XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 13 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ MINORILE

Audizione del presidente dell'UNICEF Italia.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 2 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 
Aguiari Federica , Ufficio advocacy ... 9 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 
Bertorotta Ornella  ... 9 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 9 
Aguiari Federica , Ufficio advocacy ... 12 
Lupo Loredana (M5S)  ... 12 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 12 
Iori Vanna (PD)  ... 12 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 13 
Aguiari Federica , Ufficio advocacy ... 13 
Scuvera Chiara (PD)  ... 14 
Aguiari Federica , Ufficio advocacy ... 14 
Catalfo Nunzia  ... 15 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 15 
Catalfo Nunzia  ... 15 
Guerrera Giacomo , presidente dell'UNICEF Italia ... 15 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente dell'UNICEF Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla povertà minorile, l'audizione del presidente dell'UNICEF Italia, dottor Giacomo Guerrera, che è accompagnato dalla dottoressa Federica Aguiari, responsabile dell'ufficio advocacy, ringraziandoli entrambi per avere accettato l'invito della Commissione.
  Do, quindi, la parola al presidente Giacomo Guerriera affinché ci illustri la sua relazione, rimandando al termine della sua esposizione eventuali domande e richieste di approfondimento da parte dei colleghi. Ricordo, inoltre, che ove vi fossero domande da parte nostra alle quali, per ragioni di tempo, il presidente non fosse in grado rispondere, potremmo anche valutare la possibilità di organizzare una seconda audizione apposita sui temi trattati.

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. Ringrazio il presidente e la Commissione per avere voluto quest'incontro, per noi molto importante perché ci offre la possibilità di esporre in una sede prestigiosa e di alto livello la posizione dell'UNICEF sulla povertà, con particolare riferimento all'Italia (pur senza dimenticare la situazione a livello mondiale). Pertanto, toccherò questo secondo aspetto soltanto marginalmente, soffermandomi di più sulla povertà dei bambini nei Paesi sviluppati, ad alto e medio reddito.
  L'UNICEF promuove i diritti e il benessere di bambini ed adolescenti in tutto il mondo. Insieme con diversi partner operiamo in oltre 190 Paesi nel mondo al fine di tradurre questo impegno in azioni concrete, chiaramente nel rispetto dello spirito della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, la quale dal 1989 è diventata il punto di riferimento della nostra organizzazione in quanto stabilisce i principi fondamentali a tutela dei diritti e del benessere dei bambini.
  Oggi, come dicevo, sempre più bambini vivono in condizioni di povertà. Questo fatto non si verifica soltanto in alcuni Paesi dove, tradizionalmente, la situazione economica è già di per sé drammatica, ma anche nei Paesi a reddito medio-alto. La crisi economica non è solo uno spettro che incombe sulle nuove generazioni: è presente oggi, la viviamo tutti e abbiamo modo di misurarne le conseguenze sui nostri bambini.
  Negli ultimi quindici anni l'UNICEF, attraverso una pubblicazione annuale a cura dell'Istituto degli innocenti di Firenze, porta avanti l'idea che la povertà, l'esclusione e la vulnerabilità non sono fenomeni confinati ai Paesi in via di sviluppo, ma sono elementi presenti in modo Pag. 3crescente, sia pure in forme diverse e con implicazioni diverse, anche nei Paesi economicamente avanzati. La crisi economica, infatti, sta realmente avendo un impatto pesantissimo sulle famiglie e noi viviamo ciò quotidianamente.
  Dalle indagini fatte dal nostro Istituto e dall'ISTAT apprendiamo che, purtroppo, la crisi incombe in maniera pesante sulle famiglie e, di conseguenza, sui bambini e sugli adolescenti, in particolare quelli più svantaggiati. Permettetemi, quindi, di rappresentarvi, da un punto di vista storico, il quadro di ciò che è avvenuto riguardo a questo fenomeno. Negli anni novanta il dibattito sul rapporto tra crescita economica e sviluppo umano è stato affrontato in maniera molto precisa dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Nei suoi rapporti annuali l'UNDP ha sempre adottato un approccio basato sulla dimensione umana dello sviluppo, purtroppo troppo spesso trascurata a beneficio di parametri centrati sulla crescita economica.
  In questi rapporti l'UNDP sottolineava, giustamente, che per misurare il reale sviluppo di un Paese era necessario affiancare alle valutazioni economiche, cioè al PIL, altre statistiche più direttamente correlate alla vita delle persone, in termini di istruzione, salute, tasso di mortalità infantile, democrazia, equità sociale e via dicendo.
  Da queste riflessioni, fatte da un organismo così importante a livello internazionale, nasce un indicatore che misura tutti i risultati registrati da ciascun Paese attraverso tre parametri fondamentali, che valgono per tutti i Paesi in genere e non soltanto per quelli come il nostro. Il primo indicatore è la speranza di vita; il secondo indicatore, importantissimo, consiste nel livello di istruzione, con ciò non intendendosi solo la mera determinazione di quanti bambini vanno o meno a scuola, ma offrendo una visione della società e cercando di definire qual sia il livello di crescita della società stessa, non soltanto dal punto di vista culturale ma anche in termini economici. Il terzo indicatore è il prodotto interno lordo pro capite, quindi, il PIL.
  Come UNICEF abbiamo rilanciato l'approccio basato sullo sviluppo umano, attraverso l'analisi multidimensionale del benessere – in modo che non si guardi soltanto agli indicatori economici – per migliorare la comprensione, il monitoraggio e l'efficacia delle politiche nazionali.
  Gli studi e le ricerche dell'UNICEF – i Report Card che vengono fatti dal nostro Istituto degli innocenti – da molti anni propongono un interessante approfondimento sulla situazione dell'infanzia nei cosiddetti Paesi ricchi: in questi rapporti abbiamo guardato con particolare attenzione proprio a questi Paesi. Inoltre, c’è il rapporto annuale dell'UNICEF (che quest'anno sarà presentato il 20 novembre). Più di recente, abbiamo portato all'attenzione dell'opinione pubblica un rapporto sulla situazione dell'infanzia a livello mondiale, anche se il rapporto ufficiale sulla condizione dell'infanzia – come accennavo prima – verrà presentato il 20 novembre.
  In particolare, i rapporti che si sono susseguiti nel corso degli anni a cura dell'Istituto degli innocenti hanno portato interessanti approfondimenti sulla situazione dell'infanzia nei cosiddetti Paesi ricchi, perché da una parte offrono un panorama della situazione a livello internazionale ma, allo stesso tempo, sollecitano – questa è l'importanza di questi rapporti – il dibattito e l'attuazione di politiche nazionali per migliorare la vita dei bambini e degli adolescenti.
  Nell'ultimo Report Card del 2013, dal titolo Il benessere dei bambini nei Paesi ricchi, un quadro comparativo, viene presentata una comparazione tra 29 Paesi ad economia avanzata che tiene in considerazione non soltanto l'aspetto economico, ma anche cinque dimensioni della vita infantile: benessere materiale, salute e sicurezza, istruzione, comportamenti a rischio e condizioni abitative e ambientali.
  La ricerca prende in considerazione 26 diversi indicatori internazionali. Purtroppo, in questa ricerca l'Italia occupa il ventiduesimo posto nella classifica generale: alle spalle di Spagna, Ungheria e Polonia, prima di Estonia, Slovacchia e Grecia.Pag. 4
  Nella classifica per le singole dimensioni, quanto a benessere materiale ci troviamo al ventitreesimo posto, mentre per salute e sicurezza siamo al diciassettesimo posto (ma sempre e comunque posizionati nella parte medio-bassa della classifica); per l'istruzione siamo al venticinquesimo posto; per i comportamenti a rischio miglioriamo un po’ e ci troviamo al decimo posto; Infine, sulle condizioni abitative e ambientali, purtroppo, siamo al ventunesimo posto.
  Insieme ad altri Paesi dell'Europa meridionale (Portogallo, Grecia e Spagna) l'Italia si trova nella terza fascia più bassa di questa classifica sulla povertà infantile, con il 17 per cento di bambini sotto la soglia di povertà. I dati presenti in questo studio, infatti, dimostrano l'efficacia degli interventi statali nel tempo, ovviamente laddove ben orientati. Le analisi affermano che monitorare la povertà e la deprivazione materiale, nonché una serie di altre dimensioni del benessere dei bambini e degli adolescenti nei Paesi cosiddetti ricchi è di fondamentale importanza per avviare politiche efficaci.
  Noi diciamo sempre che bisogna conoscere il problema per poter intervenire. Queste indagini sono efficaci per suscitare una maggiore responsabilità sociale e un utilizzo più mirato delle risorse. La comparazione internazionale rileva che la povertà infantile non è inevitabile, che è sensibile alle scelte politiche della nazione e che alcuni Paesi stanno facendo molto di più e meglio di altri per proteggere i loro bambini, cioè i soggetti più vulnerabili.
  Prendendo in esame la povertà infantile, per esempio, i dati dimostrano con molta chiarezza che nei Paesi dove i Governi intervengono con imposte e sussidi, i relativi tassi si riducono in maniera sensibile. Purtroppo, questo non avviene in Italia, mentre avviene, per esempio, in Canada di più rispetto agli Stati Uniti. Infatti, prima dell'intervento dello Stato il tasso di povertà fra i due Paesi era allo stesso livello, mentre con l'intervento dello Stato e con il welfare il Canada migliora sensibilmente.
  In Italia, analizzando il momento precedente all'intervento dello Stato e quello successivo emerge quanto segue: con l'intervento dello Stato la percentuale varia soltanto di qualche decimo di punto. In particolare, senza l'intervento dello Stato la povertà è al 16,2 per cento, con l'intervento dello Stato scendiamo appena al 15,9 per cento. I bambini che vivono sotto la soglia di povertà in Italia, quindi, sono il 17 per cento.
  Ci sono, poi, una serie di dati riguardanti proprio l'Italia che ci devono portare a delle riflessioni particolari. Per esempio, per quanto riguarda i NEET – Not in education, employement or training – ovvero chi non va scuola, non lavora e non frequenta corsi di formazione, purtroppo, abbiamo il tasso più alto, con l'11 per cento dei giovani.
  Riguardo ai fatti di bullismo tra i nostri giovani – fatti che oggi apprendiamo dalla televisione – c’è da dire che questo dato, almeno per quello che vediamo, non corrisponde a verità. I dati, anche con il conforto dell'ISTAT, ci dicono in maniera molto chiara che in Italia il bullismo è diminuito di oltre il 60 per cento.
  Allo stesso tempo, abbiamo il tasso più basso fra i Paesi industrializzati per quanto riguarda un altro aspetto importante riguardante i giovani e che noi abbiamo affrontato in un'indagine sull'alimentazione: siamo il Paese dove i giovani fanno meno attività fisica.
  Abbiamo, inoltre, la quarta percentuale più bassa di gravidanze in età adolescenziale: questo è un fatto positivo. Tuttavia, abbiamo anche il quarto tasso più basso di abuso di alcol, mentre siamo a un livello piuttosto alto per quanto riguarda il tasso di fumatori. Ci sono, infine, una serie di dati che sono in netto contrasto nel nostro Paese.
  Bisogna, infatti, fare sempre molta attenzione e cercare di analizzare la percezione della situazione da parte degli stessi giovani: ciò è stato fatto nella ricerca condotta dal nostro Istituto di Firenze, laddove si prende in considerazione anche l'opinione dei ragazzi. Questo fatto è importante. Secondo l'opinione dei ragazzi la Pag. 5condizione di vita dei nostri giovani in Italia è diversa rispetto a ciò che ci mostrano le percentuali. Addirittura, miglioriamo: dal ventiduesimo posto saliamo al quindicesimo posto e anche più in alto. Ciò vuol dire che i giovani hanno una percezione diversa di questa situazione. Per questo motivo è necessario non fermarsi ai numeri ma guardare anche ad altre situazioni prima di potere esprimere una valutazione sulla povertà. Questo è ciò che intendevo quando affermavo che bisogna dare una valutazione multidimensionale: diversamente, non avremmo una percezione reale della povertà.
  Inoltre, prima si realizzano gli interventi a favore dell'infanzia e maggiore sarà l'efficacia degli interventi stessi. I bambini che rimangono indietro nelle prime fasi della loro vita ereditano tali conseguenze per tutta la vita; senza meno, ciò che non viene fatto nei primi anni di vita si potrà recuperare, ma far ciò risulterà sicuramente più difficile e molto più costoso. Gli interventi nella prima infanzia, quindi, hanno bisogno di essere sostenuti con misure adeguate in età scolare al fine di non vanificare le conquiste fatte e di agire proprio nel momento in cui è più importante far ciò per consentire lo sviluppo adeguato del minore.
  I costi più pesanti della mancata salvaguardia del benessere dei bambini gravano sicuramente su ogni singolo bambino, ma c’è anche un costo significativo per la società in termini di maggiore impegno nei servizi sanitari e ospedalieri, nel welfare, nei programmi di protezione sociale, da parte della polizia e dei tribunali. I costi si ripercuotono anche sulle imprese e sull'economia a causa dei livelli di competenza più bassi e della minore produttività, posto che un gran numero di bambini non riesce a sviluppare appieno le proprie potenzialità.
  Secondo le indicazioni contenute nei rapporti dell'OCSE si trovano in povertà relativa le famiglie il cui reddito, adeguato alle dimensioni e alla composizione del nucleo familiare, risulta inferiore al 50 per cento del reddito mediano del Paese in cui vivono.
  Qualcuno sostiene – come già affermavo – che la povertà relativa non sia la povertà reale, intesa come la mancanza di elementi di prima necessità (per esempio, cibo sufficiente, indumenti adeguati, abitazione dignitosa, bagno all'interno dell'appartamento, acqua calda e un letto su cui dormire). Quando si prendono in considerazione questi elementi di prima necessità e si tracciano delle linee di povertà basate su concetti statistici come il reddito mediano, si possono ottenere dei risultati poco chiari e convincenti per il mondo politico e per l'opinione pubblica.
  Per questa ragione alcuni tendono a rifiutare la misurazione del reddito relativo e a preferire la misurazione diretta delle privazioni: il bambino consuma tre pasti al giorno ? Ci sono libri in casa ? Il bambino ha la possibilità di invitare gli amici ? Si tratta di misure più intuitive e più determinanti per comprendere qual è la realtà di vita dei singoli: considerare la povertà relativa da sola non è sufficiente. Per questo motivo l'UNICEF ha scelto nei suoi studi l'approccio a un'analisi multidimensionale della vita dei bambini, in modo da comprendere tutti gli aspetti del loro benessere.
  Pertanto, negli studi dei Report card, oltre alla povertà relativa, viene presa in considerazione la deprivazione materiale, che viene misurata sulla base di alcune dimensioni della vita infantile: il benessere materiale, la salute, la sicurezza, l'istruzione, i comportamenti a rischio e le condizioni abitative e ambientali.
  La gran parte di questi dati tracciano tendenze a lungo termine e riflettono i risultati di investimenti di lungo periodo nella vita dei bambini. Negli ultimi studi disponibili gli effetti della crisi economica sui bambini non emergono ancora con chiarezza dai dati, ma alcune evidenze non fanno ben sperare per il futuro. È fondamentale continuare a monitorare la condizione dei bambini in tutto il mondo industrializzato, in modo da evitare che il fardello più pesante della recessione economica cada su quelli meno in grado di sostenerla e che i risultati raggiunti nell'ultima decade slittino a lungo termine. Pag. 6Sia in tempi di crisi economica come quello in corso, sia nei periodi di migliori congiunture, esortiamo, come UNICEF, i Governi e le parti sociali a porre sempre e comunque i bambini e i giovani al centro dei loro processi decisionali. Ciò significa qualcosa di ben preciso per noi: nell'elaborazione di ogni misura politica che viene introdotta, i Governi devono esplicitamente indicare nel provvedimento una valutazione dell'impatto sulle famiglie e, conseguentemente, sui bambini, sugli adolescenti e sui giovani adulti. Se non è stato già fatto, i Governi devono introdurre obiettivi di riduzione della povertà infantile che siano misurabili e monitorare i progressi nella loro realizzazione. Gli obiettivi di riduzione della povertà infantile devono essere separati da quelli della popolazione in generale, perché i bambini tendono ad essere esposti a un maggiore rischio di povertà rispetto agli adulti.
  Va anche detto che quasi tutti i tentativi di monitoraggio del benessere dei bambini, sia a livello internazionale, sia all'interno dei singoli Paesi sono caratterizzati da una debolezza: la mancanza di dati. Ciò si verifica anche nel nostro Paese: mancano dati sul benessere e sullo sviluppo dei bambini nei primi mesi e anni di vita. Questi dati mancano in senso assoluto !
  La quasi completa assenza di dati a livello nazionale relativamente ai progressi dello sviluppo dei bambini molto piccoli potrebbe essere riconducibile al fatto che ci siamo occupati piuttosto tardi della condizione della nostra infanzia, del benessere dei nostri bambini e della povertà ma, comunque, sono dati che non possono mancare se si vogliono dare valutazioni corrette.
  Certamente, la misurazione della povertà nei Paesi ricchi affianca ad indicatori diretti, come il reddito familiare, altri indici di privazione materiale dei bambini, come la possibilità di fare almeno un pasto proteico al giorno, la mancanza di indumenti nuovi o libri da leggere, la possibilità di fare sport o altre attività ricreative. La povertà dei bambini ricchi in tempi di crisi si misura anche così e ne viene fuori un quadro non proprio esaltante, non solo per il presente ma, come sottolineavo, anche per il futuro. Per questo l'UNICEF sostiene che non riuscire a proteggere i bambini e gli adolescenti dalla povertà sia uno degli errori più costosi che una società possa commettere: una strategia di sviluppo vincente per l'intero Paese deve basarsi sulla protezione dei minori dalla povertà.
  Nelle ultime osservazioni conclusive rivolte proprio all'Italia, il Comitato ONU per i diritti dell'infanzia ha espresso delle precise preoccupazioni. Si tratta dello stesso Comitato che ha parlato recentemente della situazione del Vaticano. Il Comitato ha espresso delle preoccupazioni precise per l'alto numero di minorenni che vivono in condizioni di povertà e per la sproporzionata concentrazione della povertà minorile nel Sud Italia, prendendo atto del fatto che il nostro Stato è al secondo posto in Europa per tasso di disoccupazione femminile e, in particolare, considerando il fatto che la povertà minorile è strettamente collegata alla disoccupazione femminile. Il Comitato ha altresì espresso preoccupazione anche per i programmi dello Stato, che sembrano concentrarsi su misure di natura economica e tenere in scarsa considerazione fattori determinanti per la riduzione della povertà come quelli sociali, culturali, geografici e strutturali. Peraltro, vi è una dimensione europea in termini di impegno su questo tema: non dobbiamo mai dimenticarlo. Anche l'Unione europea, infatti, ha trattato e sviluppato questo tema. Nell'ambito della Strategia Europa 2020 un'attenzione particolare è stata accordata alla povertà e al tema dell'esclusione sociale. Nel febbraio 2013 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione al riguardo: investire sull'infanzia per interrompere il circolo vizioso dello svantaggio sociale.
  L'UNICEF Italia ha lavorato in rete con gli altri Comitati nazionali d'Europa, per incidere su tale percorso a livello europeo, affinché si giungesse, nel più breve tempo possibile, all'approvazione di questo documento. Si è lavorato affinché la raccomandazione Pag. 7fosse rivolta a promuovere un approccio olistico e basato sui diritti dell'infanzia, andando oltre il solo aspetto economico della povertà minorile.
  La raccomandazione indica gli strumenti utili per contrastare la povertà minorile e promuovere il benessere dell'infanzia, fornendo un quadro di riferimento comune a livello europeo, basato sul riconoscimento delle persone di minore età come portatori di diritti.
  La raccomandazione indica un approccio alle politiche dell'infanzia da declinare in base a tre pilastri fondamentali: l'accesso a risorse adeguate (questo è fondamentale), l'accesso a servizi di qualità a prezzi accessibili, il diritto di bambini e ragazzi a partecipare alla vita sociale.
  In particolare, il pilastro della partecipazione si basa sul diritto di tutti i bambini e degli adolescenti, sancito all'articolo 12 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, ad essere ascoltati e ad essere presi in seria considerazione. Tale principio è uno dei quattro principi fondamentali contenuti in tale Convenzione.
  L'UNICEF ha contribuito al lavoro dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia per la stesura del Piano nazionale per l'infanzia, in particolare lavorando sul tema della povertà e dell'esclusione sociale dei bambini e degli adolescenti. Nel piano adottato sono previste delle misure specifiche per questo fondamentale settore, per fare pressione affinché venga rispettato questo impegno.
  Abbiamo lanciato la campagna «Io come tu», una delle nostre campagne più importanti dedicata alla non discriminazione. Al centro di questa campagna non c’è soltanto il riconoscimento della cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia: questa è una campagna nella quale noi sviluppiamo anche altri principi.
  Non dobbiamo dimenticare che la povertà è la maggiore causa di discriminazione che affligge i bambini e gli adolescenti, infatti, è più probabile che un minorenne sia povero se nasce nel Sud Italia, se vive in una famiglia monoparentale o numerosa, se la posizione lavorativa e il livello di istruzione dei genitori sono bassi, se è disabile o se è di origine straniera, tutti elementi che ci fanno comprendere come agire per il rispetto del principio della non discriminazione – che non riguarda solo un singolo aspetto – sancito dalla stessa Convenzione sui diritti dell'infanzia, sia un'azione imprescindibile anche nel nostro Paese, nel quale, purtroppo, le discriminazioni cui accennavo prima si verificano e sono a tutti noi abbastanza note.
  Alla luce delle indicazioni internazionali e come frutto dell'esperienza del dibattito in Italia sui temi relativi all'infanzia e all'adolescenza, il Comitato italiano dell'UNICEF, in occasione delle elezioni politiche del 2013, ha elaborato un documento intitolato «Diritti in Parlamento», che abbiamo fatto pervenire alla Commissione. È un manifesto che rappresenta il quadro di riferimento per l'azione dell'UNICEF, del quale abbiamo chiesto la sottoscrizione a tutti i partiti politici e nel quale abbiamo sollecitato degli interventi precisi a favore dell'infanzia. Non ci siamo, infatti, fermati soltanto a presentare questo documento ai futuri componenti del nostro Parlamento, ma abbiamo fatto ciò anche nelle piazze, coinvolgendo bambini e adulti con l'iniziativa «Vota per i bambini».
  Mediante una scheda di votazione abbiamo fatto scegliere le priorità del disagio su cui intervenire: ai primi posti è stata messa la sicurezza e subito dopo la povertà. Bambini e adulti, quindi, hanno espresso come, a loro parere, dovessero essere declinati questi dieci principi fondamentali indicati nel manifesto dell'UNICEF «Diritti in Parlamento» e quale dovesse venire per primo.
  Sul tema della povertà l'UNICEF Italia chiede alcune cose precise: affrontare le diseguaglianze materiali, combinando politiche per il sostegno al reddito delle famiglie con figli (politiche da estendere, naturalmente, anche alle famiglie di origine straniera), promuovendo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e modalità di lavoro flessibili per entrambi i genitori, ampliando la disponibilità di servizi di qualità per la prima infanzia.Pag. 8
  Un altro dei principi fondamentali consiste nel dare priorità alla povertà minorile nel nuovo Piano nazionale per l'infanzia, nel rapporto nazionale sociale, così come nelle strategie nazionali contro la povertà e nelle agende contro l'esclusione sociale. Altro punto fondamentale che sosteniamo, proprio per la caratteristica del nostro Paese, riguarda i livelli essenziali da garantire, cioè assicurando uguale accesso ai diritti in tutte le regioni italiane, attuando quanto stabilito dalla Costituzione, che prevede la definizione di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, da garantirsi uniformemente su tutto il territorio nazionale a prescindere dalla devoluzione delle competenze alle regioni.
  In realtà, realizzare una valutazione dell'impatto sull'infanzia per qualunque provvedimento è molto semplice, ma difficilmente ciò viene attuato. Invece, questo accorgimento andrebbe adottato per qualunque provvedimento, a livello di Governo centrale o locale, utilizzando la Convenzione come strumento prioritario e trasversale capace di orientare e determinare le politiche istituzionali, ribadendo il superiore interesse dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza su qualsiasi altra logica e ponendo particolare attenzione alle categorie più vulnerabili, prima di tutti i bambini e gli adolescenti. Vorremmo che, nei singoli provvedimenti, vi fossero delle parti dedicate ad una valutazione di un simile impatto, con indicatori precisi che consentano di misurare i progressi.
  Monitorare la spesa sanitaria per l'infanzia, poi, è un altro degli aspetti sensibili per il nostro Paese e anche per il nostro Parlamento. Bisognerebbe introdurre un sistema di monitoraggio per analizzare quali quote di risorse vengono effettivamente destinate oggi in Italia all'infanzia e all'adolescenza, sia complessivamente, sia per settore. Noi, di fatto, abbiamo tanti Ministeri che effettuano spese per l'infanzia in tanti settori, ma non abbiamo un'esatta dimensione di ciò che viene investito per l'infanzia in senso globale.
  Dovremmo cercare di raggiungere questo obiettivo, non soltanto per avere un quadro d'insieme ma anche per cercare di porre in essere scelte che possano essere più aderenti ai reali bisogni dei nostri bambini.
  Un altro aspetto importante consiste nel monitorare i tagli delle risorse all'infanzia. Questo fatto, spesso, non viene colto con attenzione. Noi sosteniamo che è necessario effettuare uno screening trasversale su tutti i documenti di programmazione previsti nell'attività di Governo, a livello centrale ma anche regionale, dal punto di vista dell'impatto dei tagli sui diritti dell'infanzia.
  Bisognerebbe attuare una moratoria e vorremmo che venisse effettuata una scelta di questo tipo su tutte le potenziali riduzioni di risorse stanziate per l'infanzia. Molto spesso si arriva alla riduzione di risorse senza chiedersi qual sia la ricaduta sull'infanzia.
  In conclusione, è importante che si investa nelle generazioni più giovani, perché non riuscire a proteggere i bambini e gli adolescenti oggi, influenzerà la loro condizione di vita durante tutta la loro infanzia con conseguenze negative sulla loro capacità di recupero in seguito, con conseguenze molto più onerose per il Paese stesso se dovessimo scegliere di intervenire in un tempo successivo: si renda chiara la parte del bilancio dello Stato dedicata alle politiche per l'infanzia e l'adolescenza nonché le risorse ad esse destinate, individuando come priorità, nella stesura del bilancio e nelle politiche fiscali e assistenziali, il contrasto alla povertà minorile; si promuova un sistema di raccolta dati.
  Noi ripetiamo tutto ciò costantemente: non si può risolvere un problema se non lo si conosce in maniera approfondita per quello che è realmente. I risultati che abbiamo ottenuto, anche nei Paesi più poveri, sono in gran parte dovuti agli approfondimenti che abbiamo condotto come organizzazione. I nostri numeri sono condivisi da moltissime altre organizzazioni (oserei dire da tutti coloro che trattano il tema dell'infanzia a livello mondiale). Qualcuno ci ha criticato per questo tipo di approfondimento, cioè perché destiniamo Pag. 9delle risorse per conoscere i problemi, tuttavia, se i problemi non si conoscono non si possono risolvere !
  Siamo riusciti a ridurre la mortalità infantile e siamo riusciti ad intervenire in maniera significativa proprio perché abbiamo avuto – e abbiamo – a disposizione sempre più informazioni che ci consentono di raggiungere quelle realtà dove, molto spesso, esiste una povertà invisibile. Per esempio, ci sono Paesi ricchi esclusi dall'intervento di organismi come il nostro, perché magari hanno un livello economico piuttosto elevato, ma poi, indagando a fondo all'interno delle diverse realtà, si riescono a capire meglio molte situazioni.
  C’è una rinnovata attenzione da parte dell'ISTAT sul tema dell'infanzia in Italia, ma vorremmo che questa Commissione si ponesse come obiettivo fondamentale proprio quello di individuare indicatori della povertà sempre più coerenti, andando oltre le rilevazioni che spesso vengono fatte con indicatori meramente statistici o indagini non in grado di cogliere la verità dei fatti, cercando, insomma, di approfondire.
  Noi riteniamo importante sollecitare la promozione di un sistema di raccolta dati che, oltre a tenere in considerazione l'ambito familiare, abbia come unità di misura i bambini e i minorenni. Vi ringrazio. Naturalmente, sono a disposizione per rispondere ad eventuali domande.

  PRESIDENTE. Presidente, prima di passare alle domande da parte dei colleghi, le chiederei di lasciarci il testo della sua relazione. La dottoressa Aguiari vuole aggiungere qualcosa ?

  FEDERICA AGUIARI, Ufficio advocacy. La ringrazio. Il presidente ha accennato all'importanza di coinvolgere i bambini e i ragazzi nell'elaborazione di politiche che li riguardano direttamente e che hanno delle ricadute sulla loro vita quotidiana. Questo per noi è un punto importante.
  Il presidente ha fatto cenno anche all'ultima raccomandazione europea che individua come uno dei pilastri principali la partecipazione. Certamente questo è un punto fondamentale, perché quando vengono fatti studi sull'impatto di politiche che hanno previsto la partecipazione e il contributo di bambini e ragazzi, spesso emerge che queste sono le politiche che portano maggiori vantaggi economici. Questa è la cosa importante.

  PRESIDENTE. Presidente, verso la fine del suo intervento lei ha fatto riferimento ai tagli che vengono fatti in maniera dissennata sui fondi dedicati all'infanzia e sui fondi sociali in generale, nella maggior parte dei casi senza chiedersi quali ricadute questi interventi possono avere a livello pratico sulla vita dei bambini e degli adolescenti.
  Questa Commissione ha fatto una grande battaglia quando, in occasione dell'approvazione della legge di stabilità, il Governo ha prospettato e poi tagliato di circa il 30 per cento il Fondo nazionale infanzia e adolescenza: c’è stata una pressione trasversale.
  In realtà, tutti i partiti rappresentati in questa Commissione (di maggioranza e di opposizione) hanno esercitato ogni loro prerogativa per evitare che questo accadesse. Purtroppo, si tratta di un Fondo già esiguo e privare quindici grandi città delle risorse che erano ad esse destinate, vuol dire – davvero – creare problemi di disagio a questi ragazzi.
  Speriamo in futuro di riuscire ad ottenere risultati migliori, perché nonostante le nostre lamentele e pressioni, i soldi dei bambini sono stati «scippati», finendo altrove, più o meno legittimamente.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ORNELLA BERTOROTTA. Vorrei sapere se dispone dei numeri riguardanti le risorse con cui viene finanziata l'UNICEF, sia in Italia che nel mondo, mediante le quali è possibile mantenere le sue sedi e tutto il restante apparato.

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. Posso essere molto preciso Pag. 10su questo, anche se mi pare che non rientri nell'argomento. Le risponderò in maniera molto chiara e se avrà ancora dei dubbi, la prego di chiedermi maggiori chiarimenti.
  Come UNICEF siamo l'unico organismo delle Nazioni Unite che non ha finanziamenti pubblici: chiariamo subito questo. L'UNICEF è nato nel 1946 per occuparsi dei bambini vittime del secondo conflitto mondiale, con un mandato di tre anni: siamo stati i primi ad avere questi aiuti. Alla fine del mandato, durato tre anni, si è risolto questo problema. L'UNICEF si è quindi presentato alle Nazioni Unite, relazionando sul mandato concluso, in attesa di essere sciolto. Tuttavia, molti Governi presenti nelle Nazione Unite, visto che l'UNICEF aveva fatto un bel lavoro in Europa (il territorio dove si era intervenuti), decisero di far continuare a lavorare questo organismo a livello internazionale per altri tre anni.
  Alla fine del triennio, durante il quale furono fatti una serie di interventi, con alcuni successi dal punto di vista degli aiuti – ovviamente, per l'epoca di cui parlo – si decise di abbandonare tale esperienza. A quel punto, i rappresentanti dei Governi dei Paesi più poveri – ma non soltanto loro – fecero una sorta di rivoluzione all'interno delle Nazioni Unite chiedendo che questa organizzazione restasse operativa, posto che aveva fatto così bene. Così, il Segretario generale di allora prese la parola e disse che l'ente sarebbe potuto rimanere ad una condizione: dato che si occupava di infanzia, sarebbe restato in vita ma senza alcun contributo pubblico. Chi voleva aiutare l'UNICEF, dunque, avrebbe dovuto farlo spontaneamente.
  Il contributo per l'UNICEF non deve essere fissato, come per l'OMS, per l'UNESCO e per la FAO. Ci sono obblighi in carico ai singoli Paesi i quali devono versare delle quote a questi organismi, mentre noi, invece, siamo rimasti a condizione che non venisse fissata alcuna quota. È stata espressa una necessità e questa andava quindi confermata con aiuti relativi. Questo è ciò che è avvenuto e così si è mossa l'UNICEF.
  A livello nazionale, non abbiamo aiuti da parte del Governo, né tantomeno da parte di altre amministrazioni. Non vorrei essere frainteso: con il termine «aiuto» non mi riferisco di certo al fatto che quando si organizza una manifestazione il Comune x stampi dei manifesti. Questo non lo ritengo un aiuto.
  Il Governo italiano a noi non assegna una lira ! Magari avrete sentito che il Governo italiano ha dato 500.000 euro per la Siria e poi ancora altri soldi, ma non li ha dati al Comitato italiano, bensì all'UNICEF internazionale, perché il rapporto del Governo è direttamente con quest'ultimo organismo: noi viviamo soltanto dei contributi che ci vengono dai cittadini.
  Per quanto riguarda la contribuzione dei cittadini, posso dirle che ancora non abbiamo chiuso il 2013, ma si tratta di una contribuzione che si aggira sui 53-54 milioni di euro. Per noi è un dato abbastanza importante, perché non si discosta di molto dal 2012. Sicuramente, in un periodo di crisi così forte la cosa ci ha meravigliato. Dal punto di vista economico non abbiamo avuto un tracollo, anzi, praticamente, il dato è rimasto invariato rispetto al 2012. Sono diminuite le quote che i singoli cittadini versano, ma sono aumentati i cittadini che versano. Questo vuol dire grande credibilità e grande consenso della nostra organizzazione, che viene percepita come un'organizzazione che opera in maniera seria e trasparente.
  Nel nostro sito può trovare molte delle cose che le sto dicendo e tutte le cifre perché abbiamo l'obbligo di pubblicare i nostri bilanci e il bilancio sociale: tutto viene detto in maniera molto chiara e molto trasparente. Tuttavia, non dobbiamo negare che la raccolta fondi costa e qui parlo a persone che conoscono queste difficoltà.
  La raccolta fondi costa sempre di più. Noi abbiamo aumentato il numero di persone che donano, ma per farci conoscere, per rendere le nostre azioni note a tutta l'opinione pubblica e per far comprendere Pag. 11quello che l'UNICEF fa, non sempre le comunicazioni vengono veicolate gratuitamente: sollecitare i singoli donatori – anche di questo si tratta – ha un costo.
  Come struttura, dal punto di vista del costo del personale e del costo della gestione vera e propria, abbiamo costi bassissimi: siamo nell'ordine dell'8-9 per cento del nostro bilancio. Arriviamo al 20 per cento – forse qualcosa in più – con gli oneri derivanti dalla raccolta fondi. Purtroppo, questo non avviene solo per noi. Ogni organizzazione ha il suo modo di presentare i dati: noi li presentiamo in maniera trasparente, dicendo tutto, perché ci piace il fatto che la gente conosca questi aspetti in maniera chiara, precisa e trasparente. Questo è ciò che avviene anche a livello internazionale: non dobbiamo dimenticarlo.
  C’è, infatti, l'abitudine di guardare all'UNICEF come ad un'organizzazione spendacciona, che lavora in maniera sbagliata, senza intervenire. Io non voglio di nuovo citare i dati – che voi naturalmente conoscete – sulla mortalità infantile, sui successi che abbiamo avuto in quest'ultimo periodo e sulla nostra presenza costante in oltre 190 Paesi. Se guardiamo al bilancio dell'UNICEF internazionale potremmo preoccuparci delle spese, ma fra le spese dobbiamo inserire tutti gli oneri che l'UNICEF sostiene per distribuire 2 miliardi e 500.000 dosi di vaccino l'anno e tonnellate di integratori alimentari.
  Il nostro grande successo è legato soprattutto ad una scelta di campo che abbiamo fatto nei Paesi poveri dove interveniamo. Io sono stato in India prima di questa scelta e dopo, così come sono stato in altri Paesi per vedere che cosa è accaduto. Prima, infatti, operavamo in questi Paesi con operatori che venivano dal nord del mondo. Qualcuno definiva tutto ciò neocolonialismo o qualcosa di simile. Oggi siamo riusciti a coinvolgere nei nostri processi di sviluppo le comunità locali: lo abbiamo fatto dappertutto. Io sono stato in India circa dieci anni fa e ci sono tornato alcuni anni addietro. Gli operatori presenti sul campo erano circa duecento, tutti provenienti dal nord. L'ultima volta che ci sono stato, invece, c'erano cinquecento operatori ed erano tutti appartenenti alla comunità locale.
  Oltre a migliorare la performance economica (queste persone non ci costano come coloro che provenivano dal nord del mondo), siamo riusciti ad ottenere risultati positivi sulla mortalità infantile e sul benessere dei bambini: una cosa è se a parlare ci vado io, che ho un colore della pelle diverso e che provengo da un altro Paese, altra cosa è se sono loro stessi ad intervenire.
  Sull'aborto selettivo stiamo ottenendo dei risultati importantissimi da quando abbiamo stretto delle collaborazioni di partenariato con comunità locali, operatori e organizzazioni locali per cercare di prevenire ciò che, dopotutto, abbiamo causato noi con l'arrivo degli ecografi. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che in India l'aborto selettivo è iniziato quando noi abbiamo portato gli ecografi. Non parlo di noi italiani in particolare, ma di persone provenienti anche da altri Paesi, che con gli ecografi hanno reso possibile conoscere il sesso del bambino prima che nascesse, con tutti i disastri legati alla mortalità delle mamme e dei bambini.
  Se guardiamo al bilancio dell'UNICEF, considerando come spese quelle a cui accennavo, queste ultime sembrano enormi. I nostri bilanci sono pubblicati su www.unicef.org per quanto riguarda l'UNICEF internazionale e su www.unicef.it per quanto riguarda l'Italia. A livello internazionale i nostri costi non superano il 7 per cento (mi riferisco ai costi di struttura, ossia alla nostra sede internazionale e alla nostra sede di Ginevra).
  In Italia abbiamo più di 3.000 volontari presenti sul territorio nazionale e non ne esiste uno pagato, anzi, noi volontari – io per primo come presidente – dobbiamo metterci qualcosa di tasca nostra. Partecipiamo alla campagna «Amico» – alla quale vi invito a partecipare – versando una quota mensilmente e facciamo ciò per scelta. Non si tratta di una quota associativa, Pag. 12bensì di una campagna che ci consente di disporre di risorse certe per fare degli interventi.

  FEDERICA AGUIARI, Ufficio advocacy. Sul sito è possibile scaricare sia il bilancio di esercizio, sia il bilancio sociale.

  LOREDANA LUPO. Innanzitutto, vorrei ringraziarla per la relazione esaustiva. Quando abbiamo iniziato a studiare in Commissione la povertà dei minori, il sottosegretario ci ha portato dei dati relativi alla povertà assoluta, ma poiché mi sono occupata anche di statistica nella mia vita, tale elemento mi suonava un po’ strano ai fini della reale valutazione della povertà infantile. Oggi questo concetto mi è stato chiarito: voi avete lavorato sulla povertà con uno spettro decisamente più ampio e avete una visione molto più chiara di cosa essa sia.
  Mi domando, quindi, se non potreste mettere a disposizione questa metodica di indagine. Come Commissione, noi potremmo adottare un atto di indirizzo al Governo affinché utilizzi i vostri metodi, che mi sembrano decisamente più completi rispetto a quelli che ho potuto analizzare in precedenza. La presidente potrebbe prendersi carico di questa volontà, che sono sicura vedrà tutti i commissari più o meno concordi: più facciamo una valutazione coerente della realtà del territorio, meglio possiamo affrontare le problematiche.

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. La ringrazio del suo intervento. Vorrei aggiungere che sarei ben felice – l'ho detto anche alla vostra presidente – di creare un gruppo di studio, al di là di tutto quello che si dice oggi giorno. Si fanno delle indagini campionarie su mille persone e si parla di un terzo degli italiani: sono tutte indagini abbastanza giornalistiche, fatte per uscire la mattina sulle prime pagine dei giornali.
  Io ho il piacere di avere dei collaboratori validissimi, tra cui la dottoressa qui presente. Vorremo trovare, insieme, degli indicatori di povertà che si discostino un po’ dai numeri, che vadano oltre il PIL o il consumo di pasti proteici e che siano sempre più aderenti alla realtà.
  In questa indagine, ad un certo punto, si dice qualcosa che ho detto en passant: quello che percepiscono i bambini è diverso rispetto agli indicatori. Ciò vuol dire che questi bambini vivono in un altro mondo, o forse che noi amplifichiamo alcune situazioni che ci fa piacere amplificare, per parlarne in un certo modo, guardando i fatti in maniera non reale. Dobbiamo trovare assieme degli indicatori stabili.
  Accennavo prima alla necessità di misurare le disposizioni legislative, nazionali e locali, valutandone l'impatto sull'infanzia e cercando di individuare degli indicatori che ci consentano di misurarne, man mano, i danni o i benefici: penso che dobbiamo far ciò.
  Noi, come UNICEF, siamo disponibili a collaborare. Ci sono altri che possono collaborare e ne saremmo ben felici: non vogliamo essere gli unici. Io sono qui per dichiarare la nostra più completa disponibilità in questo senso.

  VANNA IORI. Anche io vorrei ringraziarla per la sua relazione, molto interessante e molto esaustiva, soprattutto dal punto di vista della possibilità di ampliare gli indicatori, partendo da quei tre indicatori fondamentali citati: speranza di vita, livello di istruzione e PIL.
  Al termine della sua relazione lei ha fatto riferimento a un tema che mi pare molto interessante, quello della povertà invisibile, una povertà trasversale alle variazioni di PIL, di livello di istruzione e di speranza di vita.
  Rispetto al discorso sulla possibilità di individuare indicatori sempre più aderenti alla realtà, come la possibilità di consumare un pasto proteico adeguato, pensavo ad alcune fattispecie della povertà alle quali si pone abitualmente scarsa attenzione. Vorrei sapere, per esempio, se l'UNICEF ha iniziato a porre attenzione ad alcuni elementi quali gli spazi. Le città sono sempre meno a misura di bambino: sono spariti i cortili, gli spazi gioco, gli spazi per l'aggregazione giovanile, gli spazi Pag. 13per fare sport al di fuori delle palestre o dei luoghi deputati, in aggiunta alla scarsa presenza di piste ciclabili. Questa situazione, ovviamente, interessa le politiche urbanistiche, che se apparentemente sono altro rispetto alle politiche infantili, in realtà, poi, hanno ripercussioni molto forti e importanti sulla crescita dei ragazzi e dei bambini.
  Mi riferisco, inoltre, alla genitorialità, che è un altro tema di cui si parla ancora troppo poco, se non quando arrivano sulle prime pagine dei giornali – come successo recentemente – le notizie di genitori che uccidono i loro figli o li sequestrano durante le cattive separazioni. Pochi giorni fa abbiamo letto di due bambini sgozzati dal loro papà. Naturalmente, questo episodio è avvenuto all'interno di una separazione: che cosa posso fare di più offensivo per l'ex coniuge che privarlo delle persone a cui vuole più bene, cioè i figli ?
  Mi riferisco ai percorsi nascita. Penso alla depressione post partum, che spesso è all'origine di maltrattamenti e violenze anche nei confronti dei figli, oltre che di atti di autolesionismo nei confronti delle madri. Mi riferisco agli abusi e alle violenze di cui non si da notizia sui giornali, di cui si sa pochissimo, che avvengono all'interno di tutte le classi sociali, famiglie agiate e non agiate. Mi riferisco anche alla disabilità infantile e alle diverse forme di violenza sui disabili (vedo che nella documentazione che ci avete lasciato esistono alcune pagine su questo tema).
  Insomma, secondo voi è possibile trovare della documentazione su questa tematica, cioè della povertà invisibile, in quanto area grigia e molto più difficilmente sondabile attraverso degli indicatori oggettivi e misurabili ?

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. Innanzitutto bisogna fare una considerazione di carattere generale: qual è il risultato di questa indagine condotta dall'Istituto degli innocenti e che noi facciamo come UNICEF ? Sicuramente, l'obiettivo è sia quello di condurre un approfondimento sulle condizioni dell'infanzia e sulla povertà minorile, sia quello di aprire un dibattito a livello nazionale.
  Lei ha citato fatti che sono veramente sotto gli occhi di tutti. Quotidianamente la stampa ci informa di episodi di questo genere, ma qual è la dimensione ? Abbiamo, per il momento, una dimensione scandalistica di queste cose ma non abbiamo strategie concrete di intervento, perché non affrontiamo il problema se non per scriverlo sulle prime pagine dei giornali: è una valutazione scandalistica e basta. Non c’è nessuna capacità di approfondimento: nessuno fa ciò.
  Quando mi riferivo al lavoro di questa Commissione e alla disponibilità della presidente, intendevo dire che proprio in queste occasioni, con voi, si può fare un lavoro serio, un lavoro che vada al di là delle notizie che lei, giustamente, ha evidenziato. L'invisibilità è data da ciò che sta dietro a questi fenomeni, i quali molto spesso sono soltanto un aspetto di ciò che effettivamente esiste senza che nessuno abbia preso in adeguata considerazione i fatti. L'invisibilità dipende proprio dalla valutazione che riusciamo a dare di questi fatti !
  Questi avvenimenti, nella stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, proprio per volere di chi li pubblica, passano come notizie del giorno, da dimenticare il giorno successivo, ma, come giustamente si notava, sono la punta di un iceberg. Sono notizie che durano lo spazio di un mattino e il giorno dopo ce ne dimentichiamo.
  Vogliamo continuare così ? Vogliamo continuare a parlare di privazione, di povertà dell'infanzia e di povertà in generale, senza cercare prima di tutto di capire questo fenomeno e di conoscerlo ? Io continuo a ripetere: prima di parlare cerchiamo di capire e di approfondire con una buona dose di dati. Questo è un metodo corretto per trovare delle strategie, altrimenti non le troviamo. Ribadisco, infine, che la nostra disponibilità in questo senso è completa.

  FEDERICA AGUIARI, Ufficio advocacy. Quello che diceva il presidente è per noi validissimo. Non ci dobbiamo sostituire a nessuno e non siamo un'Istituzione. Il nostro compito, piuttosto, è quello di Pag. 14aprire un confronto, anche sull'individuazione di indicatori di benessere dell'infanzia. In Italia c’è già una certa attenzione agli indicatori di benessere: sarebbe interessante declinarli anche per la condizione dell'infanzia.
  Per quanto riguarda, invece, l'esempio relativo agli spazi che nel contesto urbano sono dedicati all'infanzia e all'adolescenza, permettetemi di fare riferimento al programma Città amiche, che l'UNICEF ha promosso a livello internazionale e che noi, da diversi anni, cerchiamo di declinare sul territorio italiano. In quel campo d'interesse c’è una sperimentazione di una serie di indicatori e un'attenzione quali-quantitativa relativa alla vita all'interno dei contesti urbani.

  CHIARA SCUVERA. La ringrazio per questa relazione e per avere sottolineato il fatto che il metodo deve consistere prima nell'indagine, per poi arrivare a delle proposte e delle soluzioni. Come ci ricordava la presidente Brambilla, quest'anno il Parlamento ha messo al centro del dibattito politico il tema dell'infanzia. Dispiace che dalla stampa non emerga il fatto che di povertà infantile in Parlamento si è parlato, tant’è vero che abbiamo approvato una serie di mozioni contro la povertà infantile promosse da tutti i gruppi parlamentari.
  Noi ci siamo basati soprattutto sugli studi di Save the children e, grazie anche al contributo della collega Iori, abbiamo presentato degli atti di indirizzo al Governo per alcuni interventi molto concreti, tra cui il ripristino del FIA. Da qui è nata la battaglia parlamentare in sede di legge di stabilità, a seguito della quale, purtroppo, sono stati ricavati soltanto 2 milioni in più. D'altro canto, abbiamo anche ottenuto 40 milioni per i minori non accompagnati, un altro grande tema.
  Il problema, secondo me, è che si è rotto il tabù della povertà infantile. Mi riferisco al fatto di privare un bambino della mensa scolastica, così come è avvenuto in alcuni comuni, e alle politiche discriminatorie che sono state condotte a livello istituzionale da alcuni enti locali, così come è avvenuto nei confronti di alcuni minori disabili per il trasporto scolastico. Le politiche pubbliche per l'infanzia assumono a volte una connotazione un po’ paternalistica, mentre la battaglia da fare a livello politico e in termini di approccio culturale, probabilmente, consiste nel tornare a pensare all'imprescindibilità dell'universalismo dei diritti dell'infanzia.
  Secondo me, a livello normativo e di riforme, si deve pensare a una conversione di alcuni servizi per l'infanzia, da domanda individuale a servizio universale. Penso, in particolare, alla mensa scolastica. In questo senso, è fondamentale – come lei ci ricordava – la riforma del Titolo V. Il reale problema è che oggi lo Stato non ha, di fatto, un potere sostitutivo per assicurare l'uniforme applicazione dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, garantendo che tutti i bambini di tutte le città abbiano la mensa.
  Voi avete delle proposte di riforma ? Secondo voi la normativa per l'infanzia vigente va bene così, oppure avete delle proposte di modifica, posto che noi riteniamo che si debbano cambiare anche le politiche fiscali per passare all'universalismo ?

  FEDERICA AGUIARI, Ufficio advocacy. Vi è un documento, (Diritti in Parlamento), che elaboriamo da tre legislature e del quale vi possiamo lasciare copia. Naturalmente, si tratta di un documento fatto in modo molto snello e, come ricordava il presidente, è nostra cura svolgere un'azione di advocacy sul territorio con le persone comuni, non solo con le Istituzioni. Il documento, quindi, è fatto in modo molto snello ma contiene delle proposte precise. Abbiamo individuato dieci punti, tra cui la povertà. Per ogni punto abbiamo fatto una serie di proposte, riportate nel documento. Una considerazione iniziale: ci sono già molte politiche per l'infanzia. Si tratta di attuarle nel modo migliore e di fare una valutazione. Questo è un aspetto molto importante. Nello specifico, noi stessi seguiamo alcuni corsi di legge. Nel documento troverete molti riferimenti, naturalmente in modo succinto. Ci sono anche Pag. 15delle osservazioni conclusive, alle quali faceva riferimento il presidente. Si tratta delle indicazioni che il Comitato ONU rivolge all'Italia nel momento del monitoraggio periodico. L'Italia riceve delle indicazioni precise sull'indirizzo che deve prendere per implementare l'attuazione della Convenzione, la quale è per noi un punto di riferimento fondamentale.

  NUNZIA CATALFO. Ringrazio il presidente per la sua memoria, per la sua presenza qui e anche per aver accolto la proposta della deputata Lupo. Spero che grazie alla nostra presidente si possa avviare presto un tavolo di lavoro in questo senso. Noi abbiamo già effettuato diverse audizioni inerenti al tema della povertà minorile. In taluni casi sono sorti dubbi riguardo al sostegno al reddito che si dovrebbe dare alle famiglie povere che hanno dei bimbi. Noi riteniamo che la povertà minorile sia strettamente legata alla povertà dell'adulto e a una serie di questioni che riguardano la sua emarginazione sociale, essendo quindi essenziale dare un sostegno congruo al reddito della famiglia mediante l'attivazione di una serie di servizi, dei quali lei stesso ha parlato all'interno della sua relazione e nel corso del suo intervento.
  Ho una domanda specifica che vorrei farle per capire qual è la posizione dell'UNICEF in questo senso. Vorrei sapere se l'UNICEF ritiene che sia corretto dare un sostegno al reddito alla famiglia del minore oppure no.

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. Noi siamo più che favorevoli a questo tipo di politiche, che mi pare siano state già avviate in maniera marginale.

  NUNZIA CATALFO. È stata avviata in questo momento una misura di sostegno al reddito che è di molto al di sotto della soglia di povertà assoluta. La nostra proposta, come gruppo parlamentare, è di attivare una misura che sia quantomeno uguale alla povertà relativa di cui lei ha parlato.

  GIACOMO GUERRERA, presidente dell'UNICEF Italia. Noi siamo sicuramente favorevoli. Su questo ci siamo già espressi in altre occasioni e abbiamo espresso delle sollecitazioni in questo senso. Nel documento che le è stato dato sui diritti in Parlamento abbiamo trattato anche questo aspetto.

  PRESIDENTE. Penso che il tema riscuota davvero un consenso trasversale. È di tutta evidenza che, o sosteniamo le famiglie, le quali mai come oggi si trovano in difficoltà, o si verificheranno troppi casi delicati, tra cui ricordo quelli relativi all'allontanamento dei bambini dalle famiglie.
  Vi ringrazio per il vostro intervento e per questo materiale prezioso che ci avete appena lasciato, che è in distribuzione (anche se oggi non sono presenti tutti i membri della Commissione, sarà ovviamente nostra cura e premura farlo pervenire agli assenti).
  Penso che lei dovrebbe venirci a trovare più spesso: essendo il vostro organismo titolare di tante valenti e importanti competenze, conoscenze, nell'autorevolezza delle nostre indagini conoscitive, quale che sia il tema, voi risultate sempre coinvolti.
  Per questa ragione, le rinnovo, fin da subito, l'invito per una nuova audizione su altri temi e la ringrazio. Penso di potere estendere, anche a nome dei colleghi che non sono intervenuti, i ringraziamenti di questa Commissione per il lavoro che svolgete, che chiaramente è di estrema importanza. Buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.