XVII Legislatura

Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 18 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANAGRAFE TRIBUTARIA NELLA PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE DATI PUBBLICHE IN MATERIA ECONOMICA E FINANZIARIA. POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL SISTEMA NEL CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE

Audizione del presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri.
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 3 
Squitieri Raffaele , presidente della Corte dei conti ... 3 
Bignami Laura  ... 8 
Petrini Paolo (PD)  ... 8 
Pelillo Michele (PD)  ... 9 
Bellot Raffaela  ... 9 
Squitieri Raffaele , presidente della Corte dei conti ... 9 
Romano Massimo , consigliere della Corte dei conti ... 10 
Ruocco Carla (M5S)  ... 10 
Squitieri Raffaele , presidente della Corte dei conti ... 11 
Coppola Giovanni , consigliere della Corte dei conti ... 11 
Ferone Rinieri , consigliere della Corte dei conti ... 12 
Ruocco Carla (M5S)  ... 12 
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 12 
Squitieri Raffaele , presidente della Corte dei conti ... 13 
Bellot Raffaela  ... 13 
Minerva Massimiliano , consigliere della Corte dei conti ... 13 
Squitieri Raffaele , presidente della Corte dei conti ... 13 
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIACOMO ANTONIO PORTAS

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Sono presenti, inoltre, il Presidente di sezione Angelo Buscema, i consiglieri Giovanni Coppola, Massimiliano Minerva, Rinieri Ferone, Salvatore Tutino, Massimo Romano, il dottor Nicola Bua e il dottor Roberto Marletta.
  L'audizione si inquadra nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche in materia economica e finanziaria. Potenzialità e criticità del sistema nel contrasto all'evasione fiscale.
  Do la parola al presidente Squitieri, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimenti.

  RAFFAELE SQUITIERI, presidente della Corte dei conti. Signor presidente, la ringrazio e ricambio i saluti anche a nome dei colleghi.
  Abbiamo preparato un intervento molto elaborato e molto approfondito, ma per ragioni di tempo non siamo in grado di esporlo in dettaglio. Lasceremo quindi agli atti il testo integrale della relazione e mi limiterò a delineare i profili che riteniamo più importanti, rimanendo disponibili per qualsiasi integrazione o domanda.
  È noto da tempo come l'impiego razionale degli strumenti informatici e telematici possa esercitare un ruolo decisivo per la semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti e degli operatori economici e il contenimento dell'evasione fiscale di massa, fenomeno particolarmente grave nel nostro Paese, come ampiamente dimostrato dalle analisi condotte, anche recentemente, dagli organismi internazionali e dalla stessa amministrazione finanziaria. La Corte, negli ultimi anni, ha intensamente richiamato l'attenzione sulla gravità del fenomeno e sulle possibili misure idonee a contrastarlo. Tra queste, uno specifico rilievo assumono gli strumenti di ordine tecnologico, finora utilizzati in modo incompleto e poco razionale. Sul piano più generale, è ben noto come l'uso delle nuove tecnologie rivesta particolare rilievo ai fini dei processi di semplificazione amministrativa e di contenimento dei costi, indiretti e di compliance.
  Secondo quanto la Corte dei conti ha avuto modo di rilevare, anche recentemente, nonostante l'Italia sia tra le prime nazioni europee ad approvare norme e regole tecniche in materia di documenti informatici e firma digitale, ciò non è stato Pag. 4sufficiente per conseguire gli auspicati risultati in termini di fluidificazione dell'azione amministrativa. Le politiche di semplificazione, mediante l'utilizzazione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, richiedono infatti un'attenta valutazione preventiva dell'impatto della regolazione, che tenga conto del contesto organizzativo delle pubbliche amministrazioni e della strumentazione tecnica necessaria per dare piena operatività alle nuove norme. Troppo spesso si è fatto uso dalla tecnologia senza adattare contestualmente i processi di lavoro delle pubbliche istituzioni e i processi amministrativi che coinvolgevano i cittadini, cercando di piegare i nuovi strumenti tecnologici a disposizioni e prassi concepite per modelli procedimentali diversi.
  Nella presente relazione affronterò, sia pure in modo necessariamente sintetico, alcuni degli specifici temi che la Commissione ci ha chiesto di approfondire. Mi soffermo sulla tracciabilità dei pagamenti, come strumento di contrasto all'evasione fiscale, che forse è il punto cruciale.
  Tra le diverse misure di contrasto all'evasione fiscale, un ruolo peculiare assume il tracciamento dei pagamenti. Concepito come misura antiriciclaggio, l'obbligo generalizzato di pagamento tracciato per le transazioni finanziarie, ha assunto nel corso degli anni anche una finalità fiscale. A questo riguardo, va ricordato come, tra i criteri direttivi enunciati dalla legge delega fiscale n. 23 del 2014, siano previsti: il potenziamento dei sistemi di tracciamento dei pagamenti, favorendo una corrispondente riduzione dei relativi oneri bancari, l'incentivazione, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, dell'utilizzo della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di IVA e le transazioni effettuate e infine il rafforzamento della tracciabilità dei mezzi di pagamento per il riconoscimento, ai fini fiscali, di costi, oneri e spese sostenute, prevedendo disincentivi all'utilizzo del contante e incentivi all'utilizzo della moneta elettronica.
  Il quadro normativo concernente l'obbligo di pagamento tracciato ha subito nel tempo non poche modificazioni, mettendo in luce incertezze e contraddizioni che non hanno certo giovato alla causa del contrasto all'evasione.
  Una particolare forma di tracciamento è quella che si basa sul riconoscimento di una detrazione fiscale, ai fini IRPEF, per le spese relative agli interventi di recupero del patrimonio abitativo e per il risparmio energetico che prevedono tutte l'obbligo di pagamento tracciato mediante bonifico bancario ad hoc.
  Sempre con riferimento al tentativo di far emergere basi imponibili e diffondere la moneta elettronica, va tenuto presente l'articolo 15, comma 4, del decreto-legge n. 179 del 2012, che, a decorrere dal 30 giugno 2014, ha imposto ai soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi nell'ambito dell'attività d'impresa o professionali, l'obbligo di accettare pagamenti di importo superiore a 30 euro effettuati attraverso carte di debito. Per tale obbligo, tuttavia, non è stata prevista alcuna conseguenza giuridica sfavorevole in caso di inadempimento.
  L'ordinamento tributario, peraltro, conosce altre situazioni nelle quali il pagamento tracciato assume la natura di onere al quale viene subordinato il diritto alla detrazione o deduzione tributaria.
  Relativamente ai casi in cui il pagamento tracciato assume il carattere di obbligo, anche per importi inferiori a mille euro, va ricordato quanto stabilisce l'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011, modificato dall'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, secondo il quale i pagamenti riguardanti i canoni di locazione di unità abitative sono corrisposti obbligatoriamente in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, anche ai fini dell'asseverazione dei patti contrattuali per l'ottenimento delle agevolazioni e delle detrazioni fiscali da parte del locatore e del conduttore. Pag. 5La finalità antievasione di tale disposizione è stata di fatto vanificata dalla sua imperfetta formulazione e collocazione sistematica, come ha chiarito, nel febbraio 2014, lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze, secondo il quale, in sostanza, l'obbligo di pagamento tracciato dei canoni di locazione al di sotto dell'importo di mille euro per ciascuna rata non ricade nelle fattispecie sanzionabili dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007.
  Così, sommariamente ricordato il quadro normativo in materia, la Corte non può che confermare quanto già in passato ha avuto modo di rilevare in ordine all'utilità che l'estensione dell'obbligo di pagamento tracciato, anche nel caso di transazioni di importo inferiore a mille euro, avrebbe sulla tax compliance. L'estensione dell'obbligo di pagamento tracciato, unito agli altri strumenti volti a supportare il corretto adempimento spontaneo dei contribuenti, quali in particolare la fatturazione elettronica o comunicazione dei rapporti con i clienti e fornitori (il cosiddetto spesometro) e la conoscenza delle movimentazioni bancarie può notevolmente contribuire alla progressiva emersione di basi imponibili occultate. In particolare, l'estensione dei pagamenti tracciati andrebbe valutata nel caso dei rapporti intercorrenti tra soggetti IVA.
  Relativamente alle attività professionali rivolte al consumatore finale, andrebbe considerata la reintroduzione dell'obbligo di riscossione dei compensi mediante sistemi tracciati (POS, carte di credito) o mediante conti bancari dedicati sui quali far transitare entrate e uscite.
  Potrebbe essere altresì previsto un onere generalizzato di pagamento tracciato (mediante bonifici, carte, telefoni cellulari) anche al di sotto dell'attuale soglia, quale condizione generalizzata per il riconoscimento fiscale di spese e oneri ai fini del reddito complessivo IRPEF. In tal modo, sarebbe anche possibile l'automatico computo della spesa tra le detrazioni fiscali del soggetto pagante, se previste dalla normativa, una possibilità che contribuirebbe al successo della recente iniziativa relativa all'invio ai contribuenti della cosiddetta dichiarazione precompilata – articolo 1 del decreto legislativo n. 175 dello scorso novembre sulle semplificazioni fiscali.
  Anche la riscossione dei canoni di locazione e sublocazione degli immobili andrebbe gestita mediante bonifico bancario ad hoc, modificando l'attuale imperfetta formulazione dell'articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011.
  Lo sviluppo dei pagamenti con modalità tracciate implica, peraltro, un contenimento degli oneri che gravano sugli operatori e sui consumatori. Tale contenimento da tempo viene auspicato, ma appare ancora insufficiente. Al riguardo, andrebbero anche valutate eventuali forme di incentivazione ai pagamenti elettronici, sia verso gli operatori (abbattimento dei costi relativi ai terminali POS, contenimento dei costi bancari), sia verso gli stessi consumatori. Ci sono molte resistenze a utilizzare la tecnologia da parte di coloro che guadagnano, dei commercianti, del terziario, perché subiscono costi che ritengono ingiustificati. Il fatto che debbano essere loro a pagare il POS non riesce a entrare nella mentalità, perché è un'agevolazione che danno a chi compra e al fisco, ma il costo relativo rimane a loro carico, e quindi c’è questa resistenza di fondo.
  Le indagini condotte recentemente dalla Corte hanno peraltro messo in luce come gli effetti positivi del pagamento tracciato possano non essere sufficienti ad assicurare l'adeguata tutela degli interessi dell'erario. In un non trascurabile numero di casi, infatti, l'analisi ha rivelato che la contestuale adozione di strumenti di incrocio delle informazioni economiche e finanziarie da sola non può garantire il versamento delle imposte dovute.
  Come emerso in una recente indagine della Corte sull'attività di controllo fiscale, basata sugli incroci delle informazioni, si è appurato che i controlli effettuati dall'amministrazione finanziaria nel corso degli anni hanno fatto emergere rilevanti evasioni fiscali, nonostante la modalità tracciata prevista per i beneficiari dei Pag. 6pagamenti relativi alle spese per interventi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio, nonché di quelle finalizzate al risparmio energetico. Ciò ha indotto il legislatore, come si è già accennato, a prevedere l'obbligo, a carico delle banche e di Poste italiane, di effettuare, a decorrere dal primo luglio 2010, una ritenuta a titolo di acconto per imposta personale, dovuta dai beneficiari dei pagamenti.
  Va pure ricordato che l'obbligo di ritenuta d'acconto, a cura dei sostituti d'imposta, è prevista anche nel caso delle provvigioni corrisposte agli agenti di commercio e per i compensi corrisposti ai professionisti, alle assicurazioni professionali e ai condomini.
  Infine, non può essere trascurato il preoccupante e progressivo incremento assunto dalle imposte dichiarate e non versate che, secondo quanto comunicato dall'Agenzia delle entrate, nel 2011 ammontava a 10,6 miliardi di euro, con una tendenza alla costante crescita.
  Anche alla luce di tali considerazioni, nella prospettiva di un rafforzamento degli strumenti di acquisizione del gettito tributario, andrebbe valutata, a giudizio della Corte, un'estensione dello strumento della ritenuta d'acconto, ad opera dell'intermediario finanziario, parallelamente all'impianto delle modalità di pagamento tracciato.
  Come è noto, il legislatore nazionale, con finalità specificamente indirizzata al monitoraggio della spesa pubblica, con l'articolo 1, commi da 209 a 214, della legge n. 244 del 2007 – legge finanziaria per il 2008 – ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica relativamente ai rapporti intrattenuti dalle pubbliche amministrazioni con i propri fornitori di beni e servizi. Dopo l'individuazione, nel 2008, dell'Agenzia delle Entrate quale gestore del servizio di interscambio, e della SOGEI, quale realizzatore e conduttore dello stesso servizio, nel 2013 è stato emanato il regolamento attuativo, con il quale venivano tra l'altro fissati i termini di attivazione della fatturazione elettronica; termini che, con l'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 2014, sono stati poi anticipati al 31 marzo 2015, per le amministrazioni diverse da quelle centrali, per le quali l'attivazione ha avuto inizio solo sin dal 6 giugno 2014. Il sistema impone l'utilizzo di un unico formato elettronico secondo appositi schemi di predisposizione dei documenti. Il Ministero dell'economia e delle finanze fornisce servizi e strumenti informatici per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture nel formato adottato dal sistema di interscambio, ai sensi dell'articolo 4, del decreto ministeriale n. 55 del 2013. Tuttavia, tali servizi sono disponibili gratuitamente solo per le piccole e medie imprese abilitate al mercato elettronico della pubblica amministrazione. A sua volta, l'Unioncamere, in collaborazione con l'Agenzia per l'Italia digitale, ha di recente messo gratuitamente a disposizione un servizio, per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, alle pubbliche amministrazioni. Tale servizio, tuttavia, è limitato ai soggetti presenti nel registro delle imprese e consente di gestire un numero massimo di solo 24 fatture all'anno. Ciò, per i professionisti e per le piccole imprese che superano le 24 fatture l'anno, può comportare oneri superiori ai benefici, per la generazione, emissione e soprattutto conservazione delle fatture elettroniche, facendo percepire la nuova procedura solamente come un mero aggravio aggiuntivo.
  Come si è accennato, per le amministrazioni centrali (Ministeri, Agenzie fiscali ed enti previdenziali), il sistema è già operativo dal 6 giugno 2014. Dai report pubblicati sul sito gestito dall'Agenzia delle entrate, relativi al periodo 6 giugno – 30 novembre 2014, emerge il progressivo miglioramento della qualità dei dati delle fatture trasmesse che, al 30 novembre, avevano superato il numero di 1,3 milioni, con una percentuale di scarto progressivamente decrescente e ormai inferiore al 15 per cento. Da quanto emerso, si è sempre trattato di anomalie facilmente risolvibili e non si sono avute evidenze di operazioni commerciali per le quali non sia stato possibile trasmettere la fattura. Relativamente alle problematiche che potrebbero Pag. 7generare la prevista esenzione, a decorrere dal prossimo 31 marzo, dell'obbligo di fatturazione elettronica ai rapporti con tutte le pubbliche amministrazioni, incluse quelle locali, si ritiene che la positiva evoluzione della fase riservata alle amministrazioni centrali dello Stato costituisca un concreto presupposto per la riuscita dell'operazione. Eventuali difficoltà che dovessero insorgere potrebbero derivare da carenze e ritardi nell'organizzazione riferibili ai singoli operatori ed enti interessati. Va comunque ricordato che gli obblighi di fatturazione elettronica possono essere soddisfatti anche ricorrendo all'intermediazione. In particolare, le pubbliche amministrazioni possono costituirsi intermediari nei confronti di altre pubbliche amministrazioni. Allo stato, abbiamo esperienze anticipatrici come quella della regione Emilia-Romagna che, attraverso la propria agenzia per il mercato telematico (Intercent-ER), ha sviluppato, per le amministrazioni presenti nella regione, il sistema regionale per la dematerializzazione del ciclo passivo (SiCiPa-Er).
  In ordine alle ricadute positive che il sistema di fatturazione elettronica presenta, verso la pubblica amministrazione, per la gestione pubblica, va ricordato come il sistema consenta maggiore affidabilità in ordine al momento temporale in cui hanno origine le obbligazioni delle amministrazioni e integri gli strumenti già in essere prima del monitoraggio dei debiti.
  L'utilizzo delle informazioni contenute nelle fatture permette una più precisa attività di analisi e revisione della spesa, dando la possibilità di migliorare le tecniche di acquisizione di beni e servizi, oltre che di intercettare possibili inefficienze e abusi nell'utilizzo dei fondi a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Le puntuali informazioni contenute nelle fatture, ad esempio, potrebbero far emergere spese di ammontare significativamente diverso da parte delle diverse amministrazioni per l'acquisto della stessa tipologia e quantità di prodotto; si tratta di una forma di trasparenza essenziale, perché ci consente anche, come Corte dei conti, di puntualizzare e affinare i nostri controlli. Le informazioni derivanti dalla fatturazione elettronica dovranno essere poi collegate a quelle desumibili dal sistema SIOPE, consentendo in questo modo più precise analisi economiche della spesa.
  In merito all'estensione del sistema di fatturazione elettronica relativamente ai rapporti fra soggetti privati, come ho già ricordato, la legge delega n. 23 del 2014 sollecita l'utilizzo della fatturazione elettronica. La previsione legislativa si inserisce in un contesto nel quale sono già presenti, da una parte, l'obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazione (obbligo che si stima coinvolga, a regime, circa 2 milioni di operatori economici, su un universo di circa 5 milioni) e, dall'altro, l'obbligo di comunicazione dei dati relativi alle operazioni attive e passive fatturate, il cosiddetto spesometro, di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, che riguarda l'intero universo dei contribuenti IVA. Gli interventi in materia di fatturazione elettronica, relativamente alla generalità dei soggetti IVA, dovrebbe tendere a integrarsi con il sistema già adottato per i rapporti con la pubblica amministrazione, utilizzando il medesimo canale tecnologico e comunicativo per la trasmissione telematica dei dati prescritti all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relativi alle fatture emesse. Il flusso dovrebbe avere carattere obbligatorio e naturalmente comporterebbe l'eliminazione degli adempimenti onerosi e poco funzionali, come quelli che attualmente indica lo spesometro. Inoltre, andrebbe gratuitamente messa a disposizione delle imprese che vogliano utilizzarla, una soluzione di base per la gestione dell'intero processo. Ulteriori ricadute positive dell'evoluzione potrebbero riguardare la trasmissione delle fatture passive allo scopo di fornire al contribuente IVA tutti gli elementi necessari ad adempiere agevolmente agli obblighi contabili e dichiarativi. Naturalmente, la gestione dei dati relativi alle fatturazioni con le nuove modalità dovrebbe completarsi con il collegamento Pag. 8delle relative operazioni finanziarie, in modo tale da consentire la gestione dell'intero processo amministrativo-contabile.
  Salto tutti gli altri paragrafi che avevamo preparato sull'integrazione delle basi informative delle pubblica amministrazione, sulle attività dei comuni nell'accertamento degli immobili e sulle criticità del sistema e pervengo alle conclusioni.
  Solo recentemente il legislatore sembra voler accentuare il ruolo dei sistemi informativi ai fini dell'innalzamento della tax compliance, con misure finalizzate a supportare il contribuente, a semplificare gli adempimenti, a stimolare l'assolvimento degli obblighi e a favorire l'emersione delle basi imponibili. Si riferisce in particolare all'avvio della cosiddetta dichiarazione precompilata e alla previsione della messa a disposizione dei contribuenti, mediante l'utilizzo di reti telematiche e delle nuove tecnologie, degli elementi e delle informazioni in possesso dell'amministrazione fiscale. Perché tali iniziative possano conseguire gli effetti attesi, è tuttavia necessario che si compia un grande sforzo organizzativo e tecnologico, volto ad assicurare la tempestività delle informazioni, la completezza delle stesse e l'affidabilità dei dati forniti.
  Gli approfondimenti svolti hanno fatto emergere l'opportunità di una piena utilizzazione delle moderne tecnologie per la conoscibilità delle operazioni economiche, il tracciamento dei pagamenti e per la gestione dei fatti amministrativi (fatturazione elettronica).
  La Corte ha ben presente la necessità che i presidi posti a garanzia dell'assolvimento dell'obbligo fiscale non entrino in conflitto con i diritti di libertà garantiti dalla Costituzione repubblicana, proprio il rischio di questo trade-off ha generato soluzioni, ad esempio la tracciabilità delle transazioni economiche, mutevoli nel tempo e diverse fra i Paesi. Come sempre, quando si tratta di contemperare valori costituzionalmente protetti, la questione non può essere sottratta al legittimo uso della discrezione della politica; è un settore molto delicato, perché si incide sulla privacy. Preme alla Corte però sottolineare che, quale che sia la scelta politica, occorre assicurare che le informazioni raccolte siano adeguatamente custodite, che l'uso ne sia rigidamente delineato e che ogni uso improprio venga severamente sanzionato. Questo è un punto fondamentale.
  L'analisi ha confermato, inoltre, l'esigenza di una più forte integrazione e razionalizzazione delle basi informative pubbliche, superando duplicazioni e mancanza di coordinamento e operando, in via soprattutto preventiva, per garantire la migliore qualità dei dati.
  Per quanto attiene al supporto che l'anagrafe tributaria può fornire al mondo delle autonomie territoriali, esso dovrebbe in primo luogo svilupparsi nella direzione di un'armonizzazione dei processi e delle attività di gestione dei contribuenti, integrando il supporto fornito in materia di tributi statali, oggi disomogeneo sul piano territoriale, con quello dei tributi locali.
  Siamo a disposizione per eventuali domande o chiarimenti.

  LAURA BIGNAMI. La ringrazio della relazione a nome di tutta la Commissione e le faccio una domanda su una previsione nell'utilizzo del contante. Se si dovessero annullare tutte le commissioni, le spese, o gran parte di esse e se ci dovessimo, allineare all'imposizione UE, cosa prevedrebbe lei, un maggior utilizzo o altri problemi che magari in questo momento non si pongono ? Se si togliessero le commissioni alle spese, ai POS per i commercianti, per tutte le transazioni bancarie, quale sarebbe il ruolo impeditivo della banca per un maggior utilizzo del contante ?

  PAOLO PETRINI. Sempre relativamente all'utilizzo del contante, sappiamo molto bene che la percezione dei vantaggi che l'utilizzo del contante può dare al singolo cittadino contribuente è differita perché naturalmente deriva dal mancato utilizzo che ne fanno tutti e quindi dal maggiore introito fiscale che ne deriverebbe allo Stato. Nell'immediato, tuttavia, Pag. 9pagare 100 anziché 120 presso un libero professionista è più incentivante per il cittadino contribuente. L'ipotesi che si è fatta è quella di una tassazione sui prelievi di contante. Qual è il vostro pensiero in merito ?

  MICHELE PELILLO. Presidente, la ringrazio per la relazione. Mi sembra un documento molto utile per il nostro approfondimento. Vedo che le conclusioni a cui siete pervenuti sono molto in sintonia con le nostre. C’è un passaggio che lei ha sottolineato e che anche per me è particolarmente importante, quando dice: «Preme alla Corte sottolineare che occorre assicurare che le informazioni raccolte siano adeguatamente custodite, che l'uso ne sia rigidamente delineato e che ogni uso improprio venga severamente sanzionato».
  Ci sono delle esperienze a voi conosciute dalle quali possiamo attingere qualche valida indicazione ? C’è qualcosa in più che ci potete dire su questo aspetto ?

  RAFFAELA BELLOT. Innanzitutto, grazie per l'esposizione che è stata molto chiara ed efficace; e sicuramente anche le parti non esposte lo saranno altrettanto. Torno sul discorso dell'uso del contante. C’è un passaggio, nella vostra relazione, dove si dice che le indagini condotte dalla Corte hanno evidenziato che il pagamento tracciato non dà effetti positivi sufficienti ad assicurare una tutela nei confronti dell'erario. C’è una sorta di accanimento verso l'utilizzo, il controllo e la tassazione del contante che va a carico dell'utente finale, al di là dei passaggi che si hanno nella filiera. Allora, se tutto questo non è efficiente, ma diventa costoso e oneroso, quale può essere invece il metodo più efficace, ma che non vada a ricadere sul contribuente finale ? Del resto, le banche hanno un costo che viene compensato dalle commissioni, ma l'utente finale si trova sempre ad avere un costo che non dà più i benefici dei quali si parlava prima.

  RAFFAELE SQUITIERI, presidente della Corte dei conti. Rispondo sui profili più generali, poi prego il collega Romano di intervenire.
  Non possiamo svolgere considerazioni di carattere politico, di politica istituzionale, perché non è nostro compito. Scelte che postulano valutazioni di carattere sociale non competono alla Corte dei conti, anche se conosciamo bene la situazione per viverla tutti i giorni, non solo come cittadini, ma anche come magistrati contabili. L'utilizzo del contante in effetti ha fatto il suo tempo. Oggi non è più concepibile, anche sul piano della correttezza dei rapporti, che si paghi in contanti per importi superiori a un certo minimo. C’è un grossissimo problema, forse sottovalutato e che riguarda l'efficacia della tracciabilità anche ai fini della lotta alla corruzione che si aggiunge a quello della evasione fiscale. Se riuscissimo ad avere pagamenti sempre tracciati e un'assoluta trasparenza, questo aiuterebbe molto gli operatori addetti al contrasto del fenomeno corruttivo.
  Per quanto riguarda gli oneri connessi con gli apparati elettronici, dei quali si avvale per esempio il commerciante, si pone un problema di equità sociale, perché il pagamento in questo modo viene tracciato con considerevoli benefici per la lotta alla corruzione e all'evasione fiscale; bisognerebbe però stabilire, e questo spetta al Parlamento, non certo alla Corte dei conti che deve farsi carico dei relativi costi. Quando andiamo a fare benzina, sappiamo tutti che sotto un certo importo non accettano il bancomat, perché dicono che non è giusto che siano i distributori a subire costi per darci un'agevolazione, per permetterci di non girare con i soldi contanti e consentire al fisco di controllarli.
  Questo aspetto sembra banale e qualunquistico, invece è fondamentale. Allora, bisognerebbe fare la scelta politica di decidere su chi far ricadere tali costi. Forse dovrebbe essere lo Stato a farsene carico, più che le banche, che agiscono in una logica di profitto: c’è qualcosa nel meccanismo che dunque non funziona.
  Per quanto riguarda la tassazione sui prelievi di contante, sarei molto preoccupato, ma ci sarebbero anche gravi profili di costituzionalità. Credo che neanche il Pag. 10Parlamento possa prevedere una cosa del genere, perché i prelievi di contante riguardano il denaro del cittadino. Diventerebbe una forma surrettizia di tassazione, non progressiva. Insomma, c’è una serie di profili di illegittimità, addirittura di rango costituzionale, che mi lascerebbero perplesso, ma chiaramente questa è una valutazione che compete al Parlamento.
  L'aspetto su cui abbiamo insistito – ha ragione l'onorevole – e di cui siamo perfettamente convinti è quello dell'assoluta tutela della privacy. Anche questa è un'esigenza fondamentale. Siamo a livello di garanzie costituzionali. Questi dati devono essere conservati gelosamente e deve essere sanzionato chi ne fa un uso diverso. Oltretutto, tutti noi siamo a rischio. Noi dipendenti pubblici non corriamo un grande rischio, ma i possessori di grossi patrimoni potrebbero subire gravi danni da una tracciabilità assoluta dei loro beni, anche sul piano personale. Ci sono diverse ricadute di immagine e di sicurezza personale sulle quali rifletterei approfonditamente. Per questo c’è il nostro segnale d'allarme. Anche in questo caso, la competenza non è certo della Corte dei conti, ma del Parlamento.
  Chiedo al collega Romano se vuole aggiungere qualcosa.

  MASSIMO ROMANO, consigliere della Corte dei conti. Sul tema del rapporto tra costi ed effetti del tracciamento, che è stato oggetto di due interventi in particolare, è chiaro che il tracciamento produce un effetto positivo. Tutte le esperienze, pur con andamenti normativi sempre costanti confermano che più ampio è il tracciamento e più c’è un effetto di tax compliance generale.
  L'avvertimento che abbiamo riportato nel documento è riferito al fatto che il tracciamento – e di questo ovviamente si è accorto anche il legislatore, adottando delle contromisure – da solo talvolta non è sufficiente, perché aumenta quella che chiamiamo evasione da riscossione. Il fenomeno delle imposte dichiarate e non versate ha ormai raggiunto livelli notevoli e proprio in questo senso la Corte ha programmato una specifica indagine, che sarà svolta nei prossimi mesi, per analizzare bene i comportamenti dei contribuenti. Ci sono situazioni di mancato pagamento per stato di necessità e anche preordinate insolvenze, quindi i comportamenti sono molto differenziati nella varietà dei casi. Sicuramente il tracciamento del pagamento da solo è un fattore importante e qualche volta, come dimostrato nelle agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie, si arrivava a fatture emesse con beneficio ricevuto da parte del cliente, ma mancato versamento delle imposte all'erario. Alcuni casi tragici di cronaca sono proprio riferiti a queste situazioni, di cui abbiamo avuto solo indiretta cognizione. Quindi l'avvertenza è che talvolta il tracciamento da solo non è risolutivo. Certamente produce un effetto di compliance notevole, ma teniamo presente che ad esempio nel settore dell'edilizia ci sono imprese molto volatili sul mercato che spesso non è possibile rintracciare e ottenere il pagamento.
  Quanto al problema dei costi, è chiaro – permettetemi una notazione personale – che la politica deve comporre le esigenze. C’è un interesse generale a sviluppare i pagamenti tracciati e c’è un'esigenza, del tutto legittima, dei contribuenti di contenerne i costi. Un ampliamento dello spettro non deve determinare vantaggi ingiustificati per il sistema bancario e per gli altri operatori.

  CARLA RUOCCO. La discussione è giustamente incentrata sul discorso dei contanti che è sicuramente rilevante, ma un'altra parte della relazione riguarda l'attività di accertamento nel settore immobiliare dei comuni con riferimento alle imposte.
  Ricollegandomi all'interessantissimo meeting che si è svolto ieri in questa sede, ricordo che c’è stata una bella disamina della composizione del mercato immobiliare privato; questo è il punto. Sembra che i privati siano molto attenzionati, come è giusto che sia. Quello che ricade nella gestione della pubblica amministrazione rimane però come in una nebulosa. Pag. 11Abbiamo visto, infatti, com’è gestito il patrimonio immobiliare del Comune di Roma; e questo non è giusto. Da privato voglio assolutamente contribuire alle spese dello Stato e devo farlo. Devo essere tracciato. Va benissimo la trasparenza, però la corruzione si abbatte se vedo che il settore pubblico gestisce i miei soldi in un certo modo, se gestisce il proprio patrimonio in un certo modo e quindi sono incentivato a dichiarare e a comportarmi in maniera onesta.
  Il lavoro che è stato fatto ieri – e potremmo averlo come obiettivo anche di questa Commissione – che la pubblica amministrazione ha brillantemente svolto per quello che riguarda il patrimonio privato, si può fare allo stesso modo, in trasparenza, rendendo i dati fruibili, per il patrimonio pubblico ? Si dice sempre che tutto è scritto in rete ed è pur vero, ma vallo a trovare e capire. Sicuramente, una persona qualunque non può entrare nel sito del comune di Roma e andare a vedere che in una certa via per il tale immobile, a quale prezzo il comune lo dà in affitto e quale sia il canone annuale. Se questo schema fosse pubblicato nella pagina del comune, io, da contribuente, potrei leggerlo.
  Probabilmente, ci sono molti motivi per cui questo non viene fatto, ma vorrei capire se abbiamo la speranza, noi cittadini, di avere questa chiarezza, collegata alla trasparenza che si richiede, come ripeto, molto giustamente, per il nostro patrimonio e le nostre informazioni.

  RAFFAELE SQUITIERI, presidente della Corte dei conti. Come Corte dei conti, nella nostra funzione di controllo effettuiamo analisi approfondite sulla situazione del patrimonio pubblico. Ogni anno compiamo la cosiddetta parifica verificando in profondità la composizione di tale patrimonio.
  La questione non è semplicissima, perché l'impressione è che non tutti sappiano esattamente quali immobili possiedano, però occorre tener presente che ci sono alcuni problemi connessi. Si è tentato, anni fa, con l'Agenzia per il demanio, di avere un quadro generale della situazione degli immobili pubblici e quindi anche una sorta di inventario. In effetti il lavoro dell'Agenzia ha trovato qualche ostacolo anche a livello ordinamentale. Nel nostro Paese, infatti, per quanto riguarda il patrimonio pubblico, la situazione è frammentata: c’è il patrimonio dello Stato, il demanio marittimo, il demanio archeologico, il demanio militare. Ognuna di queste realtà ha una sua regolamentazione, quindi anche per la stessa Agenzia del demanio avere un quadro generale di quanti siano gli immobili, i loro prezzi e i loro utilizzi è molto complesso, ma ci sta provando. Come Corte dei conti facciamo frequentemente analisi in questo settore.
  A parte il patrimonio mobiliare per il quale ci sarebbe tutto un altro discorso da fare, il patrimonio immobiliare dei comuni crea grossi problemi – e quello del Comune di Roma ne crea anche di superiori. Vi è l'aspetto delicato delle cosiddette società partecipate, ovvero della parte immobiliare del loro patrimonio che la Corte dei conti non è in grado – anche se lo chiediamo da tempo – di controllare e verificare. È tutta un'area che non voglio definire opaca perché non è giusto, ma che è fuori dalle nostre valutazioni, perché dovrebbero essere le amministrazioni, in particolare quelle comunali, a fare le verifiche e gli accertamenti; a noi non è dato farli. Abbiamo l'impressione che ciò non accada – però siamo a livello di impressione – perché non si hanno dati specifici sulla vera situazione di queste realtà. Il quadro generale è quindi molto variegato, frammentato e tutto sommato confuso. Questo ci crea difficoltà, come istituto di controllo, nel seguire, controllare e soprattutto valutare il patrimonio dello Stato che viene messo in bilancio: bisogna essere certi prima di appostare somme in bilancio.

  GIOVANNI COPPOLA, consigliere della Corte dei conti. Il primo problema, come ha detto il Presidente, è di ricognizione. Ieri se ne è parlato, nell'altra sala, e su Pag. 12questo ci sarà un'indagine di controllo sulla gestione da parte della Corte.
  Proprio quest'anno è previsto che si vada a verificare quale sia il livello ricognitivo che oggi l'Agenzia del demanio è riuscita a realizzare, perché in realtà non abbiamo una conoscenza compiuta degli immobili pubblici. Il problema ovviamente si aggrava a mano a mano che si proietta l'analisi sul territorio, perché abbiamo situazioni che non sono emerse ieri.
  A livello di enti locali, come sottolineato ieri, vi sono alcuni comuni che non hanno censito e accatastato determinate realtà immobiliari: il progetto catasto, come sapete, è stato lunghissimo, percorrendo addirittura quasi vent'anni di storia – la Commissione di vigilanza sull'anagrafe ne è ben consapevole – e adesso comincia ad offrire una prospettiva affidabile. Ancora oggi vi sono enti locali che non hanno accatastato addirittura immobili destinati ad uso pubblico, come le scuole.
  La situazione è già problematica in partenza in mancanza di un fattore ricognitorio che dia una «reliability», un affidamento reale della situazione. Vi sono ricadute anche sull'edilizia scolastica, su cui abbiamo un'altra indagine in corso. Oltre al profilo gestionale, vi è quello della sicurezza degli edifici, uno dei più importanti, tant’è vero che è stato creato un fondo che dovrebbe comprendere tutte le risorse per poter incentivare l'edilizia scolastica, soprattutto sotto l'aspetto della sicurezza.
  La mancanza di dati ha avuto effetti negativi anche relativamente ad analisi svolte su fatti disastrosi, in quanto determina incertezze e quindi l'analisi, anche sotto il profilo penale, trova difficoltà a chiarire completamente quali siano i passaggi relativi alle attività di costruzione dell'immobile interessato. Il problema è che, in molti casi, non si conosce ancora la dimensione completa del patrimonio immobiliare pubblico e la loro rilevanza sotto il profilo strumentale. Come Corte dei conti, un'analisi di questo tipo è in corso di svolgimento nell'ambito della Sezione di controllo sulla gestione. Sugli altri profili che concernono l'aspetto finanziario e patrimoniale, se il presidente è d'accordo, potrebbe riferire il collega Rinieri Ferone.

  RINIERI FERONE, consigliere della Corte dei conti. Con riferimento agli enti locali, il discorso è perfettamente in linea con quello che è stato già detto dal presidente e dal collega Coppola. In sostanza, c’è l'obbligo del rendiconto del patrimonio che ogni anno dovrebbe essere reso dagli enti locali, ma come tutti sanno è un obbligo che difficilmente viene adempiuto e, nei casi in cui ciò accade, non è facilmente o integralmente leggibile. Il rimedio ci sarebbe. Nella legislazione non c’è, ma se si rendesse cogente l'obbligo di rendicontare compiutamente sul patrimonio allo stesso modo in cui si è reso cogente l'obbligo di rendicontare sulla gestione finanziaria, e con le conseguenze che si riconnettono alla mancata rendicontazione, è ovvio che questo obbligo ne uscirebbe rafforzato. Nella situazione attuale il problema è rappresentato anche dalla carenza di inventari, che consentano di conoscere la disponibilità degli immobili dell'esistenza di eventuali comodati gratuiti e dunque la gestione del patrimonio. Mancano gli elementi legislativi per poter intervenire in maniera decisa su questo settore, ma scopriamo l'acqua calda, come si suol dire. Ci mancano gli strumenti normativi che, nella misura in cui si prefigurano in termini coercitivi, sono avversati: si tratta di una scelta politica.

  CARLA RUOCCO. Siamo impegnati a cambiare 40 articoli della Costituzione di notte, quindi abbiamo altro da fare !

  PRESIDENTE. Le istituzioni smettano di adoperare la parola compliance. Intanto, parliamo in italiano e diciamo: collaborazione dei contribuenti.
  Oggettivamente, quanto al far collaborare i contribuenti – questa è la parola che sentiamo ripetere in tutti i convegni e le iniziative – la situazione è complicata. Non per essere qualunquisti, ma a Pag. 13Roma abbiamo capito che cosa succede su alcuni affitti, ad esempio. È difficile chiedere ai cittadini la compliance – è una parola che mi vergogno a dire, perché comunque si tratta della collaborazione dei contribuenti – quando non riusciamo a dare ai cittadini un esempio. Quello che è successo a Roma, come sappiamo tutti, è dovuto ai motivi che avete detto voi: non si sa quale sia il patrimonio immobiliare dei Comuni, però anche la gestione di questo patrimonio è molto importante; proprio relativamente al convegno che abbiamo svolto ieri: insomma, è difficile chiedere la collaborazione dei contribuenti, almeno questo evitiamo di dirlo, forse.

  RAFFAELE SQUITIERI, presidente della Corte dei conti. È vero, la situazione del comune di Roma è quella che è, come leggiamo sui giornali, però forse ci si è scordati quello che successe – consentitemi – con Scip 1 e Scip 2 quando si è privatizzato il patrimonio pubblico, nel torno di anni 2005 – 2007: ci sono state centinaia di immobili affittati a un prezzo vile e venduti a un prezzo vilissimo nel cuore di Roma.
  Chiudo definitivamente. Non voglio fare uno spot per la Corte dei conti, però se fossimo messi in grado di lavorare meglio – ci lamentiamo continuamente che siamo pochi, pochissimi, per quello che il Paese ci chiede – forse qualcosa si potrebbe fare. Ad esempio, sugli affitti a prezzo vile nel Comune di Roma che costituiscono un danno chiarissimo alla gestione comunale, interverremo, ma abbiamo le stanze piene di denunce e tre magistrati. Non voglio fare una lamentazione, perché non è questa la sede, però il problema è oggettivo: se il Parlamento e il Governo ci danno maggiori forze, un minimo di contributo potremmo darlo per fare chiarezza, e soprattutto per prevenire e perseguire questi sprechi di denaro pubblico.

  RAFFAELA BELLOT. Ma allora si tratta di un problema di strumenti legislativi o di forze ? Lei ha detto che manca il personale, ma quindi gli strumenti ci sono ?

  MASSIMILIANO MINERVA, consigliere della Corte dei conti. Secondo me non ci sono neanche gli strumenti idonei, cioè in Italia manca una base conoscitiva di tipo informatico e dunque c’è un gap profondo su questo problema: il patrimonio immobiliare pubblico non è conosciuto e attualmente non è pienamente conoscibile con strumenti informativi, se non attraverso analisi lunghe e complesse che in ogni caso non forniscono elementi sulle modalità di gestione del patrimonio.
  Ad esempio, circa la valorizzazione del patrimonio immobiliare dei comuni, in sede di riforma degli ATER, di cui si parla in questo periodo, si potrebbe prevedere finalmente una base di dati unica a livello nazionale degli immobili gestiti dai vari ATER, con informazioni relative ai canoni, agevolati o meno, a cui viene concesso l'immobile in questione. Sono tutte informazioni che oggi mancano, che vanno chieste in forma cartacea o che non possediamo, e comunque senza alcuna possibilità di elaborazione.
  Analogamente andrebbe costituita una base di dati unitaria del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, soprattutto gli enti locali – è lì il problema vero, non ce lo nascondiamo – a livello di ciascun comune. Per fare questo, occorre una norma che preveda la realizzazione di un'unica base di dati degli immobili pubblici, contenente però anche informazioni relative alla gestione. Questo, oggi, in Italia, non c’è, ma è chiaro che con strumenti del genere si potrebbe fare molto di più.

  RAFFAELE SQUITIERI, presidente della Corte dei conti. Dopo numerose sperimentazioni, approssimazioni e resistenze, si sta arrivando nel 2015 all'armonizzazione dei conti pubblici, per avere finalmente scritture contabili confrontabili. Per la Corte dei conti questo sarebbe importantissimo, anche perché potremmo garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione nella nuova versione.
  Come si è arrivati con grande difficoltà ad un'armonizzazione dei conti, che sotto il profilo teorico è molto più difficile, si potrebbe arrivare anche ad una Pag. 14generalizzata informatizzazione del settore immobiliare: non dovrebbe essere difficilissimo. Sul piano tecnologico, non credo ci siano problemi, ma anche su quello legislativo non ci dovrebbero essere grandi difficoltà nel prevedere la possibilità di catalogare tali beni con un sistema informatico. Lo stiamo facendo per i bilanci: abbiamo il quadro dei bilanci di tutti i comuni d'Italia che sono realtà molto più complesse. Quindi, se c’è la volontà politica, ci si arriva e secondo me, ci si deve arrivare, perché ci sono diverse sacche che sfuggono a ogni controllo e che non si conoscono. Alcuni comuni scoprono improvvisamente di essere addirittura proprietari di un bosco, questo è frequentissimo, non è una ipotesi di scuola.
  L'attenzione del Parlamento al problema, per noi e per i cittadini, sarebbe dunque di grande interesse.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Squitieri e i consiglieri della Corte intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.