XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 22 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPIEGO DI LAVORATORI IMMIGRATI NELLE ATTIVITÀ INDUSTRIALI, PRODUTTIVE E AGRICOLE

Audizione della Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Guidi Federica , Ministra dello sviluppo economico ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Guidi Federica , Ministra dello sviluppo economico ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione della Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la Ministra per la sua presenza. Aspettiamo la chiusura dei lavori del Senato e l'arrivo dei colleghi di Camera e Senato.
  Intanto, rinnoviamo il ringraziamento alla Ministra perché sappiamo che sta partecipando a numerosi tavoli e, nonostante ciò, è venuta presso il Comitato. Anticipo già ai colleghi che, proprio perché la Ministra ha un altro importante appuntamento a seguire, ci lascia la possibilità di farle delle domande già in questa sede e poi avrà addirittura la cortesia di tornare a risponderci o di replicare via e-mail, se non potrà essere presente.
  Ministra, il Comitato bicamerale Schengen, che lei certamente conoscerà, ha avuto come primo compito, in questi mesi, quello di affrontare il tema della migrazione, con le tragedie a cui abbiamo assistito nel nostro mare, e quindi ci siamo incentrati più su tematiche quali il diritto di asilo e la situazione dei profughi. Abbiamo perciò avviato, e concluso, un'indagine conoscitiva incentrata sui flussi migratori, ma a latere ne avevamo già avviata un'altra specifica, e adesso entriamo nel vivo della stessa, sull'impiego dei lavoratori immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole.
  Abbiamo sentito già due key opinion leaders – anche se chiaramente per noi lei è il principale –, ossia il ministro Poletti e il ministro Martina, oltre che il direttore generale dell'immigrazione, dottor Forlani, e alcuni rappresentanti del comune di Prato; volevamo infatti affrontare il tema in generale, ma come tutti sappiamo la questione di Prato è particolarmente delicata. Abbiamo altresì incontrato le organizzazioni industriali e sindacali e, informalmente, il presidente di Unioncamere.
  Averla qua è per noi importantissimo ai fini della nostra indagine, ma soprattutto per la nostra conoscenza di alcuni dati che solo lei può produrre in maniera aggiornata.
  Le porremo delle domande e io mi permetterò di dare una linea di potenziale intervento, ma in realtà ascolteremo quello che lei ha da dirci. Eventualmente, se le nostre domande e quello che le chiederò non sono nella sua disponibilità territoriale in questo momento, le saremmo grati se vorrà trasferirci le sue risposte.
  In particolare, avremmo bisogno di sapere da lei quale percentuale di immigrati regolari abbiamo nel nostro tessuto industriale, nelle attività produttive, in quelle agricole e come questa percentuale si rapporti, in seguito alla recente crisi, con la disoccupazione o comunque con la ripartizione della presenza degli occupati Pag. 4stranieri rispetto a quelli italiani, nel settore della manifattura, delle costruzioni, del commercio, dei servizi generali.
  Il ministro Martina ci aveva già fornito alcuni dati sull'agricoltura, quindi chiediamo a lei maggiori informazioni sulla parte industriale, oltre a qualche dato, o comunque a un quadro generale, sull'impiego dei lavoratori immigrati irregolari; questa tematica è inerente principalmente al Ministero delle politiche sociali, ma se lei ha qualche spunto da fornirci ci sarebbe molto utile.
  Infine, la interrogheremmo sulla sua conoscenza di numeri e di ambiti in cui si sono sviluppate, o costituite, delle imprese individuali da parte di immigrati. A noi risulta, secondo quanto affermato dall'Adnkronos il 7 aprile 2015, una crescita di 23.000 unità che porta a superare quota 335.000 nel complesso; quindi sostanzialmente una ogni dieci delle nuove imprese che hanno una forma giuridica.
  L'ultimo punto su cui vorremmo avere delle informazioni da lei è relativo all'adozione di politiche europee e nazionali per attrarre manodopera qualificata, perché un tema sempre discusso è quello dell'Italia come un Paese che attrae flussi migratori consistenti, ma non di alta qualità lavorativa o di una manodopera qualificata rispetto all'offerta che il Paese può dare.
  Se infine lei ha qualche commento specifico sulla situazione di Prato, se il vostro Ministero in questo senso se ne è occupato, sarebbe utile per noi averne conoscenza.
  Un dato – come ripeto potrà rispondere oggi o quando vorrà – che mi ha impressionato, quando abbiamo ascoltato i rappresentanti delle Camere di commercio, è il numero bassissimo (forse addirittura solo di una unità) di iscrizioni nel registro delle imprese di queste strutture presenti a Prato. Quindi, a fronte di un consistente impiego di manodopera, com’è possibile che la titolarità di imprese, magari in capo a manodopera cinese o di immigrazione in generale, non vengano iscritte nei registri ?
  Do la parola alla Ministra e la ringrazio anticipatamente, dicendo ai colleghi che ci riserviamo di porre delle domande, poi liberiamo la Ministra per il tavolo successivo a cui deve partecipare ed eventualmente tornerà per replicare.

  FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Cercherò di seguire una relazione e spero di affrontare già alcuni dei punti che la presidente Ravetto sollevava.
  Trattare il tema dell'immigrazione richiama alcuni tristi, tragici eventi, proprio di queste ore, di cui c’è una consapevolezza dolorosa. Nella giornata di oggi si stanno affrontando questi temi, sia alla Camera che al Senato, e dunque è chiaro che il Governo abbia una volontà di agire, sia a livello nazionale che europeo, proprio perché questi tragici accadimenti non possano più avvenire.
  Come diceva la presidente nella sua introduzione, con questa premessa, avrei intenzione di affrontare la tematica in esame sotto dei profili di più stretta competenza del mio dicastero, quindi vorrei offrire qualche valutazione rispetto all'impatto dell'immigrazione sul sistema produttivo italiano, sia per quanto riguarda il contributo che genera per la crescita economica e sociale del Paese, che per cercare di condividere alcune possibili linee di intervento da intraprendere, dove il fenomeno si sostanzia, in alcuni casi, in attività illecite e illegali, a scapito e a detrimento della qualità e dell'eccellenza delle nostre produzioni nazionali, del made in Italy, riconosciute sui mercati internazionali.
  Concentrandomi sulle competenze più specifiche del Ministero dello sviluppo economico (MISE), credo che il fenomeno immigratorio possa essere analizzato sotto due principali punti di vista. Il primo di essi fa riferimento alla crescente domanda di personale immigrato da parte del settore industriale e dei servizi; il secondo invece riguarda l'importanza che nel corso degli ultimi anni ha assunto la presenza di imprenditori di origine straniera all'interno Pag. 5del nostro sistema economico e del nostro tessuto industriale, come diceva la presidente.
  In merito al primo punto, vorrei fornire alcuni dati elaborati dal progetto Excelsior di Unioncamere sui fabbisogni professionali e formativi per il 2014, che mostrano come, per il 2013, i lavoratori stranieri presenti in Italia erano 2.356.000, in una fase di tendenziale crescita rispetto agli occupati italiani, viceversa, in riduzione, dal terzo trimestre del 2008; salvo alcune episodiche variazioni positive in alcuni trimestri dell'ultimo quinquennio.
  Il trend di crescita dei lavoratori stranieri si nota soprattutto, come dicevo, nel settore dei servizi che occupa da solo circa 1,5 milioni di stranieri immigrati, seguito poi dall'industria, dalle costruzioni e, da ultimo, dal comparto agricolo.
  Quindi, focalizzando un attimo l'analisi sul settore dell'industria e dei servizi, possiamo evidenziare come, nel 2014, i nuovi posti di lavoro creati dalle imprese siano stati complessivamente pari a 613.400, di cui 83.000, quindi il 13,5 per cento, ricoperti da lavoratori di nazionalità straniera, dei quali circa il 34 per cento assunto in imprese con meno di 50 dipendenti; credo che potremo lasciare il testo di questo mio intervento, in modo da poter seguire meglio i numeri riportati.
  La prevalenza delle assunzioni è confermata nel comparto dei servizi, dove si concentra il 69 per cento dei nuovi lavoratori stranieri, mentre il restante 31 per cento è assorbito dal comparto industriale, in particolare dalle costruzioni, seguito poi dalla metalmeccanica e dal sistema moda, quindi tessile, abbigliamento e calzature.
  Le assunzioni, da un punto di vista geografico, avvengono soprattutto nel Centro-Nord, dove è concentrato circa l'80 per cento del totale. Interessante infine è anche l'analisi dei dati sui profili professionali richiesti, poiché, pur rimanendo elevata la domanda dei lavoratori stranieri dagli skill medio-bassi, che era un punto sollevato anche dalla presidente (con circa il 56 per cento del totale), si registra un aumento delle assunzioni di persone con profili intermedi, quali ad esempio impiegati e personale qualificato del commercio e del servizio (circa il 34 per cento del totale) e con profili più qualificati, definiti high skill, con una percentuale ancora bassa (circa il 10 per cento il totale), ma comunque in un trend di crescita.
  Sulla base di questa breve analisi dei flussi dei lavoratori immigrati, si possono trarre alcune considerazioni relative al fatto che sempre di più l'apporto di manodopera straniera assume un carattere strutturale rispetto all'intero sistema produttivo nazionale e che sempre meno questo va considerato come un fenomeno di carattere marginale; d'altro canto, le imprese operanti in Italia cominciano gradualmente ad abituarsi a richiedere lavoratori immigrati con profili professionali tendenzialmente medio alti.
  Per quanto riguarda invece il secondo punto che citavo all'inizio, cioè l'importanza che sta assumendo, all'interno del sistema industriale italiano, la presenza di imprenditori di origine straniera, vorrei sottolineare come, nel corso degli anni, il sistema delle imprese a livello europeo, prima ancora che a livello nazionale, ha visto sempre di più la presenza di imprenditori immigrati, che arrivano dall'estero, all'interno di vari settori produttivi.
  Questo è quindi un fenomeno certamente nazionale, ma che insiste in un trend di carattere europeo. Infatti, anche in questo caso abbiamo dei dati, sulla base del rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014 elaborato da IDOS e Unioncamere, che mostrano come gli imprenditori di origine immigrata incidano per quasi un quindicesimo sull'insieme delle attività imprenditoriali a livello europeo, con elevate concentrazioni soprattutto in Germania, dove si concentra quasi un quarto del totale, seguita poi da Regno Unito, Spagna e Italia.
  Tale analisi evidenzia anche come i principali settori di attività in cui operano questi imprenditori immigrati ormai trascendano dagli ambiti tradizionali relativi alle specifiche esigenze commerciali e di servizio delle comunità di appartenenza, ma si riferiscano anche a settori di attività analoghi in cui operano gli imprenditori Pag. 6autoctoni, per cui c’è un ampliamento del range – chiamiamolo così – dei settori industriali che non sono più quelli tipicamente legati alla provenienza della nazionalità di questi imprenditori.
  Facendo adesso un focus sul contesto produttivo nazionale e riferendo dei dati, come la presidente sollecitava, possiamo dire che su una struttura di poco più di 6 milioni di imprese, nel 2014, circa 400.000, quindi 24.000 unità in più rispetto al 2013, sono condotte da cittadini immigrati, che arrivano da fuori l'Unione europea, con un'incidenza del 6,8 per cento sul totale delle imprese, di cui 86.550, quindi un po’ più del 21 per cento del totale delle imprese dei migranti, sono femminili; è dunque un dato caratteristico da un punto di vista di genere.
  Questi dati consolidano la posizione delle imprese immigrate che, come abbiamo detto nel citato rapporto di prima, dal 2011 al 2013 hanno avuto un trend di aumento del 9,5 per cento, a fronte di una lieve diminuzione, nello stesso periodo, di quelle facenti capo a imprenditori autoctoni, che invece hanno avuto una flessione del -1,6 per cento.
  Come tipologia di imprese, si tratta in larga maggioranza di imprese individuali. In effetti, alla fine del 2013, circa un ottavo delle ditte individuali registrate è risultata intestata a un lavoratore di origine straniera.
  Inoltre, analizzando il fenomeno da un punto di vista territoriale, si nota certamente come le regioni del Centro-Nord la fanno un po’ da padrone, in particolare Lombardia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Veneto, che da sole ospitano circa il 60 per cento del totale delle imprese immigrate.
  Da un punto di vista settoriale, invece, osserviamo una sorta di alternanza fra imprenditori di origine straniera e imprenditori nazionali, in settori che sono forse più facilmente accessibili, che certamente hanno un minor valore aggiunto e con un livello iniziale di investimenti abbastanza basso; questo si può capire, anche per la genesi di queste imprese. I due comparti privilegiati sono quelli dell'edilizia e del commercio.
  Queste imprese offrono prodotti e servizi a tutti, ai clienti italiani, ma c’è una forte propensione a servire le comunità immigrate di appartenenza e vi sono anche parecchie situazioni di diverse e piccole imprese che forniscono specifici servizi proprio per le comunità immigrate. Ve ne sono degli esempi nel campo dell'editoria, con alcuni giornali cosiddetti etnici, o dell'assistenza legale e burocratica, oltre che di natura sociale.
  In generale, per quello che riguarda le aree di provenienza, parliamo di lavoratori provenienti da regioni extraeuropee, i cui datori di lavoro sono in primis provenienti da Marocco, Romania, Cina, Albania, Bangladesh e Senegal.
  La nascita di imprese di immigrati in Italia ha alcuni punti peculiari che la caratterizzano rispetto agli altri Paesi con cui, come abbiamo detto prima, facciamo un benchmark a livello europeo. Tali peculiarità sono: una stretta correlazione fra la nazionalità e la specializzazione settoriale, la diffusione e localizzazione territoriale dipendente da fattori economici e da fattori sociali e la micro dimensione; quindi più che di piccole imprese, nella stragrande maggioranza dei casi, obiettivamente parliamo di micro imprese, che favoriscono, come tipologia di struttura, la nascita di imprese di immigrati che si vanno a collocare in un tessuto sociale che tipicamente e storicamente è il più adatto ad ospitare questo genere di realtà.
  Da tutto questo, credo che si evidenzino dei numeri che fanno capire che il fenomeno, come dicevo all'inizio, non è più da considerare marginale; anzi, probabilmente, da un punto di vista di sviluppo e di crescita del nostro sistema economico, possiamo cogliere degli aspetti di positività e opportunità che questo processo può offrire nei prossimi anni.
  Detto ciò, dobbiamo porre un'attenzione particolare alle situazioni, a volte celate in questi numeri, che possono invece rappresentare un freno allo sviluppo «sano e normale» del sistema impresa; e Pag. 7qui vengo anche ad alcune misure specifiche che come Ministero dello sviluppo economico abbiamo adottato e che possono avere un risvolto positivo per queste tipologie di imprese.
  Il primo intervento è quello relativo alla facilitazione dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese. È chiaro che questo tema non è strettamente collegato solo alle imprese create o che danno lavoro agli extracomunitari, ma avendo visto i numeri di prima, i dati del 2013 mostrano come la richiesta di credito finanziario da parte delle imprese immigrate sia stato dell'11 per cento rispetto al totale delle richieste. Anche in questo caso, stante la tipologia e la dimensione delle imprese che abbiamo visto all'inizio, è bene sottolineare che questo genere di richieste sono orientate per la maggior parte verso crediti personali, piuttosto che per attività legate all'impresa, proprio perché avendo tassi più elevati necessitano di minori garanzie e hanno meno vincoli.
  Il tema dell'accesso al credito, nell'ambito di una questione nazionale, assume certamente una posizione sempre più rilevante ed è quindi importante monitorare questi fenomeni di sovraindebitamenti e di potenziale ricorso a canali di finanziamento meno controllati e potenzialmente legati ad attività illecite o comunque poco tracciabili.
  Per questo specifico fronte, vorrei sottolineare come negli ultimi anni l'azione del Ministero dello sviluppo economico sia sempre stata volta a sostenere l'accesso al credito in particolare delle piccole e medie imprese, o delle micro imprese, attraverso in primis un potenziamento del Fondo centrale di garanzia, con rifinanziamento considerevole della dotazione e dell'intensità dell'intervento che il Fondo centrale può garantire. Inoltre, lo stesso Fondo, attraverso un'apposita sezione, offre una garanzia di supporto per alcune operazioni di micro credito e per lo sviluppo della micro imprenditorialità, massimamente destinato alle imprese di ridotte dimensioni.
  Tale sviluppo, con particolare riferimento alle micro imprese e agli immigrati, può altresì essere favorito da processi di aggregazione con imprese autoctone, al fine di evitare una sorta di competizione al ribasso, fondata su un principio di riduzione dei costi, dei prezzi e dei margini, che potrebbe essere molto pericoloso per la tenuta produttiva del sistema.
  Uno dei possibili strumenti su cui ci stiamo concentrando, in grado di accompagnare questo processo con agevolazioni e incentivi dedicati, può essere quello del contratto di rete, molto apprezzato dalle imprese, in particolare micro e piccole; ma oserei dire dalle micro, più che dalle piccole. Dal 31 dicembre 2014, si registrano 2.000 contratti di rete che coinvolgono circa 10.000 imprese.
  Un ulteriore ed efficace strumento che abbiamo messo in campo può essere rappresentato dall'estensione delle agevolazioni previste per le start-up, le imprese innovative, anche per quello che riguarda le nuove imprese dei cittadini extra UE, anche qui al fine di favorire la diffusione e la crescita di competenza e innovazione non solo di processo e di prodotto, ma anche commerciale, finanziaria e in qualche modo organizzativa.
  In questo contesto è necessario continuare a sostenere lo sviluppo delle nostre imprese, anche a conduzione straniera, ma è altrettanto necessario continuare a vigilare sulla tutela delle nostre produzioni, in particolare sul cosiddetto made in Italy che costituisce uno dei punti di forza del sistema economico nazionale.
  Vengo ora a uno degli altri grandi problemi che vanno affrontati, ossia la contraffazione. Al fine di indagare, monitorare e avere dei dati sulla dimensione economica di questo fenomeno, come MISE, in collaborazione con l'istituto interregionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia, abbiamo condotto uno studio sulla contraffazione come attività gestita dalla criminalità organizzata transnazionale. Questa ricerca mostra come la contraffazione sia oggi purtroppo un'attività criminale dilagante, che coinvolge reti di distribuzione molto complesse e gestite dal crimine organizzato Pag. 8transnazionale, che sta insinuandosi in maniera crescente su diversi mercati a livello mondiale.
  I beni contraffatti possono utilizzare le stesse rotte e i metodi di distribuzione già consolidati per altri prodotti illeciti, il cui traffico è tipicamente gestito da consorzi criminali; mi riferisco a droga, armi e purtroppo anche traffico di esseri umani.
  I fattori di attrazione della contraffazione per la criminalità organizzata derivano sostanzialmente da un rapporto tra costi e benefici che caratterizza questa attività illecita, dove purtroppo è notevole lo sbilanciamento a favore dei benefici rispetto ai costi e anche ai rischi.
  Sulla base di queste premesse e anche grazie all'analisi di questi dati, questa ricerca ha confermato come la contraffazione sia una minaccia globale e purtroppo in continua crescita. Quindi, in questo caso, l'azione che il MISE ha condotto nell'ambito delle Nazioni Unite, in coordinamento con la rappresentanza diplomatica italiana a Vienna, ha portato all'approvazione di una risoluzione della Commissione crimine e giustizia da parte di tutti gli Stati membri, che per la prima volta introduce il tema del traffico di prodotti contraffatti fra le materie oggetto di studio, quale crimine emergente; identificando sostanzialmente una nuova fattispecie.
  Oltretutto, l'Italia è il Paese che più di tutti in Europa dimostra una particolare sensibilità e reattività a questo fenomeno, anche attraverso la condivisione di esperienze investigative per mettere in campo tutte le strategie migliori, ai fini del contrasto.
  Infine – anche qui mi riferisco a un pezzo dell'introduzione della presidente –, concludo l'intervento con un richiamo rispetto alla situazione di Prato, e soprattutto ad alcuni incidenti che si sono verificati nel dicembre 2013 nelle imprese di confezionamento, particolarmente presenti nel territorio di Prato, che purtroppo, come sappiamo, hanno portato alla morte di sette lavoratori cinesi.
  Certamente questo evento caratterizza una situazione di generale carenza di rispetto della legalità e purtroppo anche della sicurezza dei luoghi di lavoro, che sono molto concentrati in alcune realtà produttive locali. Questi aspetti non sono di competenza solo del MISE, ma anche di altri Ministeri. Comunque, per quello che ci riguarda, abbiamo degli interessi specifici, perché ci sono elementi di sfruttamento dei lavoratori, di concorrenza sleale, di danno per quello che riguarda la qualità e anche la reputazione delle produzioni italiane nel mondo.
  Pertanto, occorre prima di tutto mettere mano al ripristino della legalità, ma ci sono anche altri elementi aggiuntivi, quali la sostenibilità sociale e ambientale della catena di fornitura, anche attraverso pratiche di responsabilità sociale dell'impresa.
  In effetti, un impegno da parte delle aziende committenti nei confronti della legalità e sostenibilità di tutta la catena di forniture, sia prima che dopo, quindi a monte e a valle, inclusi i subfornitori, anche accompagnato da alcuni sistemi di verifica, potrebbe innestare un processo di premialità per le aziende virtuose e quindi di progressiva emarginazione di quelle che invece non lo sono.
  L'altro tema su cui lavorare è quello dell'effettiva tutela dei lavoratori, in termini di trattamento di sicurezza, che va affrontato in maniera organica e complessiva, mettendo in campo strategie efficaci. Quindi, come MISE, abbiamo cercato di dirigere la nostra azione, per quanto di nostra competenza, su questi punti.
  In primo luogo, questo è avvenuto attraverso la sottoscrizione di uno specifico protocollo d'intesa fra il MISE e la regione Toscana per la realizzazione congiunta di azioni tese a una maggiore promozione delle linee guida dell'OCSE e della responsabilità sociale d'impresa, presso le aziende toscane operanti in particolare nel comparto moda, in un'ottica di miglioramento delle condizioni di produzione.
  In questo quadro, si sono realizzati alcuni workshop sulla gestione dei rischi e la creazione di valore attraverso alcuni meccanismi di due diligence che abbiamo portato avanti, in collaborazione con la Camera di commercio di Prato, orientati Pag. 9prioritariamente alle aziende del settore e a quelle associazioni di categoria. In quest'occasione, abbiamo anche diffuso la guida redatta dal Punto di contatto nazionale italiano sull'applicazione delle linee guida OCSE alla catena di fornitura del tessile e abbigliamento, oltre ad alcuni casi pratici di attuazione di queste politiche di sostenibilità, al fine di fare un innesco positivo di questi meccanismi virtuosi.
  Inoltre, è stata realizzata un'indagine su un campione di imprese nell'area di Prato, nei settori tessile e pelli, proprio per esaminare i comportamenti su tutta la filiera della fornitura. Dall'indagine è emerso che la quasi totalità delle aziende intervistate, già sensibilizzate sul tema, ha adottato delle pratiche di responsabilità sociale, ma solo il 30 per cento delle aziende – e questo ci induce a continuare a lavorare – include specificamente nel contratto di fornitura clausole per il rispetto degli standard socio ambientali, anche per i subfornitori. Quindi, la sensibilizzazione c’è, ma probabilmente manca una concreta attuazione, da accordi contrattuali o da indicazioni scritte, per quello che riguarda gli standard socio ambientali.
  La totalità delle aziende intervistate afferma di possedere un elenco dei propri fornitori, però solo il 20 per cento tiene traccia anche dei subfornitori. Quindi, il primo pezzo della filiera è monitorato, mentre quello su cui bisogna lavorare, perché lì invece le informazioni si liquefanno, è tutto il resto della catena di fornitura.
  Come vi dicevo, da questi dati si evidenzia come ci sia ancora molto da fare e da lavorare, soprattutto in queste maglie della catena di fornitura che in alcuni settori, come quello dell'abbigliamento, come sappiamo, è abbastanza lunga e ha parecchi pezzi da monitorare.

  PRESIDENTE. Ci sono anche titolarità italiane ?

  FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Certo, ci sono anche titolarità italiane. C’è un mix, perché queste imprese incidono in alcune parti intermedie della catena di fornitura.
  È un processo lungo, probabilmente faticoso, però necessario. A maggior ragione, visti i dati di partenza, e anche da un punto di vista industriale, non vale la pena contrastare l'arrivo di queste realtà, ma è bene includerle e considerarle come un valore aggiunto, una potenzialità per il nostro sistema industriale e produttivo.
  Bisogna valutare bene quelle che possono essere delle peculiarità, delle specificità e metterle a fattor comune, omogeneizzando i comportamenti; il che può riguardare gli imprenditori italiani, come quelli stranieri, ma sappiamo che laddove le catene sono così diffuse e dove sono presenti questi fenomeni possono trovare un terreno più fertile.
  Non so se sono stata esaustiva. Probabilmente non per tutti i punti, però, come diceva la presidente all'inizio, vi ringrazio e rimango a disposizione per qualunque domanda e chiarimento che mi riservo di tornare a darvi quanto prima.

  PRESIDENTE. Ministra, chiederemo anche informazioni ai suoi uffici, perché lei ha fatto riferimento ad accordi presso il MISE.
  Il Senato è attualmente in corso, quindi le saremo grati, visto che di solito siamo presenti tutti, se potessimo ritrovarci. Oggi ci ha dato molti spunti, ma non farei porre le domande ai colleghi.
  Le saremmo grati se riuscissimo a trovare una data, compatibilmente con i suoi impegni, per incontrarci nuovamente. Nel frattempo formuleremo delle domande, che le invieremo prima via e-mail, così lei può approntare una replica.
  La sua relazione è stata molto esaustiva e tra l'altro è stata la prima, tra coloro che abbiamo audito in relazione a Prato, a darci delle indicazioni concrete di attuazione. Sappiamo che si sta discutendo di accordi a livello internazionale Pag. 10tra la Cina e l'Italia per risolvere il problema.
  Sono tutte iniziative nobili e giuste, però è bello vedere una Ministra che concretamente si sta occupando, anche con le responsabilità nazionali che abbiamo, della tematica. Pertanto, magari proprio su questo tema, le porremo delle domande ancora più di dettaglio, così potrà aiutarci nel portare avanti il nostro esame. Se i colleghi sono d'accordo, rinviamo dunque ad altra seduta.
  Nel ringraziare la Ministra Guidi per la disponibilità manifestata, dichiaro chiusa la seduta e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.