XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Martedì 1 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, Amalia Settineri.
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 3 ,
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 6 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 7 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 8 ,
Bertorotta Ornella  ... 8 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 8 ,
Bertorotta Ornella  ... 8 ,
Valdinosi Mara  ... 9 ,
Lupo Loredana (M5S)  ... 9 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 10 ,
Lupo Loredana (M5S)  ... 10 ,
Silvestro Annalisa  ... 10 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 10 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 12 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 12 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 12 ,
Settineri Amalia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo ... 12 ,
Zampa Sandra , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 13.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, Amalia Settineri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, l'audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, Amalia Settineri, che ringrazio e a cui cedo subito la parola.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Grazie a voi perché l'occasione è preziosa per parlare delle difficoltà che nel mio distretto (e per le notizie che ho suppongo anche in altri distretti) si incontrano nell'accoglienza riservata ai minori sia nativi, come ormai li definisco per distinguerli da coloro che vengono dalle migrazioni, sia stranieri non accompagnati.
  I problemi di accoglienza per quanto riguarda i primi sono problemi datati, perché la legge n. 184 del 1983 è stata nella sua formulazione un'ottima legge, che prevedeva ed è riuscita a realizzare il passaggio dal sistema ormai obsoleto degli orfanotrofi ad una risposta variegata e adatta alle diverse problematiche presenti nelle famiglie con disagi, famiglie con minori a loro volta portatori di problematiche derivanti dal contesto familiare e ambientale, risposta variegata perché non tutti i problemi sono uguali.
  In taluni casi estremi è quindi necessario allontanare il minore dalla famiglia, in altri si dovrebbe intervenire con metodiche diverse, la prima delle quali, come la stessa legge del 1983 prevede, è quella di intervenire a sostegno della famiglia. Primo problema: il sostegno nei confronti della famiglia richiede risorse, cosa sulla quale purtroppo sarò costretta a tornare molte volte nel corso di questa mia esposizione, perché le famiglie sono spesso bisognose anche in termini di sostegno economico.
  In molti casi, soprattutto da quando la crisi che investe tutta l'Italia si è ripercossa in modo ancor più grave sulle aree periferiche come la Sicilia, le famiglie occupano degli immobili abbandonati da tempo quali strutture pubbliche, scuole o altro, nelle quali non c'è servizio idrico, non c'è elettricità, sono edifici obsoleti senza riscaldamento, e quando vi troviamo bambini anche piccolissimi siamo costretti a chiedere alla madre di trovare una soluzione diversa presso i parenti. A volte contattiamo i parenti per trovare un'alternativa o chiediamo alla madre di recarsi in una struttura insieme al bambino, perché non si può lasciare un bambino in quelle condizioni di freddo, di mancanza di qualsiasi servizio.
  Occorre però che ci siano le strutture, occorre che ci sia il sostegno economico, e la stessa cosa riguarda i servizi, perché si sono andati contraendo, i servizi socio- Pag. 4sanitari sono sempre più ridotti quanto a consistenza numerica e a disponibilità, quindi non possono più offrire quell'osservatorio che, operando in rapporto con la scuola o con altri ambiti di prossimità rispetto a minori e famiglie, era in grado di fornire delle indicazioni utili per prevenire, cogliendo i prodromi, situazioni di pregiudizio per i minori.
  Accade quindi adesso più che in passato che veniamo a conoscere questi pregiudizi quando già si sono verificati e sappiamo che si sarebbero potuti evitare, ed è veramente molto doloroso rendersi conto che ci sarebbe stata la possibilità di cogliere prima ciò che invece non è stato colto.
  L'altro problema è connesso agli istituti, perché quando abbiamo la possibilità di mantenere il minore nell'ambito della famiglia lo preferiamo ma, se questo non è possibile, si deve arrivare all'accoglienza negli istituti. Vorrei parlare di una situazione intermedia che è quella dell'affido, che dovrebbe stare tra la permanenza in famiglia e il collocamento in una struttura di accoglienza. Sarebbe l'ideale che quando la famiglia non è più in grado di tenere presso di sé il minore ci fosse un'altra famiglia.
  L'istituto è previsto da questa legge fondamentale del 1983, ma di fatto è scarsamente applicato, fatta eccezione per Palermo dove esiste un Centro affidi e la procedura dell'affido familiare è praticata anche se non su larga scala (si tratta sempre di decine di casi a fronte dei tanti minori ricoverati in istituto). Fatta eccezione per Palermo, però, per il resto del distretto non c'è quasi niente.
  Non credo che non ci sia per mancanza di persone sensibili e disponibili all'accoglienza di un minore: penso che sia un problema di mancata sensibilizzazione. La legge prevedeva infatti investimenti in un'attività di diffusione della conoscenza dell'istituto, di sostegno alle famiglie disponibili e idonee, ma questo non è accaduto e molta gente non sa neppure cosa sia l'affido familiare. A volte ricevo paradossalmente telefonate sul mio cellulare di gente che mi chiede cosa debba fare per ottenere in affido un minore la cui famiglia abbia difficoltà, e fornisco le indicazioni, ma tutto questo non dovrebbe avvenire in un modo così artigianale ed estemporaneo, dovrebbe entrare in un sistema.
  L'alternativa potrebbe essere, laddove non si voglia ricorrere a questo sistema dell'affido familiare, la possibilità di creare famiglie di appoggio, che sarebbe una soluzione ancora una volta più variegata rispetto alle altre, ideale laddove le difficoltà di una famiglia naturale possano essere superate attraverso un intervento di sostegno anche affettivo da parte di soggetti che siano in grado di aiutare anche logisticamente queste famiglie in difficoltà.
  In qualche caso cerchiamo di trovare famiglie disponibili all'appoggio verso la famiglia naturale, cosa ancor più utile ad evitare l'allontanamento del minore, perché il minore rimane nella sua famiglia che può essere aiutata a superare queste difficoltà che spesso – ripeto – sono di natura veramente materiale. Magari la madre deve lavorare perché non può fare a meno di portare alla famiglia il contributo economico della sua attività lavorativa, ma non c'è la possibilità di sostenere il bambino, aiutarlo, portarlo a scuola.
  Questa potrebbe essere una soluzione intermedia e qualche volta la pratichiamo. Anche in questo caso, però, occorre comunque un sistema, che non si tratti di soluzioni estemporanee.
  All'altro capo di questo range di soluzioni c'è quella estrema dell'inserimento del minore in una struttura di accoglienza, che può essere ed è spesso il minor male, spesso anche un bene, seppure relativo, quando la famiglia era invece il male assoluto, perché a volte ci troviamo con famiglie che veramente sono indegne di continuare a occuparsi dei loro bambini.
  In questi casi il passaggio in una struttura può essere un bene relativo, specie se c'è un'effettiva corrispondenza della struttura quanto ai suoi contenuti professionali, umani e di sensibilità rispetto alle esigenze del bambino. Io ho avuto ottime esperienze con alcune strutture, che sono state capaci di dare calore e sostegno al ragazzino, e talvolta il ragazzino si è legato in modo viscerale agli operatori della struttura, perché ha trovato in loro la figura sostitutiva della madre o del Pag. 5padre, e questo è stato veramente un bene, però non sempre è così.
  La ragione per cui non sempre è innanzitutto il fatto che non vengano corrisposte le rette alle strutture. A ridosso di Capodanno di quest'anno ho ricevuto una quantità di responsabili delle cooperative che gestiscono le strutture d'accoglienza, che con le lacrime agli occhi – credetemi – sono venuti a dirmi di non poter più accendere il riscaldamento, di non sapere più come fare a dar da mangiare a questi ragazzi, che pure dipendono da loro e a loro chiedono perché non hanno alternative, perché le rette non venivano corrisposte o con tanto ritardo da causare la crisi della struttura.
  L'altro aspetto è quello dei controlli, che vengono realizzati su vari piani e rispetto a varie esigenze. Il primo controllo è quello della Regione che, siccome stabilisce gli standard a cui devono obbedire le strutture, deve controllare annualmente la permanenza dei requisiti previsti.
  La Regione si limita però a chiedere un'autocertificazione ai responsabili delle comunità, il comune dovrebbe svolgere dei controlli tramite i propri assistenti sociali, cosa che talora avviene e talora non avviene. Non ho un dato preciso su questo, non ho possibilità di dare indicazioni esatte, però ho la sensazione che in taluni casi non ci sia controllo, anche perché (torniamo al discorso iniziale) i servizi sociali sono veramente deficitari in termini numerici.
  Ci sono luoghi nel mio distretto in cui non c'è l'assistente sociale o ce n'è uno solo. Lampedusa ad esempio è un'isoletta piccolina, che però ha dovuto affrontare l'enorme problema delle migrazioni, eppure ha una sola assistente sociale, il che secondo me è incredibile, perché mi chiedo come possa essere gestito un problema enorme da una sola persona, però così è.
  Ho assunto la funzione di procuratore nel 2011 e insieme alle colleghe ci siamo rese conto che era assolutamente indispensabile potenziare il sistema delle ispezioni, che l'articolo 9 della legge del 1983 prevede a carico delle Procure, e abbiamo realizzato un sistema. Non è stato facile, perché ho dovuto creare dei servizi nel mio ufficio dedicati espressamente a questo, perché il sistema delle ispezioni funziona se poi le ispezioni si fanno e i relativi risultati vengono valutati in modo approfondito per stabilire cosa fare.
  Ho circa 300 strutture sul mio territorio e acquisiamo ogni sei mesi le schede che abbiamo predisposto inviandole alle comunità, in modo che rispondessero fornendoci le informazioni che ci occorrono per valutare la condizione del minore rispetto alla famiglia, perché ci interessa innanzitutto comprendere se siamo dinanzi a un minore di cui la famiglia ormai si disinteressa, quindi ormai abbandonato nella struttura. E’ infatti necessario evitare le lunghe istituzionalizzazioni: laddove c'è un problema di abbandono, per cui i genitori non sono più presenti nella vita del minore, bisogna portarlo in un'altra famiglia, non tenerlo in istituto sine die.
  Cerchiamo quindi di appurare cosa accada nella famiglia del minore, quali siano le sue relazioni, i suoi contatti, le vacanze estive, i fine settimana, le visite in istituto, i contatti con i genitori o con altre figure parentali, che possono essere nonni, zii, altre figure interessanti. Cerchiamo di appurare quale sia il percorso di vita del minore all'interno della comunità, quindi acquisiamo i progetti educativi e forniamo indicazioni ove questi siano eventualmente carenti e cerchiamo di valutare se il minore venga ascoltato, se ci sia la capacità di sentirlo, cosa fondamentale perché dal minore provengono le indicazioni essenziali di base, dalle quali dobbiamo partire per lavorare adeguatamente alle sue esigenze.
  A queste schede, che semestralmente riceviamo, controlliamo e compulsiamo in modo da capire la condizione del minore, fanno seguito le ispezioni, anch'esse semestrali. L'impegno è notevolissimo, e una Procura come la mia, che con 5 sostituti deve far fronte, oltre che al tema delle ispezioni, a tanti altri ambiti lavorativi, non può provvedere direttamente a svolgere 600 ispezioni all'anno, anche perché il distretto è enorme, quindi le deleghiamo.
  Nel 2011-2012 si è posto il problema dell'organismo a cui delegare le ispezioni, perché la norma, pur prevedendo la delegabilità, Pag. 6 perché prevede che il procuratore effettui o disponga ispezioni, non individua l'organo a cui delegare. Noi della Procura di Palermo ma anche di altre Procure abbiamo pensato che l'unico organo a cui potevamo delegare l'ispezione fosse la polizia giudiziaria, perché è l'unico organo alle dipendenze funzionali del Pubblico Ministero. Non posso dare una delega ai Servizi sociali che non fanno parte del mio ufficio, dipendono da altri, quindi la delega veniva fatta alla polizia giudiziaria specializzata, che era molto impegnata, molto onerata, fra l'altro anche numericamente inadeguata a questo carico di lavoro.
  A un certo momento dal Ministero ci è arrivata la richiesta di soprassedere a questa prassi, perché c'erano dei costi. La polizia giudiziaria specializzata ha sede a Palermo, nel momento in cui delegavamo un'attività da svolgere ad Agrigento o a Pantelleria dovevano essere corrisposte delle indennità di missione, quindi c'erano delle spese. Ci è stato chiesto di evitare, di limitarci a utilizzare la polizia giudiziaria nell'ambito territoriale di Palermo.
  Avevo cercato di coinvolgere la polizia giudiziaria del territorio, anche offrendomi di dare una formazione, ma purtroppo non è stato possibile, e mi rendo conto anche delle difficoltà di Carabinieri o della Polizia di Stato che non hanno abitudini e attitudini per questo tipo di lavoro, che richiede anche l'ascolto, richiede altro oltre la mera verifica della struttura.
  Abbiamo quindi deciso di affidare alla polizia municipale dei singoli comuni queste deleghe quando le ispezioni vengano effettuate direttamente, perché la polizia municipale ha un maggior contatto con il territorio, con la gente, quindi mi è sembrata la soluzione migliore.
  A distanza di quattro anni da quando abbiamo intrapreso questo percorso non ne sono soddisfattissima, perché innanzitutto il problema della formazione si è posto anche con la polizia municipale che, nonostante le mie aspettative, non era proprio all'altezza, e in secondo luogo ci sono comuni con un solo vigile urbano, quindi come può effettuare un'ispezione che richiede più unità presenti contestualmente nel luogo da ispezionare?
  Ho recentemente proposto nell'ambito del tavolo di coordinamento istituito presso la Prefettura di Palermo per l'accoglienza dei minori stranieri – sebbene il problema riguardi tutti, nativi e stranieri – di creare un organismo interistituzionale composito, che sia formato da rappresentanti della polizia giudiziaria possibilmente specializzata e da componenti dei servizi socio-sanitari, che potrebbero costituire un organismo deputato all'ispezione negli istituti, organismo che sarebbe in grado di valutare tutti gli aspetti e obbedire in questo modo alle funzionalità del comune, della Regione e della Procura.
  Queste tre istituzioni potrebbero avvalersi del medesimo organismo per effettuare ispezioni che in questo momento vengono effettuate un po’ come capita, mentre un organismo unitario potrebbe effettuare le ispezioni su delega, ovvero intervenire quando il Sostituto Procuratore va ad effettuare un'ispezione.
  Sto valutando nel mio ufficio la compatibilità di una pratica di questo genere da avviare in via sperimentale rispetto a qualche ispezione. Questo richiede un protocollo di intesa anche sperimentale con le istituzioni coinvolte, Comune e Regione, ma potrebbe essere un modo di verificare la fattibilità, in vista di un'eventuale istituzionalizzazione del sistema. Forse potremmo avviarlo prossimamente, speriamo di riuscire a farcela.
  Se volete, possiamo parlare dei minori stranieri non accompagnati.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, devo purtroppo lasciare la Commissione perché coincide con i lavori di un'altra Commissione e la collega Zampa dovrà venire a sostituirmi. Le lascio solo due domande, procuratore, e raccoglierò le sue risposte tramite il resoconto stenografo.
  Intanto la ringrazio tantissimo per quello che ci sta dicendo, perché è molto importante capire le problematiche dei controlli, tema molto delicato, però vorrei chiederle in merito all'anello di congiunzione rappresentato dall'affido in famiglia, che anch'io ritengo sia da far prevalere sull'istituto, Pag. 7 come si colleghi alla legge che facilita il passaggio da affido ad adozione.
  Le chiederei di chiarire questo aspetto, perché, finché si tratta di una famiglia di appoggio alla famiglia naturale con l'intento di aiutarne la ripresa, l'affido va bene, però questa legge che abbiamo approvato, la n. 173 del 2015, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, mi sembra preoccupante.
  L'altra domanda è riferita ai problemi economici. Come vede quando il programma previsto dal servizio sociale non corrisponde strettamente alle strutture o alla scelta di struttura che si è fatta e come si può poi portarlo a termine, se c'è questo gap? Grazie ancora e buon proseguimento.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Ci sono le due domande a cui devo rispondere. La prima che mi è stata posta riguarda la compatibilità tra questa legge sulla continuità degli affetti con le funzionalità proprie dell'affido familiare. Devo dire che è una legge che mi ha suscitato delle perplessità, perché da un lato capisco che corrisponde ad una realtà, perchè vi sono dei casi nei quali l'affido familiare in effetti si protrae oltre i due anni iniziali, si crea un rapporto molto intenso, molto forte fra la famiglia affidataria e il minore a fronte di un progressivo scollamento della famiglia naturale.
  In questi casi la normativa preesistente prevedeva che non si facesse mai luogo all'adozione in favore degli affidatari e lo scopo era quello di evitare di snaturare il senso dell'affido familiare. È anche vero che poteva essere una lacerazione terribile, e ho vissuto purtroppo l'esperienza di un bambino di cui ci occupavamo costantemente che non voleva assolutamente lasciare gli affidatari, aveva creato con loro un rapporto talmente forte da vivere in maniera tragica l'allontanamento da soggetti che per lui erano come i genitori.
  Quando abbiamo a che fare con i sentimenti non ci sono soluzioni ideali, ogni soluzione va calibrata. La legge può prevedere un caso generale, ma occorre sempre un'estrema attenzione al caso specifico, che porti ad ascoltare il bambino. L'ascolto del bambino è ciò da cui bisogna partire, non possiamo pensare di conoscere il suo bene e di andare al di là delle sue aspettative perché sappiamo ciò che va fatto: l'adulto può certamente capire più del bambino, ma deve partire da lui.
  La legge quindi corrisponde a questa esigenza di evitare una sofferenza laddove la lacerazione dei rapporti tra bambino e famiglia affidataria sarebbe una gravissima sofferenza per lui, però ripropone i problemi dai quali si era cercato di rifuggire quando si era prevista l'impossibilità dell'adozione, innanzitutto la diffidenza da parte della famiglia naturale, che può temere che l'affido sfoci in un'adozione, quindi in un allontanamento definitivo del figlio.
  Spesso la famiglia naturale, anche se è deficitaria e non all'altezza del suo ruolo, ha un rapporto molto carnale con il figlio, anche al di fuori dei casi in cui questo sia un bene, e vuole tenere il figlio per sé, quindi dinanzi all'ipotesi dell'affido che può sfociare in un'adozione matura delle diffidenze, mentre fra famiglia affidataria e famiglia naturale dovrebbe esserci un rapporto di grande collaborazione nell'interesse del minore.
  Non so come tutto questo possa risolversi, se non affidandosi all'estrema prudenza di chi dovrà operare nel concreto. Occorre che si formino delle linee-guida che possano fornire dei paletti ai giudici che dovranno operare in questo ambito, perché temo molto l'applicazione concreta di questa previsione della continuità affettiva, che pure corrisponde a dei bisogni.
  La seconda domanda riguardava il gap tra le previsioni dei servizi e la struttura. Quando il Tribunale per i minori dispone il collocamento di un soggetto in una struttura avviene sempre d'intesa e per il tramite dei servizi, quindi la scelta della struttura va fatta dai servizi, anche se è opportuno che diano conto delle ragioni per le quali individuano una struttura piuttosto Pag. 8che un'altra, perché bisogna evitare preferenze irrazionali o motivate da altro.
  I servizi devono evitare questo gap creando una continuità fra la loro azione e il tipo di offerta formativa, educativa, assistenziale della struttura che vanno a individuare, spiegando le ragioni per le quali quella struttura è stata privilegiata rispetto ad altre.

  PRESIDENTE. Se ci sono altri colleghi che intendano porre domande...

  ORNELLA BERTOROTTA. La ringrazio anch'io, sono siciliana e capisco benissimo tutto quello che ha esposto e l'esigenza di dare primaria importanza al controllo di queste strutture, al controllo dell'andamento delle prese in carico anche temporanee di questi ragazzini.
  Mi chiedo se non si possano delegare delle équipe socio-psico-pedagogiche che sono presenti nelle scuole. Non so se in tutte le scuole siano presenti delle équipe di sostegno psicologico però si potrebbe approfittare di queste, che non credo siano oberate come i servizi sociali, per effettuare un'analisi e una relazione dal punto di vista comportamentale e affettivo di questi ragazzini che sicuramente vengono inseriti nelle scuole.
  Per quanto concerne invece l'esame della struttura e quindi del mantenimento degli standard, non lo riterrei opportuno, ma magari si può anche delegare loro. Dal punto di vista della situazione affettiva dei ragazzi penso che, essendo inseriti nella scuola, anche avvalersi del parere delle insegnanti nell'ascoltare questi ragazzi potrebbe essere un buon passo avanti.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Questa è un'ottima idea, sono d'accordo. Faccio parte dell'Osservatorio istituito presso l'Ufficio scolastico regionale che si occupa proprio di queste problematiche e in particolare del bullismo scolastico, della dispersione scolastica, e abbiamo grande attenzione ai minori che sono inseriti in ambito scolastico provenendo da strutture di accoglienza che sostituiscono le famiglie, ed è vero, questa è una buona prospettiva.
  Non è però ancora sufficiente agli scopi a cui tendiamo perché, a parte la verifica della struttura e della qualità dell'offerta materiale al suo interno, bisogna anche controllarla sotto il profilo logistico, del vitto e di un'adeguata sistemazione a questi ragazzi. Ci sono strutture che non offrono neppure il mezzo per raggiungere la scuola, pur essendo lontanissime, e i ragazzi sono costretti a fare il percorso a piedi, con qualsiasi tempo, in assenza di servizi pubblici.
  Occorre quindi recarsi sul posto e capire in quali condizioni vivano. Ci sono anche problematiche che ineriscono ad aspetti sanitari della struttura; non è raro cogliere deficit sotto il profilo sanitario, per questo parlavo di professionalità diverse, di componenti variegate, perché a volte facciamo intervenire i NAS per verificare in quali condizioni operi la struttura e rileviamo gravi carenze che segnaliamo alla regione e a tutti gli organismi competenti, anche alla procura ordinaria, quando ci siano estremi di reato. A volte utilizzano cibi che non dovrebbero essere utilizzati perché fanno parte di derrate destinate ad altro, non acquistati, sebbene la struttura percepisca del denaro per acquistarne.
  Ci sono quindi molti aspetti, e, oltre all'ascolto del minore, è importante anche la conoscenza della famiglia. Spesso a scuola la famiglia non è nota, mentre nelle strutture la conoscono, quindi credo che, anche avvalendosi di questa ulteriore forma di verifica che passa soprattutto per l'ascolto (mi rendo conto che l’équipe ascolta e questo è importantissimo), occorra comunque un'integrazione di professionalità.
  Pensavo quindi ed un organismo multidisciplinare, che possa avere un approccio funzionale alle rispettive professionalità, in modo da capire tutto ciò che si muove attorno al bambino, tutto ciò che c'è attorno a lui sia sotto il profilo emotivo, relazionale, affettivo, che sotto il profilo squisitamente materiale.

  ORNELLA BERTOROTTA. In Sicilia, non riusciamo a nominare il Garante per l'infanzia, sono diversi anni che altre regioni l'hanno nominato, io ho esaminato la legge Pag. 9regionale che richiede una figura a titolo onorifico. Lei pensa che il fatto che non ci sia il Garante sia una mancanza per la regione e quindi che la figura potrebbe essere utile?
  Il ruolo che si affida al Garante regionale può essere svolto in maniera del tutto gratuita oppure c'è un vulnus nella legge ed è questo il motivo per cui non si riesce a nominare? Personalmente sono dell'idea che chi lavora debba essere pagato, anche se non con uno stipendio d'oro. Ho potuto appurare che in altre regioni i Garanti svolgono un ruolo molto importante e, se si fa bene questo lavoro, è una figura fondamentale, però dipende sempre da come la si interpreta.
  Ho fatto diverse ispezioni in comunità che accolgono minori stranieri non accompagnati e ho visto che spesso sono delle derivazioni di case di cura, laddove la legge n. 600 della nostra regione lascia la possibilità di somministrare pasti uguali o molto simili a quelli dei malati.
  Ho potuto conoscere minori stranieri di 17-18 anni, ragazzoni alti due metri, sportivi, ai quali vengono dati la minestrina e i vari cibi dell'ospedale, cosa che ritengo inopportuna perché, pur essendo buoni, spesso sono cibi inadeguati. Perché non modifichiamo questo aspetto nella legge, anche per dare un senso di migliore accoglienza? Tra l'altro, mi pare che tra gli standard previsti vi sia anche la presenza della cucina, quindi tutte queste strutture hanno una cucina a livello industriale, costata tantissimi soldi, spesso finanziata dallo Stato, ma poi si somministrano questi pasti precotti.

  MARA VALDINOSI. Innanzitutto un sentito ringraziamento al procuratore per l'audizione e soprattutto per il lavoro che sta facendo in una realtà molto complessa e problematica. Io vengo da una realtà molto diversa, la Regione Emilia-Romagna, nel mio territorio non ci sono minori fuori famiglia e credo che sia un grosso privilegio.
  Alla luce di quanto veniva detto in merito ai gravi deficit delle strutture che accolgono i minori e alle gravi lacune nei controlli, mi chiedevo se non sia opportuno un grosso sforzo per mantenere i minori nella famiglia. Laddove la problematica è essenzialmente o esclusivamente economica si potrebbero – probabilmente con le stesse risorse e con le stesse energie a livello di spesa, di servizi e di personale – aiutare le famiglie a tenere i propri figli.
  Le vorrei chiedere una considerazione su questo e, visto che ha fatto riferimento a 300 strutture sul territorio, vorrei capire quali province comprenda il suo territorio, quanti siano i minori ospitati in queste strutture e se rispetto a queste strutture (mi rendo conto che rischia di essere una domanda retorica) vi sia da parte vostra o della Regione che non fa i controlli, cosa molto grave, la possibilità di effettuare un monitoraggio della durata della permanenza nelle strutture, se ci siano dati in grado di indicarci quale sia l'efficacia di questo intervento.

  LOREDANA LUPO. La ringrazio per la sua presenza, io provengo da Palermo, quindi conosco la realtà che ha descritto, però vorrei approfondirla maggiormente. Una domanda infatti si riallaccia a quella della senatrice, perché lei parlava di 300 strutture e anch'io vorrei sapere quanti siano i minori, se esistano delle statistiche e quindi se vi sia possibile fornirci un quadro aggiornato di come si componga il territorio, perché questo ci aiuterebbe molto a comprendere quale strada intraprendere.
  Mi ha incuriosito un aspetto: lei ha dichiarato di aver affidato queste indagini ispettive alla polizia giudiziaria specializzata, ma di aver ricevuto una lettera dal Ministero in cui si diceva che mancavano le risorse economiche necessarie a effettuare queste ispezioni. Che alternativa ha offerto il Ministero a tutto ciò? Si può dire infatti che i soldi non ci sono mettendo però a disposizione un altro tipo di risorsa, che costa meno, quindi mi piacerebbe visionare la risposta del Ministero, perché dire a un organo che sta facendo il suo lavoro di non farlo più sebbene esista una legge che all'articolo 9 prevede questa attività, deve essere realmente motivato.
  L'altra cosa che vorrei chiederle è se vi sia un numero minimo di assistenti sociali che un territorio deve avere. Mi sembra che all'interno Pag. 10 della legge sia previsto. Lei citava il caso di Lampedusa che ne ha uno solo.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Non so se questa unica unità sia quella prevista in organico, ma credo di sì. Di fatto è una sola, però sinceramente non so se l'organico preveda più di un'unità.

  LOREDANA LUPO. Questo aspetto mi incuriosiva. Ho appreso, parlando con alcuni operatori del settore, che per il Comune di Palermo due anni fa la Regione aveva stanziato per una serie di progetti più di 12 milioni, ma alla fine di questi 12 milioni alle organizzazioni sono arrivati 2 milioni, perché spesso il Comune può fare una variazione di bilancio e, qualora non abbia previsto una serie di spese che in genere sono quelle per i contenziosi di cui rispondono in prima persona e che quindi devono pagare immediatamente, prelevano da tutte le parti.
  Mi domandavo quindi come ciò si possa verificare in un settore come questo, dove si tratta non di abbellire la struttura, ma di fornire pasti, energia elettrica, riscaldamento a dei bambini. Lei ha il polso della situazione di Palermo e quindi può comprendere meglio questa condizione. Grazie, spero di fare buon uso di tutte le sue informazioni.

  ANNALISA SILVESTRO. Una domanda molto semplice: alla Camera si sta discutendo un disegno di legge su queste tematiche, che immagino lei abbia avuto modo di visionare. Il suo parere è che vi aiuti o vi crei difficoltà, c'è qualcosa che ritiene di doverci dire? Grazie.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Il Garante regionale è certamente una figura utilissima, che fra l'altro ha svolto un bel compito perché si è fatto carico di riunirci tutti e acquisire da noi presidenti del Tribunale, procuratori, sostituti, operatori che a vario titolo si occupano di minori le informazioni sulla nostra operatività, su quello che viene fatto, su quello che si può fare, recependo suggerimenti, ed è stato un bel lavoro, però è chiaro che il Garante nazionale ha poi bisogno di un riferimento territoriale in ciascuna regione.
  Noi paradossalmente abbiamo il Garante della città di Palermo, ma non abbiamo il Garante regionale. Non conosco la ragione per la quale non è stato nominato, però posso ipotizzare che in effetti la gratuità dell'incarico non vada bene. Ho un'esperienza in questo senso, che non riguarda il Garante, ma riguarda la figura dei tutori. Il tutore è figura disciplinata, dai tempi del diritto romano fino ai giorni nostri, in modo assolutamente costante, nel senso che non si è capito che non è più quello del passato, non deve occuparsi del patrimonio, ma deve occuparsi di altro.
  Questo tutore viene onerato di una serie di attività, dal sostegno del minore alla rappresentanza del minore e dei suoi interessi, e, se, come è accaduto ad Agrigento dove si è creato un elenco di tutori, andiamo a ricercare la figura del tutore fra coloro che sono professionalmente molto attrezzati come avvocati e psicologi, accadrà che nel momento in cui conferiremo loro una quantità di tutele non avranno più il tempo di lavorare, cioè di mantenersi, come hanno già detto con la massima franchezza.
  Se quindi non verrà dato loro un compenso non potranno svolgere questo incarico di tutela. Ritengo quindi che l'elenco dei tutori vada creato con criteri di gratuità ma non totale, attingendo soprattutto alle aree del volontariato, cioè di coloro che non hanno un'attività professionale molto assorbente come quella del libero professionista, che non può sottrarre un tempo infinito alla sua attività, mentre nell'area del volontariato ci possono essere persone meno impegnate sotto il profilo professionale e ugualmente disponibili a venire incontro alle esigenze di un bambino, ad ascoltarlo, a prestarsi a integrare la sua volontà e la sua persona laddove serva.
  Per quanto riguarda invece il Garante non posso parlare di una figura del volontariato, perché il Garante deve essere professionalmente attrezzato, cioè essere una Pag. 11persona di buon livello professionale (se non ottimo), quindi non possiamo pretendere che questa persona di ottimo livello professionale svolga un incarico, che può comportare un notevole dispendio di tempo, senza che gli sia corrisposto un compenso in quanto l'esigenza di un livello professionale elevato è incompatibile con la gratuità dell'incarico a fronte dell'impegno che questo comporta.
  Ai tutori va corrisposto quantomeno il rimborso delle spese e vanno garantite possibilità di accesso gratuito ai documenti, attività per le quali non devono essere costretti a pagare bolli o altro. Sarebbe opportuna un'attenzione sotto questo profilo, perché siamo di fronte a delle esigenze umane e dobbiamo tenerne conto.
  Per quanto riguarda l'altra domanda, concernente la qualità del trattamento, devo dire che il trattamento riservato ai minori stranieri non accompagnati è ben lontano dall'essere soddisfacente. Non parlo solo dei pasti, parlo di molti aspetti. Abbiamo dovuto prendere atto della decisione di collocare nelle strutture di primo livello in teoria fino a 60 unità, ma in realtà si va molto oltre, perché è inevitabile che, laddove c'è un numero limitato di strutture di prima accoglienza, a fronte di momenti di particolare emergenza che sono quelli degli sbarchi, si collochino ben più di 60 minori.
  A Palermo abbiamo una realtà di cui mi sto occupando in questi giorni, una cooperativa convenzionata con il Ministero dell'interno (sono tutte convenzionate con il Ministero) che gestisce due strutture di prima accoglienza in due piani di uno stesso edificio, ciascuna delle quali dovrebbe accoglierne 60, per cui già sarebbero 120 nello stesso edificio, il che veramente non va, ma in più abbiamo numeri molto superiori alle 60 unità.
  La possibilità di spostarle: i servizi ci dicono che non sanno dove collocarli, è una cosa terribile perché non ci sono strutture in numero adeguato e non si può pensare ad un'accoglienza di buon livello se innanzitutto non ci sono i luoghi dell'accoglienza. È veramente una tragedia, e in tutte le sedi in cui posso rappresentare questo problema dico che ci troviamo dinanzi a situazioni umanamente intollerabili.
  Adesso vi illustro la mia esperienza quasi storica. Ho affrontato la prima emergenza nel 2011, ero entrata alla Procura dei minori il 31 gennaio e a febbraio abbiamo avuto i primi grossi sbarchi a Lampedusa, quindi li abbiamo affrontati con i mezzi di cui disponevamo, però devo dire che i primi due anni, nonostante i numeri fossero consistenti, sono andati bene.
  Avevamo le comunità deputate all'accoglienza dei nostri minori e abbiamo collocato i minori stranieri in numeri contenuti, nel senso che la comunità destinata normalmente a 10 unità ne poteva accogliere 12 e, data l'emergenza, cercavamo di tollerare questo sforamento minimo e quindi i ragazzi venivano seguiti individualmente.
  Nel 2012 ho avuto la bellissima esperienza di un ragazzo tunisino arrivato con uno sbarco fortunoso a Lampedusa che è stato accolto in una comunità ottima (10 unità), quindi con un rapporto diretto con gli educatori e con il personale, in quanto un rapporto affettivo si può creare in queste condizioni.
  Questo ragazzo ha non solo maturato l'idea di restare qui perché stava bene, ma ha anche concluso un corso di studi. Nel 2013 l'ho proposto per il premio intitolato a Pino Puglisi, perché è un ragazzo straordinario, che ha fatto la stessa operazione con gli altri ragazzi, cioè nel momento in cui arrivavano in struttura altri ragazzi era diventato il punto di riferimento e questa struttura ha fatto molto bene, perché era l'esempio.
  Quando sono andata a trovarli, ho visto come gli altri ragazzi, anche loro stranieri, lo guardassero con ammirazione, perché era quello che ce l'aveva fatta e lui dava il suo contributo a creare una buona accoglienza nei confronti degli altri. Queste sono delle esperienze assolutamente positive, se fosse possibile replicarle.
  Fino al 2013 ce l'abbiamo fatta, tra l'altro anche con l'aiuto del Prefetto Gabrielli che si occupava dell'emergenza umanitaria del Nord Africa, un programma di emergenza ottimo già sulla base dei primi dati emersi nel 2011, perché c'erano delle Pag. 12comunità filtro nelle quali i minori stazionavano il tempo giusto, ma venivano indicate poi le strutture di accoglienza di piccole dimensioni.
  Anche le comunità filtro erano di piccole dimensioni, cioè non ci trovavamo dinanzi a questa situazione, in cui i numeri sono tali che, nel momento in cui i Carabinieri trovano dei minori stranieri non accompagnati per strada o in un locale e cercano di capire da dove vengano, acquisiscono i loro nomi e telefonano alla comunità dalla quale si sono allontanati, il responsabile della comunità chiede quali siano i numeri, perché non li conosce per nome.
  Ci rendiamo conto? I numeri sono una cosa terribile, tremendamente spersonalizzante. Capisco però anche il punto di vista dell'operatore che ha a che fare con 80-90 minori che continuamente cambiano perché ci sono nuovi sbarchi e non ha il tempo di capire di chi si tratta. Allora che accoglienza è?
  Credo che rispetto a questa situazione bisognerebbe intervenire subito. Ho trovato già valido il fatto che ci sia stato l'anno scorso il decreto legislativo 142 che ci ha consentito almeno di fare chiarezza, perché gli interventi precedenti si sommavano gli uni agli altri, si intersecavano e si contraddicevano ampiamente, quindi eravamo confusi e persino noi non riuscivamo a capire come si dovesse organizzare questa accoglienza.
  Almeno dopo questo decreto qualcosa è cambiato, sappiamo come stanno le cose, ma non mi piace il numero dei minori accolti in ciascuna struttura di primo livello: 60 sono eccessivi, perché saranno tra l'altro sempre incrementati oltre i 60.
  Ho fatto parte del tavolo tecnico che si è occupato di definire gli standard delle strutture di secondo livello, inizialmente avevo proposto degli ottimi standard, ma mi sono resa conto che le somme previste non sono state erogate, quindi ho acconsentito a ridurne la qualità, perché meglio uno standard meno elevato che nessuno.
  Lo scorso anno, quindi, siamo arrivati a prevedere nelle strutture di secondo livello una recettività fra le 12 e le 15 unità, e, se c'è il personale adeguato a questo numero, è accettabile una struttura di questo tipo, che non è più parafamiliare ma pazienza, è una famiglia molto allargata.

  PRESIDENTE. Purtroppo dobbiamo interrompere perché iniziano i lavori della Camera.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Posso anche fornire le risposte separatamente, in altro momento.

  PRESIDENTE. Questo sicuramente, saranno gli uffici della Commissione a contattarla per avere ulteriori chiarimenti per iscritto e non è escluso che prima di chiudere questa indagine conoscitiva dovremo chiederle di tornare.

  AMALIA SETTINERI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo. Se può essere d'aiuto, molto volentieri.

  PRESIDENTE. Sicuramente, perché è stato molto interessante: ci ha delineato il significativo quadro della realtà insulare che abbraccia la parte di Lampedusa, che tanto ci ha tenuto con il fiato sospeso.
  Nel ringraziare il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, Amalia Settineri, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.