XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 12 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione del Direttore Generale della Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Raffaele Tangorra.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Tangorra Raffaele , Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 4 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 5 
Tangorra Raffaele , Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 5 
Blundo Rosetta Enza  ... 5 
Tangorra Raffaele , Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 5 
Zampa Sandra (PD)  ... 7 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8 
Iori Vanna (PD)  ... 8 
Mattesini Donella  ... 9 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Ferrara Elena  ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Tangorra Raffaele , Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Dati sui minori fuori famiglia al 31-12-2012; il tavolo di confronto sulle comunità per minori e l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza) ... 15

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 13.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore Generale della Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Raffaele Tangorra.

  PRESIDENTE. L'ordine e del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, l'audizione del dottor Raffaele Tangorra, direttore generale della direzione inclusione e politiche sociali del Ministero del lavoro, accompagnato dalla dottoressa Adriana Ciampa, dirigente presso la predetta direzione generale. Ringrazio i nostri ospiti per la disponibilità.
  Dottor Tangorra, come lei sa l'indagine della Commissione ha come oggetto i minori fuori famiglia, ma ritengo di fare cosa gradita a tutti i commissari nel chiederle di darci qualche ragguaglio preliminare sullo stato di elaborazione del nuovo piano biennale nazionale relativo alle azioni ed interventi per la tutela dei diritti e dello sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Come sapete, la nostra Commissione è chiamata per legge ad esprimere un parere obbligatorio su questo piano entro 60 giorni dal ricevimento, prima che sia adottato nei 30 giorni successivi con decreto del Presidente della Repubblica previo parere della Conferenza Unificata e deliberazione del Consiglio dei ministri.
  Questo piano andava presentato ogni due anni ma, dall'ultima volta che è stato presentato, è passato del tempo. In effetti, i piani finora approvati sono stati: il piano nazionale di azione del periodo 1997-1998, quello relativo al periodo 2000-2001, quello per il 2002-2004 e poi solo quello relativo al 2010. Purtroppo, registriamo dei ritardi per la predisposizione e redazione di questo piano, quindi, anche per la sua trasmissione alla nostra Commissione per l'espressione del relativo parere di competenza, che – lo ripeto – è obbligatorio. Tante volte ci interroghiamo, colleghi, sulle funzioni della nostra Commissione; ebbene, questa funzione è importante e il nostro parere è obbligatorio per legge. Tuttavia, è dal 2010 che non viene preparato questo piano e non viene trasmesso alla Commissione. Quanto ai minori fuori famiglia, una delle criticità riscontrate, anche in altre sedi, riguarda l'aggiornamento delle rilevazioni sulla consistenza del fenomeno; chiederei, quindi, al dottor Tangorra di portarci qualche dato più recente rispetto a quelli già pubblicati sul sito del Ministero, che se non erro risalgono al 2012, o meglio al 31 dicembre 2012, essendo quindi datati. In tre anni è successo tantissimo. Ringrazio quindi, anticipatamente, il dottor Tangorra, anche a nome dei colleghi e gli rinnovo l'invito a fornirci un aggiornamento su questi dati.

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  RAFFAELE TANGORRA, Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ovviamente, mi limiterò alle considerazioni di natura tecnica; immagino che poi ci sarà spazio e modo, laddove la Commissione lo ritenga, di audire direttamente il Ministro o il sottosegretario competente.
  Sono state ricordate le date dei precedenti piani d'azione ed è evidente che il meccanismo con cui la legge ha immaginato, ogni due anni, l'adozione di un piano d'azione non è stato rispettato. È di tutta evidenza come questo tipo strumenti di programmazione partecipata, come il piano d'azione per l'infanzia, siano nazionali non tanto nel senso dello Stato centrale bensì dell'intera comunità, in particolare delle amministrazioni competenti per il governo delle politiche a livello centrale e territoriale, anche con il coinvolgimento di tutti coloro che si occupano di infanzia, cioè di chi lo fa a livello professionale, come degli ordini professionali, ovvero di chi lo fa per passione, come tutte le associazioni che fanno advocacy, nonché degli esperti della materia, evidentemente con il parere obbligatorio previsto della Commissione parlamentare.
  È un esercizio non facile, come dimostra la facilità con cui non si riesce a rispettare la scadenza. Negli ultimi anni il problema è stato anche quello della non continuità di Governo. L'ultimo piano è stato varato dal Governo Berlusconi, cui hanno fatto seguito il Governo Monti, il Governo Letta e adesso il Governo Renzi. Questo ha creato una difficoltà anche nel reinsediamento dell'organo stesso che, per legge, deve avanzare la proposta: l'Osservatorio per l'infanzia e l'adolescenza, che sebbene arrivato a fine mandato durante il Governo Monti, non era stato ricostituito perché si era in prossimità dello scioglimento delle Camere. In altre parole, non era parso opportuno questo tipo di insediamento mettendolo nell'ordinaria amministrazione. Il Governo Letta, peraltro, non è riuscito in ciò anche perché, come ricorderete, per tanti mesi non era stata assegnata la delega in materia di politiche per la famiglia. Dopodiché è arrivato il Governo Renzi, con il quale si è cercato di ridare slancio al tema, innanzitutto mantenendo l'appuntamento programmato dal precedente Governo della Conferenza nazionale di Bari. Entrambe le vicepresidenti – la presidente non poteva per impegni noti – ci hanno onorato della loro presenza a Bari, dove il momento di grande partecipazione ci ha molto sorpreso. Avete visto di persona che abbiamo avuto oltre mille presenze tra operatori e associazioni; costoro ci hanno fatto sentire il peso del ritardo accumulato e della necessità di procedere; c’è stata molta passione, in uno spirito di assoluta serenità e collaborazione. Devo dire che siamo rimasti molto soddisfatti di quell'appuntamento, che temevamo in partenza, proprio perché non solo non si ricostituiva l'Osservatorio ma da tempo non si teneva neanche la conferenza nazionale. La conferenza è andata bene; i gruppi di lavoro in quella sede hanno dato al Governo una pista su cui lavorare per il piano d'azione; le relazioni finali dei gruppi di lavoro, che sono agli atti della conferenza e disponibili sul nostro sito, sono state un po’ la pista di lavoro con cui abbiamo fatto ripartire l'Osservatorio.
  Ricorderete, per chi c'era, che nella passata legislatura il piano d'azione non era riuscito a ricevere parere favorevole in sede di Conferenza Unificata. Le Regioni e l'ANCI si erano espresse contro quel piano d'azione: abbiamo voluto evitare questo errore. Arrivare alla fine di un percorso così lungo e così travagliato per poi trovarsi contro uno dei soggetti fondamentali nell'attuazione non è stato, secondo me, un bel passaggio istituzionale nella passata legislatura.
  Abbiamo perso, quindi, un po’ di tempo dopo la Conferenza di Bari per cercare di recuperare questo filo che si era rotto con il livello di governo regionale. C’è un problema, dico umilmente, nel modo in cui abbiamo immaginato – soprattutto nel campo delle politiche sociali ma non solo – la collaborazione tra i diversi livelli di governo, per come abbiamo disegnato il finanziamento delle politiche sociali; è Pag. 5quindi evidente che questi nodi, in documenti programmatori come il piano per l'infanzia, vengono al pettine. Da questo punto di vista è evidente che abbiamo voluto ricostruire un rapporto con le Regioni cercando di investirle al più alto livello. Il problema dell'Osservatorio è che vi siedono anche tante componenti regionali, sei Regioni, ognuna delle quali, però, rappresenta se stessa. È difficile arrivare alla fine di questo percorso e immaginare che quelle sei rappresentanze regionali rappresenti, appunto, complessivamente il mondo. Abbiamo cercato un po’ di migliorare anche dal punto di vista della governance il rapporto con le Regioni.
  Abbiamo chiesto alla Commissione politiche sociali una partecipazione al più alto livello ai lavori dell'Osservatorio; abbiamo istituito al suo interno una cabina di regia che abbiamo chiamato CTS, come il vecchio comitato tecnico scientifico, che si occupava, però, del centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, che è stato abolito, come tutti gli organismi collegiali. Noi abbiamo fatto rinascere tale organismo di regia dentro l'Osservatorio; dentro quest'organismo gli assessori regionali hanno deciso di nominare una componente politica, l'assessore della provincia autonoma di Trento, professoressa Borgonovo Re. Anche l'ANCI ha inteso rappresentarsi a livello politico all'interno di questo comitato tecnico scientifico con l'assessore alle politiche educative del comune di Torino. Abbiamo, inoltre, una componente legata alle professioni, la presidente dell'ordine degli assistenti sociali, ma anche una componente associativa in rappresentanza di Telefono Azzurro. Stavo dimenticando un pezzo importante: l'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni, con il presidente Andria.
  Questo è il quadro di governance che si è dato il nuovo Osservatorio, che è stato insediato a luglio e ha cominciato a lavorare soprattutto alle tappe descritte in questo dossier che abbiamo preparato per la riunione di oggi. Ci siamo dati come tempo massimo di proposta del piano d'azione il mese di luglio; abbiamo chiesto ai gruppi di lavoro di fare uno sforzo e credo che l'esperienza dell'altra volta sia stata istruttiva.
  Non possiamo immaginare di impiegare due anni per proporre un piano d'azione, che poi impiegherà un anno per tutto il giro istituzionale dei pareri, con l'esito finale di un piano già scaduto nei termini. Abbiamo chiesto, quindi, ai gruppi di lavoro di operare in maniera snella, concreta e di produrre una proposta entro l'estate.

  PRESIDENTE. Lei ci ha dato una risposta con la scadenza dell'estate ma secondo lei quali saranno i tempi ? Per voi la preparazione è entro l'estate ma poi cosa succederà ?

  RAFFAELE TANGORRA, Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Spero che, diversamente da quello che è successo l'altra volta, il percorso successivo sia un po’ più agevole.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Vorrei dire che questo ritardo ha causato una serie di situazioni di ambiguità e di difficoltà in tutti, sia nelle associazioni, sia nei minori stessi. Ci preme fare notare che tutto questo, purtroppo, è avvenuto un po’ a discapito dell'infanzia. Apprendiamo che state accelerando e che state cercando di fare il possibile per venire incontro a tutte le precedenti richieste, nonché di organizzare al meglio un'attenzione e un controllo sulle politiche verso l'infanzia, tuttavia mi chiedo se questo Osservatorio abbia intenzione di mettersi in collaborazione con la nostra Commissione e se sì in che modo. Che cosa prevedete in termini di punti di contatto ovvero di relazione con le indagini che abbiamo già svolto e con il lavoro che la Commissione continua a svolgere ?

  RAFFAELE TANGORRA, Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Partendo dalla domanda della presidente, abbiamo Pag. 6fatto un CTS allargato ai coordinatori dei gruppi di lavoro, che sono quattro e riguardano: la lotta alla povertà minorile (un tema su cui, evidentemente, non sta lavorando solo il Governo ma anche il Parlamento); i servizi socio-educativi per la prima infanzia, ma più in generale la scuola; l'integrazione e quindi i minori stranieri e i minori rom; l'accoglienza, ma più in generale la rete integrata di interventi e servizi sociali per i minori.
  I gruppi di lavoro sono a buon punto e i coordinatori dei gruppi si sono presi l'impegno, entro la fine di maggio, di sgrossare il lavoro svolto fino ad ora per arrivare ad una prima proposta che, nel corso del mese di giugno, il CTS rielaborerà per darle organicità e quindi rimanderà all'attenzione dei gruppi, in modo che l'Osservatorio stesso, in plenaria, possa approvare il piano entro luglio: questo è il cronoprogramma che ci siamo dati.
  Evidentemente, le decisioni sono di livello politico e non tecnico, quindi il Governo dovrà far suo questo piano d'azione, ma il clima di collaborazione con cui si è lavorato tra associazioni, ordini, esperti e amministrazioni responsabili mi fa essere molto fiducioso rispetto all'esperienza dell'ultimo piano. Credo che, a seguito di questo lavoro di condivisione, si possa arrivare in fretta anche alla proposta da parte del Governo e quindi all'invio per il previsto parere in Commissione bicamerale. Per quanto riguarda la nostra collaborazione, ovviamente, siamo sempre disponibili. Non ci sottraiamo a qualunque richiesta possiate rivolgerci, fermo restando che il confronto sul livello politico avviene in altra sede, cioè tra il Governo e il Parlamento, ma comunque resta la massima disponibilità da parte nostra. Allo stesso modo, consapevoli di ciò che diceva la vicepresidente, cioè del ritardo accumulato e del disagio creato, cerchiamo di recuperare il tempo perduto e di avviare una stagione nuova di attenzione alle politiche per l'infanzia.
  Per quanto riguarda i dati, non abbiamo dati nuovi rispetto a quelli pubblicati. Molto preziosa è l'indagine che il Ministero conduce in accordo con la Commissione politiche sociali delle regioni, perché è l'unica che abbiamo sui minori fuori famiglia. C’è poi l'indagine ISTAT, che quindi ha i crismi dell'ufficialità, per quanto riguarda le comunità, quindi i presìdi residenziali socio-assistenziali; tuttavia, per quanto riguarda più in generale il fenomeno dei minori fuori famiglia la nostra è un'indagine lanciata dopo il 31 dicembre 2006.
  Ricorderete, insomma, il Big Bang per quanto riguarda le politiche di accoglienza: da quella data non era più possibile accogliere bambini in istituto. A seguire abbiamo avviato quest'indagine sui minori fuori dalla famiglia d'origine, la quale, se anche non sempre con l'attenzione che ci aspetteremmo e con una certa fatica, stiamo cercando di portare avanti. I dati sono pubblicati sul sito e c’è una pubblicazione nella nostra collana, i Quaderni della ricerca sociale, con aggiornamento al 31 dicembre 2012. Tipicamente, pubblichiamo questi dati con circa un anno e mezzo di ritardo, che è il tempo necessario perché le regioni raccolgano a loro volta il dato, dopodiché noi riusciamo a riceverlo e a elaborarlo.
  Abbiamo accumulato, per questo quaderno n. 31, un ritardo maggiore rispetto all'anno e mezzo perché molte regioni non avevano il dato disponibile e, piuttosto che uscire con un dato parziale, vista anche la sensibilità del dato e l'unicità della pubblicazione, abbiamo preferito coinvolgere direttamente il vertice politico delle regioni, in maniera da presentare una pubblicazione più completa. I dati mostrano una sostanziale stabilità del fenomeno e una sostanziale ripartizione equa tra collocamenti in comunità e collocamenti in famiglia. Da questo punto di vista, c’è un leggero trend decrescente: abbiamo raggiunto il massimo, secondo la nostra indagine, nel 2007 con 32.000 bambini fuori dalla famiglia di origine; oggi siamo intorno ai 28.500, quindi siamo su un trend leggermente decrescente ma di sostanziale stabilità. Allo stesso modo, sono sostanzialmente stabili le quote di minori in affidamento e di minori collocati in comunità.Pag. 7
  Che cosa ci dicono questi dati ? Se li confrontiamo storicamente rispetto all'indagine censuaria della fine degli anni Novanta, osserviamo che sicuramente sono aumentati i minori affidati con affidamento familiare, mentre il numero dei minori in comunità è rimasto sostanzialmente stabile. Tra il 1998 e il 1998 il centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza lanciò un'indagine censuaria. Era il periodo in cui si costituiva il centro e si lanciavano le grandi leggi sull'infanzia, tra cui quella istitutiva dell'Osservatorio e del centro nazionale (legge n. 285), per cui a quel periodo risale un'indagine censuaria. Avevamo circa 23.000 bambini fuori dalla famiglia di origine, mentre nel 2007 erano 32.000, essendo questo aumento quasi tutto dovuto all'aumento degli affidamenti. I dati, però, vanno letti; gli affidamenti residenziali hanno cambiato natura nel corso di questi anni; dal 1998 ad oggi le comunità sono cambiate notevolmente per il tipo di accoglienza; contiamo, tra i minori fuori dalla famiglia di origine, anche i minori stranieri non accompagnati, fenomeno relativamente marginale alla fine degli anni Novanta, ma che è diventato, in alcune realtà, un fenomeno maggioritario delle comunità di oggi (con tutti i problemi legati agli eventi più recenti, a partire dai flussi a seguito delle cosiddette primavere del Nord Africa). È evidente, quindi, che è cambiata molto la natura delle comunità. Da questo punto di vista, la nostra stessa indagine necessita di essere aggiornata con uno specifico riferimento a queste pratiche di accoglienza.
  Con l'indagine relativa al 2013 stiamo sperimentando un questionario nuovo in alcune regioni che si sono dette disponibili alla sua somministrazione. Nel nuovo questionario cercheremo di porre un'attenzione maggiore alle caratteristiche delle comunità. Abbiamo, infatti, dei dati molto parziali su questo: essere accolti da una comunità familiare è diverso rispetto ad essere accolti in una comunità socio-educativa. Cerchiamo di migliorare, quindi, l'indagine con riferimento sia alle caratteristiche delle comunità, sia ai minori accolti, ponendo una specifica attenzione ai minori stranieri non accompagnati.
  Più in generale, nel marzo scorso è stato pubblicato, finalmente, il regolamento sul casellario dell'assistenza – è stato un percorso lungo e tortuoso – che si inserisce nel contesto più ampio del sistema informativo dei servizi sociali, a suo tempo previsto dalla legge n. 328 ma mai attuato. Questo strumento rappresenta, quindi, anche la prima attuazione del sistema informativo dei servizi sociali. Ebbene, in questo contesto avremo un modulo specifico sui bambini, il cosiddetto S.In.Ba, il Sistema informativo sui bambini e gli adolescenti; nel suo ambito raccoglieremo le valutazioni multidimensionali fatte nei confronti dei bambini. Quando questo strumento andrà a regime, avremo indicatori molto più tempestivi delle prese in carico operate dai servizi territoriali, in particolare con riferimento anche eventualmente agli allontanamenti. Se il regolamento funzionerà e la banca dati comincerà a essere alimentata, come la legge prevede, dovremmo riuscire ad avere dei dati anche in tempo reale. Se volete, ora potrei parlare del Tavolo minori o passare ad ascoltare qualche domande da parte vostra.

  SANDRA ZAMPA. Volentieri, dottor Tangorra, inizierei io. Naturalmente – vorrei però precisare che non è una questione personale – siamo abbastanza colpiti dal fatto che siamo di nuovo fermi al 2012 e che queste rilevazioni arrivino sempre con un tale ritardo da non aiutare né a capire, né ad intervenire. Complessivamente, poco fa, lei ha ricordato la travagliata vicenda del precedente piano nazionale per l'infanzia, che non solo è arrivato tardi, ma ha addirittura ricevuto parere negativo in Conferenza Unificata. Questa Commissione, di fatto, prese atto ed espresse un parere negativo in merito, perché neanche un euro di risorse accompagnava il piano ! Dobbiamo prendere complessivamente atto che l'attenzione ai temi dell'infanzia, almeno ad osservatori interessati, come noi certamente siamo – lo diciamo con una certa umiltà – lascia Pag. 8abbastanza preoccupati. Sembra davvero che il tema sia ormai un po’ più che residuale: cambiano i vertici politici ma sembra sempre che non ci sia un intervento, neanche dal punto di vista della rilevazione dei dati. Lei sa che questa Commissione ha condotto un'indagine sulla povertà minorile e i dati che abbiamo raccolto – a parte il fatto che li abbiamo raccolti noi attraverso associazioni e istituzioni, anche molto prestigiose – sono tutti molto inquietanti. Oggi lei, per esempio, ci forniva il dato sui minori fuori famiglia e prendiamo atto del fatto che, al 2012, non è cambiato nulla rispetto al passato. Questo, però, ci era noto. Di recente si sente, ovunque, discutere del fatto – viene anche spessissimo avanzata l'obiezione che i minori fuori famiglia stanno aumentando – che il trend è in crescita. Si avrebbe, quindi, la necessità di capire se ciò avviene per un cattivo uso degli strumenti a disposizione, ovvero se invece la povertà è uno degli elementi che sta incidendo su questa situazione, ammesso che sia vera tale rilevazione. Capisce, quindi, che il discorso diventa veramente complicato.
  Certamente non è lei che decide dove vanno le poste di spesa, ovvero su quali capitoli, ma mi domando se almeno ci sia di fronte a noi una prospettiva, se almeno si stia lavorando per cambiare. Questa è l'unica domanda che davvero mi verrebbe voglia di fare: si sta lavorando perché il tema diventi una priorità o non si sta lavorando ? Questa Commissione può aiutare chi è chiamato ad attuare politiche per l'infanzia e l'adolescenza ?
  Resta fermo che c’è un problema, secondo me, anche di eccessiva frammentazione delle competenze, per cui di un pezzetto si occupa uno e di un altro si occupa qualcun altro. Probabilmente, nell'assenza di una cabina di regia vera e propria in cui essere tutti insieme, non si riesce neanche a conoscere il numero degli interventi, né l'entità delle risorse investite. Alla fine della scorsa estate, in questa sede, ho incontrato rappresentanti della Commissione per l'infanzia e l'adolescenza del Parlamento giapponese; è stato imbarazzante incontrare colleghi che potrebbero fornire dati aggiornati, mentre noi dobbiamo lavorare per giorni per riuscire a mettere insieme più voci e capire la quota di PIL destinata a certi temi. Questo è quello che ci interesserebbe capire. Vorremmo persino capire che cosa si potrebbe fare insieme perché questa situazione muti di segno, visto che ciò sembra non avvenire. So che lei è molto impegnato su questo tema. Lei stesso ha evocato l'importante seminario che si tenne in Puglia. Il fatto stesso che lei ci dica che siete rimasti sorpresi dal numero di partecipanti dovrebbe suggerire, in questo caso anche al Ministro, che il tema è circondato da un grande interesse e anche da una grande aspettativa: tutti sono in attesa che arrivi qualche segnale. Pertanto, più che domande, che naturalmente mi piacerebbe porre, le chiederei se non sia in possesso di dati più aggiornati, magari senza che siano ancora resi ufficiali, per esempio, sulla partita dei minori fuori famiglia.
  Le risulta che tali soggetti siano in crescita ? Avete questa impressione, anche se il dato non è stato ancora registrato ? A me, per esempio, questo aspetto interesserebbe. C’è intenzione, questa volta, di mettere nel nuovo piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza risorse che accompagnino le azioni previste ? Il piano era molto ben fatto l'altra volta: non è vero che non andava bene. Il problema, semmai, era che si trattava di buone intenzioni – mi pare ci fosse Giovanardi all'epoca – ma non c'era neanche un euro: non possiamo fare il bis di quella storia. Ciò che le chiederei, anche informalmente, di fornirci sono informazioni sull'orientamento attuale del Ministero a questo proposito.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla collega Iori.

  VANNA IORI. Le mie osservazioni si ricollegano a quelle della collega Zampa. Non nascondo un po’ di difficoltà nel capire bene la direzione scientifica e politica dell'Osservatorio e dei relativi tavoli di lavoro: se l'obiettivo è quello di recuperare Pag. 9dei dati, abbiamo in Italia altri organi in grado di fornirne di più aggiornati (penso a Save the Children, a UNICEF). Ogni tanto riceviamo dati più aggiornati, che magari non hanno questo carattere specifico, ma è appunto attraverso altre fonti che riusciamo a conoscere una parte del mondo dell'infanzia e della sua evoluzione.
  Probabilmente, c’è anche un problema di regia e di coordinamento, per cui è molto interessante il passaggio in cui lei ci diceva che, essendosi le Regioni e l'ANCI espressi contro, avete cercato di potenziare, ristrutturare, ricostruire quel rapporto. Ciò va benissimo, ma quali sono i risultati a cui questa ricostruzione di rapporto sta portando dal punto di vista politico ? Il mio desiderio di conoscenza mira proprio a tutti e due i versanti, cioè quello della conoscenza sia scientifica, sia politica. Inoltre, se posso esprimere un'opinione, siccome sono anche responsabile per il Partito Democratico delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, in questa veste ho avuto alcuni incontri con enti e associazioni a livello nazionale, avendo avuto, in proposito, riscontri molteplici; soprattutto, ho colto un grande e condiviso desiderio non solo di un'attenzione maggiore sulle politiche per l'infanzia, ma anche di capire in che direzione e in che cornice si inquadrino le politiche attuali per l'infanzia. Abbiamo due ottime leggi, che lei ha citato, la n. 285 e la n. 328, che sicuramente hanno segnato il cammino politico del nostro Paese nelle politiche sociali e dell'infanzia: credo che siano leggi da riprendere in mano. Questa è la mia opinione e ho citato questi convegni proprio per dire che non è solo una mia opinione personale, riprendendo anche il parere delle persone che erano presenti. Queste due leggi hanno bisogno, forse, di essere aggiornate, riviste. I cambiamenti dagli anni Novanta, dal 2001 ad oggi, sono stati davvero macroscopici nella società, nella struttura familiare, quindi siamo davanti a problematiche ancora inedite o che comunque si affacciavano per la prima volta sulla scena sociale negli anni in cui furono concepite quelle leggi. Quali politiche si arriverà a produrre ? Questo tavolo e questo Osservatorio, quali indicazioni arriveranno a dare alla politica ? Questo è un po’ il mio interrogativo di fondo.

  DONELLA MATTESINI. Ringrazio il dottore Tangorra, il quale ci ha fornito un quadro importante e sulla scorta del quale non dobbiamo rischiare di caricare su altri delle responsabilità che appartengono alla politica. Anche se questo rapporto tra politica e dirigenza è molto forte, vorrei evitarlo. La ringrazio perché lei ci ha detto una cosa della quale sono profondamente convinta: al di là dei ritardi e della disattenzione che la politica e non solo ha rispetto ai temi dell'infanzia e dell'adolescenza, il punto è il nuovo piano. Accolgo con molto favore il fatto che siano stati coinvolti nella stesura e nella lettura del piano i componenti delle regioni e dei comuni, perché è ovvio che questo è un tema importante.
  Vengo alla mia domanda, in parte in linea con quanto diceva la senatrice Iori: è maturato nell'Osservatorio un ragionamento, legato al fatto che ci sono leggi importanti ma non più utilizzabili, perché da quando sono nate ad oggi è cambiato l'assetto ordinamentale ? La 328 è una legge nazionale, ma con il Titolo V della Costituzione ci sono competenze diverse e frastagliate.
  La senatrice Zampa chiedeva se ci siano o meno i soldi in questo nuovo piano. Io lancio una provocazione e dico che, anche se trovassimo tanti milioni di euro, resterebbero dei problemi in assenza di una conoscenza unitaria – vi chiedo se questa riflessione sia solo mia o abbiate cominciato a ragionarne anche nell'Osservatorio – di quanto spendiamo complessivamente sui minori, di quanto cioè spende lo Stato e tutti i suoi Ministeri, come quello per l'istruzione, in relazione alle risorse stanziate, per esempio, per l'apertura pomeridiana delle scuole, come pure quanto spendano le regioni e quanto gli enti locali.
  Se non partiamo da questo, che vuol dire avere un quadro unitario, come si può Pag. 10pensare a una programmazione ? Se non riusciremo a recuperare questa visione, l'impegno di questo piano, che si somma a tante altre iniziative, nonostante sia ragionato bene, credo che non potremo diffondere e far radicare politiche per l'infanzia che non siano solo progetti su progetti. Spero che non si parli più di un piano di progetti, ma di qualcosa in cui esistano delle possibilità reali. La mia domanda è esattamente questa: questa riflessione c’è o non c’è ? Io ritengo prioritaria la questione delle risorse rispetto a qualunque altra, come anche quella del luogo; mi domando, quindi, se l'Osservatorio o anche altri luoghi possano davvero «costringere» a un accordo che non sia soltanto in termini di sottoscrizione, identificandosi, invece, anche con un impegno concreto delle politiche.
  Nel merito dell'indagine conoscitiva sulle comunità per minori, lei ci ha detto che sarà attivata una nuova modalità con un automatismo: è un'osservazione puramente quantitativa o c’è anche un'indagine qualitativa ? Avremmo forse bisogno anche di un'indagine qualitativa. Al di là, ad esempio, del numero delle minori e dei minori, per quanto tempo essi rimangono in comunità ? Che tipo di comunità sono ? Sono gestite direttamente, sono convenzionate, sono gestite dalle cooperative ? Vorremmo capire che tipo di personale c’è.
  È vero, infatti, che ci sono leggi regionali e nazionali che parlano di accreditamenti, che quindi dovrebbero contenere certi temi, ma sappiamo benissimo che tra la legge e ciò che troviamo quando si va a verificare, non ci sono sempre delle rispondenze. Potrei citare altri esempi sulla questione qualitativa, ma penso che non ce ne sia bisogno.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla senatrice Ferrara.

  ELENA FERRARA. La mia è solo una domanda molto semplice e, se vogliamo, tecnica, posto che da poco faccio parte di questa Commissione. Ho avuto modo, comunque, di confrontarmi con la procuratrice della Repubblica del tribunale dei minori di Torino (peraltro, vengo dal Piemonte, una regione in cui molto lavoro si è fatto sugli affidi, in un rapporto particolarmente positivo con la Toscana rispetto alle comunità). La dottoressa Baldelli ci ha detto che, per suo dovere normativo, sta visitando tutte le comunità del Piemonte e che ne ha trovate anche di illecite, che sono state chiuse, gestite da persone che venivano addirittura dall'estero: non pensiamo a Paesi del terzo mondo, dell'immigrazione, bensì alla Svizzera. È questo anche un caso molto interessante dal punto di vista dell'insediamento di bambini che non riescono a essere gestiti nelle comunità della civilissima Svizzera. Vorrei capire come si intreccia il lavoro delle procure, quindi della giustizia minorile, con quello di questo Osservatorio.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Tangorra per la replica conclusiva.

  RAFFAELE TANGORRA, Direttore generale della direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Come ho detto in premessa, posso solo accollarmi responsabilità di natura tecnica, quindi, a quelle mi atterrò.
  Sui dati vecchi, è evidente che su un esercizio di questo tipo, basato sulla buona volontà delle regioni, che a loro volta devono attivarsi sui territori per raccogliere i dati, il Ministero non ha alcun potere impositivo, o meglio, possiamo anche imporre alle regioni il questionario con cui facciamo la rilevazione e i tempi con cui la facciamo, ma non possiamo assicurarci la risposta: non c’è sanzione.
  Da questo punto di vista, stiamo cercando, in collaborazione con le regioni, di velocizzare i tempi e migliorare l'indagine. Detto questo, è un'indagine che ha natura amministrativa e non possiamo immaginare di migliorare di molto, perché questi sono i sistemi informativi regionali. Non tutte le regioni hanno un sistema informativo regionale, quindi, non tutte hanno la disponibilità di questo dato. È evidente che la raccolta amministrativa in alcune regioni Pag. 11è un po’ più lenta rispetto ad altre e che non si tratta solo del Mezzogiorno, anzi. Sappiamo che l'Italia è stretta, lunga e frastagliata, per cui abbiamo un problema sul territorio di raccolta di queste informazioni.
  Senatrice Zampa, relativamente alla direzione che vogliamo intraprendere, non si tratta di un progetto in questo momento, bensì di un regolamento che è stato osservato con molta attenzione dal Garante della privacy, perché, evidentemente, si tratterà di informazioni molto sensibili, soprattutto con riferimento all'infanzia, laddove oggi ciò fa parte dell'apparato normativo dello Stato. Da questo punto di vista, quindi, adesso scattano degli obblighi informativi; ci sarà un periodo iniziale di sperimentazione alla quale parteciperanno, volontariamente, per testare il canale informativo, le amministrazioni regionali, scegliendo eventualmente alcune porzioni di territorio e non l'intero territorio regionale, però, comunque oggi, questa è una norma dello Stato, quindi, oggi abbiamo uno strumento più forte.
  Qui c’è una parte di moral suasion e una più normativa: a questo punto, abbiamo la seconda e abbiamo uno strumento che ci appoggia per la moral suasion. Sotto questo profilo, quindi, bisognerà cercare di attivare nei territori che sono un po’ più indietro dei meccanismi di rilevazione dei dati che ci permettono di avere quell'aggiornamento continuo che permette anche di prendere delle decisioni. Sono assolutamente d'accordo sulla necessità di avere dati utili per poter prendere decisioni.
  Detto questo, sono direttore dal 2006, da quando sento dire che gli allontanamenti nelle famiglie stanno aumentando. A questo punto, il dato è al 31 dicembre 2012 e non mi aspetto grosse variazioni al 31 dicembre 2013, ma sentiamo spesso di chi si fida di certi altri dati. Al di là dei nomi che sono stati fatti di insigni associazioni, come Save the Children o UNICEF, che spesso riprendono nostri dati, non rilevati direttamente da loro, non credo che, se ci fidiamo dell'evidenza aneddotica – l'unica che purtroppo le associazioni possono fornirci – avremo una buona conoscenza dei fenomeni.
  Se devo fidarmi dell'esperienza e guardo a quello che è successo negli ultimi dieci anni, a questo punto dovrei essere di fronte a un allarme sociale per gli allontanamenti dalle famiglie, mentre in realtà osserviamo un lieve trend decrescente, cioè una lieve riduzione del numero di bambini allontanati al 31 dicembre 2012. Magari negli ultimi due anni tale numero è aumentato: non lo so, vedremo, ma comunque in passato ho sentito lo stesso allarme, ma non ho visto nei dati quello che veniva affermato. Credo che sia importante – c’è nella tabella – il confronto con gli altri Paesi sviluppati. Noi siamo il Paese che allontana meno tra i Paesi europei: nel Regno Unito si allontana il 6 per mille dei bambini, in Francia l'8,5, in Germania l'8, mentre da noi il 3 per mille, quindi il nostro è un Paese in cui si allontana molto poco. La preoccupazione che dobbiamo avere è se i bambini che non vengono allontanati non lo sono veramente nel rispetto dell'interesse superiore del fanciullo, che dovremmo sempre garantire. Anche se dovessimo osservare in alcuni territori un aumento dei dati, potrebbe significare anche un'attenzione maggiore di servizi. Descrivevo la mia esperienza diretta, quindi non voglio negare un'evidenza che non abbiamo, ma sono abituato a parlare sui dati e non su affermazioni aneddotiche.
  Ciò premesso, evidentemente, alcune affermazioni aneddotiche pongono un problema non tanto sul dato quantitativo quanto su quello qualitativo. Si citava da ultimo un caso piemontese, ma penso che anche la cronaca rappresenti la necessità di migliorare il quadro di riferimento.
  Il problema, come ha rilevato giustamente la senatrice, è che siamo di fronte a una legge che abbiamo atteso per decenni nell'ambito delle politiche sociali e che però, l'anno dopo che è stata approvata, è stata mozzata – permettetemi l'espressione – nel senso che si è tagliato il capo. Fondamentalmente, si è deciso, con la riforma del Titolo V della Costituzione, Pag. 12che questa era materia esclusiva delle regioni: è un federalismo male interpretato, a mio modo modesto di vedere, che ha portato alla situazione che oggi abbiamo di fronte, per cui non abbiamo neanche i dati per prendere decisioni di natura politica.
  Vengo alla direzione politica e scientifica. Stiamo cercando di recuperare uno spazio all'amministrazione centrale con strumenti soft, che sono quelli che abbiamo a disposizione. L'abbiamo fatto nel caso dell'affido familiare, per il quale abbiamo prodotto le linee guida, che sono state accolte, poi, con un accordo in Conferenza Unificata, che oggi orientano la pratica dei servizi e sono oggetto di discussione e di partecipazione sui territori. Ho assistito personalmente, anche in città grandi come Milano, a un'intensa partecipazione del tessuto sociale sulle problematiche dell'affido su quel territorio: il nostro libretto sulle linee guida per l'affidamento familiare è stato utilizzato come strumento di pressione nei confronti del policy maker.
  Abbiamo cercato di recuperare lo spirito originario della legge n. 285 di forte innovazione e promozione, quindi nel territorio in cui oggi spendiamo le risorse di quella legge, le città riservatarie, abbiamo provato a usare questi territori come se fossero un laboratorio per sperimentare processi che possono cambiare la pratica dei servizi. L'abbiamo fatto sempre nell'ambito dei bambini a rischio di allontanamento e abbiamo conseguito risultati sorprendenti e straordinari.
  Col progetto PIPPI per la prevenzione dell'allontanamento dei minori con un gruppo di controllo e un gruppo di trattati, abbiamo osservato che nel primo, con un progetto di presa in carico precoce e di prevenzione, non abbiamo allontanamenti, se non uno tra tutte le famiglie trattate; nel primo il 20 per cento dei bambini era allontanato. Ci occupiamo, quindi, di quello che succede a valle, cercando di non farlo succedere. La sperimentazione ha avuto un tale successo che le regioni stesse ci hanno chiesto, nell'ambito più vasto delle politiche sociali, di riservare una quota a livello regionale per estendere questa progettazione su tutto il territorio nazionale. Oggi questa sta diventando la pratica dei servizi sul territorio nazionale e speriamo di vederne gli effetti in termini di riduzione degli allontanamenti.
  Lo stesso cerchiamo di fare più nello specifico sulle comunità per minori. Volevamo far ciò già subito dopo la Conferenza di Bari, dove l'abbiamo promesso, ma c’è stato bisogno di tempo per avere la risposta regionale attesa; in ogni caso, oggi abbiamo le regioni pienamente partecipi di questo processo e vogliamo fare un'operazione analoga a quella fatta per le linee guida sull'affido nel campo delle comunità per minori, in maniera che l'evidenza aneddotica e il caso spesso rappresentato dei media possa essere davvero un'eccezione, a fronte di un quadro regolatorio definitorio nazionale che orienti la pratica dei servizi territoriali.
  Questo tavolo si è insediato e sta lavorando. Nelle schede che vi abbiamo consegnato trovate, in fondo, una bozza di indice provvisorio. Se avete delle osservazioni, fatecele avere, perché è davvero un work in progress (ho pensato di metterlo a vostra disposizione seppure non abbia alcun crisma di ufficialità e non l'abbia visto neanche il Ministro, né il sottosegretario). Penso, tuttavia, che nel clima di piena collaborazione che sottolineavo, sia utile condividere queste informazioni, anche man mano che vengono prodotte. Questa è la direzione verso cui stiamo andando.
  Quanto alle risorse di cui disporrà o meno, il piano è un documento di natura programmatica, quindi il MEF non ci darà parere positivo senza l'espressione solita di questi documenti, che sono di mera programmazione. Le risorse vanno trovate nei bilanci dello Stato e delle amministrazioni competenti. Da questo punto di vista, vi è una responsabilità del Governo sicuramente, ma anche del Parlamento, nel momento in cui approva o avanza la sua proposta di modifica della legge di stabilità. Come Ministero di spesa soffriamo così come soffrite voi, per intenderci. Banalmente, si citava il fondo 285: non siamo contenti di quello che gli è successo. Nel Pag. 13rappresentare il quadro delle esigenze per la preparazione della legge di stabilità, come Ministero del lavoro presentiamo sempre la necessità di riportare il fondo 285 alla sua dimensione storica, di 44 milioni di euro. Se questo non va in porto, ci sarà bisogno dell'aiuto di tutti e anche di questa Commissione, laddove si ritiene che gli interventi di quella legge siano degni di essere finanziari; tuttavia, lo ripeto, queste sono scelte che competono alla politica e non all'amministrazione. Per quanto riguarda il quadro delle risorse, si diceva che spesso non conosciamo neanche l'entità delle risorse da utilizzare con la frammentazione a livello regionale. Evidentemente, il casellario dell'assistenza, che io preferisco chiamare sistema informativo dei servizi sociali, ci aiuterà a conoscere meglio e più rapidamente. Noi abbiamo cominciato a utilizzare degli strumenti nel riparto dei grandi fondi – in particolare, qui il riferimento è al fondo nazionale per le politiche sociali – strumenti di programmazione tali da incanalare da principio le risorse per grandi settori di intervento, in particolare per l'infanzia. Succede, infatti, che nelle nostre rendicontazioni finali, le stesse amministrazioni regionali non sanno come hanno speso le loro risorse i comuni: si limitano a finanziare il piano di zona, ma in maniera indifferenziata sul territorio, cioè non per singoli settori.
  Ci siamo detti, allora, di metterci d'accordo sulle grandi aree di intervento, i macroaggregati, sugli obiettivi di servizio; per le tre grandi aree di intervento individuate (infanzia, disabilità e non autosufficienza e povertà) abbiamo chiesto di programmare, prima dell'utilizzo dei soldi, le risorse sulla base di questa divisione, con l'impegno a monitorare. È il secondo anno di quest'operazione, quindi ancora non siamo in grado di restituirla, ma comunque andiamo in una direzione in cui il dato conoscitivo dell'utilizzo, per lo meno delle risorse nazionali, migliorerà. Da ultimo, permettetemi di dire qualcosa sui fondi strutturali. Nel settennio che abbiamo davanti per la prima volta si utilizzeranno fondi strutturali, anche in misura consistente, per le politiche di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Inoltre, c’è il Fondo di aiuti europei agli indigenti, dedicato proprio, con una parola che a me non piace molto, ai most deprived, come dicono gli inglesi.
  Che cosa abbiamo fatto in questa programmazione ? Il Fondo indigenti nella passata programmazione era un fondo di politica agricola semplicemente destinato alle grandi associazioni (Banco alimentare, CARITAS, Sant'Egidio) per la distribuzione alimentare. Noi abbiamo voluto conservare quest'esperienza molto importante, ma allo stesso tempo affiancarla con un'attenzione specifica ai bambini. Vogliamo accompagnare questa distribuzione di alimenti con distribuzione di materiale scolastico e con l'apertura delle scuole nei territori più deprivati del Paese.
  La deprivazione non è solo delle persone, ma anche dei territori, dei posti in cui nascono. Vogliamo, quindi, un programma scuole aperte, trovare le scuole più in difficoltà del Paese e tirare via i bambini dalla strada, tenerli a scuola, cercando di sollecitare e attivare la comunità educante. Vogliamo cercare di riportare la scuola ad avere un ruolo di attivazione del territorio e delle risorse, che nei territori più deprivati comunque ci sono.
  Dal punto di vista delle risorse del Fondo sociale europeo, il PON Inclusione – per la prima volta avremo un programma operativo nazionale che si occuperà di inclusione sociale – rivolge la sua attenzione alla parte di attivazione legata a quello che oggi si chiama SIA – che non so come si chiamerà in futuro – cioè il Sostegno per l'inclusione attiva, dato alle famiglie con figli, alle quali guarda nella loro interezza. Non è un sussidio che guarda solo all'adulto e alla ricerca del suo lavoro, ma ai bisogni complessivi della famiglia, dei minori, sottoponendo il sostegno a una condizionalità legata alla frequenza scolastica dei bambini, nonché alla partecipazione ad attività legate ai bambini. Pag. 14
  Si tratterà, quindi, di risorse aggiuntive che arriveranno ai territori rispetto a quelle precedenti, ma che segnano un'attenzione anche politica rispetto al tema d'interesse di questa Commissione.

  PRESIDENTE. Dottor Tangorra, questa nostra indagine conoscitiva è stata appena avviata e credo che la sua conclusione avverrà per la fine dell'anno. Pertanto, sia perché state lavorando al piano, che sarà pronto quest'estate, sia perché ci saranno sicuramente altre novità, ci riserviamo, se lei è d'accordo, oltre ad ascoltare il Ministro Poletti in audizione – che ci auguriamo vorrà venire – ad incontrarla nuovamente prima del termine. Ci saranno, infatti, sicuramente, aggiornamenti che dovranno essere parte di questo documento, che presenteremo durante un evento al quale sarà chiamato a partecipare, se ci darà la sua disponibilità. La ringrazio e ringrazio tutti i colleghi. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.

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