XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Martedì 20 gennaio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del rappresentante di Europol, dottor Eugenio Orlandi.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Orlandi Eugenio , vicedirettore di Europol ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Orlandi Eugenio , vicedirettore di Europol ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Orlandi Eugenio , vicedirettore di Europol ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Frusone Luca (M5S)  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Artini Massimo (Misto)  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Orlandi Eugenio , vicedirettore di Europol ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Orlandi Eugenio , Vicedirettore di Europol ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del rappresentante di Europol, dottor Eugenio Orlandi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del rappresentante di Europol, il vice direttore dottor Eugenio Orlandi. Ringrazio i colleghi della loro presenza malgrado i concomitanti lavori in svolgimento, sia alla Camera, sia al Senato. Come lei sa, infatti, abbiamo entrambi i rami del Parlamento piuttosto impegnati, sia per la legge elettorale, sia per le riforme. La ringraziamo ancora della sua della presenza.
  Lei conoscerà benissimo la materia di cui ci occupiamo, posto che abbiamo con l'Agenzia un rapporto di vicinanza. In particolare, a seguito dei fatti di Parigi, abbiamo pensato che l'occasione di oggi – anche per il fatto che lei oltre ad essere vicedirettore di Europol è un italiano – ci avrebbe consentito di capire meglio non soltanto cosa sia successo, ma soprattutto quale sia la situazione nel nostro Paese e come, eventualmente, esso dovrebbe comportarsi.
  Le saremmo grati se nel corso dell'audizione vorrà toccare i punti che brevemente le elenco, dopodiché lascerò la parola ai colleghi, i quali rappresentano tutti i Gruppi alla Camera e tutti i partiti per le eventuali domande. Probabilmente, direttore, se alcune domande non saranno totalmente pertinenti al ruolo e alle funzioni di Europol, lei non si faccia scrupolo di segnalarcelo. Naturalmente, le chiediamo informazioni che chiederemo anche ad altri opinion leader (per esempio, in tal senso abbiamo già chiesto la presenza del sottosegretario con delega ai servizi, ma audiremo anche gli altri Ministri competenti.
  Il primo tema su cui ci piacerebbe avere un suo commento è quello relativo ai cosiddetti foreign fighters, un'espressione che non mi piace particolarmente, tantomeno tradotta in italiano. Il direttore di Europol – il suo direttore – ha parlato di circa 5.000 foreign fighters in Europa, mentre il Ministro dell'interno Alfano ha parlato di circa 59 foreign fighters in Italia. Vorremmo avere da lei un commento su questi dati e che ci spiegasse effettivamente, al di là del numero complessivo, come questi numeri siano distribuiti tra i Paesi europei, quali siano i meccanismi di raccolta o, comunque, di gestione dei dati relativamente a questi soggetti.
  Le segnalo che un membro del nostro Comitato ha redatto una bozza di proposta normativa relativa ai foreign fighters, tema in discussione anche presso il Consiglio dei ministri, e l'ha fatta circolare tra noi: se avesse dei commenti generali, ci aiuterebbe anche a capire se sia opportuno sottoscriverla, presentarla, insomma cosa secondo lei andrebbe fatto.
  L'altra domanda riguarda il tracking, in particolare l'individuazione dei passeggeri. Pag. 4Sappiamo che in sede di Commissione europea si torna a discutere del cosiddetto PNR. Sappiamo che ci fu una proposta di direttiva della Commissione al Consiglio anni fa – febbraio 2011 – ma che ci il Parlamento europeo decise di privilegiare il concetto di privacy rispetto a quello di sicurezza; si pronunciarono in tal senso anche dei molti garanti nazionali e ci fu un dibattito sulla possibilità di raccolta e conservazione dei dati dei passeggeri che oggi si va riaprendo.
  Mi pare che la proposta dell'epoca parlasse di termini precisi, non ricordo se di tre o cinque anni di conservazione dei dati. Da lei vorremmo conoscere, anzitutto, il suo commento generale. Inoltre, quanto accaduto a Parigi, con la vicenda della compagna di uno degli attentatori che, pur esibendo un documento in un aeroporto internazionale, quello di Madrid, è riuscita a prendere un volo proprio mentre in quelle ore Polizia e Forze dell'ordine, francesi e probabilmente europee, la stavano cercando, ha lasciato l'opinione pubblica un po’ basita.
  Al di là del tema di conservare o meno i dati, com’è possibile che un aeroporto internazionale non abbia un'indicazione su un sospetto di quella portata ? Oggi ci sono delle riflessioni diverse su questo tema ?
  Un altro tema su cui ci piacerebbe avere il suo commento è quello del controllo alle frontiere esterne. In generale, abbiamo anche noi un flusso di migranti: secondo lei, Schengen dovrebbe essere potenziata in questo senso ?
  Inoltre, ci è stata data notizia, proprio dai suoi uffici, dell'operazione MARE. Sappiamo che Europol sponsorizza questo progetto, Joint operation team, che vorrebbe la creazione di un centro di intelligence dedicato che si occupi, in particolare, dell'area del Mediterraneo, che quindi abbia sotto osservazione i flussi: può parlarcene e fornirci dei dettagli ? Naturalmente, sia per il posizionamento del nostro Paese, sia per l'attività di questo Comitato, siamo particolarmente interessati a tutto ciò.
  Le chiediamo anche un commento sul cosiddetto Smart Borders package: ci risulta che fosse in discussione presso la Commissione una modalità per riuscire a favorire in qualche modo, ancorché nell'ambito della sicurezza, il flusso di passeggeri internazionali entranti e uscenti dall'Unione. Oggi, però, a seguito dei fatti di Parigi, ritiene che questa discussione sia ancora attuale o che forse bisognerebbe fare qualche passo indietro, o comunque rivedere questo potenziale accordo, questa potenziale normativa che potrebbe arrivare dagli enti europei ?
  Naturalmente, in questo Comitato sappiamo che la cooperazione di alcuni Paesi, come la Russia, può svolgere un ruolo cruciale per la lotta al terrorismo: può dirci quali sono effettivamente i Paesi che a tale proposito possono maggiormente collaborare ? Ciò potrebbe aiutarci anche in occasione di future audizioni, eventualmente, con i rappresentanti di questi Paesi.
  Vengo all'ultimo tema, che non so se voglia porre quale premessa del suo intervento. Abbiamo studiato Europol, vediamo e capiamo gli atti, ma vorremmo che ci spiegasse bene com’è organizzata e come effettivamente funziona quello che definirei un'agenzia di «brokeraggio» dei dati: da chi arriva il flusso ? Come fuoriesce ? Quali sono le modalità di utilizzo e conservazione ? La ringrazio ancora e le do la parola.

  EUGENIO ORLANDI, vicedirettore di Europol. Signora presidente, la ringrazio per l'invito e per le domande. Ringrazio a nome di Rob Wainwright, il direttore di Europol, che in questo momento è a Bruxelles per presentare alcune proposte proprio in relazione a molte delle questioni che lei ha posto e che sono discusse anche a livello europeo. Le informazioni che fornirò sono tutte a livello basic o restricted, quindi possono senz'altro essere condivise.
  Relativamente alla prima domanda, riguardo a quelli che giustamente con anglicismo sono chiamati foreign fighters, c’è una ridda di diversi numeri. In realtà, la Pag. 5stima è che ci siano circa 5.000 europei espatriati e che ricevono addestramento militare, combattono e talvolta perdono la vita in Siria, ma non solo lì, anche in Afghanistan, Yemen, Mali, Somalia e negli altri Paesi. Il fenomeno è piuttosto ampio.
  Europol si è mossa nell'aprile 2014, quindi abbastanza prima di quanto poi è avvenuto, chiedendo informazioni e attivando un gruppo di lavoro sostenuto da un archivio – che noi chiamiamo tecnicamente un focal point – su questi traveller. Ci interessa, infatti, seguire i loro spostamenti, vedere dove vanno, quando tornano.
  Purtroppo, Europol è un ufficio di polizia senza poteri coercitivi, per cui esegue esattamente quello che lei ha perfettamente definito un «brokeraggio» di informazioni. Purtroppo, questi argomenti sono più di competenza dei servizi dell'antiterrorismo che non dei servizi di polizia. Tutte le formazioni che arrivano a Europol passano attraverso un ufficio di polizia centrale, la National Unit. C’è però una certa ritrosia da parte delle unità di antiterrorismo, che molto spesso non dialogano troppo con la polizia, a fornire dati. Solo l'1 per cento delle informazioni di cui disponiamo è relativo a fenomeni di terrorismo, mentre circa il 10 per cento, in relazione a ciò di cui si occupa questa Commissione, è relativo al traffico di human beings, cioè degli esseri umani. La maggior parte dei dati forniti è nelle altre aree del crimine organizzato di competenza di Europol.
  All'inizio, i diversi Paesi confidavano nella loro capacità di fare intelligence da soli, soprattutto i grandi Paesi erano molto restii a fornire i dati. Abbiamo 387 nominativi, forniti fondamentalmente da quattro-cinque Paesi, di cui uno è l'Australia, una terza parte che lavora con noi. I Paesi che hanno fornito più dati in questo sistema di controllo, il Focal Point travellers, ci hanno consentito di avere 387 nominativi. Non è molto, ma è il 10 per cento della quantità stimata.
  Per quanto riguarda la provenienza, che a lei interessa molto, anche perché è importante per capire le dinamiche presenti e future, Europol prepara ogni anno il rapporto TE-SAT (Terrorism Situation and Trend Report) sul terrorismo. Ne ho alcune copie che posso lasciare a lei e a chi è interessato.
  Normalmente, in Europa avvengono 500 attentati l'anno. È un dato storico dei numeri. In passato, erano fondamentalmente separatisti, ma fortunatamente questa componente è andata scemando e si sta riducendo molto, mentre il terrorismo con motivazioni religiose sta crescendo.
  Dai dati del 2013, 225 arresti sono avvenuti in Francia. Già questo vi dice che i dati di Parigi non devono sorprendere. Se c'era un posto in Europa in cui ci si aspettava statisticamente che succedesse qualcosa, questo era la Francia. La Spagna viene subito dopo, ma con 90 arresti, una cifra molto lontana da quella francese. L'Italia si comporta abbastanza bene ma il dato è ambivalente, o perché ne arresta pochi, o perché il fenomeno è limitato, con 14 casi. Il nostro Paese, quindi, si posiziona molto dopo l'Inghilterra, l'Irlanda e la stessa Grecia.
  Peraltro, ritengo l'Italia fortunata ad avere migranti di prima o seconda generazione. Le persone che vengono in Italia hanno tutte il sogno di cambiare e apprezzano la realtà in cui vengono a trasferirsi, cioè non mitizzano il Paese d'origine. Viceversa, il problema nasce nelle banlieue francesi, in cui le persone di terza o anche quarta generazione mitizzano i posti da cui vengono, i loro antenati e, confrontando la difficoltà di inserimento nella cultura francese, molto più laica della nostra, rilevano un divario molto più ampio e tendono a radicalizzarsi.
  Dicevo che ci sono stati 535 arresti, con 152 attacchi nel 2013, 63 in Francia, e 313 sentenze, quindi c’è stata una buona correlazione tra numero di arresti e sentenze. Penso che questo dovrebbe aver risposto un po’ alla sua domanda. Cerco di andare rapidamente, perché vorrei rispondere a tutte le cinque domande poste e so che il tempo è molto prezioso per voi, soprattutto in questo momento.
  Riguardo al tracking, in verità tutti i sistemi creati in Europa sono stati creati Pag. 6con due logiche diverse. Europol è nata da un'intuizione di Kohl, il cancelliere tedesco che negli anni Ottanta si rese conto che il crimine non era più nazionale ma poteva essere internazionale. Dai nostri dati risultano 3.600 organizzazioni criminali in Europa di serious crime, cioè di crimine grave. Di queste, alcune hanno sede in Belgio o in Portogallo, hanno aderenti di 60 nazionalità diverse e operano in 35 Paesi. Questi numeri vi danno un'idea di come l'intuizione di Kohl, effettivamente, fosse nella direzione giusta. Egli pensava di creare un FBI europeo, poi è nata Europol, che però non lo è assolutamente.
  Contemporaneamente, fuori dalla Commissione, è stata iniziata l'esperienza di Schengen come abbattimento delle frontiere per un numero limitato di Stati, inizialmente la Francia, la Germania e i Paesi del Benelux, mentre l'Italia ha aderito più tardi. L'idea di Schengen era quella di abbattere le frontiere. All'interno ciò non si considerava come un problema. C'era sì il fenomeno dei separatismi, ma era un dato storico, noto, per cui tutto all'interno di Schengen era finalizzato per proteggersi dall'esterno piuttosto che per controllare quello che succedeva all'interno. In questo modo, in parte rispondo anche a una successiva domanda.
  In Schengen ci sono 45 (46,6) milioni di oggetti (a tutto il 13 marzo 2013): di questi, più di 30-35 (38,9 milioni) sono numeri di passaporti o documenti che sono stati smarriti o rubati; ci sono, inoltre, 880.000 nominativi di persone; di queste, però, la maggior parte sono persone che non si vuole che entrino nell'Unione europea, quindi ritorna il discorso per cui Schengen è più uno scudo per proteggersi da chi viene, che non un sistema per tracciare le persone che sono all'interno.
  Ci sono anche 32.000 nominativi di persone con un mandato d'arresto. La signora cui fa riferimento lei non era stata inserita e non ho potuto cercarla perché, qualora l'avessi cercata, sarebbe rimasta traccia e avrei dovuto spiegare agli auditor le ragioni della mia ricerca. Parlare a voi non era un motivo sufficiente per violare le normative di data privacy, non essendo io coinvolto in un'inchiesta operativa nei confronti di questa persona.
  Le autorità francesi non avevano valutato il fenomeno e non hanno inserito in Schengen i dati, quindi la Polizia di frontiera spagnola, che nell'aeroporto di Madrid ha semplicemente visto una persona in partenza, non aveva nessun motivo per fermarla. Da questo deriva una lezione: magari con miglioramenti legislativi, anche possibili, ma forse usando meglio i sistemi a nostra disposizione si può migliorare lo stato delle cose, cioè se i Paesi inseriscono più dati: non solo persone con mandato d'arresto, ma anche persone ricercate per seri motivi possono essere inserite nello Schengen.
  Per citare un esempio, Europol ha nel suo Europol information system 250.000 oggetti, di cui 78.000 persone, quindi nel sistema, analogo a quello di Schengen in quanto a dati strutturati, ne ha il doppio, tutti appartenenti al crimine organizzato. Purtroppo, possiamo mantenere i dati solo per tre anni, una misura minima nel caso dell'antiterrorismo, perché le cellule possono restare dormienti per molto più di tre anni, a meno che lo Stato membro che ha inserito i dati non chieda di mantenerli perché ha altri elementi per credere che sia necessario mantenere sotto controllo quella persona.
  Dicevo che l'Europa in questo momento dispone di una serie di strumenti e dovrebbe utilizzare ciascuno di essi al meglio secondo i motivi per cui quel dato strumento è stato disegnato. Fondamentalmente, Schengen è stato designato per proteggerci dall'esterno, ma vi è questa possibilità, per cui, se gli Stati membri, anziché inserire 32.000 nominativi, ne inseriscono 70-80.000, probabilmente il sistema stesso diventerà ancora più effettivo con un investimento anche minimo. Tutti i Paesi, infatti, stanno guardando anche a quest'aspetto.

  PRESIDENTE. Quando richiamava gli Stati, di chi è la competenza, del Ministero dell'interno che deve caricare i dati ?

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  EUGENIO ORLANDI, vicedirettore di Europol. Sì, il Ministero deve dare disposizione alle Forze di polizia di caricare i dati. Quanto alle frontiere, l'Unione europea è molto attiva su questo. Onestamente, una delle cose che mi ha colpito di più è stata la qualità e quantità di lavoro svolto dall'Italia durante la sua Presidenza. Nel settore della security l'Italia ha preso iniziative interessanti, di cui potrò parlare dopo. In ogni caso, va ringraziata anche la spinta dell'Italia, per cui la migrazione irregolare, termine politicamente corretto, e il conseguente traffico di esseri umani hanno un valore prioritario. In questo l'Italia ha fatto e farà bene a continuare a insistere, in modo da convincere ancora di più che si tratta di un problema europeo, non solo italiano.
  In quest'ambito, la Commissione ha studiato quello che si chiama controllo intelligente della frontiera, smart border control, che però è ancora una difesa della fortezza Europa, nel senso che ha dato l'incarico di costruire – se non sbaglio stanziando 3 milioni di euro – un entry/exit system: una persona che entra viene mantenuta nell'archivio finché non esce. Stiamo parlando di persone che entrano con visto turistico o professionale e qualche volta ne fanno un abuso. Allo stesso modo, un sistema collaterale, che fa parte di questo pacchetto, è quello dei viaggiatori frequenti registrati: le persone si preregistrano e in questo modo possono accedere alle file dei Paesi Schengen, evitando di fare la fila più lunga.
  Purtroppo, nella bozza che ho visto, che ha preparato la Commissione, non c’è la possibilità per Europol di accedere a questi dati. Colgo quindi l'occasione di quest'audizione per ricordare di essere vigili, anche attraverso i colleghi che siedono al Parlamento europeo, in modo da chiedere che Europol sia messo in condizione di accedervi. Voglio dire che ogni dato a cui ha accesso Europol lascia una nota di audit, una traccia scritta e regolarmente controllata. Europol ha il più stretto regime di data privacy al mondo.
  Viceversa, è espressamente previsto nel regolamento di Schengen II che Europol possa accedere ai dati, ai sensi – mi pare – degli articoli 26, 38 e di un terzo articolo (36). In caso contrario, nel momento in cui viene proposta una decisione del Consiglio e del Parlamento, ovvero un regolamento della Commissione, dopo si è tagliati fuori da questo flusso. Tracciare il movimento delle persone, però, è estremamente importante per il successo.
  Vado rapidamente a quell'aspetto che forse interessa di più a voi, l'operazione MARE. Quello che è successo a Lampedusa il 3 ottobre è stato uno shock per tutta l'Europa, come lo è stato adesso l'attentato a Parigi in un altro senso. Per questa ragione, anche la stessa Commissione, a quel tempo c'era la commissaria Malmström, svedese, molto sensibile a questi problemi, decise di prendere delle iniziative nell'ambito delle quali si decise, appunto, quest'operazione MARE. In realtà, c’è il cappello più ampio di Triton, l'iniziativa europea vera e propria. In questo sistema di controllo delle frontiere, fondamentalmente l'agenzia di riferimento è Frontex. Tuttavia, mi sono stupito nel leggere quali aspettative il coinvolgimento di Frontex aveva ingenerato negli italiani, almeno a livello di stampa. Frontex è una piccola agenzia, con 317 persone a Varsavia, nel lato nord d'Europa, cioè il meno esposto a quest'immigrazione illegale, quindi poco può fare, anche perché non può, ad esempio, trattenere i dati personali, se non per un periodo molto breve di tempo. Per questo motivo Europol lavora sempre a stretto contatto con Frontex. Abbiamo frequenti scambi di informazioni ed Europol può fare quello che Frontex non può, come è stato fatto a Lampedusa durante la Primavera araba e ancora prima, quando l'isola era presa d'assalto da migliaia di persone. Europol ebbe la buona idea, applicata inizialmente male, di mandare due persone che parlavano solo inglese a Lampedusa, creando con ciò ulteriori problemi alle nostre Forze di polizia.
  Li abbiamo mandati giù con un mobile office, quindi con il collegamento on line alla nostra banca dati. In queste massicce migrazioni di persone, le organizzazioni Pag. 8criminali ne approfittano per infiltrare loro persone, come pure i terroristi. Fondamentalmente, Europol è interessata ai fenomeni migratori per smantellare le organizzazioni criminali che vi sono dietro. Fortunatamente, molte delle persone sono state spostate, se ricordo bene, in Puglia, dove si è potuto fare un lavoro migliore.
  Quello che, quindi, può fare Europol nell'ambito stretto del mandato della nostra Commissione, è intervenire con le proprie banche dati e controllare la natura delle persone. Una minoranza di queste persone infiltrate c’è sempre.
  Tra l'altro, a differenza di Schengen, Europol ha anche la possibilità di avere dati su campioni di DNA, su finger prints, su impronte digitali, quindi, rispetto a Schengen offre anche qualcosa di abbastanza diverso: qualora nel sistema di Schengen ci fossero stati i nominativi sia della terrorista, sia del suo compagno, non ci sarebbe stato niente a legare le due persone. Viceversa, qualora fossero stati inseriti nel sistema di Europol, quest'ultimo è disegnato per consentire un'analisi dei dati, cercare i collegamenti e sarebbe stato in grado di tracciare un network che avrebbe consentito di mettere in correlazione le persone.
  Il contributo più importante che Europol ha fornito alla Francia è stato trovare 62 transazioni finanziarie nel sistema SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications), richieste dalla Francia nella giornata stessa dell'attentato, che sono state fondamentali per costruire una rete delle persone coinvolte, le quali avevano contatti con queste persone.
  All'inizio, anch'io avevo avuto l'impressione che fosse un fenomeno francese, ma visti i collegamenti con il Belgio e con la Grecia, non si tratta assolutamente di questo. C'era qualcosa di più ampio: estremamente efficace, se vogliamo, ma fatto in maniera imprevedibile. I terroristi avevano dalla loro parte la conoscenza perfetta della lingua, per cui non avrei mai immaginato quelle persone a lavorare, per esempio, in Italia; avevano una conoscenza perfetta dei posti, di dove cambiare le macchine, di dove ripararsi e così via. È un fenomeno che in questa fase tenderei a pensare profondamente locale. Per fortuna, costoro non hanno le competenze per esprimersi in un'altra lingua dell'Unione europea. In questa fase, siamo un po’ più protetti, ma ciò non toglie che non si debba abbassare la guardia. In questo momento Europol si sta candidando a Bruxelles per ripetere l'operazione di ospitare un centro antiterrorismo europeo, come due anni fa fu incaricato di mettere in piedi dal niente l’European Cybercrime Centre, che è stato un grande successo e ha consentito di smantellare diverse organizzazioni criminali e reti di pedofili.
  Sappiamo anche che è difficile che le unità che si occupano di antiterrorismo possano utilizzare la presente rete di Europol, l'unica esistente accreditata a livello restricted e che in un paio di anni, con uno o due milioni di investimenti, possiamo portare a livello confidential, quello immediatamente sotto il segreto, che è importante per trasmettere questi dati.
  Faccio presente che il sistema Schengen è solo a livello basic e che quindi potrebbe essere facilmente intercettato. Se pensate che gli avversari potenziali di questi sistemi sono Paesi e organizzazioni che possono anche avere a libro paga matematici russi, esperti di crittografia, vi rendete conto come avere una rete a livello confidential sia senz'altro un asset interessante.
  Quello che propone Europol è di diventare un punto di riferimento per raccogliere tutti questi dati, per avere, cioè, finalmente, tutti i 5.000 nomi. Sappiamo, per esempio, che l'Olanda ne ha 600; tra l'altro, l'Olanda ha una comunità musulmana lievemente inferiore a quella italiana, che mi risulta essere di un milione di persone, ma con soggetti che sono di seconda o terza generazione; addirittura, costoro vengono particolarmente seguiti dalle autorità olandesi perché vogliono emigrare con i bambini. Ora, sappiamo che i bambini, una volta arrivati in Siria, sono sottoposti allo stesso addestramento degli adulti: l'Olanda si è attivata molto presto per la protezione dell'infanzia. Pag. 9Hanno invece, senz'altro, altri numeri – sul migliaio di persone – sia l'Inghilterra, sia la Francia. L'importante è avere tali informazioni, ma in una rete in cui gli Stati membri, le unità antiterrorismo abbiano fiducia. Uno dei grossi risultati di Europol è quello di ottenere la fiducia. Noi siamo come una banca, nel senso che riceviamo i dati dai Paesi membri e poi li incrociamo. Nel momento in cui l'Italia mette Mario Rossi nella banca dati e dopo un po’ lo fa anche l'Inghilterra, automaticamente si attiva un trigger (una segnalazione), portato all'attenzione degli analisti di Europol, che contattano immediatamente gli Stati membri per...

  PRESIDENTE. Scusi, direttore, quanti nomi ha fornito l'Italia, se può dircelo ?

  EUGENIO ORLANDI, vicedirettore di Europol. L'Italia non ha fornito molti nomi per due motivi. Il primo è che non ha un sistema automatico di caricamento dei dati. Il secondo è un'interpretazione di data privacy: mentre in molti Paesi la lettura della norma è che, qualora si supponga che una persona abbia a che fare con serious crime al di fuori dei confini nazionali, viene immessa nella banca dati (a tale proposito, il Belgio è il primo Paese in assoluto come contributore di dati), l'Italia è più garantista, per cui vengono immesse nella banca dati soltanto le persone che si sa per certo che hanno collegamenti internazionali.
  Penso che sia necessario – per questo parlare qui è di grande aiuto – rivedere o il modo in cui è scritta la norma o l'interpretazione della stessa. È ovvio che proprio da questo caricamento dei dati emergono collegamenti inattesi. È importante che ci sia un sistema di data protection che eviti ogni abuso. Nel presente, Europol è ispezionata regolarmente da un organo, il Joint Supervisory Body, formato da persone esperte di data privacy, che appartengono alle Forze di polizia, le quali hanno una lettura dell'utilizzazione dei dati che può dare un professionista abituato alle problematiche di Polizia.
  C’è un po’ la tentazione, in Europa, con il nuovo regolamento di Europol, a livello di Commissione, di uniformare Europol e portarlo sotto l’European Data Protection Supervisor (EDPS), esperto, invece, di quella data protection normale, che abbiamo per i dipendenti delle aziende e così via. Questo è un punto interrogativo: ben venga anche la data protection europea, se si specializza. Si può fare tutto: l'importante è mantenere certe professionalità e certi modi di vedere.
  L'altro aspetto fondamentale è che, comunque, ogni accesso alla banca dati è monitorato, viene chiesta la spiegazione per quel accesso e devono esserci criteri di data protection, come la necessità di vederlo, l'autorizzazione a farlo, se ci sia proporzionalità e così via. Penso di essere stato nei tempi. Mi dispiace se ho parlato un po’ troppo.

  PRESIDENTE. Al contrario, le preannuncio già che le chiederemo di tornare. La ringrazio degli elementi, per noi importantissimi e che ci guideranno, probabilmente, anche a chiedere un'audizione del Ministro dell'interno o, comunque, di chi ha la competenza per comprendere bene come migliorare, eventualmente, o potenziare questo trasferimento dati, ove possibile, tenuto conto naturalmente delle normative sulla privacy.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Inizia il collega Frusone.

  LUCA FRUSONE. Alle 15, iniziano i lavori in Assemblea. Se non ci fosse tempo per la risposta, accetterei volentieri anche uno scambio epistolare per ricevere le informazioni chieste. Mi interessa molto, ad esempio, la questione del PNR. So che Europol si interessa a questo strumento, ma mi interrogo sulla capacità effettiva che oggi ha Europol per mettere in piedi questo sistema, che è sì molto importante, ma che penso sia anche molto complicato da portare avanti.

  PRESIDENTE. Prendiamo nota della sua domanda onorevole Frusone. In ogni caso, io rimarrò qui con lei, direttore, ad Pag. 10ascoltare la sua risposta, che sarà comunque messa a verbale. Propongo di raccogliere le domande dei colleghi e qualora non vi sia il tempo per rispondere, il direttore potrà far ciò anche per iscritto. Do ora la parola al vicepresidente Brandolin.

  GIORGIO BRANDOLIN. Anzitutto, la ringrazio per la disponibilità, per tutti i dati che ci ha fornito e per le preoccupazioni e le informazioni che smontano anche certi ragionamenti e certe affermazioni fatte con molta facilità. Vorrei capire quali siano i tempi, di questa consapevolezza che in Europa deve esserci, per potervi fornire questi dati. Mi sembra di aver capito che parecchi di questi Paesi europei hanno delle difficoltà per vari motivi in questo senso. Quest'esigenza, così come lei ce l'ha manifestata, dopo la tragedia di Parigi è una consapevolezza anche all'interno delle altre polizie e degli altri Ministeri, oltre che vostra ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Artini.

  MASSIMO ARTINI. La ringrazio anche per la descrizione in merito all'ampiezza delle funzioni di Europol. È bene che ci sia stato questo tipo di audizione, perché la nostra conoscenza ne ha senz'altro tratto dei benefìci. In merito alla gestione dei foreign fighters, anzitutto, le chiedo se ha modo di delinearci un quadro della visione degli altri Paesi, cioè dove tale fenomeno sia reato, dove non lo sia, del tipo di reato e del modo in cui viene affrontato. Probabilmente, sarà oggetto anche della discussione nel Consiglio dei ministri di oggi, per cui per il Parlamento sarà trattato direttamente nelle Commissioni: dove tale fenomeno costituisce reato, in estensione del trattato contro i mercenari, ha effettivamente avuto dei risultati ? Vorremmo capire se applicare dei reati penali sia un deterrente a questa situazione.
  Inoltre, l'avevo già in mente come domanda, ma gliela pongo perché ha fatto riferimento al Cybercrime Centre europeo: che buone pratiche sono venute da lì ? Leggendo dalle agenzie di stampa l'ordine del giorno di oggi del Consiglio dei ministri, l'oscurare esclusivamente i siti, tendenzialmente – lo so anche da tecnico informatico quale sono – non funziona. Chi infatti ha una capacità informatica, tende a deviare e a rendere ancora più nascosta quella parte che comunque è fruibile. Nel resto d'Europa, Paesi come il Belgio, l'Olanda, che hanno anche magari un'esperienza maggiore, riescono a fornirci delle buone pratiche da applicare sia dal punto di vista normativo, sia nel rispetto della nostra legislazione sulla privacy, ma soprattutto nell'utilizzo delle tecnologie, in modo da poter effettivamente recuperare i canali da cui partono questi dettagli informativi sulla parte jihadista di chi genera questi siti Internet ?
  Infine, lei ha detto che Schengen serve a proteggerci dall'esterno, cioè da chi dall'esterno entra. Vorrei fare un appunto sul traffico di armi. I responsabili della strage a Parigi avevano due AK-103, che non penso si trovino al supermercato ! Come siamo messi e come si riesce ad evitare che armi da guerra riescano ad entrare tranquillamente nel nostro territorio ?

  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Arrigoni.

  PAOLO ARRIGONI. Lei ha parlato della necessità di disporre di maggiori dati. Per una maggiore efficacia dell'attività di Europol, c’è adeguatezza in ordine al personale, ai mezzi di cui disponete, alle funzioni che vi sono assegnate e per quanto riguarda gli strumenti normativi ?
  Lei ha inoltre sottolineato che per Schengen serve il controllo alla frontiera dell'area Schengen. Purtroppo, relativamente ai mancati controlli di persone che entrano in area Schengen attraverso la porta del Mediterraneo, alcune circolano liberamente senza controllo, arrivano nel nostro Paese e da qui vanno in altri. Vorrei una sua riflessione sui maggiori controlli di queste persone.

  PRESIDENTE. Direttore, le chiederei di rispondere ora, se può. Per i colleghi che Pag. 11devono assentarsi, le risposte saranno messe a verbale e pubblicate. Possiamo iniziare dal PNR ?

  EUGENIO ORLANDI, vicedirettore di Europol. Non credo che questo sia tecnicamente un grosso problema. Esiste un PNR americano, quindi c’è una grossa esperienza. Basta vedere cosa fanno loro e farlo con nuove tecnologie. Tra l'altro, tutte le compagnie aeree hanno questi dati. Si tratta soltanto di trovare un contenitore, un grosso calderone, tecnicamente un fusion center, un centro di fusione. Europol si candida proprio a questo. Per la realizzazione del sistema, invece, è un po’ diverso. Normalmente, non abbiamo capacità di persone che sviluppano software. È stata costituita un'agenzia per i grandi sistemi, Eu-LISA, che si trova a Tallinn. Io sono nel consiglio di amministrazione. Probabilmente, la Commissione darà l'incarico a quest'agenzia di gestire il progetto e l'agenzia stessa lo realizzerà. In ogni caso, per un progetto di questo tipo, se lei è un informatico, sa che almeno due o tre anni sono senz'altro necessari. Per Schengen II abbiamo aspettato diversi anni.
  Per i foreign fighters c’è una vasta gamma di reati a cui si può far capo. Come dicevo, in Olanda portare un minore in un mercato di guerra è considerato, appunto, un grave abuso, per cui vengono fermati o sottratti i minori alla patria potestà. Normalmente, per molte di queste persone si può risalire a complotti o a partecipazioni ad attività criminali. Penso che in questo l'Italia abbia molto da insegnare, per esempio, con la legislazione antimafia, con il reato di partecipazione all'associazione mafiosa. Molti Paesi europei sono interessati e stanno studiando fenomeni analoghi. Forse è vero il contrario, nel senso che in Italia abbiamo una maggiore esperienza nel gestire fenomeni di criminalità molto complicata.

  PRESIDENTE. Secondo lei, sarebbe un deterrente se procedessimo a un'estensione...

  EUGENIO ORLANDI, Vicedirettore di Europol. C'era quest'idea. Con le dovute cautele, probabilmente il terrorismo è tanto pericoloso quanto la mafia, almeno potenzialmente. Penso che la situazione sia un po’ analoga a quella degli anni Settanta: si è reagito con una certa energia e poi non se ne parla più. Si è parlato, purtroppo, ancora di Brigate Rosse, ma avendo vissuto quegli anni, non pensavo che se ne potesse uscire così bene. Probabilmente, avere una certa energia in fase iniziale a livello di tutti i Paesi europei è molto importante.
  Quella sulle armi è una domanda molto interessante: (le confermo che) in Schengen si possono inserire le armi. Uno degli oggetti che siamo autorizzati a gestire sono le armi. Tra l'altro, quelle armi da guerra sono state comprate a Bruxelles dalla criminalità comune, che, terrorizzata, ha subito collaborato con la Polizia, perché non aveva idea dello scopo per cui sarebbero state utilizzate. Chiaramente, per evitare controlli maggiori, c’è stata una collaborazione immediata. Quello che è successo a Verviers è un'appendice. A differenza dei francesi, che hanno subìto un attacco imprevedibile, i belgi sono passati all'azione prima. È importantissimo questo tema delle firearms.
  Devo dire che Europol ha anche una banca dati, il Bomb database, in cui ci sono dati su come si costruiscono, anche in maniera rudimentale, bombe e altro, dove si mette a disposizione quest’expertise attraverso una rete di esperti, una specie di club in cui si entra solo se presentati, per cui bisognerebbe essere appartenenti alle Forze dell'ordine. È un'area in cui si collabora anche con i militari o servizi di intelligence. Allo stesso modo, abbiamo una banca dati contro le armi chimiche, batteriologiche e nucleari. Siamo molto attivi anche in quel settore. Abbiamo fatto un esercizio congiunto con la NATO, a Maastricht alcuni mesi fa, in cui i nostri tecnici sono stati chiamati per mettere su un caso di studio in cui venivano usate tecniche di cyber crime per attivare degli ordigni nucleari. I rappresentanti di 30-40 Paesi, inclusi anche dei Paesi arabi, hanno Pag. 12cercato di lavorare contro questo case study per bloccare l'attentato ipotizzato (nel case study).
  La ringrazio molto per la domanda sulle persone e i mezzi. Europol ha sede – headquarter - a L'Aia; ospita 800 persone, di cui 600 lavorano per Europol e 200 sono liaison officer, cioè ufficiali di collegamento che lavorano nelle sedi di Europol – che mette a disposizione spazi di lavoro e sistemi – ma dipendono dai Paesi di appartenenza.
  Molti Paesi hanno utilizzato questo sistema per smantellare le reti di presenza di ufficiali di collegamento bilaterali tra Paesi e Paesi, quindi, alcuni Paesi hanno 14-16 liaison officers perché, anziché mandare una persona a Berlino, una a Madrid e una a Washington, che è costoso, nello stesso corridoio queste si possono incontrare con tutti i loro omologhi degli altri Paesi europei.
  Avevamo anche la possibilità di stringere accordi di cooperazione con altri Paesi, primo tra tutti la Colombia, per esempio, che è importantissimo, perché ha cambiato la propria Costituzione per allinearsi al sistema di data protection europeo. È stato un esempio di esportazione di democrazia. La Colombia ci ha dato un'importanza enorme: il Capo dello Stato ha ricevuto il nostro direttore quando è diventato operativo l'accordo.
  In Europa, però, abbiamo un po’ uno scollamento, perché la Commissione cerca di indirizzarci verso i Paesi con cui ha rapporti, i quali, tuttavia, non necessariamente sono quelli che forniscono più crimine. Abbiamo, per esempio, tali necessità con i Paesi del Golfo, dove ci sono fenomeni di riciclaggio del denaro sporco, ma questo non rientra nelle priorità del Consiglio e della Commissione. Allo stesso modo, purtroppo, sono ferme le discussioni con la Russia, cui cerchiamo di «imporre» un sistema di data protection, che non rientra nei loro geni, la quale però ci fornisce spontaneamente dei dati, perché riconosce l'importanza della collaborazione con noi.
  È difficilissimo anche collaborare con Israele, perché non possiamo e non vogliamo avere dati delle persone che risiedono nei territori occupati, visto che non sono cittadini dello Stato di Israele.

  PRESIDENTE. La ringraziamo davvero, vicedirettore, per la puntualità. Ringrazio i colleghi che sono rimasti fino all'ultimo. Buon voto a tutti. La richiameremo. Ci saluti anche il direttore di Europol. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.