XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 23 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ MINORILE

Audizione di rappresentanti del Gruppo CRC.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Saulini Arianna  ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 4 
Cipriani Diego , Gruppo CRC – Caritas Italiana ... 4 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 6 
Rebesani Matteo , Gruppo CRC – Save the Children Italia ... 6 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8 
Zampa Sandra (PD)  ... 8 
Iori Vanna (PD)  ... 8 
Zanin Giorgio (PD)  ... 9 
Antezza Maria (PD)  ... 10 
Cesaro Antimo (SCpI)  ... 11 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 
Catalfo Nunzia  ... 13 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 
Saulini Arianna , Coordinatrice Gruppo CRC ... 14 
Cipriani Diego , Gruppo CRC – Caritas Italiana ... 15 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14,15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Gruppo CRC.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla povertà minorile, l'audizione di rappresentanti del Gruppo CRC. Diamo il benvenuto alla dottoressa Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo CRC, al dottor Diego Cipriani, del Gruppo CRC-Caritas italiana, e al dottor Matteo Rebesani, del Gruppo CRC-Save the Children Italia.
  Darei, innanzitutto, la parola alla dottoressa Saulini che ci farà un inquadramento di carattere generale per chi non conoscesse la loro bella e importante realtà. Quindi, con il dottor Cipriani e il dottor Rebesani potremo entrare nel merito di tutti i punti all'ordine del giorno, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgere ai nostri ospiti, al termine del loro intervento, domande e richieste di chiarimento e approfondimento.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Saulini.

  ARIANNA SAULINI, coordinatrice Gruppo CRC. Buongiorno a tutti. Innanzitutto desidero ringraziarvi, a nome di tutte le associazioni che compongono il nostro network, per aver accolto l'invito dell'audizione odierna.
  Come ha anticipato la presidente, il mio intervento si propone di farvi conoscere il nostro network e la nostra attività. Aver raccolto in un unico coordinamento tante realtà che si occupano di diritti dell'infanzia sui temi più variegati è una caratteristica unica nel panorama italiano. Al momento, le associazioni che fanno parte del Gruppo CRC sono 82. Il numero si aggira sempre, più o meno, intorno a 80, ma teniamo a precisare che la maggior parte è costituita proprio da associazioni attive nel network.
  Pertanto, mentre molti coordinamenti nel corso del tempo perdono la propria efficacia, noi siamo presenti da oltre dieci anni e riusciamo puntualmente a svolgere ogni anno un'analisi per fornire una fotografia della situazione dei diritti d'infanzia in Italia.
  La partecipazione al network è libera, ma le associazioni non attive sono invitate a lasciare il coordinamento, proprio per consentirci di avere una struttura che, per quanto complessa dati i numeri, ci consenta di avere all'interno solo associazioni attive e impegnate.
  Il network ha prevalentemente la finalità di fornire un monitoraggio della situazione dei diritti dell'infanzia in Italia, per cui il nostro parametro di riferimento sono i diritti dell'infanzia. La parola «diritto» è importante proprio perché ci rifacciamo alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, quindi Pag. 4poniamo i minori al centro della nostra osservazione.
  I numerosi temi contenuti sono raggruppati per macroaree. Oggi vi abbiamo portato copia del rapporto che è stato pubblicato lo scorso maggio 2013, anticipandovi che sono appena iniziati i lavori di redazione del nuovo rapporto, che sarà reso pubblico il prossimo 27 maggio, nella ricorrenza dell'anniversario della ratifica della Convenzione ONU in Italia.
  I capitoli contenuti nel rapporto, che saranno contenuti anche nel prossimo, riguardano, innanzitutto le macroaree, con una parte che riguarda, in generale, le politiche per l'infanzia e l'adolescenza, quindi le politiche sociali, la legislazione, le misure di coordinamento a livello istituzionale e non. Un'altra parte riguarda diritti civili e libertà; un'altra ancora l'ambiente familiare e le misure alternative alla famiglia. Un capitolo è dedicato a salute e assistenza, con l'inciso che la salute è intesa a tutto campo. Difatti, il tema oggetto della vostra indagine conoscitiva, cioè quello della condizione dei minori poveri in Italia, è trattato dentro il cappello del benessere e della salute in senso ampio.
  C’è poi il tema dell'educazione e delle attività culturali e, infine, quello delle misure speciali per la tutela dei minori, in cui sono trattati temi come quelli dei minori stranieri non accompagnati, dello sfruttamento economico, della pedopornografia, della prostituzione minorile in Italia; tutti i temi per cui i minori si trovano in una condizione di particolare vulnerabilità e richiedono misure speciali per la loro tutela.
  Questo serve a offrirvi una panoramica generale e a invitarvi alla lettura dell'intero testo o, comunque, delle parti di vostro interesse. È un testo attuale, aggiornato e scritto in maniera sintetica perché il nostro obiettivo è fare un'analisi breve ma dettagliata, inquadrando in poche pagine le problematiche principali.
  Un'altra caratteristica del nostro lavoro e di questo rapporto è il fatto che ogni paragrafo, quindi ogni tema, si conclude con delle raccomandazioni, nel massimo di tre, rivolte puntualmente alle istituzioni competenti. In alcuni casi, quindi, troverete citata anche la Commissione infanzia proprio perché, nel corso delle varie legislature, abbiamo avuto sempre un confronto con la Commissione, che ci auguriamo possa continuare anche nel corso di questa legislatura. Riteniamo, infatti, che sia un organismo fondamentale, efficace nel proprio lavoro di controllo dei lavori parlamentari e quindi di supporto al nostro monitoraggio.
  Sappiamo che sono state avviate due indagini conoscitive. Proponiamo, quindi, due testi. Il primo, che esporremo oggi, è dedicato al tema della povertà economica. Un altro paragrafo, invece, riguarda la prostituzione minorile. Vi invitiamo, quindi, alla lettura e vi anticipo che siamo disponibili a presentare il testo del nuovo rapporto in un'audizione o nelle forme che riterrete più opportune. Grazie.

  PRESIDENTE. Mi riservo di farvi avere richiesta di un fascicolo per ogni membro della Commissione, anche per coloro che non sono presenti oggi. Siccome li avete già portati, vi chiedo di lasciarceli in modo che li possiamo mettere in casella ai colleghi.
  Do ora la parola al dottor Cipriani.

  DIEGO CIPRIANI, Gruppo CRC – Caritas Italiana. Da pagina 81 del testo che avete ricevuto, in tre paginette, abbiamo affrontato il tema delle condizione di povertà dei bambini in Italia.
  In generale, il paragrafo inizia con il ricordare le raccomandazioni che il Comitato ONU fa all'Italia su ciascuno degli aspetti di cui tratta il rapporto e si conclude con alcune raccomandazioni del nostro Gruppo CRC.
  La sola lettura delle raccomandazioni fatte dal Comitato ONU ci dice che la situazione dei minori in Italia non è particolarmente felice, perché, citando dati dell'Unione europea, è proprio la condizione infantile che mette un soggetto più a rischio di povertà rispetto a un adulto o a un anziano.
  Nell'Unione europea a 27, il 27 per cento dei minori di 18 anni è a rischio Pag. 5povertà, mentre lo è il 24 per cento degli adulti e il 20 per cento degli anziani. Questo significa che un bambino ha più probabilità di essere povero rispetto a un adulto o a un anziano.
  In Italia questa condizione è ancora più grave che a livello europeo. Tutti i dati ci dicono che la situazione dei minori di 18 anni è più grave rispetto alla media dell'Unione europea. Il 27 per cento, che è la media europea, diventa il 32 per cento in Italia. Un bambino italiano, quindi, è molto più a rischio di cadere in povertà ed esclusione sociale rispetto a un adulto o a un anziano.
  Questo rapporto è stato pubblicato a maggio dell'anno scorso. I dati che abbiamo utilizzato sono, quindi, ormai vecchi. Per esempio, i dati sulla povertà assoluta e sulla povertà relativa rilasciati ogni anno dall'ISTAT si riferiscono al 2011 perché i dati dell'ISTAT vengono pubblicati a luglio. Pertanto, il rapporto che stiamo stilando oggi potrà utilizzare i dati del 2012, mentre quelli citati sono del 2011.
  In ogni caso, anche a leggere i dati dell'ISTAT rilasciati a luglio 2013 e riferiti all'anno 2012 si vede come il tasso di povertà sia ulteriormente aumentato. Per quanto riguarda la povertà relativa, in generale, siamo passati dall'11 al 12 per cento; per quella assoluta siamo passati dal 5 al 6 per cento.
  I dati ISTAT ci ricordano che, con riguardo alla povertà relativa, la condizione delle famiglie con minori peggiora rispetto all'anno precedente. Questo avviene mano a mano che cresce il numero dei minori presenti nel nucleo familiare: più una famiglia ha figli minori e più in quella famiglia cresce l'incidenza della povertà.
  Per esempio, secondo l'ISTAT, sempre nel 2012, per quanto riguarda la povertà relativa, siamo passati dal 15 al 18 per cento. Lo stesso accade per la povertà assoluta. Secondo gli ultimi dati dell'ISTAT, in Italia ci sono 4.814.000 poveri assoluti. Di questi, 1.058.000 sono minori. L'anno precedente erano 723.000. Abbiamo, quindi, ogni anno un aumento di circa 300.000 minori che rientrano nella fascia di povertà assoluta.
  Questi sono dati particolarmente drammatici, anche perché si concentrano soprattutto al Sud, là dove, sempre secondo i dati dell'ISTAT che riportiamo, 4 famiglie su 10 con 3 figli minori o più sono povere.
  Ciò significa che – vengo subito alle nostre analisi, poi il collega Rebesani darà dei riferimenti in relazione a quanto è stato fatto fino adesso anche con risorse europee – il tema delle risorse da destinare alle famiglie con minori è un tema fondamentale. Non ne parliamo in questo paragrafo del rapporto perché ne abbiamo già parlato nel primo, quello dedicato proprio alle risorse, ma abbiamo notato come in questi ultimi anni le risorse dedicate all'infanzia siano drammaticamente calate. Questo, ovviamente, non può non avere conseguenze anche sull'aumento del numero di famiglie che cadono in povertà o che sono a rischio di esclusione sociale.
  È chiaro che la crisi economica ha aggravato questi aspetti, soprattutto denunciando e mettendo a nudo la fragilità dei servizi di welfare, anche con la forte riduzione delle risorse finalizzate agli interventi sociali.
  Per concludere, passo alle raccomandazioni che abbiamo fatto, come Gruppo CRC, sul tema della povertà. La prima può essere banale, ma, purtroppo, la ripetiamo da diversi anni. Non esiste, in Italia, uno studio specifico sulla povertà infantile. Anche a vedere i rapporti dell'ISTAT su povertà relativa e povertà assoluta, le righe dedicate al tema della povertà dei minori sono veramente poche. Chiediamo, pertanto, di realizzare, nell'ambito del Programma statistico nazionale, un'indagine specifica sulla povertà minorile.
  La seconda raccomandazione è di adottare una filosofia di fondo, ovvero di prevedere, nel momento in cui si approva un provvedimento, soprattutto in ambito sociale, da parte del Governo e del Parlamento, l'impatto che questo può avere sulla condizione delle famiglie con minori.Pag. 6
  La terza raccomandazione è di definire un piano straordinario nazionale di contrasto alla povertà minorile, come ci chiede l'ONU.
  Queste sono le tre raccomandazioni che abbiamo consegnato in questo rapporto. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Rebesani.

  MATTEO REBESANI, Gruppo CRC – Save the Children Italia. Parto dall'ultimo punto, ovvero dalla raccomandazione del rapporto sul fatto che non esiste in Italia un piano di contrasto alla povertà, in particolare minorile. Le misure e i fondi dedicati alle politiche di inclusione sociale e per l'infanzia sono, infatti, fortemente frammentarie e stratificate negli anni. Sono, cioè, pensate su obiettivi autonomi e indipendenti, spesso con governance su livelli istituzionali molto diversi e senza una regia unica, né una strategia complessiva.
  Tuttavia – il mio intervento si concentra su questo – negli ultimi due anni, anche grazie alle raccomandazioni elaborate a livello europeo, si possono segnalare alcune novità che indicano un'attenzione specifica verso la necessità di elaborare misure di contrasto alla povertà e di inclusione, che considerino come beneficiari, in maniera specifica e diretta, proprio le persone di minore età. Tali misure, essendo finanziate in larga parte da fondi europei e quindi da risorse comunitarie, hanno un limite poiché spesso si concentrano e hanno come target i minori che risiedono nelle regioni del sud, che sono quelle dove è più forte l'incidenza della povertà minorile.
  Mi concentro su tre principali capitoli. Il primo è quello del recente passato. A fine 2011, con il Governo Monti e il Ministro della coesione territoriale, Barca, si diede impulso a un piano di azione e coesione, in cui voglio sottolineare che, per la prima volta, nella riprogrammazione dell'allocazione dei fondi, è stato previsto un programma per i servizi di cura, avviato a marzo 2013, per il rafforzamento dei servizi per la prima infanzia nelle quattro regioni (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).
  Il piano prevedeva un importo di 400 milioni di euro, 120 sul 2013 e 280 da utilizzare da qui al 2015. Ora, questa misura interviene sul potenziamento dell'offerta e sostegno per la domanda, quindi non ha carattere strutturale perché non crea nuovi posti per l'infanzia, ma va incontro semplicemente alle spese correnti che gli enti locali devono sostenere per mantenere i servizi aperti o facilitare la domanda, quindi sostenere le rette.
  Su quest'intervento va sottolineato proprio il fatto che per la prima volta sono utilizzati fondi europei con l'esplicita intenzione di intervenire sulla condizione di povertà delle famiglie, con una misura che riguarda, però, direttamente il miglioramento delle condizioni del bambino.
  Un secondo punto – passiamo dal recente passato al prossimo futuro – che dimostra che questa misura non è stato il frutto di un'intuizione isolata è la bozza di accordo di partenariato tra Italia e Commissione europea per la programmazione del nuovo ciclo dei fondi europei 2014-2020, presentata lo scorso dicembre dal Ministro Trigilia.
  Vale la pena forse ricordare brevemente quali sono i fondi complessivi dedicati a questo periodo di sette anni: risorse comunitarie per 32 miliardi di euro, a cui bisogna aggiungere 24 miliardi di euro di cofinanziamento dello Stato italiano; il cofinanziamento delle regioni per i piani operativi regionali; infine, il Fondo di sviluppo e coesione, approvato recentemente dal Parlamento con la legge di stabilità, per altri 54 miliardi di euro.
  Questo vuol dire che, nel periodo dei sette anni, dal 2014 al 2020, avremo una dotazione di più di 110 miliardi di euro. In questo accordo, forse per la prima volta, è stato deciso di concentrare queste risorse su pochi obiettivi strategici, tra i quali vi è proprio quello del contrasto alla povertà.
  Di questi 110 miliardi quanti saranno destinati alla povertà ? Su 32 miliardi di fondi comunitari, circa il 10 per cento (3,155 miliardi di euro) sarà destinato alle Pag. 7azioni per promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà e ogni forma di discriminazione. Naturalmente, questo non vuol dire che saranno tutti destinati al contrasto della povertà minorile.
  Detto questo, nello stesso documento è data grande rilevanza al dato che colloca – come diceva il collega Cipriani – il nostro tra i Paesi a più alta incidenza del rischio di povertà minorile, oltre a ricordare la scarsa diffusione dei servizi di cura, in particolare dei servizi per l'infanzia, sul territorio italiano. Nel 2011, la copertura della popolazione 0-2 anni era pari all'11,8 per cento, in crescita rispetto al passato, ma lontanissima dagli obiettivi di Lisbona.
  Allora, negli orientamenti dell'accordo, che ci dicono come verranno spese queste risorse, si fa presente che la priorità è dedicare un programma nazionale alla sperimentazione di misure rivolte alle famiglie in condizioni di povertà ed esclusione sociale, con particolare riferimento ai nuclei in cui siano presenti i minori e, secondariamente, operare per una migliore qualità e accessibilità dei servizi di cura e dei servizi socioeducativi per l'infanzia.
  Riguardo a questo secondo punto, nella strategia, questi servizi sono anche volti a incentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, introducendo una seconda fonte di reddito familiare che può portare all'uscita da una condizione di povertà del nucleo familiare. Viene, però, anche sottolineato il ruolo che questi servizi hanno a sostegno del benessere dei minori e del loro sviluppo socioeducativo, facendo compiere un passaggio culturale importante alla concezione di servizio all'infanzia, che non è – banalmente – il parcheggio dei figli per poter andare a lavorare, che pure è importante.
  Con queste misure si prevedono, quindi, per la prima volta interventi infrastrutturali, ossia più asili, e per il sostegno alla domanda di questi servizi.
  Passo all'ultimo punto. Questi obiettivi strategici sono stati anticipati da una sperimentazione, che non è ancora in atto perché sta per essere implementata in questo momento. Mi riferisco alla cosiddetta «nuova social card», introdotta già dal Governo Monti, dall'allora sottosegretario Cecilia Guerra, e poi estesa dall'attuale Governo.
  Tale misura affianca a un trasferimento monetario un intervento di inclusione attiva, ovvero il nucleo familiare deve stipulare un patto di inserimento con i servizi sociali secondo il quale, a fronte di un trasferimento monetario, si impegna a rispettare alcune condizioni. È importante sottolineare che sono stati individuati come beneficiari innanzitutto i nuclei familiari con minori e che all'interno di questo patto ci sono delle misure che toccano direttamente la tutela del benessere dei minori, come l'assolvimento dell'obbligo scolastico oppure delle visite pediatriche.
  Tralasciando la parte economica, dico che, a fronte di un primo finanziamento di 50 milioni di euro su 12 città, interventi successivi, sempre su fondi europei, hanno portato questa sperimentazione a prevedere, per il 2014, 300 milioni di euro, estesi a tutte le regioni del Meridione e in minima parte anche a quelle del centro-nord. Lo stesso discorso vale per il periodo 2015. Nel biennio, quindi, saranno spesi quasi 600 milioni di euro per sostenere le misure che prevedono un impatto sui minori.
  Concludo con una piccola valutazione di livello più personale. Esistono, naturalmente, molti dubbi su alcuni aspetti di questa misura e sulla sua reale efficacia. Quindi, questo strumento dovrà essere attentamente valutato, soprattutto per la sua difficile e complicata implementazione da parte degli enti locali. Basti ricordare che le prime carte, che dovevano essere emesse a novembre, ancora oggi non sono arrivate ai destinatari per motivi che dipendono dalla raccolta dei dati sugli eventuali beneficiari.
  Tuttavia, non si può negare – pongo all'attenzione della Commissione questo elemento – che, con 600 milioni di euro per il contrasto alla povertà per nuclei familiari con minori, forse per la prima volta in Italia abbiamo un intervento sostanzioso, Pag. 8per cui, nella strategia, perlomeno sulla carta, i minori sono considerati come soggetti attivi e non solo come membri di un nucleo familiare. Quindi, considerando le risorse che arriveranno tra il 2014 e il 2020, questo può essere il nucleo di una futura strategia di contrasto alla povertà minorile.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre dei quesiti o formulare osservazioni.

  SANDRA ZAMPA. Vi ringraziamo molto per la vostra presenza, per le informazioni che ci avete fornito e anche per il tentativo di riflettere insieme. Questa Commissione sta cercando di capire cosa sta succedendo.
  A dicembre abbiamo audito la viceministro Guerra, la quale aggiungeva un'informazione che aggrava ulteriormente la nostra preoccupazione sullo stato dell'infanzia e dell'adolescenza proprio sotto il profilo della povertà. Il dottor Cipriani citava un dato secondo il quale la povertà minorile è peggiorata soprattutto nel sud. La viceministro Guerra ci faceva notare che la povertà minorile si sta aggravando, ma che il differenziale nord-sud si sta avvicinando, non perché migliori il sud, ma perché il nord sta peggiorando. Ecco, questo è un indice di preoccupazione altissima.
  Il nostro sforzo è anche capire cosa possiamo trasmettere in Parlamento. Certamente, la richiesta pressante che l'ISTAT individui il capitolo infanzia e adolescenza è indispensabile, non solo perché c’è un tema che riguarda la povertà, ma anche perché sarebbe davvero il segnale di un mutamento della cultura di questo Paese. Il fatto che nelle rilevazioni statistiche si tenga conto di tutto ciò che avviene nel mondo dell'infanzia e dell'adolescenza significa che si riconosce come soggetto di diritti in modo autonomo una categoria, cosa che ancora non siamo riusciti a ottenere.
  Credo davvero, quindi, che il Parlamento dovrà insistere molto su questo. Pertanto, per quanto riguarda il nostro Gruppo, ma anche tutta la Commissione nel suo insieme, trasmetteremo questa richiesta al Governo.
  Ogni volta che sento parlare di questo tema – ricordo, per esempio, un intervento di Chiara Saraceno – la difficoltà è capire come poter arrivare davvero al soggetto. Colpisce enormemente il primo dei dati che avete riferito, secondo il quale i più a rischio sono i bambini. I più esposti sono proprio quelli che dovrebbero essere più tutelati. È davvero un paradosso colossale. Diciamo che il superiore interesse del minore viene prima di tutto e poi, in realtà, scopriamo che i minori sono più a rischio degli anziani, ossia che i dati che li riguardano sono peggiori di quelli degli anziani. Ciò significa, dunque, che le misure non arrivano a loro.
  Mentre vi ascoltavo, ricordavo un intervento di Chiara Saraceno che ci faceva notare che, per esempio, la monetarizzazione non funziona perché nessuno può escludere che una somma che arriva al padre, alla madre o a chi ha la tutela venga in realtà utilizzata per altri fini e non per provvedere alle necessità del bambino.
  È diverso, invece, se si ha un sistema di infrastrutture, di servizio, di cura che assicura gli asili nido, le scuole dell'infanzia, ma anche le mense e la scolarizzazione. Credo, quindi, che bisognerebbe lavorare soprattutto su questo. Mi piacerebbe, però, che riuscissimo a comprendere anche quali altre misure poter adottare. Peraltro, siamo ancora in attesa del Piano che dovrebbe essere annuale, ma che ancora non ci è arrivato, a cui questa Commissione è particolarmente interessata perché ci dobbiamo esprimere proprio su questo.
  Pertanto, per il momento vi ringrazio, dopodiché potremmo lavorare insieme. Come sapete, dall'Assemblea è stata approvata una mozione sul tema della povertà. Occorrerebbe, però, riuscire prima di tutto ad affermare la questione del soggetto-soggetto.

  VANNA IORI. Ringrazio i nostri tre relatori che ci hanno fatto dono di dati e Pag. 9riflessioni estremamente interessanti, sia pure nel breve tempo a disposizione. Mi scuso perché dovrò andarmene alle 15 a causa di un'altra riunione (sapete come siamo messi).
  Vorrei sottolineare un aspetto, riprendendo le conclusioni della collega Zampa. La monetizzazione non sempre funziona. Anzi, spesso non funziona affatto. La linea che sarebbe importante tenere è proprio quella di offrire servizi piuttosto che denaro. Sotto questo aspetto, in cima alla graduatoria metto gli asili nido e gli altri servizi educativi perché credo che la scolarizzazione precoce sia la prima forma di prevenzione delle successive forme di povertà e di disagio infantile.
  Accanto a queste forme più tradizionali e istituzionali, sottolineerei l'importanza di strategie e servizi di prevenzione delle povertà non solo materiali, ma anche immateriali, alle quali spesso non si forniscono risposte perché si ritiene che l'emergenza sia la povertà materiale, alimentare o igienica. Senza nulla togliere a queste importantissime esigenze, credo che lo spazio gioco sia altrettanto importante. Mi piacerebbe, quindi, sentire anche il vostro parere sul diritto agli spazi gioco, visto che oggi stiamo togliendo ai bambini il diritto al cortile o al parco.
  Oggi, i bambini, nei ceti più poveri, sono soli davanti alla televisione o alla PlayStation, oppure all'interno di attività ludiche esclusivamente organizzate e condotte da adulti, ragion per cui stanno perdendo la dimensione del gioco spontaneo. Questa per me è un'emergenza che, peraltro, ci dice che quelle infantili non possono essere considerate come politiche a sé stanti, ma interagiscono sempre con le altre politiche, come quelle urbanistiche in questo caso.
  Un altro aspetto importante è quello della genitorialità. Oggi, abbiamo dei genitori molto spesso smarriti davanti ai loro compiti genitoriali e a volte anche impauriti dalle responsabilità genitoriali.
  Negli altri Paesi europei abbiamo diversi servizi di accompagnamento alla genitorialità che iniziano ancora prima della nascita. In Italia non c’è nulla di tutto questo. Viceversa, molti degli episodi che arrivano in emergenza – bambini violati, abusati e maltrattati – potrebbero essere prevenuti con un accompagnamento alla genitorialità, soprattutto di quella a rischio.
  C’è poi il discorso delle separazioni. È sotto gli occhi di tutti che l'aumento delle separazioni fa sì che oggi molti bambini si trovino ad avere due padri, due madri e spesso anche di più. Anche questo è un aspetto che non possiamo ignorare. Quando la maestra chiede di parlare della sua famiglia, della mamma o del papà, il bambino chiede di quale deve parlare, se di quelli di prima o di quelli attuali.
  Siamo di fronte a un grande cambiamento al quale non si dà alcuna risposta, lasciando che ogni famiglia (nuova, ricostituita o allargata) si organizzi a suo modo nell'estemporaneità.
  Infine, vi è la questione degli alunni stranieri nelle scuole. Anzi, già prima che siano scolarizzati, i bambini stranieri non accompagnati o i bambini stranieri nati in Italia richiederebbero un'attenzione particolare in termini di politiche di integrazione.
  Per la prima volta, abbiamo 600 milioni di euro, che sono una bella cifra, ma bisogna spenderli bene.

  GIORGIO ZANIN. Signor presidente, mi collego immediatamente alle riflessioni per chiedere se vi siano degli spunti di analisi anche in termini di ricaduta economica, specificamente sul tema delle separazioni, che ha forti implicazioni di carattere, appunto, economico.
  Penso che la rete che rappresentate abbia il dovere, nel rispetto delle libertà di ciascuno, di percorrere le proprie scelte, ma anche di invocare e fare una ricognizione in materia. Capiamo tutti che quando un fenomeno sociale diventa così vasto e pervasivo crea degli elementi su cui dobbiamo tutti riflettere e porre delle attenzioni, banalmente, dal tariffario di chi conduce le trattative agli elementi di tutela in caduta di questa vicenda, compresi Pag. 10gli aspetti di povertà in termini fattivi, oltre alle difficoltà di carattere psicologico.
  Questo mi serve anche per fare un link alla domanda che più di altre ritengo importante formulare per la vostra specificità di rete e per la vostra condizione di aggregazione, che ha un'articolazione e una sensibilità così varia e molteplice.
  C’è innanzitutto l'idea – rischiamo di non dirlo – che il titolo di questa nostra Commissione implica nell'immaginario collettivo una forte accentuazione sul primo dei due termini, cioè infanzia. Invece, facendo di mestiere l'insegnante, mi permetto di sottolineare quello che considero il dark side, ovvero l'elemento della povertà nella fase adolescenziale, che è legato specificamente a un «disagio di carattere relativo», che conduce al tema che tutti conosciamo e comprendiamo dei modelli di vita, dei consumi e delle interazioni educative che questo aspetto richiama.
  Siamo consapevoli – soprattutto chi partecipa a processi educativi – della sofferenza che accompagna le fasi della crescita per la mancanza o meno di oggetti che costituiscono status symbol. Non ripeto cose che immagino chi mi ascolta conosca perfettamente. A ogni modo, mi domando se, innanzitutto, abbiate in mente un'ipotesi che si possa tradurre in un percorso che diventi sollecitazione al tessuto sociale e amministrativo.
  Per esempio, ieri ho visto lo spot sull'Expo 2015 e mi pare interessante che si parta dalla constatazione che su scala globale ci sono 80 milioni di abitanti in più, dunque c’è bisogno di più cibo. Si allarga, cioè, al tema di una consapevolezza civile che ci permette di pensare anche a un modello di welfare, che in questo campo specifico tutti comprendiamo essere la strada maestra su cui dobbiamo lavorare. Di questo siamo qui a discutere.
  Ben vengano i piani, ma dentro una cornice generale. Ritengo che forse, proprio per la vostra specificità di soggetto che non fa solo piani contabili, ci sia un elemento fondamentale che potreste mettere in campo con tutte le vostre sensibilità e articolazioni. Non so cosa ne pensiate o se abbiate suggerimenti e idee. Penso che questo sia un tema che, visti l'impoverimento delle classi medie e il dato strutturale sociologico delle separazioni, possa meritare attenzione.
  Concludo dicendo che – come ricordava la collega Vanna Iori – l'elemento dell'attribuzione dell'allargamento della rete dei servizi dovrebbe coincidere con il coraggio di cominciare a parlare di un modello di riforma dell'istruzione obbligatoria che punti in maniera coraggiosa alla ristrutturazione del stesso modello di istruzione.
  Non voglio interpolare troppi temi. Mi limito a considerare la questione sotto il profilo che ci avete sottoposto e che siamo qui chiamati ad analizzare. Dico questo perché, anche se in base ai vostri dati la povertà riguarda soprattutto le famiglie più numerose, dobbiamo tenere presente che la nostra scuola obbligatoria è fondata su un modello di sicurezza nel territorio e di famiglia larga che oggi sostanzialmente non esiste più. Pertanto, forse, un ripensamento del servizio svolto nei confronti dell'infanzia da parte del sistema pubblico di istruzione potrebbe prevenire questo problema.

  MARIA ANTEZZA. Anch'io vorrei cogliere l'occasione per ringraziare la CRC e chi oggi la rappresenta a questo tavolo.
  Da questa audizione sono arrivati spunti interessanti e un conforto rispetto all'impostazione di un lavoro svolto anche nella precedente legislatura che ci auguriamo possa vedere la luce su alcuni temi. Alcuni fattori che incidono sulla povertà sono stati già messi in evidenza, anche se nei limiti del tempo che ci è stato concesso. Mi piacerebbe, però, approfondire questi fattori.
  Da quello che è emerso anche in questa breve audizione, partendo dal considerare il minore come un soggetto di diritto e non come un oggetto o un desiderio degli adulti, si pone il tema fondamentale dell'accesso universale al diritto all'educazione, al benessere e alla cura. Da questo Pag. 11punto di vista, si parlava, appunto, di servizi educativi. A tal riguardo, mi piace recepire un'impostazione, che condivido molto e che è stata oggetto di un lavoro riferito proprio ai servizi educativi, ovvero di considerare il nido già come un servizio educativo e non più a domanda individuale, ovvero come il diritto del bambino all'educazione e all'istruzione.
  Inoltre, occorre considerare il diritto al nido come uno strumento che può aiutare i genitori nel loro ruolo di responsabilità genitoriale e nello stesso tempo aiutare la coppia – in particolare la donna, se lavora – a poter conciliare famiglia e lavoro.
  Credo che questo sia necessario, anche perché conosciamo il quadro della distribuzione territoriale nel Paese fra nord, centro e sud, rispetto ai parametri che l'Europa ci aveva indicato di raggiungere nel 2010. Stando alla lettura veloce di alcuni capitoli, sarebbe, quindi, necessario lavorare nella direzione di una legge quadro, visto che abbiamo una legislazione regionale a macchia di leopardo. Occorre, dunque, un conforto da questo punto di vista. Peraltro, ci abbiamo già provato nella scorsa legislatura con la senatrice Anna Serafini.
  Allora ero in Senato, questa volta sono alla Camera. Abbiamo, quindi, riproposto quel disegno di legge 0-6 anni che, appunto, considera quel percorso senza interruzioni e con quell'impostazione.
  Siccome abbiamo presentato una proposta di legge che abbiamo presentato in relazione all'impatto della legislazione dal punto di vista di genere, mi sembra importante poter mettere in campo una proposta di legge che preveda un impatto della legislazione nazionale dal punto di vista dei minori, considerandoli come soggetti, quindi come titolari di diritto. Su questo vi chiedo un approfondimento.
  Inoltre, sarebbe utile, al di là dello quello studio specifico su cui non mi soffermo (condivido molto quello che diceva la collega Zampa; su questo il Partito Democratico è impegnato), mettere in campo una legge-quadro sul tema dei diritti dell'infanzia con uno statuto specifico dei diritti dei minori di età, che vada anche a individuare il tema che riguarda i livelli essenziali di assistenza sociale.
  Se ci darete un conforto e un contributo rispetto al lavoro che abbiamo incominciato a percorrere, credo ci sarà utile per migliorarlo. Dopodiché, potremmo confrontarci in altra sede su queste questioni.

  ANTIMO CESARO. Ringrazio le persone intervenute per i dati che ci hanno fornito e anche per questa pubblicazione ricca, ma agevole nella consultazione. Credo che il secondo aspetto sia largamente apprezzato.
  Ho dato una scorsa ai vari capitoli e ritornerò, in particolare, sul sesto, che mi sta molto a cuore. I dati che emergono sono in chiaroscuro, ma l'ombra è molto più della luce. Tuttavia, snocciolando delle cifre, qualche segnale di ottimismo esiste, in particolare nel riferimento del dottor Rebesani ai 300 milioni di euro che saranno disponibili in due anni, considerando, però, che i 50 milioni di euro e oltre che si aspettavano per fine anno non sono ancora delle concretezze.
  Proprio in riferimento a questo, dalla previsione normativa alla concretezza o dall'indagine conoscitiva all'effettivo strumento da mettere in campo per far tesoro di queste nostre esperienze e conoscenze, all'insegna dell'aureo principio «conoscere per deliberare», qui facciamo indagini conoscitive che mi auguro possano trasformarsi in deliberati, con strumenti normativi.
  Vengo, quindi, alla domanda che faceva anche la collega Zampa, ovvero al come. Aiutateci a essere concreti e a passare dalla conoscenza al come fare.
  Pensavo, in riferimento ai 300 milioni di euro a cui prima si faceva cenno, da utilizzare attraverso lo strumento della social card, se fosse possibile immaginare una sorta di paniere per la spesa della cifra contenuta nella social card, destinando parte di quell'importo a servizi, beni o strumenti per i minori.
  È un'ipotesi non priva di difficoltà operative, ma, poiché è stato detto che non sempre il denaro si trasforma in vantaggio Pag. 12per il minore, pensiamo insieme a come rendere operativa una cifra, piccola o grande che sia. Forse, per una famiglia in stato di difficoltà o di bisogno si tratta di un piccolo patrimonio da spendere e, in quota parte, da destinare a un miglioramento della qualità della vita dei figli e dei minori.
  Un ultimo aspetto che vorrei sottolineare riguarda un'indagine conoscitiva sulla povertà, che (come a noi tutti è molto chiaro), non è solo materiale, ma anche e soprattutto culturale e valoriale, cosa che si trasforma in un disagio.
  Mi viene in mente il fatto di mettere assieme un bisogno primario come la nutrizione a una corretta alimentazione, che non ha natura quantitativa, bensì qualitativa, perché proprio nelle famiglie con maggiore disagio sociale c’è maggiore obesità nei bambini, a cui non manca la nutrizione, ma, appunto, una corretta alimentazione. Ritorna ancora il dato culturale, su cui vale la pena insistere.
  Mi fa piacere che la collega abbia fatto riferimento alle interazioni educative o allo spazio gioco come a uno degli elementi di cui forse ci possiamo far carico anche in una previsione normativa per migliorare la condizione dei nostri ragazzi, ovvero dell'infanzia e dell'adolescenza.
  In conclusione, vengo a quanto avevo detto poc'anzi, ovvero al sesto capitolo di questa pubblicazione, che è dedicato all'educazione, al gioco e alle attività culturali. Mi auguro – non so se già stasera sia possibile – di avviare anche la terza indagine conoscitiva, quella sulla fruizione del patrimonio culturale da parte dei nostri giovani. Sono convinto, infatti, che sia un segnale molto importante di contrasto alla povertà nella duplice accezione che abbiamo prima evidenziato, cioè povertà materiale, ma anche immateriale.
  In merito a questa povertà, faccio un ultimo riferimento a un tema che mi è molto caro e sul quale si sta lavorando alla Camera dei deputati nel decreto in approvazione sulla Terra dei fuochi. Una delle parole chiave che cercavo nell'indice, ma che sarà sicuramente contenuta nel testo, è «ambiente», con riferimento al rapporto tra salubrità dell'ambiente e qualità della vita del minore.
  Vengo da una regione dove c’è una delle più alte incidenze tumorali infantili. Solo per motivi conoscitivi, si pensi che la distribuzione delle risorse sanitarie per regione avviene sul calcolo della longevità della vita, presupponendo che più ci sono anziani, più c’è bisogno di allocare risorse economiche.
  A volte bisognerebbe, invece, disaggregare i dati e scoprire che, per esempio, la Campania non è la regione più giovane d'Italia, ma quella in cui si muore prima che nel resto d'Italia. Questo basterebbe a spingere a una riflessione più ponderata, al di là del nudo dato statistico, per un'allocazione delle risorse sanitarie. Laddove ci si ammala di più e si muore di più, soprattutto in riferimento ai bambini della Terra dei fuochi, c’è bisogno di allocare maggiori risorse, diversamente da come fa qualche superficiale intervento in Aula sull'allocazione delle risorse sulla base di un principio solidaristico nazionale.
  Faccio riferimento, dunque, a questo sesto capitolo assumendo un impegno di tutta la Commissione, che già si è espressa attraverso un'iniziativa che penso intraprenderemo nelle prossime settimane, di avvio dell'altra indagine conoscitiva sulla povertà immateriale. Mi farebbe anche piacere, però, avere da parte vostra suggerimenti operativi, per ritornare al come, magari anche sulla tematica ambientale e la salubrità dell'ambiente nel rapporto con i minori.
  Per esempio, mi sono fatto interprete di una proposta di legge che ho già depositato sull'obbligatorietà dell'educazione ambientale nelle scuole. Credo, infatti, che l'aspetto preventivo sia necessario, oltre a quello repressivo, di cui ci facciamo carico nei nostri decreti. Questo può essere un timido segnale; altri ne possono venire dai vostri suggerimenti.
  È importante, però, il come. Affinché queste audizioni e queste indagini conoscitive non si traducano per tutti noi in un mero arricchimento conoscitivo o professionale Pag. 13(cosa che va benissimo) dobbiamo dare il segno tangibile del passaggio dalla conoscenza alla deliberazione.
  Come è stato ricordato, abbiamo già approvato una mozione sulle povertà infantili. Lo strumento della mozione, che può essere una spinta, un pungolo o una sorta di impegno che il Governo assume o anche quello delle proposte di legge (strumento forse meno agevole da praticare nei tempi biblici che a volte la farraginosità delle nostre procedure impone), se concertati insieme ed elaborati con un segno tangibile di concretezza che residua a margine dei nostri incontri, renderebbero tutto questo nostro lavoro immediatamente traducibile in concretezze. Penso che da parte di tutti noi ci sia la massima disponibilità a farlo.
  Pertanto, potremmo dire che, alla fine di questo nostro percorso conoscitivo, anche grazie a tutti i soggetti che abbiamo audito e che ci hanno arricchito moltissimo, abbiamo condensato tutte queste nuove informazioni in proposte operative. Così la domanda sul come della collega Zampa può trovare una effettiva finalizzazione.

  PRESIDENTE. Onorevole Cesaro, avendo ricevuto l'intesa dei Presidenti delle Camere, prima lei arrivasse abbiamo deliberato l'avvio di questa terza indagine conoscitiva. Lo dico per rassicurarla.

  NUNZIA CATALFO. Chiedo scusa per il ritardo, ma eravamo in seduta in Senato. Non ho avuto ancora l'opportunità di ascoltarvi, né di consultare il rapporto che leggerò attentamente in seguito. Ho ascoltato, però, gli interventi dei miei colleghi. In particolare, ne ho ascoltati alcuni inerenti al non funzionamento della monetizzazione.
  Vorrei fare una riflessione insieme a voi. Vi chiedo se, fino a oggi, lo Stato italiano abbia previsto misure reali, concrete, efficaci ed efficienti a contrasto della povertà. È una riflessione che dobbiamo fare insieme. Se non siamo riusciti a fare reali proposte di legge che contrastino la povertà, non sappiamo se e quanto un aiuto monetario possa influire positivamente o negativamente sulla povertà minorile e non.
  Voglio dire che in Italia ci sono più di 9 milioni di individui poveri, che corrispondono a più di 3 milioni di famiglie, molte delle quali con bambini. La riflessione che dobbiamo fare è che dietro a ogni bimbo povero c’è sicuramente un adulto povero.
  Allora, la prima cosa che bisogna fare è mettere la famiglia in condizione di vivere una vita dignitosa e contemporaneamente attuare servizi, relazioni con il territorio e aiuti che vengano dai servizi pubblici, ma anche dalle associazioni del terzo settore, per accompagnare la famiglia nel reinserimento nella società. Se una famiglia ha difficoltà economiche così gravi da non potersi sfamare, è difficile che pensi all'inserimento del bimbo a scuola. Anche al di fuori di certe inclusioni sociali, non ci pensa proprio. Pensa ad altro perché i suoi bisogni primari sono di altro genere.
  Quindi, se vogliamo spostare il bisogno primario della famiglie, dobbiamo agevolare le esigenze di cibo e della buona vita per poi pensare a come aiutare l'inserimento scolastico e nella società. Se ci sono un padre e una madre, aiutati monetariamente e inseriti nella società con servizi attivati, sicuramente ci sarà un bambino che avrà più possibilità di essere seguito.
  Oltre a un adeguato sistema di sostegno al reddito e a un adeguato accompagnamento della famiglia del minore, un'altra delle proposte che abbiamo fatto e continuiamo a fare riguarda – come ho letto nel vostro rapporto – le varie anagrafi, che devono colloquiare tra loro perché il maggiore drop out dei ragazzi che dovrebbero frequentare la scuola si registra in quelli che frequentano percorsi di obbligo formativo.
  È vero che è alto anche nella scuola di Stato, ma si può monitorare più facilmente attraverso gli strumenti dell'anagrafe del MIUR e meno quando si tratta di ragazzi che frequentano corsi di obbligo formativo. Siccome sono proprio quelli i ragazzi che escono fuori dal percorso Pag. 14scolastico, l'idea è che se non si raccordano, non si fa rete e non si dà un adeguato strumento anche monetario non passivo, ma attivo che aiuti la persona, attivando accanto a questo anche i servizi per aiutare l'individuo adulto che è accanto al bambino a reinserirsi nella società, rischiamo di fare degli interventi scoordinati tra loro.
  Non possiamo pensare che un intervento minimo che possa portare 100 euro mensili alla famiglia possa risolvere i problemi economici, quindi sostanziali, dell'inserimento della famiglia nella società. L'intervento deve essere di altro tipo, ovvero di tipo monetario, ma anche sociale, e soprattutto deve essere in rete. Se noi se non si attiva tutta la rete, non riusciremmo ad aiutare i minori. Va fatto, quindi, un intervento sui minori, ma anche sulla famiglia che accompagna il minore. Altrimenti si rischia di parlare di nulla o di poco, cioè di aiutare il 5 per cento delle famiglie italiane, a fronte di tutte quelle con minori.
  Chiedo, quindi, un momento di riflessione e una vostra opinione in merito.

  PRESIDENTE. Non avendo più richieste di intervento, do la parola agli auditi per la replica.

  ARIANNA SAULINI, Coordinatrice Gruppo CRC. Vorrei offrire altri spunti di riflessione rispetto a quelli che avete menzionato e soprattutto rispetto a quanto abbiamo elaborato come analisi all'interno del rapporto. Avete citato e toccato molti temi che sono presenti nel rapporto in maniera diversa.
  Tra altre cose, l'onorevole citava la possibilità di avere un focus sugli adolescenti, come fascia d'età particolarmente vulnerabile. Ebbene, nell'ultima plenaria si è discusso proprio della possibilità, a partire da quest'anno, di avere all'inizio del rapporto un focus sulle varie fasce d'età, che hanno delle peculiarità proprie, pur toccando trasversalmente i vari temi. Quindi, l'anticipazione è che quest'anno inizieremmo a fare un focus per le varie fasce d'età anche per facilitare la lettura dei vari contenuti in un'ottica più trasversale.
  Avete parlato anche di diritto al gioco, un tema che non si tocca perché siamo troppo spesso concentrati sull'emergenza, quindi sui fenomeni di disagio in crescita. Tuttavia, noi abbiamo sempre inserito nel rapporto l'analisi sul diritto al gioco nel capitolo educazione e attività culturali, in cui si fa una riflessione sugli spazi di gioco, non solo a livello di verde pubblico, ma della possibilità, per i bambini, di giocare nelle nuove metropoli e di ciò che si potrebbe fare per migliorare questo diritto.
  La parte su salute e ambiente, nel capitolo salute, analizza l'impatto dell'ambiente sulla vita e sulla quotidianità dei bambini.
  Avete anche parlato di un piano di contrasto alla povertà minorile e di una cornice di riferimento che debba contenere le politiche per l'infanzia. Credo che questa sia la sede opportuna per ricordare che la legge n. 97 prevede la presenza di un piano biennale sull'infanzia e adolescenza, ma in questi anni ne abbiamo avuti solo tre. Il Piano infanzia è scaduto ormai da tre anni, ma non sono stati ancora avviati i lavori per il nuovo. Sappiamo che recentemente il Governo sta provvedendo alle nomine del nuovo Osservatorio nazionale infanzia. Considerando che il piano dovrà passare per questa Commissione per un parere, credo che sia importante un vostro ruolo anche nel sollecitare l'avvio dei lavori e soprattutto l'elaborazione di un piano che, in un quadro istituzionale differente, dovrà tener conto dell'assetto odierno del nostro Paese.
  È utile che ci sia un piano che faccia da raccordo tra i vari temi dell'infanzia. Parliamo di un piano contro la pedopornografia, un piano per la povertà perché ci sono tante esigenze mirate, ma altrettanto è utile avere un piano che faccia da raccordo, tenendo conto del ruolo che hanno assunto le Regioni. Vi chiediamo, quindi, di riflettere su questo, ma soprattutto che il Governo avvii quanto prima lavori per l'Osservatorio e per la redazione Pag. 15del Piano, su cui credo che, come Commissione, possiate avere un ruolo fondamentale.
  Un altro elemento importante è il monitoraggio. Quest'anno, per la prima volta, avremo un'ingente quantità di soldi pubblici che vengono investiti, ma la vera sfida è anche capire come vengono investiti e la valutazione di impatto che hanno. Su questo credo che gli strumenti, anche in Parlamento, tramite le interrogazioni parlamentari, vi consentano di verificare se e come. Infatti, tra le pagine del nostro rapporto abbiamo scoperto che citavamo di anno in anno degli investimenti che venivano menzionati, ma poi, all'atto pratico, non erano nelle disponibilità del singolo Ministero o comunque non venivano spesi per il motivo per cui erano stati stanziati. Di conseguenza, sapere che c’è un investimento previsto è importante, ma diventa più importante verificare se effettivamente viene investito e quale impatto ha. Questo è un percorso che andrebbe inserito.
  Si è parlato molto di nidi. Questo si lega alla questione della povertà. Nel paragrafo dedicato ai servizi per la prima infanzia partiamo da una considerazione che viene fatta dalla Commissione europea che credo possa essere di riferimento quando afferma che nel 2011 si è evidenziata l'importanza di garantire a tutti i bambini l'accesso ai servizi di educazione e di cura inclusivi e di alta qualità, affinché le differenze dello status socioeconomico delle famiglie non si riflettano nelle esperienza di vita dei bambini proprio in questi fondamentali anni di vita.
  Questa, per gli addetti ai lavori, è una banalità, ma per i non addetti significa avere un riscontro del fatto che i servizi per la prima infanzia sono fondamentali.
  Per esempio, nel rapporto chiedevamo che nella legge di stabilità fosse previsto un rifinanziamento del Piano straordinario dei nidi, che non c’è stato. Sposiamo, quindi, in pieno la possibilità che ci sia una riforma della legge che regola i servizi per la prima infanzia prevedendo un accesso universale.
  Sullo specifico della povertà, passerei la parola al dottor Cipriani.

  DIEGO CIPRIANI, Gruppo CRC – Caritas Italiana. Non voglio sottrarmi alla domanda dell'onorevole Zampa, che è stata anche condivisa da altri, su come arrivare a un vero piano di riduzione della povertà con misure concrete. Il discorso sarebbe troppo lungo. Tuttavia, mi permetto di suggerire la raccomandazione che la Commissione europea ha fatto il 20 febbraio 2013, ovvero investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale.
  Questa raccomandazione della Commissione contiene, di fatto, la road map anche per lo Stato italiano. Infatti, la povertà non solo minorile è un fenomeno multifattoriale, per cui ha bisogno di un approccio multidisciplinare, il che significa che – come è stato ricordato in questa sede – occorre una strategia integrata per poterla affrontare.
  In questa raccomandazione della Commissione troviamo l'invito agli Stati membri a costruire una strategia integrata su vari piani in cui possiamo trovare di tutto, dall'ambiente all'abitazione (altro fattore importante quando si parla di povertà minorile), al lavoro alle risorse o dei trasferimenti monetari.
  Non entro nello specifico sul discorso della monetarizzazione, dico soltanto che la stessa Commissione d'indagine sulla povertà ed esclusione sociale, che ormai non abbiamo più in Italia perché è stata abolita con la spending review, ha dimostrato con dati alla mano, prendendo in esame quattro misure, tra cui la social card, il bonus, l'abolizione dell'ICI e così via, che il trasferimento monetario non ha spostato di molto il tasso di povertà. Ovviamente, stiamo parlando delle misure esistenti in Italia. Ciò vuol dire che dobbiamo trovare altri strumenti.

  PRESIDENTE. A me spetta il compito di rinnovare il ringraziamento a tutti voi per il materiale che ci avete fornito e per esprimere l'apprezzamento di questa Commissione per il lavoro che svolgete da tanti Pag. 16anni, come è stato ben evidenziato all'inizio del suo intervento. Purtroppo, non sempre si assiste a un miglioramento e rafforzamento, quindi il vostro lavoro è ancora più importante, per cui vi rivolgo i complimenti da parte di tutti noi.
  Vorrei chiedervi, innanzitutto, nel caso ricevessimo altre sollecitazioni o richieste di intervento dei colleghi, se possiamo inoltrarvele per avere, anche fuori dall'audizione, un riscontro da voi.
  In secondo luogo, vorrei sapere se l'intervento che ha letto prima proveniva sempre da questo fascicolo o c’è anche dell'ulteriore materiale che avete portato e che quindi possiamo acquisire e distribuire. Se è possibile avere il suo il suo testo, facciamo rapidamente una fotocopia. L'obiettivo è conservare tutto il materiale che ci avete consegnato, anche per fare una riflessione successiva.
  Nel momento in cui sarà pronto il nuovo rapporto, credo che sarà importante vederci nuovamente per poter fare un'ulteriore seduta in cui ci porterete dati che speriamo saranno migliori. C’è sempre speranza. Rinnoviamo, comunque, da parte nostra, tutto il sostegno al vostro lavoro. Potete contare su questa Commissione anche per un appoggio per future ricerche e quant'altro o nell'attuale redazione del nuovo piano di lavoro. Sarà un piacere collaborare con voi.
  Ringraziando nuovamente gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,30.