gli uni degli altri. Questo, già di per sé, è abbastanza importante.
  Inoltre, avete evidenziato benissimo un aspetto che credo sia da sottolineare, cioè il fatto che viene ridotta la spesa per le famiglie e viene alleviato il peso di chi già vive situazioni difficili. Quando siamo in presenza di persone che hanno un rischio di interdizione o comunque una temporanea interdizione, si tratta sicuramente di persone che all'interno della famiglia vengono vissute con notevoli difficoltà.
  Inoltre, è importante smaltire rispetto ai cittadini la burocrazia, che è sempre così complessa in Italia e ci crea ulteriori problemi e disagi, invece di alleviarli.
  Trovo importantissimo il valore del volontariato e il fatto che venga fatto rilevare da voi anche in questa nostra Commissione. Il volontariato si affianca alle possibilità che mettono in gioco lo Stato e il Governo per fronteggiare le tante situazioni di disagio e di bisogno che abbiamo in tutta l'Italia.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni, partendo da chi è già esperto nel campo e ha già ricoperto questo ruolo.

  GIORGIO ZANIN. Prendo la parola, evidentemente senza togliere lo spazio per eventuali precisazioni ai colleghi, se vogliono interpretare o conoscere ancor meglio, con le puntualizzazioni del caso, il modello.
  A me interessano due aspetti. In primo luogo, sulla base della vostra esperienza, pensando a questo modello, quali sono i «domino» legislativi che si possono immaginare ? In effetti, si tratta di una legislazione che innova, però solo relativamente. Dal 2004 son passati ormai dieci anni e in realtà siamo ancora quasi vicini all'anno uno, perché il vero radicamento dell'amministrazione di sostegno, come è emerso anche l'ultimo convegno nazionale a Trieste, è a macchia di leopardo nel nostro territorio nazionale.
  In realtà, l'intuizione felice del legislatore potrebbe per contaminazione riflettersi su altri pezzi del nostro sistema di welfare. Per esempio, abbiamo parlato ieri in Aula dei minori non accompagnati. Questo è un elemento che potrebbe intrecciarsi. Ne avevamo già fatto cenno in una precedente audizione. Io sarei interessato a capire da voi quali siano, per la vostra esperienza, questi aspetti.
  Il secondo elemento che mi sta a cuore è capire in definitiva quanto di questa esperienza, percentualmente, faccia riferimento a minori, poiché qui siamo nella Commissione parlamentare per l'infanzia e adolescenza. Vorrei sapere se avete in vostro possesso dati che si riferiscono all'idea della fragilità collegata proprio a figure di minori. È evidente che, se non sono direttamente interessati, lo potrebbero essere quantomeno di sponda. Questa è una domanda che vi rivolgo.
  Passo alla terza e ultima questione. Il volontariato di prossimità è effettivamente uno dei temi su cui riflettere in termini di comunità e di ripensamento della comunità. Io penso che l'idea di uno sportello che voi portate in campo, e che io conosco direttamente, di un'associazione specifica che coordini tutti coloro che si mettono in questa rete di disponibilità sia un'esperienza che dovrebbe ragionevolmente allargarsi ad altre fasce di problemi.
  Sappiamo bene che i servizi sociali, come i tribunali, sono spesso oberati e non riescono di fatto a far fronte ad alcune esigenze, né sul piano della quantità né tantomeno sul piano della qualità, con quel tratto di umanità che è necessario in alcuni di questi casi.
  Siccome abbiamo una legge in arrivo sul terzo settore, di cui si comincia a discutere, potrebbe essere questo un orizzonte ? Grazie.

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  VANNA IORI. Grazie di questo intervento e degli spunti che ci avete dato. Naturalmente a me si sono evidenziati gli stessi collegamenti del collega Zanin.
  Le iniziative che ci avete illustrato oggi non sono solo teorie, a differenza magari di altre audizioni in cui abbiamo ascoltato delle ricerche oppure delle teorie. Oggi invece abbiamo conosciuto delle realizzazioni, delle esperienze concrete, pratiche e possibili. Credo che l'aspetto più positivo sia proprio quello, non di riuscire ad andare dalla teoria alla pratica in questo caso, ma di evincere dalla pratica una possibilità di svolta nel modo di concepire, anche per noi, il legiferare sul versante del terzo settore, del volontariato e su tanti altri.
  Ad esempio, nella proposta di legge sul gioco d'azzardo, poi testo unificato, ora all'attenzione della XII Commissione, avevo inserito l'amministratore di sostegno, poi tolto, a dimostrazione del fatto che si tratta ancora di un fatto culturale che deve passare. Non è stata data una motivazione, ma io credo che sia avvenuto proprio per una insufficiente conoscenza delle opportunità che derivano da questa figura. Io lo ripresenterò in Aula, comunque, sotto forma di emendamento e anche dopo come ordine del giorno, perché credo che sia davvero importantissimo.
  Quando, ad esempio, lei diceva che parole come «cura», «aspirazione» eccetera sono parole nuove nel lessico giuridico, io credo che questo sia uno snodo che, soprattutto nel tempo della crisi che stiamo vivendo, ci consente di elaborare strategie di welfare nuove, che tengano conto che il welfare non è solo un costo, ma anche una grande risorsa e una grande opportunità.
  I risparmi a cui faceva riferimento prima la dottoressa Canapini, secondo me, sono la dimostrazione pratica che si tratta di implementare servizi innovativi e che fanno risparmiare. Non è solo un vantaggio sul piano umano e sul piano relazionale (il che già sarebbe sufficiente), ma c’è anche un risparmio economico.
  Secondo me, quel discorso sul welfare di prossimità a cui faceva riferimento la dottoressa Piacentini in apertura dell'incontro per noi è importante. Mi riferisco a noi della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, ma molti di noi sono anche nella XII Commissione affari sociali e sanità della Camera, quindi abbiamo un intrecciarsi di temi.
  Per esempio, i minori stranieri non accompagnati, a cui faceva riferimento il deputato Zanin, hanno sicuramente bisogno di figure nuove, sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista sociale. Pensavo anche ai nuclei familiari, cioè non al singolo.
  Arrivo alla mia domanda. Non so se avete avuto occasione di incontrare tipologie di famiglie cosiddette «multi-problematiche», ovvero nuclei che hanno una pluralità di problematicità. Quando voi incontrate, per esempio, il minore con disabilità, tante volte non c’è solo quel problema dentro il nucleo, ma c’è una rete di problemi. Mi chiedo se il prendersi cura del nucleo può rientrare in questo tipo di lavoro, con questo tutelare, rispettare e potenziare anche le aspirazioni che possono far beneficiare l'intero nucleo. La domanda è finalizzata a sottolineare il legame – e questa è la seconda domanda – fra il volontariato, il nucleo familiare e la comunità. Questi tre elementi in collaborazione tra loro possono creare un circuito virtuoso da cui nasce una prospettiva nuova, quella svolta che secondo me oggi è più che mai necessaria nel modo di concepire, non solo il ruolo del volontariato, ma proprio il ruolo del lavoro sociale. Grazie.

  SILVIA GIORDANO. Innanzitutto buongiorno. Mi scuso per il ritardo dovuto ad altri impegni.
  Vi ringrazio tanto per quello che sono riuscita a sentire e per il lavoro che state facendo e che portate avanti, anche perché penso che siate quella parte che riesce a supplire, anche se purtroppo solo nel proprio ambito (giustamente), alle mancanze dello Stato, che purtroppo sono sempre più presenti.
  Infatti, il problema è proprio che le famiglie non ce la fanno. Le famiglie che Pag. 10hanno a carico purtroppo persone gravemente malate o interdette hanno una difficoltà veramente enorme, che spesso si basa anche semplicemente su una mancata informazione dei propri diritti.
  Io ho un'esperienza familiare di una madre gravemente disabile e – credetemi – in Campania riuscire a trovare anche solo le informazioni su come fare per avere qualcuno che possa semplicemente venire a cambiare un catetere a casa è qualcosa di difficilissimo.
  È una battaglia che stiamo portando avanti, come diceva giustamente la collega Iori, anche in Commissione affari sociali.
  Purtroppo qui si nota un po’ una schizofrenia da parte della politica, in modo trasversale, nel senso che spesso cerchiamo o comunque vogliamo fare qualcosa per aiutare e cambiare la situazione delle famiglie che hanno queste problematiche, però poi puntualmente, ogni volta che si può fare qualcosa, c’è un motivo o un altro che porta delle forze politiche a tirarsi indietro. Un esempio è stato l'amministratore di sostegno per il gioco d'azzardo patologico.
  Aldilà di questo, ho sentito prima un accenno al «dopo di noi». La prossima settimana in Commissione avremo ben tre proposte di legge da discutere sul «dopo di noi». Da parte delle associazioni che portano avanti questo progetto di affiancare i malati e soprattutto i familiari dei malati, stanno arrivando varie critiche su come è stata impostata la legge. Nella stessa legge si prevede che non vengano rispettati i livelli essenziali di assistenza.
  Vi chiedo una cortesia, per capire bene come portare avanti il lavoro in Commissione. Non so se avete letto queste leggi. Il lavoro inizierà la prossima settimana, ma andrà avanti anche in quelle successive. Potremmo avere uno scambio, per capire, visto che vi occupate di questi temi, cosa ne pensate di quelle proposte di legge. Se possiamo modificare insieme qualcosa che abbiamo l'opportunità di portare avanti e di lavorare in Commissione, è già un primo passo per cercare di venirci incontro e soprattutto per cercare di far fare qualcosa di concreto, cominciando a rispettare le leggi. Spesso si pensa di fare nuove leggi, ma in realtà il problema è che le leggi esistenti non vengono rispettate e non riusciamo a farle applicare.
  Visto che siamo nella Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza e ne riparleremo nella Commissione affari sociali e la competenza più di così non si può avere, cominciamo già con voi a parlarne e a discutere, e poi eventualmente a vedere emendamenti, sperando che con tutte le forze politiche si possano portare avanti. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai nostri ospiti per la replica, vorrei porre una domanda riferita ai fondi. Per voi c’è qualche possibilità di riferimento ai fondi europei, visto che quelli italiani scarseggiano, perché abbiamo tante esigenze sui fondi e non riusciamo a coprire tutto ? Mi domando se esiste qualche capitolo dei fondi europei, magari riferito al sociale.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Chiederei ad Anna Canapini di fare eventualmente qualche esempio sui nuclei familiari e sui minori e a Erica Piacentini se vuole dire qualcosa sull'attuazione della legge specifica.
  Dal punto di vista generale, avete sollevato la questione della modalità di uno sportello gestito dal volontariato, che potrebbe avvicinare il servizio al cittadino. Avete parlato anche del legame con la comunità, della presa in carico delle persone multiproblematiche, e quindi anche di un nucleo familiare.
  Io ho appositamente proiettato di nuovo questa slide, perché al centro c’è una figura di volontario e di amministratore di sostegno, ma intorno ci sono i servizi sociali sanitari, il territorio, inteso come comunità di riferimento della persona (la famiglia, la parrocchia, il quartiere eccetera) e i servizi della giustizia.
  Il gioco che si può fare tra queste parti è quello del flipper, cioè la persona problematica viene gettata come una pallina di flipper da un servizio a un altro. Questo Pag. 11oggi è un tema. Io mi sono anche data qualche risposta. Secondo me negli anni i servizi sociali, quantomeno nella nostra regione, giustamente, per crescere, per qualificarsi e per diventare molto specializzati, si sono strutturati su un modello sanitario, che divide il target tra «diagnosi di tossicodipendenza», «diagnosi di minore non accompagnato», «diagnosi di disabile», «diagnosi di stupro», con tutte le sottocategorie, e divide i servizi a seconda di queste competenze.
  Oggi c’è la diagnosi di multiproblematico ovviamente, che non è più una diagnosi, ma è una persona. Oggi giustamente le famiglie non ce la fanno più e si sono anche un po’ svuotate della competenza della cura.
  Anche il volontariato rischia la stessa cosa. Dal nostro osservatorio, vediamo associazioni di volontariato sempre più specializzate. Non è neanche più il disturbo dell'apprendimento, ma si costituiscono delle associazioni basate sul promuovere il disturbo dell'apprendimento che si cura con uno speciale metodo.
  Questi mondi (i servizi sociali e sanitari, il volontariato, la giustizia e anche il territorio) sono spezzettati, come lo sono i servizi. La sola disabilità è gestita da alcuni servizi per le persone minorenni e da altri servizi per colori che hanno compiuto i diciotto anni. Questo crea per le famiglie un disagio, un vuoto, una carenza di accompagnamento.
  Io mi sono detta tante volte – e a Reggio Emilia ci hanno anche già provato – che bisogna cambiare paradigma. Non ho le competenze per dirvi come legiferare, perché è il vostro mestiere. Mi sembra che forse cambiare un po’ il paradigma possa essere utile, rimettendo al centro le piccole comunità, che possono costruire attorno alle persone solidarietà.
  L'avere eliminato i quartieri non è stata una decisione che condivido. Io li avrei ristretti ancora di più. Prima le nostre circoscrizioni a Reggio Emilia erano sette. Quanti abitanti ha il comune ?

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Ne ha 90.000.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. In un comune piccolo come Reggio Emilia sette circoscrizioni avevano ancora una dimensione di comunità. In una comunità si riattivano le risorse naturali. Oggi non ce la si fa col welfare. Non è sostenibile la spesa, così come è, perché i problemi aumentano e le famiglie sono sempre più competenti.
  Le famiglie che si rivolgono ai servizi per i livelli minimi di assistenza non sono più come quelle di una volta. Io ho conosciuto dei genitori con la fondazione Dopo di Noi che venivano dalla montagna e non avevano mai fatto uscire di casa la loro figlia, neanche per chiedere ausilio, che era un punto di valore. La signora, che ormai ha cinquant'anni, non tira su la testa, però, perché non ha mai fruito neanche di un servizio di fisioterapia.
  Oggi le famiglie che navigano su internet scelgono il logopedista e lo vanno a cercare in tutta Italia. Non gli basta quello che passa il convento.
  Ci sono due modi di approcciarsi al volontariato: schiacciare i volontari su attività specialistiche per spendere meno o riportare il volontariato alla forma originale, dicendo ai volontari di creare comunità, di lavorare sui legami sociali e di promuovere il volontariato. È questo il loro primo mestiere, e non quello di fare assistenza. Ci sono poi le cooperative sociali, che invece sono deputate a fare servizi in convenzione. Quando io penso al volontariato, penso all'articolo primo della Costituzione, non ad altro. Quando si dice che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, non stiamo mica parlando dell'articolo 18. Stiamo dicendo che ciascun cittadino, per costruire la sua comunità, ci deve mettere del suo e della fatica. Altrimenti, il cittadino, se non ci mette la sua fatica, non è un cittadino. O è un utente di servizi, o è un contribuente, o è un consumatore. Riappropriarsi del diritto di cittadinanza vuole dire valorizzare il volontariato per quello che è nella sua forma originale.
  Questa legge, per me – adesso lo dirà l'avvocato – ha riportato il volontariato di prossimità al centro della cura della persona. Pag. 12Abbraccia tutte le categorie, quindi non ha iperspecializzato le categorie. La sua applicazione so che avviene a macchia di leopardo e so che la legge viene anche svilita a volte. In alcune regioni, infatti, ci sono associazioni di avvocati che hanno costituito dei pool di professionisti che si occupano dell'amministrazione di sostegno. Non è una legge nata per dar da lavorare a professionisti: è nata per il volontariato di prossimità.
  Come si fa a fare leggi che ricostruiscano la comunità ? Non lo so. Forse bisognerebbe mescolare le Commissioni. Anche noi a Reggio Emilia abbiamo i tavoli divisi per target. Voi vi occupate solo dell'infanzia e dell'adolescenza. Noi siamo fuori tema oggi, perché casi di infanzia e adolescenza non ne abbiamo trattati. Ci siamo sentiti un po’ fuori tema, ma perché siamo tutti fuori tema nel contesto attuale.
  Forse mi sono lasciata andare a fare delle considerazioni troppo generali, ora torno a noi. La proposta di legge non la conosciamo e abbiamo piacere di leggerla.
  Rispetto alla riforma del terzo settore, credo che il terzo settore sia richiamato a fare il mestiere primo, che è quello di ricostituire la cittadinanza, la prossimità e la comunità, perché se diventa il fornitore di servizi a basso costo abbiamo perso un po’ la scommessa.
  La cooperazione, a mio avviso, si deve avvicinare di più a un'impresa. È chiaro che per far vivere il volontariato ci sono alcune cose che vanno fatte. Stabilizzare il 5 per mille e non mettere dei tetti è la prima cosa. Occorre però anche mantenere quella caratteristica peculiare del volontariato che si trova nelle legge n. 266.
  Io non so se dal punto di vista legislativo unire l'associazionismo in un gran polverone sia utile o meno. Comunque ho visto che i vari forum del terzo settore e i centri di servizio per il volontariato hanno fornito dei plichi da leggere.

  VANNA IORI. Abbiamo appena cominciato a far circolare le linee guida del terzo settore, che cominciano dicendo che il terzo settore è il primo.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. È finita la consultazione on line. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha posto come termine la settimana scorsa. Ho visto circolare i plichi. Il terzo settore è più complicato del Parlamento.
  Concludo, così lascio la parola alle colleghe sulle famiglie multiproblematiche e sulla legge un po’ più in particolare. Sugli sportelli, a Reggio Emilia era venuta l'idea con le associazioni della disabilità di fare uno sportello unico. Unico della disabilità ? Uno sportello di accoglienza, direi.
  Pensate a una persona che ha il papà a cui viene un ictus e viene catapultata nel mondo dei servizi per la disabilità. Deve attivare Google Maps per andare a prendere il permesso per l'automobile in un posto. I pannoloni si richiedono in un altro posto, peraltro aperto dalle 9.00 alle 13.00. L'assistente sociale si trova, sempre dalle 9.00 alle 12.00, dentro i territori. Inoltre, queste figure non si parlano; il servizio sanitario fa fatica a parlare con i servizi sociali.
  La domanda è: il volontariato deve fare un orientamento ai servizi ? Il volontariato può fare un orientamento ai servizi, perché una famiglia che ci è già passata attiva anche quell'empatia, quella prese in carico e quella relazionalità che fanno sentire la famiglia meno sola. Noi ci prestiamo, quindi, a fare questo tipo di mestiere, perché c’è questa componente in più. Sicuro è che bisogna anche fare una riflessione su come vengono erogati quei servizi. Una persona a cui capita una disgrazia deve anche affrontare un mondo burocratico che è sempre più complesso, perché è diviso per settori.
  Inoltre, io nei servizi sociali io prevederei un bell'orario dalle 9.00 alle 21.00 e così farei anche all'anagrafe. Noi a DarVoce siamo sempre aperti e siamo tutte donne. Ognuno fa l'orario che vuole. Si fa la turnazione e ci si mette d'accordo. Che problema c’è ?

  PRESIDENTE. Però si offre un servizio continuativo.

Pag. 13

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Come diceva Lucia Piacentini, il nostro progetto non è tarato, come avrete capito, su questo target.
  Quello che io posso raccontarvi e che può essere esportabile è il tentativo che stiamo facendo e che abbiamo fatto in passato con il comune di Reggio Emilia: è stato un progetto che riguardava il tutore volontario per minori, una figura simile alla figura dell'amministratore di sostegno per la persona maggiorenne. Il tutore volontario è sulla figura del minore e l'amministratore di sostegno è sulla figura del maggiorenne. Con il comune abbiamo lavorato per vedere se fosse possibile applicare quella tipologia di progetto anche a questa figura. Si sono avviati i lavori. In parte, ciò è stato reso possibile partendo dal principio che anche il tutore volontario debba essere informato e formato.
  Le problematiche dei minori sono diverse.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Sono di competenza del sindaco.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». L'avevo dato per scontato. Comunque, con il comune abbiamo lavorato su questa tematica e diciamo che ha funzionato. Dovrebbe essere il responsabile del progetto del comune di Reggio Emilia a dare informazioni. Io le ho limitate al pezzettino che ho seguito io, che è stato proprio quello di sostenerli nel trasferire le azioni del nostro progetto sul reclutamento di volontari e sulla formazione.
  Posso dire qualcosa, riallacciandomi anche all'intervento precedente, sulla rete. Avevamo preparato anche un altro grafico, che poi abbiamo deciso di accantonare; lo utilizzo anche nella formazione e mostra la rete dei soggetti che ruotano attorno a una figura fragile, che può anche essere il minore, e sono un'infinità, a partire dalla famiglia. Per il minore può essere la famiglia affidataria, il comune, il tutore, la scuola, l'ente che lo accoglie, l'istituto che l'accoglie, lo sport. È tutta la rete che ruota attorno a una persona. Chiamiamola «persona», non chiamiamola più «anziano», «disabile» o «minore». Sono i servizi che ruotano intorno alla persona. Si è creata una raggiera infinita che, come si diceva, a volte è difficile da intercettare, perché ci sono tantissimi servizi che a volte il cittadino non conosce. A volte i servizi stessi non conoscono l'esistenza di altri servizi.
  Costruire e mettere insieme questa rete è stato difficilissimo (mi riferisco al progetto), però è stato utile e fondamentale per la costruzione di un progetto personalizzato, perché questo è l'amministratore di sostegno: la persona al centro. Partendo dalle prime persone che ruotano attorno alla famiglia, il cerchio si allargava: la persona, la famiglia, gli enti, la scuola, il medico di base, le amicizie e per noi anche il volontariato, che era pienamente dentro questa rete. Far parlare tutti e interagire è stato quello che ha permesso l'avvio del nostro progetto. Ancora adesso ci stiamo lavorando moltissimo.

  GIORGIO ZANIN. Dopo quel «dalle 9 alle 21» è fondamentale che ci dica: nel «versus» competizione e cooperazione, coi servizi sociali come va ?

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Noi abbiamo iniziato a collaborare con i servizi sociali dall'inizio del progetto, anzi il progetto è nato con una diretta collaborazione coi servizi, è partito proprio da lì. Non siamo partiti da soli: l'idea l'hanno avuta le associazioni di volontariato, che insieme a noi l'hanno elaborata, ma sul tavolo di progetto dall'inizio ci sono stati tutti gli enti.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. C'erano DarVoce, giustizia e comune di Reggio subito. Dopo, pian pianino, hanno cominciato ad avvicinarsi gli altri, perché non esisteva la normativa.

  GIORGIO ZANIN. Io capisco che la matrice inevitabilmente non può che essere Pag. 14costruita così, però nei fatti è evidente che c’è il rischio di una competizione su alcuni pezzi.

  LUCIA PIACENTINI, direttore dell'associazione DarVoce. Più che altro, il rischio è quello del flipper, cioè che l'assistente sociale non sappia come fare a prendere in mano una pratica di amministrazione e di sostegno e dica che ci pensa il volontario, e quindi mandi una persona che invece in realtà ha bisogno della mediazione dell'assistente sociale anche con la famiglia.
  È chiaro che oggi anche il mestiere di un assistente sociale è molto complicato. Ciò vuole dire che piuttosto si accetta, poi si tratta col servizio, il servizio capisce, si incontrano le assistenti, si dice fin dove possiamo arrivare. Non si possono rimandare le palline l'uno all'altro. Innanzitutto si affronta il problema, però dopo, passata l'emergenza, ci si ferma e si prova invece a istituire delle procedure migliori.
  Col comune di Reggio, ad esempio, il responsabile dei volontari è andato dagli assistenti sociali, ha cercato di capire quali erano le loro procedure rispetto alla famiglia, le ha alleggerite, ha trattato coi giudici tutelari e oggi si è riusciti a creare un collegamento, anche molto più snello dal punto di vista burocratico, ma sempre sul «pezzo», non sui tavoli.

  ANNA CANAPINI, coordinatrice del progetto «Non più soli». Mi permetto di aggiungere che quello che ha funzionato, che per noi era il valore aggiunto del progetto rispetto a una figura professionale dell'amministratore di sostegno, era l'ascolto. La differenza che c'era tra un volontario e un professionista era che il volontario aveva tempo di ascoltare. A volte non c’è stato solo l'ascolto del bisogno del cittadino, ma anche di quello dell'assistente sociale.
  Accogliere tutte queste richieste ha permesso di fare il lavoro che diceva Lucia Piacentini, cioè discutere sul tavolo, con a monte il lavoro precedente.
  Forse anche sui minori – questa è l'idea che vedo io – il principio potrebbe essere che comunque si parte dal bisogno della persona. Noi siamo partiti da lì. Il nostro progetto – se leggerete il libro lo capirete – è partito dal bisogno della persona e dall'idea di questa normativa che io trovo davvero innovativa, che è il progetto personalizzato, su cui – è vero – ruotano dei servizi che sono già organizzati e strutturati, ma si possono adattare al bisogno della persona. Non è tutto standard.
  Lo stesso principio vale per le tematiche del «dopo di noi», perché l'amministratore di sostegno è uno degli argomenti principali all'interno della tematica.
  Purtroppo non ho molti dati.

  ERICA BRINDISI, consulente legale dell'associazione DarVoce. Voglio solo dire una cosa sulla legge, che, come abbiamo detto tutti, è ottima. Quello che ho riscontrato nei gruppi di amministratori di sostegno che ho seguito è il problema dei permessi. Io, familiare, ho la 104, ma non è detto che venga nominato amministratore di sostegno per il mio familiare per il quale ho la 104, oppure l'amministratore di sostegno volontario, che quindi non può avere la 104, deve prendere ferie e permessi dal lavoro. Come faccio a gestire le problematiche del mio beneficiario, se non posso avere spazi di tempo mio, senza sottrarre del tempo al mio lavoro ? Questa è la tematica emersa nei gruppi, che riguarda la gestione migliore del tempo dell'amministratore di sostegno.

  GIORGIO ZANIN. Aggiungo un tema: nessuno ha calcolato gli effetti della legge Fornero su questo tipo di profili.
  Sulla vicenda della leva degli amministratori di sostegno con tutta evidenza la classe politica locale ha delle fondamentali opportunità. Il tesoro c’è, ma qualcuno deve andare a scavare in miniera per trarne i volontari, che non vengono fuori schioccando le dita. Generalmente sono persone in pensione. L'innalzamento della soglia della pensione con la riforma Fornero determinerà una conseguente ricaduta in tutta la rete dei servizi. Dagli autisti in accompagnamento per la dialisi Pag. 15agli amministratori di sostegno, si riscontrerà inevitabilmente un effetto in termini di spesa sociale. Questa è una mia lettura e percezione; non ho riscontri di dati, ma forse voi negli sportelli li avete.
  Il problema centrale è che occorrono disponibilità e tempo per entrare in partita e per fare bene l'amministratore di sostegno e c’è bisogno che qualcuno ti convinca. I volontari sono i più preziosi, perché i casi più problematici, in cui sia fa un reale risparmio della spesa dell'intervento pubblico, sono quelli collegati ai volontari. Questi da dove vengono fuori ?

  ERICA BRINDISI, consulente legale dell'associazione DarVoce. Da noi !

  GIORGIO ZANIN. Voi li recuperate, ma la leva da dove viene fuori ? Chi è che li pesca ?

  CHIARA SCUVERA. Mi sono intromessa alla fine, perché dalla discussione sono nati veramente moltissimi spunti, anche per tutte le riforme che sono in campo. Quando si dice «dalle 9 alle 21», c’è il tema del front office nella pubblica amministrazione e di una diversa organizzazione degli orari. Si tratta di concepire – adesso è in corso la riforma della pubblica amministrazione – un unico sportello che riceve le pratiche, generico e non specializzato, e un back office dietro che lavora. Su tutti i servizi si dovrebbe studiare una soluzione. C’è uno spunto per noi per la riforma della pubblica amministrazione.
  In secondo luogo, a proposito di conciliazione vita-lavoro, abbiamo presentato una proposta di legge. Probabilmente anche noi a volte abbiamo una tendenza flipper e una tendenza alla frammentazione, anche quando si ragiona dei temi. La si vede sicuramente più orientata sull'occupazione femminile (giustissimo) e sulla maternità. Si pensa al lavoro di cura verso le persone disabili che hanno questi bisogni, ma più come carico di cura per chi li assiste.
  L'intervento dell'avvocato Brindisi sui permessi è stato molto interessante, perché anche nella nostra proposta di legge sulla conciliazione, semmai verrà calendarizzata – ci auguriamo che lo sia – o comunque nella riforma della pubblica amministrazione, visto che nella legge delega sul lavoro c’è una parte proprio sulla conciliazione, possiamo pensare a emendamenti, nati proprio da questa discussione, che introducano il tema dei permessi sull'amministrazione di sostegno.

  ERICA BRINDISI, consulente legale dell'associazione DarVoce. La ringrazio, perché questo è un tema veramente importante per il volontario che intende fare l'amministratore di sostegno.
  È un'esigenza che mi viene riferita sempre quando incontro amministratori di sostegno esterni alla famiglia. Il problema dei permessi è enorme e ovviamente è un po’ il problema del volontariato in generale. Io ho avuto esperienza diretta di volontari esterni alla famiglia, che mi hanno riportato la problematica della tempistica e di come poter fare per assistere nel miglior modo possibile il proprio beneficiario.
  Vi ringrazio, se ponete attenzione a questo.

  PRESIDENTE. Noi ringraziamo la dottoressa Lucia Piacentini, Anna Canapini e l'avvocato Erica Brindisi. Mi sembra che la vostra esposizione sia stata chiarissima e che questa audizione sia stata particolarmente interessante, tant’è che siamo andati anche oltre i tempi. Quando gli argomenti sono così importanti e anche i colleghi hanno piacere a restare, non ci sono problemi.
  Su questi aspetti che voi avete portato avanti e che sono importantissimi si può creare una sinergia di esperienze e di servizi, come avete già messo in atto, per la cura del minore. Io credo che anche questo possa essere raccolto da noi. Sto rivedendo un testo sull'affido e anche in quell'ambito è importante considerare di fare sinergia con tutte le realtà che si occupano del minore e che hanno interesse a salvaguardarne i diritti.
  Sicuramente ci saranno delle differenze, come diceva il collega Zanin, per Pag. 16quanto riguarda le diverse reti, le diversità tra territori, il modo di interfacciarsi degli assistenti sociali, la realtà del servizio sociale, che magari nel vostro caso è stata più virtuosa. Purtroppo ci possono essere situazioni dove si riesce a entrare in contatto diversamente, anche perché ognuno è diverso.
  È importante far rilevare a tutte le regioni la presenza della legge del 2004 e far loro promulgare le norme applicative. Io credo che un po’ tutti possiamo prendere questo spunto e sollecitare quelle regioni che ancora sono indietro nel metterle in atto.
  Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,35.