XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 15 dicembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del Comune di Napoli ... 7 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Bertorotta Ornella  ... 10 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del comune di Napoli ... 11 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 11 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del comune di Napoli ... 11 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 11 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del comune di Napoli ... 12 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 12 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del comune di Napoli ... 12 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 13 
Palmieri Annamaria , assessore all'istruzione del comune di Napoli ... 14 
Chiofalo Maria Luisa , assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa ... 14 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 13.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.
  Comunico che sono presenti, in qualità di componenti dell'Osservatorio, in rappresentanza dell'ANCI, l'assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa, Maria Luisa Chiofalo, nonché l'assessore all'istruzione del comune di Napoli, che sta arrivando, e la dottoressa Sabrina Gastaldi, responsabile dell'Ufficio istruzione dell'ANCI.
  Avrebbero dovuto essere presenti all'odierna audizione anche l'assessore all'istruzione del comune di Torino Maria Grazia Pellerino, la presidente dell'Istituto degli Innocenti Alessandra Maggi e per Save the Children Arianna Saulini, che essendo impossibilitate a prendere parte all'odierna seduta faranno pervenire osservazioni scritte o saranno convocate in altra data.
  Do quindi la parola all'assessore Maria Luisa Chiofalo.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Innanzitutto desidero ringraziare, anche a nome delle colleghe di ANCI, con le quali ho condiviso questa esperienza, la Commissione, per aver deciso di ascoltare la nostra esperienza per condividere il lavoro che è stato fatto nel corso di un intero anno in Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza; un lavoro che è stato caratterizzato da una grande partecipazione.
  L'Osservatorio è stato riconfigurato e rinominato anche con una modalità di funzionamento leggermente diversa dal passato. Nel corso di quest'anno abbiamo avuto l'opportunità di discutere e confrontarci sulle idee principali con tantissimi soggetti diversi, sia istituzionali che rappresentanti di associazioni.
  Il lavoro è stato molto intenso. Questo è il primo messaggio che vorrei far pervenire alla Commissione. Abbiamo lavorato sia di persona, in più occasioni, con diverse riunioni qui a Roma nel corso dell'anno, sia su piattaforma telematica, Pag. 4quindi abbiamo avuto modo di condividere i documenti tra una riunione e l'altra.
  Abbiamo utilizzato una metodologia che, effettivamente, ha dato i suoi frutti. Siamo stati accompagnati, da un punto di vista tecnico, da personale dell'Istituto degli Innocenti, che ci ha aiutato nella predisposizione dei documenti tecnici. Come metodologia, abbiamo utilizzato in alcune occasioni anche lo strumento dell'audizione di esperti o di persone con ruoli e funzioni istituzionali importanti per l'argomento di volta in volta analizzato.
  Noi tre assessore che siamo state indicate dall'ANCI per questo lavoro in Osservatorio nazionale – oltre a chi vi parla, la collega Anna Maria Palmieri di Napoli e la collega Maria Grazia Pellerino di Torino che ha coordinato questo gruppo di amministratrici – abbiamo poi avuto cura di condividere di volta in volta il lavoro con la nostra Associazione nazionale dei comuni d'Italia, con la Commissione istruzione. Quello che intendo dire è che il lavoro che abbiamo fatto come rappresentanti di ANCI raccoglie quello svolto in maniera molto più ampia con tutte le amministratrici e gli amministratori dei comuni d'Italia impegnati nella Commissione istruzione ANCI. Quindi, dal nostro punto di vista, abbiamo cercato di dare una rappresentazione delle necessità dei territori che fosse la più ampia e la più completa possibile.
  Il lavoro dell'Osservatorio per la redazione della bozza del Quarto Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza è stato realizzato suddividendo le componenti dell'Osservatorio per gruppi. Sono stati quattro i temi affrontati: le povertà, i servizi educativi e la scuola, la genitorialità e l'inclusione. Questi sono stati i quattro temi fondamentali, ma sebbene i quattro gruppi abbiano lavorato nel corso dell'anno, ovviamente, in maniera più intensa sui temi specifici, periodicamente abbiamo avuto occasione di ricondividere tra i quattro gruppi le principali idee emerse. Comunque, c’è stato anche un gruppo di coordinamento che era rappresentativo di tutte le realtà e anche della parte associativa. Quindi, grazie anche a questo lavoro trasversale tra i quattro gruppi, abbiamo potuto poi redigere una bozza di Piano che tra i quattro temi mette in comune questioni essenziali e trasversali, che provo a riassumere qui di seguito.
  Visto che il Quarto Piano è piuttosto corposo, proverei a dire i titoli più importanti; poi la collega Palmieri potrà approfondire o completare alcuni aspetti. Restiamo a vostra disposizione per approfondimenti e per rispondere a questioni specifiche.
  Alcuni temi trasversali sono stati la governance e le risorse, innanzitutto; poi la definizione, per tutto quello che riguarda i diversi servizi coinvolti, dei livelli essenziali e della misura della qualità dei servizi, quindi non solo la definizione dello standard di servizio, ma anche la misura di questo standard, per capire con quale efficacia ed efficienza le risorse vengono spese.
  Poi abbiamo affrontato alcuni temi specifici per quello che riguarda l'educazione, i servizi educativi e l'istruzione, che andrò a delineare successivamente.
  Relativamente alla governance e alle risorse, abbiamo in particolare focalizzato la nostra attenzione sulla necessità di migliorare il livello di programmazione e di coordinamento delle azioni in due direzioni. Una è quella che possiamo chiamare orizzontale, cioè fare in modo che, se davvero la centralità delle nostre azioni deve essere dedicata ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze da zero a diciotto anni, ad ogni livello territoriale di governo si faccia uno sforzo importante, e lo si faccia in maniera scientifica, per far sì che, attraverso tutte le competenze e i settori di intervento di quel dato livello, tutte le risorse siano focalizzate e ottimizzate per il raggiungimento degli obiettivi, quindi rafforzando in questo senso i nodi della programmazione.
  L'altra direzione è naturalmente quella che attraversa i diversi livelli territoriali, cioè dallo Stato fino ai comuni, e viceversa.
  Abbiamo in effetti osservato come molto spesso siano diverse le azioni che vengono realizzate a livello governativo, Pag. 5statale, o a livello regionale, comunale o di unioni di comuni, che a volte duplicano gli interventi oppure, non essendo le stesse pensate in maniera sistematica nel senso della programmazione, lasciano alcuni interventi non indirizzati. Di conseguenza, anche l'uso delle risorse, che già sono poche, non sono tutte quelle che servirebbero, risulta non completamente efficace ed efficiente.
  Quindi, una raccomandazione che abbiamo cercato di formulare nella redazione del Piano, in particolare nella parte introduttiva, è stata proprio questa, ossia di fare un grosso sforzo di programmazione e coordinamento, dare sistematicità e continuità alle azioni, avere un'abitudine e una procedura codificata di monitoraggio dell'attuazione del Piano. Peraltro, in merito, tutti i componenti dell'Osservatorio nazionale si sono resi disponibili a continuare il proprio lavoro, oltre l'approvazione del Piano in sé. Quindi, monitoraggio e riprogettazione delle azioni e, soprattutto, un riequilibrio nella compartecipazione delle risorse.
  La questione del riequilibrio diventa particolarmente importante per i servizi educativi sulla fascia 0-6 anni, in particolare nella prospettiva della legge delega contenuta nella legge n. 107 del 2015, la cosiddetta «buona scuola», sulla quale in questo momento l'attività legislativa è in corso.
  Per quello che riguarda i livelli essenziali delle prestazioni, in tutti e quattro i settori, ossia servizi educativi e genitorialità, povertà e inclusione, abbiamo cercato di sottolineare l'importanza di una definizione complessa della qualità di servizi – che sono molto delicati e la cui qualità è definita e composta da molti indicatori diversi – anche allo scopo di poter definire dei costi standard. Solo definendo questi è possibile lavorare bene sull'accessibilità dei servizi e renderli alla portata di tutti i bambini e di tutte le bambine, nella condizione del nostro Paese, in cui, come sappiamo, la popolazione sotto la soglia di povertà, negli ultimi anni in particolare, si è progressivamente alzata.
  Mi limito a fare alcune altre osservazioni, perché non vorrei dilungarmi troppo. Nel caso potrei aggiungere altri elementi più in profondità successivamente.
  Da un punto di vista delle risorse, terrei a dire che, all'interno dell'Osservatorio, in maniera comune e condivisa abbiamo sin dall'inizio cercato di definire un Piano che contenesse azioni per le quali noi sapevamo già esistere in qualche forma le risorse. Magari alcune di queste risorse non sono allocate nel modo più utile e più funzionale, quindi come strategia abbiamo adottato quella di scrivere un Piano che fosse effettivamente attuabile, non rinunciando comunque a inserire alcune azioni che sono un po’ più di prospettiva. Certamente noi non vorremmo – trasmettiamo questa nostra osservazione alla Commissione – che questo Piano nazionale rimanga una carta scritta e non attuata. Meglio fare poche cose, ma farle, portarle in fondo. Pensiamo che ci siano tutte le condizioni per poterlo realizzare.
  Pensiamo che, proprio lavorando meglio sulla programmazione e sul coordinamento tra i diversi livelli territoriali di governo, si possano effettivamente, anche con le risorse esistenti, raggiungere obiettivi più alti di quanto non si sia riusciti a fare finora.
  Certamente risorse aggiuntive sono comunque necessarie. In questo senso ci riferiamo in particolare a quello che riguarda il settore 0-6 anni. La legge delega sullo 0-6, per come in questo momento è scritta nell'articolo della legge n. 107, prevede essenzialmente come punti cardine il fatto che si definisca uno standard di servizi, un loro costo standard, e che ci sia un nuovo riequilibrio nella compartecipazione delle risorse che dovrebbe prevedere un maggiore impegno da parte dello Stato nel sostenerli, in maniera tale – tra l'altro, è uno degli obiettivi principali della legge – da trasformarli da servizi a domanda individuale a servizi generalizzati, cioè incrementare la percentuale di bambine e di bambini che accedono ai nidi e alle scuole dell'infanzia nel nostro Paese. Si Pag. 6tratta di una percentuale che è pericolosamente bassa rispetto ai migliori Paesi europei.
  Credo non sia necessario spiegare perché questo è importante, ma certamente, volendo utilizzare una sola affermazione, potremmo molto semplicemente dire che bambine e bambini che accedono a livelli qualitativamente adeguati di educazione e di istruzione sin da piccolissimi saranno degli adulti autonomi e non necessiteranno di assistenza. Questo significa aver risolto in un colpo solo tanti dei problemi che affliggono il nostro Paese e anche utilizzare meglio le risorse per chi, di assistenza, nonostante tutto questo, ha ancora bisogno.
  Per fare questo, però, certamente lo Stato dovrà trovare delle risorse aggiuntive. Noi auspichiamo – in particolare come ANCI – che questo avvenga, perché i comuni hanno fino ad ora sostenuto l'impegno finanziario assolutamente maggiore per garantire questi servizi. Certamente questo non è avvenuto nello stesso modo in tutte le regioni e in tutti i comuni d'Italia. Noi abbiamo molto riflettuto su questo all'interno di ANCI, quindi le nostre proposte sono state formulate in maniera non casuale, ma estremamente ragionata, consapevole. Certamente ad oggi i comuni dove si raggiungono percentuali di accesso ai servizi 0-6 piuttosto notevoli, quantomeno nel panorama europeo, sicuramente all'altezza del 33 per cento definito dalla piattaforma di Lisbona, sono i comuni che dedicano parti importanti del proprio bilancio di spesa corrente ai servizi per l'infanzia, rendendoli peraltro servizi di qualità e non semplicemente dei luoghi dove le bambine e i bambini possono stare perché i genitori hanno necessità di andare a lavorare.
  Certamente c’è l'aspetto di natura organizzativa e di conciliazione, ma innanzitutto – noi su questo insistiamo molto – i servizi per l'infanzia devono essere servizi educativi, di qualità educativa. In questo, quindi, è necessario che lo Stato faccia un po’ di più la sua parte. Dico un po’ di più, ma anche un po’ meglio, perché anche nella definizione di standard che rendano l'Italia unita e non divisa in esperienze locali che possono essere anche molto diverse, crediamo che lo Stato debba intervenire.
  Peraltro, molti dei nostri comuni contribuiscono non solo alla spesa dei servizi educativi, sui quali peraltro, almeno nel settore dei nidi, hanno una competenza, ma fino a poco tempo fa hanno sopperito molto, nel contesto scolastico, cioè della scuola dell'obbligo e anche delle scuole superiori, ad alcune delle azioni che sono importanti per un sistema di apprendimento di qualità, cioè tutto quello che riguarda il sostegno e il supporto ad azioni di ricerca e formazione degli insegnanti. Tra le azioni che abbiamo indicato nel nostro Piano, questa occupa una parte importante, perché riteniamo che sia uno strumento estremamente utile per favorire e per garantire la soluzione dei problemi sempre nuovi di fronte ai quali chi lavora nel settore dell'educazione e dell'istruzione si trova.
  Questi sono gli elementi essenziali. Concludo questa illustrazione – che non è stata breve e tuttavia, sebbene ci sarebbero anche tante altre cose da dire, non voglio occupare altro tempo – per rendere alla Commissione il clima nel quale abbiamo lavorato durante quest'anno. L'Osservatorio è stato innanzitutto un luogo accogliente, abitato da tante persone che hanno dato il proprio contributo di idee e di competenze in maniera davvero appassionata.
  Abbiamo discusso e a volte abbiamo avuto anche divergenze di idee tra rappresentanti di contesti istituzionali differenti o anche tra istituzioni e associazioni, ma queste differenze hanno portato a un miglioramento del Piano, perché le motivazioni di ciascuno dei componenti erano assolutamente sane e completamente dedicate e improntate non tanto a fare un lavoro che rimanesse sulla carta, ma a far sì che questo Piano – noi ci crediamo molto e chiediamo alla Commissione di accogliere e di fare propria questa nostra raccomandazione – possa operare delle reali trasformazioni nel nostro Paese, in un momento in cui operare determinate Pag. 7trasformazioni è molto importante per i bisogni attuali, ma soprattutto porterebbe a un'evoluzione tangibile delle nostre comunità in senso assolutamente positivo.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola all'assessore all'istruzione del comune Di Napoli, Anna Maria Palmieri.

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del Comune di Napoli. Ringrazio la Commissione e naturalmente anche lei, presidente, di questa opportunità. Soprattutto ci tengo a rivolgere un ringraziamento particolare – me lo consentano i presenti – all'ANCI, perché noi abbiamo lavorato, fatta l'Italia, per unire i comuni italiani.
  Nel contesto del Piano nazionale, infatti, le tre assessore che sono state scelte dall'ANCI, l'assessore di Torino, l'assessore Marilù Chiofalo, che è di fronte a me, e la sottoscritta abbiamo portato il punto di vista dei comuni, cioè il front office, come dico io, dei cittadini reali, ogni giorno, quando esci di casa la mattina, quando torni a casa la sera e ti arrabbi con il traffico.
  Abbiamo portato il punto di vista di queste tre realtà italiane allo stesso tavolo, scoprendo – ed è questo l'aspetto rispetto al quale tengo a insistere sull'importanza del Piano – che i denominatori comuni erano moltissimi. Tali denominatori comuni hanno unito le tre città nella trasversalità dell'incontro su come costruire insieme un ragionamento sull'infanzia che tenesse insieme l'infanzia delle periferie di Napoli, notoriamente prive di asili nido e a volte anche di servizi essenziali, e le infanzie, a volte apparentemente più fortunate ma non meno povere da un punto di vista educativo, di altre città, che vivono storie e contesti diversi.
  Quindi, il ragionamento che all'interno dell'ANCI abbiamo fatto è trasversalmente passato a occupare anche l'Osservatorio. Anche lì abbiamo scoperto che c'erano delle trasversalità. Ci siamo metodologicamente divisi in gruppi. Quattro gruppi su quattro temi, perché avevamo scelto di lavorare su priorità: il tema della povertà dei bambini e delle bambine; il tema dell'inclusione e dell'integrazione sociale, sia dal punto di vista delle diverse abilità sia dal punto di vista dei ragazzi stranieri con background migratorio; il tema dei servizi educativi, ma anche della scuola in senso lato, cioè dei luoghi e degli spazi educativi per eccellenza rappresentati anche dalle scuole, sia comunali che statali; infine la genitorialità. Anche lì ci siamo accorte che alla fine, pur lavorando divisi per gruppi, c'erano dei temi che erano totalmente trasversali e che costituiscono il cuore del Piano nazionale.
  Faccio un esempio per tutti, dal momento che la mia collega è stata quanto più possibile chiara sulle metodologie e anche sul merito. Un esempio classico è la centralità che a tutti e quattro i tavoli si è attribuita alla scuola e ai servizi educativi. Al tavolo della povertà si è ragionato dell'importanza che essa venga combattuta sotto forma di inclusione sin dall'inizio. Chi è che combatte più di ogni altra cosa per le diverse opportunità di accesso dei bambini ? Qual è il luogo deputato per eccellenza a questo diritto dei bambini, e che quindi, è obbligato a includere e a non escludere nessuno ?
  Sicuramente il luogo dell'inclusione per eccellenza oggi, non sono gli ospedali, non è la caserma, ma è sicuramente la scuola. E non è un caso che al tavolo della povertà, come al tavolo della genitorialità, come al tavolo sull'inclusione degli stranieri, come al tavolo sull'educazione, la centralità della scuola è stata sottolineata da tutti.
  Tutti, cioè, hanno detto che è lì che si devono realizzare le sinergie, perché se si realizzano lì, in quel centro, esse poi si irradiano, come dicono le raccomandazioni europee a cui tanto teniamo.
  Noi teniamo all'idea dell'Europa che ci raccomanda di aver cura non più soltanto dei minori e/o degli adolescenti, ma anche dei bimbi da zero a sei mesi, perché prima li includi all'interno della cittadinanza, più possibilità avrai che non debbano ricorrere in futuro all'ospedale o all'istituto penale per minorenni. Quindi, ogni inclusione Pag. 8che avviene in prima età si traduce anche in una visione economicistica, con un risparmio in termini di sanità e di giustizia minorile.
  Partendo da questo presupposto, che tutti i componenti del tavolo, sia quelli provenienti dal privato sociale sia quelli provenienti dalle istituzioni, abbiamo condiviso, ci siamo chiesti quale fosse il nodo. Ad affermare la centralità dei servizi educativi credo che non troveremmo nessuno, nemmeno se andassimo a interrogare l'ortolano all'angolo, che non sia convinto della sua importanza.
  Qual è il nodo ? Perché non decolla questa centralità ? Innanzitutto perché ci sono diversi livelli, c’è una perequazione che deve agire. Le misure devono essere tali da favorire il mantenimento dei servizi laddove essi sono sviluppati, anche storicamente, da molti anni e il potenziamento laddove questo sviluppo è mancato per un secolo. Allora, potenziamento, ammodernamento, qualità complessiva, mantenimento hanno spinto l'intero tavolo – non solo noi tre assessore, che devo dire siamo state abbastanza combattive nell'imporre il punto di vista – a ragionare insieme su parole chiave, che io enumero unicamente perché è stato bello condividerle.
  La prima: troppi interventi settorializzati, troppa frammentazione, troppa segmentazione. Faccio un esempio a lei, presidente, che sicuramente di queste cose ne sa più di noi che le viviamo dal basso. Quanti ministeri ogni anno mettono a disposizione fondi per progetti, per progettualità, per non parlare della grande misura dei fondi europei, e ognuno interviene sul proprio pezzo ?
  Se noi andiamo a vedere i soldi che il Ministero della salute, il Ministero dell'istruzione, il Ministero delle politiche sociali, i comuni nel loro piccolo e le regioni nel loro grande mettono insieme, ebbene, si potrebbe dire che la questione non sono neanche tanto le risorse, ma come e perché queste risorse non riescano a convergere e a fare un'unica filiera orizzontale, con dei centri di coordinamento che siano quelli che accolgono le istanze dal territorio. Alla fine, ogni giorno, quando le mamme si svegliano e i bambini vanno a scuola – e se vanno a scuola, bene, se non riescono ad andarci, male – è lì che nascono tutte le cose. È il principio di ogni nazione, quello.
  Allora, ci siamo detti che la prima cosa da fare è esserci a questi tavoli, costringere chi non vuole dialogare a farlo, e soprattutto introdurre perequazione, a partire dal nostro apporto di comuni, nei luoghi in cui questa perequazione si traduce in squilibrio.
  Faccio un esempio per tutti: i fondi europei da qualche parte vengono spesi efficacemente, capitalizzati, da qualche altra parte non risultano spesi. Ma quei bambini hanno la sfortuna di essere nati nella regione che non ha speso i fondi europei; non è per colpa loro. Allora, misure perequative significa anche chiedere un controllo e un monitoraggio sullo speso e il non speso, e fare in modo che quel non speso non finisca da qualche altra parte o perduto nel nulla, nell'etereo, ma venga restituito in maniera più efficace a quei bambini, i quali non certamente per colpa loro si sono trovati in condizioni di svantaggio. Questa è una delle parole chiave.
  Seconda parola chiave: centralità dei servizi. C’è una grande contraddizione in questo Paese, legata all'idea dell'Europa che abbiamo, quella che ci piace e quella che non ci piace. Quella che ci piace – ce la dimentichiamo spesso – è quella che ci dice che più piccoli i bambini vengono inclusi, più è probabile che abbiano successo formativo, che non producano dispersione, che non finiscano per strada, che non diventino «muschilli» della camorra e che non diventino dei NEET, persone senza futuro, che non hanno chiarezza sul loro avvenire.
  Ma se questo è vero, se questa cosa che ci dice l'Europa è vera, allora come è possibile che ancora oggi per la scuola dell'infanzia e per gli asili nido noi parliamo di servizi a domanda individuale ? Ragioniamo insieme: servizi a domanda vuol dire che se tu non me li chiedi, io non te li do. Quante famiglie, in contesti difficili, in contesti deprivati, capiscono che Pag. 9per i propri figli devono chiedere la scuola ? Quanti rinunciano a un'idea assistenzialistica dello Stato e si rendono conto che l'unico modo per vincerla è che i propri figli crescano e diventino migliori dei genitori ?
  Ci sono momenti in cui l'asilo nido lo vorrei imporre. Allo stesso tempo, io mi trovo a volte a lottare, in certi contesti, per imporre la refezione scolastica, perché i comuni la forniscano: la mensa è il prerequisito per il tempo pieno. Tutti siamo convinti – e nessuno di noi direbbe il contrario – che se i bambini stanno a scuola otto ore, in contesti difficili, è meglio che se ci stanno solo tre o quattro.
  La mensa la forniscono i comuni, la pagano i comuni, che per la spending review sono costretti a una copertura del minimo del 36 per cento, e di conseguenza, spesso e volentieri, a fronte di bilanci sempre più ballerini e di nessuna possibilità di programmazione, devono prevedere anno per anno anche degli aumenti tariffari. Fin quando è un servizio a domanda, però, io avrò il genitore che senza soldi non lo prende. Allora che cosa faccio ? Non posso non darglielo, per carità, glielo do lo stesso, ma glielo do gratis.
  Dopo di che, però, probabilmente la Corte dei conti, dopo un paio d'anni, mi chiama e mi dice che sto spendendo troppo, perché come comune ho degli obblighi, e sono obblighi di copertura dei servizi a domanda attraverso le tariffe.
  Dove sta la contraddizione ? Anche quello è un servizio che le famiglie devono chiedere, ma è un servizio che, invece, in uno Stato democratico civile, che voglia veramente produrre inclusione, si deve dare a chi non se lo può permettere. Si devono costringere le famiglie a tenere i figli più tempo in contesti educativi. E allora, per fare questo, dobbiamo noi comuni essere messi in condizione di superare la logica dei Patti di stabilità. Non per tutto, certamente, ma come lo si è fatto per l'edilizia, lo si deve fare per i bambini. Come lo si fa per i tetti, perché non si vuole che crollino addosso, allo stesso modo lo si deve fare per quei servizi essenziali che io devo poter potenziare. Io devo poter mettere fino all'ultimo euro del mio ben misero bilancio a disposizione di nidi, di mense, di servizi per i bambini. Ma questo può accadere solo nel momento in cui domani la cosa non mi ritorni indietro come un boomerang, cioè con lo sforamento del Patto e con la costrizione, l'anno successivo, a dover addirittura rinunciare a quei servizi, se non a sospenderli o esternalizzarli.
  Io li voglio anche esternalizzare, non ho nulla contro il privato sociale, ma il privato sociale non si può mantenere senza tariffe, quindi se vogliamo produrre inclusione dobbiamo fare due cose facili. Il punto primo è la generalizzazione dei servizi della scuola dell'infanzia. Visto che esistono le Indicazioni nazionali per il curricolo che partono dai tre anni, non si capisce perché la scuola dell'infanzia non debba partire da tre anni per tutti.
  Il punto secondo è far uscire dal Patto di stabilità, come la spesa dell'edilizia scolastica, così la spesa per i nidi. Tutti i comuni, anche i più piccoli, anche il piccolo comune del sud che non ha neanche gli occhi per piangere, sarà stimolato a spendere per un nido piuttosto che per un'altra cosa, perché sul nido non risponde nei confronti della Corte dei conti, mentre su un'altra cosa deve rispondere. È uno stimolo.
  Terza parola chiave: contrasto alla dispersione scolastica. Basta parlare di contrasto ospedalizzante, basta parlare di come facciamo a dare una seconda opportunità dopo. Napoli è stata un grande modello, negli anni, a questo riguardo. Ci sono modelli napoletani che sono passati in Italia e che sono ancora forieri di sviluppi, però erano tutti modelli ospedalizzanti, come dico io, cioè dopo che la scuola ha fallito io ti do una seconda opportunità. Ne esistono ancora tanti, di questi modelli, ma è finito quel tempo. Noi dobbiamo andare su altri modelli. Occorre prevenzione.
  Prevenzione significa che noi dobbiamo impedire che precipitino dalla cascata e poi costruiamo un ospedale sotto. Noi dobbiamo fare in modo che giù dalla cascata non ci vadano. Per fare questo, Pag. 10ancora una volta, se il centro è la scuola, come può questa agire attraverso bandi e progetti tutti dispersi, come quelli che adesso stanno uscendo ? Sono bellissimi, certo. Ci sono addirittura dei bandi per gli spazi scolastici, come «La mia scuola accogliente», ma la mia scuola accogliente presuppone che un dirigente scolastico, un corpo docenti in quel momento decida di investire sullo spazio. Ma è mai possibile tener fuori i comuni da un coordinamento, da una regia ? Tener fuori, cioè, da quel tavolo tutti coloro che sono più direttamente interessati affinché quello spazio venga valorizzato ?
  Quando io dico che dobbiamo superare la frantumazione della filiera, dico che dobbiamo superare anche queste assurdità: ad esempio, in questo momento tutte le scuole di Napoli mi stanno chiamando per dire che vorrebbero partecipare a quel bando, ma chiedono se poi daremo loro il permesso per rifare la scuola. Io rispondo che certamente darò il permesso, ma è assurdo. Sarebbe stato più logico che quella bellissima e virtuosa pratica che noi abbiamo realizzato nell'Osservatorio valesse tutti i giorni, cioè che tutti i giorni ci fosse un luogo in cui comuni, regioni, ministeri e privati si parlano prima di fare le cose, perché dopo è già tardi. Dopo sono soldi persi, sono soldi mal spesi, sono soldi che ritornano indietro, mentre prima sono soldi programmati, progettati, con piani che possono durare almeno tre anni. Dico «almeno» perché il sistema dei bandi, da questo punto di vista, taglia le gambe a tutti per programmare. Oggi ho una cosa, ma ce l'avrò domani ?
  Si pensi quanto privato sociale lavora con i bambini così: oggi vince un bando e per sei mesi i bambini di un territorio hanno una meravigliosa ludoteca, ma fra sei mesi chiude. Perché ?
  Questo è il vero tema. Noi vogliamo prevenire e nel farlo vogliamo coinvolgere tutti i soggetti. Cito un esempio, l'inclusione degli stranieri. Cosa significa prevenire ? È naturale che si debba partire dall'includere le loro famiglie. Il contesto scolastico è il luogo ideale per creare questo front office e il comune è l'altro luogo ideale.
  Facciamo in modo di parlarci. Chiedo scusa, non è certamente un'offesa, ma è un riconoscimento a quest'Aula: facciamo in modo di parlarci anche fuori di qui, perché il Piano in quel momento diventerà non un libro dei sogni, ma un programma da attuare step by step, tutti insieme, in qualunque momento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, anche per la passione e il sincero impegno che entrambi gli interventi hanno trasmesso a tutti i commissari.
  Tenete conto che i commissari che non sono presenti in questo momento avranno gli atti di questi vostri interventi, che vengono registrati e stenografati. Lo dico a onor di completezza.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ORNELLA BERTOROTTA. Non ho molto da dire, poiché gli interventi delle nostre ospiti sono stati esaustivi. Volevo solo consigliare – non so chi ha stilato il documento – di girare le tabelle, nella versione definitiva, in modo da renderle un po’ più leggibili.
  Vorrei sapere come mai vengono utilizzati dei dati così vecchi, visto che alcune tabelle si riferiscono all'anno 2011 e, ad esempio, il totale dei finanziamenti per le scuole si ferma al 2013. Secondo me, anche un dato provvisorio per il 2015 si potrebbe avere e sicuramente per il 2014.
  Non vorrei che questo Piano diventasse obsoleto ancora prima di firmarlo. Tra l'altro, anche i dati che fanno riferimento alla Comunità europea, secondo me, dovrebbero essere un po’ più aggiornati. Sarebbe interessante fare un quadro più recente.
  La signora assessore accennava agli sprechi. Al di là della questione dei fondi europei, chiedo se avete avuto modo di individuare degli stanziamenti che, secondo voi, non sono prioritari e potrebbero essere sicuramente spostati in settori che lo siano.

Pag. 11

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del comune di Napoli. Devo dire che qualcuna di queste domande me la sono posta anch'io, ma credo che la risposta sia nel fatto che questo Piano giunge con un buco temporale rispetto al precedente. Quindi, ho immaginato che i dati posti all'inizio, come base del discorso, fossero gli ultimi raccolti prima che l'Osservatorio venisse rimesso su, in qualche modo, e ridefinito e ricomposto. Io ipotizzo che il motivo sia quello, però forse bisognerebbe chiedere a chi ha stilato la versione complessiva.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Credo che siano anche gli ultimi dati consolidati, quindi è stata fatta la scelta di mettere quelli di cui si ha ormai una certezza anche nell'analisi, fermo restando che, come giustamente lei ha osservato, possono essere riaggiornati.
  Diciamo che i dati sono stati importanti per noi, naturalmente, come punto di partenza. Non crediamo che quei dati anche aggiornati cambino significativamente lo scenario sul quale noi abbiamo riflettuto, però chiaramente in un documento definitivo se ci fossero dati aggiornati e certi sarebbe estremamente opportuno inserirli.

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del comune di Napoli. All'interno del tavolo qualche dato più aggiornato c'era. Per esempio, nel tavolo di lavoro che si è occupato dei ragazzi con background migratorio, dei minori stranieri non accompagnati, lì i dati che arrivavano, portati dal Ministero delle politiche del lavoro e anche dal Ministero dell'istruzione, Dipartimento per lo studente, erano estremamente aggiornati.
  Il MIUR cura un rapporto, che si chiama rapporto ISMU, che è aggiornato anno per anno – io ho visto anche l'ultima redazione che è dello scorso anno – ovviamente con quella distanza che si deve per forza frapporre per consolidare i dati ed essere certi che non ci siano variazioni o regioni che non li abbiano consegnati e via dicendo.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Una delle richieste che sono state fatte anche più in generale, a cappello di tutto il documento, è stata quella di lavorare in maniera un po’ più integrata sulle banche dati. A maggior ragione, se vogliamo migliorare la nostra complessiva capacità di programmazione integrata, cioè tra più settori diversi e anche tra più livelli di governo diversi, il primo strumento di lavoro in assoluto è un sistema informativo aggiornato e aggiornabile, come giustamente lei osserva, e che sia accessibile a tutti i componenti di questa programmazione integrata.
  Sono state indicate, specificamente nella parte iniziale, alcune delle banche dati, anche nel settore relativo alle povertà. In Osservatorio, in particolare nel gruppo 2, quello sull'educazione e l'istruzione, abbiamo molto ragionato sull'anagrafe scolastica, sull'anagrafe dello studente, che è un altro strumento che adesso è in fase di costruzione, in un contesto in cui sono ancora operanti, lì dove esistono, gli osservatori scolastici provinciali, tipicamente, e regionali, che raccolgono i dati sul successo scolastico e poi li elaborano dando delle informazioni importanti in fase di programmazione.
  Adesso, però, tutto questo sistema è in fase di trasformazione e tutto dovrebbe essere centralizzato presso il MIUR. Quindi, una questione sulla quale ci siamo molto confrontati è cosa succede nella fase temporanea, nel passaggio dal sistema vecchio a quello nuovo. In questo caso stiamo Pag. 12parlando del successo scolastico e quindi di come le azioni che lo Stato, i comuni e le regioni mettono in atto hanno o non hanno incidenza positiva nel sistema: questi dati per noi sarebbero di grande importanza. Anche uno strumento di programmazione, quello di base, come la programmazione della rete scolastica, diventa un atto molto complicato in assenza di questi dati. Questo è uno dei temi.

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del comune di Napoli. Noi abbiamo ragionato anche dell'anagrafe della scuola dell'infanzia che, per esempio, per ragioni di privacy non è attingibile dai comuni. Ora, immaginate se noi volessimo potenziare la rete in maniera razionale: il fatto che quel segmento non venga considerato obbligatorio – è una delle ragioni per cui io spingerei per l'obbligatorietà, ma adesso non voglio trascinare su questo terreno il discorso – sicuramente è una delle grandi difficoltà del sistema, appunto non poter avere un accesso facilitato all'anagrafe.
  Tra l'altro, noi raccogliamo e incrociamo dati, anche quelli per segmenti sparsi. Io raccolgo, come comune, i dati sulla dispersione scolastica; il Ministero adesso raccoglierà, con l'Osservatorio, i dati sul successo formativo. La necessità di rendere permeabili queste anagrafi si è posta anche solo banalmente – riferisco un'esperienza – per una ricerca che abbiamo fatto sulle condizioni di vita a Napoli degli studenti stranieri, laddove abbiamo avuto il problema di dover chiedere al Ministero i dati per poterli rintracciare, per poter sapere dove stavano le nostre scuole e incrociarli con quelli che avevamo come anagrafe, che però non sempre corrispondevano, proprio perché si tratta di migranti. Penso a tutta la comunità Rom, che non ha una residenza fissa dove sia possibile rintracciarli facilmente.
  Lo dico per far capire quanto questa questione sia centrale e ci fa piacere che sia stata colta.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Vi è una questione ancora più di base. Ad esempio, ad oggi non abbiamo la possibilità di dire quale sia la reale scolarizzazione nel settore della scuola dell'infanzia, con un dato solo, perché nella Rete scolastica, che è il nostro documento di riferimento, quello sul quale lavoriamo da un anno all'altro, con tante riunioni e tanto lavoro, non vi sono le sezioni di scuola dell'infanzia gestite dai comuni, quelle gestite da altri enti paritari diversi dai comuni e quelle gestite dallo Stato.
  Questo per dare la dimensione di un dato che dovrebbe essere immediatamente riconoscibile, perché stiamo parlando della scuola dell'infanzia, non di un servizio strano.

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del comune di Napoli. Il problema è che ci sono dati separati. Noi abbiamo, per esempio, gli iscritti della scuola dell'infanzia comunale, che sono, nel caso specifico di Napoli, il 30 per cento degli alunni, mentre il 60 per cento sta nelle scuole statali e il 10 per cento si disperde tra scuole paritarie o a volte addirittura private, quindi te li devi andare a rintracciare all'anagrafe generale per sapere che esistono quei bambini, perché non sono dichiarati a un'anagrafe scolastica unitaria. Quindi, l'idea di incrociare e aggiornare continuamente i dati è una delle necessità chiave, come base conoscitiva.
  Vorrei rispondere anche all'altro stimolo, perché probabilmente sono stata io a spiegarmi male, quindi ci tengo a fare un chiarimento. Quando parlo di sprechi, mi riferisco non tanto al fatto che ci siano soldi non spesi o spesi male, perché quando i soldi sono spesi per i diritti dell'infanzia per me sono sempre ben spesi. Il tema è che, però, se tutte le misure venissero concepite con un coordinamento e con una cabina di regia che Pag. 13parte dal fabbisogno della cittadinanza, quindi che è di prossimità, la potenza che i finanziamenti in campo acquisterebbero sarebbe algebrica.
  Faccio l'esempio più banale di tutti, quindi mi tiro fuori dall'esempio per evitare che sembri Cicero pro domo sua. Se, in questo momento, venti scuole stanno rispondendo tutte allo stesso bando che con la legge n. 107 mette a loro disposizione dei fondi per fare una programmazione triennale sulla dispersione scolastica, e a quelle venti scuole non è richiesto di essere sedute a un tavolo per dialogare fra di loro, allora noi avremo sicuramente venti finanziamenti separati su venti realtà territoriali.
  Ora, se non vado io come comune a chiamarmele una a una e a chiedere di consegnare i dati e di fare una valutazione di impatto – e non è previsto, è uno sforzo di volontà per mettere insieme un quadro generale – quelle venti realtà, che avranno dei finanziamenti che possono andare da 5.000 a 50.000 euro o anche di più, lavoreranno separatamente, in modo sparpagliato, sugli stessi temi, sugli stessi problemi, per gli stessi bambini delle stesse famiglie e della stessa città.
  Quelli non sono soldi sprecati, però sono soldi – così sui nidi, così sulle misure di politiche sociali, così sui servizi integrativi – che, se esistesse un coordinamento, allora potrei dire anche dove spenderli, perché magari in un tal quartiere non c’è dispersione scolastica, quindi non serve intervenire perché ci sia una rete di scuole che combatte la dispersione scolastica dove la dispersione scolastica non c’è, e indirizzare i finanziamenti da un'altra parte. Ma come è possibile far questo ? Soltanto se tutto il sistema viene concepito veramente come noi abbiamo metodologicamente lavorato a questo Piano, cioè confrontandosi, anche dicendo che non si è d'accordo, che gli interessi sono diversi. Però almeno ci abbiamo provato a costruire dei denominatori comuni.
  Basta poco, bastano cabine di regia, bastano monitoraggi non puramente buro-pedagogici – uso una parola volutamente provocatoria, che dice quanto hai speso, per quanti bambini – ma reali, cioè monitoraggi che sono possibili nel momento in cui tra di loro le istituzioni dialogano o, se non sanno dialogare, siano costrette a farlo. Se mettiamo ogni soggetto nella posizione di dialogare, io sono sicura che lo farà. Se addirittura lo mettiamo nella costrizione di dialogare, se per caso la sua volontà fosse troppo debole, allora a quel punto la cosa sicuramente funzionerà.
  La mia idea è che non ci sono sprechi, ma in teoria noi potremmo fare molto di più, a parità di risorse. È ovvio che chiediamo un potenziamento delle risorse laddove il di più è impossibile, perché già lo sforzo che facciamo è immenso. Mi riferisco, in modo particolare, alle misure per la prima infanzia, dove il di più ormai è diventato impossibile anche per i comuni più ricchi. Quindi, figuratevi se è possibile in contesti piccoli o di pre-dissesto.
  I fondi PAC ne sono un esempio: ci sono tanti piccoli comuni che non sono riusciti a spenderli, e sapete perché ? Chiedevano l'anticipazione dell'IVA. Ma un comune piccolo un'anticipazione di cassa per costruire un nido probabilmente non se la può permettere. Noi come comune grande ci siamo riusciti, ma tanti altri comuni no.
  Allora, il tema è mettersi insieme per ragionare delle modalità per dare pari opportunità ai bambini, che sono tutti uguali, ed è un puro caso, come dico io spesso, che uno sia nato a Canicattì, un altro a Caltanissetta, un altro in Trentino-Alto Adige. È puro caso.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Faccio anche io qualche altro esempio di questo tipo di lavoro.
  In una fase iniziale, non era previsto che del Piano dovesse far parte l'azione sull'inclusione dei bambini e delle bambine diversamente abili negli spazi educativi Pag. 14e scolastici. Questo perché esiste l'Osservatorio sulla disabilità, che peraltro fa capo allo stesso Ministero, che stava lavorando a sua volta sulla predisposizione del Piano nazionale sulla disabilità.
  Noi abbiamo a lungo dibattuto e poi alla fine abbiamo condiviso tra tutti la scelta di inserire nel Piano nazionale infanzia e adolescenza una scheda di azione sull'inclusione delle diverse abilità. Abbiamo anche detto provocatoriamente che non ci interessava scrivere la nostra, purché ci fosse detto quale dovesse essere, perché l'avremmo presa e fatto un copia e incolla nel Piano nazionale. Ciò perché se tutto quello che c’è da fare non è scritto nello stesso luogo, con una coerenza, un pensiero e un filo logico, sapendo come funzionano i canali di finanziamento, che sono ab origine separati, se non c’è uno stesso luogo dove si capisce che cosa si sta facendo, cioè qual è l'obiettivo finale, sebbene quelle risorse vengano spese per l'inclusione della diversa abilità, quindi non siano risorse sprecate, rispetto agli obiettivi del Piano infanzia e adolescenza, la domanda è se saranno risorse spese nel modo in cui era importante spenderle per il raggiungimento anche di quegli obiettivi. Forse sì e forse no, ma in una maniera che è completamente fuori da quel minimo di controllo che noi, con un po’ di buona volontà e di scientificità, possiamo operare. Noi abbiamo molto insistito su questo.
  Ancora, sui servizi 0-6 e in tutto il lavoro del gruppo 2 su questi servizi, in alcuni casi abbiamo aggiunto delle schede di azioni abbastanza fuori dagli schemi, come per esempio quella sul pensiero scientifico e quella sul pensiero delle differenze, però abbiamo fatto in maniera tale da scrivere dentro il Piano quanto già era stato frutto di una larghissima discussione in sede di consultazione su quello che all'epoca era il disegno di legge n. 1260 della senatrice Francesca Puglisi, che era già stato oggetto di una lunghissima e larghissima discussione, con audizioni dei comuni e delle associazioni da parte delle Commissioni parlamentari coinvolte. Insomma, un lavoro bellissimo e molto competente che altrimenti sarebbe andato sprecato.
  Noi abbiamo sostanzialmente preso l'intero pacchetto, lo abbiamo discusso dentro l'Osservatorio e lo abbiamo di fatto inserito così com'era nel Piano, aggiungendo magari altre azioni. A volte le risorse non sono soltanto finanziarie, ma sono risorse mentali, risorse culturali, risorse messe in campo per fare in modo che le decisioni, a qualunque livello territoriale, siano partecipate, siano discusse. A volte si fa tanto lavoro solo per questo e poi le idee che emergono vanno a perdersi. Cerchiamo, invece, di mettere insieme tutto quello che conta e di metterlo nello stesso luogo, in questo caso nel Piano.
  Questo è il pensiero che ci ha guidato.

  ANNAMARIA PALMIERI, assessore all'istruzione del comune di Napoli. Devo dire che sulle diverse abilità la discussione è stata molto accesa, anche perché sostanzialmente a un certo punto noi l'abbiamo spuntata con una provocazione: usciamo con questo Piano nazionale dell'infanzia e qualcuno dirà che ci siamo dimenticati dei disabili. A quel punto, come lo si spiega che c’è un Osservatorio a loro deputato, che si sta occupando di scrivere un piano pieno di meravigliose azioni ? Vai a spiegarlo al papà di un bambino autistico o cieco che non ti sei dimenticato che per tutelare suo figlio hai bisogno di ragionare in modo sinergico.
  In effetti, è quello che più o meno abbiamo cercato di fare un po’ su tutti gli oggetti.

  MARIA LUISA CHIOFALO, assessore alle politiche socio-educative e scolastiche, promozione tecnologie digitali per la formazione, educazione alle scienze, pari opportunità, Città dei valori e della memoria, cultura della legalità, attuazione Carta di Pisa – iniziative di contrasto alla corruzione nelle P.A., del comune di Pisa. Anche perché, in questo caso in particolare, uno dei fili comuni che ha attraversato tutto il Piano è cercare di disegnare le azioni in Pag. 15maniera tale da avere uno standard, ma contemporaneamente poter ritagliare attorno ad ogni bambino e ad ogni bambina, con i suoi talenti, le sue opportunità e anche i suoi contesti socio-economico e culturali, il vestito più idoneo.
  Per fare questo, nel caso della diversa abilità, come per tutte le altre diversità, è anche importante, sin dal momento politico e anche di progettazione politica e di programmazione, evitare l'errore di confinare l'argomento in una scatola a sé. Tutti gli obiettivi del Piano, invece, sono stati declinati come obiettivi non per tutti i bambini e le bambine, ma per ogni bambino e per ogni bambina. Questo significa che ci sono degli obiettivi per tutti e poi per ogni obiettivo si cerca di capire come tenere conto delle diversità che caratterizzano il segmento di popolazione considerato, e in questo caso parliamo dei bambini e delle bambine.
  Infine, come ultimo esempio di questa integrazione cito il tema della dispersione scolastica, richiamato prima dalla collega di Napoli. Quali sono le azioni per la dispersione scolastica ? Oggi il problema principale che abbiamo nel nostro sistema di istruzione è proprio contrastare una dispersione scolastica che in Italia raggiunge, credo, la media del 17 per cento circa. È molto elevata.
  Rispetto al contrasto alla dispersione scolastica, come si diceva prima, si spendono diverse risorse, ma la questione è che a volte non è nemmeno riconoscibile che una certa azione non è a sé stante, ma in realtà serve a contrastare la dispersione scolastica. Per esempio, la ricerca e la formazione di docenti non è un'azione a sé stante, ma sicuramente per la qualità dell'educazione, dell'istruzione e del percorso formativo. Occorre un luogo costante e continuo dove gli insegnanti si possono confrontare e fare ricerca di soluzioni di problemi nuovi – se fossero problemi vecchi conosceremmo già la soluzione – perché è lì che si contrasta la dispersione scolastica, la quale è il risultato di problemi nuovi che rimangono irrisolti, perché non si sa come fare e non si sa nemmeno riconoscerli.
  Ci sono diverse tipologie di azioni che in realtà vanno tutte nella stessa direzione, ma a volte nemmeno lo sappiamo. Se non si scrive un Piano con questa idea e con questo pensiero è chiaro che non sappiamo nemmeno quante siano le risorse che abbiamo speso per quell'obiettivo: non è che siano risorse spese male, però poi, quando dobbiamo capire in cosa ha fallito e quindi riprogettare l'intervento, non sapremo farlo in maniera efficace ed efficiente, perché non sappiamo bene cosa non ha funzionato fino in fondo.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio degli interventi. Ripeto che i colleghi commissari che non erano presenti oggi avranno comunque modo di avere gli atti in versione integrale. Vi faccio i complimenti per il vostro lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.