XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 12 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Maggi Alessandra , Presidente dell'Istituto degli Innocenti ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 
Maggi Alessandra , Presidente dell'Istituto degli Innocenti ... 7 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 
Saulini Arianna , Responsabile monitoraggio e advocacy di Save the Children e coordinatrice del gruppo CRC Italia ... 7 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione presentata dall'Istituto degli Innocenti ... 13

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 13.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.

  PRESIDENTE. Buon anno, visto che è la prima volta che ci vediamo in quest'anno nuovo.
  Prima di cominciare, avverto che la vicepresidente Zampa è stata invitata a un incontro organizzato da Unicef il 15 gennaio a Palermo, volto ad approfondire la tematica dell'implementazione del rispetto dei diritti dei minori nell'agenda sulle migrazioni dell'Unione europea. Chiedo ai rappresentanti dei gruppi in Commissione se concordano sulla designazione della medesima in rappresentanza della Commissione.
  Passiamo, quindi, alla nostra indagine conoscitiva. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, l'audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Comunico che sono presenti in qualità di componenti dell'Osservatorio la presidente dell'Istituto degli Innocenti, dottoressa Alessandra Maggi, accompagnata dalla responsabile del servizio dell'Istituto, Donata Bianchi; per Save the Children, la dottoressa Arianna Saulini.
  Ricordo che l'Osservatorio è l'organo che ha predisposto, come sapete, il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, sul quale la nostra Commissione al termine dell'audizione esprimerà il proprio parere.
  Pertanto, ai due soggetti auditi chiederemo di illustrarci quelle che sono a loro giudizio risultate, a seguito della loro analisi del Piano, le eventuali criticità o i punti di forza del Piano stesso. Noi abbiamo tempi un po’ contingentati. Sapete che abbiamo una ventina di minuti per ognuno dei due interventi.
  Do, quindi, la parola alla presidente dell'Istituto degli Innocenti, per cominciare, la dottoressa Alessandra Maggi.

  ALESSANDRA MAGGI, Presidente dell'Istituto degli Innocenti. Ringrazio il presidente e la Commissione per quest'audizione, a cui con grande piacere l'Istituto degli Innocenti partecipa sperando di offrire un contributo.
  L'Istituto degli Innocenti è il soggetto che per il Governo gestisce la segreteria tecnica, le attività di supporto al Centro nazionale di documentazione e analisi e all'Osservatorio. Abbiamo fatto, quindi, un percorso insieme per la realizzazione di questo Piano, che ha visto coinvolti tutti i soggetti che siedono all'Osservatorio: tutti i ministeri; tutte le realtà associative più importanti del nostro Paese che hanno una valenza di livello nazionale; le regioni e gli enti locali, quindi l'ANCI.Pag. 4
  Vorrei fare una prima osservazione. Sono presidente dell'Istituto degli Innocenti da diversi anni, durante i quali posso dire di aver seguito i lavori dei piani nazionali sull'infanzia e l'adolescenza. Questa volta sia le regioni sia le amministrazioni locali, quindi l'ANCI, hanno avuto un ruolo molto importante, propositivo, compresa la Conferenza delle regioni. Questo ha dato sicuramente alla proposta di piano sottoposta anche alla vostra attenzione degli aspetti di grande concretezza e di grande legame con il territorio, proprio per questi elementi così importanti di integrazione e sollecitazione rispetto alla presenza dei soggetti che, di fatto, nel territorio gestiscono direttamente i servizi.
  Un altro aspetto molto importante è, a nostro avviso, quello di aver tenuto in considerazione tutti i piani intersettoriali che dai ministeri sono stati adottati. Penso al Piano per la povertà, a quello per la lotta alla disabilità, a quello per la prevenzione del Ministero della salute. Tutti i piani che erano già stati adottati sono stati presi in considerazione. Quello svolto dai quattro gruppi dell'Osservatorio è stato un lavoro che ha teso a legare tutti gli strumenti di governance che a livello nazionale sono stati adottati.
  Una prima osservazione che mi piace fare è questa. Visto questo impegno così importante, sarà altrettanto importante e necessario monitorare i risultati del lavoro che faremo. Questo si lega anche a un altro discorso, come sapete bene, ossia a quello finanziario. Il Piano nazionale non ha dei finanziamenti propri, ma questo lavoro di analisi degli altri piani finanziati, e quindi di messa in rete di tutti gli strumenti di governance, ci consente anche una valutazione complessiva delle risorse a disposizione delle politiche per l'infanzia sia sui piani dedicati all'infanzia sia su quelli più generali, che però in qualche modo hanno una ricaduta sull'infanzia e l'adolescenza. Questo è un altro aspetto molto importante.
  Crediamo anche che un ruolo maggiormente attivo debbano avere sia l'Osservatorio sia il Centro nazionale, che ricordiamo nascono con la legge 451 del 1997, con la Commissione bicamerale, e hanno un ruolo importante. L'Osservatorio è il luogo di confronto con tutti i soggetti che a livello nazionale si occupano di infanzia e adolescenza. Quello può diventare, quindi, davvero una sorta di incubatore di buone pratiche, per proporre poi alla Commissione e al Governo le azioni per supportare il Piano stesso. Anche il Centro nazionale può essere proprio il luogo in cui si realizza il monitoraggio delle azioni che il Piano prevede.
  Un altro strumento, che è stato addirittura considerato una sorta di addendum al Piano nazionale, è il Piano di prevenzione contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. Anche questo è un aspetto importante. Nelle quattro azioni previste dal Piano questi aspetti si intrecciano e si ritrovano.
  È da ribadire che la collaborazione e il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni è uno degli aspetti fondamentali. Oltretutto, rispetto a un insieme di competenze, le regioni hanno un ruolo prioritario. Non dimentichiamo che la diffusione sul territorio dei servizi ai bambini e agli adolescenti, ma anche alle famiglie – si parla di povertà delle famiglie, di integrazione socio-educativa, di ruolo genitoriale – sono attività che con la modifica del Titolo V afferiscono alle regioni.
  Sappiamo bene che nel nostro Paese le opportunità date a bambini e adolescenti non sono le stesse, che l'Italia di fatto è divisa in due. Nelle regioni del centro-nord i bambini hanno maggiori opportunità, più servizi, più assistenza. In altre regioni è diverso. È un aspetto molto importante la volontà di arrivare a tutti i bambini del nostro Paese, di dare a tutti loro le stesse opportunità.
  Vengo a un altro aspetto importante, proprio rispetto a quest'esigenza di coordinamento e alla programmazione finanziaria. Dicevo che il Piano non è finanziato, mentre tanti piani di settore lo sono: è necessaria l'integrazione di questi piani, come è necessaria l'integrazione e un rapporto stretto con le regioni e con gli enti locali, soggetti a cui comunque arrivano i Pag. 5finanziamenti dal livello nazionale, dunque responsabili dell'organizzazione dei servizi.
  Credo sia anche il momento di iniziare una riflessione e di porsi l'interrogativo sul modello di welfare oggi, alla luce anche degli eventi e della situazione più in generale, più adeguato per tutelare i bambini e gli adolescenti. Questo è un interrogativo, ma credo che sia importante che soprattutto a livello nazionale inizi una riflessione su questo tema. La situazione è sicuramente cambiata e per le famiglie è diventata molto più fragile: si sono impoverite, e i primi che risentono di questa situazione sono sicuramente i bambini. Le famiglie con un maggior numero di bambini sono quelli a rischio sociale più elevato.
  I quattro obiettivi si intrecciano. Quello dell'educazione, del percorso dei servizi educativi per la prima infanzia, della scuola è sicuramente uno degli aspetti più importanti, che taglia trasversalmente anche gli altri elementi in discussione. Sappiamo bene che la scuola è un punto centrale per l'accoglienza, per l'integrazione sociale ed educativa dei bambini. È un punto centrale anche per il sostegno alle tante famiglie straniere che ci sono nel nostro Paese, che hanno comunque bisogno di un luogo di accoglienza.
  Da sola, però, la scuola non può fare tutto questo. C’è bisogno anche della comunità e dei soggetti che sono intorno alla scuola. Per tutta la scuola, quindi, fin dai servizi educativi per la prima infanzia, su cui state lavorando e che sono alla vostra attenzione, l'auspicio che anche noi facciamo come Istituto degli Innocenti è che possa andare in porto la proposta entrata nella legge per la buona scuola, ma che dovrà essere oggetto dei decreti attuativi, che finalmente porti via gli asili nido – lo dico col cuore, perché mi sto occupando di questo da tanti anni – dai servizi a domanda individuale, cioè di fatto dai servizi sociali.
  Questo sarebbe un segnale molto importante, perché l'educazione dei bambini inizia dai primi anni di vita, non dalla scuola dell'obbligo. Avere un percorso educativo che inizia dai primi anni di vita sarebbe un segno di grande civiltà del nostro Paese. È auspicabile, quindi, davvero che questo possa andare avanti in maniera veloce.
  Chiaramente, ci rendiamo poi conto che nel nostro Paese, oltre a esserci un divario nell'erogazione dei servizi, c’è anche un divario della spesa pro capite. Sappiamo, ad esempio, che a Trento si spendono 283 euro pro capite, mentre la media nei comuni della Calabria è di 26 euro pro capite. Anche questi sono dati importanti che ci dicono come poi si ritrovano nel territorio delle situazioni molto diversificate.
  Un'altra azione importante, portata avanti in parte e in maniera molto sperimentale, è il coinvolgimento dei soggetti che sono al centro delle azioni di un Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Sappiamo che anche nella Convenzione delle Nazioni Unite si raccomanda l'ascolto del minore: è importante, quindi, trovare delle forme per coinvolgerli rispetto ad azioni dedicate a loro.
  Nella stesura del Piano è stata fatta una sorta di piccolissima sperimentazione nel gruppo che si è occupato, appunto, dei servizi educativi per la prima infanzia, della scuola. Attraverso il Ministero dell'istruzione, sono stati coinvolti 60 istituti scolastici a livello nazionale nel tentativo di capire, anche con le sollecitazioni che venivano dal gruppo PD, di cui credo poi parlerà la dottoressa Saulini, di Save the Children, e grazie alle sollecitazioni che arrivavano dai ragazzi, quali potessero essere le loro opinioni rispetto a certe azioni. Sono piccole sperimentazioni, chiaramente con numeri piccolissimi a livello nazionale, ma credo sia molto importante ribadire che l'ascolto dei minori è fondamentale, perché è fondamentale tener presente poi i soggetti su cui si orientano le nostre azioni.
  Dal nostro punto di vista, quello svolto dall'Osservatorio sul Piano è un lavoro importante, molto approfondito, che ha visto tutti molto coinvolti con l'obiettivo preciso di tenere in considerazione gli aspetti normativi che già finanziavano Pag. 6azioni rivolte all'infanzia e all'adolescenza: il fondo sociale, i fondi territoriali settoriali, la legge 285 del 1997, che finanzia i progetti in quindici città riservatarie. È un quadro, da una parte, dei progetti dei piani settoriali; dall'altra, anche dei piani finanziari che sostengono le attività per l'infanzia e l'adolescenza. È, quindi, un lavoro approfondito, importante, che necessita ora di andare avanti.
  Nel momento in cui questo Piano sarà approvato, sarà molto importante monitorarne gli effetti e, soprattutto, mantenere molto stretto il legame trasversale a livello di Governo. Le politiche dell'infanzia, infatti, non possono essere di un ministero, di un soggetto. Sono politiche trasversali. Si arriva all'infanzia e alla famiglia attraverso le politiche di tutti i ministeri, quindi sarà molto importante capire la ricaduta di questo lavoro in maniera molto continuativa sulla cittadinanza, sul nostro Paese.
  Capirete che per noi, quindi, il giudizio è comunque positivo, di grande lavoro da parte di tutti. L'auspicio che facciamo è che davvero si riesca, sulla base di questo lavoro, a continuare a coinvolgere tutti nel monitoraggio e nella ricaduta sulla cittadinanza.
  Quanto ai minori fuori famiglia, realizziamo per conto del Centro nazionale di documentazione e analisi, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i report su questa realtà, chiaramente con dati che ci arrivano dalle regioni. Il 31 dicembre 2010, nel nostro Paese i minori 0-17 anni fuori famiglia erano 3 ogni mille. I dati che abbiamo e che sono al 31 dicembre 2013 – raccogliere dati dalle regioni non è rapidissimo – ci dicono che c’è una diminuzione: siamo a 2,8 bambini fuori famiglia ogni mille: quindi, un lavoro è stato fatto in questo campo.
  Per quanto ci riguarda, gestiamo anche piccole strutture di accoglienza, perché questo fa parte della storia dell'Istituto degli Innocenti, che è stato un grande istituto. Noi riteniamo che ci sia bisogno di tutto per i bambini fuori famiglia, a partire dalle strutture di accoglienza. Sapete benissimo che nel nostro Paese, grazie anche al lavoro svolto a livello nazionale, non esistono più gli istituti, ma le strutture di accoglienza. Anche su questo ci sono regioni che hanno adottato linee di indirizzo proprio per accreditare le strutture, affinché offrano a tutti i bambini accolti le stesse opportunità. In altre regioni questo è stato fatto meno. Forse una riflessione e degli indirizzi nazionali sulle strutture di accoglienza sarebbero importanti.
  L'altra possibilità è quella dell'affido. Nel nostro Paese abbiamo sempre avuto il 50 per cento di bambini fuori famiglia in affido e un 50 per cento nelle strutture di accoglienza. Alla fine del 2013 erano 27.300 i minori fuori famiglia. Ora vediamo un piccolo calo dell'affido a livello nazionale, molto probabilmente anche per la situazione di crisi, le condizioni di vita che sono cambiate. Prima dicevo che nel nostro Paese, grazie alla legge 149 del 2001, per i minori fuori famiglia gli istituti non esistono più, quindi ci sono appunto queste due opportunità. È stato fatto un lavoro importante anche proprio per sollecitare le famiglie a rendersi disponibili all'accoglienza familiare.
  Quali sono le situazioni in cui è necessario allontanare i bambini dalle famiglie ? Anzitutto, per l'inadeguatezza genitoriale. Le famiglie sono sempre più fragili e anche la situazione di difficoltà economica spesso mette le famiglie in condizioni di inadeguatezza e di incapacità a gestire il rapporto con i propri figli. C’è anche la dipendenza, ma la prevalenza è data proprio dall'inadeguatezza genitoriale. Ci sono problemi relazionali tra i genitori, maltrattamenti, incuria e problemi sanitari dei genitori. Questi sono in genere gli aspetti che mettono i servizi di competenza, cioè i tribunali per i minori, i servizi sociali, in condizioni di dover allontanare, anche se in genere temporaneamente, i bambini dalla famiglia.
  Poi c’è il grande tema dell'affido, su cui pure state discutendo. L'attuale legge sull'affido prevedrebbe due anni al massimo di affido familiare. Abbiamo comunque la prevalenza di affidi familiari che superano i quattro anni. Questo è un dato importante. Pag. 7Nelle comunità è più flessibile, ma l'affido familiare in genere si prolunga nel tempo.
  Sicuramente, un contributo a questo verrà dalla recente legge, la 173 del 2015, proprio sull'affidamento famigliare. Questo potrà dare un contributo inserendo altri elementi di riflessione su bambini che hanno fratelli nelle stesse situazioni di adottabilità. Sicuramente, però, si potrà dare un contributo a questo tema. Spesso, le famiglie d'origine sono talmente fragili che, nel momento in cui il tribunale per i minori allontana un bambino dalla sua con l'intento di aiutarla a risolvere i propri problemi, non riesce a farlo. I problemi sono talmente radicati e importanti che non si riesce a risolverli, e quindi gli affidi si protraggono a lungo. Questo è di certo un aspetto importante relativamente al tema dei minori.
  Chiaramente, i bambini più piccoli, anche dagli ultimi dati, sono in affido familiare, poi via via che cresce l'età dei bambini, si va più verso l'accoglienza nelle strutture. L'altro problema importante è legato, soprattutto per i bambini stranieri, a quando si arriva a 18 anni. Un bambino è affidato a una famiglia, a una comunità per 18 anni: quando compie la maggiore età deve essere allontanato, e non ha gli strumenti per integrarsi nella società. È molto importante, quindi, trovare anche altri elementi e sistemi proprio per sostenerlo. Ci sono già sperimentazioni nel nostro Paese fatte anche da associazioni che si preoccupano di trovare la soluzione di appartamenti dove raccogliere questi ragazzi, dove poterli sostenere anche per un eventuale inserimento al lavoro.
  Questa è un'altra delle criticità. Oltre ai tempi troppo lunghi dell'affido, alla criticità di non avere un sistema omogeneo in tutto il Paese, c’è anche l'elemento del raggiungimento di questi ragazzi della maggiore età, e quindi la difficoltà di non continuare a seguirli. Quando un ragazzo è stato seguìto fino a 18 anni, ha bisogno comunque di inserirsi nella società, di un percorso con qualcuno che lo affianchi, lo aiuti in questa nuova vita.
  Aggiungerei soltanto che in comunità un minore su quattro non ha la cittadinanza italiana. Mi riferisco ai dati di cui vi dicevo prima. Anche questo può essere un elemento importante.
  Infine, quando vengono dimessi dalle strutture, il 34 per cento rientra in famiglia, il 33 cambia accoglienza, quindi passa a un'altra struttura, l'8 fa vita autonoma e il 7 va in affidamento preadottivo. Vi rendete conto che rientri in famiglia e cambiamento di struttura praticamente si equivalgono quantitativamente. Quelle di questi bambini, quindi, sono sorti che devono necessariamente interessarci.

  PRESIDENTE. È stata molto chiara. Soprattutto, ci ha evidenziato punti cruciali che ci aiuteranno poi sicuramente nella nostra analisi. Le anticipo che ci saranno in futuro indagini conoscitive per cui noi intendiamo avvalerci ancora della sua presenza, se ci concederà questa possibilità.

  ALESSANDRA MAGGI, Presidente dell'Istituto degli Innocenti. Molto volentieri.

  PRESIDENTE. Diamo, quindi, la parola alla rappresentante di Save the Children, la dottoressa Arianna Saulini.

  ARIANNA SAULINI, Responsabile monitoraggio e advocacy di Save the Children e coordinatrice del gruppo CRC Italia. Vi ringrazio per l'invito.
  Qui rappresento Save the Children: quest'anno siamo stati chiamati per la prima volta a prendere parte ai lavori dell'Osservatorio nazionale infanzia. Per noi è stata la prima esperienza di collaborazione alla redazione del Piano. Tengo subito a dire in premessa che è stata sicuramente un'esperienza positiva e che siamo soddisfatti del risultato raggiunto.
  Come sapete e si è detto inizialmente, all'Osservatorio nazionale partecipano vari soggetti che rappresentano sia le istituzioni centrali, quindi i vari ministeri, sia il livello locale tramite l'ANCI, sia i rappresentanti delle regioni. Come sottolineato in premessa, si è cercato di lavorare molto, Pag. 8anche su insistenza delle associazioni presenti all'Osservatorio, alla vera integrazione della componente delle regioni con quella ministeriale.
  Ricorderete sicuramente che lo scorso Piano ha avuto un parere negativo da parte della Conferenza Stato-Regioni: credo che questo sia stato tenuto come riferimento per evitare di arrivare a una situazione di quel tipo. Chiaramente, le osservazioni delle regioni all'epoca riguardavano due elementi fondamentali: il finanziamento, ma anche il fatto che molte azioni previste nel piano, vista la delega loro affidata in materia sociale, riguardano proprio le regioni. La novità in questo caso è stata non solo quella di far partecipare ai lavori dell'Osservatorio i vari gruppi dei referenti regionali, ma anche che fosse presente il livello politico, creando una figura di riferimento proprio delle regioni nel coordinamento. Auspichiamo che questo faciliti il passaggio in Conferenza Stato-Regioni.
  Un elemento che aveva contraddistinto il Piano precedente è stato quello del monitoraggio. Si è parlato di monitoraggio anche quest'anno. Credo che questo sia un elemento su cui la vostra Commissione dovrebbe soffermarsi ed esprimere un parere, proprio a fungere da stimolo nei confronti delle istituzioni. Credo che il monitoraggio sia veramente una parte critica di questo strumento. Da anni stiamo chiedendo l'elaborazione di questo Piano, proprio perché lo giudichiamo uno strumento fondamentale, perché ci fa da cornice di riferimento rispetto alle priorità in tema di politiche per l'infanzia.
  È chiaro, però, a tutti che, rispetto a quando è stato pensato il Piano, la situazione è cambiata. Come dicevo, la riforma del Titolo V della Costituzione, una serie di altre riforme fondamentali del nostro Paese e la mancanza di pensare inizialmente a chi potesse farsi carico del monitoraggio e anche della valutazione dell'impatto che hanno le azioni previste nel Piano, fanno fortemente rischiare che gli sforzi compiuti per cercare di affiancare all'aspetto teorico delle azioni concrete rimandi un po’ al libro dei sogni.
  Credo che il discorso iniziale del ministro Poletti all'avvio dei lavori dell'Osservatorio fosse quello di fare uno sforzo anche con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'identificare delle priorità, magari poche, ma avendo il coraggio di prendere degli impegni concreti e reali. Tenete presente che il Piano così come pensato oggi ha una valenza biennale, quindi è importante capire nell'arco di due anni, dal momento in cui verrà adottato, chi si farà carico di quelle azioni e chi avrà la responsabilità di porlo in pratica.
  Credo che su quest'elemento si porrà molto l'accento e che possa esserci un vostro ruolo forte. Se guardate com’è strutturata la bozza – credo che la relatrice l'abbia ben illustrato all'inizio della vostra seduta odierna – effettivamente è stata fatta una cornice schematica in cui si riassumono le azioni e vengono posti i promotori, che in quella colonna sono più di uno. È chiaro, invece, che per le singole azioni del Piano, o almeno per quelle per le quali ci si assumerà un impegno, va individuato un singolo promotore, cioè un soggetto che si faccia carico di ogni azione. Diversamente, il rischio, molto facile e comune nelle politiche per l'infanzia, è questo: vista la competenza tra vari soggetti, tra vari ministeri, ma anche tra diversi livelli, potrebbe non esserci nessun soggetto a prendere effettivamente in carico la protezione.
  Quanto alle tematiche, come Save the Children siamo favorevoli al fatto che siano state prese come direttrici del piano i quattro temi portanti della Conferenza di Bari. Riteniamo che siano delle priorità che rappresentano bene la situazione dell'infanzia nel nostro Paese adesso. La prima, del contrasto alla povertà dei bambini e delle famiglie, è quella su cui siamo stati coinvolti in prima persona coordinando i lavori di questo gruppo di lavoro. Abbiamo lavorato molto bene con tutti i soggetti che facevano parte del gruppo di lavoro, in cui c'era una presenza forte dei vari ministeri, ma anche delle regioni.
  Credo che emerga, proprio vedendo le azioni, la multidimensionalità di questo fenomeno. Il risultato del lavoro teorico Pag. 9alla base delle azioni delineate è quello di un contrasto alla povertà assoluta, su cui ci sono stati dei buoni segnali già nella legge di stabilità. Proprio perché, come diceva giustamente chi mi ha preceduto, il Piano non prevede di per sé risorse da stanziare per la sua attuazione, sarà importante valorizzare le risorse e gli strumenti messi a disposizione da altre parti, ma appunto in un'ottica di cornice unitaria.
  Il Piano dovrebbe essere, a nostro avviso, lo strumento che riporta le variazioni previste per l'infanzia all'interno di una cornice unitaria e che garantisca il coordinamento delle azioni. Diversamente, il rischio, anche rispetto alle previsioni finanziarie o dei fondi europei destinati nel nostro Paese all'infanzia, è che ciascun ministero segua la singola particella di sua competenza, senza avere un quadro di insieme.
  Nei lavori fatti all'interno del gruppo sulla povertà, devo dire che è stata molto utile la rilevazione fatta con i ministeri. Qui avete la versione integrale del Piano, ma dietro c’è la versione ancora più integrale – chiamiamola così – molto più estesa, in cui è stata fatta una rilevazione per vedere quali fossero le azioni già messe in campo dei vari ministeri, e scoprire magari che il target coinvolto, che potevano essere i bambini 0-3 o altro, era oggetto da più strumenti. Non avere un quadro di insieme è penalizzante, soprattutto nel momento in cui le risorse sono poche.
  Questo vale tantissimo anche per la questione dei fondi europei, enorme opportunità per il nostro Paese, che non possiamo permetterci di perdere. Pensiamo che tutti sappiate che una delle altre matrici del piano è quella dei servizi 0-3. Di fronte a un problema reale, ci sono regioni che non hanno sfruttato a pieno la potenzialità offerta dai fondi. Non possiamo permettercelo. Anche in questo caso, va creata una regia per la gestione dei fondi che effettivamente hanno un impatto.
  Fondamentalmente, credo che questo ci riporti anche al discorso iniziale della valutazione d'impatto: è importante capire, una volta che questo piano verrà adottato, rispetto alle varie azioni, quali sono i cambiamenti che ci aspettiamo di vedere in un arco temporale di due anni, ambito di azione del Piano. Ovviamente, siamo ben consapevoli che non sarà possibile far miracoli sui due anni, ma sarà possibile impostare un lavoro in quest'ottica.
  Credo che lo sforzo fondamentale sia di vedere questo strumento non come un bell'esercizio teorico, aspetto sicuramente presente, fatto da persone competenti che hanno partecipato e che si sono impegnate, ma farne uno strumento operativo e, per fare questo, occorre fare qualcosa di più, senza modificarne l'impostazione. Come dicevo, si prevede la lotta alla povertà assoluta, dando preferenza alle famiglie con figli minorenni, ma è molto importante che abbiamo declinato la povertà nei suoi vari aspetti. In questo caso, abbiamo seguìto come tracce, come riferimento, la raccomandazione della Commissione europea a investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale.
  La raccomandazione ci forniva già una traccia, una sorta di roadmap, rispetto ai punti fondamentali che dovrebbe toccare un'azione che incide sulla povertà. Abbiamo affrontato, quindi, l'ambito educativo, per cui erano previste azioni di competenza in questo caso del Ministero dell'istruzione, che riguardano quindi proprio programmi di didattica integrativa, di prolungamento dell'orario scolastico anche al pomeriggio, di accesso universale al servizio di refezione scolastica, di cui si è parlato tanto a inizio anno scolastico. Il tema va inquadrato, quindi, proprio nel fenomeno di contrasto della povertà.
  L'altro ambito importante di intervento è quello relativo ai servizi sanitari. Anche in questo, ci siamo riagganciati al discorso dei servizi sanitari per rispondere a esigenze dei minorenni svantaggiati, quindi sempre nell'ottica di combattere la povertà. Si è parlato di strumenti già in campo, come il Piano nazionale di prevenzione o della promozione della salute Pag. 10materno-infantile, prevedendo delle azioni molto concrete. Si è parlato anche, per esempio, dell'opportunità dell'iscrizione obbligatoria al Servizio sanitario nazionale, quindi di rendere il pediatra di libera scelta effettivamente un medico a disposizione di tutti, non solo di quelli che hanno lo status di cittadini italiani. Su questo il confronto con le regioni è stato molto importante.
  Si è parlato anche della cosiddetta povertà educativa, cioè il favorire, l'incoraggiare la partecipazione di tutti i minori in attività ludico-ricreative, sportive e culturali. Si è andata declinando quest'opportunità per valorizzare, l'educazione motoria, l'espressività artistica e musicale, favorire l'accesso a musei e a rappresentazioni musicali, teatrali, per tutti i minori che vivono nel nostro Paese.
  Come Save the Children in una nostra ricerca avevamo inserito alcuni indicatori utilizzando dei dati ISTAT, poi disaggregati su base regionale, che ci mostravano come il nostro sia un Paese ricchissimo di opportunità, anche dal punto di vista archeologico, culturale. Il fatto di vivere in un contesto, in una città come Roma o come Napoli non significa, però, che i minori che vivono in quella città usufruiscano delle opportunità che quella città offre. Ne usufruiscono solo determinati minori. Combattere la povertà significa anche dare a tutti i minori la possibilità di accedere a questo patrimonio artistico, culturale, quello che può arricchire i propri talenti attraverso lo sport, la musica, la lettura a partire dalla più tenera età.
  Sono stati fatti degli studi e, se guardiamo i dati, vediamo quanto poco leggano i minori; soprattutto, come ci sia una forte differenza a seconda dell'appartenenza a fasce a rischio, in svantaggio sociale; come tutto ciò abbia un impatto diretto nelle loro performance scolastiche. Questo è un indicatore importante, cioè vedere la connessione tra la mancanza di quest'opportunità e quindi la ripercussione sulle performance scolastiche. Questo significa, in proiezione, avere delle fasce di popolazione che rimarranno in povertà. A quel punto, sarà una povertà economica, proprio perché è mancata la possibilità di usufruire di tutte le opportunità.
  Questa è la complessità del fenomeno povertà, che è stata affrontata proprio in tutte le direzioni. Anche in questo caso ci fa ben sperare quello che è stato previsto dalla legge di stabilità, cioè l'inserimento di un fondo dedicato appositamente alla lotta alla povertà educativa. Sono tutte opportunità che ci sono e che si riallacciano, probabilmente, all'azione del Piano. La cosa importante è vedere come verranno declinate queste azioni e se verrà fatto un effettivo studio sull'impatto che possono avere.
  Mi sono soffermata molto sulla povertà, perché è la parte su cui probabilmente siamo stati più coinvolti, ma ovviamente condividiamo anche le altre matrici, come appunto quella relativa alla prima infanzia. In questo caso, l'auspicio è che tramite la buona scuola, che ha assorbito il disegno di legge presentato, ci sia un'unificazione del servizio 0-6, inteso come servizi per la prima infanzia, appunto, non solo come – cosa di cui credo si sia ampiamente discusso – servizi di qualità. Questa è la grossa differenza. Un servizio per la prima infanzia unificato significa avere anche un percorso pedagogico che vada al di là della semplice vigilanza sui bambini per favorire il lavoro delle donne. Siamo a un livello successivo.
  Quello che dovremmo garantire in questo momento è sì la presenza di servizi per la prima infanzia, soprattutto in quelle regioni e comuni che ne sono sprovvisti, ma cercare di uniformare la qualità che abbiamo di questi stesi servizi. Diversamente, il rischio è che proprio i minori che si trovano in zone più svantaggiate nel nostro Paese, o comunque che appartengono alle fasce più svantaggiate, non riescano a sfruttare le potenzialità che può offrire un servizio di questo tipo. Su questo ormai ci sono studi che dimostrano l'impatto anche in termini di rendimento di PIL, per cui in qualche modo questi interventi sono proprio monetizzati.
  Anche quello delle strategie e degli interventi per l'integrazione scolastica e Pag. 11sociale è un pilone fondamentale, all'interno del quale, per quello che riguarda le nostre priorità, tengo a sottolineare che c’è una parte dedicata ai minorenni non accompagnati. È presente l'onorevole Zampa, con la quale abbiamo avuto molti confronti in merito. Sappiamo che c’è ancora la proposta di legge sui minori stranieri non accompagnati, non approvata in Parlamento, che prevede lo strumento dell'accoglienza e che potrebbe portare a sistema il discorso dell'accoglienza. Si è chiuso l’iter in Commissione Affari costituzionali, ma è stato bloccato dalla Commissione Bilancio, quindi di nuovo c'era stato un problema legato alle risorse. Auspichiamo che possa essere fatto qualcosa quanto prima e, anche in questo caso, che possa esserci una presa di posizione compatta e congiunta da parte della vostra Commissione.
  Crediamo anche molto che il lavoro di questa Commissione, oltre quello che dicevo inizialmente, sul monitoraggio e sulla valutazione, rappresenti anche la possibilità di guardare in maniera sistemica ai disegni di legge che rispecchiano le priorità di questo Piano che sono già pendenti in Parlamento, e rispetto a cui va data un'accelerazione. Dei disegni di legge sono lì da diverso tempo e sono in dirittura d'arrivo. Pensiamo appunto a quello sulla cittadinanza. È importante arrivare a una concretizzazione di questi disegni di legge.
  C’è poi il sostegno alla genitorialità. Anche in questo caso ci troviamo alle priorità espresse. Credo sia inutile dire che relativamente al discorso delle risorse sia una formula ormai standard, quella di prevedere che un piano di questo tipo e di questa portata non abbia la formula dei limiti degli stanziamenti previsti. È frustrante per chi ci ha lavorato, ma occorre anche tener presente che, se questo è quanto ci viene dato al momento, occorre vedere dove è possibile reperire le risorse necessarie per pensare all'implementazione del Piano.
  Soprattutto, bisogna fare in modo che su questo strumento, come dicevo inizialmente, non ci si fermi sulla posizione che non ci sono risorse, per cui non possiamo implementare le azioni. Bisogna verificare se effettivamente, magari all'interno dei vari dipartimenti e ministeri, grazie a finanziamenti di fondi propri e così via, è possibile fare cornice, soprattutto fare sistema. C’è all'inizio del Piano un ragionamento che abbiamo condiviso sulla governance delle politiche per l'infanzia. Forse è utopico – non le ho contate personalmente, ma credo che il numero delle azioni sia veramente elevato – aspettarci che in due anni quelle azioni saranno portate a termine.
  Probabilmente, è un ragionamento che può fare la Commissione di dare anche delle priorità rispetto alle azioni indicate, ma che ci sia a fianco di quelle poche priorità, di quelle poche azioni identificate, un impegno concreto da parte di qualcuno che se ne faccia carico. Credo che questa sia la grossa novità e la grossa sfida di questo Piano.

  PRESIDENTE. Naturalmente, ci riserviamo anche per quanto riguarda Save the Children di coinvolgervi ancora in futuro nell'indagine conoscitiva, non so se in quella in corso, ma sicuramente nelle altre che delibereremo.
  Vi ringrazio. Ci rivedremo presto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.

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ALLEGATO

Documentazione presentata dall'Istituto degli Innocenti

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