XVII Legislatura

Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 21 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANAGRAFE TRIBUTARIA NELLA PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE DATI PUBBLICHE IN MATERIA ECONOMICA E FINANZIARIA. POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL SISTEMA NEL CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE

Audizione del presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani, Piero Fassino.
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 2 
Pagano Alessandro (AP)  ... 4 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 5 
Pagano Alessandro (AP)  ... 5 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 5 
Pagano Alessandro (AP)  ... 6 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 6 
Pagano Alessandro (AP)  ... 7 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 7 
Pelillo Michele (PD)  ... 8 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 8 
Ferri Andrea , responsabile finanza locale dell'ANCI ... 9 
Petrini Paolo (PD)  ... 10 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 11 
Ferri Andrea , responsabile finanza locale dell'ANCI ... 11 
Fassino Piero , presidente dell'ANCI ... 12 
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIACOMO ANTONIO PORTAS

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani, Piero Fassino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani, Piero Fassino che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Sono presenti, inoltre, la segretaria generale dell'ANCI, Veronica Nicotra, e il responsabile finanza locale dell'ANCI, Andrea Ferri.
  L'audizione si inquadra nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche in materia economica e finanziaria. Potenzialità e criticità del sistema nel contrasto all'evasione fiscale.
  Do la parola all'onorevole Fassino, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimenti.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Ringrazio il presidente Portas e la Commissione di questa audizione, che verte su temi particolarmente sensibili e significativi per la nostra rete di 8.000 comuni italiani.
  Dato come noto, l'analisi dei temi proposti è fortemente influenzata dalla variabile «dimensione», è utile conoscere il quadro della dimensione dei comuni italiani. Spesso, quando si definiscono processi normativi e organizzativi, si prescinde dalle dimensioni, che invece sono condizioni fondamentali per l'operatività e la praticabilità delle misure adottate.
  Su 8.000 comuni, ne abbiamo circa 5.500 con meno di 5.000 abitanti; 4.500 con meno di 3.000 abitanti e 3.500 con meno di 2.000 abitanti. Questa riflessione potrebbe portare a discutere di tante altre cose, per esempio a come rapportarsi ai fenomeni aggregativi ma non è il tema oggi in discussione. Parliamo invece di come i comuni si rapportano al quadro normativo e operativo della fiscalità. Le dimensioni vanno tenute in considerazione perché incidono sulla capacità di gestire i percorsi e i processi attivati. È il caso della fatturazione elettronica, di cui tutti comprendiamo i molteplici vantaggi, come il fatto che consente una maggiore tracciabilità dei flussi e delle operazioni, oltre che una semplificazione delle procedure; essendo elettronica, quindi dematerializzata, poi, la fatturazione prevede tempi di comunicazione e trasmissione pressoché nulli. Inoltre, consente una interoperabilità dei comuni con altri soggetti, a partire dall'Agenzia delle entrate, con una verifica in tempo reale. Tutto questo è vero. Dopodiché, occorre fare i conti con il fatto che non tutti i comuni hanno una struttura informatica adeguata, ma soprattutto con Pag. 3il fatto che non tutti i comuni hanno un personale in grado di gestire la fatturazione elettronica, in particolare quelli piccoli.
  Si pone così un primo problema, ovvero di costruire un percorso, nella gestione della fatturazione elettronica, che consenta a tutti i comuni di adempiere al quadro normativo, agli obblighi organizzativi connessi all'introduzione di questa importante innovazione, e di poterlo fare efficacemente ed effettivamente. Oggi non sempre è così, anche perché, come spesso accade, si sono adottati i provvedimenti senza aver previsto un periodo transitorio di sperimentazione né una fase di adeguamento. Si stabilisce che da una certa data le cose debbano funzionare in un certo modo, ma il mondo è più complicato. Non basta che il Parlamento abbia stabilito che da domani è così, perché effettivamente sia così; e lo dico da persona che ha fatto per vent'anni il parlamentare: è più complicato.
  Un secondo tema da considerare è il collegamento dei comuni al sistema delle banche dati dell'anagrafe tributaria. È evidente che abbiamo un interesse a stabilire una connessione sempre più efficace e operativa con le banche dati di interesse nazionale, a partire dall'anagrafe tributaria, perché consente maggiore trasparenza e tracciabilità di ogni operazione, e apre interessanti scenari dal punto di vista del governo dei tributi, delle entrate fiscali e parafiscali. Quello che i comuni chiedono è di essere messi nelle condizioni di avere un rapporto con l'anagrafe tributaria semplice, tempestivo ed efficace; cosa che non dipende soltanto da quello che fanno i comuni, ma anche da come l'anagrafe tributaria è gestita e realizzata sul piano delle amministrazioni pubbliche dello Stato.
  Per quello che riguarda l'attività di accertamento e di riscossione dei tributi, sapete che i comuni italiani hanno un sistema di riscossione plurimo nelle modalità di organizzazione. La maggioranza dei comuni, per la riscossione, ha un rapporto con Equitalia, soggetto in questo momento sottoposto a proroga di attività, in funzione di un processo di riorganizzazione del sistema di riscossione. I comuni possono altresì adottare altre procedure, vuoi la riscossione diretta, vuoi attraverso società di controllo municipale: è il caso della mia città, dove la riscossione è effettuata attraverso Soris, una società di riscossione, tra l'altro molto efficace. Tra i punti che riteniamo fondamentali in questo quadro, vi è innanzitutto la necessità di uscire da una situazione di costante e continua proroga di un regime incerto. Ci auguriamo – abbiamo insistito, anche in queste ore in cui stiamo discutendo il decreto enti locali con il Governo – che si adottino misure per arrivare, entro la fine dell'anno, a definire un regime di riscossione certo e chiaro, che subentri all'attuale situazione transitoria. Ci siamo fatti carico di presentare delle proposte. L'ANCI è anche disponibile a concorrere, insieme allo Stato, alla definizione di una forma di riscossione che ci veda compartecipi nella gestione e nell'organizzazione. Non ci sottraiamo a nessuna responsabilità. Quello che chiediamo però è che si arrivi rapidamente a decisioni certe che consentano a ogni comune di fare le proprie scelte e di sapere come provvedere all'attività di riscossione. L'altro punto da evidenziare è che teniamo ferma la possibilità di avere modalità di riscossione diverse; infatti ci sono esperienze comunali o intercomunali di riscossioni efficaci che riteniamo di non dover compromettere né sacrificare.
  Per quanto riguarda la collaborazione con l'Agenzia delle entrate, ai fini dell'aggiornamento delle rendite catastali, potete facilmente comprendere come il punto sia per noi fondamentale. Abbiamo sempre rivendicato che la riforma del catasto vedesse un ruolo dei comuni, intanto perché questi ultimi hanno un controllo del loro territorio che nessun altro livello istituzionale ha e poi perché un aggiornamento delle rendite catastali è fondamentale per tutta l'attività fiscale legata all'immobile e al patrimonio. Spesso i giornali pubblicano statistiche su incrementi relativi a IMU o TASI che, in molti casi, per alcune città sono particolarmente alti rispetto Pag. 4ai precedenti, ma guardate che molto spesso è stato, ed è, il non aggiornamento delle rendite catastali a incidere su quegli incrementi. Laddove l'aggiornamento è stato fatto costantemente – ci sono molte città che hanno provveduto anche negli anni più recenti – le dinamiche fiscali sul patrimonio sono diverse. Ho presente la situazione della mia città – parlo delle cose che so – dove l'aggiornamento del catasto è stato costante e continuo e posso dire che, in realtà, la TASI a Torino è inferiore all'IMU precedente, non superiore. Ci sono città nelle quali il non aver aggiornato le rendite catastali per molti anni incide sulla definizione del prelievo fiscale. Siamo quindi i primi a essere interessati a un completo aggiornamento delle rendite catastali, e chiediamo che i comuni siano pienamente coinvolti in questa operazione; cosa che non sempre viene garantita da parte degli organi centrali dello Stato.
  Colgo l'occasione per fare due riflessioni di ordine generale, visto che siamo in una Commissione che si occupa di fiscalità, sia pure sotto l'aspetto dell'utilizzo delle banche dati.
  Non è vero che ogni qualvolta intervenga una riduzione di risorse dei comuni, questi la compensano ricorrendo al prelievo fiscale. È un luogo comune che viene scritto tutti i giorni sui giornali ma che è contraddetto dalla realtà, nel senso che certamente ci sono stati incrementi della fiscalità locale, ma non sono mai compensativi al 100 per cento della riduzione di risorse e di trasferimenti che i comuni hanno subìto in questi anni; e ciò per una ragione banale, ossia che nessun sindaco è così sciocco da utilizzare la leva fiscale in modo indifferenziato, senza tener conto del rapporto con i suoi cittadini e quindi della effettiva praticabilità. Dico questo, perché ogni volta che si discute di spesa, di spending review, torna questo argomento – ancora sul Corriere della Sera, due giorni fa – che tuttavia è falso. Tutti i dati dimostrano che l'incremento del prelievo fiscale locale è inferiore alla riduzione di risorse che i comuni hanno subito dal 2010 ad oggi. Questo è un punto che credo vada tenuto presente.
  L'altra considerazione di ordine generale, che vorrei qui ricordare, e che vorrei riferire anche alla local tax che il Governo intende introdurre dal prossimo anno è che occorre un sistema fiscale molto più trasparente, che veda il soggetto istituzionale a cui è in capo un tributo nella condizione di avere piena ed esclusiva titolarità di quello stesso tributo. I meccanismi di compartecipazione oggi largamente vigenti, a partire dall'IMU e dalla TASI, pongono un problema di trasparenza per i cittadini, perché se da un lato chi ha il rapporto con i cittadini per il prelievo fiscale e patrimoniale su scala locale è il sindaco che ci mette la faccia dall'altro lato sappiamo bene che una quota significativa di quelle risorse non resta ai comuni ma va allo Stato. Questo è un punto che secondo noi va sciolto. Si decida quali sono i tributi in capo ai comuni e discutiamone. Possono essere quelli di oggi o altri, non abbiamo posizioni preconcette; però, nel momento in cui un tributo viene assegnato a un soggetto, sia esso il comune, lo Stato o la regione, è bene che sia nella sua titolarità esclusiva. Questo infatti rende molto più chiaro il rapporto con i cittadini e più certa anche la gestione delle finanze da parte di ogni soggetto istituzionale.
  Qui mi fermo. Se ci sono domande o questioni, rimango a disposizione.

  ALESSANDRO PAGANO. Francamente era utile questo confronto e devo dire che lei ha aperto una serie di file interessanti. Non so se le domande basteranno, però devo approfittare dell'occasione, soprattutto in funzione di due cose che lei ha detto e che mi servono per fare un ragionamento un po’ più ampio rispetto al tema affrontato.
  Lei ha affermato giustamente che non è vero che per ogni entrata inferiore, data da minori trasferimenti, i comuni aumentino la pressione fiscale. Ebbene, la percezione è un po’ diversa...

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  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. La percezione è alimentata da una stampa che lo scrive tutti i giorni, ma non è così.

  ALESSANDRO PAGANO. Esattamente, ma sappiamo bene che questo è un «potere forte» che purtroppo condiziona tutto. Ad ogni modo, al di là della risposta lampo che mi ha dato – peraltro la penso esattamente come lei, proprio perché questa percezione è alimentata da altre cose – secondo me delle mosse bisogna farle. Allora, devo per forza affrontare il problema non tanto in termini «micro», ma in termini «macro», visto che i colleghi faranno sicuramente domande più specifiche.
  Vengo a cosa intendo per «macro». Ebbene, non penso che i comuni stiano facendo il massimo, in questo momento, per l'analisi dei costi, il controllo di gestione e la razionalizzazione dei sistemi informatici. Ci sono tre macro problemi: i costi standard che non vengono affrontati a tutt'oggi in maniera adeguata; i controlli di gestione che vengono personalizzati e non resi omogenei in un contesto complessivo; e la razionalizzazione dei costi informatici fini a se stessi.
  Come vede, vado un po’ oltre rispetto al tema affrontato, perché ritengo che non ci potrà mai essere un'autentica trasparenza e una razionalizzazione, sia nella gestione del tributo, sia nell'ordine della quantità che grava sempre più ossessiva e opprimente nei confronti del cittadino, se prima, a monte, il sistema dei comuni non affronta bene il tema. Le questioni che sto ponendo sui costi standard, sul controllo di gestione, sulla razionalizzazione dei sistemi informatici e sull'assoluta mancanza di un collegamento a livello complessivo – e dire che abbiamo la Sogei, uno strumento che potrebbe essere utilizzato – alimentano nel cittadino, negli addetti ai lavori e nella buona politica l'idea che ognuno voglia coltivare il suo orticello; poi c’è chi è più illuminato e chi meno, come sindaco. È un problema che riguarda anche le ASL e gli altri enti regionali e statali, però il tema non viene affrontato in maniera adeguata.
  Penso che porgere questa domanda a lei, che certamente brilla per iniziative e per esperienza, oltre che per il suo ruolo, possa essere utile a invertire un paradigma. Del resto, non si può affrontare il problema soltanto nella parte finale e chiedersi cosa fare concretamente nell'ultimo miglio, perché c’è una questione a monte, che sarebbero i macro problemi che ho prima sottoposto e che spero trovino non tanto una risposta immediata, ma un adeguato momento di riflessione complessiva.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Lei ha aperto delle finestre che richiederebbero una specifica trattazione.
  Naturalmente abbiamo sempre accettato il principio dei costi standard. Dopodiché, se le dovessi dire che le analisi fin qui prodotte dal Ministero dell'economia e delle finanze, con i suoi esperti, sui costi standard siano corrispondenti effettivamente alla realtà sul territorio, le direi una cosa non vera. Penso che tutta la problematica dei costi e dei fabbisogni standard vada riaffrontata, perché abbiamo macroscopiche contraddizioni quando andiamo a verificare l'applicazione su questo o quel comune rispetto ai processi reali.
  Questo è sicuramente un problema che non ha trovato fin qui soluzione. Anche le ultimissime tabelle prodotte da Sose sono molto distanti dai processi reali. Insomma, credo che tutta questa materia continui a essere affrontata con un approccio centralistico e accademico che non corrisponde alla vita reale dei territori e di chi quei territori deve amministrare; lo dico da sindaco. Da questo punto di vista, credo che il tema dei costi standard debba essere oggetto di un serio confronto tra il Governo, le sue amministrazioni e l'ANCI, molto di più di quanto non lo sia stato fin qui.
  In secondo luogo, i comuni razionalizzano le loro modalità organizzative in funzione del controllo della spesa. Naturalmente, 8.000 comuni italiani esprimono una varietà di situazioni, però guardi – anche in questo caso, parlo sulla base Pag. 6dell'esperienza – che i sindaci, di qualsiasi colore politico e di qualsiasi comune, grande o piccolo che sia, fanno la spending review tutte le mattine entrando in ufficio. È perfino offensivo sul piano morale l'atteggiamento secondo cui dobbiamo essere messi sotto controllo: ma controllo di che cosa ? Siamo l'unico soggetto istituzionale che quando viene stabilito un obbligo ha il dovere di attuarlo e, se non lo attua, ha sanzioni pesanti sia sul piano finanziario, sia sul piano ordinamentale; cosa che non accade per le regioni, né per lo Stato. Quindi, se c’è un soggetto che ha interesse a razionalizzare tutti gli aspetti della propria attività, ivi comprese le procedure di controllo e di governo della spesa, a partire da quelle informatiche, questo è proprio il comune.
  Le potrei raccontare che nel «decreto del fare» del 2013 sono stati stanziati 25 milioni per un investimento importante per la città di Torino e che lo Stato ha mandato l'ultima certificazione l'altro ieri. Sono passati due anni, per una questione decisa; e non le dico il volume di carta che è girato. Io non ci metto due anni a decidere delle cose per il comune di Torino, ci metto molto di meno. Faccio questo banale esempio, perché mi deriva da una vicenda che si è chiusa ventiquattro ore fa, ma davvero sono a sollecitare una riflessione sulla condizione dei comuni più aderente alla loro quotidiana realtà.
  Come ripeto, ci sono comuni che hanno avuto una capacità di razionalizzare la propria spesa, di fare spending review, di attivare procedure di controllo rigorose e altri no – è ovvio che su 8.000 comuni ne possiamo avere di tutti i tipi – però, secondo la tendenza generale, la maggioranza dei comuni attua tutti i giorni procedure di controllo della propria spesa. Aggiungo che non si è fatta, e non si sta facendo, una riflessione seria sul nuovo sistema di contabilità, in vigore dal primo gennaio di quest'anno, che ha ulteriormente irrigidito la gestione quotidiana dei comuni, creandoci problemi non piccoli che, connessi e aggiunti alla riduzione di risorse, hanno reso la vita anche più difficile. Che poi manchi – come ha detto lei, e questo è un problema che solleviamo per primi – una capacità di sistema, di governo dei processi, a partire da uno scarso grado di interoperabilità e di relazione tra i diversi centri di governo della spesa e dei costi, questo è certamente vero. Quindi, siamo noi a sollecitare che l'agenda digitale entri in funzione con molta più rapidità di quanto non sia avvenuto fino ad ora e per cui non si è fatto quasi nulla. Peraltro, l'interoperabilità ha un livello bassissimo di realizzazione. Siamo quindi i primi a chiedere la possibilità di accedere alle banche dati, di rendere interoperabile il nostro sistema con i sistemi delle agenzie statali o regionali, di costruire un sistema trasparente, perché le esigenze che lei pone le avvertiamo anche noi in prima istanza. Siccome abbiamo il problema di governare quotidianamente la spesa, ci rendiamo conto che sono molti i buchi e le smagliature con cui dobbiamo fare i conti. Il nostro auspicio non può che essere quello di un salto di qualità nella costruzione di un governo del sistema, quindi mi auguro che si vada più rapidamente e più efficacemente avanti sotto questo profilo. I comuni sono disponibilissimi. Nessun comune è affetto da una sindrome corporativa, per cui ha paura di mettere a disposizione i suoi dati e di creare una condizione di interoperabilità tra i propri dati e quelli degli altri. Non abbiamo niente da nascondere. È tutto trasparente. Siamo l'unico soggetto, per definizione, esposto a un controllo sociale che non c’è per nessun altro ente.

  ALESSANDRO PAGANO. Sulle partecipate ?

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Affrontiamo anche il problema delle partecipate. Sono due anni che poniamo la questione, perché siamo i primi a renderci conto che le 7.000 o 8.000 società, nel mondo dei servizi siano una diseconomia, sia per il sistema sia per i comuni. Anche in questo caso, però, stiamo parlando di aziende e di imprese. Quello che non ha Pag. 7funzionato in questi anni è che si è affrontato il problema – e possiamo fare l'elenco dei decreti e dei provvedimenti legislativi che si sono succeduti – ponendo dei limiti temporali, per cui si stabiliva che entro una certa data i comuni avrebbero dovuto dismettere: stiamo però parlando di società, di imprese che non si possono gestire sulla base di una data del calendario. Per la prima volta, l'ultima legge di stabilità contiene precisazioni sulle partecipate che introducono strumenti gestionali per favorire, in termini di impresa e di mercato, processi di aggregazione. Quelle proposte, che sono soprattutto riferite alle società del settore idrico, sono state avanzate da noi. Le ho discusse personalmente, insieme al sottosegretario De Vincenti, e sono proposte che ha avanzato l'ANCI: siamo dunque i primi a essere interessati perché ci rendiamo conto che sono una diseconomia. Il vero tema è stato troppo spesso trattato mediaticamente: siamo prigionieri di un sistema mediatico in cui la semplificazione diventa il problema principale. La questione delle partecipate viene infatti presentata come se in un mondo di sprechi, l'unica soluzione fosse chiudere le società. Intanto non è un mondo solo di sprechi e laddove ci sono problemi – e ce ne sono – la soluzione non è la chiusura, ma come favorire i processi di riaggregazione e passare da 7.000 imprese a 1.000 o 2.000, di dimensioni adeguate, in grado di stare sul mercato. Anche una società grande può essere attiva o passiva, è ovvio, ma vedo la nostra esperienza. Penso a Iren, che ha messo insieme le vecchie società municipali di Torino, Genova, Piacenza, Parma e Reggio Emilia; oppure A2A, con Brescia e Milano; oppure Hera, con tutta l'Emilia orientale più una parte del Veneto. Queste tre società hanno dimensioni di scala adeguate, possono andare in borsa, hanno capitalizzazione, fanno investimenti, applicano tecnologie e tendenzialmente hanno tariffe più basse. Siamo prontissimi. Le parla un sindaco che ha fatto 400 milioni di dismissioni in tre anni e come me ce ne sono altri in Italia. Non viene dai sindaci un atteggiamento di natura corporativa, semmai, se posso essere esplicito, viene dalla politica, in particolare quando si va nei consigli comunali: è lì che scatta il meccanismo corporativo.
  Le faccio un esempio concreto. Ho portato in consiglio comunale la proposta di dismettere una quota significativa dall'azienda di trasporto, avendo grandi gruppi, dalle Ferrovie dello Stato ad altri, disponibili e interessati a partecipare al bando. Il consiglio comunale ha posto il limite a non più del 49 per cento, ma io ero pronto ad andare molto oltre.

  ALESSANDRO PAGANO. È per questo che ci vuole l'autoriforma. La dovete fare a livello di sindaci.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Ci vogliono anche gli strumenti normativi. Non posso mica prevaricare un consiglio comunale fino a che gli viene assegnata una potestà impeditiva.
  Abbiamo proposto di aver misure di agevolazione fiscale per processi di fusione; così come strumenti di ammortizzatore sociale, perché spesso, se si mettono insieme due aziende, c’è un'eccedenza di forza lavoro che si deve in qualche modo gestire e occorrono strumenti che favoriscano le politiche di investimento. Per esempio, stabiliamo che ci sono strumenti agevolativi sugli investimenti a favore delle aziende che si fondono, che si integrano o che si aggregano. Questo è un incentivo molto forte, perché parliamo di imprese e tutte hanno bisogno di fare investimenti. Se si dice alle aziende che si aggregano che vengono riconosciute loro una serie di agevolazioni di natura fiscale, o di altro tipo, ha un senso. Avevamo proposto – poi questa parte è stata stralciata – che nella legge di stabilità si costituisse un fondo di risorse a disposizione degli investimenti delle aziende che si aggregano e si fondono proprio perché sarebbe uno strumento utile.
  Possiamo discuterne. Stamattina non abbiamo molto tempo, ma noi siamo prontissimi come ANCI. Se poi lei mi chiede se ci sono resistenze corporative nel mondo delle amministrazioni comunali, le rispondo Pag. 8di sì. Tendenzialmente queste resistenze non vengono dagli esecutivi, ma più dagli organi rappresentativi, per ragioni politiche che prevalgono su ragioni di efficienza, di bilancio e di qualità dei servizi; lo dico chiaramente. Abbiamo il dovere di vincere queste resistenze, ma per farlo bisogna che siano messi in campo strumenti operativi che rendano più agevole un percorso aggregativo, che è la condizione fondamentale per fare quello che lei dice, cioè far diventare il sistema delle partecipate efficiente, non dispendioso e capace di stare sul mercato. È una cosa che condivido totalmente e che richiede una strumentazione adeguata. Penso che questo tema sia tutto aperto. Siamo pronti ad affrontarlo, a discuterlo e abbiamo delle proposte sugli strumenti che possono agevolare un percorso di riorganizzazione delle partecipate, perché siamo i primi a renderci conto che il sistema delle partecipate, per come è oggi, costituisce una diseconomia. Questo mi pare del tutto evidente.

  MICHELE PELILLO. Presidente, vorrei porre un paio di domande e fare delle considerazioni. Ieri, il dottor Cannarsa della SOGEI ci diceva che il volume delle fatture è arrivato a 100.000 al giorno. Che impatto c’è stato ? Che idea vi siete fatti in questi giorni ? I piccoli comuni, come hanno gestito questa grande novità ? Ci sono stati molti problemi ?
  In secondo luogo – anche in questo caso formulerò una domanda molto secca – realisticamente, nel breve periodo, che possibilità c’è di razionalizzare le banche dati pubbliche ? Senza fare troppi voli pindarici, come possiamo operare per non avere migliaia di banche dati e tentare, non dico di averne una, ma di razionalizzare ?
  Queste sono le due domande, adesso vengo a un paio di considerazioni. La prima riguarda la riscossione. Ebbene, penso che ci siamo. Nel prossimo blocco di decreti delegati, che, come sa, sarà a giugno, dovremmo esserci. Tra l'altro, giugno cade in un periodo utile per dare qualche mese di tempo per iniziare col piede giusto, in un sistema diverso di riscossione.
  L'ultima considerazione è però la più importante e ritorniamo alla sua premessa di stamattina. Non pensa che il problema sia quello di avere 5.000 comuni, se ricordo bene, sotto i 5.000 abitanti ? Abbiamo abolito le province, si parla di macroregioni e poi abbiamo tutti questi comuni troppo piccoli. Non è questa, alla fine, la questione a monte di quasi tutte le altre ?

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Parlo di quest'ultimo aspetto, poi lascerei la parola al dottor Ferri per dare risposte sullo stato di attuazione della fatturazione e le relative conseguenze.
  Siamo favorevolissimi – fanno fede tutte le nostre dichiarazioni, le nostre proposte, ma anche l'azione che mettiamo in campo – a un processo di riaggregazione della dimensione comunale, perché siamo i primi a sapere che avere 8.000 comuni, 5.500 dei quali con meno di 5.000 abitanti, – ma come ripeto ve ne sono più di 3.500, con meno di 2.000 abitanti – non consente di erogare ai cittadini i servizi che questi si aspettano, perché le dimensioni sono così minime da non avere le risorse, né gli strumenti per farlo.
  La legge stabilisce tre forme di aggregazione, come lei sa: le convenzioni tra comuni, che però è una forma molto labile, spesso esposta a ripensamenti; le unioni di comuni e le fusioni.
  Noi solleviamo due problemi. In primo luogo, chiediamo che sia resa più semplice di quanto non sia oggi la procedura per questi processi aggregativi. Stiamo lavorando a un disegno di legge che proporremo al Parlamento, per rendere più semplici e agevoli i processi aggregativi, sia per le fusioni, sia per le unioni. Le dirò di più. Ci sono alcune regioni – è il caso del Veneto, della Lombardia, dell'Emilia Romagna e della Toscana – dove cresce significativamente il numero dei comuni che va direttamente alla fusione. In molte regioni si è dato luogo a unioni; un'esperienza Pag. 9presente in tutto il centro nord del Paese, meno nel Mezzogiorno, ma nel centro nord è molto sviluppata.
  Il punto è che chiediamo incentivi più forti per favorire tali processi aggregativi. Le faccio un esempio. Anche la legge di stabilità ultima prevede che i comuni che si fondono possano derogare al patto di stabilità. È un incentivo molto forte e questo è significativo. Abbiamo chiesto che una previsione analoga, così o pro quota, potesse essere applicata anche alle unioni, oggi molto più numerose delle fusioni, ma il Governo non ha accettato questa nostra proposta. Quindi, se vogliamo mettere in campo processi aggregativi, siamo d'accordo; il che non significa che non si incontrino resistenze nel realizzarlo, perché l'Italia è un Paese di comuni e il comune non è una mera dimensione amministrativa, come lei sa, ma è il luogo dell'identità che non è mai semplice da mettere in discussione. Da questo punto di vista, l'unione è più praticabile perché consente ai comuni di continuare a vivere e associa la gestione dei servizi; mentre la fusione determina un comune nuovo e, come sappiamo, mette in causa i percorsi identitari. Questo sia chiaro. Sia con le unioni sia con le fusioni possiamo mettere in campo i processi aggregativi, però il punto è assumere questa dimensione; il che significa avere una legislazione che spinga, solleciti e dia dei vantaggi, così da poter vincere le resistenze.
  Una serie di vantaggi per le fusioni hanno convinto dei comuni a farle. Sono andato recentemente in Emilia, dove c’è stata una fusione di cinque comuni. È nato il comune di Valsamoggia che ne ha fusi cinque e sono evidentissimi i vantaggi dal punto di vista della capacità di investimento, della razionalizzazione e della minore spesa. Se mettiamo in campo gli incentivi e le facilitazioni che rendano agevole procedere alle unioni, come ANCI siamo assolutamente interessati a spingere in questa direzione. Del resto, la dimensione demografica e territoriale è funzione delle politiche che si possono fare, sempre, in qualsiasi contesto. È evidente che un comune di 2.000 abitanti, di 1.000, o di 800 non sarà mai in grado, per quanto possa fare, di erogare servizi adeguati a una popolazione. Mettere insieme sei comuni di 2.000 abitanti e farne uno da 12.000 abitanti significa un'altra cosa dal punto di vista dei servizi, della razionalizzazione della spesa, dei processi informatici. Siamo quindi assolutamente favorevoli a questo tipo di prospettiva. Presenteremo delle proposte che stiamo elaborando e ci auguriamo che il Parlamento le possa recepire.
  Sullo stato di attuazione della fatturazione elettronica, il dottor Ferri, dirigente di IFEL, potrà esporre dei dati significativi.

  ANDREA FERRI, responsabile finanza locale dell'ANCI. Il processo di attuazione della fatturazione elettronica nei comuni, sotto il profilo formale, è di segno positivo. Il rapporto di AGID, di cui abbiamo visto le bozze nei giorni scorsi, testimonia che non ci sono emergenze anomale. L'importante incremento del numero di fatture è dovuto quindi all'estensione dell'obbligo a comuni e altre amministrazioni periferiche, essendovi in precedenza obbligate sostanzialmente solo le amministrazioni centrali.
  Sotto il profilo specifico concernente il problema della frammentazione, una parte, a nostro avviso importante, di comuni, non solo di piccolissime dimensioni, ha approcciato il tema della fatturazione elettronica come un adempimento formale, nel senso che vengono rispettate le regole, si arriva a gestire il rapporto con il sistema di interscambio centrale in maniera corretta, ma non si coglie l'elemento di innovazione di sistema e di digitalizzazione dei processi amministrativi che dobbiamo dunque continuare a sottolineare, affinché sia invece colto e sviluppato. Si dovrebbe mettere in maggiore evidenza gli elementi di vantaggio, come la tracciatura, i rapporti a favore dei fornitori e del sistema in generale e, soprattutto per i comuni che hanno un solo ufficio abilitato alla fatturazione elettronica, e quindi gestiscono, Pag. 10apparentemente in maniera centralizzata, spingere affinché si utilizzino sistemi più evoluti di interscambio.
  Vorrei aggiungere qualcosa sulla questione dell'integrazione delle banche dati pubbliche. La Commissione che ci ospita vigila sull'anagrafe tributaria, e noi tutti diamo per intesa una cosa non vera, ossia che esista un'Anagrafe tributaria, nel senso di un oggetto con un perimetro preciso. L'anagrafe tributaria, che fornisce il core business dei controlli dell'Agenzia delle entrate, è un'organizzazione di informazioni di per sé estremamente composita che fatica, già al suo interno, a integrare le informazioni. Penso ad esempio ai dati delle utenze elettriche che da anni vengono acquisiti dall'anagrafe: non essendo previste adeguate sanzioni, la fornitura prima e l'integrazione informativa, la semantica e l'integrabilità di quei dati, poi, è ancora di là da venire.
  Quello che immaginiamo, al di là di costituire oggetti perfetti, è che l'universo dell'anagrafe tributaria dovrebbe collaborare, insieme a una serie di altri elementi spesso convergenti con l'anagrafe, ma anche semplicemente connessi, alla costruzione di un sistema di banca dati unitario della pubblica amministrazione, che pure è scritto nelle norme, non solo dal lato fiscale, ma anche da quello della valorizzazione dei dati amministrativi. Ci sono diversi aspetti, compreso quello del federalismo fiscale, che convergono in questa ipotesi. Come ripeto, non si tratta di un «grandissimo fratello», rispetto all'ipotetico grande fratello dell'anagrafe tributaria, ma di una realtà in cui l'AGID sviluppi specifiche davvero obbligatorie e in cui si evidenzi anche la convenienza all'aggregazione dei piccoli sistemi informativi.
  Il Presidente non me ne vorrà, ma il problema dello spezzettamento della spesa informatica dei piccoli e piccolissimi comuni è reale, perché sono spese che spariscono. Sono spese piccole, sotto soglia. Quindi, vedendo cifre che si aggirano intorno ai 2.000, 5.000 o 6.000 euro, si pensa ad un valore di poco conto, ma moltiplicando le somme per le varie realtà si ottiene una cifra che, rispetto al calo dei costi informatici che abbiamo visto negli ultimi dieci anni, non è così irrilevante e che potrebbe essere spesa meglio. Occorrono dunque sistemi che in qualche modo costringano all'aggregazione per l'evidenza di maggiore efficienza e di servizi più efficaci, perché una delle chiavi dell'aggregazione è la capacità di fornitura di servizi informatici più evoluti a supporto di reti di comuni che si aggregano.
  Se a livello centrale – penso all'Ifel che, tra le altre, ha questa missione, o all'ANCI sotto il profilo politico e ai centri preposti ai sistemi informativi pubblici – ci si pone l'ambizioso obiettivo di una unitarietà logica dei sistemi informativi pubblici, probabilmente si riesce anche a facilitare la razionalizzazione di quel tipo di spesa, che oggi c’è fino a un certo punto.
  Gli obblighi dell'Agenzia delle entrate, sia per le entrate sia per il territorio, sono molto chiari dal punto di vista statale e molto meno chiari, pur se scritti nello Statuto, quando si parla delle diverse componenti della Repubblica.

  PAOLO PETRINI. Tornando proprio a questo tema, l'amministrazione finanziaria si sta spostando, non solo attraverso l'azione legislativa, ma anche con atti concreti, da un'attività tutta concentrata sul controllo ex post, a una facilitazione dell'adempimento da parte del contribuente. La delega fiscale sta a testimoniarlo, ma ancor di più, seppur con le incertezze dell'esordio, il 730 precompilato. Molti comuni tra l'altro, nel corso del tempo, per far pagare i propri tributi, hanno messo a disposizione dei dati, in maniera molto virtuosa, che hanno consentito la tempestività, ma soprattutto l'efficacia e l'efficienza della riscossione del tributo.
  Mi chiedo se sia possibile in qualche modo istituzionalizzare questa modalità con l'utilizzo di uno strumento che oggi non è usato come quello del cassetto fiscale, che tra l'altro faciliterebbe molto l'integrazione delle banche dati. Del resto, un conto è integrare le banche dati senza un obiettivo di fronte e altro conto è farlo quando si ha un obiettivo molto Pag. 11preciso. Avete progetti da questo punto di vista ?

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Abbiamo evidentemente interesse ad avere un rapporto di interoperabilità con tutte le agenzie dello Stato, che sono più di una, come lei ben sa. Tra l'altro, spesso, hanno banche dati non interoperabili tra di loro; e anche questo è un problema. Abbiamo chiesto, per esempio, di avere un accesso molto più ampio alle banche dati dell'INPS rispetto a quanto fin qui è stato concesso. Per una parte, l'INPS ci consente di conoscere tutti i dati; per un'altra parte no. Questo secondo noi è un limite e sarebbe auspicabile poter disporre di tutti i dati necessari. Le faccio questo esempio, ma vale anche per altre agenzie. Da parte nostra c’è la disponibilità nel mettere a disposizione tutti i dati in possesso dei comuni. Tra l'altro, si sta diffondendo sempre di più, per una ragione di trasparenza nel rapporto coi cittadini, da parte dei comuni, una cultura dell’open data, per cui sono tanti i comuni, a partire da città grandi, che rendono noto tutto quello che fanno attraverso i loro strumenti informatici e l'apertura delle loro banche dati. Insomma, c’è una consapevolezza di trasparenza da parte nostra che ci porta a non avere nessuna remora a mettere i dati a disposizione sia dei cittadini, sia degli interlocutori istituzionali, o para istituzionali, con cui dobbiamo lavorare. Quello che ci chiediamo è se ci sia la stessa disponibilità anche da parte delle agenzie statali, in ragione tale da poter lavorare insieme, perché l'interoperabilità e lo scambio delle informazioni è fondamentale nel governare i processi in modo condiviso.
  Mi colpisce che tutte le volte che andiamo a discutere con il MEF sul fondo di solidarietà, sull'IMU, sulla TASI e così via, il dialogo sia reso difficile dal fatto che sui comuni loro hanno una serie di dati, sulla base dei quali fondano le loro politiche, che noi non conosciamo e per questo ogni volta il confronto sfocia in una discussione interminabile. Faccio solo questo esempio, perché è un aspetto non banale. Il nostro interesse è quello della massima interazione tra i sistemi, al fine di poter godere di quante più informazioni possibili, perché siamo convinti che se le informazioni circolano e sono note, probabilmente molti luoghi comuni e pregiudizi che si hanno nei confronti della spesa dei comuni verrebbero ridimensionati.

  ANDREA FERRI, responsabile finanza locale dell'ANCI. La precompilazione dei bollettini è un argomento entrato nella legificazione, nel senso che per ciò che concerne la TASI, per il quale occorrerebbe una normazione attuativa che non c’è stata, né ci può essere nelle attuali condizioni. Si è scelto di cominciare dalla situazione più complicata, ovvero di un tributo che grava, in una parte che non può essere ignorata o trascurata, addirittura sui conduttori. Occorre integrare, su quelle informazioni, l'aspetto proprietario e quello di conduzione, come se il sistema comunale, che comprende naturalmente dati relativi ai rifiuti e quindi anche sulla conduzione, fosse molto più avanti del sistema statale, che ancora oggi non integra in modo certificato i dati fisici ed economici dei fabbricati (l'archivio catastale) con i dati dei proprietari. L'archivio catastale non certifica i proprietari che invece sono registrati presso le Conservatorie dei registri immobiliari e questo è un lavoro che stiamo attendendo venga compiuto. In qualche modo, dunque, si vuole «gettare il cuore altrui» oltre l'ostacolo, cioè immaginare o dare per scontato che la salmeria seguirà, che i comuni ce la faranno. In tanti casi, ci sono archivi molto ben strutturati. Abbiamo esperienza di capoluoghi di regione molto avanzati che però, nel fare questo lavoro sperimentale, in assenza di norme obbligatorie di legge, l'anno scorso, per l'acconto TASI, hanno riscontrato che solo per il motivo per cui i tributi immobiliari locali si pagano l'anno sull'anno e non l'anno per l'anno prima – come accade invece per l'IRPEF – c’è un 5 per cento di errore che occorre tenere in conto per definizione, il che se, dal punto di vista statistico può ritenersi trascurabile, dal punto di vista Pag. 12politico e operativo sul territorio è devastante perché, senza arrivare a Roma (per la quale il 5 per cento vale parecchie decine di migliaia di euro), il 5 per cento dei contribuenti è una cifra consistente, che diventa una massa importante di errori da gestire. La precompilazione dei modelli di pagamento della TASI e dell'IMU è dunque un discorso che va approfondito. Non abbiamo detto che non si possa fare; piuttosto rileviamo che abbiamo la prospettiva della local tax e che quindi sarebbe bene trovare il modo di integrare le risorse comunali – intendendo con ciò la tecnica e le competenze – e le risorse statali, per far convergere i vari elementi. Del resto, parliamo di una prospettiva che riguarda la stragrande maggioranza dei contribuenti italiani. Quello che si può fare sul cassetto fiscale dell'Agenzia può essere riusato – con termine mutuato dall'informatica moderna – a basso costo e in maniera più efficiente anche per l'imposta immobiliare locale.

  PIERO FASSINO, presidente dell'ANCI. Siccome abbiamo distribuito una nota che è molto più dettagliata e precisa di quanto non sia stato io, potete farvi riferimento per tutti questi aspetti e naturalmente l'ANCI è sempre a disposizione per fornire qualsiasi informazione sia necessaria alla Commissione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Fassino, la dottoressa Nicotra e il dottor Ferri e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.