XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Martedì 5 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF), dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) e dell'Associazione Penelope Italia Onlus.
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 
La Scala Antonio Maria , presidente nazionale dell'Associazione Penelope Italia Onlus ... 3 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 6 
Spavone Vincenzo , presidente dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF) ... 6 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Iori Vanna (PD)  ... 9 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 10 
Rotoli Giacomo , coordinatore interassociativo dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 10 
Nestola Fabio , consigliere nazionale dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) ... 10 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 13 
Villanova Matteo , Direttore dell'Osservatorio Laboratorio Tutela Rispetto Emozionale Età Evolutiva (O.L.T.R.E.E.E.) e del Master in Educazione affettiva e sessuale per l'infanzia, l'adolescenza e la genitorialità. Università Roma Tre ... 13 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 15 
Nestola Fabio , consigliere nazionale dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) ... 15 
Iori Vanna (PD)  ... 15 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione presentata dall'associazione ADIANTUM ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 13.50.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF), dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) e dell'Associazione Penelope Italia Onlus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF), dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) e dell'Associazione Penelope Italia Onlus.
  Per l'Associazione Penelope Italia Onlus sono presenti il Presidente nazionale Antonio Maria La Scala e il dottor Nicola Leone, Presidente dell'associazione Penelope della Regione Puglia; per l'Associazione genitori separati dai figli (GESEF) è presente il Presidente, Vincenzo Spavone, per l'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum) il dottor Fabio Nestola e il consigliere nazionale, professor Giacomo Rotoli, che è il coordinatore interassociativo, e il professor Matteo Villanova dell'Università Roma 3.
  Lascio quindi la parola ad Antonio Maria La Scala, presidente nazionale dell'Associazione Penelope Italia Onlus.

  ANTONIO MARIA LA SCALA, presidente nazionale dell'Associazione Penelope Italia Onlus. Grazie. Sono il presidente dell'associazione Penelope, l'associazione dei familiari e degli amici delle persone scomparse presente su tutto il territorio nazionale in 17 regioni, quasi 18, a breve, con il Friuli. Il motivo per cui oggi sono qui è parlare dei minori scomparsi.
  I dati delle persone scomparse ci vengono forniti ogni sei mesi dal Commissario straordinario per le persone scomparse, il Prefetto Vittorio Piscitelli, che semestralmente deve relazionare su questo triste fenomeno in continuo aumento. Fino ad un mese fa gli scomparsi in Italia dal 1974 ad oggi erano 35.500; poco più della metà, 18.500, sono minori, ed è il motivo per cui siamo qui.
  Il problema è molto serio ed è soprattutto duplice. Da un lato, non si sa che fine hanno fatto questi minori: in particolare, dei 18.000 minori scomparsi nel nulla 1.912 sono minori italiani. Questo non rappresenta ovviamente una distinzione rispetto ai minori stranieri per ragioni razziali, ma c'è una spiegazione: gran parte dei minori stranieri una volta arrivati sulle nostre coste prevalentemente nella mia regione, la Puglia, e in Sicilia, vengono censiti e accolti, ma dopo pochi mesi fuggono, scompaiono volontariamente e si ricongiungono ai familiari che lentamente lasciano i centri di accoglienza per raggiungere altri Paesi.
  Tra l'altro, devo dire che arrivano abbastanza preparati, perché sanno che, se non si fanno fotosegnalare e identificare, possono essere accolti negli altri Paesi membri Pag. 4 dell'Unione europea, quindi non si fanno fotosegnalare volutamente, per cui molti dei minori scomparsi probabilmente vivono felici con le loro famiglie e noi di questo siamo contenti.
  Il problema serio sono invece i 1.912 minori italiani che sono scomparsi e dei quali in questi 40 anni non si è mai saputo nulla; sono stati aperti 1.912 fascicoli processuali che si sono conclusi con 1.912 archiviazioni ed una sola assoluzione nel caso della Pipitone a Trapani, in cui la presunta responsabile è stata assolta sia in primo grado che in appello. Si tratta forse dell'unico caso in cui siamo arrivati al dibattimento, per il resto sono tutti casi archiviati, quindi non sappiamo chi sia stato, che fine abbiano fatto, dove si trovino: abbiamo 1.912 bambini fantasma.
  Come Associazione Penelope abbiamo svolto e stiamo svolgendo tantissime iniziative per cercare di far riaprire qualche caso, perché alcuni di questi sono datati nel tempo, risalgono a 15, 20 o 25 anni fa, quando gli apparati investigativi e la tecnologia non consentivano un certo tipo di ricerche e, cosa ancor più grave che lentamente sta cambiando, venivano fatte tutte denunce per allontanamenti volontari, laddove usare la parola «volontario», nei confronti di bambini piccoli, onestamente non so come fosse possibile.
  Purtroppo questo succede anche oggi, perché spesso sia a noi che alla trasmissione Chi l'ha visto? viene segnalato l'utilizzo di questa maledetta frase, «allontanamento volontario», anche per persone psicolabili, con gravi psicopatologie, anziane o affette da Alzheimer conclamato, che si allontanano volontariamente nel senso che nessuno li ha rapiti ma sono usciti volontariamente, però dire che abbiano la capacità di decidere di allontanarsi è grave, eppure c'è ancora questa pessima abitudine in alcune sacche di resistenza del territorio.
  Da questo punto di vista stiamo facendo tanto e le cose stanno cambiato. Il problema serio sono questi familiari abbandonati, e sfido chiunque a dire di conoscere queste persone perché, se si eccettuano la Celentano e la Pipitone, che nella sfortuna hanno avuto la fortuna della mediaticità, cioè di poter andare a Chi l'ha visto? e in altre trasmissioni, degli altri non si sa assolutamente nulla, e sono tutti i bambini sotto i 14 anni scomparsi nel nulla.
  Ci sono anche altri due casi famosi, Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, che nella sfortuna hanno avuto la fortuna di avere pubblicità, ma di altri non si sa assolutamente nulla, nessuno mai si è preoccupato di questi familiari che hanno bisogno di tutto, specialmente di sostegno psicologico, perché non devo dire qui cosa significhi per un genitore non sapere che fine abbia fatto il proprio figlio, se sia vivo, chi ne sia responsabile, darsi una spiegazione, far fronte al fenomeno dello sciacallaggio delle molte telefonate di chi inventa notizie.
  Si tratta di gente sola che chiama continuamente me e gli altri soci, ci tocca stare per ore al telefono purtroppo a prenderli in giro (lo dico contro me stesso) perché veramente non so che dire, non so più cosa inventare, non so più che parole adoperare per poter aiutare queste persone.
  Tali famiglie sono tutte censite dal Ministero dell'Interno, perché i dati che ho citato sono forniti dal sito del ministero alla voce Persone scomparse; c'è un organo preposto, nominato nel 1997 dal Presidente del Consiglio dopo che fummo ricevuti dal Presidente Napolitano, e cioè il Commissario straordinario di Governo che si occupa di questo, quindi sono tutti nomi e cognomi noti alle istituzioni.
  Ormai è inutile nascondere che sono tutte famiglie rassegnate, sicure che non rivedranno mai più i loro bambini, però almeno che gli si fornisca un supporto psicologico e si faccia qualcosa per riaprire quelli che chiamiamo cold cases, i casi freddi, datati nel tempo. Questo vale per tutto il mondo degli scomparsi, ma soprattutto per questi bambini: i fascicoli che abbiamo acquisito sono spesso fascicoli di venti o venticinque pagine, ed esaurire con venticinque pagine di indagine la scomparsa di un bambino non fa onore ad un Paese cosiddetto civile come il nostro.
  Noi come associazione (non siamo un'istituzione) stiamo facendo veramente miracoli Pag. 5 nell'ottenere provvedimenti normativi anche subprimari, regolamenti, circolari che si comincia ad attuare, nel fornire ai familiari un'assistenza gratuita, come stiamo già facendo, legale e psicologica, ma è ancora poco, perché non so più cosa dire a queste famiglie, non so più cosa inventare dinanzi alle continue domande con cui settimanalmente ci chiedono se ci siano novità, se abbiamo saputo qualcosa, se si possa fare qualcosa: non so più quale bugia dire!
  Chiediamo quindi maggiore sensibilizzazione e aiuto a queste famiglie, i cui nomi e cognomi voi avete perché, come dicevo, li ha il Ministro dell'Interno, che ce li ha forniti, quindi non sono dati inventati. Vorrei tanto inventare questo fenomeno, ma purtroppo non è così.
  Dall'altra parte c'è la richiesta di fare qualcosa di concreto, di serio, di fattivo, di non dover andare in trasmissioni televisive, con cui ho pure un ottimo rapporto, perché non può e non deve essere Chi l'ha visto? a risolvere i problemi degli scomparsi. Sono felicissimo di far parte della famiglia di Chi l'ha visto? e di fornire tutto l'aiuto possibile, ma non possiamo essere noi nella maniera più assoluta, devono essere le istituzioni ad intervenire.
  Riprendiamo in mano quindi i fascicoli archiviati di questi cold cases, se esistono ancora le carte, perché la norma prevede la distruzione degli atti dopo dieci anni dall'archiviazione, e nessuno si è preoccupato di salvarli su un CD, anche se non occorreva un grosso sforzo o esborso economico. A livello provinciale è sufficiente impiegare due poliziotti di ogni Questura a costo zero per lo Stato, perché ogni provincia avrà 40-50 casi, quindi non si tratta di un lavoro enorme, due poliziotti che acquisiscano i fascicoli e li ristudino, valutando se si possa riaprire o approfondire una pista.
  È passato tanto tempo, ma ad uno degli ultimi convegni fatti con i tecnici, al termine dei quali faccio giustamente intervenire i familiari, una madre mi ha detto: «ormai il mio sogno è uno solo, poter fare un funerale a mia figlia, non più quello di ritrovarla viva», il che significa avere un luogo dove poter portare un fiore la domenica mattina. Diamogli almeno questo diritto, sono scomparsi da vivi, scomparsi da morti, scomparsi da tutto, diamogli la possibilità di avere un luogo.
  Mi rendo conto che dopo trent'anni non è facile riaprire un'indagine, però è stato fatto per omicidi eccellenti, sono stati risolti a Roma negli ultimi anni due omicidi risalenti a trent'anni fa di adulti, non di bambini; però come è stato fatto per quei casi, si può benissimo fare anche per i minori.
  Dal punto di vista dei cold cases, riaprire le indagini, 1.912 non sono tantissimi, divisi per province sono 30-40 fascicoli a provincia. Nelle questure le forze dell'ordine sono oberate (prima di fare l'avvocato ero ufficiale della Guardia di finanza, quindi conosco le problematiche delle forze di polizia che hanno mille incombenze), però impiegare due persone che solitamente si occupano di questioni amministrative a rispolverare una quarantina di fascicoli a provincia non sarebbe drammatico, anche perché molti scomparsi sono stranieri e quindi probabilmente non è mai stato aperto neanche un fascicolo perché sono vivi e vegeti.
  Riprendiamo almeno i fascicoli dei 1.912 bambini italiani; visto che siamo in Italia occupiamoci anche delle questioni nostre, cerchiamo di capire cosa è successo laddove si può fare qualcosa. L'aiuto che vi chiedo è a costo zero, quindi diamo una risposta a queste famiglie perché io non so più cosa dire a questa gente.
  Un'altra frase proibita è quella del traffico d'organi, laddove mi hanno sempre detto tutti, visto che faccio l'avvocato da vent'anni, che se non ho dati non posso dire queste cose, ed è vero; se non si hanno numeri è meglio non parlare, ma quanto vado gridando da un anno a questa parte oggi è su tutti i giornali: 18 arresti, finalmente un pentito sta raccontando come chi non paga per il transito dal nord Africa in Italia venga assassinato, quindi non sono un visionario a pronunciare questa espressione vietata, che riflette una realtà che tutti sappiamo esistere.
  Possibile che in vent'anni non ci sia una sentenza passata in giudicato di condanna Pag. 6per questo fenomeno? Se non c'è una sentenza, qualcuno delle istituzioni ci venga a dire che non ci sono condannati e quindi il fenomeno non esiste, qualcuno abbia il coraggio di sostenere davanti a tutti noi che il fenomeno del traffico di organi è una balla, non esiste, e ci mettiamo l'anima in pace. Purtroppo oggi ancora una volta ho avuto ragione.
  Ci vuole tempo, ma la stiamo spuntando su tutti i fronti. Vi chiedo quindi semplicemente questo per i minori scomparsi, e non credo di chiedere tanto: aiuto e sostegno morale, psicologico e affettivo a 1.912 madri e padri, e soprattutto dare disposizioni per questi minori italiani che possono partire dal prefetto, che dalla legge n. 203 del 2012 è stato individuato come la massima autorità responsabile per le ricerche delle persone scomparse.
  Con una circolare interna (non c'è bisogno del legislatore, è un atto di normazione sub-primaria) il prefetto può chiedere ai questori di individuare nelle loro province i casi dei minori scomparsi negli ultimi trent'anni, di recuperare gli atti e riapprofondirli, verificando la possibilità di qualche atto investigativo grazie alle nuove tecnologie e alla Banca dati del DNA, partorita dopo sette anni dall'entrata in vigore della legge, grazie anche alle nostre battaglie.
  Il nostro obiettivo è di non sostituirci a nessuno, ma di aiutare i familiari ad ottenere delle risposte. Grazie per avermi dato questo tempo.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per essere venuto qui oggi ed averci portato questo spaccato di realtà all'interno dei minori fuori famiglia dei quali dobbiamo farci carico. Sono contenta che dopo varie vicissitudini e rinvii dovuti a problemi tecnici la sua audizione coincida con la dichiarazione pubblica di questo pentito. Al termine di questa indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia redigeremo una relazione, all'interno della quale mi farò carico di far rilevare questo vostro suggerimento, perché presenteremo al Governo le indicazioni recepite dai numerosi casi illustrati in Commissione attraverso le audizioni.
  Più volte abbiamo avuto segnalazioni di minori stranieri scomparsi, perché ci sono quelli che preferiscono tornare dai genitori, tutti sosteniamo che la Dublino III vada rivista ma ancora non lo è stata, quindi abbiamo consapevolezza di questi spostamenti dovuti a un blocco burocratico e che i minori vogliono raggiungere le proprie famiglie, ma altresì ci sono delle condizioni di utilizzo dei minori, come ci disse l'ispettore della polizia di Roma.
  La ringrazio ancora e passo la parola a Vincenzo Spavone, presidente dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF).

  VINCENZO SPAVONE, presidente dell'Associazione genitori separati dai figli (GESEF). Grazie, presidente, vi ringrazio per la convocazione. Sono un genitore che da vent'anni si occupa di queste problematiche, rappresento l'Associazione genitori separati dai figli (GESEF), quindi tutto ciò che interrompe il rapporto bambino/genitore è sfera di competenza della nostra associazione, e non riguarda solamente le separazioni coniugali, ma anche le sottrazioni sia nazionali che internazionali, campo in cui adesso, con le coppie miste, la situazione si è ulteriormente complicata.
  La GESEF è una delle più antiche associazioni italiane del settore, nasce come Statuto nel 1994, ma già dagli inizi degli anni ’90 ha mosso i primi passi, e rappresenta praticamente la storia di questo Paese. Rispetto all'indagine conoscitiva ho due sentimenti contrastanti, nel senso che da un lato ho veramente piacere che la Commissione in maniera seria voglia fare quello che da vent'anni chiediamo alle Commissioni bicamerali sull'infanzia e ad altre Commissioni, perché da almeno vent'anni stiamo chiedendo di sapere quanti bambini sono fuori dalle famiglie, quante associazioni esistono in Italia in tutto il circuito.
  Certamente non potremmo dare una risposta esaustiva alla Commissione, perché non siamo noi gli operatori del settore: noi siamo quelli che subiscono il fenomeno, siamo la parte del problema, perché l'avvocato è di parte, la casa famiglia è di parte, l'istituzione è di parte. Qual è la parte del problema? I bambini, le famiglie, i genitori, quindi la GESEF rappresenta Pag. 7questo spicchio di società civile che viene spesso esaltata in campagna elettorale e poi il giorno dopo siamo gli ultimi della classe che con il cappello in mano devono chiedere l'elemosina, per cui quando una Commissione ci chiama per ascoltarci, ovviamente ci fa piacere da un lato, ma dall'altro sono vent'anni che presentiamo le nostre richieste.
  Pensate che l'ultimo censimento è del 2010, dunque avevamo già i dati perché è stato fatto un censimento nazionale, quindi basterebbe chiedere all'Istat, che però ha completamente rifiutato la richiesta di accedere a quei dati. Adesso siamo nel 2016, 6 anni dopo, ed è cambiato il mondo da questo punto di vista, quindi la stima che facciamo come associazione è di circa 40.000 minori fuori dalle famiglie ed è una stima per eccesso o per difetto, ma è un dato che nessuno ci contesta perché non emerge mai il dato reale.
  Quando pensiamo che la popolazione carceraria adulta è composta da 65.000 unità (dati del Ministero dell'Interno) e pensiamo a 40.000 bambini, si capisce che qualcosa non funziona, perché è gravissimo che esistano 40.000 famiglie inidonee a gestire i bambini. È ovvio che c'è qualcosa che non va, quindi o la giustizia è completamente saltata oppure c'è un business dietro a tutto questo sulla pelle delle famiglie e dei bambini, dove le Commissioni istituzionalmente costituite e l'impegno politico e istituzionale dovrebbero mettere mano.
  Quando possiamo, noi ovviamente denunciamo alla magistratura situazioni di abusi e violenze che avvengono in alcune case famiglia, e adesso purtroppo anche negli asili nido e perfino sugli anziani, quindi abbiamo un sistema che salta da tutte le parti perché non ci sono sanzioni e procedimenti disciplinari, non ci sono dei regolamenti che fin dalla radice vadano a prevenire questi fenomeni.
  Il ruolo dell'associazione non è quello di intervenire quando il bambino va in istituto, perché allora è già troppo tardi: c'è un decreto, c'è una sentenza ed è difficilissimo tornare indietro; tanto più che con la mentalità che hanno i tribunali, difficilmente la Corte d'appello va ad invertire quello che fa il tribunale ordinario sia nel minorile che nel processo penale in cui vengano coinvolti i minori.
  Cerchiamo di prevenire e quindi torniamo ai territori, a come questi fenomeni vengono gestiti all'interno dei comuni, quindi ai servizi sociali ed ai protocolli siglati dai tribunali con i servizi sociali territoriali. Nella legge quadro sul sistema sociale, che ormai è antichissima, i protocolli di lavoro tra tribunali e servizi sociali hanno subito escluso l'elemento principale di questo problema, la famiglia, perché non c'è una rappresentanza all'interno di quel gruppo, per cui una relazione che viene mandata dai servizi sociali al Tribunale per i minorenni non viene contraddetta, non c'è la possibilità di chiarire i dubbi che poi portano alla perdita della responsabilità genitoriale.
  Dato che in questo Paese sono ormai vent'anni che non si fanno gli Stati generali sull'infanzia – l'ultima iniziativa realizzata nel 2007 con il Governo Prodi sono gli Stati generali sulla famiglia, 9 anni fa – in cui comunque si parlò poco di infanzia perché ci fu tutto un altro progetto politico, e sono vent'anni che non si fa niente sull'infanzia in questo Paese.
  Il contributo dell'associazionismo può portare è stato fin dall'inizio cercare di porre l'attenzione sulle separazioni coniugali nazionali e internazionali, e se oggi abbiamo una task force a livello anche internazionale è merito delle associazioni, non certo delle istituzioni; però è lettera morta, abbiamo una task force che non funziona: tre ministeri coinvolti ma, a parte la bella statuina della presidenza di turno, se abbiamo il problema di un bambino portato all'estero, all'estero rimane, mentre negli altri Paesi sono bravi a riportare a casa i loro bambini.
  Come istituzioni dovremmo prendere di petto le metodologie che inizialmente pongono le basi affinché un bambino non venga sottratto alla famiglia. Una famiglia che ha una difficoltà economica non può essere massacrata, separata, permettendo ad una casa famiglia che su quel bambino guadagna con una retta tra vitto, alloggio, accompagnamento, servizi sociali e quant'altro, Pag. 8 una spesa dieci volte superiore a quello che potrebbe essere il contributo da dare ad una famiglia affinché il bambino rimanga al suo interno.
  Anche sul discorso che riguarda l'abuso, abbiamo avuto in questi anni una sorta di alternanza rispetto al tema, per cui una volta era la violenza sulla donna e quindi sulla mamma, poi si ritorna alla violenza sul bambino e poi di nuovo alla violenza sulla mamma a seconda dei trend, adesso sta tornando il fenomeno della pedofilia, ma poi sappiamo che più del 90 per cento di quelle denunce vengono archiviate, soltanto un decimo va in sentenza e il 70 per cento a sua volta si conclude con un'assoluzione.
  Questo perché è un meccanismo che serve al discorso separativo, per cui creo la denuncia, il malcontento, la conflittualità all'interno del processo civile per riprendermi il bambino, e su questo i servizi sociali stanno andando a nozze, perché negli ultimi quindici anni, con la scusa della conflittualità di coppia, hanno relazionato al Tribunale per i minorenni, i bambini sono stati momentaneamente sottratti alla famiglia, fino ad arrivare ad un provvedimento finale di adozione.
  Arriviamo ai 40.000 bambini chiusi in istituto, su cui la Commissione ha un gran lavoro da compiere se vuole intervenire seriamente e politicamente.
  Concludo dicendo una cosa non piacevole: sono vent'anni che abbiamo rapporti come movimento, ma credo che nessuna Commissione abbia mai lasciato il segno, cioè nessuno può dire che una Commissione abbia fatto qualcosa in particolare o ricordare un presidente che si sia occupato in maniera seria di un determinato problema: passano le legislature, passano i presidenti, passano le Commissioni, però in realtà non c'è storia.
  Questo perché fino ad oggi la Commissione bicamerale è considerata una Commissione per occupare i posti, per dare una presidenza e un posto in più, invece dovrebbe avere veramente un'autorevolezza importante, perché la Commissione infanzia potrebbe fare delle cose fondamentali e, sebbene non abbia poteri legislativi, potrebbe battere i pugni in Parlamento e chiedere che su questo ci si assuma la responsabilità, perché si sta facendo un gran lavoro.
  Voglio quindi concludere con la speranza che finalmente possiamo avere dei dati certi su quanti bambini e su quante case famiglia lavorano intorno a questo business, quanti miliardi di euro all'anno vengono spesi dalla collettività, dalle stesse famiglie che pagano le tasse. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Spavone. Come Commissione la ringraziamo perché si occupa a pieno titolo di queste problematiche: se non ci fossero le battaglie delle persone che si fanno carico dei problemi di tutti, qui non ci sarebbe molto da comprendere, perché purtroppo spesso a livello politico non si ha contezza di quanto realmente accade nel Paese.
  La ringrazio e le voglio dire che questo dato dei 40.000 minori fuori famiglia si discosta di poco da quello dichiarato dal dottor Tangorra in questa Commissione, che fa riferimento al 2012 e ci parlava di 28.092, distinti tra 14.246 in affido familiare e 13.846 nei servizi residenziali.
  Parliamo comunque del 2012, siamo nel 2016, con la mozione «Povertà minorile» che andò in Aula nel novembre del 2013, abbiamo richiesto come parlamentari in modo congiunto di aggiornare i dati; la mozione è poi diventata un ordine del giorno congiunto, ma attualmente purtroppo si è fermi ancora al 2012. Questo è un aspetto che non fa onore alla politica tutta.
  Sono pienamente d'accordo sul fatto che manchino delle iniziative serie, finalizzate alla tutela della famiglia, tanto che, oltre alla prevenzione, che è il primo e prioritario impegno che uno Stato dovrebbe prendere per evitare che si arrivi a degenerazioni, qualora ci siano iniziali problemi, purtroppo manca un riferimento per la famiglia in quanto tale.
  La Commissione infanzia e adolescenza non ha grandi poteri, personalmente sostengo che questa Commissione potrebbe avere le carte giuste per fare altro, perché ne fanno parte deputati e senatori di ogni Pag. 9schieramento; non disponiamo di un ufficio di organico consistente, e soprattutto non abbiamo la funzione ispettiva di altre Commissioni, perché attraverso le audizioni veniamo a conoscenza di una serie di problematiche che toccano i minori e sarebbe opportuno avere la possibilità che è data al Garante e alla sua task force.
  Il Garante non può infatti intervenire da solo sulle molteplici sfaccettature dei problemi che riguardano l'infanzia, che non sono pochi. La Commissione dovrebbe coordinare tutte le politiche dell'infanzia, comprese la figura del Garante e le altre Commissioni, perché abbiamo più Commissioni che alla Camera e al Senato si occupano di questo (Affari sociali, Lavoro, Giustizia).
  Sarebbe quindi opportuno che questa Commissione fungesse da organo di raccordo, così come invitava a creare un organo di raccordo anche il Rapporto CRC. Su questo lavoreremo, la nostra relazione dovrà contenere anche questo tipo di indicazioni, che auspico vengano recepite perché è importante che chi ha il potere di mettere in atto scelte sia capace di recepirle.
  Lascio quindi la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  VANNA IORI. Volevo dire al professor La Scala dell'Associazione Penelope che il 25 maggio, la Giornata dei bambini scomparsi, io ho preso la parola in Aula richiamando l'attenzione del Parlamento su questo tema, quindi condivido assolutamente l'idea che il silenzio sia in qualche modo responsabile di queste cifre davvero inquietanti.
  Soluzioni precise non ne ho indicate, però possiamo individuare una strada per contrastare questo fenomeno che cancella una parte dell'infanzia del nostro Paese, perché, quando parliamo di 1.912 bambini italiani, parliamo di una parte dell'infanzia del nostro Paese che scompare. Ho evidenziato in Aula, e ribadisco qui, l'esigenza di sensibilizzare l'opinione pubblica, non lasciare sole le famiglie con il loro dolore e a volte anche con il loro senso di colpa per non aver vigilato abbastanza o non essere state abbastanza attente.
  Questo richiede un lavoro di collaborazione tra più realtà. Lei citava giustamente la possibilità di dedicare due poliziotti per ogni Questura, ma credo che si debba e si possa lavorare coinvolgendo attraverso campagne di sensibilizzazione l'opinione pubblica e in rete tutte le realtà sociali, giuridiche, del volontariato che si occupano di questi temi, perché ognuno ha il suo sguardo su questo tema, ma purtroppo opera da solo.
  In questo senso mi collego all'intervento del signor Spavone, perché questi bambini fuori dalle famiglie ritenute inidonee sono davvero una cifra sproporzionata, e condivido pienamente la necessità della prevenzione. Considero molto importante anche mantenere i contatti laddove ovviamente non vi siano stati abusi o violenze; so che spesso la pedofilia è usata strumentalmente per ottenere l'affidamento esclusivo da uno dei due genitori e che le false denunce richiedono personale qualificato per essere smascherate.
  Abbiamo avuto recentemente un episodio di cronaca di due figli che divenuti adulti hanno confessato di essere stati indotti dalla madre da bambini ad una falsa denuncia contro il padre.
  A questo proposito mi permetto di segnalare alla segreteria della Commissione ed alla Vicepresidente l'opportunità di invitare in audizione un servizio di eccellenza che opera in un consorzio di comuni in provincia di Reggio Emilia, la Val d'Enza, che dovrebbe essere già stato segnalato dalla collega Zampa, però lo ribadisco ora ufficialmente. Si tratta del servizio App che si occupa di accogliere, seguire e accompagnare non solo i bambini fuori dalla famiglia, ma anche le famiglie ed il rapporto con loro, in modo da mantenere finché si può e più che si può il rapporto con la famiglia d'origine.
  Considero questa esperienza una buona pratica, visto che a novembre ha fatto un convegno al quale ho partecipato e una sala da 400 posti non è stata sufficiente a contenere tutti i partecipanti, quindi c'è davvero un bisogno di conoscere buone pratiche. Pag. 10
  La peculiarità di questa esperienza che a me pare molto interessante è quella di tenere insieme l'aspetto giuridico, cioè gli avvocati, l'aspetto psicologico, cioè gli psicologi delle ASL, gli assistenti sociali, i volontari che di pomeriggio in questo centro assolutamente aperto si intrattengono con i bambini per aiutarli a fare i compiti e che sono in grado di ricevere più verità, più confidenze dello psicologo investito ufficialmente di questo compito o dell'avvocato che spesso arriva troppo tardi, quando è ormai preclusa al minore la possibilità di dire la verità, soprattutto se si arriva nella fase dibattimentale, quando il bambino o la bambina in genere non parla più.
  Concludo segnalando quindi l'opportunità di audire questa realtà. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Accogliamo la proposta, e nell'ambito delle audizioni rimaste cercheremo di inserirla. Lascio ora la parola al professor Giacomo Rotoli, coordinatore interassociativo dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum).

  GIACOMO ROTOLI, coordinatore interassociativo dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum). Buonasera, anche noi ringraziamo per l'invito a questa audizione. Dirò solo due parole per poi lasciare la parola a Fabio Nestola ed al professor Villanova.
  Adiantum è un'associazione nazionale che raccoglie circa una ventina di realtà sul territorio nazionale e viene dall'incontro di due realtà. La prima è quella che diceva Spavone, la realtà dei genitori separati, l'altra è quella di alcune nostre associazioni che si occupano esplicitamente di allontanamenti. Tra le nostre venti realtà c'è anche una cooperativa che ha pure una casa famiglia.
  Il tema è molto complesso, noi ci battiamo da molti anni per fare chiarezza sugli allontanamenti, e i numeri oscillano tra 30 e 40.000 bambini allontanati e 10-15.000 affidati. Con un nostro associato, Edomondo Sena, abbiamo formulato delle proposte, tra cui quella di redigere un Registro nazionale dei bambini allontanati che ancora non esiste, per portare all'attenzione questo problema.
  Il problema degli allontanamenti presenta due ordini di complessità. Innanzitutto è effettivamente necessario allontanare il bambino? La nostra associazione ha portato avanti il progetto Allontanamenti zero, che significa non che non debbano esserci in assoluto, ma che si dovrebbe tendere a non allontanare il bambino quando non sia necessario, ad esempio fare un allontanamento solo diurno e non notturno.
  L'altro grosso problema è quello dei tempi delle decisioni, che purtroppo sono molto lunghi, passano anni; l'affido familiare dovrebbe durare 2 anni e invece ne dura 4, quindi i tempi dei tribunali, i tempi delle adozioni, i tempi delle Consulenze Tecniche d'ufficio (CTU) sono molto lenti, per cui il bambino vive uno stato di stress che dura molto più a lungo del necessario e si creano differenti affetti che a un certo punto vengono recisi.
  Cito il recente caso di una famiglia di Torino che ha avuto dei bambini affidati per 4 anni, ma poi le sono stati tolti, separati e dati in adozione. Non sappiamo esattamente cosa sia successo, dico sempre che bisogna leggere le carte, però è un caso che ci lascia perplessi.
  Detto questo, lascerei la parola a Fabio Nestola e al professor Villanova, che per noi seguono la parte tecnica.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo la parola al dottor Nestola.

  FABIO NESTOLA, consigliere nazionale dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum). Cerco di essere veramente telegrafico, gli argomenti sono tanti e abbiamo depositato una relazione che va per punti, con delle note di chiarimento per ciascuno dei punti. Vorremmo solo evidenziare alcuni aspetti.
  Il primo è quello appena introdotto della mancanza di un database istituzionale di fonte ministeriale: non esistono dati certi in merito al numero dei minori allontanati dalle famiglie d'origine, compresi i minori stranieri non accompagnati, ed ai tempi di Pag. 11permanenza di questi minori nelle strutture di accoglienza. Questa misura nasce infatti, almeno in via teorica, come temporanea, ma poi si protrae per anni, e in alcuni casi bambine e bambini escono dalle strutture di accoglienza per aver raggiunto la maggiore età.
  Non ci sono dati certi in merito ai costi per la collettività ed alle strutture di accoglienza sia laiche che religiose. Siccome c'è un'ampia convergenza sulla necessità di avere dei dati perché questo settore non sia più terra di nessuno, perché non siano più dati aleatori, senza criteri condivisi, quindi non scientifici e non sovrapponibili, il fatto che da oltre vent'anni non esistano dati certi è di per sé già un dato di cui tenere conto, perché nell'era informatica sarebbe sufficiente un database per avere le statistiche per quanto riguarda i costi.
  Questo censimento viene fatto sporadicamente da alcuni istituti, non dall'ANCI ma dall'Istituto degli Innocenti, però con cadenza triennale o quadriennale. Altri istituti utilizzano criteri di rilevazione diversi da quelli dell'Istituto degli Innocenti, quindi sono dati non sovrapponibili, privi di qualsiasi criterio di scientificità.
  L'ulteriore gap è che i dati sono sempre riferibili al 31 dicembre di un anno, ad esempio del 2011, e, non avendo un grafico sull'andamento mensile, questo rende inattendibili i dati poco pertinenti con i reali contorni del fenomeno, perché un minore che entri in una struttura di accoglienza a febbraio e ne esca ad ottobre, dal punto di vista della rilevazione statistica non esiste, perché non era presente nelle strutture al 31 dicembre 2011 e non lo era al 31 dicembre 2010.
  Anche un caso tra i più noti, quello del bambino conteso di Cittadella che a Chi l'ha visto? ha destato un certo scalpore, molto pathos, molto impatto sull'opinione pubblica, che nelle more del giudizio definitivo è stato ospite di strutture di accoglienza per un periodo di quattro mesi. Quello è uno dei tanti, tantissimi bambini che dal punto di vista delle rilevazioni statistiche non esiste, eppure ha avuto un costo per la collettività, è stato allontanato dalla famiglia, è stato separato dai fratelli e dalle sorelle qualora ne avesse avuti.
  Questo è un esempio noto, finito sotto i riflettori, che ha avuto «gli onori della cronaca», quindi ricordiamo tutti questo bambino che si chiama Lorenzo, ma ci sono tanti tantissimi Lorenzo che non lasciano traccia.
  Per avere i reali contorni del fenomeno sarebbe quindi necessario conoscerne l'andamento mensile, cosa semplicissima almeno in via teorica, perché l'andamento mensile è quello delle rette che dai comuni vengono erogate alle strutture che se ne occupano, quindi, se c'è una voce in uscita, deve essere relativa a quale numero di minori sono nelle famiglie affidatarie o nelle strutture di accoglienza residenziale.
  Un'altra nota dolente è quella della trasparenza, altra istanza che viene reiterata con costanza negli anni sia a livello nazionale che soprattutto a livello locale. Sarebbe importante anche da parte del piccolo comune aprire una strada in questo senso, quella della videoregistrazione degli incontri delle famiglie prese in carico presso i servizi sociali.
  Esistono delle lamentele costanti da parte delle famiglie e dei loro legali e di intere associazioni forensi, che lamentano un atteggiamento irrituale (definiamolo così, non usiamo altri termini) da parte di alcuni servizi. Stiamo sempre parlando delle mele marce, di una piccola parte, perché il sistema opera al meglio, la maggior parte dei tribunali minorili opera al meglio, la maggior parte dei servizi sociali opera al meglio, la maggior parte delle case famiglia opera al meglio, vorrei che questo fosse un punto fermo.
  Ciò non toglie che il nostro compito sia quello di occuparci di quei fenomeni di nicchia che creano delle disfunzioni. Siccome le vittime di queste disfunzioni sono minori, se è vero come è vero che il diritto del minore va tutelato, non è importante che sia il 50 per cento più 1 dei minori vittima di abusi o di situazioni traumatiche per far sì che sia necessario occuparsene, ma anche una sola bambina o un solo bambino vittima di violazione dei propri diritti da parte delle strutture che sono Pag. 12chiamate a tutelarli dovrebbe occuparci tutti.
  Riguardo all'assenza di videoregistrazioni, c'è un'accanita resistenza da parte dei servizi e anche degli ordini professionali nel non voler lasciare traccia del proprio operato, con motivazioni a volte di carattere economico, quando sappiamo tutti che questo è un pretesto, perché qualsiasi computer ha la webcam, non si tratta di acquistare materiale sofisticato. Un altro pretesto è quello della privacy, ma gli eventuali dati personali e sensibili che possono emergere dalle famiglie prese in carico sono relativi alle famiglie prese in carico, non alle operatrici. I casi di patologie invalidanti, perdita di lavoro, situazioni economiche disagiate o abitazioni fatiscenti riguardano non le operatrici, ma le parti, quindi sarebbe sufficiente che i partecipanti firmassero una liberatoria per avere la possibilità di lasciare una traccia.
  La terza ed ultima motivazione è che le relazioni dei servizi non sono determinanti ai fini delle decisioni del giudice, il giudice è comunque peritus peritorum, cosa che in via formale è vera, però poche affermazioni sono infondate come questa, perché dall'altra parte abbiamo il magistrato, e la dottoressa Melita Cavallo, già presidente del Tribunale per i minorenni sia di Napoli che di Roma, definisce fondante l'opera dei servizi sociali, laddove in alcuni casi il magistrato conosce il minore esclusivamente attraverso le relazioni dei servizi.
  Non a caso si chiamano «servizi territoriali», cioè la competenza è quella di effettuare visite domiciliari per rendere nota la situazione igienico-sanitaria, reddituale, abitativa del minore che il giudice non può conoscere.
  Dal punto di vista strettamente tecnico la relazione dei servizi sociali entra quindi a pieno titolo nel fascicolo, costituisce una documentazione probatoria, è un incidente probatorio, quindi la sua riproducibilità, il suo lasciare traccia e la mancanza di videoregistrazione, della possibilità di confutare e sottoporre al vaglio di terzi i contenuti di quella relazione violano le regole del giusto processo.
  Il concetto più umano, meno tecnico, meno giuridichese è poi che, se opero sempre al meglio, che interesse ho a non lasciare traccia del mio operato, che interesse ho a nascondere dietro le nebbie della burocrazia la tracciabilità del mio operato che so essere sempre all’optimum?
  Esistono criteri fumosi, non ci sono criteri certi per l'allontanamento dei minori dalla famiglia d'origine e il collocamento nelle strutture residenziali, perché l'incapacità o l'inadeguatezza genitoriale può voler dire tutto e il contrario di tutto, e troviamo casi in cui in una famiglia con 3 bambini si dichiari l'incapacità genitoriale per il più piccolo di 4 anni, che viene allontanato, mentre gli altri due di 5 e 7 rimangono in famiglia; però la famiglia è la stessa, i genitori sono gli stessi, le caratteristiche etiche, morali, educative e abitative, le potenzialità reddituali della famiglia sono identiche. Come mai un principio di incapacità in capo ad un minore e non in capo agli altri due? Qual è il criterio logico che orienta questo tipo di scelte?
  I criteri fumosi non corrispondono dunque a paletti certi per l'allontanamento dei minori. Sicuramente anche altri auditi avranno parlato dell'articolo 403 c.c., cioè della possibilità di allontanare il minore in assenza di dispositivo giuridico, e che poi un tribunale si limiterà a ratificare una situazione di fatto già esistente.
  Un altro aspetto importante è che spesso i servizi sociali dichiarano: «la nostra relazione non è rilevante ai fini della decisione del magistrato di allontanare il minore», ma siamo sempre nel campo delle due chiavi di lettura dello stesso problema, due chiavi di lettura strettamente di parte, laddove da un lato abbiamo chi eroga un servizio e dall'altro chi ne usufruisce. Anche in questo caso sarebbero necessari dei dati oggettivi, delle ricerche, la possibilità di documentare con documentazione probatoria ciò che vado a sostenere.
  È quello che si chiede, un'indagine specifica, perché 30-40.000 minori ogni anno vengono censiti negli istituti, ma i servizi sociali sono in grado di citare 1.000 casi in un anno, quindi un trentesimo o un quarantesimo, una percentuale infinitesimale Pag. 13rispetto al totale, nei quali la relazione dei servizi sociali suggeriva l'allontanamento dalla famiglia d'origine e il magistrato ha deciso invece la permanenza in famiglia, e 1.000 casi in cui al contrario il magistrato intendeva far rimanere il minore in famiglia ed è stato allontanato esclusivamente grazie alla relazione dei servizi. 1.000 casi nei quali la chiave di lettura di quella situazione familiare da parte dei servizi non trova riscontro nelle misure giudiziarie erogate, bastano per avvalorare la tesi secondo la quale non ci sarebbe da parte della magistratura uno spalmarsi acriticamente sulle indagini dei servizi territoriali.
  Un'ultima nota di colore, ma fino ad un certo punto, estremamente grave: è noto a tutti il fenomeno di «Mafia capitale» con Buzzi e Carminati, su cui l'inchiesta è ancora in corso e la magistratura farà il suo lavoro. In uno degli sms che Buzzi nel 2013 mandava ai suoi amici della «terra di mezzo», come si definivano le persone di questo giro di malaffare, augurava a tutti quanti «un anno pieno di rifugiati, di monnezza, di minori e anche piovoso, così c'è l'erba alta da falciare». È quindi ben chiaro per chi vive di malaffare che anche il settore dei minori è un settore sul quale la trasparenza non è sempre così cristallina e limpida, e gli arricchimenti illeciti purtroppo fanno parte di questo tessuto sociale.
  La magistratura farà il suo corso, ma è necessario per forza aspettare il terzo grado di giudizio e le condanne passate in giudicato o già da oggi, visto che si parla di minori, è possibile alzare la soglia di attenzione sul sistema che si occupa dei minori allontanati dalle famiglie? Con questo punto interrogativo chiudo l'intervento, grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Nestola, per averci fornito uno spaccato molto chiaro degli aspetti critici di questi allontanamenti e di come viene gestita la parte normativa e burocratica, perché probabilmente le norme ci sono, spesso si dice che sono a tutela del minore, però di fatto poi c'è un appiattimento e comunque una non chiara definizione dei ruoli, in particolare dei ruoli degli assistenti sociali che noi abbiamo chiesto più volte di rivedere.
  Sono state riviste le linee guida, ma non è stato modificato lo Statuto, quello che impegna a dover rispettare, perché le nuove linee guida contengono molti correttivi a quello che lei poco fa ci spiegava, però di fatto non sono stringenti nel ruolo che svolge ciascun assistente sociale, per cui non è costretto a seguire quelle indicazioni.
  Per quanto riguarda le registrazioni accolgo con piacere le sue considerazioni, perché anche noi siamo favorevoli all'adozione di videoregistrazioni per evitare sovrapposizioni, equivoci e difficoltà per chi invece lavora bene ed è giusto che ne emerga la qualità.
  Passo ora la parola al professor Matteo Villanova dell'Università Roma Tre.

  MATTEO VILLANOVA, Direttore dell'Osservatorio Laboratorio Tutela Rispetto Emozionale Età Evolutiva (O.L.T.R.E.E.E.) e del Master in Educazione affettiva e sessuale per l'infanzia, l'adolescenza e la genitorialità. Università Roma Tre. Grazie, presidente. Sono stato invitato al seguito dell'Associazione Adiantum che collabora ormai da dieci anni all'attività di osservazione sul territorio con Roma Tre in questa sinergia che lega le università alle associazioni per superare il problema della frammentazione.
  Adiantum si è occupata in questi anni di tutela emozionale e di genitorialità, c'è stato il piacere di lavorare sulle buone prassi nell'intervento delle consulenze sui problemi di difettualità etiche e deontologiche da parte di consulenti che spesso sono al servizio di legali senza scrupoli e intervengono andando ad infrangere la competenza genitoriale, anziché andarla a sostenere, quindi percorsi formativi in una dimensione medico-pedagogica, dove il principio pedagogico è quello del crescere, dell'affiancare, del far venir fuori, e non quello di operare in maniera stigmatizzante attraverso leggi realizzate per intervenire sulla prevenzione terziaria, quindi soluzioni di un danno già effettuato, non potendo intervenire sulla prevenzione primaria e sulla riduzione del rischio. Pag. 14
  L'intento di carattere pedagogico di portare una trasversalità formativa, superando le corporazioni di provenienza, che siano medico-psicologiche, di carattere filosofico-giuridico o spesso di carattere investigativo-giudiziario, è stato uno degli obiettivi portati avanti in questi anni dall'osservatorio che si occupa di tutela e rispetto emozionale dell'età evolutiva.
  Andare a contemplare i fattori di rischio nell'infanzia, nell'adolescenza e nella strutturazione della genitorialità è un'esigenza emersa 10 anni fa, quando, provenendo dalla neuropsichiatria in Medicina legale, avendo insegnato per 15 anni queste discipline, mi sono accostato alle scienze della formazione perché, dopo casi fallimentari come quelli di madri che uccidono i proprio figli e di adolescenti che avevano ucciso i genitori, ho percepito la fallimentarietà delle discipline in ambito prettamente investigativo e giudiziario, per abdicare definitivamente al processo formativo di base, dando prevalenza all'aspetto educativo preventivo.
  Questo è molto importante perché, più si parla di delitti e di efferatezza, meno si investe in prevenzione primaria. L'Osservatorio è nato quindi come un laboratorio che tenesse conto della possibilità formativa delle buone prassi di affiancamento per quanto riguarda le emozioni. Si è cominciato con la violenza assistita, con le diagnosi stigmatizzanti per il sostegno a scuola, con le situazioni riguardanti la genitorialità e la competenza genitoriale, fino agli affidamenti, all'adozione nazionale e internazionale, alla recrudescenza delle false denunce per pedofilia.
  Adesso stiamo intraprendendo una particolare ricerca sul tratto calloso-anemozionale, che è una dimensione pedagogica dove il bambino arriva per una difettualità di carattere emozionale a esprimere poi situazioni che saranno il disturbo dirompente.
  Queste realtà di pedagogia clinica non vengono considerate dalla maggior parte dei giuristi e di quelli che cercano di intervenire sul processo evolutivo dell'infanzia. La necessità di una formazione continua e trasversale, che coinvolga tutti gli operatori che vanno a modulare la parabola di sviluppo dell'età evolutiva, diventa fondamentale per superare il problema della frammentazione, quindi una competenza globale.
  L'Osservatorio offre attività sul territorio che sono aperte all'associazione, Adiantum ne è una prova in quanto partecipanti come Fabio Nestola, Giacomo Rotoli, Yasmin Aboloma da anni conducono un master in «Educazione affettiva e sessuale per l'infanzia, l'adolescenza e la genitorialità» che si propone una trasversalità di attenzione al territorio, consentendo anche attività nelle scuole per rilevazione dei dati sul tratto calloso-anemozionale, e andando ad individuare questa prossima realtà, che è quella della genitorialità diversa.
  Non sappiamo come sarà la famiglia fra 10 o 20 anni, ma sappiamo che dobbiamo avere gli strumenti per intervenire il più possibile sulla riduzione del rischio, affinché poi non ci sia da spendere per rimediare. Il problema della testimonianza, del modello medico-pedagogico offerto crea la necessità di una stretta collaborazione fra associazioni e istituzioni, e l'Osservatorio di cui sono direttore si trova a Piazza della Repubblica, in una centralità che è nazionale oltre che metropolitana, laddove con Adiantum offre una possibilità di collaborazione con le varie associazioni, ma soprattutto con gli enti.
  Ho insegnato per 15 anni a Scienze dell'investigazione e conosco i problemi della rilevazione dei dati, dell'attività investigativa e di archiviazione, mi è capitato di insegnare agli assistenti sociali e conosco le problematiche di interfaccia con le altre figure, dove il sistema istituzionale non consente di facilitare il lavoro dell'altro; l'esperienza di giudice minorile onorario negli ultimi 10 anni al Tribunale per i minorenni mi ha offerto la possibilità di valutare dall'interno alcune problematiche di difettualità di intervento.
  Tutto questo ha consentito di mettere a disposizione l'esperienza in questo laboratorio, che oggi sta venendo a conoscenza di dati che sono assolutamente critici. Il 75 per cento dei bambini ospitati in case famiglia è costituito da figli di genitori che a Pag. 15loro volta sono stati ospiti di case famiglia, così come soltanto il 5 per cento dei bambini che fino a 15 anni hanno avuto un'istruzione regolare è stato a vedere un museo o in un teatro, mentre il 95-97 per cento è andato a vedere una partita. Questo potrebbe essere anche un dato poco interessante, ma dal punto di vista pedagogico fa molto, tanto che questo laboratorio ha avuto la necessità di creare delle convenzioni. Importante è quella con il Teatro Eliseo dove, attraverso il lavoro sul teatro, cerchiamo di lavorare sulle emozioni.
  Questo modello deve essere portato ovunque si possa intervenire con una formazione trasversale ad una validazione dal punto visto docimologico per capire cosa mettiamo sul mercato come università. La scienza della formazione è centrale in questo processo, perché arriva alla dottrina che consente ad altre università di formare i loro professionisti, laddove dico sempre schola certa est, familia numquam, per cui quando mettiamo sul territorio delle persone dobbiamo fare in modo che possano essere monitorizzate e supervisionate. Di qui la necessità di collaborazione con le associazioni, tra le quali Adiantum ha dato un grosso contributo.
  Volevo solo dire questo come presenza sul territorio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, professor Villanova. Le anticipo che prossimamente la Commissione avvierà un'altra indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, nella quale affronteremo le didattiche e le modalità di attuare la prevenzione con interventi adeguati. Credo che la convenzione con i teatri per lavorare sulle emozioni di questi bambini con gravi traumi psicologici quali l'allontanamento possa essere davvero utile e magari la riascolteremo in quell'occasione.

  FABIO NESTOLA, consigliere nazionale dell'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori (Adiantum). Se posso abusare della vostra pazienza, vorrei aggiungere un altro aspetto critico che non viene rilevato neanche dal Gruppo di monitoraggio della CRC: si tratta di un fenomeno che riguarda pochi minori, però può accadere che il minore allontanato dalla famiglia di origine e messo in casa famiglia come misura di protezione poi subisca nella struttura abusi enormemente superiori a quelli dai quali dovrebbe essere protetto.
  Ci sono dei casi concreti nella relazione che abbiamo allegato, sto parlando di abusi sessuali, di percosse, di somministrazione di farmaci scaduti, di sfruttamento del lavoro minorile, sto parlando di reati, non siamo nella maleducazione ma stiamo sconfinando nel reato.
  Oltre al notissimo caso del «Forteto», che si snoda da oltre trent'anni, un caso merita una riflessione e una domanda da porre proprio alla Commissione bicamerale infanzia. Siamo ad Ostia, nel litorale romano, e un educatore viene condannato a 9 anni di carcere per abusi sessuali su una bambina. Questo educatore nella casa famiglia di Ostia aveva appena terminato di scontare un'altra pena per lo stesso reato, aveva patteggiato una pena a 6 anni, dei quali 3 scontati, per abusi sessuali su un minore, aveva espiato la propria colpa, ma cosa fa? Va a lavorare nella stessa struttura per occuparsi ancora di minori.
  La domanda è: la struttura di Ostia ha eluso i controlli sul personale che assume oppure, aspetto estremamente più grave, determinati controlli non esistono proprio? Non è una richiesta forcaiola (lungi da noi come Adiantum) per una persona che ha espiato le proprie colpe e pagato il proprio debito con la giustizia, ma non può fare il cameriere, l'autista o altro tipo di lavoro, deve per forza continuare ad occuparsi di minori?
  La domanda mi sembra lecita perché, se una bambina viene allontanata dalla propria famiglia d'origine perché a rischio di probabili attenzioni sessuali morbose e collocata in una struttura in cui siamo certi che verrà abusata, poiché quella struttura si avvale di personale che sul curriculum vanta condanne passate in giudicato per il reato specifico, trattandosi di minori sarebbe lecito attendersi una soglia di attenzione più elevata.

  VANNA IORI. Aggiungo a quanto lei affermava che è nota l'alta percentuale di Pag. 16recidiva nella pedofilia, per cui prima di far uscire dal carcere la persona che sta scontando la sua pena e reimmetterla nella società sarebbe importante fare un percorso di preparazione e di trattamento terapeutico preventivo, perché altrimenti quasi di sicuro tornerà a compiere gli stessi abusi.

  PRESIDENTE. Ringrazio per questo ulteriore invito a considerare il controllo delle strutture, sul quale anche in altre audizioni avevamo sollevato il problema, non basandoci solo sul fatto che presenti degli ambienti, ma controllando come siano e chi vi operi, perché, se il minore viene tolto da una famiglia che può creargli un minimo danno, è grave che la società sia poi responsabile di un suo danno maggiore.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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ALLEGATO

Documentazione presentata dall'associazione ADIANTUM.

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