XVII Legislatura

Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 26 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANAGRAFE TRIBUTARIA NELLA PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE DATI PUBBLICHE IN MATERIA ECONOMICA E FINANZIARIA. POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL SISTEMA NEL CONTRASTO ALL'EVASIONE FISCALE

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Saverio Capolupo.
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 2 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 2 
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 12 
Sciascia Salvatore  ... 12 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 13 
Sciascia Salvatore  ... 13 
Petrini Paolo (PD)  ... 13 
Ruocco Carla (M5S)  ... 13 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 13 
Portas Giacomo Antonio , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIACOMO ANTONIO PORTAS

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Propongo, se non vi sono obiezioni, che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Saverio Capolupo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche in materia economica e finanziaria. Potenzialità e criticità del sistema nel contrasto all'evasione fiscale, l'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza Saverio Capolupo, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono presenti, inoltre, il generale di brigata Stefano Screpanti, capo del III Reparto – Operazioni; il generale di brigata Virgilio Pomponi, capo del VI Reparto – affari giuridici e legislativi; il generale di brigata Vincenzo Tedeschi, capo ufficio legislazione; il colonnello Gianluca Campana, capo ufficio tutela entrate; il capitano Giuseppe Riccio, aiutante di campo del Comandante generale.
  Do la parola al generale Capolupo, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimenti.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor Presidente, onorevoli senatori e deputati, desidero innanzitutto porgervi il mio saluto e ringraziarvi per l'invito a quest'audizione, che mi permette di esporre un quadro aggiornato delle linee d'azione della Guardia di finanza per l'utilizzo delle informazioni contenute nell'Anagrafe tributaria nel quadro della prioritaria missione di contrasto all'evasione fiscale e alla criminalità economico-finanziaria.
  Nelle precedenti audizioni del 2011 e del 2013 e in occasione della visita presso il Comando generale dello scorso aprile è stata fornita a codesta Commissione una panoramica delle funzioni di polizia economico-finanziaria espletate dal Corpo e delle principali misure adottate per prevenire e reprimere le frodi fiscali e sui finanziamenti pubblici, anche attraverso l'ampio ricorso agli elementi acquisibili nei diversi sistemi informatici a disposizione. Ritenendo non necessario tornare su tale argomento e per attenermi al tema dell'odierna audizione, intenderei concentrare l'intervento di oggi su due aspetti.
  In primo luogo ci sono le potenzialità connesse ai recenti indirizzi delle autorità parlamentari e di Governo per il rafforzamento dell'analisi di rischio mediante le banche dati quale strumento principale per migliorare l'efficacia dei controlli fiscali, ponendo in evidenza la convergenza di fondo con tale obiettivo delle strategie operative della Guardia di finanza. In secondo luogo, ci sono alcune riflessioni in merito alle ulteriori misure di potenziamento dei sistemi informativi nel campo economico-finanziario, che, sulla base delle esperienze operative maturate dai reparti sul territorio, potrebbero risultare utili per elevare ulteriormente la capacità di rintracciare le ricchezze nascoste e i flussi finanziari in nero.Pag. 3
  Con la legge delega per la riforma del sistema tributario il legislatore ha affermato in modo chiaro i princìpi che devono ispirare le strategie di contrasto all'evasione fiscale. L'articolo 9 della legge 11 marzo 2014 n. 23 ha infatti disposto che il rafforzamento dell'attività di controllo dell'amministrazione finanziaria sia fondato sull'utilizzo appropriato e completo degli elementi contenuti nelle banche dati, oltre che su maggiori energie interne e con le altre autorità pubbliche, nazionali, europee e internazionali. Gli obiettivi sono il miglioramento della selettività degli interventi e una maggiore efficacia delle metodologie ispettive, in particolare per il contrasto ai fenomeni più dannosi e aggressivi, fra cui la legge delega cita espressamente le frodi carosello, gli abusi nell'attività di incasso e trasferimento di fondi e di immobili, l'uso distorto del transfer pricing, la delocalizzazione fittizia di impresa e l'elusione fiscale. In parallelo a questo intervento la stessa legge rimarca la necessità di ridurre al minimo gli ostacoli al normale svolgimento di attività economica del contribuente, garantendo in ogni caso il rispetto del principio di proporzionalità e il contraddittorio nella fase di indagine. Occorre inoltre potenziare e razionalizzare i sistemi di tracciabilità dei pagamenti, favorendo una corrispondente riduzione dei relativi oneri bancari per il riconoscimento fiscale di costi, spese e oneri, incentivando l'utilizzo della moneta elettronica nonché sostenere, anche mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi a carico dei contribuenti, l'utilizzo della fattura elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi.
  Questi princìpi e obiettivi sono ripresi nel Documento di economia e finanza 2014, che, nel quadro di un più ampio processo di semplificazione del sistema fiscale, volto anche a contenere l'impatto dell'attività di accertamento sulle imprese, rimarca l'importanza di un impegno corale di tutta l'amministrazione finanziaria nella direzione di un più efficace utilizzo delle informazioni già presenti nelle banche dati, allo scopo di intervenire in maniera strutturale sul fenomeno dell'evasione, in particolare nelle sue manifestazioni prevalenti.
  La rinnovata centralità che l'analisi delle informazioni contenute nelle banche dati assume negli indirizzi di politica fiscale ha evidentemente una duplice funzione: mirare le attività di controllo su soggetti connotati dai più alti rischi di evasione, evitando interventi indiscriminati sulla generalità dei contribuenti, che invece va sostenuta nella spontanea osservanza degli adempimenti fiscali attraverso un'ampia opera di semplificazione; conferire maggiore incisività alla lotta alle grandi evasioni e alle frodi fiscali. In questi obiettivi la Guardia di finanza trova conferma della validità delle scelte strategiche da tempo operate in tema di contrasto all'evasione quantomeno dall'emanazione delle vigenti istruzioni sull'azione di verifica, nel 2008.
  In tale ambito ai reparti del Corpo sono state impartite ampie e puntuali disposizioni volte a fondare la programmazione, la preparazione e l'esecuzione delle verifiche delle indagini fiscali su tre linee di azione fondamentali.
  La prima è l'analisi di rischio, intesa quale esame ragionato e critico delle informazioni contenute nell'anagrafe tributaria e nelle altre banche dati incrociate fra loro, per cogliere le relazioni fra soggetti, società, disponibilità di patrimonio e flussi finanziari.
  La seconda è l’intelligence, che consiste in un più ampio processo di ricerca, raccolta ed elaborazione di informazioni indicative di fenomeni di illegalità economico-finanziaria comunque acquisite dai reparti, anche all'esito di indagini di polizia giudiziaria su autorizzazione della magistratura, dell'approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette ai fini di antiriciclaggio e di attività svolte in altri settori e servizi.
  La terza è il controllo economico del territorio, che, consentendo alle pattuglie del Corpo di essere diffusamente presenti nelle diverse aree del Paese, viene costantemente orientato alla ricognizione di evidenze utili per approfondimenti e investigazioni, Pag. 4nonché per riscontrare e rendere operativamente utilizzabili le informazioni contenute nelle banche dati.
  Queste tre direttrici complementari permettono ai reparti del Corpo di avviare interventi ispettivi solo in presenza di concreti elementi indicativi di alto rischio di evasione e frode e di adottare già dalle prime fasi della verifica metodologie di controllo calibrate alle tipologie e alle dimensioni dell'attività economica interessata e proporzionate rispetto alle tecniche evasive in concreto poste in essere e al loro differente grado di complessità.
  La combinazione dell’intelligence e del controllo del territorio con l'analisi di rischio in particolare è utile per superare sia i problemi connessi ai possibili errori di alimentazione dei sistemi informatici, sia gli schemi che i responsabili delle frodi più sofisticate riescono a frapporre fra loro e le ricchezze realmente detenute mediante diversificati sistemi di interposizione fittizia della formale titolarità di investimenti patrimoniali, disponibilità finanziarie e strutture societarie.
  Confrontando i dati del quadriennio successivo al pieno avvio di queste strategie di fondo, cioè dal 2009 al 2012, con quelle dei quattro anni precedenti, si rileva un aumento dell'entità dell'evasione fiscale scoperta dal Corpo in misura raddoppiata per le imposte sui redditi e incrementata del 50 per cento in materia di IVA. Nel 2013 il rendimento medio delle verifiche svolte dai reparti è aumentato dell'8 per cento per le imposte su redditi e del 21 per cento per l'IVA rispetto alla precedente annualità, mentre nei primi dieci mesi del 2014 tali incrementi si aggirano entrambi intorno al 30 per cento. Analoghi positivi riscontri si rilevano sul piano della maggiore efficacia delle attività investigative mirate sui comportamenti fraudolenti. Nel periodo gennaio 2009-dicembre 2012 le denunce per reati tributari rispetto al quadriennio precedente sono aumentate del 54 per cento e quelle riguardanti specificamente l'emissione e l'utilizzo di fatture false del 37 per cento. Nel 2013 i reati fiscali scoperti sono aumentati dell'8 per cento rispetto al 2012, con un incremento del 21 per cento dell'IVA evasa connessa ai casi di frode, soprattutto nella forma del carosello. Fra le tecniche investigative maggiormente utilizzate si conferma l'efficacia delle indagini finanziarie. Le verifiche fiscali svolte dai reparti ricorrendo a questo strumento sono state nel 2013 il 16 per cento in più rispetto al 2012.
  Tali indicatori confermano che più i controlli sono mirati, in quanto fondati su precisi elementi di rischio fiscale, frutto dell'elaborazione di più dati fra loro interconnessi, più l'efficacia della complessiva azione di contrasto aumenta. Per tale ragione la Guardia di finanza, incoraggiata anche dalle nuove linee di indirizzo politico dianzi sinteticamente richiamate, ha di recente ulteriormente arricchito il proprio patrimonio informativo, mettendo a disposizione delle parti nuovi ed efficaci applicativi che sfruttano l'interconnessione fra dati di diversa provenienza grazie alla collaborazione dell'Agenzia delle entrate.
  Si tratta, in particolare, di ANCORE (Analisi dei collegamenti e delle relazioni), che consente di approfondire i rapporti tra società e soggetti partecipati e partecipanti, nonché i collegamenti con le persone fisiche che rivestono cariche societarie attraverso incroci fra Registro delle imprese e Anagrafe tributaria; una nuova versione di RADAR (Ricerca e analisi decisionale per l'accertamento dei redditi), che permette di effettuare analisi mirate su gruppi di contribuenti in funzione di diversi criteri di selezione disponibili per distinte aree tematiche, per esempio residenza, tipo e dimensioni di attività, volume d'affari, categorie di reddito, scambi con l'estero. Si aggiungono ARCA (Analisi di rischio contribuenti anomali), che consente di ottenere, sulla base di indici di rischio prestabiliti, informazioni relative agli operatori economici che hanno chiesto di effettuare operazioni intracomunitarie o che hanno aperto una nuova partita IVA; SONORE (Soggetti non residenti), per la selezione di persone fisiche connotate da un alto profilo di rischio di fittizio trasferimento all'estero della sede; e lo Spesometro integrato, contenente i dati che i Pag. 5soggetti passivi IVA devono comunicare per le operazioni attive e passive intercorse tra operatori economici e tra questi ultimi e contribuenti privati, in tal caso per importi non inferiore a 3.600.
  Nel frattempo, sono stati messi a disposizione dei reparti tre nuovi applicativi sperimentati insieme all'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'analisi di rischio nel settore del gioco e delle scommesse illegali, anche online. Si tratta, in particolare, delle banche dati Anagrafe dei conti di gioco, Controllo apparecchi sul territorio e Cruscotto dei conti di gioco, che permettono, tra le altre funzioni, di rilevare tutte le movimentazioni dei conti aperti dai singoli giocatori con i concessionari dei Monopoli per il gioco a distanza e di evidenziare anomalie relative a movimentazioni atipiche o sproporzionate rispetto alle capacità economiche o reddituali del giocatore. Tali applicativi hanno una grande valenza non solo sul piano fiscale, ma anche per la possibilità di far emergere flussi finanziari derivanti da più pericolose attività criminose, tenuto conto che il settore dei giochi e delle scommesse costituisce una forte attrattiva anche per le organizzazioni criminali.
  Questa considerazione mi permette di ampliare la visuale su un tema che caratterizza fortemente le analisi di rischio sviluppate dalla Guardia di finanza, che, completate e integrate dall’intelligence e dal controllo economico del territorio, sono, in definitiva, mirate alla ricerca delle ricchezze nascoste e dei flussi finanziari in nero, ovvero alla ricostruzione della reale natura di questi. Le disponibilità non dichiarate al fisco evidentemente possono derivare non solo da evasione fiscale, ma anche da altre attività criminali, quali traffici illeciti, truffe su finanziamenti pubblici, usura e corruzione. A questo va aggiunto che le tecniche poste in essere dai grandi evasori fiscali sono adottate anche dai responsabili di altre gravi condotte criminali per movimentare i flussi finanziari illegali. La stessa pratica della fatturazione falsa, inizialmente diffusasi nel campo delle frodi tributarie, ha ormai preso piede anche per finalità di riciclaggio, acquisizione illegale di finanziamenti pubblici, pagamento di tangenti, appropriazioni indebite, di disponibilità societarie e truffe in danno dei risparmiatori.
  Tutto questo determina che, nella prospettiva di azione della Guardia di finanza quale forza di polizia giudiziaria ed economico-finanziaria, alla rilevazione di indici di incoerenza fra patrimoni e redditi, così come di anomale movimentazioni di capitali seguono sempre analisi preventive volte a chiarire genesi e natura delle ricchezze non giustificate e dei flussi di denaro, al fine di stabilire se sussista un rischio di reimpiego di proventi illeciti ovvero di natura fiscale, di modo da impostare in maniera appropriata i successivi approfondimenti.
  Per tale esigenza soccorrono ulteriori applicativi che il Corpo ha autonomamente realizzato. Fra questi ricordo, in primo luogo, Molecola, sviluppato dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, capace di interconnettere e importare massivamente e in tempi rapidi tutti i dati riferibili a un determinato soggetto contenuti nelle banche dati in uso alla Guardia di finanza. Il sistema è in grado di comporre automaticamente un fascicolo informatico contenente il patrimonio mobiliare e immobiliare del soggetto, i redditi, i rapporti bancari e finanziari, le cointeressenze societarie, i suoi collegamenti, anche indiretti, con organizzazioni criminali e i suoi precedenti penali di polizia. Tramite la funzione chiamata «flussi economici» l'applicativo pone a confronto, distintamente per anno, tutte le fonti di reddito ufficiali del soggetto stesso e i corrispondenti impieghi sul piano delle spese, dei consumi e degli investimenti e, attraverso uno specifico warning, segnala l'incoerenza patrimoniale e il relativo squilibrio finanziario. Per la gestione del flusso informativo attinente alle segnalazioni di operazioni sospette cui sono tenuti gli intermediari finanziari, i professionisti e gli altri soggetti previsti dalla legislazione antiriciclaggio il Corpo ha realizzato il Sistema informativo valutario, il cosiddetto SIVA, gestito dal Nucleo speciale di polizia valutaria. L'applicativo collega la Pag. 6singola operazione sospetta segnalata a una serie di informazioni eterogenee estratte da altri database e applicativi in uso al Corpo, ragion per cui, oltre a supportare gli accertamenti ai fini antiriciclaggio, fornisce ai reparti del Corpo anche un ampio spettro di informazioni utilizzabili per ogni approfondimento relativo a movimentazioni finanziarie anche nell'ambito delle indagini di polizia giudiziaria e di verifiche fiscali. Tale impiego trasversale dell'applicativo SIVA è possibile in quanto le misure antiriciclaggio rappresentano oggi i più generali presìdi di trasparenza del sistema finanziario nel suo complesso, anche per finalità di contrasto all'evasione fiscale e al sommerso, come emerge dallo stesso impianto del decreto legislativo n. 231 del 2007 e dalle sue successive evoluzioni.
  Fra le attività illecite che alimentano l'economia in nero nel nostro Paese un peso notevole riveste il mercato della contraffazione, che, secondo la recente stima del CENSIS, produce un sommerso pari a circa 6,5 miliardi di euro all'anno, con la sottrazione di imposte per circa 5 miliardi. Per intercettare sul territorio i patrimoni e le ricchezze dei responsabili di quest'attività, anche al fine di tassarne i relativi proventi illeciti, la Guardia di finanza ha messo a punto il Sistema informativo anticontraffazione, il cosiddetto SIAC, una piattaforma telematica composta da diversi applicativi tra loro interconnessi per la rendicontazione statistica, l'analisi operativa, l'informazione ai cittadini e la cooperazione con le aziende. L'applicativo, in via di implementazione, permetterà, altresì, mirate analisi di rischio riguardanti la contraffazione via Internet, anche attraverso il tracciamento dei flussi finanziari che transitano sulla rete per regolare lo scambio di prodotti illegali.
  Sul fronte dell'individuazione dei proventi illeciti derivanti da truffe su finanziamenti pubblici e da fenomeni di corruzione, anch'essi tassabili quando non sequestrati, è in avanzata realizzazione il Sistema informativo antifrode, il SIAF, in cui verranno accentrate tutte le informazioni relative ai flussi di finanziamento pubblico, inizialmente di origine comunitaria e in prospettiva anche di carattere nazionale. L'applicativo renderà possibile l'elaborazione di specifici indici di rischio riguardanti i beneficiari di risorse finanziarie comunitarie anche attraverso un costante scambio di informazioni tra le autorità di gestione e la Guardia di finanza.
  Nello stesso ambito d'azione è in via di sviluppo il progetto MOCOP (Monitoraggio dei contratti pubblici), che consentirà di mettere a disposizione dei reparti un sistema di analisi integrata delle informazioni già a disposizione del Corpo e di quelle acquisibili dalla Banca dati nazionale dei contratti pubblici da utilizzare nelle azioni di contrasto a tutte le condotte illecite a danno della trasparenza e della correttezza dei pubblici affidamenti, anche per risalire ai flussi finanziari che si celano dietro i casi di frode e di possibile corruzione.
  Vengo ora a un altro obiettivo centrale degli indirizzi di politica fiscale per la lotta all'evasione, vale a dire al rafforzamento dell'azione di contrasto agli illeciti più dannosi e aggressivi strettamente connessi a quelli attinente a un più diffuso ricorso alle banche dati. Si tratta di un tema che investe direttamente la responsabilità della Guardia di finanza, cui sono contestualmente attribuite funzioni di polizia giudiziaria a carattere generale, vale a dire estese ad ogni genere di reato, e funzioni di polizia tributaria di portata parimenti omnicomprensiva, in quanto finalizzata alla repressione di tutte le violazioni finanziarie aventi rilevanza penale. A questo va aggiunto che il legislatore ha individuato nel Corpo il canale di raccordo fra indagini penali e accertamento delle imposte sui redditi dell'IVA, prevedendo che anche la Guardia di finanza, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, utilizzi e trasmetta agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti direttamente o riferiti e ottenuti dalle altre forze di polizia nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.
  Ai compiti attribuiti dal legislatore la Guardia di finanza ha da tempo fornito risposte concrete, concentrando risorse operative e tecnologiche impegnate nel Pag. 7settore fiscale prioritariamente nell'investigazione contro le grandi frodi e nella valorizzazione e nell'attività di verifica degli elementi acquisiti nel corso delle indagini di polizia giudiziaria. Al riguardo richiamo i dati che ho citato in precedenza a proposito del costante aumento nel tempo delle denunce per reati tributari e, in particolare, per quelli a più marcata connotazione fraudolenta.
  Il contrasto alle frodi rappresenta l'ambito operativo in cui meglio si esprime la duplice valenza dell'azione della Guardia di finanza nel settore fiscale, finalizzata a incidere concretamente sulla diffusione dell'illegalità economico-finanziaria e, al contempo, a contribuire al concreto recupero delle imposte evase. Questo è possibile grazie alle proposte che i reparti avanzano sistematicamente alle procure della Repubblica per il sequestro dei patrimoni dei responsabili di reati fiscali in funzione della confisca in misura equivalente ai tributi evasi.
  Dall'estensione di questa misura anche ai delitti tributari, avvenuta nel 2008, la Guardia di finanza ha sottoposto a sequestro, su provvedimento dell'autorità giudiziaria, beni immobili e mobili (azioni, quote societarie e disponibilità finanziarie) per un volume pari a circa 5 miliardi di euro, con un trend in costante aumento negli anni.
  Attraverso le indagini di polizia giudiziaria sui più complessi fenomeni di frode sviluppati con il ricorso a tutti gli strumenti previsti dal Codice di procedura penale, in un quadro di consolidati rapporti con la magistratura, è poi possibile per i reparti del Corpo sviluppare azioni ben più estese rispetto alle verifiche fiscali, in modo da individuare vere e proprie organizzazioni criminali che non solo evadono il fisco per importi rilevantissimi, ma inquinano anche i mercati immettendovi documentazione falsa, ricorrono al lavoro nero, riescono a vendere bene a prezzi inferiori a quelli delle imprese rispettose delle regole e talvolta ottengono illegalmente finanziamenti pubblici e alimentano fenomeni corruttivi, con più ampi danni per il sistema produttivo nel suo complesso.
  Per dare concretezza a quest'affermazione richiamo una recente indagine svolta dalla Guardia di finanza di Cremona, in cui è stata scoperta un'associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale che per oltre dieci anni ha gestito una rete di 60 cooperative di lavoro organizzate in consorzi che fornivano manodopera a grandi aziende nel settore della macellazione delle carni. I consorzi acquisivano commesse milionarie per le quali si avvalevano delle prestazioni lavorative dei soci delle cooperative, che, pur essendo prive di qualsiasi struttura organizzativa, fornivano la forza lavoro e fatturavano le relative prestazioni, facendo emergere un rilevante debito IVA che, grazie all'emissione di fatture false per centinaia di milioni di euro da parte di altre cooperative fittizie, veniva pressoché totalmente azzerato. In tal modo l'organizzazione si sottraeva al pagamento delle imposte dovute ed era in grado di offrire ai propri clienti prestazioni lavorative a prezzi assolutamente concorrenziali. Questa operazione, che ha portato alla denuncia di 26 persone e al sequestro di un patrimonio per circa 25 milioni di euro, corrispondente alle imposte evase, rappresenta, inoltre, il primo caso di concreta applicazione a un soggetto abitualmente dedito alla commissione di reati tributari delle misure patrimoniali di prevenzione previste dalla legislazione antimafia, che comprendono il sequestro di disponibilità sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati.
  Per effetto delle modifiche introdotte all'originale impianto di questo sistema dal decreto legislativo n. 159 del 2011, tali misure, inizialmente previste per i soli indiziati di appartenere alla criminalità organizzata, sono ora applicabili anche ai soggetti ritenuti socialmente pericolosi, cioè a coloro che, per condotta e tenore di vita e per l'accertata commissione di reati, si ritengono vivere abitualmente con i proventi di attività delittuose, ivi comprese quelle dichiarate dal diritto societario, fallimentare e tributario. Per questo motivo, avendo le indagini consentito di dimostrare che il capo dell'organizzazione criminale, pur privo di lecite fonti reddituali, aveva accumulato nel tempo un ingente patrimonio, Pag. 8frutto di ripetuti e gravi reati, anche fiscali, si è proceduto al sequestro e alla successiva confisca di beni e disponibilità finanziarie per ulteriori 23 milioni di euro.
  L'interconnessione fra reati fiscali e altri crimini economico-finanziari emerge bene da un'inchiesta conclusa pochi mesi fa dalla Guardia di finanza di Reggio Emilia che ha portato alla denuncia di 43 persone, 12 delle quali arrestate per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, al riciclaggio e alla truffa ai danni dello Stato. Anche in questo caso l'organizzazione aveva nel tempo costituito numerose società fantasma per la sistematica emissione di fatture false che hanno permesso ai gruppi imprenditoriali coinvolti non solo di risparmiare indebitamente imposte per 13 milioni di euro, ma anche di ottenere illegalmente maggiori sovvenzioni nell'ambito di un finanziamento pubblico bandito dal Ministero dello sviluppo economico.
  Un esempio pratico di come la frode fiscale incida gravemente sulle possibilità di sviluppo delle imprese oneste è rappresentato da un'indagine della Guardia di finanza di Roma avviata al seguito di una mirata analisi di rischio sul settore della commercializzazione di prodotti altamente tecnologici, in cui è stata scoperta un'articolata frode IVA carosello. Acquistando la merce da fornitori comunitari e vendendola sul mercato nazionale omettendo di versare l'IVA dovuta, grazie allo strumentale utilizzo di società cartiere e di fatture per operazioni inesistenti, l'organizzazione riusciva a vendere i prodotti a prezzi assolutamente impraticabili per gli altri operatori del settore, di fatto estromessi dal mercato. All'esito delle indagini è stato arrestato il promotore del circuito criminale, apparentemente senza reddito, ma in realtà proprietario di immobili di pregio e di altri beni di lusso, sequestrati per un valore nel complesso pari a 15 milioni di euro.
  Quelle dinanzi accennate sono soltanto alcune delle numerose operazioni di polizia giudiziaria condotte dal Corpo nel recente periodo contro la grande criminalità fiscale e finanziaria. Nella consapevolezza che queste siano le azioni che più di altre servono per mettere un freno alla diffusione delle illegalità economiche nel nostro Paese, per gli effetti devastanti che le frodi fiscali organizzate producono sulle prospettive di crescita del sistema produttivo, la Guardia di finanza accoglie con convinzione l'invito a un ulteriore avanzamento di questa linea d'azione contenuto nella legge delega per la riforma fiscale e nel DEF.
  Nell'attuale fase di riorganizzazione delle strategie operative per il prossimo anno, nel quadro del confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze in vista dell'emanazione della direttiva generale per l'azione amministrativa e la gestione del 2015, è allo studio una nuova impostazione generale della programmazione operativa del Corpo, il cui aspetto centrale sarà una più stringente integrazione fra investigazioni di polizia giudiziaria e attività di verifica sulla base dei poteri previsti dalla normativa fiscale, per un presidio completo di tutti i fenomeni evasivi che assumono dimensioni di dirompente gravità e che sono connessi ad altre pericolose manifestazioni criminali.
  In tale contesto il Corpo è ben consapevole che non si può sperare di incidere in maniera significativa sull'evasione senza un'azione corale e condivisa fra tutte le Istituzioni interessate, come richiesto dagli indirizzi generali di politica fiscale che ho in precedenza richiamato. L'attuale stato della collaborazione tra Guardia di finanza e agenzie fiscali, ispirata a concretezza, coordinamento d'azione e rispetto delle reciproche responsabilità e funzioni, è un presupposto senz'altro favorevole a forme di raccordo ancor più efficace. Con l'Agenzia delle entrate esiste da anni un sistema di periodico coordinamento a livello regionale e provinciale per la selezione congiunta dei contribuenti di medie e grandi dimensioni da verificare, al fine di evitare sovrapposizioni, oltre che per condividere informazioni e analisi di rischio.
  Per le verifiche nei riguardi di soggetti di minori dimensioni il Corpo e l'Agenzia alimentano il sistema Modello unificato di verifica con i dati degli interventi rispettivamente Pag. 9avviati e in corso, anche in tal caso per scongiurare il rischio di duplicazioni. Frequenti riunioni tecniche a livello centrale e periferico permettono poi di approfondire insieme i casi più complessi e dubbi emersi nelle verifiche fiscali, di modo che le verbalizzazioni siano sempre formulate in funzione del successivo accertamento. Ampio raccordo esiste con l'Agenzia anche per gli sviluppi relativi a elementi indicativi di frodi organizzate che richiedono l'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria. Secondo una prassi ormai consolidata e diffusa, quando nel corso di un'attività ispettiva di carattere amministrativo svolta degli uffici emergono condotte fraudolente particolarmente articolate e complesse, laddove non sussistano ancora gli estremi per l'inoltro della comunicazione della notizia di reato e la compiuta individuazione delle fattispecie delittuose necessiti di elementi probatori ulteriori, i funzionari dell'Agenzia promuovono sempre un coordinamento preventivo con la Guardia di finanza.
  Costanti rapporti di collaborazione sono in essere anche con gli altri soggetti della fiscalità, fra cui l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, non solo mediante la cabina di regia operativa esistente dal 2008 per il contrasto alle frodi IVA, cui partecipa anche l'Agenzia delle entrate, ma anche attraverso tavoli permanenti di confronto e coordinamento operativo a livello centrale e sul territorio su diverse dinamiche. Il quadro della collaborazione inter-istituzionale di cui la Guardia di finanza fa parte si completa con 40 protocolli d'intesa stipulati a livello centrale con autorità di garanzia e di vigilanza, ministeri e Istituzioni, che, peraltro, prevedono uno scambio di dati che i reparti utilizzano per l'analisi di rischio. Molto stretta è anche la collaborazione dei Comandi regionali e provinciali con regioni, enti locali e altre Istituzioni presenti sul territorio, con circa 700 accordi attualmente in essere.
  Da maggio 2012 la Guardia di finanza è inserita nel circuito di partecipazione dei comuni all'accertamento previsto dal decreto legge n. 203 del 2005, di cui fanno parte anche Agenzia delle entrate e INPS. In tale ambito ai reparti del Corpo provengono in via telematica le segnalazioni inoltrate dai comuni che richiedono ulteriori approfondimenti ispettivi, sia perché privi di elementi direttamente utilizzabili per l'accertamento, sia perché connessi ad altri fenomeni di illegalità, come, per esempio, l'impiego di manodopera in nero. Dall'avvio di questa collaborazione sono pervenute al Corpo circa 4.100 segnalazioni, che nel 25 per cento dei casi hanno già portato, a seguito dei riscontri e degli altri elementi acquisiti dai reparti sul territorio, a controlli fiscali o a indagini di polizia giudiziaria.
  In una prospettiva più estesa è evidente l'importanza della cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni fra Paesi. Del resto, i casi di evasione ed elusione internazionale scoperti dai reparti della Guardia di finanza sono in costante aumento. A fine ottobre del 2014 i redditi non dichiarati scoperti dal Corpo a seguito di verifiche e di indagini in questo settore hanno già superato di oltre il 30 per cento quelli emersi in tutta la precedente annualità. Oltre all'importante contributo della rete dei 19 ufficiali del Corpo impiegati all'estero quali esperti di ufficio di collegamento, di cui ho già parlato nei precedenti interventi davanti a codesta Commissione, tutti i reparti del Corpo attivano sistematicamente i canali della collaborazione internazionale nelle indagini riguardanti i fenomeni di frode con ramificazioni in diversi Paesi. Da gennaio 2013 a ottobre 2014 la Guardia di finanza ha complessivamente ricevuto circa 2.300 richieste di informazione da parte di altri Stati, di cui 1.400 in tema di IVA, e ne ha inoltrate oltre 1.800, di cui 1.000 in materia di IVA. In ambito europeo il Corpo è impegnato anche in numerose iniziative di cooperazione operativa preordinata a contrastare con maggiore efficacia la criminalità economico-finanziaria. Tra queste segnalo il progetto EMPACT, che si propone di aggredire con un approccio multidisciplinare i gruppi criminali organizzati che operano all'interno dell'Unione europea attraverso l'efficace Pag. 10cooperazione tra le forze di polizia e le competenti autorità. La Guardia di finanza ha assunto in tale ambito un ruolo di capofila nel settore della frode all'IVA e alle accise e lo scorso settembre ha preso parte con il coordinamento di Europol a un'operazione congiunta di rilievo internazionale denominata Archimedes, nella quale sono stati eseguiti oltre 300 interventi in 34 Stati diversi. In tale azione, oltre che nei settori della contraffazione e del traffico di stupefacenti, la Guardia di finanza è stata impegnata anche nel contrasto alle frodi in materia di accise, ricevendo dagli altri Stati partecipanti dati attinenti ai flussi di movimentazione di prodotti energetici in nero verso il nostro Paese, attualmente in fase di analisi.
  Venendo ora ai possibili margini di perfezionamento del sistema, reputo opportuno rimarcare che il ricorso alle banche dati è estremamente utile per supportare la ricerca di disponibilità riferibili a soggetti che in qualche modo risultino tracciati nei diversi sistemi, sia per aver prodotto direttamente dichiarazioni o comunicazioni all'anagrafe, sia perché rilevabili da flussi informativi originati da terzi. Tuttavia, le dimensioni dell'economia non osservata, vale a dire il giro d'affari delle attività illegali in senso stretto e dell'economia sommersa, sono nel nostro Paese ancora elevate, attestandosi, in base al rapporto presentato dall'ISTAT il 9 settembre scorso, al 12,4 per cento del PIL nazionale.
  A questo va aggiunto che, secondo uno studio della Banca centrale europea del 2012, in Italia il volume delle transazioni regolato in contanti è pari all'85 per cento del totale, contro una media europea del 60 per cento. L'esperienza operativa della Guardia di finanza fornisce alcuni indicatori abbastanza in linea con questo scenario. Tra il 2010 e il 2014 la Guardia di finanza ha scoperto mediamente 7.700 evasori totali all'anno, vale a dire soggetti che, pur avendo prodotto reddito, sono rimasti sconosciuti al fisco o che almeno per un anno non hanno presentato dichiarazioni fiscali, con un ammontare medio pro capite di oltre 2.400.000 in euro in nero. Inoltre, più del 30 per cento delle operazioni ritenute sospette dagli intermediari finanziari e per questo motivo segnalate all'UIF nel 2013 riguardano movimentazioni in contante, mentre le violazioni per il mancato rispetto degli attuali limiti in materia accertate dal Corpo nel 2013 sono circa 5.000, in aumento di quasi il 41 per cento rispetto al 2012. È, quindi, forte la probabilità che dal pur ampio sistema di tracciamento assicurato oggi all'amministrazione finanziaria sfugga una significativa quota di operatori economici capaci di sommergersi del tutto, operando senza alcuna autorizzazione e ricorrendo in forma generalizzata all'uso del contante o a prestanomi per effettuare investimenti. Per superare questi limiti strutturali ho ricordato come il Corpo punti sull’intelligence e sul controllo del territorio per ricercare tracce e segni concreti di ricchezze e flussi finanziari in nero da sviluppare con le banche dati e i sistemi informativi.
  Il miglioramento di questa capacità dipende molto dalla possibilità di disporre di una visuale più ampia estesa a tutte le informazioni di rilevanza economico-finanziaria in possesso dell'intero settore pubblico, di modo da poter interconnettere ed elaborare il maggior numero di dati indicativi dello svolgimento di attività produttive di reddito e di movimentazione di denaro. In attesa dell'auspicata attuazione del Sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria istituito dalla legge n. 296 del 2006, di cui ho evidenziato l'importanza nei miei precedenti interventi, la Guardia di finanza sta portando avanti a questo scopo diverse interlocuzioni con autorità pubbliche e organi statali di vigilanza, al fine di avere accesso diretto, per quanto possibile, al database contenente elementi di interesse per le proprie funzioni istituzionali. Si registra, inoltre, un deficit informativo sul piano internazionale. I dati che le norme in tema di tracciabilità pongono oggi a disposizione del fisco riguardanti la capacità contributiva dei singoli e l'operatività commerciale di imprese e lavoratori autonomi sono per la massima parte limitati al territorio nazionale. Le informazioni Pag. 11sugli investimenti all'estero e le transazioni internazionali, circoscritte alle disposizioni in tema di monitoraggio fiscale, alle operazioni con società residenti in Stati blacklist e poche altre, sono evidentemente insufficienti per tenere sotto osservazione consistenti masse finanziarie che si muovono rapidamente fra numerosi Stati con differenti sistemi impositivi, che spesso garantiscono forme di blindata riservatezza agli effettivi titolari di patrimoni, capitali e strutture societarie. È quindi importante puntare su un più esteso scambio informativo fra Paesi, superando le segnalazioni a richiesta o spontanee per passare a forme strutturate di scambi automatici in grado di alimentare continuamente le banche dati dell'amministrazione finanziaria e di interconnettersi con i sistemi informativi già a disposizione, senza gravare il contribuente di ulteriori adempimenti comunicativi. In questa prospettiva si registrano significativi passi in avanti, tra cui, sul piano mondiale, l'accordo firmato a Berlino lo scorso 29 ottobre da 51 dei 123 Paesi e giurisdizioni facenti parte del Global Forum dell'OCSE per l'adozione di un nuovo standard globale unico per lo scambio automatico su base annua delle informazioni relative a conti correnti, dividendi, interessi e redditi da polizze assicurative, che entrerà in vigore nel 2017. A livello europeo è notizia altrettanto recente che nelle riunioni dei ministri delle finanze dell'Unione europea in Lussemburgo lo scorso 14 ottobre è maturata un'importante decisione per introdurre forme generalizzate di scambi automatici fra amministrazioni comprensive di dati bancari, destinata anch'essa a diventare operativa nel 2017, rafforzando in tal modo il sistema previsto dall'articolo 8 della direttiva n. 16 del 2011 riguardante la comunicazione automatica in tema di redditi da lavoro dipendente, compensi per i dirigenti, prodotti di assicurazione sulla vita, pensioni, proprietà e redditi immobiliari.
  Gli scenari che si intravedono per effetto di queste decisioni appaiono configurare fortissime limitazioni all'opposizione del segreto bancario nei rapporti fra Stati. In tale ambito sarebbe utile accompagnare queste nuove misure di tracciabilità internazionale con strumenti rivolti a rafforzare la trasparenza nell'ambito delle strutture societarie e di altri articolati schemi negoziali per conoscerne gli effettivi titolari o beneficiari, soprattutto quando schermati da interposti soggetti ovvero con il ricorso a particolari figure giuridiche che hanno preso piede nell'ultimo decennio, quali, per esempio, le shell company e taluni tipi di trust o di azioni al portatore.
  L'esperienza operativa spesso suggerisce che sono proprio le norme e le prassi societarie a presentare sul piano internazionale le maggiori asimmetrie, contribuendo ad alimentare una diffusa opacità del sistema finanziario nel suo complesso e ponendo l'esigenza di mettere mano a una diffusa opera di armonizzazione in tale materia. Non si possono che valutare favorevolmente, pertanto, le ipotesi allo studio nell'ambito dei lavori per l'approvazione della IV direttiva antiriciclaggio, fra cui l'adozione degli Stati membri di misure idonee a rendere più agevole l'informazione aggiornata sul titolare effettivo da parte degli operatori obbligati e delle autorità di settore anche attraverso registri o sistemi informatici consultabili riservatamente da soggetti abilitati.
  A queste esigenze di trasparenza e tracciabilità anche sul piano internazionale risponde il provvedimento congiunto del direttore dell'Agenzia delle entrate e del Comandante generale della Guardia di finanza con cui lo scorso 8 agosto è stata data attuazione all'articolo 9 della legge n. 97 del 2013, che ha modificato la disciplina del monitoraggio fiscale. Non appena saranno messi a punto tutti i profili tecnici del sistema informatico, i Nuclei speciali del Corpo potranno chiedere, previa autorizzazione del Comandante dei reparti speciali, agli intermediari finanziari previsti dalla normativa antiriciclaggio di comunicare i dati relativi alle operazioni oggetto di rilevazione ai sensi della stessa disciplina intercorse con l'estero anche per masse di contribuenti o con riferimento a uno specifico periodo temporale Pag. 12e a tutti i soggetti tenuti agli adempimenti di collaborazione attiva ai fini antiriciclaggio i dati relativi ai titolari effettivi di specifiche operazioni con l'estero o di rapporti ad esse collegati. Il sistema prevede che le richieste e le relative risposte da parte di intermediari siano effettuate utilizzando esclusivamente la procedura telematica già in uso dall'amministrazione finanziaria per importi dell'indagine finanziaria ai fini fiscali.
  Questa precisazione mi permette di far presente, quale ulteriore elemento propositivo, che permangono le criticità descritte nell'ultima audizione davanti a codesta Commissione concernenti la mancata attuazione dell'articolo 11-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, a norma del quale tutte le richieste di informazione o di documentazione indirizzate a banche, intermediari finanziari e imprese di assicurazione, nonché le relative risposte riguardanti procedimenti diversi da quelli tributari devono essere effettuate esclusivamente in via telematica, previa consultazione dell'Archivio dei rapporti mediante lo stesso applicativo già utilizzato per le indagini finanziarie ai fini fiscali. Il concreto avvio di questa procedura, non ancora operativa in mancanza del relativo decreto attuativo, permetterebbe alla Guardia di finanza di utilizzare la stessa tecnologia oggi impiegata per i controlli finanziari di carattere tributario anche nelle indagini di polizia giudiziaria antiriciclaggio e antiterrorismo, nonché negli accertamenti finalizzati all'applicazione di misure di prevenzione antimafia, con conseguente snellimento delle procedure a vantaggio dell'efficacia complessiva del dispositivo a presidio della legalità economico-finanziaria.
  Il Corpo condivide quindi pienamente l'esigenza, sottolineata nel Rapporto sulla realizzazione delle strategie di contrasto all'evasione fiscale presentato dal Governo lo scorso 30 settembre, di assicurare la piena attuazione della norma in argomento.
  Signor Presidente, onorevoli membri della Commissione, gli indirizzi generali della politica economico-finanziaria del Paese rappresentano la guida a cui si è sempre ispirata la Guardia di finanza nella definizione delle proprie strategie operative per la tutela degli interessi economico-finanziari della collettività nazionale ed europea. Nei princìpi stabiliti dalla legge delega per la riforma fiscale, così come nelle priorità indicate nel Documento di economia e finanza il Corpo coglie con entusiasmo le opportunità di un ulteriore rafforzamento delle linee d'azione che caratterizzano fortemente la propria natura di polizia economica e finanziaria. Al tempo stesso è ben chiaro lo spirito di fondo che anima i profondi cambiamenti in atto, vale a dire il recupero di un rapporto di fiducia fra pubblica amministrazione e cittadini anche nel campo fiscale e il rilancio della competitività del sistema produttivo nazionale. La Guardia di finanza è pronta a fornire il proprio convinto contributo a questo processo attraverso un'azione ispirata a concretezza e sostanzialità, rivolta anche a incidere in maniera mirata e strutturale sui fenomeni di illegalità economico-finanziaria che più di altri mettono in pericolo le prospettive di crescita e di sviluppo, facendo leva sulla tecnologia, sulla diffusa presenza sul territorio dei propri presìdi, sulle capacità investigative e sulla professionalità del proprio personale, in un quadro di leale collaborazione e di aperto confronto con gli operatori rispettosi delle regole.
  Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, Comandante, per la precisa e puntuale relazione.

  SALVATORE SCIASCIA. Innanzitutto ringrazio il signor generale e tutti i collaboratori per l'ampio materiale fornito e le precise indicazioni.
  Ho due domande, signor generale. A pagina 34 lei dice che ancora oggi il sistema integrato delle banche dati del 2006 – quindi, di otto anni fa – non è disponibile. Mi pare che di questo lei ci avesse fatto menzione quando siamo venuti come suoi gentilissimi ospiti. Non siete pertanto in grado di interagire, se così si può dire, con alcuni database detenuti da altri. Che cosa potremmo fare noi per fare in modo che questa integrazione avvenga e quali sono questi database Pag. 13 se me lo può dire, ovviamente – degli istituti che non collaborano, oppure che non si riesce a far colloquiare, per problemi sicuramente tecnici ?
  Aggiungo un'altra domanda: cosa ne pensa, generale, dell'abolizione degli scontrini fiscali proposta dall'Agenzia delle entrate ? Non so se ha visto la trasmissione di ieri sera, in cui era presente la direttrice delle entrate.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Non l'ho vista per via di impegni istituzionali. Non ci hanno invitato, altrimenti saremmo andati anche noi.

  SALVATORE SCIASCIA. L'ho notato. C’è un'ultima questione che mi interessa. Come componente della 6a Commissione finanze, tra poco dovremo esaminare il decreto sui giochi in attuazione della delega fiscale, in cui – purtroppo, a mio avviso – è stato inserito anche questo punto. Avrebbe dovuto costituire un provvedimento autonomo e non inserito in questo contesto, ma questo transeat. Chi ci è venuto a parlare ci ha raccontato che esiste una fonte notevole di gioco illegale, – sono un nemico giurato del gioco – stazioni all'estero che entrano nel nostro territorio, ovviamente senza pagare. Poiché ho visto che avete notevoli sistemi per intercettare la criminalità anche organizzata all'estero, non è possibile che si intervenga e che si blocchino questi settori che sottraggono una notevole quantità di risorse all'Erario ?

  PAOLO PETRINI. Buongiorno. Abbiamo avuto modo di ascoltare il generale più volte anche in VI Commissione. Nell'approssimarsi della valutazione di un importante decreto in attuazione di un articolo della delega fiscale, relativo all'abuso del diritto, pongo una domanda secca: cosa pensa delle anticipazioni che ci hanno fornito in relazione a una possibile parziale depenalizzazione della dichiarazione infedele e anche del tetto per quanto riguarda le fatture false ?

  CARLA RUOCCO. Avevo in mente la stessa identica domanda che è stata posta. Aggiungo alla tematica dell'abuso del diritto anche l'inversione dell'onere della prova tra le anticipazioni.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Cominciamo col senatore Sciascia. Innanzitutto chiarisco che la mancata interoperabilità delle singole banche dati non è dovuta a un incomprensibile egoismo da parte dei loro titolari: in linea di massima, la disponibilità a dialogare ci sarebbe. In alcuni casi, ci sono preclusioni normative: per esempio, l'Agenzia delle entrate non può accedere alle banche dati delle forze di polizia, in virtù delle norme del codice che prescrivono la riservatezza delle indagini. In molti altri casi credo ci sia proprio un problema di sistemi non comunicabili fra di loro, che agiscono su piattaforme diverse: occorrerebbe dunque omogeneizzare le piattaforme: questo è il punto. Ho detto più volte, e lo ribadisco, che occorre creare una banca dati della pubblica amministrazione facente capo a SOGEI, sia pure non nell'immediato ma in modo graduale: tuttavia, per arrivare a ciò bisogna assicurare che in sede di contrattazione dei sistemi informatici sia seguita una politica di omogeneizzazione.
  Nonostante gli sforzi di cui dobbiamo dare atto che si stanno compiendo in questa direzione, ci sono limiti tecnici oltre i quali i titolari delle banche dati non possono fare nulla: escluderei dunque quasi del tutto una mancanza di volontà di collaborare, perché da questo punto di vista si sono fatti importanti passi avanti. Tutti abbiamo compreso, noi per primi, che la chiusura nel proprio guscio non premia e non è più giustificata. Si pone, però, un problema di investimenti, di costi e anche di professionalità da modificare. Penso che voi, come espressione del potere legislativo, possiate fare molto, modificando la normativa: noi possiamo solo dirvi quello che non va, a nostro giudizio e secondo la nostra esperienza.
  Faccio un esempio. Ho citato una banca dati dell'Agenzia delle entrate cui Pag. 14non abbiamo accesso a 360 gradi, secondo quanto previsto da una norma, cosa davvero incomprensibile. Non capisco perché noi, che abbiamo gli stessi poteri e che svolgiamo la stessa attività investigativa – anzi, noi siamo una polizia e dovremmo forse agire in modo più penetrante – non abbiamo un completo accesso a quella banca dati. Cambiate la norma e assicurateci l'accesso a 360 gradi. Ho fatto un esempio, ma ne potrei fare altri.
  Sull'abolizione dello scontrino mi sono espresso la settimana scorsa anche dinanzi al Comitato dell'ABI: non siamo assolutamente contrari all'abolizione dello scontrino fiscale. Lo scontrino fiscale si può tranquillamente abolire, a condizione, però, che si verifichino due presupposti.
  Il primo è che si passi da un sistema di tassazione analitico a un sistema di tassazione forfetizzato per queste categorie di contribuenti. Dove porre l'asticella – a 25.000 o 50.000 euro – è compito del potere legislativo. Quanto al secondo presupposto, sarebbe auspicabile che la fatturazione elettronica, che oggi sta cominciando faticosamente a decollare nell'ambito del rapporto tra imprese e pubblica amministrazione, venisse estesa anche alle imprese.
  Non mi sono mai illuso sul fatto che l'introduzione dello scontrino fiscale portasse a una concreta lotta all'evasione fiscale: ha un effetto deterrente limitato. Qual è l'alternativa, però ? Allo stato attuale non ce ne sono, a meno che non si cambi il quadro giuridico introducendo, ripeto, la forfettizzazione. Essendo uomo del Sud, penso alle piccole attività meridionali, che arrivano a fine mese incassando 10-15.000 euro. Che senso ha per queste categorie di soggetti pensare a un accertamento analitico ? Non ha senso in termini di costi e di contenzioso. Aboliamo lo scontrino fiscale, certo, io sono favorevole, purché, però, questo non ci imponga poi di fare accertamenti sul nulla, che incidono negativamente anche sulla qualità del nostro lavoro. Il problema, ancora una volta, è quello di avere prove certe. Nel sottolineare l'importanza della compliance, nel tempo sono stati operati accertamenti eccessivamente rigidi e sul ricorso frequente alle presunzioni, che in sede di contenzioso poi magari non reggono. Finiamo nel campo penale, in cui le presunzioni non costituiscono una prova. Si crea un sistema che rende la stessa amministrazione sgradevole e poco efficiente, quando probabilmente le risorse potrebbero essere meglio utilizzate per altre attività.
  Non so cosa abbia detto la dottoressa Orlandi, senatore Sciascia, ma ne conosco il pensiero. Non siamo assolutamente in una posizione robespierriana o repressiva, ma gradiremmo trovare un punto di equilibrio tra tutela degli interessi dei contribuenti, di cui noi stessi ci stiamo facendo paladini – il nostro ruolo è infatti quello di tutelare il sistema economico, non di affossarlo – e tutela degli interessi dello Stato per la quale siamo pagati – magari non benissimo. Bisogna fissare l'asticella, che è un compito della politica, del potere legislativo. Noi possiamo forse dare qualche suggerimento, ma il punto di equilibrio di questi due interessi, entrambi meritevoli di assoluta tutela, deve essere stabilito dal Parlamento.
  Passiamo al terzo punto, quello più delicato: i giochi, che, come lei sa, senatore Sciascia, rendono più di 8-8,5 miliardi di euro l'anno, senza trascurare i profili di carattere sociale, che hanno anch'essi un peso rilevante. Stiamo discutendo con l'Agenzia delle dogane per migliorare l'azione di contrasto. Occorre tenere conto, però, che la maggior parte dei controlli effettivi sui giochi li facciamo noi. L'anno scorso ne abbiamo fatti circa 10.000. Anche in questo caso forse sussiste un problema di natura tecnico-informatica. Stiamo cercando di migliorare anche una nostra struttura che si occupa della repressione degli illeciti telematici e informatici in genere. Proprio ieri pomeriggio ho firmato un provvedimento in questa direzione: ormai il 25-30 per cento delle transazioni commerciali avviene tramite Internet, senza lasciare sostanzialmente alcuna traccia. A tutto questo si aggiunga che, parallelamente, esiste un sistema illegale di giochi. Ne abbiamo scoperto recentemente uno nel casertano: c’è dunque Pag. 15un sistema parallelo a quello dei giochi ufficiali, che paga immediatamente e con maggiore tempestività rispetto allo Stato. Il pericolo che lei cita è sicuramente vero, ma è più pericolosa l'infiltrazione della criminalità, perché ha capito quanto redditizia sia questa attività: in questo sistema che abbiamo scoperto qualche mese fa nel casertano, i responsabili guadagnavano circa 100.000 euro a settimana. C’è dunque un'infiltrazione comprovata della criminalità nel mondo dei giochi. A tal proposito il sistema in atto presso la SOGEI mette in evidenza immediatamente le anomalie: per esempio, per le partite di calcio mette in condizione di agire subito e bloccare le giocate.
  Sebbene molto sia stato fatto, tuttavia il mondo della telematica e dell'informatica per buona parte ancora ci sfugge. Da parte nostra ci stiamo attrezzando cercando di rafforzare il reparto speciale anche dal punto di vista professionale, perché, senatore Sciascia, al di là del fatto che tutti navighiamo su Internet e utilizziamo il computer, quando si scende sul piano tecnico e dell'ingegneria informatica, le problematiche sono del tutto diverse. Si pensa di saper fare tutto con l'iPad e l'iPhone, ma in realtà le cose non stanno affatto così.
  Veniamo al tema dell'abuso del diritto. Confermo quello che ho detto in audizione sia al Senato, sia alla Camera. Abbiamo proposto la depenalizzazione dell'omesso versamento dell'IVA sulla base di un ragionamento semplice: se si dichiara e non si versa, è perché non si ha liquidità, altrimenti perché si dovrebbe dichiarare e non versare l'IVA, avendo liquidità ? Sarebbe sostanzialmente un'autodenuncia. Qualche riserva c'era invece sull'omesso versamento delle ritenute operate.
  Sull'infedele dichiarazione stiamo tuttora discutendo. Sicuramente va alzata l'asticella del rilievo penale: ora è troppo bassa e di questo siamo tutti convinti. Esiste però in merito un profilo più politico che tecnico, secondo me. Se l'abuso del diritto non viene penalizzato – mi sembra che l'orientamento prevalente sia quello di non penalizzare l'omesso versamento delle imposte derivanti da operazioni poste in essere in violazione del principio di divieto di abuso del diritto – ci possiamo anche stare, perché si tratterebbe di cosa diversa dall'evasione. Evito di approfondire, perché si potrebbe fare un convegno solo per questo tema. Escludiamo la sanzione penale ma devo ripetere quanto già detto in altre occasioni: occorrono due condizioni. Innanzitutto occorre che le sanzioni amministrative siano piene, nel senso che non ci sia discriminazione rispetto ai contribuenti che evadono. In secondo luogo, occorre che venga introdotta una misura ablativa a tutela degli interessi dello Stato. La nostra esperienza e anche i fatti di cronaca degli ultimi mesi – senza fare nomi – dimostrano come molti gruppi esterovestiti siano rientrati e abbiano versato alle casse dello Stato qualche centinaio di milioni ciascuno. Questo significa che l'elusione ha gli stessi effetti devastanti dell'evasione.
  Se per l'evasione, che sconfina nel penale, si prevede il sequestro preventivo e la confisca, non capisco perché la stessa cosa, in termini di tutela degli interessi erariali, non si debba fare per l'omesso versamento dell'IVA, e soprattutto delle imposte dirette, solo perché si elude e non si evade. Capisco che sul piano politico il tema si ponga in termini diversi, ma questo non è compito mio. Sul piano tecnico bisogna approvare questa norma, signor Presidente, e bisogna farlo in fretta, perché ci sta creando problemi sul piano della certezza del diritto. L'ultima sentenza della Corte di cassazione di certo non ci aiuta. I nomi non li facciamo, sebbene si tratti di informazioni pubbliche che si potrebbero anche fornire. Le sentenze, ovviamente, si rispettano, ci mancherebbe altro, ma un diritto di critica forse si può esercitare. Riteniamo che alcuni fenomeni elusivi meritino di essere sanzionati, perché vanno veramente a rompere l'equilibrio del sistema economico dei grandi gruppi e anche dell'occupazione. Penso a quanto accaduto alcuni anni fa nel settore dell'informatica, negli anni duemila. Quante aziende sono saltate per il fenomeno delle frodi carosello ? Se l'utilizzo indiscriminato dell'abuso del diritto non Pag. 16viene sanzionato, allora – ripeto la stessa domanda – perché non si dovrebbe utilizzare un sistema elusivo, se il risultato finale è uno solo, ossia che, se si viene scoperti, si pagano solo le imposte e gli interessi ? perché non provarci ? Con il calcolo delle probabilità sicuramente si hanno più probabilità di farla franca che di essere scoperti.
  Se escludiamo il rilievo penale, si deve approntare un sistema che sia anche preventivo o che agisca in termini di prevenzione e di tutela, nello stesso tempo, degli interessi dello Stato. Non credo che una soluzione diversa da questi condizionamenti, per quanto guarda il pensiero della Guardia di finanza, sia condivisibile, perché, ripeto, vedo poco tutelati gli interessi erariali.
  Sono perfettamente d'accordo, invece, onorevole Ruocco, sull'inversione dell'onere della prova. Nella bozza di provvedimento che sta circolando, e che ormai è nota a tutti o comunque alla stampa specializzata, ci sono due paletti.
  Da un lato, viene assicurato il contraddittorio come presupposto elementare di civiltà giuridica. Non si può contestare una violazione senza ascoltare previamente le ragioni dell'accusato. Si tratta di un principio per noi già assodato, e ora generalizzato dalla legge delega. Poi c’è la fase successiva, nella quale l'orientamento è quello di recepire le indicazioni della Corte di cassazione. Non è vero che, se manca una valida ragione economica, automaticamente si sfocia nell'abuso del diritto. Mentre l'amministrazione finanziaria deve provare che manca la valida ragione economica, il contribuente, se, pur non essendoci una ragione economica, aveva un altro obiettivo da conseguire meritevole di tutela, lo deve dimostrare. I passaggi sono quindi tre: preventivo contraddittorio prima di procedere; onere della prova gravante sull'amministrazione che deve dimostrare che una data operazione è elusiva; in seguito, se manca la valida ragione economica, ciò non significa automaticamente, come inizialmente sostenuto dalla stessa Corte di Cassazione, che si finisca nell'elusione: se il contribuente, sta ad esempio ristrutturando il debito o la propria organizzazione aziendale, o vuole penetrare un mercato estero, o perseguire comunque un obiettivo diverso da quello dell'elusione, lo deve provare.
  Questi sono i due paletti: a me sembra che in questo modo il sistema garantisca adeguatamente sia lo Stato, sia il contribuente. Il contribuente ha due possibilità. La prima è di dimostrare in sede di contraddittorio che l'operazione non è elusiva. Se non ci riesce in questa fase, oppure se non riesce a convincere l'amministrazione – a volte è l'animo umano che può culturalmente vedere le cose in modo diverso, dando per scontata la buona fede – nell'ultima fase il contribuente ha un'ulteriore possibilità. Pur mancando una valida ragione economica il motivo potrebbe, per esempio, essere che il contribuente intenda eliminare tutti i propri debiti prima di donare le aziende ai suoi figli. A me questo pare un obiettivo molto apprezzabile e comprensibile. Pur essendo un'operazione che non regge dal punto vista economico, regge dal punto di vista morale, familiare o sociale. Questa è l'attuale impostazione che corrisponde, sostanzialmente, all'ultimo indirizzo della Corte di cassazione e che abbiamo recepito.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Comandante generale e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.